L' arena dell’autogrill
di Maurizio Crosetti
Era
così liberatorio, crederlo solo
un incidente stradale. Poter
dire, ancora una volta, il
calcio non c' entra. Invece c'
entra eccome, e non è stata una
disgrazia. Perché in Italia si
continua a morire per un
pallone, specialmente lontano
dagli stadi. Adesso si muore
all'autogrill: Matteo come
Gabriele, il primo investito
ieri da un autista terrorizzato
e il secondo freddato dal
proiettile di un poliziotto,
cinque mesi fa. Si muore in un
clima di panico diffuso, dentro
scenari da guerriglia urbana, le
falangi degli ultrà che si
preparano all' assalto, qualcuno
attacca, qualcuno fugge,
qualcuno ci rimette la pelle. Si
muore, quasi sempre, quando c' è
di mezzo il tifo organizzato,
quello che hanno provato invano
a bloccare. Le testimonianze
dall' area di servizio di
Crocetta Nord non offrono alibi
alle ipocrisie, anche se
questura di Asti e Polstrada di
Alessandria avevano sposato la
tesi del puro incidente stradale
con fretta eccessiva: invece
nell' autogrill si era svolta
una vera imboscata. Meno
violenta, anche nei numeri, di
quella che uccise l’ispettore
Raciti davanti allo stadio di
Catania, il 2 febbraio dell’anno
scorso; più simile, nella
dinamica, all' episodio che
costò la vita a Gabriele Sandri
l’undici novembre 2007: anche
allora qualcuno provocò e
qualcun altro reagì. Malissimo,
certo, ma il terrore gioca
brutti scherzi a tutti: ai
tifosi, ai poliziotti, agli
autisti di autobus. Di fronte a
un ragazzo che muore c' è sempre
il dolore, e l’abbraccio ai
genitori. Ma il rischio è non
voler guardare, e usare la
retorica per creare altri
martiri che martiri non sono.
Gabriele Sandri non era un boy
scout. Matteo Bagnaresi era alla
prima trasferta dopo tre anni di
diffida. I gruppi degli ultrà
vanno allo stadio per picchiare
e all' autogrill per minacciare,
aggredire, rubare e sfasciare
tutto. A volte sono regolamenti
di conti: gli ultrà di Parma e
Juve si odiano da tanto tempo, è
lì che Bagnaresi si prese la
diffida.
Il
problema sarebbe evitare che
certa gente si sposti, compreso
chi cerca grane e può avere la
sventura di trovarle, pagando il
prezzo più alto. Perché nel
calcio, oggi, si muore di
spranga e di pallottola ma anche
per leggerezza, tentando di
bloccare un pullman che riparte
di corsa dopo un agguato. Il
problema è che i divieti di
trasferta non vengono più
applicati. Ultimo esempio,
Inter-Juventus nel sabato di
Pasqua: gara in teoria vietata
al tifo ospite, ma a San Siro
gli juventini erano migliaia.
Quando si viaggia - in tram, in
auto, in treno, persino in aereo
- e ci s' imbatte nell' ultrà,
c' è da avere paura. Solo un
masochista non riparte alla
svelta, appena arrivato all'
autogrill, vedendo il piazzale
occupato dai pullman dei
guerrieri. I cittadini pagano
con le loro tasse le ore di
straordinari che spettano a
carabinieri e poliziotti
esasperati, nel tentativo di
arginare la violenza del calcio:
un costo inaccettabile, in ogni
senso. E non si muore solo in
serie A. Oltre a Raciti, Sandri
e Bagnaresi, non va dimenticato
Ermanno Licursi, il dirigente
della Sammartinese (terza
categoria) massacrato a pugni e
calci su un campetto di
periferia. Era il 27 gennaio
2007. Fino a pochi anni fa, gli
stadi erano zone franche dove la
legge non entrava mai. Poi
qualcosa si è fatto,
biglietti nominali, più
controlli, telecamere, tornelli
e steward: soluzioni e
palliativi in ordine sparso. E
allora i violenti si sono
spostati, e hanno deciso che il
campo di battaglia non è più la
gradinata ma un piazzale vicino
allo stadio, oppure il dedalo di
strade che lo circondano. Ma lì
è ancora troppo alto il rischio
di essere bloccati, dunque è
meglio giocare ai gladiatori
all' autogrill con cinghie,
mazze, coltelli e bottiglie.
Visto che è impossibile
militarizzare quei luoghi
pubblici, oltreché
agghiacciante, si può solo
sperare che tutto fili liscio e
che il bilancio dei danni si
limiti a qualche vetrina rotta,
a qualche scaffale svuotato.
Finché ci scappa il morto.
Eppure, quegli stessi autogrill
ospitano anche tifosi normali,
quelli che mangiano il panino e
improvvisano un sereno picnic.
Però sono sempre meno, e sempre
più spaventati: il calcio li sta
perdendo. La gente tranquilla
ormai lo guarda da casa o non lo
guarda affatto, i ragazzini
specialmente, e questo è un
patrimonio di passione perduto
per sempre. Seguirà ampio
dibattito. Peccato che, in
teoria, il tempo delle
chiacchiere sia proprio scaduto.
Domani si gioca Roma-Manchester
United, altro teorico teatro di
paura e violenza, visti i
precedenti. La parola "vendetta"
rimbomba come un tamburo. E se
poi succede davvero, sarà un po'
difficile parlare di incidente,
disgrazia, fatalità. Il calcio
c' entra. Sempre. Soprattutto
quando chiude più gli occhi che
gli stadi.
31 marzo 2008
Fonte: La Repubblica
© Fotografie:
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