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MATTEO BAGNARESI
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Matteo Bagnaresi 30.03.2008 Teo
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Chi era Matteo Bagnaresi

Ritratto del tifoso morto domenica

Matteo Bagnaresi, 28 anni a settembre, laureato e figlio unico, aveva da poco riottenuto il diritto di andare allo stadio: per gli incidenti del 6 gennaio 2005 tra ultras parmigiani e proprio quelli bianconeri, in Parma - Juventus al Tardini, era stato raggiunto da un Daspo, il divieto a partecipare a manifestazioni sportive, della durata di 3 anni. Militante della sinistra antagonista, era attivo nell'ambito dei centri sociali di Parma. Sul web ancora compare la sua firma in una petizione contro un nuovo inceneritore in città e in un appello "per la liberazione degli antifascisti'' arrestati l'11 marzo 2006 a Milano.   Figlio unico di un ingegnere che lavora alla Barilla, Bruno, e di una professoressa di scuola media, Cristina, Matteo era laureato in Tecniche della prevenzione sui luoghi di lavoro ed era occupato in una cooperativa che fornisce consulenza alle aziende per il rispetto della legge 626. "Un bravo ragazzo", lo ricorda un vicino di casa dove Matteo abitava con i genitori e la nonna, davanti alla residenza della famiglia una villetta a schiera in via Guido Reni, alla prima periferia della città emiliana. "Un ragazzo d'oro, a cui volevo un mondo di bene'', racconta commosso uno zio, che ha sentito la notizia alla radio ed è subito corso a Parma da Imola (Bologna), dove abita. "Matteo - aggiunge è nato un giorno prima di mio figlio, l'ho visto crescere assieme al mio. È una tragedia incredibile". Quando due agenti di polizia sono andati a casa della famiglia per comunicare la tragedia, i genitori erano fuori. Sono stati rintracciati poco dopo e sono subito partiti per il Piemonte. Al rientro la madre, la commozione celata dietro un paio di occhiali scuri, scendendo dall'auto ha ribadito: "E' stato un incidente". Parte sostanziale del mondo di Matteo era quello dei "Boys", il gruppo ultras che domina lo scenario della Curva Nord allo stadio Tardini; con quegli amici e compagni di tifo si stava recando al Delle Alpi per la delicata partita con la Juve. Quando era ancora al liceo "anno 98-99, classe V G" proprio a nome dei "Boys" scrisse un articolo per il sito dello scientifico Ulivi, intitolato "Ridateci la dignità". Rivendicava il diritto di essere ultrà, galassia nella quale allora era entrato da un paio d'anni, e di non dover essere per questo considerati "vandali, teppisti senza ideali o a volte anche peggio". Si era convinto che in quel mondo c'erano "ferree norme non scritte" che "condannano qualsiasi forma di teppismo fine a sé stesso o pestaggi sleali". Matteo era anche nel direttivo dei "Boys", fondati una mattina d'agosto di 31 anni fa, in osteria, da una cinquantina di ragazzi sui 15-16 anni che volevano diventare la risposta alle altre tifoserie organizzate. Nella loro storia hanno poi conosciuto pure gli scontri con le forze dell'ordine, come quelli del 4 maggio '86, durante un derby con l’odiata Reggiana: ci furono 29 agenti feriti. "Siamo scossi da questa tragedia", ha commentato il presidente del Parma Tommaso Ghirardi, che nel pomeriggio di domenica si è recato nell'area di servizio. "I Boys si sono sempre distinti per civiltà e attaccamento alla squadra. Sono colpito per la morte di questo ragazzo di pochi anni più giovane di me". I giocatori, rientrati in città, volti tirati, hanno preferito non fare commenti. In via Calestani, davanti alla sede del gruppo, si sono radunati decine di 'Boys'. Dagli sfoghi a mezza voce si cattura la loro rabbia: "Lo faranno passare per un teppista, sappiamo già come andrà a finire". Matteo è stato ricordato anche dal nuovo vescovo di Parma, monsignor Enrico Solmi, proprio nella cerimonia del suo insediamento in città: "Facciamo sì "è stato il suo auspicio" che lo sport sia bello e sia sempre e solo un'occasione di gioire insieme".

31 Marzo 2008

Fonte: Tgcom24.mediaset.it

© Fotografie: Fondazionematteobagnaresi.it

Tornava allo stadio dopo tre anni di divieto

di Carlo Gulotta

PARMA - "Scrivete che è morto un ragazzo che viveva per gli altri, che è stato un maledetto incidente in autostrada e nient' altro. Se dietro questa storia non ci fossero gli interessi perversi del calcio, a quest' ora i giornali non si interesserebbero di noi. Ma adesso Matteo non c' è più, era l’unico figlio che avevamo. Lasciateci in pace". Cristina, la mamma di Matteo Bagnaresi, insegnante alle scuole medie di Parma, e il papà Bruno, ingegnere alla Barilla, non vogliono sentir parlare del passato un po' turbolento del figlio, 28 anni a settembre, di quella zuffa nel gennaio 2005 allo stadio della città emiliana al termine di una partita, proprio con la Juve, che gli costò l’ostracismo dagli impianti sportivi per tre anni. "Speculazioni inutili - buttano lì gli amici della curva, quelli del gruppo ultrà dei Boys, di cui Matteo faceva parte da tre anni, nel direttivo - adesso ci pioverà addosso un mare di fango e lo faranno passare per un teppista. Se volete raccontare la vita di Matteo, non parlate delle denunce, delle liti di piazza. Lui era uno di noi, pieno di entusiasmo. E non era un violento". I fascicoli della Questura raccontano una storia un po' diversa. Parlano di quel "Daspo" avuto tre anni fa, di qualche scaramuccia di strada con la polizia durante le manifestazioni del circolo "Mariano Lupo", il centro sociale col cuore a sinistra di cui Matteo faceva parte. "Era con noi al G8 di Genova, ma era uno di quelli che dialogavano - raccontano i ragazzi del centro sociale, mescolati a quelli della curva fra le sciarpe gialle e blu dei "Boys" - Quel giorno, al "Tardini", forse ci andò di mezzo solo perché per i poliziotti era una faccia conosciuta. Era un pacifista, e ha firmato un appello sul Web contro il nuovo inceneritore". Dopo la laurea, un corso specialistico in tecniche della prevenzione sui luoghi di lavoro, Matteo era entrato in una coop che faceva verifiche sullo stato della sicurezza nelle aziende. "Un esperto della 626 - racconta in lacrime un amico della curva Nord - dopo il "Daspo" aveva cominciato a giocare in una squadretta locale: il calcio era la sua vera passione". Un ultrà "di fede". E Matteo, il suo diritto ad essere ultrà l’aveva rivendicato dieci anni fa in un articolo sul sito del suo liceo Scientifico, l’Ulivi di Parma, col titolo "Ridateci la dignità". "Nel nostro mondo - scriveva - ci sono ferree norme non scritte che condannano qualsiasi forma di teppismo fine a sé stesso o pestaggi sleali. Siamo stanchi di subire umiliazioni morali e fisiche da persone frustrate che aspettano la domenica per potersi sfogare". Un po' ultras e un po' antagonista, Matteo Bagnaresi aveva firmato una petizione per chiedere "la liberazione degli antifascisti" arrestati l’11 marzo 2006 a Milano. Il mese dopo si era scagliato contro il concerto che la band New Wave degli Offlaga Disco Pax doveva tenere in un circolo Arci di Parma per via di una frase ironica nel testo di una canzone che diceva "Grazie Reagan, bombardaci Parma". "Non venite a Parma ! - aveva scritto lui in una mail inviata sia alla band che all' Arci - molte persone si stanno organizzando per non permettere a voi, quattro imbecilli reggiani che offendono la nostra città, di poter suonare al circolo Onirika. Pensate di poterci sputtanare a livello nazionale e poi di suonare impunemente qui ? Pensateci prima che sia tardi... O ci penserà qualcun altro con le maniere forti".

31 marzo 2008

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Boysparma1977.it

ll tifoso del Parma morto domenica

Matteo il "ribelle", diffidato per tre anni

di Vera Schiavazzi

Bagnaresi tra calcio e politica: "antifascista" era la definizione che il giovane aveva scelto per sé.

TORINO - "Se vuoi ribellarti, diventa ultrà. Se non vuoi, rispettaci". Matteo Bagnaresi, 28 anni a settembre, lo aveva scritto quando era ancora un liceale. Da allora, carattere e sentimenti non erano cambiati. Figlio unico di Bruno, ingegnere alla Barilla, e di Cristina, insegnante, Matteo era uno sportivo - giocava a tennis e a calcio - e si era laureato da poco in Prevenzione sui luoghi di lavoro. Lavorava in una cooperativa che fornisce alle aziende servizi sull'applicazione della legge 626 sulla sicurezza. Ma, soprattutto, era un ultrà dei Boys, il gruppo di supporter del Parma che ha compiuto trent'anni nel 2007. E un militante appassionato: per la sua tesi, aveva scelto le ragioni del "no" all'inceneritore di Parma, una battaglia che lo coinvolgeva e per la quale aveva firmato numerosi appelli. "Antifascista" era la definizione che il giovane travolto ieri in un'area di servizio aveva scelto per sé. Come Mario Lupo, il ragazzo ucciso a Parma nel 1972 da un gruppo di estremisti di destra e che ancora oggi dà il nome al più importante centro sociale di Parma, più volte sgombrato e rioccupato. Matteo lo frequentava, e aveva firmato anche numerosi documenti politici: contro la legge Fini - Giovanardi, contro la proposta di intitolare una via a Fabrizio Quattrocchi, ucciso in Iraq, contro i controlli e la "censura" del web. Per lui e per i tifosi come lui, colpiti da un Daspo, il divieto di entrare negli stadi - che per Bagnaresi era scaduto da poco, lo scorso 10 gennaio - i Boys del Parma avevano perfino fabbricato uno striscione: "Diffidati, sempre con noi". Per una tragica ironia del destino, la squadra del cuore di Matteo stava giocando proprio contro la Juventus quel 6 gennaio 2005, quando il ragazzo era rimasto coinvolto nell'invasione dello stadio Tardini e negli scontri con gli ultrà bianconeri. Così la partita di ieri, dunque, rappresentava per lui quasi un riscatto, un'occasione di tifo irrinunciabile. Le forze dell'ordine di Parma conoscevano Matteo perché se lo ritrovavano davanti in tutte o quasi le manifestazioni dell'estrema sinistra: un "antagonista", insomma, più volte identificato per episodi di poco conto, come appunto i cortei non autorizzati contro l'alta velocità o l'impianto di smaltimento dei rifiuti che secondo lui e i suoi amici avrebbe distrutto per sempre l'ambiente della "food valley" d'Italia. E quando il concerto di un gruppo punk-rock "colpevole" di essere composto da tifosi della Reggiana era stato annunciato a Parma, Bagnaresi era stato di nuovo tra i primi a schierarsi contro: le tracce sono in rete, come i suoi messaggi, "non venite se no ci penseremo noi a cacciarvi indietro". Ma Matteo era anche convinto che "regole non scritte condannano i pestaggi sleali e fini a sé stessi". Nella villetta di via Guido Reni alla periferia di Parma ieri si sono radunati amici, vicini di casa, uno zio: "E' una tragedia incredibile, non riusciamo a pensare che sia vero". In città, invece, si sono ritrovati i Boys; nessuna dichiarazione, solo la rabbia trattenuta, e un timore: "Ora lo faranno passare per un teppista".

31 marzo 2008

Fonte: Corriere.it

© Fotografia: Fondazionematteobagnaresi.it

Matteo, il tifoso laureato e impegnato nel sociale

di Vincenzo Martucci

Il supporter del Parma travolto e ucciso ieri in un'area di servizio vicino ad Asti aveva un lavoro stabile ed era un pacifista. Iscritto ai "Boys" gialloblù, era stato colpito da Daspo tre anni fa dopo un'invasione di campo.

PARMA, 31 marzo 2008 - "Il tifoso morto in un autogrill ha fra i 20 e i 30 anni, è dei Boys del Parma". Prima che la cattiva notizia prenda i connotati certi di Matteo Bagnaresi, 28 anni a settembre, la scarica scuote Parma e dintorni, quindi si localizza sul tranquillo borgo di San Lazzaro, nato nel 1991 nella campagna fra via Sidoli e l’uscita della tangenziale Reggio Emilia - Bologna. Poi, solo poi, si concentra con violenza sulle pacifiche villette a due piani di via Guido Reni, nemmeno partisse dai vicini tralicci, e paralizza per sempre l’anima della palazzina numero (omissis). Marcata sul citofono Bagnaresi-Venturini.

FAMIGLIA FELICE - "Quei poveri genitori impazziscono, stategli vicini, evitate che facciano qualche follia: lui, l’ingegnere (macchinari Barilla, n.d.r.) era proprio tutto votato per la famiglia, lei anche, la mamma, professoressa, dimostrava sempre di essere attaccata in modo particolare a quel figlio. Unico, peraltro", mormora la signora Costanza, trattenendo le lacrime. "Io sto al 13, e quando tre anni fa qui è arrivata tutta quell’acqua, quasi un nubifragio, Matteo si è prodigato in modo particolare per aiutarci. Era un bravissimo ragazzo, salutava sempre, mai saputo di uno screzio di nessuno di loro col vicinato. Il padre era anche un grande sportivo, correva sempre", racconta Giuseppe Manca, carabiniere in pensione. "La famiglia felice: così li chiamava la mia povera moglie che li prendeva a modello. Papà, mamma, un figlio e un cagnolino: brave persone, educate, molto riservate. Che disgrazia", suggerisce Paolo Scalise, abbracciato alle due figliolette mentre i suoi occhi e quelli del vicinato dicono tutti la stessa cosa: maledetta società che ci regala sempre paure e delusioni. Come fanno eco, attoniti, Cristina e Roberto. "Siamo quattro gatti, e ci conosciamo tutti, mio figlio Francesco è dei Boys anche lui, ma non è una cosa cattiva, sono proprio ragazzi. Certo, quand’è arrivata la notizia, l’ho subito chiamato: m’aveva detto che stavolta in trasferta non ci andava...", rivela il signor Guareschi, che ha sfiorato l’infarto.

IL "BAGNA" - Mamma Cristina e papà Bruno che rientrano a casa, sgommando, alle 17.20, insieme alla nonna, sono sconvolti. Urlano ai cronisti: "Non è uno spettacolo, razza di avvoltoi che siete, scrivete solo che un figlio unico è morto in un incidente". Già, chi era Matteo Bagnaresi ? Intanto, era un idealista. "Una persona stupenda che ha sempre lottato per certi ideali, dalla parte degli oppressi, contro il razzismo e i poteri forti", come dicono i 100-150 amici alla sede dei Boys, davanti ai Vigili del Fuoco di via Chiavari. Già al liceo "il Bagna" scriveva un articolo in difesa "dello spirito e della dignità degli Ultras", ha firmato molte petizioni pacifiste, faceva parte del centro sociale Mario Lupo sgombrato un paio d’anni fa, era laureato, con una tesi su "prevenzione e salubrità degli ambienti", aveva un lavoro regolare e non aveva carichi pendenti pesanti. Il Daspo, la diffida dallo stadio dopo aver partecipato all’invasione di campo di Parma-Juve del 2005, era scaduto appena a gennaio. E anche presso le forze dell’ordine non era considerato una testa calda. Molti, anzi ricordano, le tante attività nel sociale, per aiutare i malati e i più sfortunati. Più sfortunati che morire così, e per una partita di calcio ?

31 Marzo 2008

Fonte: Gazzetta.it

© Fotografia: Fondazionematteobagnaresi.it

''Ciao Bagna''

Il mondo del tifo lascia fiori e sciarpe. Ricordi colorati. Sciarpe del Parma ma anche di altre squadre, compresa la Juve. Un messaggio dalla Francia Compagni di lavoro. Dalla coop Aurora di Parma hanno scritto "Era un ragazzo libero e generoso" Un mazzo di fiori gialli da Asti "Una mamma tifosa e i suoi figli".

Il "Bagna" adorava i Mau Mau e la loro "Resistenza" era forse la sua canzone preferita. "Sai, restare qui non fa per me/ si respira un'aria immobile/controvento non si piscia più/dentro un sogno di radici e di bandiere/ E verrà l'estate e verrà la neve/ sentirò la tua mancanza/Ma una linea d'ombra segna questa strada/ non si può fermare un'onda che arriva improvvisa". Il testo, scritto a mano con pennarello rosso, da ieri, è appeso al distributore di benzina dell'autogrill Crocetta Nord. È l'ultimo saluto degli amici a Matteo Bagnaresi. Davanti, una macchia bianca di gesso per coprire il sangue. È il doloroso ricordo della tragedia che si è consumata domenica su quel piazzale. Ieri ci sono tornati in tanti: i "compagni e le compagne" dei "Boys del Parma", altri tifosi, giovani e meno giovani. Mazzi di rose rosse e gigli bianchi, biglietti arrotolati, decine di scritte. "La Nord sarà sempre con te". "Sarai sempre il mio Elfo matto" e qualcuno ha aggiunto "E mo' okkupagli anche il paradiso". Perché il Teo era un tifoso, ma anche uno che masticava politica e si impegnava attivamente. Militava in gruppi antifascisti. Un "boys" scrive accanto: "Sarai sempre un fratello nel cuore". Un orsacchiotto di peluche con un cuore, un piccolo "re Leone" e, legate al palo del distributore, un’infinità di sciarpe colorate. L'omaggio dei tifosi. I gialloblù, ma anche gli altri: quelli della Samp, dell'Atalanta, dell'Inter, del Toro. Una francese con la scritta "Pour un football populaire". Ne ha legata una anche un tifoso bianconero. E un vaso di margherite gialle porta firma astigiana: "Vicine nel dolore. Una mamma tifosa e i suoi figli. Cinzia, Davide, Giulio". Da Parma arriva il messaggio dei compagni di lavoro della cooperativa "Aurora" dove Matteo si occupava di sicurezza e temi ambientali. "Il calcio era una delle sue grandi passioni e Matteo che aveva un cuore generoso metteva nelle sue passioni tutto sé stesso. Abbiamo avuto modo di conoscerlo in questi anni in cui ha lavorato con noi e di apprezzare la sensibilità, la disponibilità e le profonde qualità umane. Era una persona libera che non seguiva logiche predefinite o imposte, ma che agiva seguendo i valori in cui credeva che erano in lui profondamente radicati". Una ragazza lascia un sacchetto di "M&m", le praline colorate al cioccolato. Dice di averle trovate domenica sul pullman, appoggiate sul sedile del "Bagna". "Erano le sue preferite". Forse l'ultimo acquisto all'autogrill, prima del dramma. Qualcuno ha anche appeso una sua foto presa dal computer: Matteo tiene in braccio un cucciolo di labrador nero. Lui ha la barba incolta, capello lungo. Un bel sorriso che si è spento per sempre su quel piazzale.

31 marzo 2008

Fonte: La Stampa

© Fotografia: Tuttosport.it

"Aveva i suoi valori e li seguiva"

di Sandro Piovani

La famiglia chiede il silenzio, intanto la squadra riprende ad allenarsi.

PARMA - Solo dolore. Parma si è svegliata immersa nel dolore. Il dolore della famiglia Bagnaresi, degli amici di Matteo, della squadra e dei tifosi. E dei colleghi della cooperativa Aurora, dove il giovane lavorava come esperto sulla sicurezza sul lavoro: "Matteo era una persona libera che non seguiva logiche predefinite o imposte, ma che agiva seguendo i valori in cui credeva che erano in lui profondamente radicati. Si era inserito nella nostra cooperativa con garbo, educazione, competenza e professionalità". Una lettera aperta che è anche un ritratto di Matteo. Le tifoserie organizzate di Parma invece hanno scelto il silenzio. VISITA - E anche la famiglia vorrebbe spegnere tutti i riflettori, troppi, accesi su questa triste vicenda. Per questo i coniugi Bagnaresi hanno chiesto che, a tutela della loro privacy, le forze dell’ordine pattugliassero l’abitazione e la via dove risiedono. Dove nel pomeriggio hanno ricevuto la visita dei Boys, il gruppo Ultras di cui faceva parte Matteo. E i Boys hanno ribadito la loro versione: nessuno era armato, niente scontri. A Parma, nel pomeriggio, per verificare la dinamica dei fatti, sono arrivati due funzionari della Digos di Asti. Per il momento non si hanno notizie di altri indagati oltre all' autista dell’autobus. Sofferenza In questo quadro di sofferenza, il Parma ieri mattina è tornato ad allenarsi. È stato Hector Cuper a rompere il silenzio. "Sarà una settimana particolare, ma per rispetto al ragazzo che è morto, alla famiglia e alla tifoseria dobbiamo andare avanti e vincere". Poi il tecnico degli emiliani ha usato un’espressione che rappresenta la difficoltà della squadra: "L' unica cosa che devo fare è alzare la testa e chiedere ai ragazzi di fare lo stesso".

1 aprile 2008

Fonte: La Gazzetta dello Sport

© Fotografia: Ilgiornale.it

CIAO BAGNA !

Morto un ultras e un antifascista di Parma.

Matteo Bagnaresi "il Bagna" è morto ieri investito in un autogrill vicino ad Asti, investito da un pullman che trasportava tifosi Juventini. Matteo insieme ad altri ultras del Parma era all’autogrill sulla Torino Piacenza in sosta per recarsi allo stadio Olimpico di Torino. In un’incredibile coincidenza macabra, muore un altro ultras nella stessa giornata di campionato, nel girone di ritorno, di Gabriele Sandri. La morte sembra avvenuta per pura casualità, l’autista del pullman (di quelli che si noleggiano per i viaggi organizzati) ha investito Matteo senza neanche accorgersene, e si è fermato 1 km dopo la zona di sosta. Tutto sembra confermare questa versione e poco importa se la ripartenza dell’autobus è avvenuta per sfuggire agli ultras del Parma o ad altro. Non importa e non ci deve importare, l’unico fatto che resta è che Matteo è stato ucciso ed è l’ennesimo morto del mondo ultras e non solo, Matteo era un compagno, legato allo spazio sociale Mariano Lupo di Parma, era un’antifascista ed era anche un ultras. Il mondo del business soccer non ha tempo per piangere nessuno, nemmeno chi muore mentre chi governa il calcio e le istituzioni vara leggi speciali che equiparano chi va allo stadio al peggior criminale sulla terra, celando i veri obiettivi che vogliono trasformare gli stadi in arene virtuali e gli ultras in tanti automi davanti alle tv a pagare gli spettacoli organizzati. Il mondo ultras, con le sue contraddizioni è un mondo non compatibile, è questa la realtà, e va punito e sanzionato, utilizzandolo come laboratorio per tecniche di controllo sociale e repressione, da esportare poi all’intera società. Fa ribrezzo vedere le trasmissioni sportive che si occupano di giustizia, che chiedono pene più severe, certe e forcaiole. I notabili del calcio sono distanti da chi vive il mondo del calcio, fatto di scontro, conflitto e ci mancherebbe innumerevoli contraddizioni. La passione di chi siede nei salotti televisivi è la passione di qualsiasi notabile: quella per l’accumulazione ai danni degli altri, e in questo caso loro, gli ultras. Sentire dire in televisione "però non si può morire per il calcio" fa riflettere; morire per il lavoro invece…

1 aprile 2008

Fonte: Infoaut.org

© Fotografia: Fondazionematteobagnaresi.it

Mio figlio era un ragazzo di pace ci ha aiutati a capire chi soffre

di Carlo Gullotta

PARMA - "Io e suo padre gli dobbiamo tanto, Matteo ci ha insegnato a guardare in un modo "altro" questa città, la ricca Parma dove c' è anche tanta gente che soffre e fatica a inserirsi. A casa nostra abbiamo ospitato dei ragazzi romeni che avevano bisogno d' aiuto. Ed era stato Matteo a portarli qui, merito suo se li abbiamo capiti e accettati". Cristina Venturini, la mamma di Matteo Bagnaresi, racconta così il rapporto "bellissimo col nostro unico figlio che in un tempo troppo breve ha saputo farci tanti regali". La città, i suoi amici, non vi hanno lasciati soli... "Stamattina una cinquantina di ragazzi della curva Nord del Tardini e i compagni del centro sociale Mariano Lupo sono venuti a trovarci. Hanno voluto vedere la sua camera, ci siamo abbracciati". Solo lacrime ? O anche rabbia ? "Qualcuno s' è arrabbiato perché in certi articoli s' è parlato di scontri in quella maledetta area di servizio. Ma mio figlio non era un violento. Un ragazzo che era in trasferta con lui mi ha giurato che non ci sono state violenze. Ha detto che Matteo era davanti al bus, che il mezzo è partito sgommando e che lui non voleva fermarlo. Lo so, parla il cuore di una madre, ma io so chi era mio figlio". Sono arrivati anche l’industriale Guido Barilla e la presidente della coop dove Matteo lavorava... "Sì, abbiamo ricordato assieme quando mio figlio si presentò per il colloquio, il primo giorno di lavoro, coi suoi capelli "rasta". Lei capì subito che la sua strana acconciatura era soltanto una corazza esteriore". In città, negli striscioni dei ragazzi della curva, nessuno cerca la vendetta. Un segno ? "Un bellissimo segno. Vuol dire che hanno rispetto per mio figlio e hanno capito la sua natura profonda: quella di un ragazzo di pace".

1 aprile 2008

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Corriere.it

"Noi siamo i genitori di Matteo"

di Candido Cannavò

Avevo finito di parlare l’altra sera in una chiesa di Parma presidiata - con la bandiera della pace sul prospetto e il ritratto di Che Guevara in sagrestia - da uno dei pretacci del mio libro. Si chiama don Luciano Scaccaglia. Quando si crea un’emergenza, lui apre il portone e dà alloggio, proprio davanti all' altare, a gruppi di rom cacciati da qualche campo di periferia. Era accaduto proprio un paio di giorni prima. Il problema è stato risolto ma nel periodo di vuoto "Cristo si è sentito meno solo grazie a quelle creature disperate che gli facevano compagnia". Questo prete evita che la civilissima Parma si addormenti nella sua ricchezza. Avevo finito di raccontare esperienze raccolte lungo sentieri di sport, carcere, disabilità e vangelo della strada. Adesso affrontavo, proprio sull' altare, il rituale della firma dei libri. Mi si presentò una coppia con due volumi. "Questo lo dedichi a noi: io mi chiamo Cristina, lui Bruno". Erano di età media, stagione in cui i figli volano e ci si può godere il doppio della vita: per sé e per loro. Ma notavo un velo di grigiore doloroso. "Quest' altro libro - aggiunse la signora - lo dedichi direttamente a Matteo. Noi siamo i genitori di quel ragazzo che amava il Parma ed è morto schiacciato... Siamo venuti qui per ascoltarla". Ero di colpo nel vivo del dramma. Di Matteo si era parlato poco prima e tutti lo dipingevano come il giovane dei sogni: bello, generoso, campione di solidarietà, laureato, amico, diletto figlio unico. E adesso, dinanzi allo sguardo di quei genitori che non scorgevano più orizzonti nella vita che gli era rimasta, io maledicevo il tragico paradosso. Come può l’amore fanatico per una squadra snaturare un giovane di tanta qualità e trascinarlo nel clima di una tragedia ? Quale diabolico influsso avrà mai il pallone, al di là dell’essere giocattolo della vita ? E abbracciando la signora Cristina ho ripercorso il viale della grande utopia. Un pullman del Parma e uno della Juve s' incontrano in un autogrill. I tifosi scendono, scherzano, raccontano, si sfottono un po' e poi vanno a prendere un gelato insieme. Un giorno chissà. Anche le utopie talvolta scendono, come i miei pretacci, sul marciapiede della vita. Matteo Bagnaresi è morto il 30 marzo, a 27 anni.

23 aprile 2008

Fonte: Gazzetta.it

© Fotografie: Fondazionematteobagnaresi.it
"Il Signore rimane fedele per sempre rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri. Egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione" (Antico Testamento, Salmo 145)
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