"Il giorno
dell'Inferno"
7 giugno 1981:
Il rogo nella Curva Sud dello Stadio Ballarin
di Luigi
Tommolini
San Benedetto del
Tronto, domenica 7 giugno 1981; nella Curva Sud
dello Stadio Fratelli Ballarin divampa un
incendio mentre sta per iniziare l'incontro di
calcio Sambenedettese - Matera che sancirà la
promozione in serie B della squadra marchigiana.
In un clima di grande festa, circa 7 quintali di
carta bruciano sotto 3500 persone che, per
diversi minuti rimangono intrappolate sui
gradoni della Curva Sud. Il panico è totale: le
chiavi delle porte delle uscite di sicurezza non
si trovano, gli idranti non funzionano!!! Si
rimane impotenti davanti al crescere delle
fiamme divenute sempre più alte e minacciose;
molti fuggono alla disperata investendo altri
che cadono rovinosamente a terra prede del fuoco
che avanza impetuoso alimentato anche da un
vento malefico (vento e fuoco). Dove non c'è il
fuoco si forma la calca e molte persone vengono
spinte violentemente contro le reti di
recinzione e il loro terrore è che queste reti,
soprattutto quelle laterali nella parte più alta
della curva, possano crollare e farli
precipitare nel vuoto. Fortunatamente non
mancano gesti nobili ed eroici come quello del
Signor Luciano Bovara che, rischiando la propria
vita, salva dalle fiamme un
bambino
di 10 anni. Questo accade mentre in campo,
tutti, dai giocatori delle due squadre alla
terna arbitrale e a chi si trova sul manto
erboso, cercano impotenti di fare qualcosa.
Purtroppo, però, molti saranno i feriti e quelli
più gravi, verranno trasferiti il giorno dopo
nei centri ustioni specializzati d'Italia, a
Roma, Cesena, Brindisi, Padova e Parma. Dopo
giorni di atroci sofferenze perderanno la vita
Maria Teresa Napoleoni di 23 anni, segretaria
presso una ditta calzaturiera e Carla Bisirri di
21 anni che da poco aveva iniziato l'attività in
proprio di parrucchiera. Entrambe avevano
riportato ustioni del 1°, 2° e 3° grado su più
del 70% del loro corpo. Maria Teresa era caduta
tra le fiamme e si era rialzata nel disperato
tentativo di fuga per poi, in un gesto
istintivo, strapparsi gli abiti di dosso ma,
sfortunatamente, ricadere a terra una seconda
volta sul rogo sui gradoni di cemento in
prossimità del maledetto sottopassaggio
dell'entrata est della Curva Sud. Carletta, così
veniva chiamata amichevolmente Carla, già molto
giovane aveva lavorato per diversi anni dalla
parrucchiera di mia madre a Martinsicuro; ero un
fanciullo e ogni volta che mi vedeva mi riempiva
di coccole. Viste le premesse il rogo del
Ballarin può essere considerato una tragedia
quasi annunciata. Di sicuro è stato troppo e
spesso dimenticato; e sono state dimenticate IN
TUTTI I SENSI le vittime, i loro familiari e i
sopravvissuti alcuni dei quali, ancora oggi dopo
quasi trent'anni, devono sottoporsi a piccoli
interventi di chirurgia plastica. Quel 7 giugno
1981 avevo poco più di 12 anni e mezzo ed ero
tra i 3500 della Curva Sud: io e la mia famiglia
(c'erano tutti quel giorno allo stadio)
arrivammo poco dopo le 15 (quasi due ore prima
dell'inizio della gara). La Curva Sud era già
gremitissima. In tutte le maniere, facendoci
spazio tra la gente, riuscimmo a salire i
gradoni fino a quando non trovammo posto nella
parte più alta ed esterna, verso la tribuna
coperta, proprio attaccati alla rete di
recinzione. Con me avevo un cappellino rossoblu
con una "B" rossa sul davanti e la bandiera
della Samb con due "B" rosse, una più grande al
centro, sullo scudetto e l'altra più piccola
lateralmente sopra il blu della bandiera.
Durante il rogo fummo violentemente spinti e
schiacciati verso la rete dalla moltitudine di
persone che fuggivano dalle fiamme e rischiammo
di precipitare nel vuoto da un'altezza di circa
10 metri. Ci fu un attimo che guardai in basso e
vidi, attraverso la "BEATA" rete proprio "a
piombo" sotto di me la tettoia dell'entrata sud
della Tribuna Coperta. Fu un miracolo se in quei
lunghi e tragici minuti la rete di recinzione
non crollò sotto il nostro peso... Ho conservato
la bandiera rossoblu che sventolavo quel giorno:
in quei tragici momenti s'impigliò alla rete di
recinzione strappandosi proprio nel suo cuore;
un ricordo di quei lunghi e terribili minuti e
la consapevolezza che, almeno per noi, andò
bene... Così iniziava il 7 giugno 1981 l'estate
"nera" di San Benedetto del Tronto dove, appena
tre giorni dopo, il 10 giugno, verrà rapito
Roberto Peci, fratello di Patrizio il "Super
pentito" delle Brigate Rosse. Dopo 55 giorni di
prigionia, il 3 agosto a Roma, Roberto verrà
barbaramente ucciso. Questo breve video è un
dovuto ricordo verso chi da quel 7 giugno 1981
iniziava un lungo e doloroso calvario di vita.
7 giugno 2011
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
©
Fotografie: (Repertorio 1981) -
Ilmartino.it
Maria Teresa Napoleoni, rosa ROSSA nell’infinito
cielo BLU
Il mio ricordo a trent'anni dalla sua morte, il
13 giugno 2011
di Luigi Tommolini
… Sono già passati trent’anni. Maria Teresa è
una ragazza di 23 anni, compiuti a febbraio, con
la voglia di vivere, la gioia nei suoi occhi, la
vita che le sorride come il sorriso del suo bel
viso; lavora come segretaria nell’azienda di
calzature "Silvano Shoes"; abita nei pressi
delle suore battistine. La domenica del 7 giugno
1981 è il giorno di Pentecoste e si sveglia
presto la mattina per andare a messa alle otto
proprio dalle suore; poi al mare a Cupra
Marittima, paese d’origine di sua madre; non si
può rinunciare ai "bagni di sole" in una
giornata così calda, anche se spira una leggera
brezza di mare. È figlia unica, Maria Teresa, di
due genitori non proprio giovanissimi, Sara ed
Enzo; quando resta a casa, dopo le ore di
lavoro, le sue mani lavorano all’uncinetto; e
addobba cuscini, crea copritavola, copripoltrone
e copridivani; è la gioia di casa, la figlia
voluta e arrivata. Appena tornata dal mare,
quella domenica di giugno di Pentecoste, prepara
da mangiare e subito dopo eccola in sella alla
sua fiammante vespa 50 di colore rosso,
regalatale dal suo papà il giorno dell’ultimo
compleanno ! È felice Maria Teresa. Prima di
uscire, come sempre, porge un saluto affettuoso
ai suoi genitori dicendo che appena tornata a
casa sarebbe andata con loro ad una festa e,
tutt’insieme, avrebbero gustato le tradizionali
"nocelle". La città è in festa; è interamente
coperta di bandiere rossoblu, il colore della
squadra calcistica locale, la Sambenedettese che
molto probabilmente quella domenica tornerà in
serie B. Maria Teresa non è mai stata allo
stadio a vedere una partita di calcio ma quel
giorno si convince nell’andare, visto che il
trionfo e la gioia sono assicurati ! Parcheggia
la sua Vespa rossa poco distante dallo Stadio ed
entra nel settore in cui i tamburi del tifo
rullano, come sempre, in maniera assordante e,
la carta, quella troppa carta, ricopre tutti
fino alle ginocchia. Maria Teresa si ritrova
insieme ad alcuni amici e il colpo d’occhio
all’interno del "Ballarin", lo stadio della Samb
in quell’occasione stracolmo, è meraviglioso;
uno spettacolo mai visto, una festa da vivere !
Entrano le squadre in campo e i palloncini
rossoblu con la lettera "B" gigante volano in
cielo insieme al fumo dei bengala accesi; si
avverte uno strano caldo, troppo caldo; subito
non ci si accorge del fuoco che comincia a
bruciare quintali di carta; l’attenzione è
rivolta alla festa, ai tamburi, alla
coreografia, al tifo assordante che tutto
nasconde ! Ma il fuoco, sotto, arde e al primo
grido "c’è il fuoco, c’è il fuoco !!!" il panico
e l’istinto portano ognuno a fuggire, ad uscire,
a seguire gli altri, ad andare verso il proprio
destino ! Il destino della povera Maria Teresa
quella domenica è quello di scendere verso
l’uscita, ma di scivolare ed essere travolta
dalla tremenda calca e di finire sopra al rogo;
verso di lei avanzano fiamme altissime e pezzi
di carta infuocati che piovono sostenuti da un
vento malefico che in un attimo bruciano i suoi
vestiti sintetici e i suoi splendidi capelli
lunghi; trova la forza di alzarsi, ma solo per
pochi istanti poiché ricade rovinosamente su un
altro focolaio assassino. "Maria Teresa, perché
non ti rialzi!". Destino crudele ! Si rialza
troppo tardi e scende le scale dell’uscita del "sottopassaggio Est" e istintivamente, in
maniera disperata, cerca un bagno e quindi
l’acqua per spegnere i suoi splendidi capelli, i
suoi vestiti sintetici, la sua camicia bianca e
il suo corpo che sta sciogliendosi ! Urla
disperate: quel sottopassaggio è peggio
dell’Inferno. La corsa all’ospedale con un’auto
privata e poi, il giorno dopo, il volo con
l’elicottero della speranza, verso la capitale.
Saranno giorni atroci e drammatici. Durante il
suo calvario Maria Teresa, affranta e
agonizzante, osserva più volte disperatamente
quello che è rimasto delle sue splendide mani: "come farò a lavorare adesso; come farò a fare
le mie creazioni all’uncinetto; come farò ad
accarezzare quelli ai quali ho voluto bene per
tutta la vita…". Maria Teresa Napoleoni chiude
per sempre i suoi occhi all’alba del 13 giugno
1981 (stesso istante in cui, ad una decina di
chilometri più ad Est in linea d’aria, finisce
il suo calvario Alfredino Rampi, 6 anni, rimasto
intrappolato in un pozzo nelle campagne di
Frascati), giorno di Sant’Antonio di Padova. Era
felice, era gioiosa, era un fiore; l’ultima sua
gioia l’ha manifestata gridando "Forza Samb" tra
mille bandiere rossoblu; eppure non vedrà mai
giocare la squadra sambenedettese. Fuori dallo
stadio "Ballarin" rimarrà a lungo, silenziosa e
immobile, la sua vespa 50 rossa e mai più
nessuno osò toccare la sua cameretta da quella
drammatica domenica di Pentecoste quando, a casa
Napoleoni, non entrò più il sole.
13 giugno 2011
Fonte: Il Martino (Edizione Cartacea n. 28 del
7.03.2016)
©
Fotografie: (Repertorio 1981) -
Ilmartino.it
Carla Bisirri, rosa ROSSA nell’infinito cielo
BLU
Il mio ricordo a trent'anni dalla sua morte, il
17 giugno 2011
di Luigi Tommolini
Mi ricordo con piacere, tempo fa, quando ero
fanciullo e mia mamma mi portava dalla sua
parrucchiera Lisetta, a poche centinaia di metri
da casa nostra a Martinsicuro, paese sul
litorale del medio-Adriatico a circa otto
chilometri a sud da San Benedetto del Tronto.
Era là che lavorava una ragazza che,
nonostante la sua giovane età (avrebbe potuto
avere tredici, quattordici anni), dimostrava già
di essere matura nel parlare e nel comportarsi.
Una ragazza diversa dalle sue coetanee, molto
sveglia, essenzialmente molto più avanti di
loro. Il suo nome era Carla ma chi la conosceva
bene la chiamava Carletta, forse per via del suo
fisico, un gioiellino di neanche cinquanta
chili. Appena entrato nel negozio mi accarezzava
con dolcezza e non mi faceva mai mancare le sue
"coccole", quelle che si fanno di solito ai
bambini; tutta seria, comunque, tornava subito
al suo lavoro. Carla Bisirri, con l’entusiasmo
di una ragazzina, partiva ogni giorno da casa
sua nella "zona dell’Agraria" della vicina Porto
d’Ascoli, località del comune di San Benedetto
del Tronto e suo normale prolungamento a sud, a
metà strada tra San Benedetto del Tronto e
Martinsicuro, sempre sul litorale del
medio-Adriatico. Le piaceva lavorare e imparare
il proprio mestiere e ad accompagnarla ci
pensava spesso il suo papà Gino che stravedeva
per lei; altre volte, quando Gino non poteva, ma
sempre rigorosamente accompagnata da un
familiare, utilizzava l’autobus della linea San
Benedetto-Martinsicuro che effettuava una delle
sue fermate proprio davanti casa Bisirri. Con
mia mamma, Carla faceva discorsi profondi, mai
frivoli, mai sciocchi dispensando anche utili
consigli; traspariva in lei il suo forte
attaccamento per la famiglia, per il suo papà e
per sua mamma Ottaviana, i quali seguivano
dappertutto la loro primogenita, il loro
gioiello di figlia che misero al mondo quando
avevano un’età di venti e venticinque anni. Era
piacevole andare dalla parrucchiera soprattutto
per la presenza di Carla. Una volta compiuti i
diciotto anni d’età Carla decise di avviare,
sotto casa sua, un’attività in proprio di
parrucchiera. In breve tempo riuscì a farsi un
discreto numero di clienti e molti venivano da
Martinsicuro dove aveva imparato il mestiere e
lavorato e dove aveva lasciato un bel ricordo
professionale ed umano. Poi un giorno conobbe
Ricardo, un ragazzo di quattro anni più grande
di lei. Carla lo presentò subito a casa e
piacque anche ai suoi genitori; non uscivano mai
soli, come richiedeva l’educazione del suo papà
e della sua mamma. Era graziosa Carla, un fiore.
Lei e Ricardo, molto innamorati, fissarono la
data del loro matrimonio per il mese di
settembre del 1981. Tre mesi prima, domenica 7
giugno 1981, Carla aveva da poco compiuto
ventuno anni e la Sambenedettese, squadra
calcistica di San Benedetto del Tronto si
apprestava a tornare in serie B. C’era grande
festa anche a Porto d’Ascoli dove tutta la
cittadina parteggiava per i colori rossoblu
della Samb ! Ricardo era un suo fedele
sostenitore e non voleva mancare alla festa;
decise di portare con sé la sua amata Carla
insieme a uno zio della ragazza. Ricardo cercò
di coinvolgere nella festa rossoblu anche il
fratello di Carla che all’epoca aveva dieci anni
ma lei si oppose pensando che poteva essere
pericoloso per un bambino così piccolo assistere
a quella partita ! Al momento di dirigersi verso
lo stadio, Carla volle ritornare a casa una
prima volta a cambiarsi gli abiti: "E’ meglio
indossare un paio di pantaloni !" …Poi tornò e
ci ripensò di nuovo: "E’ forse meglio mettere
questo vestito invece di quello…". …Insomma, non
era tranquilla ! Forse, inconsciamente, aveva
qualche malefico presagio ! Non era mai stata
all’interno di uno stadio di calcio ad assistere
ad una partita, ma la giornata festosa e la
presenza del suo Ricardo l’avevano convinta e
assicurata. Avvolta nella festa del "Ballarin",
lo stadio della Sambenedettese, fra tamburi
assordanti e tanta carta, anche lei, come la
povera Maria Teresa Napoleoni, andò incontro ad
un tragico destino. Travolta dal panico e dalla
calca violenta il suo grido "Forza Samb" fu
strozzato cadendo sul rogo; "Carla, dove sei !!"
urlò infinite volte il suo futuro sposo ! Nella
calca si persero ! Invano sia lo zio che
Ricardo, disperati, cercarono di trovarla, di
allontanarla dal rogo, di soccorrerla ! Troppo
tempo rimase avvolta dalle fiamme malefiche che
le deturparono il suo fisico ormai distrutto.
Una volta trasportata all’ospedale il suo papà
la riconobbe solo per la forma della sua fronte…
Insieme alla Napoleoni il giorno dopo, con il
volo della speranza, fu trasferita in elicottero
nella capitale. Quando il 13 giugno 1981 Maria
Teresa chiuse per sempre gli occhi, Carla aveva
ormai perso tutte le forze per lottare; ai suoi
genitori e all’inconsolabile Ricardo manifestò
il desiderio di morire a casa sua: "Portatemi a
casa ! Voglio morire a casa !". Ma ormai "era
troppo tardi" e a Roma Carla Bisirri chiuse per
sempre i suoi occhi la sera del 17 giugno 1981,
giorno seguente al funerale di Maria Teresa
amica nel crudele destino. Lasciò affranti e
addolorati tutti i suoi cari, la sua famiglia e
colui che avrebbe dovuto e voluto sposarla solo
tre mesi dopo… Ricardo trascorse gli anni
successivi nel ricordo della sua amata Carla
vivendo sempre con grandi "sensi di colpa" per
averla portata al "Ballarin" quella maledetta
domenica. In silenzio, senza farlo sapere a
nessuno, nascose il suo improvviso e tremendo
male che lo consumò in breve tempo e lo portò
alla morte pochi giorni prima di Natale dello
scorso anno. Il suo unico "testamento" di morte,
detto ed eseguito, fu la ferma volontà di farsi
"cremare" per riposare al fianco della sua
futura sposa; e lei lo "aspettò" quasi
trent’anni vestita per tutta l’eternità col suo
abito nuziale. Nel tuo ricordo Carla, ora
insieme a quello del tuo sposo, mai ti
mancheranno le mie preghiere, dolci carezze per
te, simili a quelle che tu, tempo fa, con la tua
ineguagliabile dolcezza mi davi. Una prece.
17 giugno 2011
Fonte: Il Martino (Edizione Cartacea n. 32 del
2.05.2016)
© Fotografie: Sambenedettesecalcio.it -
Ilmartino.it
-
(Repertorio 1981)
Carla Bisirri |
Maria Teresa Napoleoni |
2
Rose nel Giardino Celeste
Carla Bisirri
(30 aprile
1960
- 17 giugno 1981)
Maria
Teresa Napoleoni
(27 febbraio 1958
-
13 giugno 1981) |