1989: La strage
dell’Hillsborough
di Matteo
Paradiso
Sheffield, 15 Aprile
1989. È un pomeriggio insolitamente soleggiato,
nonostante ci si trovi nel periodo dell’anno in
cui solitamente la pioggia cade generosa nel
South Yorkshire. La partita di cartello è di
quelle che si preannunciano epocali: una
semifinale di Fa Cup contro gli arcirivali di
sempre, i tanto odiati Tricky Trees, quel
Nottingham Forrest al quale il trionfo nella
competizione più antica del mondo manca dal
lontano 1959, ben più tempo dei soli 3 anni
trascorsi dall’ultimo successo dei Reds contro i
cugini Toffees nella finale del 1986.
Ciononostante, i Reds di quel periodo, esclusi
dalla Coppa dei Campioni e da qualsiasi altra
competizione europea a causa dei fatti
dell’Heysel, hanno più fame di vittorie che mai,
poiché si parla comunque di uno dei più grandi
Liverpool che la storia ultracentenaria del
glorioso club ricordi. C’è un’aria giocosa e di
festa fuori dallo stadio di Hillsborough, della
paventata minaccia Hooligan non c’è ombra
alcuna, sembra semplicemente un pomeriggio come
tanti, di festa e di serenità, da trascorrere
sostenendo i propri beniamini, chi in compagnia
dei propri amici, chi con la propria famiglia.
Ma nessuno è conscio di ciò che sta per
succedere, nessuno sa che il destino sta per
calare un nero panno mortifero sulle vite di
tante persone, spezzandole definitivamente. Vite
e storie che si intrecciano, si annodano, si
compongono come la trama di un fine tessuto.
Persone che non si conoscevano, che non sapevano
che, da quel giorno, il loro nome sarebbe
rimasto marchiato a fuoco sulla pelle di un
popolo intero, parte, loro malgrado, di un
disegno troppo, troppo più grande di loro.
Persone i cui nomi, da quel giorno,
abbandoneranno l’anonimato per ascendere alla
leggenda ed al ricordo, sempre doloroso, mai
attenuato, di quel maledetto giorno. Tante vite,
ingiustamente strappate in quello che doveva
solo essere un evento sportivo e che si è
dimostrato essere un dramma di tragiche
dimensioni.
GLI ANTEFATTI - Non
molti sanno che la Leppings Lane, il luogo in
cui trovarono la morte i nostri 96 angeli, era
già prima del 1989 stato teatro di episodi
controversi. A seguito dell’intensificarsi degli
episodi di tifo violento, il tristemente famoso
fenomeno Hooligans, l’allora premier britannico,
la Lady di ferro Margareth Thatcher, emanò una
serie di provvedimenti atti a troncare le gambe
al fenomeno, o comunque a ridimensionarlo. Nel
1985, venne emanato lo "Sporting Event Act", con
il quale venne totalmente abolita la vendita di
alcool negli stadi e nei parcheggi. Nel 1986,
invece, il "Public order act" rese reato
comportarsi in modo "allarmante", anche se non
violento, alle partite e conferì ai tribunali
una ampia autonomia di deferire chiunque
ritenuto responsabile di comportamenti "non
idonei e non dignitosi" dal frequentare gli
stadi, anche a tempo indeterminato.
Provvedimenti idonei, su questo non ci piove, ma
sbagliati e profondamente pericolosi nei
termini. La Thatcher, che in quel periodo doveva
far fronte a diversi problemi, dai venti di
guerra che spiravano dalle Falkland ad un’IRA
sempre più attiva ed intraprendente, da una
inflazione che, benché in calo sotto il suo
mandato, iniziava a farsi sentire anche nella
vita quotidiana dei Britannici ad un rapporto
non proprio idilliaco con la Regina Elisabetta
II ("La detesto cordialmente", ebbe modo di dire
la sovrana), volutamente o no, esasperò i toni
enfatizzando forse eccessivamente quello che era
un problema che andava, data la sua natura,
affrontato sì con risolutezza ma con assoluta
prudenza, avendo cura di non creare allarmismi
inutili e panico nella popolazione e soprattutto
nelle forze dell’ordine. In tutto ciò,
purtroppo, Hillsborough del resto aveva già una
triste tradizione. Nel 1981, in una semifinale
sempre di FA Cup tra Tottenham e Wolves, occorse
un incidente analogo nelle dinamiche (ma
fortunatamente non nel bilancio) che costò 38
feriti, cosa che portò lo Sheffield Wednesday,
proprietario dell’impianto, ad intervenire sulla
struttura della pericolosa curva. Inoltre,
appena 12 mesi prima di quel tragico giorno, nel
1988 in occasione, ironia del destino, della
semifinale di FA Cup sempre tra Liverpool e
Nottingham Forrest, ci furono già delle
avvisaglie, che purtroppo risuonano come un
infausto presagio: diversi tifosi del Liverpool
ebbero infatti allora a lamentarsi di episodi di
"crushing", cioè letteralmente schiacciamento,
dovuti al numero delle persone, eccessivo, che
aveva avuto accesso alla curva, nonché alla
sciagurata conformazione della curva stessa,
evidentemente mal progettata e mal pensata.
L’allarmismo esasperato, il panico, potremmo
quasi dire la paranoia di cui erano ormai preda
la popolazione e soprattutto le forze
dell’ordine sul fenomeno Hooligans, unito ad una
curva assassina dalla progettazione ormai antica
come concezione e comunque non all’altezza
dell’evento sportivo che si apprestava ad
ospitare, furono una discriminante fondamentale,
la miccia destinata a far esplodere la bomba, la
linea oltre la quale, quel giorno, 96 vite si
spinsero per non fare mai più ritorno.
LA CRONACA - Come tutti
i matches di cartello, anche una semifinale di
FA Cup, specie se giocata tra due squadre le cui
tifoserie si sanno non avere rapporti
propriamente idilliaci come quella del
Nottingham e quella del Liverpool, richiedeva
che le due tifoserie stesse non venissero in
alcun modo a contatto. E qui fu posta la prima
pietra sulla tomba dei nostri 96 eroi:
inspiegabilmente, si decise di assegnare la
capiente Spion Kop End (21,000 posti
accreditati) ai notoriamente meno numerosi
tifosi dei Tricky Trees, mentre alla Travelling
Kop toccò invece la più angusta Leppings Lane,
con una capienza di appena 14,600 posti. Una
assolata giornata di primavera, si diceva. Il
clima teso, di terrore, di paura imbastito dal
governo Thatcher che orbitava attorno alle
partite di football, e del Liverpool in
particolare, pareva, secondo le numerosissime
testimonianze dell’epoca, del tutto
ingiustificato in quella mite, maledetta
giornata: i dintorni dello stadio erano quel
giorno popolati da molti bambini, tra cui lo
sfortunato Jon-Paul Gilhooley, il cugino del
futuro Capitano Steven Gerrard, che qui troverà
una morte atroce ed orribile, famiglie, giovani,
donne. Una bella festa dello sport e del calcio,
insomma. Il clima era disteso, e nulla faceva
presagire ciò che sarebbe poi successo. La gente
faceva la fila dietro ai tornelli. L’odore degli
hot dogs pervadeva l’area limitrofa allo stadio,
i tifosi che già erano entrati iniziavano a
scaldare le ugole intonando i primi cori rivolti
ai propri beniamini che avevano iniziato le
procedure di riscaldamento. La gente, fuori,
discuteva, con le fanzine in mano, sulla partita
odierna, se Rush sarebbe riuscito a farsi
definitivamente perdonare la sua scappatella a
Torino, se Aldridge avrebbe incantato ancora e
se l’intesa tra Whelan e Barnes avrebbe portato
alla tanto agognata finale di Wembley. Una mamma
stringeva amorevolmente la mano del suo piccolo,
degli amici scherzavano, godendosi la giornata
di sole ed un bambino era impaziente di poter
entrare ad ammirare, per la prima volta, i suoi
eroi. Fu intimato ai tifosi di presentarsi,
muniti di regolare biglietto, non più tardi di
un quarto d’ora prima dell’inizio del match,
previsto per le 03,00 pm. Purtroppo il destino
iniziò ben presto a intessere la sua tela, in
quanto lavori in corso sull’autostrada M62
rallentarono drammaticamente l’afflusso di auto,
determinando una congestione in direzione
Sheffield per chi proveniva da Ovest ovvero,
segnatamente, da Liverpool. Molti tifosi si
trovarono perciò in netto ritardo a causa di
questi rallentamenti, tant’è che 30 minuti prima
del fischio d’inizio la Leppings Lane appariva
ancora semivuota. Ciò purtroppo ebbe drammatiche
conseguenze: la calca fuori dallo stadio, già
notevole intorno alle 2,40 pm, aumentò a
dismisura quando i primi tifosi iniziarono ad
affluire dalla M62. Si parlava di circa 5000
persone in fila davanti ai 6 soli tornelli
(contro i 60 di cui poteva disporre la Spion Kop
End) che conducevano alla Leppings Lane,
impazienti di entrare, con intanto lo stadio che
già iniziava a scandire i cori, cosa che non
fece che aumentare l’impazienza di chi ancora
era bloccato all’esterno.
La tensione saliva,
c’era chi già iniziava a spingere e chi si
cominciava a lamentare della calca eccessiva. La
polizia, tesa ed agitata, non si aspettava di
dover gestire una simile situazione, ed andò
completamente nel pallone: alle ore 2,45 le
forze dell’ordine decisero di aprire un grande
cancello di acciaio, il Gate C, per smaltire la
congestione che si stava venendo a creare fuori
dai sei tornelli di ingresso alla curva. Era
l’inizio della fine. Il Gate C dava accesso ad
un tunnel piuttosto angusto, che a sua volta
originava due collaterali minori: la branca
principale del tunnel conduceva al settore
centrale della curva, mentre le collaterali
portavano ai settori periferici della Leppings
Lane. Un grandissimo numero di persone, secondo
alcune stime un numero appunto vicino a 5000,
attratti dall’apparente facilità di percorrenza
del nuovo percorso e spinti dall’impazienza che
si era impossessata di loro poiché la partita
era lì dall’iniziare, iniziò a riversarsi nel
tunnel e nelle sue collaterali, non consci del
fatto che la curva, nei suoi settori centrali,
iniziava già a riempirsi all’inverosimile e che
lo spazio a disposizione era ormai terminato.
Solitamente, in queste situazioni, due o tre
ufficiali di polizia a cavallo si posizionano
all’ingresso della curva, con la funzione di
avvisare i tifosi in arrivo della congestione
del settore e di evitare ulteriori afflussi che
determinerebbero pericolosi sovraccarichi. Per
cause che non sono mai state chiarite ciò non
accadde quel giorno e l’enorme numero di tifosi
che premevano dall’ingresso del Gate C era
assolutamente inconscio di quella che era la
situazione nei settori (particolarmente in
quelli centrali) della Leppings Lane, ovvero che
la calca iniziava a premere e che ulteriori
afflussi avrebbero sicuramente portato a
conseguenze drammatiche. In men che non si dica
si creò un autentico collo di bottiglia. La
curva, ormai congestionata all’inverosimile, non
poteva più supportare l’arrivo di altri tifosi,
ed i tifosi già presenti iniziavano a venire
schiacciati l’un l’altro, mentre altri tifosi
continuavano a giungere dai tunnel, specie da
quello centrale, il tutto nel silenzio e nella
colpevole impotenza delle forze dell’ordine, che
tardavano a realizzare cosa stesse accadendo. Fu
un autentico massacro. Molte persone, in preda
al panico, tentarono di rifugiarsi sul settore
nord della curva, ostruendo alcune possibili vie
di deflusso, altre, le più sfortunate, cercarono
rifugio in direzione sud verso i tristemente
famosi Fences, le grate con spunzoni voluti
dalla Thatcher che separavano il campo di gioco
dal settore popolato dai tifosi, un po’ come
quelle che oggi osserviamo in tutti gli stadi
italiani. Intanto, altri tifosi venivano
schiacciati l’uno contro l’altro trovando così
una morte orribile, chi nel settore centrale
della curva, chi nei tunnel e nelle sue due
collaterali.
Frattanto la partita
iniziava e nessuno, in campo o negli altri
settori di Hillsborough, sembrò accorgersi del
dramma che si stava consumando alla Leppings
Lane, finché, dopo sei minuti dall’inizio della
partita, un ufficiale di Polizia avvisò
l’arbitro Ray Lewis e gli fece notare che molti
tifosi dal settore Leppings Lane iniziavano ad
invadere il campo. Così Ray Lewis sospese la
partita e diede il tempo alle forze dell’ordine
di organizzarsi, ma purtroppo qui entra in gioco
la psicosi da Hooligan che pervadeva le forze di
polizia inglesi in quel periodo: gli ufficiali
di polizia fraintesero completamente la
situazione, pensando che le invasioni fossero
nient’altro che atti scalmanati volti a turbare
il quieto svolgimento del match, così con
piccole cariche respingevano inizialmente verso
l’inferno coloro che stavano cercando di uscirne
con le unghie e con i denti. Gli sfortunati si
trovarono così chiusi alle spalle dalla calca
immane che continuava a spingere brutalmente, di
fronte dalle cariche della polizia e dalle
Fences, circondati da un alone di morte che
intorno a loro consumava una tragedia per certi
versi annunciata. Tutto intorno la gente iniziò
a spirare per asfissia compressiva, una morte
letteralmente atroce ed i sopravvissuti potevano
vedere solo corpi privi di sensi e cadaveri
sorretti in posizione eretta dalla sola calca
che ancora li sorreggeva e li sbatteva
violentemente a destra ed a manca come
banderuole battute da un vento di tempesta.
Frattanto, un piccolo cancello nella recinzione
veniva forzato ed alcuni tifosi, ancora
ostacolati dalla polizia, iniziarono a defluire
per questa via, altri ancora furono tratti in
salvo con l’aiuto di altri fan che si trovavano
nella adiacente West Stand, proprio sopra la
Leppings Lane. L’intensità della calca iniziò ad
infrangere le Fences ed in aggiunta a ciò buchi
nella recinzione perimetrale erano stati aperti
dai tifosi nel disperato tentativo di mettersi
in salvo: queste rappresentarono vitali valvole
di sfogo per la calca che pian piano stava
inghiottendo una vita dopo l’altra. Solo ora la
Polizia si rese conto della vera natura
dell’invasione ed aprì le inferriate per
permettere il deflusso: la salvezza per molti
dei tifosi. Solo allora si iniziò a comprendere
la portata del dramma. Alle spalle della calca
ormai diluita, uno scenario raccapricciante.
Corpi di giovani, bambini, intere famiglie
giacevano inerti sul tunnel ed in Leppings Lane,
molti già esanimi, altri gravemente feriti. Si
cercò di organizzare un primo soccorso: il
servizio sanitario di stanza allo stadio venne
prevedibilmente ben presto saturato, alcuni
tentarono, il più delle volte invano, una
rianimazione cardiopolmonare, mentre altri
spezzavano cartelloni pubblicitari usandoli come
improvvisate barelle. Tutti coloro che erano
miracolosamente usciti indenni da quell’inferno
cercavano di aiutare in qualche modo i fratelli
meno fortunati. Frattanto, le ambulanze
iniziavano a giungere sul luogo del disastro, ma
le operazioni di trasporto dei feriti furono a
quel punto ancora una volta inspiegabilmente
rallentate dall’ottusità delle forze di polizia,
che formarono un cordone di separazione tra i
tifosi Reds e quelli del Nottingham per paura di
contatti tra le frange violente del tifo. A
questo aveva portato l’esasperazione
Thatcheriana: in uno scenario tragico ed
apocalittico, gli ufficiali di polizia, prima di
preoccuparsi del trasporto dei feriti alle
ambulanze, trasporto che sarebbe stato molto più
rapido se ai feriti ed ai loro soccorritori
fosse stato dato libero accesso ai settori della
Spion Kop End da dove arrivavano le ambulanze,
si preoccupavano ancora (e solo) dell’ordine
pubblico, in una situazione paradossale e
grottesca, totalmente permeati da una psicosi
paranoica che probabilmente costò la vita a
molte persone che forse si sarebbero potute
salvare.
IL BILANCIO - Inutile
dire che fu una catastrofe. Il giorno quindici
ben 94 tifosi, di età compresa tra i 7 ed i 67
anni, trovarono una morte atroce. Il 19 aprile
il bilancio salì a 95 quando il giovane Lee
Nicol, 14 anni, spirò per la gravità delle
lesioni riportate. Nel marzo 1993 si raggiunse
il definitivo bilancio di 96, quando anche
l’ultimo angelo, Tony Bland, 22 anni, ascese in
cielo a raggiungere i suoi 95 fratelli, quando
gli furono interrotte alimentazione ed
idratazione artificiali in quanto il suo stato
vegetativo persistente non sarebbe mai
migliorato. Il bilancio dei feriti era di 766,
di cui 300 ospedalizzati, e di cui uno, Andrew
Devine, anche lui 22 anni, sarebbe rimasto in
parziale stato vegetativo per il resto della sua
vita. 79 delle 96 vittime avevano meno di 30
anni. Intere famiglie furono cancellate da
questo disastro: un padre ed un figlio, tre
coppie di fratelli ed una coppia di sorelle
furono uniti nella morte da un tragico destino.
IL RAPPORTO TAYLOR - Ben presto la maggior parte
del paese (anche se, va detto, non tutto) si unì
al cordoglio per le vittime di un incidente che
sconvolse l’opinione pubblica. La camera dei
Lord assegnò a Lord Peter Taylor il compito di
indagare sull’accaduto, cosa che fu fatta e sul
quale fu stilato il famoso Rapporto Taylor che
oggi, tra l’altro, definisce gli standard di
sicurezza degli stadi inglesi. Anzitutto, Lord
Taylor riconobbe la sciagurata gestione
dell’emergenza da parte delle forze dell’ordine.
La decisione di aprire il Gate C, l’assenza
colpevole degli ufficiali di polizia che, alla
fine del tunnel, avrebbero dovuto avvertire i
tifosi dell’impossibilità di raggiungere il
settore, le micro cariche messe a punto appena
il dramma andava realizzandosi, il cordone che
ostacolò il deflusso dei feriti furono errori
troppo grossolani per passare inosservati e
furono ritenuti da Lord Taylor come la
principale causa del disastro, il tutto unito
all’inspiegabile decisione di posizionare i
tifosi Reds, notoriamente più numerosi, sulla
angusta Leppings Lane che contava appena 14,600
posti di capienza e soli 6 tornelli per
l’ingresso. Inoltre, il settore centrale
annoverava una capienza di 2000 posti, quando
essa sarebbe dovuta essere di appena 1600 in
conformità con gli standard del tempo, secondo
indagini successive, mentre si stima che,
escludendo i tifosi nei tunnel (circa 2000), in
ben 3000 nel momento del disastro stavano
popolando il settore centrale della Leppings
Lane. Alcuni caddero nella facile tentazione di
accusare i tifosi e ritenere il loro
atteggiamento, e l’alcool, i principali
responsabili dell’accaduto. Alcuni tirarono
addirittura in ballo una ipotetica
"cospirazione" messa in atto dai tifosi Reds,
che sarebbero volutamente arrivati in ritardo
alla partita, per creare una situazione di
tensione fuori dallo stadio e forzare la polizia
ad aprire ingressi che avrebbero permesso loro
di seguire la partita senza il regolare
tagliando. In realtà sarà dimostrato che la
stragrande maggioranza dei tifosi era in
possesso di regolare biglietto, ed i biglietti
erano ancora in vendita ad Anfield il giorno
prima della tragedia. Riguardo all’ubriachezza
molesta, è stato accertato che i tifosi ebbri
rappresentavano una netta minoranza. Il rapporto
Taylor sollevò i tifosi Reds da qualsiasi
responsabilità. Infine, vennero delineati nuovi
standard sulla costruzione e ristrutturazione
degli stadi, come la rimozione delle Fences e
dei posti in piedi. Il primo stadio ad
adeguarsi, nel 1993, fu il New Den del Millwall.
INCHIESTE
- Nonostante
il rapporto Taylor risuonasse come una netta
condanna alle forze di polizia, le inchieste che
seguirono mai resero pienamente giustizia ai 96
eroi. Stefan Popper, il medico legale al quale
fu chiesta consulenza, ottenne di limitare le
indagini solamente agli eventi occorsi fino alle
3,15, cioè appena i tifosi iniziarono a
riversarsi in campo poiché, affermò, le vittime
erano già spirate (o presentavano EEG piatto) a
quell’ora. La decisione portò a molte polemiche,
in quanto in questo modo la Polizia venne
esautorata dalle colpe che ebbe quando prima
impedì lo smaltimento della calca, quindi
rallentò le operazioni di soccorso. Accuse
private sono state mosse contro David
Duckenfield e Bernard Murray, due ufficiali di
polizia in servizio il giorno del disastro.
Secondo il procuratore capo Alun Jones, fu
Duckenfield che ordinò l’apertura del Gate C
condannando a morte i 96 di Hillsborough, salvo
poi mentire agli alti funzionari della FA
rivelando che sarebbero stati i tifosi a forzare
i cancelli (menzogne confermate dallo stesso
Duckenfield), mentre Murray ed altri funzionari
come Bettison furono accusati di manipolazione
di prove. Accuse confermate, ma il reato rimase
impunito a causa delle pessime condizioni di
salute occorse nel frattempo ai due funzionari,
mentre Duckenfield, clamorosamente assolto
nonostante sia reo confesso, oggi gode di buona
salute e percepisce una regolare pensione da
funzionario di Polizia. IL CASO THE SUN - Come
era prevedibile, i famigerati tabloid Inglesi si
fiondarono come avvoltoi sull’accaduto,
lacerando la carne dei familiari uniti nel
cordoglio incuranti del dolore e del rispetto
che una tragedia come questa avrebbero
richiesto. Il 19 Aprile, mentre Lee Nicol, il
novantacinquesimo angelo, lasciava questo mondo,
uscì una scioccante edizione del Sun,
intitolata: The Truth, la verità. In questo
dossier-farsa, si accusavano i tifosi Reds,
nelle fasi subito successive al disastro, delle
peggiori efferatezze. Essi avrebbero, come
riporta lo pseudo giornalista Kevin McKenzie,
attaccato i soccorritori, le forze di polizia e
lo staff dello stadio, i quali stavano cercando
di prestare soccorso ai feriti (quando è notorio
che invece sia accaduto l’esatto opposto, stando
alle numerosissime e variegate testimonianze
dell’epoca); avrebbero, in preda ai fumi
dell’alcool, rubato portafogli ed orologi alle
vittime ed ai feriti, urinando sui corpi privi
di vita dei deceduti e, addirittura, abusato
sessualmente dei corpi esanimi delle tante
giovani coinvolte nel disastro. Dichiarazioni
che ovviamente erano come strali che si
abbattevano sui corpi straziati delle vittime e
dei loro familiari, corrosi dal dolore e dalla
disperazione, che avvertirono tutto il bieco e
squallido tentativo di lucrare con menzogne e
calunnie su una tragedia che avrebbe solo
richiesto il doveroso rispetto e silenzio.
Murdoch, proprietario della testata, si scusò ma
ciò ovviamente non fu e non sarà mai sufficiente
per ottenere un perdono che non arriverà mai,
perlomeno per quel che riguarda chi vi sta
scrivendo. Infine, McKenzie ebbe a dire, nel
2007: "Le scuse che porsi allora mi sono state
estorte da Murdoch con le minacce. La realtà è
che non mi dispiaceva allora e non mi dispiace
ora per quello che ho scritto". A tutt’oggi, il
Sun è reperibile con molta difficoltà nelle
edicole del Merseyside.
COMMEMORAZIONI - Molte
sono state le iniziative prese per onorare al
meglio la sfortunata sorte dei tifosi che
persero la vita in quel maledetto giorno. Il
Crest del Liverpool mostra le fiamme da dopo il
1989, fiamme che sono state aggiunte in memoria
della strage di Hillsborough e dei suoi martiri.
Allo stadio di Hillsborough, dall’Aprile 1999,
decimo anniversario del disastro, un monumento
regna solenne e sovrano, con una lapide che
recita così: "In memoria dei 96 uomini, donne e
bambini che sono morti tragicamente e le
innumerevoli persone le cui vite sono state
cambiate per sempre. You’ll never walk alone".
Lapidi commemorative appaiono anche sul
marciapiede nel lato sud della cattedrale
anglicana di Liverpool, mentre un bellissimo
giardino di rose memoriale si può reperire a
Sudley Estate, nella zona sud di Liverpool.
Inoltre, tifosi di altre squadre non mancarono e
non mancano tuttora di onorare la memoria di
quella immane tragedia. I tifosi dell’Everton,
ad esempio, lo fanno praticamente tutti gli
anni, uniti con i loro cugini nelle giornate
delle commemorazioni, quando sciarpe blu e rosse
si abbracciano in un vortice di amore e di
fraterno rispetto. Il 19 Aprile 1989, nella
semifinale di Coppa dei Campioni tra Milan e
Real Madrid, venne onorato un minuto di silenzio
ed i tifosi milanisti ci omaggiarono con un
bellissimo You’ll Never Walk Alone. I tifosi del
Celtic, nel 2006, in occasione dei quarti di
finale di Champions League contro il PSV
Eindhoven ad Anfield, portarono una bandiera con
lo stemma del Liverpool e del Celtic con su
scritto: "Justice for the 96, You’ll Never Walk
Alone" ai Kopites, in uno dei momenti più belli
della storia delle amicizie e della fratellanza
tra tifoserie. CONCLUSIONI - La tragedia di
Hillsborough fu un evento che ci segnò
profondamente tutti ed indubbiamente è ancora
una ferita aperta. La sensazione che si ha
quando si pronuncia quel nome, Hillsborough, che
risuona come sinistro, spettrale, o quando si
evoca il numero 96, è quella amarezza, quella
rabbia e quella tristezza che è tipica di chi
non ha avuto giustizia. Quanti bambini non
conosceranno mai la giovinezza, quanti ragazzi
non torneranno dalle proprie madri e quante
madri non potranno più abbracciare i propri
figli. Persone con il loro bagaglio di cultura,
speranze, ambizioni e soprattutto amore per la
propria squadra e per il calcio in generale, che
erano lì per festeggiare il calcio e la vita, e
che hanno invece trovato una morte atroce.
Tuttavia, nessuna bandiera a mezz’asta, nessun
minuto di raccoglimento, nessuna inchiesta
parlamentare e nessuna condanna potrebbe portare
indietro i 96 eroi, i nostri guerrieri che
vegliano sempre sul suolo sacro di Anfield, che
ormai si sono ritagliati per sempre un posto nel
nostro cuore e lì albergheranno per l’eternità.
Nessun titolo di giornale può essere più
rumoroso del silenzio rispettoso che queste
persone meritano, nessun avvoltoio può strozzare
il canto che si eleva e che si eleverà sempre
dalle gole di tutti i tifosi del Liverpool del
mondo: JUSTICE FOR THE 96 ! YOU’LL NEVER WALK
ALONE. E non cammineremo mai soli neanche noi,
finché, con sguardo fiero e gagliardo,
combattivo ma dolce al tempo stesso, sarete
parte di noi ed il vostro sguardo e le vostre
vite continueranno ad essere rispecchiate dai
nostri sguardi e dai nostri cuori. Per
l’eternità. (Hillsborough Campaign - JFT96)
13 aprile 2011
Fonte:
Liverpoolitalia.it
© Fotografie:
GETTY IMAGES (Not for commercial use)
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Nick Hornby: "È facile
capire come mai coloro che ebbero un lutto in
famiglia vorrebbero vedere gli agenti di polizia
del South Yorkshire davanti a un tribunale: il
loro errore di valutazione fu catastrofico.
Tuttavia, anche se è chiaro che la polizia fece
un bel po' di confusione quel pomeriggio,
sarebbe terribilmente presuntuoso accusarla di
qualcosa che andasse oltre l'incompetenza.
Pochissimi tra noi hanno la sfortuna di essere
in una posizione tale per cui gli errori
professionali possono uccidere la gente. La
polizia, a Hillsborough, non fu mai in grado di
garantire la sicurezza, indipendentemente da
quanti cancelli aprì o non aprì; nessuna forza
di polizia in nessuno stadio del paese potrebbe
farlo. Sarebbe potuto accadere ovunque. Sarebbe
potuto accadere a Highbury, magari sui gradoni
di cemento che dal North Bank portano fuori
sulla strada (e non ci vuole una gran fantasia
per immaginarselo); sarebbe potuto succedere a
Loftus Road, dove centinaia di tifosi possono
accedere al settore ospiti solo passando
attraverso un bar. E poi ci sarebbe stata
un'inchiesta, e dei servizi sui giornali, e la
polizia sotto accusa, o il servizio d'ordine, o
i tifosi ubriachi, o qualcun altro. Ma non
sarebbe stato giusto, visto che l'intera cosa si
basava su delle premesse così grottesche.
Hillsborough fu il quarto disastro calcistico
inglese del dopoguerra, il terzo in cui un gran
numero di persone trovarono la morte schiacciate
in seguito a qualcosa che non funzionò nel
controllo della folla; fu il primo ad essere
attribuito a qualcosa di più della sfortuna.
Possiamo quindi incolpare la polizia per aver
aperto il cancello sbagliato al momento
sbagliato, se vogliamo, ma penso che
significherebbe mancare il bersaglio. Quando
arrivammo a casa era ormai evidente che questo
non era un semplice incidente calcistico, di
quelli che si verificano una volta ogni qualche
anno, in cui una o due persone sfortunate ci
lasciano la pelle, e che viene generalmente e
casualmente visto da tutte le autorità preposte
come uno dei rischi insiti nel divertimento che
ci siamo scelti. Il numero dei morti aumentava
di minuto in minuto - sette, poi venti, poi una
cinquantina e infine novantacinque - e fu chiaro
che per tutti quelli che avevano ancora un
briciolo di buon senso, niente sarebbe stato più
come prima".
Fonte:
Wikiquote.org
© Fotografie:
GETTY IMAGES (Not for commercial use)
"È stata dura
quando ho saputo che uno dei
miei cugini aveva perso la
vita, vedere la reazione
della sua famiglia mi ha
spinto a diventare il
giocatore che sono oggi: io
gioco per Jon-Paul".
Steven Gerrard
© Fotografie:
GETTY IMAGES (Not for commercial use)
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