Hillsborough: never forget the 96
di
Valerio Nicastro
"È
stata dura quando ho saputo che uno dei
miei cugini aveva perso la vita, vedere
la reazione della sua famiglia mi ha
spinto a diventare il giocatore che sono
oggi: io gioco per Jon-Paul".
Steven Gerrard
15
aprile 1989, ore 15:00, Hillsborough
Stadium, Sheffield. Liverpool e
Nottingham Forest stanno per giocarsi
l’accesso alla finale di FA Cup,
l’arbitro sta per dare il fischio
d’inizio della semifinale sul campo
neutro dello stadio di Sheffield. Una
semifinale molto sentita. Le due squadre
non si sopportano, il Liverpool, per i
tragici fatti dell’Heysel, è escluso
dall’Europa e ha fame di Coppe, una fame
che può saziare solo sul suolo
britannico. Da Liverpool sono arrivati
in tanti, come quasi sempre ogni volta
che i Reds si giocano qualcosa di
importante. È quasi un esodo, è una
festa, è un giorno che potrebbe
diventare storico, potrebbe entrare
nella storia del Liverpool. Sarà
purtroppo un giorno che sceglierà una
porta sbagliata per entrare nella
storia. Perché delle 14.000 persone che
partirono da Liverpool per Sheffield,
dei 14.000 scousers che varcarono i
cancelli di Hillsborough, 96 non
torneranno più a casa. Resteranno
vittime della più grande tragedia dello
sport inglese, quella che cambiò per
sempre il calcio in Inghilterra. Mancano
pochi minuti al fischio d’inizio, e la
Leppings Lane, la curva riservata ai
tifosi del Liverpool, 14.600 posti
disponibili, tutti occupati, si sta
lentamente riempendo. Troppo lentamente.
I 6 piccoli ingressi che portano agli
spalti sono stracolmi di tifosi dei Reds
ansiosi di vedere la propria squadra
scendere in campo. Qualcuno pensa allora
che sia il caso di aprire anche un altro
cancello: è il gate C, il più grande di
tutti, che, però, porta solo alla parte
centrale della Leppings Lane. Che,
peraltro, è anche una sorta di gabbia a
misura di hooligans, perché solo qualche
anno prima c’era stata la strage
dell’Heysel, e le
misure di sicurezza
erano state alzate esponenzialmente. Nel
momento in cui si aprono le porte del
gate C, si spalancano le porte
dell’inferno. Quasi tutti i supporters
che dovevano ancora entrare, si
accalcano all’ingresso. Ma quella porta
conduce verso la zona centrale della
curva, che può contenere solo 2000
posti. In pochissimi minuti la
situazione degenera, precipita. È un
girone dell’inferno. Chi è dentro si
vede arrivare addosso un mare di gente,
un mare di amici, un mare di gente con
la stessa sciarpa addosso che spinge,
scalpita, cerca la salvezza in qualsiasi
modo. Ma salvezza non ce n’è. Quel
cancello ha spalancato il portone
dell’inferno. I più fortunati riescono a
scavalcare le recinzioni e riversarsi in
campo, dove, senza che nessuno si fosse
accorto di nulla, la partita era già
iniziata. Sono passati 6 minuti, la
partita viene sospesa. La polizia, che
ancora non ha capito nulla, manganella i
tifosi che si sono riversati in campo,
pensando a un’invasione. Quando ci si
accorge di quello che sta succedendo, e
vengono aperte le recinzioni che
dividono tribuna e prato, la situazione
è drammatica. 94 vite spezzate, sul
colpo. 94 persone che hanno trovato la
morte nella curva di uno stadio,
seguendo la loro passione più grande: il
Liverpool. Un numero imprecisato di
feriti, 2 persone che troveranno la
morte in ospedale, portando il bilancio
a 96 vittime. Una tragedia che cambierà
per sempre il calcio inglese, aprendo la
strada alla nuova Premier League, ai
posti a sedere, agli stadi che oggi
ammiriamo estasiati. Passa tutto da qui,
da queste 96 esistenze spezzate in un
maledetto pomeriggio ad Hillsborough. Un
maledetto pomeriggio per cui nessuno ha
mai pagato. Un maledetto pomeriggio per
il quale qualcuno aveva provato a dare
ancora una volta la colpa agli
hooligans. Prima di accorgersi che la
colpa era di qualcun altro. Nessuno ha
mai dimenticato quel giorno. Ma a
Liverpool, ogni 15 aprile è sempre un
colpo al cuore. Fuori da Anfield, la
lapide con tutti i nomi di chi da
Hillsborough non è mai uscito. Nel cuore
della gente dei Reds, continuano a
vivere. Il più piccolo dei tifosi morti
quel pomeriggio aveva 4 anni. Si
chiamava Jon-Paul, aveva un cugino di
nome Steven. Un cugino che è diventato
grande, ha messo addosso una maglia
rossa e non se l’è più tolta. Un cugino
che si è messo la fascia di capitano,
che è diventato l’icona della Kop e di
tutto Anfield. Un cugino che indossa la
maglia rossa numero 8, e che gioca per
lui. Un cugino che di cognome fa
Gerrard. Ogni volta che ad Anfield si
commemorano i 96 di Hillsborough, cala
un silenzio gelido. Non vola una mosca.
Tutti trattengono il fiato, si può
sentire il rumore delle lacrime che
rigano il volto di tutti quelli che
stanno condividendo quel momento. Uno
sguardo al cielo, uno all’orologio di
Anfield. Un orologio fermo alle 15.06
del 15 aprile del 1989.
15
aprile 2015
Fonte:
Delinquentidelpallone.it
Fonte Fotografia Steven Gerrard:
Mirror.co.uk
Promosso portiere il figlio di un tifoso
morto a Sheffield
di
Filippo Maria Ricci
Paul
Harrison ha diciannove anni. Quando ne
aveva quattro perse il padre, Gary, e lo
zio, Stephen, periti insieme ad altri 94
tifosi del Liverpool nella tragedia
dello stadio Hillsborough di Sheffield,
schiacciati prima della semifinale di
Coppa d' Inghilterra con il Nottingham
Forest dalla folla che premeva per
entrare senza biglietto. Una ferita
ancora aperta per il calcio inglese, una
tragedia ricordata ogni anno dai tifosi
dei Reds con una cerimonia sempre molto
sentita. A quindici anni di distanza,
Paul Harrison oggi pomeriggio nella
sfida con il Newcastle si siederà sulla
panchina del Liverpool. Secondo
portiere, di copertura per il polacco
Jerzy Dudek. Quest’anno Harrison ha
sempre giocato con le giovanili, ma gli
infortuni dei portieri di riserva lo
avevano fatto avvicinare alla prima
squadra. Il giovane numero uno ha
viaggiato con il Liverpool a Lubiana e
Marsiglia in Coppa Uefa, ma senza andare
in panchina. A marzo gli era stato
comunicato che il suo contratto, in
scadenza a giugno, non sarebbe stato
rinnovato, ma il portiere si è talmente
impegnato da far cambiare idea al
Liverpool, che gli ha offerto un accordo
annuale per la prossima stagione. "Sono
passati quindici anni dalla morte di suo
padre - ha dichiarato il tecnico dei
Reds, Gerard Houllier - Poterlo portare
in panchina oggi pomeriggio rappresenta
qualcosa di speciale per questo club".
f.m.r.
15
maggio 2004
Fonte: Il Corriere della
Sera
History of
the 96 Victims
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