La storia della strage di
Hillsborough,
che ha cambiato la
storia del calcio
di
Indro Pajaro
Il più grave disastro nella
storia dello sport inglese e
un'incredibile vicenda di
malagiustizia.
Nell’ultracentenaria storia del
calcio inglese, ci sono un luogo e
una data che ne hanno segnato la
fine e posto al tempo stesso le basi
per la futura rinascita. Sheffield,
stadio di Hillsborough, 15 aprile
1989. Durante la semifinale di Fa
Cup contro il Nottingham Forest
sospesa dopo sei minuti, 96 tifosi
del Liverpool morirono nel settore
Leppings Lane per un episodio di
sovraffollamento innescato da
molteplici falle della polizia nella
gestione della folla. Si era appena
consumato il più grave disastro
nella storia dello sport inglese,
l’ultimo di una striscia partita ad
inizio secolo nonché quello
spartiacque che avviò un nuovo modo
di intendere il gioco, la sicurezza
del pubblico e la fruizione dello
stadio. Da lì in poi nulla sarebbe
stato più come prima, e le
successive due edizioni del Taylor
Report avrebbero chiarito quanto
successo e fornito le linee guida
per uscire dal perdurante stato di
crisi in cui versava il calcio
inglese attraverso la
riqualificazione degli impianti e
una disamina di tutte quelle
criticità che avevano creato un
clima di decadenza generale. Ma il
disastro di Hillsborough rappresentò
molto più di un dramma sportivo. Fu,
al contrario, l’incipit di una
brutta storia fatta di pesanti
accuse verso i tifosi del Liverpool
per coprire le evidenti mancanze di
polizia e soccorsi. A cavalcare
l’onda - in una fase in cui era
facile dare la colpa agli hooligan
in caso di disordini, anche per via
delle loro conclamate responsabilità
all’Heysel - furono i media, la
politica e la stessa polizia del
South Yorkshire, responsabile
dell’ordine pubblico allo stadio e
identificata all’epoca come una
delle forze più violente e corrotte
del Paese. Se in un primo momento il
sovrintendente capo e match
commander David Duckenfield disse
che i tifosi avevano sfondato gli
ingressi, nella conferenza stampa
convocata a poche ore dal disastro
il commissario capo Peter Wright
precisò che il cancello era stato
deliberatamente aperto per alleviare
la congestione fuori dalla Leppings
Lane causata dal volontario arrivo
in ritardo di centinaia di persone
ubriache e senza biglietto.
Quattro
giorni dopo arrivò l’infamante prima
pagina del Sun intitolata The Truth,
creata ad hoc dopo aver ricevuto
un’informazione da un’agenzia di
stampa vicina a fonti governative
che aveva raccolto le affermazioni
di alcuni ufficiali di polizia e di
un parlamentare del partito
conservatore. Veniva scritto che i
tifosi avrebbero picchiato i
poliziotti e rubato i portafogli
delle vittime, rinforzando quella
narrativa distorta degli anni
Ottanta che aveva trasformato
Liverpool in un luogo incline alla
criminalità e inviso al governo di
Margaret Thatcher per via di una
netta avversione nei confronti
dell’establishment. Storicamente
laburista, popolata in prevalenza
dalla working classe legata alle
attività delle proprie industrie, la
città conobbe un brusco declino
proprio durante il thatcherismo e
toccò picchi di disoccupazione mai
visti prima, venendo gradualmente
privata di sussidi statali. La
polizia, inoltre, venne investita di
un apparente senso di immunità ed
incaricata di far rispettare ad ogni
costo "la legge e l’ordine". L’abuso
dei poteri di fermo e perquisizione,
specialmente nelle comunità nere
delle periferie, fu alla base nel
luglio 1981 delle rivolte di
Toxteth, alle quali la Thatcher - su
suggerimento del ministro delle
Finanze e del Tesoro Geoffrey Howe -
rispose proponendo il "declino
pilotato" della città. Poi venne
l’aspetto giudiziario, forse quello
più marcio correlato al disastro di
Hillsborough che produsse uno dei
casi di malagiustizia più clamorosi
di sempre. Le cause civili tra la
polizia e lo Sheffield Wednesday,
club titolare dello stadio, si
risolsero con il pagamento dei danni
dilazionato tra le rispettive
compagnie assicurative e senza
alcuna ammissione di colpa - sebbene
il Taylor Interim Report avesse
chiaramente scagionato i tifosi e
attribuito le responsabilità alla
polizia, chiedendone in maniera
implicita l’incriminazione.
Quanto
accadde dopo fu una estenuante
battaglia legale tra le istituzioni
e i familiari delle vittime per
stabilire come i loro cari avessero
perso la vita. Di questo se ne
sarebbe occupata una coroner’s
inquest, ovvero un accertamento dei
fatti finalizzato a scoprire la
causa di una morte avvenuta in
maniera violenta, innaturale,
improvvisa, sospetta o durante la
detenzione. Come solitamente accade,
l’inchiesta sarebbe stata subito
rinviata finché il pubblico
ministero non avesse preso una
decisione riguardo eventuali
incriminazioni - pratica che avviene
laddove ci sia il sospetto di
un’azione criminale antecedente al
decesso. La coroner’s inquest non è
incaricata di attribuire le colpe.
Ha un carattere di tipo inquisitorio
e non prevede il principio del
contraddittorio, tant’è che solo il
coroner può designare le parti
interessate da ascoltare in udienza
e influenzare la decisione della
giuria fornendo una serie di
possibili verdetti, la cui scelta
deve essere in linea con la causa
medica della morte. I più frequenti
sono "suicidio", "morte accidentale"
e "omicidio". Con una mossa senza
precedenti, nell’aprile del 1990 il
coroner riprese anzitempo
l’inchiesta e la divise in due
parti: una fase preliminare e una a
carattere generale. Nella prima, un
team di patologi lesse i referti
medici delle singole vittime e il
risultato delle analisi sul livello
di alcol nel sangue, prelevato ad
ognuna di loro per rafforzare la
tesi della polizia: la tragedia
generata da hooligan ubriachi
entrati in ritardo e senza
biglietto. Seppur la maggior parte
delle rilevazioni presentasse valori
negativi o comunque di poco
superiori al limite consentito per
guidare, la giuria venne persuasa
che l’abuso di alcool avesse
innescato la tragedia, mentre le
famiglie furono impossibilitate a
visionare integralmente i documenti
in possesso del coroner. Il 30
agosto il pubblico ministero stabilì
che "non c’erano sufficienti prove
per avviare procedure legali contro
qualsiasi organizzazione presente a
Hillsborough". Nella fase generale
dell’inchiesta le famiglie dovettero
di nuovo scontrarsi contro un muro
di ottusità e malafede. Il coroner
scelse infatti di circoscrivere
tutti i decessi entro le 15.15 e di
non prendere in considerazione le
testimonianze circa eventi
successivi a quell’orario,
sostenendo che la morte sopraggiunse
in maniera inevitabile per asfissia
compressiva nel giro di massimo sei
minuti.
Il 26 marzo
1991 la giuria emanò il verdetto di
"morte accidentale", rifiutando
quello di "uccisione illegale" che
avrebbe portato all’incriminazione
di Duckenfield per omicidio colposo.
Nell’aprile del 1993 la domanda di
revisione giudiziaria venne respinta
dall’Alta Corte di Giustizia che, al
contrario, ritenne corretta
l’inchiesta del coroner. Ci
pensarono i media a riaccendere la
speranza: nel 1995 il libro "No Last
Rights" espose le carenze di un
sistema giudiziario inadeguato per
affrontare i casi di morte sospetta
e denunciò le lacune della coroner’s
inquest, poi nel 1996 toccò al film
Hillsborough mettere in luce i
grossi interrogativi attorno
all’intera vicenda, dalla gestione
dell’emergenza al controverso
verdetto della giuria. L’anno
seguente, il neo eletto primo
ministro Tony Blair del partito
laburista acconsentì alla revisione
dell’inchiesta per mano del giudice
Stuart Smith, che ebbe come termini
di riferimento soltanto la raccolta
di nuove prove, non precedentemente
considerate, per verificare se ci
fosse possibilità di annullare la
precedente sentenza e avviare una
nuova inchiesta. Fu in questo
frangente che i parenti delle
vittime ebbero per la prima volta
accesso alle dichiarazioni dei
testimoni, alle fotografie e ai
filmati video, notando come le
asserzioni dei poliziotti fossero
inaccurate, contradditorie e
parziali. Stuart Smith riportò che
le loro memorie furono sottoposte a
un’attenta fase di modifica e
alterazione, ma la ritenne
irrilevante ai fini della coroner’s
inquest. Il Segretario di Stato per
gli Affari Interni Jack Straw
accettò lo scrutinio del giudice e
lo elogiò per la sua imparzialità e
trasparenza, strozzando per
l’ennesima volta la richiesta delle
famiglie. Il loro ricorso all’accusa
privata contro Duckenfield e il suo
vice Murray si concluse nel 2000 con
l’incapacità della giuria di
raggiungere un verdetto. Smarrita la
fiducia nella giustizia, non restava
altro che proporre una class action
per la diffusione totale di tutti i
documenti relativi alla strage
-pratica che solitamente avviene non
prima di trent’anni dalla loro
compilazione - per riportare
l’attenzione dell’opinione pubblica
e del governo su una questione
diventata sinonimo di omertà,
insabbiamenti e collusioni. Le basi
per la realizzazione di questo
scenario vennero poste il 15 aprile
2009 ad Anfield, in occasione della
celebrazione per il ventennale del
disastro. Al grido di "Justice for
the 96" i tifosi interruppero il
discorso del ministro dei media,
della cultura e dello sport Andy
Burnham, ricevendo da parte sua un
cenno d’intesa con la testa come a
voler dare il benestare alla loro
rabbiosa istanza. A dicembre il
governo acconsentì alla divulgazione
totale di tutti i documenti del
disastro attraverso l’istituzione di
una commissione d’indagine
indipendente, ribattezzata
Hillsborough Independent Panel, che
il 12 settembre 2012 produsse un
volume di quasi 400 pagine in cui si
sconfessavano i risultati delle
precedenti inchieste. Venne scritto
che 41 persone avrebbero potuto
essere salvate anche dopo le 15.15,
ma soprattutto furono scagionati i
tifosi del Liverpool, fu confermata
la manomissione dei verbali della
polizia e una tardiva risposta
all’emergenza dei soccorsi.
Scoperta la
verità, il passo successivo divenne
ottenere giustizia. Tre mesi dopo
l’Alta Corte di Giustizia di Londra
annullò il verdetto di "morte
accidentale" e l’allora Segretario
di Stato per gli Affari Interni
Theresa May ordinò l’apertura di una
nuova e definitiva criminal inquiry.
La prima udienza si tenne il 31
marzo 2014 presso la Corte di
Giustizia di Warrington. Nel corso
della più lunga inchiesta nella
storia legale britannica, durata
oltre due anni per un costo di circa
84 milioni di sterline, Duckenfield
ammise di aver mentito affermando
che i cancelli vennero forzati e
riconobbe di essere stato una
persona inesperta e inadatta a
ricoprire quel ruolo. La mattina del
26 aprile 2016 la giuria lesse il
nuovo verdetto di "uccisione
illegale": per la prima volta anche
un tribunale discolpava i tifosi del
Liverpool, riconoscendo gli errori
della polizia e dei soccorsi. La
certezza di un’azione criminale
portò, nel giugno 2017, al rinvio a
giudizio di Duckenfield e altre
cinque persone, accusate a vario
titolo di omicidio colposo, ostacolo
alla giustizia, violazione delle
regole di sicurezza e condotta
negligente nello svolgimento dei
pubblici uffici. A maggio 2019
Graham Mackrell, ai tempi segretario
dello Sheffield Wednesday, venne
punito con un’ammenda di 6500
sterline e con il pagamento delle
spese processuali per aver fallito a
prevenire la ressa all’esterno della
Leppings Lane e non aver dotato il
settore di un adeguato numero di
tornelli. La giuria fu invece
incapace di esprimersi su
Duckenfield, che il 28 novembre finì
nuovamente sotto processo venendo
giudicato non colpevole di omicidio
colposo dovuto a negligenza grave.
Di tutti gli imputati, tra accuse
cadute, assoluzioni e processi non
ancora effettuati, soltanto uno ha
finora ricevuto una condanna. Le 96
vittime furono uccise illegalmente,
ma nessuno, molto probabilmente,
sarà mai ritenuto responsabile.
6 aprile 2020
Fonte: Esquire.com
© Fotografia:
Rivistacontrasti.it
Strage di Hillsborough, 31
anni dopo:
le verità scomode di una
tragedia evitabile
di
Roberto Consiglio
Il 15 Aprile 1989 allo
stadio Hillsborough di Sheffield,
avvenne una delle più grandi
tragedie della storia del calcio,
nella quale morirono 96 persone
schiacciate dalla folla. Una vicenda
controversa, che per molti anni vide
come colpevoli i tifosi del
Liverpool, ma che una successiva
indagine scagionò, indicando
finalmente le vere responsabilità di
una strage evitabile.
Il 15 aprile
1989 si consumava quella che è, ad
oggi, la più grande tragedia della
storia del calcio inglese.
All’Hillsborough Stadium della città
di Sheffield, poco prima della
semifinale di FA Cup tra Liverpool e
Nottingham Forest, persero la vita
ben 96 persone e 766 rimasero
ferite. Le vittime della tragedia
vennero schiacciate da una folla di
gente che cercava di entrare nel
settore a loro dedicato: la tribuna
occidentale (la West Stand, anche
denominata Leppings
Lane dall’omonimo della via
retrostante). In un primo tempo, si
scaricò la colpa sui temibili
hooligans del Liverpool che
solamente qualche anno prima, a
Bruxelles per la finale di Champions
League del 29 maggio 1985, si erano
resi protagonisti di quella
conosciuta come "strage
dell’Heysel". Poche ore dopo la
strage però, grazie ad una inchiesta
fatta partire per volere della
Camera dei Lord britannica, sorse
più di un dubbio su questa
conclusione affrettata. Nel rapporto
conclusivo che ne seguì vennero
infatti evidenziate gravi
incongruenze nell’organizzazione
dell’evento e nel comportamento
delle forze dell’ordine che avevano
mostrato troppa leggerezza nel
gestire la situazione. Si è dovuto
attendere però il settembre 2012 per
arrivare
alle scuse "ufficiali". Proprio
allora, infatti, il premier inglese
di allora: David Cameron, ha
ufficialmente riconosciuto le colpe
della polizia della contea inglese
del South Yorkshire, dove si trova
la cittadina di Sheffield, ed
ha scagionato definitivamente la
tifoseria dei Reds. Tale strage,
secondo alcuni, venne pilotata dai
piani alti della politica britannica
del tempo. L’allora inquilina di
Downing Street, la
conservatrice Margareth Thatcher,
famosa per la sua lotta repressiva
verso il mondo degli hooligans,
cercò infatti di strumentalizzare
l’accaduto, grazie soprattutto al
supporto del quotidiano inglese "The
Sun", per orientare favorevolmente
l’opinione pubblica britannica verso
tale stretta repressiva. A seguito
di questi nuovi fatti, nel dicembre
2012, il presidente dell’Alta Corte
di Giustizia d’Inghilterra e
Galles ha annullato il verdetto
della precedente inchiesta del 1989,
che non aveva aiutato a far piena
luce sull’accaduto, grazie alle
testimonianze di circa 800
testimoni. La nuova indagine sulla
strage che si è chiusa nel 2016, a
27 anni dall’accaduto, con una
sentenza emessa dalla giuria di
Warrington, cittadina tra Manchester
e Liverpool, che metteva in luce di
nuovo l’atteggiamento poco
professionale dei "coppies". La
strage di Hillsborough, oltre a
rappresentare la più importante
tragedia della storia del calcio
inglese, ha avuto anche
altri strascichi negli stadi del
regno di Sua Maestà. Tra questi
possiamo citare il
cosiddetto "Rapporto Taylor": un
documento, pubblicato nel gennaio
1990, redatto da una commissione
presieduta dal giudice Lord Peter
Taylor di Gosforth su mandato del
governo britannico allo scopo di
fare luce sulle cause e le
conseguenze di ciò che avvenne
nell’impianto di Sheffield. Tra le
varie cose che tale rapporto
vietava, negli impianti calcistici
inglesi dalla stagione 1994/1995, vi
erano le cosiddette terraces: i
settori coi posti in piedi. Questo
divieto è durato fino alla stagione
2016/2017 quando la squadra di
calcio di Glasgow del Celtic,
come scritto da noi della redazione
di "Io Gioco Pulito", ha realizzato
una safe-standing area nel Lisbon
Lions Stand dello Celtic Park.
Purtroppo
quella di Hillsborough non è stato
il solo caso di una tragedia
calcistica in cui i "poteri forti"
hanno cercato di deviare le indagini
fatte partire per tentare di
arrivare ad una verità limpida. In
molti casi si sono
volute insabbiare le indagini per
non mostrare che, nonostante le
belle parole spese, si era fatto
davvero poco per quel che riguardava
gli aspetti legati alla manutenzione
e alla messa in sicurezza degli
impianti. Un esempio può essere
quello che accadde il 20 ottobre
1982 presso lo Stadio Centrale Lenin
di Mosca, oggi stadio
Luzhniki, durante i sedicesimi di
andata di Coppa Uefa tra i padroni
di casa dello Spartak Mosca e gli
olandesi dell’HFC Haarlem.
Nonostante si era ancora a metà
ottobre la temperatura della
capitale russa, quel giorno,
sfiorava i 20 gradi sotto zero. A
causa del ghiaccio formatosi
all’interno dell’impianto, alcuni
settori dello stadio non erano
agibili e tutti gli spettatori
furono disposti nella Tribuna Est,
che era stata sistemata all’ultimo
in maniera abbastanza fortunosa. A
pochi munti dal fischio finale molti
tifosi stavano lasciando l’impianto
per questioni logistiche. Essi
vennero "richiamati" nell’impianto dall’esultanza
di chi era rimasto sulle tribune
dopo il gol, del definitivo 2 a 0,
siglato all’85 il difensore Sergei
Shvetsov. La folla rientrante,
però, fu fermata dalla polizia sulle
scale di accesso, e ciò si rivelò
fatale. Le stesse scale, infatti,
non progettate per sostenere un peso
simile, cedettero di schianto. Alla
fine il bilancio ufficiale fu di 66
morti e 61 feriti. Secondo alcune
fonti, però, le vittime arrivarono
addirittura a 300. Anche in questo
caso venne subito alla luce la
totale mancanza di esperienza della
polizia moscovita. Le forze
dell’ordine, infatti, non solo si
rivelarono del tutto impreparate per
un intervento tempestivo ma
provocarono anche problemi
nell’uscita degli altri spettatori
ancora sugli spalti, che rimasero a
lungo intrappolati nello stadio.
Nelle ore seguenti si cercò di
insabbiare la vicenda e si disse,
tramite le prime pagine dei
quotidiani locali, che gli incidenti
avvenuti "avevano comportato lesioni
a qualche tifoso" e basta. I
rapporti ufficiali sulla vicenda dei
giorni seguenti non furono per nulla
chiari e cercarono di omettere la
reale gravità dell’incidente. Come
capro espiatorio venne chiamato in
causa un tale Panchickin, il custode
dello stadio. Egli fu ritenuto
responsabile delle precarie
condizioni dell’impianto e venne
condannato a 18 mesi di lavori
forzati. Perché si optò per tutto
ciò ? Per soli interessi politici e
di immagine. Il presidente uscente
Breznev, infatti, voleva che
l’Unione Sovietica desse ancora
un’immagine di sé forte e
invincibile, lontano da qualsiasi
debolezza. Uno scandalo come quello
dello stadio Lenin poteva essere un
vero e proprio bastone tra le ruote
in questo senso. Per questo motivo,
fu fatta partire un’autentica
campagna di disinformazione. Solo
anni dopo, il nuovo segretario del
PCUS Jurii Andropov ordinò una nuova
inchiesta sul disastro avvenuto e
vennero riportati alla luce molti
dettagli e aspetti della vicenda che
erano stati celati. Nonostante
queste nuove rivelazioni, il
tentativo di insabbiamento continuò
ancora per anni. La storia del
Luzhinki resta tuttora una ferita
aperta nella storia del calcio
russo. Lo stesso difensore Shvetsov,
pur non essendo minimamente
implicato con quanto accaduto, si
volle scusare pubblicamente
affermando: "Non avrei mai voluto
segnare quel gol".
15
Aprile 2020
Fonte: Giocopulito.it
© Fotografia:
Wikipedia.org
Hillsborough senza giustizia
di Nicolò Canonico
Trentuno anni fa una
tragedia mistificata, distorta,
strumentalizzata.
È il 15 aprile 1989 ed è una
piacevole giornata di primavera a
Sheffield, di quelle giornate che
rappresentano un’eccezione nello
Yorkshire. Dalle parti di
Hillsborough, stadio che solitamente
ospita le gare dello Sheffield
Wednesday, c’è gran movimento: sul
prato verde non ci saranno gli Owls,
ma il Liverpool di Kenny Dalglish e
il Nottingham Forest di Brian
Clough, per un’attesissima
semifinale di FA Cup. La partita è
in campo neutro, come vuole la
tradizione, e questo sembra
l’impianto migliore: la trasferta è
agevole sia per i tifosi dei Reds
sia per quelli dei Forest. La Coppa
d’Inghilterra continua ad attrarre
pubblico, vuoi per il suo prestigio,
vuoi perché il desiderio di calcio
degli inglesi ha bisogno di trovare
sfogo dentro i propri confini
nazionali. Il mondo del football con
la croce di San Giorgio viene
infatti da un periodo nerissimo
della sua storia: quattro anni prima
all’Heysel gli hooligans del
Liverpool avevano causato la morte
di 39 persone durante la finale di
Coppa dei Campioni contro la
Juventus. La Uefa aveva stabilito
una punizione esemplare, 5 anni di
esclusione dalle competizioni
europee per tutte le squadre
inglesi.
Proprio per arginare il fenomeno
della violenza degli stadi, il
governo del primo ministro Margaret
Thatcher promuove una serie di
iniziative durissime per gli
standard britannici: maggiori
controlli agli ingressi, barriere
protettive che impediscano le
invasioni di campo, separazione
netta dei settori. Anche l’impianto
di Hillsborough, con i suoi 54mila
posti, si deve adeguare. Sono le
14.30 e i tifosi del Liverpool
iniziano ad ammassarsi nei pressi
del West Stand. Provengono tutti da
Leppings Lane, la strada che
costeggia l’ingresso della Tribuna
Ovest: per accedere allo stadio gli
oltre 10mila supporter dei Reds sono
costretti a passare attraverso sette
stretti varchi, con tanto di
tornelli. Non ci sono posti
assegnati e in tanti scelgono la
strada più breve, quella del tunnel
principale che porta ai settori 3 e
4 della tribuna. I gradoni al centro
si riempiono in pochi minuti, mentre
ai lati c’è ancora spazio. Spostarsi
negli altri settori non si può,
degli alti cancelli impacchettano la
tribuna in comparti stagni, come
delle grosse voliere dipinte di blu
ma sprovviste di tetto. La cara
vecchia tradizione inglese di
arrivare allo stadio solo pochi
minuti prima del fischio d’inizio
mal si concilia con le nuove regole
imposte dal governo Thatcher. Fuori,
su Leppings Lane, il clima inizia a
farsi incandescente: i tifosi del
Liverpool vogliono entrare, hanno
tutti un regolare biglietto, hanno
diritto di essere lì e di assistere
allo spettacolo, di vedere all’opera
il loro beniamino, John "Aldo"
Aldridge. Ma la fila è sempre più
lunga, si entra uno alla volta e i
cancelli fuori dal West Stand
tremano di rabbia Scousers.
Qualcosa non sta funzionando: lo
sanno gli agenti della polizia del
South Yorkshire, lo sa soprattutto
David Duckenfield, da poco nominato
sovrintendente capo e responsabile
della sicurezza durante il match.
Duckenfield, con una scarsissima
esperienza in fatto di gestione
dell’ordine pubblico durante gli
eventi sportivi, è nel suo box di
guardia, posizionato alla destra del
West Stand. Il suo secondo, Roger
Marshall, è all’esterno, in mezzo ai
sostenitori del Liverpool: ha perso
totalmente il controllo della
situazione, continua ad arrivare
gente che spinge chi è già in fila.
Il rischio è che nella calca
qualcuno si senta male o resti
schiacciato. Marshall chiede tre
volte a Duckenfield di autorizzare
l’apertura del "Gate C", cancello
che di solito viene spalancato per
far defluire i tifosi al termine
della partita, e permettere così a
più persone di entrare
contemporaneamente. Il
sovrintendente capo tentenna, ma di
fronte alla situazione sempre più
critica dà il via libera: sono le
14.52, un fiume di supporter dei
Reds si riversa nel tunnel centrale,
quello che porta ai settori 3 e 4,
già stracolmi. Il problema non è
stato risolto, si è solo spostato
qualche metro più avanti: dal collo
di bottiglia su Leppings Lane ai
gradoni di Hillsborough.
Alle 15 la partita inizia
regolarmente: l’arbitro Ray Lewis,
inconsapevole di quanto stia
accadendo a poche decine di metri di
distanza, fischia l’avvio della
gara. Ed è un match avvincente, con
le due squadre che sono molte
aggressive, in costante pressing
nella trequarti avversaria. Al 5’
minuto il Liverpool va addirittura
vicino al gol: calcio d’angolo dalla
destra dell’irlandese Houghton,
pallone a mezza altezza al limite
dell’area per Beardsley che si
coordina e in acrobazia centra in
pieno la traversa. A molti tifosi
dei Reds, però, della partita
interessa poco: già da qualche
minuto diverse decine di persone
stanno tentando di scavalcare la
barriera che divide il West Stand
dal terreno di gioco, con i
poliziotti che provano invano a
ricacciarli indietro credendo sia un
tentativo di invasione. La realtà
dei fatti è ben diversa: nel settore
3 non si respira, una transenna a
pochi metri dalla rete metallica si
è spezzata e una valanga umana ha
appena travolto ragazzi, donne e
bambini che si trovavano appena più
sotto. C’è grande tensione, urla,
confusione: chi ce la fa si
arrampica nella parte superiore
della tribuna, aiutato da altri
supporter dei Reds. Scene
drammatiche, facilmente reperibili
nei tanti filmati presenti sul web:
le immagini trasmesse in diretta
dalle tv britanniche sono un pugno
nello stomaco anche a 30 anni di
distanza.
Pochi istanti dopo la traversa
colpita da Beardsley si decide
finalmente di interrompere la
partita: un poliziotto corre in
campo dall’arbitro Lewis per
spiegare che sta accadendo qualcosa
di molto grave. I tifosi del
Liverpool invadono il prato di gioco
per chiedere aiuto e porre termine a
un match che probabilmente non
sarebbe mai dovuto iniziare. Vengono
chiamati i soccorsi, ma la prima
ambulanza arriverà solo 9 minuti
dopo lo stop alla gara. Nel
frattempo medici, infermieri,
pompieri arrivati a Sheffield come
semplici tifosi del Liverpool si
ritrovano in prima linea nel
tentativo di salvare più persone
possibili: praticano massaggi
cardiaci, cercano di rianimare
decine di corpi stesi a terra,
mentre i tanti che si sono riversati
in campo sono scossi, increduli.
Alcuni corrono davanti alle
telecamere per mostrare il loro
biglietto d’ingresso, prevedendo già
che le forze dell’ordine avrebbero
provato a far ricadere le
responsabilità su di loro, altri
prendono i cartelloni pubblicitari e
li trasformano in barelle di fortuna
per trasportare i feriti lontano
dall’inferno. Nonostante gli sforzi
94 persone perdono la vita a
Hillsborough o durante il trasporto
all’ospedale: morte per asfissia,
nella maggior parte dei casi, o per
i traumi causati dalla caduta dai
gradoni. Il tragico numero sale a 96
nei mesi successivi. Molti di loro
sono ragazzi, 78 hanno meno di 30
anni. La vittima più giovane,
Jon-Paul Gilhooley, di appena 10
anni, è il cugino di Steven Gerrard.
Già, proprio lui, quello che negli
Anni 2000 sarebbe diventato capitano
e simbolo della parte rossa di
Liverpool.
La polizia, con in testa David
Duckenfield, prova a scaricare tutta
la colpa sui supporter: ubriachi,
violenti e in troppi arrivati allo
stadio senza biglietto. Le
successive commissioni di inchiesta
racconteranno un’altra verità, dei
tanti errori commessi, della
mancanza di preparazione delle forze
dell’ordine, della lentezza dei
soccorsi. Arriveranno le scuse del
governo, per bocca dell’allora
premier David Cameron: dirà che le
famiglie di chi ha perso la vita a
Hillsborough hanno subito una
"doppia ingiustizia", quella dei
"tragici eventi" e quella della
"denigrazione dei deceduti".
Nonostante tutto ciò, nonostante le
proteste e le battaglie portate
avanti dal Hillsborough Family
Support Group - comitato creato
dalle famiglie delle vittime per
giungere alla verità dei fatti -
nessuno è stato condannato da un
tribunale per quanto accaduto. Il
processo all’ex capo della polizia
David Duckenfield si è concluso
nell’ottobre 2019 con un verdetto di
non colpevolezza. A Liverpool il 15
aprile resta una giornata di grande
dolore, senza una risposta certa.
Già, perché se oggi il responsabile
della strage non ha un nome ed un
cognome, quantomeno i tifosi dei
Reds sono stati assolti dall’infame
accusa di colpevolezza che su di
loro aveva cucito il governo
Thatcher e la macchina del fango
mediatica. Chiedetevi perché a
Liverpool "The Sun" non sia
utilizzato nemmeno come carta
igienica, nelle case dei Reds così
come in quelle dei Toffees: il
giorno successivo alla strage la
prima pagina del tabloid accusava i
supporters di essersi accaniti sui
cadaveri derubandoli e di aver
orinato sui "coraggiosi poliziotti".
Infine la strage di Hillsborough ha
rappresentato un autentico
spartiacque nella concezione
britannica di vivere lo stadio;
infatti il giudice Taylor,
incaricato dal governo di stilare un
rapporto per fare luce sulle
dinamiche del pomeriggio di
Sheffield, ha sostanzialmente
gettato le basi dell’odierno
"Modello Inglese". L’obbligo per i
club di restaurare i propri impianti
disponendo soltanto posti a sedere
ha giustificato l’aumento dei prezzi
medi dei biglietti che, in aggiunta
alla onnipresente videosorveglianza
targata CCTV, ha allontanato dalle
gradinate le frange più turbolente
della working class. Dalla tragedia,
infine, hanno perso sempre i soliti.
14 aprile 2020
Fonte:
Rivistacontrasti.it (Testo © Fotografia)
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