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Padre di Roberto
Lorentini
(Vittima Stadio Heysel 29.05.1985)
Fondatore
"Associazione tra i Familiari delle Vittime dell'Heysel"
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ROBERTO
LORENTINI
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SITO
ASSOCIAZIONE
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ANDREA
LORENTINI
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INTERVISTE
OTELLO
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PROCESSO
1985-1992
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STAMPA e WEB
OTELLO
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OTELLO
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AREZZO
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MEMORIAL
LORENTINI
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EVENTI
ASSOCIAZIONE
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OTELLO LORENTINI (1924
- 2014)
di Francesco Caremani
Fondatore dell'Associazione tra le famiglie
delle vittime di Bruxelles, si è battuto per chiedere
giustizia per i morti dell'Heysel.
Otello è morto l’11 maggio 2014, di maggio, come
Roberto, il suo unico figlio deceduto nella strage
dell’Heysel il 29 maggio 1985. Era un giovane e bravo
medico di Arezzo, Roberto, tifoso della Juventus, era
stato a Basilea nell’84 (quando contro il Porto i
bianconeri conquistarono la Coppa delle Coppe) e a
Bruxelles ci andò, come sempre, col padre e i due
cugini, Andrea e Giovanni. Un viaggio che doveva essere
una festa, la finale del secolo (come fu ribattezzata
allora) contro il Liverpool che si trasformò nella
tragedia del secolo e nella definitiva perdita
dell’innocenza del calcio mondiale. Roberto era salvo,
nonostante la calca e le cariche degli hooligan del
Liverpool, ma si lanciò in mezzo all’inferno per tentare
di salvare un connazionale (molto probabilmente Andrea
Casula, 11 anni, la vittima più piccola) con la
respirazione bocca a bocca, gesto che gli è stato fatale
e oggi lo ricorda una medaglia d’argento al valor civile
appesa nel salotto di via Giordano Bruno 51.
Otello Lorentini non poteva accettare di avere perso
l’unico figlio (assunto dall’ospedale di Arezzo con
lettera datata 29 maggio 1985) per una partita di
calcio, così, su consiglio di un avvocato, fondò
l’Associazione tra le famiglie delle vittime di
Bruxelles per portare davanti a un giudice i
responsabili della strage che ha cambiato per sempre il
football. Un processo lungo, difficile, condotto in
solitudine, quella solitudine che è durata decenni e che
in parte dura ancora, perché ricordare l’Heysel dà
fastidio a tanti, ricordare quello che è accaduto, le
colpe, i comportamenti durante e dopo, soprattutto dopo,
non è cool, in particolare oggi dove imperversa il
gossip e il patinato, dove si scrive e si parla sempre
meno di calcio.
Molti, nel tempo, hanno conosciuto l’Otello pubblico,
ruolo al quale non si è mai sottratto, ma pochissimi
conoscono l’Otello privato.
Otello è nato a Laterina, Valdarno aretino, il 6
settembre del 1924, e aveva due fratelli, morti entrambi
giovani, negli anni Ottanta, uno abitava a Firenze
l’altro a Roma, dopo essere stato Ammiraglio della
Marina Militare italiana.
Si è diplomato alla scuola professionale e presto è
entrato a lavorare nelle ferrovie, per molti anni a
Firenze, come responsabile delle squadre che si
occupavano della manutenzione dei binari, poi, prima
della pensione, ad Arezzo. E fu proprio Roberto a
chiedergli di lasciare il lavoro per occuparsi dei
nipoti, Andrea e Stefano, così lui avrebbe potuto
concentrarsi sul lavoro in ospedale e Arianna terminare
gli studi di Medicina. Nel 1978, intanto, era stato
nominato cavaliere del lavoro.
Liliana, invece, era di Arezzo, nata tra Ceciliano e la
Chiassa Superiore, si sono sposati all’inizio degli anni
Cinquanta e il 4 aprile del 1954 nacque Roberto, il loro
unico figlio. Sono riusciti a festeggiare le nozze
d’oro, ma in maniera molto sobria, come era nel loro
stile e anche perché dopo la tragedia di Bruxelles
Liliana aveva cancellato le feste dal suo personale
calendario.
Appassionato cacciatore, si recava spesso in Maremma
dove aveva tanti ex colleghi, oltre al gruppo di San Leo
al quale nel tempo si è aggregato, amici suoi e di
Roberto. Otello amava anche il calcio, tifoso della
Fiorentina, nella città di Dante ha vissuto gli anni più
belli di quella squadra e visto giocare Julinho,
Montuori, Hamrin e più tardi ancora Antognoni. Ad Arezzo
negli anni Settanta è stato uno dei dirigenti
dell’Atala, società di calcio dilettante, fondata tra
gli altri da Franco Galantini, più tardi dirigente FIGC
e responsabile delle rappresentative, con quella
Juniores nel 2000 ha vinto la Coppa Toscana. Non ha mai
lasciato il calcio, nemmeno dopo avere perso Roberto
all’Heysel, e crescendo i nipoti come un secondo padre
li ha sempre accompagnati nel loro percorso sportivo,
per entrambi nel Santa Firmina. Stefano a tredici anni
fece un provino per il Parma, accompagnato proprio da
Otello e dalla madre Arianna, ma il ragazzo decise che
voleva rimanere ad Arezzo e non lasciare gli affetti più
cari.
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Ed è per amore del calcio e del figlio che, lui tifoso
della Fiorentina, decide di accompagnare Roberto e i due
nipoti, Andrea e Giovanni Stazio, tutti e tre tifosi
della Juventus, a vedere prima la finale di Basilea, nel
1984, e l’anno successivo quella di Coppa dei Campioni
contro il Liverpool. Era un modo per stare insieme,
viaggiare e divertirsi e mai avrebbe pensato di tornare
da Bruxelles con il suo unico figlio chiuso dentro una
bara, per una partita di calcio.
"Ci ha insegnato l’educazione e uno stile", ricorda il
nipote Andrea, che ne ha raccolto il testimone della
memoria rifondando nel 2015 l’Associazione fra i
familiari delle vittime dell’Heysel. "Era molto distinto
e preciso, non andava mai fuori dalle righe e sapeva
sempre come comportarsi, anche quando doveva esprimere
un concetto forte. Non l’ho mai visto perdere le staffe
o abbandonarsi ad atteggiamenti scomposti e volgari. Ci
ha insegnato il rispetto per gli altri e ci ha fatto
crescere come persone razionali ed equilibrate. Soleva
dire: "I Lorentini hanno sempre la strada in salita,
l’importante è non mollare mai, se non molli alla fine
le situazioni si risolvono, mai demoralizzarsi di fronte
alle prime difficoltà", una descrizione perfetta se
riletta col senno di poi, nella battaglia per avere
giustizia prima e memoria dopo.
Negli anni successivi alla strage dell’Heysel ha fondato
il Comitato Roberto Lorentini – Giuseppina Conti,
attraverso il quale ha organizzato tornei sportivi, ma
soprattutto convegni, tavole rotonde e incontri nelle
scuole parlando di fair play, perché le persone non
dimenticassero quello che era accaduto a Bruxelles il 29
maggio 1985 e, soprattutto, perché la memoria diventasse
un seme e non un feticcio. Dalla fine degli anni
Novanta, poi, la società Santa Firmina ha dato vita al
Memorial Lorentini, in onore di Roberto.
Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima
della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool,
sono morte 39 persone. Muoiono nel settore Z,
schiacciate e soffocate dalla calca, sotto i colpi degli
hooligan inglesi instupiditi dall’alcool, con la
connivenza decisiva delle autorità belghe, della polizia
locale e dell’UEFA, incapaci di prevedere e
d’intervenire.
C’è stata giustizia? Come ha sempre detto Daniel
Vedovatto, l’avvocato italo belga dei familiari
italiani, in quelle condizioni e con il diritto che
all’epoca vigeva in Belgio è stato ottenuto il massimo:
condanna dell’UEFA, di un capitano di polizia, dei pochi
hooligan rintracciati e risarcimenti, che nessuno ha mai
chiesto.
Forse qualcuno s’è perso, ma la condanna dell'UEFA, resa
corresponsabile delle manifestazioni che organizzava e
che organizza, è storica, ha fatto giurisprudenza e ha
cambiato per sempre il football europeo, soprattutto le
coppe, esigendo severi requisiti di sicurezza per gli
stadi delle finali e non solo. Se non ce ne siamo
accorti è perché ce ne siamo dimenticati, trentacinque
anni sono una vita, un vuoto incolmabile e recuperare
terreno è quasi impossibile. Resta, però, la forza di
Otello Lorentini che ha guidato i familiari delle
vittime italiane contro i migliori avvocati d’Europa, la
forza che l’ha spinto a citare direttamente l’UEFA nel
processo, dopo che in primo grado erano stati tutti
assolti, restano i volti, le immagini, i ricordi, i
sogni, i sorrisi e il terrore di 39 persone che sono
morte dentro uno stadio per vedere una partita di
calcio.
Quando si parla di Heysel, di giustizia, di memoria per
quella strage non dobbiamo mai dimenticare che Otello
Lorentini c’è stato prima di tutti, quando tutti non
c’erano. E senza di lui, per quei 39 morti, per le
famiglie delle 32 vittime italiane, non ci sarebbe stata
né giustizia né, tantomeno, memoria. Questo è stato.
Fonte: It.gariwo.net
© 1 maggio 2024
Fotografie:
Curvafiladelfia.wordpress.com ©
Famiglia Lorentini
© GETTY IMAGES
© (Not
for Commercial Use)
Audio:
AdM ©
Banner: Associazionefamiliarivittimeheysel.it
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