La storia di Giuseppina, giovane
vittima dell'Heysel
"Ciao mamma, torno con la Coppa
!"
di Marco Bonomo
"Per la mancanza di vento il tempo
ora è immobile", scrive Jacques Brel in una canzone, una di
quelle in cui il suo Belgio è il teatro delle storie di personaggi
affascinanti perché sconfitti dalla vita, respinti, dimenticati.
Una sconfitta è anche quella che adesso verrà raccontata, perché
non ci può essere vittoria in una partita che termina - ancor
prima di cominciare - con 39 corpi che giacciono sull’asfalto.
È il 29 maggio 1985 e Giuseppina "Giusy" Conti è tutto fuorché
un potenziale personaggio delle cupe canzoni di Jacques Brel:
i suoi 17 anni splendono ancora di più in questa giornata di
primavera inoltrata, con la Grand Place a fare da sfondo a una
foto dove indossa un cappellino e una bandiera bianconera sulle
spalle. Una foto in cui, soprattutto, indossa un sorriso che
è pieno di vita. Quella foto la sta scattando suo papà, il signor
Antonio, accento aretino, fisico mingherlino, una fede al dito.
E tanto, tanto orgoglio per quella "figliola" - come la chiamerà
per sempre - che quell’anno si era guadagnata il premio più
ambito: la finale di Coppa dei Campioni. Sì, perché Giuseppina
a scuola è un fenomeno, o come direbbe Antonio, "L’ha presa
sul serio": viaggia spedita verso il suo ultimo anno di liceo
classico e al 29 maggio ha già finito tutte le interrogazioni,
perché vuole partire serena per Bruxelles. La pagella è impeccabile,
il regalo è meritato, c’è un sogno da andare a prendere. "Mamma,
torno con la Coppa !": il viaggio da Rigutino, frazione di Arezzo,
all'Heysel, comincia con questa promessa.
Finirà con solo una delle due scarpe
indossate da Giuseppina, il corpo coperto da un plaid, una scarpa
che sarà il segno che aprirà l’abisso nella vita di Antonio
e della sua famiglia. L’abisso di un genitore che non è riuscito
a salvare la figlia e il cui dolore non svanirà mai. Antonio
racconta più volte che la rete che divideva quel maledetto settore
Z dagli hooligans del Liverpool sembrava una di quelle che vedreste
in un pollaio, per dividere i galli. Medici, commercianti, operai,
muratori, genitori e figli: da loro è popolato il settore Z,
loro verranno schiacciati da una furia insensata che divorerà
il cemento marcio e la calce di quella gradinata. È l’inferno.
Antonio tiene per mano la sua figliola. Fino a quando, travolto,
perde conoscenza. "Attenta a quella colonna", è l’ultima cosa
che dice a Giuseppina. Sono le 19:20 e passeranno trentacinque
minuti prima che si risvegli, in mezzo ai corpi senza vita posti
al di sotto della gradinata che non c’è più. C’è chi è avvolto
da coperte, chi da bandiere. Inizialmente Antonio non vede Giuseppina,
poi scorge una scarpa: è lei. Quel sorriso pieno di vita sembra
essersi cristallizzato nel suo volto, Giuseppina ha l’aria serena
e i capelli in ordine. "Per la mancanza di vento, ora il tempo
è immobile". Nel frattempo, a Rigutino, davanti alla televisione
mamma Marisa ascolta, guarda. Ha un presentimento. Quella sera,
chi riesce a fuggire e a salvarsi, cerca in tutti i modi di
mettersi in contatto con le proprie famiglie. Matteo è uno di
loro e ringrazierà per sempre quel signore che fuori da un vecchio
bistrot di Bruxelles lo accompagna al telefono pubblico della
metropolitana: "Mamma, sono io. Sto bene, ci vediamo a casa".
Quanto abbia pregato per ricevere la stessa telefonata quella
notte, la signora Marisa, solo Dio lo sa.
Trentacinque. Questa volta non sono
i minuti che separano Antonio dall’ultima immagine della sua
figliola proiettandolo verso una realtà tremenda e ingiusta;
sono gli anni passati da quella sera maledetta. Nel corso di
tutto questo tempo, l’amore di Giuseppina per la vita, per il
calcio e per la Juve ha in parte lenito il dolore della sua
famiglia. Il calcio non è diventato un tabù, le partite della
Juventus sono state per tanti anni un rito in casa Conti, un
omaggio e un monito: nello sport deve esserci posto solo per
il rispetto. Il 19 settembre 2019 la signora Marisa se n’è andata.
In questi anni ha fatto suoi quelli che sarebbero stati gli
idoli della figlia. E aveva gioito - in occasione del trentennale,
nel 2015 - per la finale di Champions League conquistata dalla
Juventus. A Berlino erano andati in trasferta anche i due fratelli
di Giuseppina: per lei e con lei, più che per la partita. Si
saranno già incontrate nuovamente, Giuseppina nella sua eterna
giovinezza, Marisa segnata ma non vinta. Di questa e di altre
trentotto storie, di questa e di tutte le storie tragiche nelle
quali il pallone si è macchiato di sangue, bisogna ricordarsi.
Per non cadere nella trappola delle offese e dell’odio. Basterebbe
immaginare l’entusiasmo di una ragazzina di 17 anni, le quattro
del mattino, poco prima di partire. Questo è il calcio, non
tutto il resto. "Ciao mamma, torno con la Coppa !".
Fonte: Gianlucadimarzio.com
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29 maggio 2020
Fotografie:
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Famiglia Conti
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