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Un
Padre e un Figlio
di Paolo Levanti
La
lettera di un tifoso che
incontrò Otello il 29.05.1985 a
Bruxelles inviata a suo nipote
Andrea, all’epoca bambino, oggi
il presidente dell’Associazione
fra i Familiari delle Vittime
dell’Heysel, rifondata alla
morte del nonno nel 2015.
"Ciao, mi chiamo Paolo Levanti e
abito a Pavullo nel Frignano in
provincia di Modena, non mi
conosci e forse ti stupirai di
ricevere questa mail in merito
ad una tragedia avvenuta nel
1985 della quale ti spiegherò il
motivo. Ero presente all’Heysel
come Presidente del club con una
comitiva di 28 tifosi e dopo il
massacro avvenuto allo stadio,
non riuscendo a trovare uno dei
componenti, non sono rientrato
allo stadio cominciando a
cercare l’amico scomparso. Con
il cortese aiuto di due ragazze
di Bruxelles, con la loro auto,
ho girato tutti gli ospedali nei
quali avevano portato i feriti
per terminare questa via Crucis
nella caserma militare dove
avevano portato le persone
decedute. È stato in quel triste
posto che ho conosciuto tuo
nonno con il quale abbiamo
scambiato, in una atmosfera che
ti lascio immaginare, frasi che
misero in evidenza la sofferenza
di tuo nonno. Una frase mi ha
colpito in modo profondo che mi
ha accompagnato quotidianamente
per un anno e ancora oggi mi
risuona nella mente… Mi disse:
"Vedi, ho voluto fare un regalo
a mio figlio per la sua prossima
attività di medico e l’ho
portato a morire" e questa frase
mi colpì in modo particolare,
oltre al tono di voce sussurrato
quasi non volesse disturbare suo
figlio, perché la sera prima di
partire convinsi con fatica mia
figlia di 10 anni a non venire,
rinunciando al biglietto, in
quanto non ero tranquillo di
quel settore. Da quel ritorno ho
volutamente cercato di
dimenticare quella triste serata
per questo non ho mai voluto
partecipare a nessun evento che
me la facesse tornare in mente,
ma oggi mi farebbe enormemente
felice sapere come sta tuo
nonno, una roccia per quel poco
che l’ho conosciuto, e gli
porgessi i miei doverosi omaggi
e saluti.
Ti ringrazio per la cortesia".
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it
© 6 ottobre 2022
Fotografia:
Curvafiladelfia.wordpress.com
©
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Premio Fair Play
"Otello Lorentini" al Cesena
di Domenico Laudadio
La nostra Associazione è stata invitata a premiare la
squadra di calcio più disciplinata al Torneo Giovanile
Esordienti "Arretium Cup" organizzato dal G.S. OlmoPonte
e al quale hanno partecipato questo fine settimana
(11-12 giugno 2022) con un enorme successo di pubblico
16 società, 10 delle quali professionistiche. Un premio
"alla squadra più corretta e disciplinata" è stato
riservato dagli organizzatori del G.S. OLMOPONTE AREZZO
A.S.D. che, non a caso, l’hanno voluto intitolare alla
memoria di Otello Lorentini. Nel 1985 fondò
l’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel
che si sciolse nel 1992 al termine del processo di
cassazione di Bruxelles e poi venne rifondata nel 2015
da suo nipote, Andrea. E proprio lui, ad Arezzo, in
rappresentanza della famiglia Lorentini e in qualità di
Presidente della nuova Associazione ha consegnato il
"Premio Fair Play" intitolato in memoria di suo nonno ai
giovanissimi esordienti del Cesena. Questo
riconoscimento di lealtà e correttezza sul campo, non è
soltanto importante dal punto di vista affettivo, ma in
perfetta simbiosi con i fini statutari medesimi
dell’Associazione protesa con ogni sforzo nella missione
educativa rivolta alle nuove generazioni ai valori di
civiltà nello sport. Questo torneo (il più importante a
livello giovanile della provincia) è riservato alla
categoria Esordienti (2° Anno) e vi partecipano molti
dei migliori settori giovanili delle società
professionistiche italiane di calcio. Dopo due anni di
blocco forzato, causati dalla pandemia del Covid 19,
finalmente l’attività agonistica è stata riavviata.
Richieste di partecipazione numerose non soltanto da
svariate società dilettantistiche di tutta Italia, ma
anche dall'estero, persino dal Giappone.
Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it ©
14 giugno 2022
Fotografia: Olmoponte.it ©
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Caro Otello…
di Francesco Caremani
Caro
Otello chissà se vedi, ma qui è
tutto un chiacchierare dell'Uefa
e di come in una finale
rigiocata il 29 di maggio non
abbia pensato a un ricordo per
la strage dell'Heysel e per i
nostri 39 morti. Come se tutti
questi 36 anni di rimozione
collettiva e istituzionale,
italiana ed europea, di una
Storia non condivisa, non
fossero mai passati. Come se
portare avanti il ricordo di
quello che era accaduto non fosse stato difficile e,
addirittura, pericoloso: io e te
da soli, era il 2003, non c'era
altro, in quel momento non c'era
alcun altro; sono arrivati tutti
dopo. Lo so Otello è antipatico
autocitarsi, ma ricordo ancora
la tua determinazione a mettere
sempre i puntini sulle i di
questa storia, la tua più di
chiunque altro. Ho letto firme
eccelse scrivere sciocchezze e
inesattezze solo per fare un
post sull'Heysel, peccato: era
meglio il silenzio, quello che
quasi tutti hanno scelto in 36
anni, voltandoci spesso le
spalle. L'eredità che mi/ci hai
lasciato è pesante, ma è nel
contempo responsabilità e
orgoglio. Quello che proveresti
nel guardare Andrea Lorentini
che porta avanti la memoria e la
dignità dei familiari delle
vittime, con la tua stessa
fermezza, con la tua identica
costanza. So che non hai mai
perdonato e io con te, perché
per perdonare bisogna
dimenticare, quello che hanno
cercato di fare quasi tutti,
quello che noi non abbiamo fatto
mai.
Fonte: Francesco
Caremani
©
29 maggio 2021 (Pagina
Facebook)
Fotografie:
Comitato Heysel Reggio
Emilia
© Bradipolibri
© Cesenatoday.it
©
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Otello, un raggio di sole
di Domenico Laudadio
29° anniversario della
Strage dell’Heysel. È il primo
senza il Presidente Otello
Lorentini, fondatore dell’
"Associazione tra i familiari
delle vittime dell’Heysel",
scomparso recentemente, proprio
il giorno del compleanno del
nipote, Andrea. Il gruppo "Via
Filadelfia 88" di Beppe Franzo e
il mio "Museo Virtuale
Multimediale
www.saladellamemoriaheysel.it"
ne onorerà la memoria durante la
"Giornata in ricordo delle
vittime dell'Heysel e di
condanna di ogni forma di
violenza in ambito sportivo" da
noi promossa a Torino in data 31
maggio 2014 alle ore 18.00
presso la "Sala delle colonne"
in Piazza Palazzo di città.
Nelle
immagini di repertorio lo
intravedi vagare intontito fra
le macerie e i corpi dei feriti
e dei morti, annichilito dal
dolore e dalla disperazione: ha
appena perso suo figlio, medico
neo assunto quello stesso
pomeriggio con un telegramma
dall’ospedale di Arezzo.
Beffarda e crudele troppe volte
è la sorte… Eppure era fuori
pericolo, già in salvo, ma
Roberto era tornato indietro in
Curva Z, onorando il giuramento
di Ippocrate, a fare il medico
fino all’ultimo, nell’atto di
rianimare un bimbo in fin di
vita, forse proprio Andrea Casùla, prima di essere travolto
e morire sotto un'altra carica
degli "Animals" d’Inghilterra.
Medaglia d’argento al valore
civile. L’oro sarebbe costato
troppo caro allo stato e le
pensioni in Italia si danno più
a certi falsi invalidi che agli
eroi… Otello era toscano, un
piccolo grande guerriero di
Arezzo, l’uomo di grande onore e
fermezza che ha cresciuto come
un padre due nipoti, gli orfani
di un giovane tifoso, innamorato
di sua moglie, affezionato alla
"vecchia signora", bàlia del
calcio italiano. Aggregò in
un’associazione la maggior parte
dei familiari delle vittime
dell’Heysel ed affrontò insieme
a loro il processo a Bruxelles,
dividendone le spese e
l’umiliazione di un primo
giudizio che non tributò loro
equità e giustizia. Ma Otello
non era certamente uomo di resa.
Si rialzò subito in piedi con
orgoglio e affrontò in appello
con il piglio testardo della
fede quel gigante spavaldo e
impunito da sempre, come fosse
Davide contro Golia. L’U.E.F.A fu sorprendentemente condannata,
anche in cassazione, e da quella
sentenza a oggi ritenuta
responsabile ovunque della
sicurezza nell’organizzazione
degli eventi calcistici. Un
capolavoro di giurisprudenza, ma
nulla al confronto dell’amore e
della dedizione nutriti fino
all’ultimo per la sua famiglia,
sconquassata da una tragedia
assurda, ingiustificabile quanto
incomprensibile. Così dolcemente
lo ha ricordato la nostra
Annamaria Licata, nota tifosa
bianconera, ma soprattutto donna
sensibile e autentica filantropa
della Memoria dei caduti
dell’Heysel che lo incontrò in
Bruxelles nel 2005 alla
cerimonia solenne del ventennale
dalla strage: "Lui è stato il
padre di tutte le vittime, il
padre di tutte le battaglie in
tribunale contro l’UEFA… E
contro i silenzi e
l'ignoranza... Il padre di tutti
quei tifosi, che nel corso del
tempo si sono avvicinati alla
tragedia… Hanno capito quello
che è stato e dopo anni di
silenzi… Hanno iniziato ad
alzare la voce, insieme a lui.
Di lui ricorderò sempre la sua
forza, la sua saggezza e i suoi
occhi color mare nel quale ti ci
perdevi. Un grande Uomo... Che è
andato ad arricchire il paradiso
di umanità, ma nello stesso
tempo, ha svuotato il mondo di
un'anima speciale". Adesso che
anche lui si è arreso alla nera
"sorella" del Cantico delle
Creature ci ha lasciato in
generosa eredità il suo carisma
e l’esempio di come vivere lo
sport, olimpicamente, ma senza
le pastoie ridicole di una
burocratica e farisaica
ipocrisia. Era molto schietto e
diretto, Otello. Niente
fronzoli, lo costatò molto bene
anche la Juventus. In particolar
modo il suo "Presidentissimo"
Boniperti a cui non gliele mandò
di certo a dire sulla questione
della Coppa da restituire,
rivendicandogli piccato l’unica
reale proprietà del sangue di
suo figlio… Non ha perdonato
vent’anni dopo ad Arezzo quel
ragazzaccio sedicente pentito di
Liverpool che aveva causato la
morte di Roberto e degli altri
caduti. Gli disse: "…non sono
ancora pronto". Ma ora che è
nell’immenso di un perdono più
grande non serviranno più le
parole, gli basterà soltanto un
raggio di sole. Ciao, Otello, 39
volte grazie.
Fonte: Giulemanidallajuve.com © 29 maggio 2014
Fotografia: Curvafiladelfia.wordpress.com ©
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Lorentini amaro "Negli
stadi ancora morti"
di Marina Salvetti
Il presidente
dell’Associazione perse il
figlio di 31 anni. "Ho
combattuto perché ci fosse
giustizia. Sei anni di udienze:
molti sono finiti in galera,
troppi se la sono cavata".
Otello Lorentini ha 86 anni e un cuore
malconcio. "Non mi regge perché
mi chiamano in tanti in questi
giorni per sapere e ricordare,
ma ritornare indietro diventa
molto difficile alla mia età".
Soprattutto quando il ricordo
privato diventa commemorazione
pubblica e tornare indietro a
quel tragico mercoledì 29 maggio
1985 significa far affiorare
scene che si vuole accantonare
nella memoria. All’Heysel ha
perso il figlio Roberto: aveva
31 anni, faceva il medico, era
sposato e papà di Andrea e
Stefano, di 3 e un anno e mezzo.
"Eravamo accanto, io e Roberto,
ma ci siamo persi in mezzo alla
bolgia, sono caduto a terra, una
transenna ha evitato che mi
calpestassero, poi sono finito
sul campo ". Minuti carichi di
tensione. "Con noi c’erano anche
due nipoti, li ho incrociati a
metà scalinata, mentre stavo
tornando indietro. Mi hanno
detto che Roberto stava poco
bene, invece era già morto".
Morto mentre stava soccorrendo
un altro tifoso ed è per questo
che la presidenza della
Repubblica gli ha conferito la
medaglia d’argento al valor
civile.
BATTAGLIA
- Da quel giorno
Otello Lorentini ha portato
avanti la sua personale
battaglia affinché i morti
dell’Heysel non venissero
dimenticati e affinché fosse
resa giustizia. "Il processo è
durato sei lunghissimi anni. Ho
seguito le udienze passo dopo
passo, due, tre volte al mese
andavo a Bruxelles con gli
avvocati. Ho fatto tutto questo
non tanto per ottenere il
risarcimento, anche se è stato
giusto che ci venissero dati
quei pochi soldi visto che non
volevano neppure pagare, ma
perché i colpevoli venissero
inchiodati alle loro
responsabilità. E alla fine
posso dire che giustizia è stata
fatta: abbiamo sconfitto l’Uefa,
le autorità belghe, le forze
dell’ordine e tifosi del
Liverpool, abbiamo fatto
giurisprudenza, in molti sono
finiti in galera, tanti altri
però se la sono cavata".
ASSOCIAZIONE -
Lorentini ha anche
fondato l’Associazione familiari
vittime dell’Heysel. "Ormai ne
sento pochi di parenti, di
alcuni non so proprio più nulla.
Beh, il tempo passa, la vita
continua, ognuno col proprio
dolore. Abbiamo fatto un
percorso comune, che è finito,
adesso continua quello privato".
Venticinque anni dopo però
Lorentini è rassegnato: neppure
la tragedia dell’Heysel ha
cambiato la testa della gente.
"Nonostante 39 morti gli stadi
continuano a essere pieni di
menefreghisti. E si continua a
morire".
COMMEMORAZIONE
-
Oggi
però Otello non sarà a Torino
per la commemorazione. "Ho
ricevuto l’invito di Andrea
Agnelli, ma qui ad Arezzo c’è la
messa e poi il memorial". Starà
con la nuora Arianna, che aveva
27 anni all’epoca, i nipoti
Andrea e Stefano, ormai
cresciuti e diventati uomini
senza un papà. "Gli abbiamo
raccontato i fatti e, soltanto
quando ce l’hanno chiesto loro,
li abbiamo portati al cimitero:
volevano vedere il loro babbo".
Morto in un giorno che avrebbe
dovuto essere di festa, a
rincorrere i sogni di un trionfo
bianconero.
Fonte: Tuttosport
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29 maggio 2010
Fotografia:
La Nazione
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HEYSEL
-
Oggi ricorrono i 25 anni dalla strage di
Bruxelles. In ricordo di Roberto e Giusy
Andrea Agnelli scrive
a Lorentini
AREZZO
- Venticinque anni e un dolore che non si cancella. Il
29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima
della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool,
muoiono 39 tifosi bianconeri. Muoiono nel settore Z,
schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli
hooligans inglesi instupiditi dall'alcool, con la
connivenza decisiva delle autorità belghe, della polizia
locale e dell'Uefa, incapaci di prevedere e
d'intervenire. La città di Arezzo ha pagato un altissimo
tributo a quella maledetta serata. All’Heysel persero la
vita la studentessa Giuseppina Conti e il dottor Roberto
Lorentini. Quest'ultimo è stato insignito della medaglia
d'argento al valor civile perché fu travolto mentre, in
qualità di medico, stava prestando soccorso ai feriti
sugli spalti. Da Arezzo è partita la battaglia per
ottenere giustizia e tenere viva la memoria su quella
strage. Otello Lorentini, padre di Roberto, ha, prima
fondato l'associazione dei familiari delle vittime, e
poi dato vita al Comitato permanente contro la violenza
nello sport "R. Lorentini - G. Conti". La battaglia
giudiziaria, durata 6 anni e mezzo, si è conclusa con la
condanna dell'Uefa riconosciuta responsabile, insieme
alla autorità belghe. Nel 2005, nella ricorrenza del
ventennale, Arezzo ha ospitato la partita amichevole tra
le formazioni primavera di Juventus e Liverpool. Un
evento dal profondo significato simbolico rivolto alle
nuove generazioni per non dimenticare e non ripetere mai
più. Nel 2007 è stato intitolato a Roberto Lorentini il
piazzale antistante lo stadio e a Giuseppina Conti
quello antistante il palasport a Le Caselle. In
occasione del 25° anniversario il neo presidente della
Juventus Andrea Agnelli ha scritto ad Otello Lorentini.
"L'impegno del Suo comitato - si legge nella lettera - è
una testimonianza importante per coloro che intendono
alimentare una memoria che è parte costitutiva della
nostra identità, di uomini e di juventini. Oggi quella
memoria - prosegue il numero uno bianconero - ci unisce
in un dolore che è anche speranza; perché dal sacrificio
di quelle 33 vittime dobbiamo trovare la forza per far
crescere un'idea di calcio lontana da ogni forma di
violenza. La Juventus - conclude la missiva - continuerà
ad essere vicina al Suo comitato e La ringrazia per la
dedizione che, siamo certi, non verrà mai meno".
Fonte: La Nazione ©
29 maggio 2010
Fotografia: Tuttosport.com ©
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Heysel, ex hooligan
incontra padre della vittima
AREZZO - Vent'anni dopo, l'ex
hooligan tifoso del Liverpool, Terry Wilson, ha chiesto
perdono per quello che ha fatto al padre e al figlio di
una delle vittime dell'Heysel, Otello e Andrea Lorentini.
Molto scossi per l'incontro, i due non sono parsi ancora
pronti a perdonare per la perdita di Roberto, 33 anni,
quella tragica sera. È stato il quotidiano francese
L'Equipe a organizzare, ad Arezzo, l'incontro fra i
familiari della vittima e l'ex hooligan che fu
condannato a cinque anni di carcere anche se ha scontato
soltanto 10 mesi in tutto. Terry Wilson, 38 anni, nel
viaggio aereo, aveva persino imparato a dire in italiano
"Sono qui per chiedere perdono". Poi, di fronte a Otello
(81 anni) e Andrea (23), ha ripetuto soltanto "I'm sorry,
I'm sorry, I'm so sorry…". Con traduzione simultanea del
giovane Andrea. Otello chiede al nipote di dire in
inglese a Terry: "Ho visto i tuoi amici tirare fuori
oggetti dalle tasche dei morti". "Vi chiedo ancora
perdono - ripete Terry - ammetto di aver dato pugni,
calci, che hanno indirettamente provocato la morte di
vostro figlio e di altre vittime. Ma l'ho capito
soltanto qualche ora dopo, sul traghetto di ritorno,
quando le televisioni a bordo hanno mostrato le immagini
dei cadaveri. Allo stadio non ho visto nemmeno un corpo.
Dopo le cariche sono tornato nel settore Y riservato
agli inglesi, e ho aspettato l'inizio della partita. È
orribile a dirsi, ma eravamo anche impazienti, non
avevamo capito l'ampiezza della catastrofe.
Fonte: Quotidiano Nazionale
©
5 aprile 2005
Fotografie: Youtube
©
GETTY IMAGES
© (Not for Commercial Use)
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Ma io voglio
un'amichevole per le vittime
di Maurizio Crosetti
LIVERPOOL - Il signor Otello
Lorentini ha passato vent' anni a battersi e un
pomeriggio a rispondere al telefono. "Sono distrutto".
All'Heysel perse il figlio Roberto, medico, che poteva
salvarsi e invece tornò indietro per aiutare gli altri e
morì. "Ho sentito della partita tra i tifosi, dei
braccialetti e dello striscione. Un vecchio di
ottant'anni può dire parolacce ? Sì ? Allora vi rispondo
che sono cazzate. Della partita non m' importa nulla e
non la guarderò, io voglio organizzare un'amichevole tra
Juventus e Liverpool entro la fine dell'anno, per
celebrare i vent' anni di Bruxelles. Lo voglio fare per
i morti, non per i vivi, per i morti e non per i tifosi,
è chiaro ? "Come presidente dell'associazione dei
parenti delle vittime, Lorentini è andato a sbattere
contro vent' anni di silenzio. "Mai riuscito a parlare
con nessuno della Juve o del Liverpool, la verità sembra
far paura a tutti. Adesso mi dicono che in Inghilterra
si sta considerando la nostra proposta, ho ricevuto una
lettera, vedremo. Ho appena incontrato un hooligan
pentito, è venuto a trovarmi ad Arezzo dall'Inghilterra,
si chiama Terry Wilson. Mi ha detto di essersi fatto la
prigione e di avere picchiato, quella sera, senza però
uccidere nessuno. L'ho corretto, dicendogli che se aveva
buttato giù la rete, allora era stata colpa anche sua.
Ha risposto sì, ha chiesto perdono e io gli ho detto che
non sono ancora pronto a perdonare. Ma almeno lui ha
chiesto scusa e mi è sembrato sincero, a differenza di
altri, anche se io non odio nessuno". Vent' anni senza
un figlio che quando morì ne aveva due, piccoli. "Così,
perdendo Roberto, di figli ne ho avuti in cambio tre
invece che uno: i miei nipoti e mia nuora. Li ho
allevati meglio che ho potuto, oggi Andrea ha 23 anni e
si è appena laureato, mentre Stefano ne ha 21 e va
all'Università. Senza di loro non sarei mai arrivato ai
miei ottant'anni, dove avrei trovato la forza ? I
ragazzi sono cresciuti serenamente, io ci ho messo
passione".
Fonte: La Repubblica
© 5 aprile 2005
Fotografia:
Comitato Heysel Reggio
Emilia
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Liverpool-Juve, le
scuse dell'hooligan 20 anni dopo l'Heysel
Domani "reds" e
bianconeri di fronte per i quarti di Champions
di Francesco Caremani
Terry Wilson, è lui l'ex
hooligan, sempre tifoso del Liverpool, sceso sino ad
Arezzo per chiedere scusa a Otello Lorentini, per il
figlio Roberto e per le altre 38 vittime dell'Heysel. Si
sono incontrati sabato pomeriggio all'AC Hotel, dove
l'ha portato Jean-Philippe Leclaire, giornalista de
L'Equipe, che li ha messi in contatto. Un incontro
registrato e fotografato che diventerà giornalismo ed è
già storia, perché è la prima volta che accade e perché
nessuno, tantomeno Otello, si sarebbe aspettato una cosa
del genere alla vigilia di Liverpool-Juventus, quarto di
finale di Champions League. Terry è venuto "To say sorry"
e lo ripete all'infinito, quasi per convincere e per
convincersi di quello che sta facendo, a nome suo e di
tante altre persone di Liverpool, con cui ha parlato
prima di partire per l'Italia. Occhi azzurri, capelli
biondi, sguardo imbarazzato, camicia d'ordinanza. Otello
si è fatto accompagnare da Andrea, primogenito di
Roberto, anche lui ha uno sguardo diverso dal solito,
meno disteso e meno sicuro, si aggrappa ai ricordi,
sempre lucidissimi, e al dolore, sempre forte, per la
perdita dell'unico figlio. Si percepisce un po' di
tensione, ed è Otello ha spezzare il ghiaccio: "Io non
sono ancora pronto a perdonare, ma non odio nessuno".
Andrea e Jean-Philippe traducono, Otello e Terry
parlano, si guardano. Il primo inizialmente ascolta, il
secondo spiega la sua versione dei fatti, all'epoca
aveva 19 anni. È la versione inglese dei fatti, la
versione assolutoria, la versione che vuol rendere meno
amara una vergogna nazionale. Ma Otello prende carta e
penna e non gli dà scampo, disegna, spiega, rimette le
cose a posto, come dovrebbero essere sempre state. La
versione vera è una sola, quella di Otello, quella
dell'Associazione delle vittime, sancita da un processo
vittorioso e raccontata nell'unico libro scritto in
tutti questi anni. Terry annuisce e ripete "To say sorry".
Otello ha capito lo sforzo e gli dice "Non perdonerò mai
chi non chiede scusa, a te, forse domani, forse un
giorno, ti perdonerò". Terry sarà all'Anfield Road
martedì sera per assistere a Liverpool-Juventus e ha
anche un altro incarico, deve chiedere cosa Otello
vorrebbe veder scritto in un vessillo che la Kop isserà
prima del match: "I nomi delle vittime, solo quello",
sussurra ad Andrea che deve tradurre. Comunque ha ancora
tempo per pensarci, si risentiranno. Non dimenticando
l'idea dell'amichevole da giocare ad Arezzo tra Juventus
e Liverpool. Terry ha un amico in società e farà di
tutto per perorare la causa, anche lui capisce che la
volontà di Otello è quella di mettere un punto
all'Heysel e lo vuol fare ad Arezzo, dove nacque
l'Associazione e dove si piangono, ancora oggi, due
vittime. Tutti hanno capito che si tratta di due momenti
diversi, da una parte il quarto di Champions, dall'altra
l'amichevole, magari precampionato. È con questo spirito
che tutti possono guardare alla sfida di domani tra due
squadre che si ritrovano sul campo a venti anni dalla
tragedia di Bruxelles. Quello sarà un match vero,
agonistico, giocato tra ragazzi che all'epoca avevano
10-15 primavere. Da una parte Fabio Capello dall'altra
Rafa Benitez, nel mezzo una partita di calcio che avrà
una cornice carica d'emozione, un'emozione forte e
lontana, forte perché mai esternata prima, lontana
perché quasi nessuno dei protagonisti di allora sarà
presente. "You'll never walk alone", non camminerete mai
soli, dice un vecchio coro dei tifosi del Liverpool,
forse lo canteranno per le vittime che, scherzi del
destino, hanno camminato sole, per vent'anni nel limbo
della memoria collettiva.
Fonte: L'Unità © 4
aprile 2005
Fotografia: Youtube
©
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L'hooligan pentito è
venuto a chiedere scusa
di Giulia Zonca
Uno dei giovani che 20
anni fa provocarono gli scontri mortali incontra Otello
Lorentini, Presidente dell'Associazione Vittime
dell'Heysel. "Il rimorso per quei morti bastava. Poi è
nato il bisogno di incontrare questa persona".
Nessuno ha mai chiesto scusa,
20 anni è niente che somigliasse a del vero rammarico
per 39 vite perse. L'Heysel, non è stato né dimenticato,
né ricordato, è stato messo via con vergogna e
imbarazzo. Un giornalista francese dell'Equipe,
Jean-Philippe Leclaire, ha messo insieme un libro che
esce in questi giorni, più racconto che inchiesta, su
quella notte del 1985. Raccogliendo brandelli di ricordi
ha incontrato Terry Wilson, un ex hooligan che in quel
massacro stava innegabilmente dalla parte dei cattivi. A
stabilirlo è stato un tribunale, Wilson è stato
condannato a 5 anni, era uno dei 14 "tifosi" del
Liverpool ritenuti colpevoli sui 26 arrestati. Ha
scontato solo 9 mesi, ma la sua vita è cambiata,
stravolta dal senso di colpa. Ora ha 38 anni, ha i
capelli biondi corti e l'aria di uno che non è riuscito
a crescere sereno. A guardarlo è difficile dargli
un'età, come se il tempo si fosse solo accumulato senza
essere vissuto e la sua faccia fosse rimasta molto
simile a quella da adolescente che aveva quella notte.
La faccia di uno che non è mai riuscito ad andare oltre
i suoi errori. Dice che solo Dio lo ha aiutato a gestire
quel peso sulla coscienza, dice che non riesce nemmeno a
descrivere quello che ha fatto, ma grazie a un
cacciatore di memorie ha trovato il modo di chiedere
scusa. Sabato è partito per l'Italia e ieri ha
incontrato Otello Lorentini, presidente
dell'associazione vittime dell'Heysel e padre di
Roberto, morto nel settore Z mentre cercava di prestare
soccorso a un ragazzo che non riusciva a respirare.
Leclaire ha chiesto a Lorentini se era in grado di
perdonare e lui ha risposto: "Nessuno mi ha mai chiesto
perdono". Ieri Terry Wilson ci ha provato. Se lo abbia
ricevuto è un'altra questione. Lorentini non vuole
parlarne: "Pazzesco, in 20 anni non mi ha mai cercato
nessuno e ora provate a spremermi anche emozioni che non
sono ancora in grado di definire. È tutto perché c'è una
partita di Champions League. No, per ora è un fatto
privato. Questo ragazzo è venuto qui e gli ho parlato,
ma è qualcosa di troppo forte perché io possa
raccontarlo subito. È stata una conversazione intensa e
io ho bisogno di qualche giorno per elaborarla". Wilson,
dopo due decenni, ha capito quello che il senso di colpa
non poteva spiegargli: "Queste persone stanno ancora
soffrendo, in un modo che non mi sarei mai potuto
immaginare, quando mi hanno raccontato la storia di
Lorentini mi sono reso conto di come quella tragedia
fosse ancora viva", lo confessa al sito del Liverpool
dove spiega perché ha deciso di affrontare un viaggio a
ritroso che lo avrebbe riportato davanti a ciò che ha
provato a rimuovere per tutto questo tempo. "Non ho
cercato di dare un nome e una storia a quei morti, il
numero mi bastava, era un rimorso fin troppo grande da
portarsi dietro. Quando qualcun altro mi ha costretto a
guardare dentro una vita vera, ho sentito il bisogno di
incontrare questa persona. So che per quante scuse io
possa chiedere non servirà a molto, ma muovermi, andare
a casa Lorentini mi sembrava un modo di avvicinarci alla
riconciliazione, a un senso di pace che fino a qui non
abbiamo davvero cercato. Non abbiamo neppure pensato
fosse possibile". Non è un destino singolo, i tifosi del
Liverpool presenti in quello stadio, ma anche chi non
c'era e che ha dovuto gestire quell'imbarazzo, quel
senso di responsabilità non diretta, non ha mai fatto i
conti con l'Heysel. Da qualsiasi parte si arrivi ad
Anfield si è investiti dal ricordo di Hillsborough (lo
stadio di Sheffield dove nel 1989 morirono 96 tifosi del
Liverpool schiacciati dalla folla che era più del doppio
della capienza limite). C'è un memorial, un braciere
sempre acceso, un monumento di marmo con il nome di chi
perse la vita in quel disastro ed è impossibile non
sbattere contro uno di questi simboli. Le tracce
dell'Heysel sono confinate nel museo del club e solo in
questi giorni gli inglesi, che hanno scacciato i
violenti ma non i fantasmi, provano a tirarle fuori.
Fonte: La Stampa © 4
aprile 2005
Fotografie: Youtube
© Teletruria
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"Dopo la tragedia,
l'indifferenza di tutti"
di Marco Ansaldo
L'inutile processo
durò sei anni e mezzo. Otello Lorentini perse il figlio
e ancora oggi lotta perché nessuno dimentichi. I parenti
delle vittime: pochi soldi per scaricarsi le coscienze e
nessun aiuto concreto.
Da quel fatto impararono solo
gli inglesi. La Thatcher prese dalle morti dell'Heysel
il coraggio di imporre quanto nessun governo italiano ha
voluto fare contro la violenza nel calcio: così loro
oggi hanno gli stadi sicuri mentre da noi rimane la
paura di portare alla partita i propri bambini". Otello
Lorentini ha 80 anni e il 29 maggio 1985 all'Heysel
perse il figlio. Roberto era un medico. Quel giorno il
postino aveva recapito a casa sua la raccomandata con
cui lo avvisavano dell'assunzione all'ospedale di
Arezzo. Ma, a sera, Roberto Lorentini giaceva cadavere
nella Morgue di Bruxelles, ucciso dalla folla che lo
calpestava mentre, da medico, praticava la respirazione
bocca a bocca a un bambino travolto e in fin di vita.
Per quel gesto gli hanno riconosciuto la medaglia
d'argento al valor civile, non quella d'oro, però,
perché altrimenti avrebbero dovuto concedere un
vitalizio alla famiglia. È una piccineria tra le tante
che hanno accompagnato i sopravvissuti. Com'è la storia
di Carla, caduta in coma mentre suo padre moriva nella
calca. La assunsero come cassiera in un supermercato.
Compariva sui giornali, era una pubblicità buona, anzi
buonista. Qualche mese dopo, svanito l'effetto Heysel,
la licenziarono. "Sono stati anni di lotta - racconta il
signor Otello, che diventò il presidente e l'anima
dell'Associazione tra i parenti delle vittime
dell'Heysel. Chiedevamo giustizia ma la nostra era una
voce scomoda. Noi, le famiglie di 32 vittime, andavamo
contro istituzioni intoccabili: l'Uefa, il governo
belga, la polizia di Bruxelles. Aiuti ? Dallo Stato
poco, dalla Juventus ancora meno. Davamo fastidio alle
loro coscienze, ci sgusciavano via". Si è perso il conto
delle volte in cui Lorentini si scontrò con Boniperti.
"Quelle morti si sono ripercosse sui vivi - racconta
Francesco Caremani, l'autore del documentatissimo "Le
verità sull'Heysel, cronaca di una tragedia annunciata".
Alcune famiglie sono andate in rovina. Di sensibilità,
dopo l'impatto iniziale, se ne vide poca. Nei parenti
delle vittime è rimasta quella frase detta dalla Juve
dopo la conquista della Coppa Intercontinentale,
"abbiamo messo una pietra sopra all'Heysel". Otello
rispose che l'unica pietra stava sulla tomba di suo
figlio. La lotta per ottenere giustizia è stata lunga.
Sono serviti tre gradi di giudizio, dopo la prima
sentenza che assolveva tutti, tranne 14 hooligans
condannati a tre anni, di cui la metà condonati e che
non trascorsero in galera un giorno in più di quelli
successivi all'arresto. Dopo sei anni e mezzo,
nell'ottobre '91, grazie all'ostinazione di Lorentini e
di un avvocato italo-belga, Daniel Vedovatto, furono
condannati anche gli uomini delle istituzioni. Pochi e a
poco. Nove mesi al capo della polizia, il capitano
Mahieu, 6 mesi al presidente della federazione belga,
Roosents, 3 mesi e 30 mila franchi al segretario Uefa,
Bangeeter. Tutti liberi con la condizionale. Gli
intoccabili veri se la cavarono senza tracce sulla
fedina penale. "Non ci importava vedere la gente in
galera - racconta Lorentini - ma il riconoscimento di
una responsabilità perché nel futuro le cose non fossero
fatte con tanta leggerezza". E i risarcimenti ? Qualcosa
è arrivato. Somme spesso ridicole. Quindici milioni di
lire da dividere tra i famigliari di Giusy Conti, pure
lei aretina, fino a mezzo miliardo a chi aveva perso un
padre o un marito con un alto livello di reddito perché
pure di fronte alla morte non siamo tutti uguali. Dallo
Stato belga arrivarono rimborsi vergognosi: mille,
duemila lire. Otello Lorentini continua la sua lotta. Ha
fondato un comitato, insieme alla famiglia Conti, per
diffondere nelle scuole e tra i giovani il concetto di
antiviolenza nello sport. In questi giorni è a Bruxelles
con i nipoti, i figli di Roberto, per registrare uno
speciale per Sky e ha già inviato alla Uefa, alla Juve e
al Liverpool la richiesta per organizzare ai primi di
giugno, ad Arezzo, la partita della memoria a 20 anni
dall'Heysel. Scommettiamo che aspetterà a lungo una
risposta ?
Fonte: La Stampa
©
19 marzo 2005
Video: Atlantide
Audiovisivi ©
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Ancora Heysel, che
vergogna
di Maurizio Crosetti
TORINO - All'Heysel, Otello
Lorentini perse un figlio di trent' anni, Roberto.
Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul prato,
tornò indietro per soccorrere un bambino, venne
travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in
tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato
l'associazione dei parenti delle vittime diventata
comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una
parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi delle
scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché
la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità
di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto
stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito,
modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com'
era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai
più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo
una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno
portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella
curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la
nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve
giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non
tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende
rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però
non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male
quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per
nulla, e che nessuno ha capito"...TORINO - All'Heysel,
Otello Lorentini perse un figlio di trent' anni,
Roberto. Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul
prato, tornò indietro per soccorrere un bambino, venne
travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in
tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato
l'associazione dei parenti delle vittime diventata
comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una
parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi delle
scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché
la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità
di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto
stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito,
modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com'
era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai
più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo
una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno
portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella
curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la
nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve
giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non
tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende
rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però
non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male
quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per
nulla, e che nessuno ha capito...".
Fonte: La Repubblica
© 19 giugno 2000
Audio:
Atlantide Audiovisivi ©
Fotografie: GETTY IMAGES
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for Commercial Use)
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