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ITALIA
26-01-1968
Rigutino (AR) Anni 17
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Giuseppina Conti e la strage dell’Heysel
Appassionata di calcio e della
Juventus, Giuseppina Conti ha perso la vita durante la finale di
Coppa dei Campioni del 1985 nella strage dell’Heysel.
"Il calcio è musica, danza e armonia. E
non c’è niente di più allegro della sfera che rimbalza": le
parole di Pelé, uno dei più grandi talenti brasiliani,
descrivono al meglio l’essenza di questo sport che vale tanto
per i calciatori quanto per i tifosi. Il calcio è uno sport di
squadra e gli undici giocatori, non sono gli unici a scendere in
campo, accanto a loro ci sono i tifosi che vivono intensamente
ogni parata, ogni azione proprio come se fossero anche loro nel
rettangolo d’erba. Non c’è cosa più bella che gioire o
disperarsi insieme alla propria squadra direttamente allo
stadio, ma la convinzione che "comunque vada" la partita è una
festa, a volte può trasformarsi in un dramma. Questo è quello
che è avvenuto allo stadio Heysel di Bruxelles nel 1985 quando
36 (NdR: 39)
persone hanno perso la vita: tra di loro c’era Giuseppina Conti,
una ragazza di soli 17 anni, partita con la gioia e la speranza
nel cuore, ma tradita dalla furia di alcune persone che,
nascoste dietro la facciata di tifosi, hanno semplicemente dato
sfogo a una violenza immotivata.
Giuseppina e la sua passione
per la Juventus
- Il sogno di ogni tifoso è vedere la
propria squadra vincere la Champions League, e anche Giuseppina
Conti, detta Giusy, non vede l’ora che la sua squadra del cuore,
la Juventus possa vincere il titolo che nel 1985 ancora si
chiamava Coppa dei Campioni. L’occasione di veder trionfare la
propria squadra contro il Liverpool direttamente nello stadio
dell’Heysel è troppo ghiotta e la diciassettenne non vuole
assolutamente farsela sfuggire. Infatti, fa di tutto per poter
partire per Bruxelles: la figlia e studentessa modello, si
impegna ancora di più a scuola e il 29 maggio, giorno della
finale, termina tutte le interrogazioni con voti impeccabili,
pronta per viaggiare serena alla volta della grande finale, con
una promessa speciale per la mamma, cioè quella di tornare con
la coppa.
La furia degli hooligans
- Giusy e il padre Antonio non sono gli
unici arrivati dall’Italia per assistere all’incontro, con loro
ci sono ragazzi, famiglie e "semplici" tifosi pronti a
condividere insieme un sogno. Mentre i gruppi organizzati dei
bianconeri vengono sistemati nelle curve M-N-O, Giusy e gli
altri tifosi bianconeri vengono indirizzati nei settori Y-X-Z,
accanto alla frangia più violenta dei sostenitori del Liverpool,
i famigerati hooligans. Quella che doveva essere una festa,
improvvisamente si trasforma in un massacro, i tifosi inglesi
più esagitati iniziano a spingere la rete che divide il settore
Z, la furia è talmente tanta che oltre alla rete stessa crollano
anche i gradoni (NdR: crollò
la parte inferiore del muro delimitante il settore Z spinto
dalla calca dei tifosi impauriti). Antonio fa di
tutto per mettere in salvo la figlia, ma travolto dalla fuga
degli altri tifosi perde conoscenza. Quando si risveglierà dovrà
fare i conti con un’amara scoperta, la figlia tanto amata è
rimasta uccisa insieme ad altre 35
(NdR: 37, una era in coma, morirà in ospedale il 14
agosto 1985) persone. Il sorriso che le
illuminava il volto nelle ore precedenti alla partita,
immortalato nella foto scattata davanti alla Grand Place mentre
indossa fiera il cappellino e la bandiera della Juventus, si è
spento per sempre. In fondo l’essenza del tifo, quello sano, è e
doveva essere proprio questa: il sorriso di una bambina
spensierata che condivide la propria passione con suo padre,
girando il mondo pur di stare vicino alla squadra del cuore. Un
tifo genuino rimasto impresso in maniera indelebile in una
tenera foto di 37 anni fa.
Fonte: Dilei.it
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15 agosto 2022
Fotografia:
Famiglia Conti
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35 anni
fa la strage dell'Heysel: la morte
di Giuseppina e il sacrificio di
Roberto
Tra i 32 italiani che persero
la vita c'erano gli aretini Giuseppina Conti e il medico Roberto
Lorentini.
29 maggio 1985 / La strage
dell'Heysel - Doveva essere solo una partita di calcio.
Una finale di Coppa dei Campioni, non ancora Champions League.
Quel 29 maggio del 1985 a Bruxelles, nello stadio Heysel, si
sarebbero affrontate la Juventus di Platini e il Liverpool di
Ian Rush. Dall'Italia era arrivata la maggior parte dei tifosi
che si assiepò sugli spalti. Da un lato le curve M-N-O, cuore
dei gruppi organizzati bianconeri, e dall'altra i settori Y-X-Z
dove oltre ai tifosi de Liverpool, già noti per la loro
violenza, erano presenti (settore Z) gruppi di tifosi
bianconeri, ma non dei gruppi organizzati. Erano ragazzi e
ragazzi, famiglie, che avevano deciso di volare a Bruxelles per
sognare la vittoria di una Coppa dei Campioni che si macchiò con
il sangue di 39 vittime, di queste 32 erano italiani. Tra loro
c'era anche Giuseppina Conti, di soli 17 anni, che abitava con
la propria famiglia alle porte di Arezzo, a Rigutino. Rimase
uccisa quando la carica dei reds, che sfondarono la rete di
recinzione per occupare anche il settore Z, travolse i supporter
bianconeri. Alle 19:20 si consumò la tragedia. Come mostrano le
immagini dell'epoca oltre a chi perse la vita almeno 600 persone
rimasero ferite, schiacciate dalle transenne, parti metalliche
dello stadio, altri si ferirono cadendo dai parapetti della
curva. C'è chi saltò nel vuoto spinto dalla carica e dalla
ressa, altri per cercare la salvezza. Quella sera allo stadio
Heysel era presente anche Roberto Lorentini. Un giovane medico
aretino di 31 anni. Era scampato alla carica, ma anziché restare
in luogo sicuro tornò indietro per praticare la respirazione
artificiale ad un bambino. "Perse la propria vita per aiutare
gli altri" ricorda ogni anno il presidente del Santa Firmina
Piero Bacci che da 24 anni porta avanti il memorial intitolato a
Roberto. Quella finale è passata alla storia come la "partita
maledetta". Una partita che non doveva essere giocata, con Bruno
Pizzul che raccontò in diretta (seppur con il video a nero) i
fatti del prepartita, promettendo poi al pubblico che avrebbe
"commentato con il tono più asettico possibile l'incontro". Un
match che accese poi ulteriori polemiche per le esultanze dei
calciatori bianconeri al gol e a fine partita per la vittoria.
La famiglia Lorentini, a partire da Otello (padre di Roberto),
si è sempre impegnata per fare chiarezza su quanto accaduto,
chiedendo giustizia. Per questo motivo nel 1987 fondò
l'Associazione fra i Familiari delle Vittime dell'Heysel che ha
sciolto al termine del processo di cassazione nel 1991. Suo
nipote, Andrea, nel gennaio 2015 l'ha ricostituita al fine di
"allenare la memoria" dei fatti e difenderne in ogni ambito le
verità storiche e processuali.
Fonte: Arezzonotizie.it
© 29 maggio 2020
Fotografie:
Famiglia Conti
© Famiglia Lorentini
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Al Comunale di Arezzo,
vent’anni dopo la tragedia dell’Heysel, si è rigiocata
Juventus-Liverpool
Che i giovani siano un seme di
speranza…
di Andrea Lorentini
Il 12 ottobre scorso si è disputata
allo stadio "Comunale" di Arezzo l’amichevole fra le formazioni
Primavera" di Juventus e Liverpool organizzata dal Comitato
permanente contro la violenza nello sport "R. Lorentini - G.
Conti" in ricordo delle 39 vittime della tragedia avvenuta allo
stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985. Un evento storico
per la città del Saracino, come hanno tenuto a sottolineare le
autorità cittadine, che ha chiuso un cerchio, e messo la parola
fine a 20 anni di imbarazzi, reticenze e diffidenze nei
confronti di chi ha
lottato per ottenere giustizia. Otello
Lorentini, che a Bruxelles perse il figlio Roberto, è colui a
cui va il ringraziamento più sentito per aver regalato alla
gente di Arezzo un pomeriggio nel quale a trionfare sono stati i
veri valori dello sport: sano agonismo, rispetto per
l’avversario e l’entusiasmo di centinaia di ragazzini giunti da
ogni parte della provincia per ammirare gli idoli di domani.
Giovani come loro ai quali la società affida il futuro. Leali e
corretti in campo per esserlo altrettanto nella vita. Una
partita che ha incarnato un forte messaggio contro la violenza
nello sport, un sentimento che rimanga memoria scolpita nel
tempo delle generazioni future. A far da prologo alla
gara
l’esibizione degli sbandieratori fra gli applausi generali, poi
il momento più commovente quando, in un "Comunale" ammutolito sono risuonate con le note del "silenzio" mentre
dall’altoparlante venivano scanditi ad uno ad uno i nomi di chi
a Bruxelles era andato per una festa e invece là incontrò la
morte più assurda e per questo più crudele. I brividi più
intensi quando fra gli altri sono stati ricordati prima
Giuseppina Conti, la studentessa di Rigutino, poi Roberto
Lorentini, il medico medaglia d’argento al valor civile. Quella
sera di venti anni fa Arezzo li pianse, oggi a distanza di tanto
tempo il loro ricordo è più vivo che mai. Alla fine ha vinto la
Juventus 2-1, ma al triplice fischio di Paolo Bertini premi e
riconoscimenti per tutti quanti nel segno di un valore che al
giorno d’oggi sembra essere merce sempre più rara: l’amicizia.
Juventus-Liverpool ad Arezzo ha rappresentato non solo un
momento di sport vero e proprio, ma un’occasione di scambio
culturale, nella quale la città ha accolto le due società in un
abbraccio fraterno dimostrando una volta di più il fair play che
la contraddistingue. Uniti in un sentimento di profonda
ammirazione per l’operato del Comitato permanente sia Roberto
Bettega, vicepresidente della società bianconera, che Rick Parry,
general manager dei "Reds". Entrambi hanno presenziato alla cena
di benvenuto offerta dalle autorità e alla messa celebrata in
Duomo in suffragio dei caduti. "Era un evento a cui tenevamo
molto" - si è affrettato a spiegare Bettega - "c’era la volontà
di mandare un messaggio positivo e siamo orgogliosi di aver
fatto disputare ai nostri giovani atleti una partita dal così
alto valore simbolico". "Esprimo a nome di tutta la città di
Liverpool il ringraziamento più sincero alla città di Arezzo, in
particolare a Otello Lorentini, un uomo straordinario che
combatte da venti anni una battaglia giusta" - gli fa eco Parry.
Juventus - Liverpool ad Arezzo è stato un seme di speranza come
ha ribadito al termine dell’omelia Bill Bygroves, dirigente e
cappellano del club inglese. Un seme di speranza gettato nel
campo della vita.
Fonte: Bobonero.it
© 1 Ottobre 2005
Fotografie:
Wikipedia.org
© Arezzonotizie.it
© Lfc.com
© Juventus.com
© Corriere dello Sport
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