LETTERA di CLAUDIA
ROSSI (IN MEMORIA di GIUSEPPINA CONTI)
Heysel 29.05.1985: un
Padre e sua Figlia
"Buongiorno,
mi chiamo Claudia ed abito a Terni, in Umbria. Vi scrivo
perché il ricordo di ciò che accadde all'Heysel nel 1985
non mi abbandona. Mai. Questo non solo per il carattere
così terribile delle dinamiche legate alla tragedia, ma
anche perché fu solo un caso che io e mio padre non
fossimo là. Non l'ho mai raccontato, qualche volta
soltanto l'ho ricordato parlando con mia mamma. Ma sento
il bisogno di dirlo a qualcun altro, qualcuno che possa
capirmi e non mi consideri "strana" ad avere questi
pensieri, a non riuscire a dimenticare. Era il 1985,
avevo 14 anni ed era una calda primavera. La scuola
stava finendo, le vacanze erano alle porte. Insomma,
eravamo in quella fase allegra dove l'unico pensiero era
quanto caldo fosse il sole e come e quanto ci saremo
divertiti quell'estate. Mio padre riuscì ad acquistare i
biglietti per la finale allo stadio Heysel e tutto
contento corse a casa per dircelo. Era un operaio e
faceva i turni, ma era riuscito ad avere tre giorni di
ferie organizzandosi con i suoi amici in squadra con
lui. Era felice perché i biglietti per la finale erano
introvabili, ma lui riuscì a trovarli. Ma era riuscito a
trovarne soltanto due. Quindi mia madre sarebbe dovuta
restare a casa. Sono molto attaccata alla mia famiglia
ed abbiamo fatto sempre tutto insieme, così, anche se a
malincuore, dissi a mio padre che non sarei partita
senza mia mamma. Quindi lui cedette i due biglietti del
settore Z ad un amico (che andò a Bruxelles, ma non
entrò perché vide troppi tafferugli e poca sicurezza già
nei dintorni dello stadio e questo lo salvò).
La
sera del 29 Maggio 1985, quando ci sedemmo tutti insieme
per vedere la partita, il nostro sangue si fermò. Mio
padre era bianco in viso e non faceva altro che dire
"guarda lì, sta succedendo un casino, guarda... Ci
saranno sicuramente dei morti, guarda... Uno sopra
all'altro, come fanno ad essere ancora vivi...". Eravamo
senza parole... Non trovo parole nel descrivere cosa
vuol dire guardare in diretta una tragedia simile. E
tutto si amplifica, pensando che in mezzo a quel
disastro potevamo esserci anche noi. Mio padre era
seduto incredulo al tavolo del salotto, mia madre sul
divano con le mani sulla bocca e le lacrime agli occhi.
Io mi alzai e, d'istinto, andai a toccare la spalla di
mio padre. Rimanemmo così per qualche minuto. Pizzul
parlava e descriveva ciò che stava accadendo, ma
sospettavamo fosse ancora peggio. La partita si giocò lo
stesso, ma non c'era più gioia né senso. Era come
mangiare segatura. I giorni successivi capii che la
scelta che feci fu perfetta. L'amore per mia madre salvò
sia me che mio padre. Ma non sono più riuscita a non
pensare più a quella sera, come se un filo invisibile ed
inspiegabile mi tenesse in qualche modo legata a chi era
lì e non ce l'ha fatta.
Spesso
ripenso a quel giorno di primavera, alle 39 persone che
hanno perso la vita… C'è soprattutto un uomo, un padre
che non riesco a dimenticare. I giorni successivi,
comprai tutti i giornali che pubblicarono articoli
riguardanti la tragedia dell'Heysel ed uno, in
particolare (che conservo ancora, ma non ho più
guardato) pubblicò moltissime foto. Tra queste, una mi è
da sempre rimasta impressa nella mente e nel cuore: la
foto di un padre che, piangendo, teneva tra le braccia
la figlia: l'estremo pallore, la posizione del corpo, i
visi di quelli attorno a loro, tutto lasciava intuire
che quella ragazza non c'era più. Non so il nome di
questo signore, ma il suo viso e quello della figlia
sono stampati nella mia mente. Forse perché avremmo
potuto essere io e mio padre al loro posto, forse è per
questo che non riesco a dimenticarli. Non so dove siano
i sopravvissuti alla strage dell'Heysel, non conosco i
loro visi, ma sia loro che i 39 di quella sera sono e
saranno sempre nel mio cuore. Un abbraccio sincero.
Claudia
POST
SCRIPTUM: "Sono onorata di dare il mio consenso
a pubblicare la mia mail ed altrettanto mi emoziona
sapere che sarò ulteriormente legata a quella sera,
anche se da sempre sono legata a tutte le vittime ed ai
loro familiari da un filo invisibile, come già detto.
Solo il forte amore per mia madre mi ha impedito di
sedere insieme a mio padre nel settore Z. Purtroppo lui
non c'è più da quasi dieci anni, ma anche lui in qualche
modo si sentiva "legato" nell'anima alle 39 vittime
dell'Heysel. Ho parlato di voi a mia madre ed insieme
siamo tornate a quei giorni del 1985: anche lei non ha
mai dimenticato. Colgo l'occasione per sottolineare che
anche i suoi sentimenti sono uguali ai miei. Anche lei
si è sempre sentita in qualche modo "legata" a quella
sera. Ieri ne abbiamo parlato, abbiamo ricordato e ci
sono venuti i brividi. Ci siamo commosse. Grazie ancora
per avermi rivelato il nome di Giuseppina Conti: adesso,
non so perché, mi sento un po' più serena. Con infinito
rispetto ed affetto. Un abbraccio a tutti i
sopravvissuti e a chi è rimasto a piangere quei 39
cuori". Claudia
Rossi
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 31 ottobre 2022
Fotografia:
Salvatore Giglio ©
|