Ore 16.57 del 7 giugno 1981 -
Samb-Matera sta per iniziare; in
piedi da sinistra Giacinto
Ramini (telecronista delle
partite della Samb
sull'emittente locale "Ore 16.57
del 7 giugno 1981 - Samb-Matera
sta per iniziare; in piedi da
sinistra Giacinto Ramini
(telecronista delle partite
della Samb sull'emittente locale
"telecavo"), Zenga, Bogoni,
Schiavi, Cavazzini, Colasanto,
Rossinelli, il Sig. Benci;
accosciati da sinistra
Speggiorin, Perrotta, Cagni,
Caccia, Ranieri. Lo sguardo
preoccupato di Walter Zenga
verso la Curva Sud del
"Ballarin": l'incendio comincia
a svilupparsi, la festa diventa
tragedia. Questi atleti fra
pochissimi istanti insieme a
quelli del Matera, alla terna
arbitrale e a chi si trova sul
manto erboso, si prodigheranno
per cercare di portare i
soccorsi a chi era rimasto
intrappolato all'interno della
Curva, assalito dal fuoco e
travolto dalla calca.
(Un
ringraziamento particolare per
la foto all'ex-rossoblu
Alessandro Parroni) |
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Trasportati in elicottero in
ospedali specializzati
Sono gravi 15 dei 40 ustionati
sul campo della Sambenedettese
SAN BENEDETTO DEL TRONTO - Amara
promozione quella della
Sambenedettese in serie B dopo
un anno di permanenza in C1. I
gravi fatti accaduti poco prima
dell'inizio dell'incontro hanno
raffreddato l'entusiasmo per il
successo sportivo. Il fuggi
fuggi generale avvenuto nella
curva Sud quando si sono alzate
le fiamme dalla carta e dagli
striscioni incendiati a causa,
forse, di un razzo, hanno
provocato il ferimento di
numerose persone 40 delle quali
ricoverate negli ospedali
cittadini mentre altre sono
state soltanto medicate. La
situazione, col trascorrere
delle ore, è apparsa più grave
del previsto. Sono almeno 15
infatti i feriti con prognosi
riservata. Quella che desta
maggiori preoccupazioni è
Fabrizia Basili che ha riportato
la frattura del cranio. Gli
altri quattordici, con ustioni
di secondo e terzo grado, sono
stati trasferiti, con
elicotteri, nei centri
specializzati in tutta Italia. A
Verona è stata trasportata Livia
Bruni, 66 anni; a Padova i
fratelli Gianfilippo ed Enrico
Albertini, rispettivamente di 11
e 15 anni: a Parma Fernando
Lelli, 24 anni, ed Eliseo
Pellicciotti, 10 anni; a
Brindisi Stefano Di Pilla, 13
anni, e Albano Ferri, 18 anni; a
Roma Carla Bisirri, 21 anni,
Maria Teresa Napoleoni, 23 anni,
e Nicola Fiscaletti, 13 anni; a
Cesena, infine, Sabrina Pucci, 7
anni, Ombretta Nardini, 25 anni,
Fernando Agostini, 26 anni, ed
Alberto Massetti, 15 anni.
9 giugno 1981
Fonte: La Stampa
Samb - Matera. Prima del fischio
d'inizio i fumogeni hanno fatto
bruciare striscioni e carta
La festa diventa tragedia.
Incidenti alla gradinata sud: 60
feriti. 2 donne gravi
Immediati i soccorsi. Paura tra
la folla. Disperati tentativi
dei medici
di Patrizio Patrizi
Doveva essere una festa. È
scaturita una tragedia. Un
bilancio pauroso: sessanta
feriti, di cui trenta ustionati
con una decina di prognosi
riservate. Due donne sono in fin
di vita. Per loro si nutrono
poche speranze. Ipotizzato il
trasferimento al reparto
specialistico di Ancona, sentiti
i referti dal nosocomio
regionale. Hanno riferito che in
quelle condizioni non sarebbe
stato opportuno neppure il
trasferimento. In un primo
momento, infatti, si era
preventivato l'intervento
dell'elicottero dei carabinieri,
poi si è rinunciato all'evidenza
dei fatti. Carla Bisirri, 20
anni, e un'anziana signora,
Livia Bruni, hanno riportato
ustioni gravi, i loro corpi
presentano uno stato
irreversibile al 90 per cento.
Le altre prognosi riservate
riguardano Stefano Di Bella,
Maria Teresa Napoleoni,
Ferdinando Lelli, Enrico e
Gianfilippo Albertini. Nel
convulso lavoro al pronto
soccorso dell'ospedale di San
Benedetto non c'è stato tempo
per trovare un attimo e
compilare una lista completa dei
feriti. Ci sono i referti, ma il
compito di elencare tutti i nomi
e renderli noti è stato arduo.
Solo a tarda notte le forze
dell'ordine, che sono sempre
state in contatto con
l'ospedale, hanno ricevuto gli
elenchi di tutti i coinvolti nel
rogo. I comandi di carabinieri e
polizia, e lo stesso nosocomio,
erano tempestati di telefonate
da parte di familiari che
chiedevano informazioni sulle
condizioni di salute dei
ricoverati. Si vivevano ore
drammatiche. Ricostruiamo
dall'inizio questa domenica nera
per l'intera città. Alle ore
15,30 i fans rossoblu avevano
assiepato la parte centrale
della gradinata e si davano a
canti e cori. Tutto era pronto
per la festa. Massima
correttezza. Alle 16.55 le
squadre fanno il loro ingresso
sul terreno di gioco. Guadagnano
il centro del campo per i
rituali di inizio gara e dalla
gradinata sud si alza un
grappolo di palloncini che porta
verso l'alto una grande lettera
B. Il settore è gremito. Ci sono
circa 3.500 persone.
Contemporaneamente si accendono
i fumogeni e volano migliaia di
frammenti di carta. La
coreografia è bella. Non appena
le due formazioni si apprestano
a schierarsi ciascuna nella
propria metà campo si accendono
i primi focolai. Si cerca di
spegnerli, ma il panico ha
subito il sopravvento. La
montagna di carta (i tifosi ne
avevano preparata circa sette
quintali) ben presto si tramuta
in rogo e nel fuggi fuggi
parecchie persone vengono
travolte. Molti trovano rifugio
nei sottopassaggi, altri
scavalcano la rete di recinzione
e si mettono in salvo sul
terreno di gioco.
Dal lato verso le tribune,
mentre sembra che il fuoco vada
spegnendosi dalla parte dei
distinti, si accendono altri
focolai ed il marasma è
generale. Nel panico si sviluppa
una calca tremenda e ci sono
donne e bambini che, finiti a
terra, sono calpestati e
sommersi dalla valanga umana.
Saltano in tanti dai gradoni,
arrampicandosi sulle maglie
delle reti metalliche. Qualcuno
si lascia cadere da un'altezza
di circa quindici metri e
l'impatto sul cemento, nei
pressi degli ingressi alle
tribune, è tremendo. Il fuoco la
fa ancora da padrone, nonostante
giocatori, forze dell'ordine e
gli stessi tifosi si prodighino
per spegnerlo. Le fiamme
attecchiscono sugli striscioni
appesi alla rete metallica e
alcune donne e bambini rimangono
avviluppati dalle fiamme che si
sprigionano con estrema
velocità. La paura prende sempre
di più il sopravvento e non si
aprono varchi per fare sfollare
il pubblico. Quando arrivano gli
idranti e sono aperte le prese
di acqua ai bordi del campo di
gioco, il dramma è ormai
compiuto. Gli spruzzi dell'acqua
e gli schiumogeni degli
estintori pongono finalmente
conclusione all'espandersi del
fuoco. Con quindici minuti di
ritardo prende avvio la partita
e le evoluzioni dei calciatori
sembrano ridimensionare il tutto
in un imprevisto prologo alla
promozione della Samb. Ma ad
intervalli regolari, dagli
altoparlanti dello stadio, si
susseguono annunci di nomi di
giovanissimi che nella
confusione hanno smarrito i
familiari. La tragedia assume
interamente la sua ampiezza a
tarda sera, quando nelle strade
e nei bar la gente si trova
ancora a salutare con brindisi e
canti la serie B. Al pronto
soccorso dell'ospedale giungono
altre persone, soprattutto
contusi che in un primo momento,
a sangue caldo, non avevano
avvertito dolori. Tra la folla
che, cercando riparo, saltava
dai gradoni verso il terreno di
gioco e sui lati dei settori dei
distinti e delle tribune, in
molti infatti erano caduti
rovinosamente. Fratture e
contusioni le conseguenze più
ricorrenti. Ai reparti di
chirurgia e medicina
dell'ospedale non c'era più
disponibilità di posti. Medesima
situazione nelle cliniche
private che pure hanno ricevuto
i feriti di questa tragica
domenica. Irresponsabilità. Solo
questa la causa del grave
epilogo alla gara che ha
consacrato la Sambenedettese
promossa in serie B. Avevamo
espresso, nel corso della
settimana, timore per tutti quei
fumogeni che i tifosi credevano
innocui. Il vecchio stadio
Ballarin ha così conosciuto, tra
tante battaglie calcistiche, una
disastrosa domenica. La
gradinata sud, simbolo del tifo
di fede rossoblu, sprofonda nel
dramma.
8 giugno 1981
Fonte: Messaggero Marche
Due ore dopo la tragedia esplode
la festa ma è subito sospesa
di Epifanio Pirantozzi
S. BENEDETTO - Cerchiamo di
raccontare con ordine quanto è
successo in questa giornata che
doveva essere di gioia e
felicità e che per tanti si è
trasformata in tragedia. Il
campo sportivo si va riempiendo
fin dal primo pomeriggio. I
tifosi hanno fatto le cose in
grande. Tantissime sono le
bandiere ed un'autentica
ovazione accoglie i rossoblu al
loro ingresso in campo per fare
riscaldamento. Rullano i tamburi
e la curva sud è gremita fino
all'inverosimile. Entrano in
campo le squadre e si sistemano
al centro per le foto ricordo.
Mentre l'attenzione di tutti è
concentrata sui giocatori si
vede un ondeggiare di folla in
curva sud. La gente si apre
letteralmente in due tronconi
proprio sopra la porta d'uscita
verso il mare. Si scorgono
lingue di fuoco e si capisce che
la carta che i tifosi agitano
per fare tifo ha preso fuoco.
Sembra una cosa da nulla e molti
incominciano a inveire contro i
soliti tifosi che fanno scherzi
cretini. Ma non è che solo
l'inizio. Il fuoco si espande e,
alimentato dalla carta lasciata
cadere da chi scappa e che si
accumula lungo le gradinate,
arriva fino alla rete di
recinzione. Da quel momento non
si riesce più a controllare
quello che succede. Molti tifosi
si buttano letteralmente in
campo dopo aver scavalcato la
rete di limitazione per scappare
alle fiamme. Si vede chiaramente
un signore scendere a precipizio
le gradinate, prendere un
bambino in braccio e correre
verso l'uscita. Tutti si
sporgono a guardare, ma ancora
nessuno cerca di fare qualcosa
per spegnere le fiamme. Fiamme
che non si sa ancora bene come
siano scaturite ma che molti
pensano sia successo per
l'accensione di un bengala
caduto poi per terra. Arriva
l'autoambulanza in mezzo al
campo e carica un paio di feriti
e ustionati. Mentre si aspetta
che il fuoco si estingua da solo
le fiamme arrivano all'altro
mucchio di carta rimasta in
gradinata ma più verso monte. Il
fuoco riprende vigore e la
gente, pressata ormai contro la
rete, cerca la salvezza
scavalcandola. Ma la rete è
molto alta da terra e,
specialmente nella parte alta
dei gradoni, la distanza dal
terreno è notevole. Si vedono
dalla tribuna delle donne e
degli uomini saltare e cadere
malamente con il rischio di
altri che possano cadere su
loro. Il fuggi fuggi è generale.
Intervengono alcuni inservienti
del campo, aiutati dai giocatori
rossoblu, con le pompe
dell'acqua che si usano per
innaffiare il terreno di gioco
per spegnere le fiamme. Si
sgombera subito il campo e la
partita inizia. I tifosi man
mano riprendono posto e tutto
sembra finito. La notizia,
uscita dal campo tramite i
servizi delle radio private, fa
accorrere molti genitori che
avevano mandato i figli alla
partita. Iniziano gli appelli
tramite gli altoparlanti del
campo, per ricercare i bambini.
Anche l'ospedale fa sapere di
avere bisogno di tutti i dottori
disponibili. Sembrava,
l'incendio, cosa da nulla ma ora
si parla con insistenza di molti
ustionati e feriti. Il pensiero
di tanti è la partita e per come
andrà a finire. La Samb, grazie
al pareggio del Campobasso, è in
serie B ed inizia l'invasione di
campo. Sotto gli spogliatoi, tra
abbracci e congratulazioni ci
sono molti che si preoccupano
per le notizie che arrivano.
Mentre Zoboletti rilascia una
dichiarazione in cui si dice
contento per la promozione
perché ci ha creduto fin
dall'inizio ma anche molto
addolorato per quanto è
successo, arriva l'assessore
allo sport Poliandri che chiede
di far annunciare la sospensione
di tutti i festeggiamenti per
quanto è successo. Poliandri
tira fuori anche le prime cifre;
40 feriti in ospedale, 5 molto
gravi e 2 gravissimi ed in fin
di vita. Ormai tutti aspettano
di poter sapere i nomi dei
feriti per vedere se c'è qualche
amico e conoscente.
8 giugno 1981
Fonte: Il Resto del Carlino
È stato necessario scaricare
carburante
per poter ospitare a bordo tutti
i feriti
È stato richiesto l'appoggio
dell'aviazione, per poter
trasportare con tempestività,
nei vari ospedali specializzati
del territorio nazionale, i più
gravi, rimasti ustionati nel
rogo di domenica al campo
"Ballarin" di San Benedetto del
Tronto. Due elicotteri
appartenenti al 15° stormo "Sar"
si sono levati in volo da
Ciampino e Rimini, alle ore 14
di ieri sono atterrati a San
Benedetto per prelevare i più
gravi. I due elicotteri del tipo
HH-F3 costruiti dalla Augusta,
forniti di motore Alfa Romeo (20
in tutto il territorio
nazionale) sono attrezzati per
interventi immediati in caso di
calamità, equipaggiati da due
piloti, un sommozzatore, un
medico, un infermiere, due
specialisti di volo e possono
trasportare un massimo di 10
feriti. I velivoli sono
dislocati in diversi aeroporti
italiani e pronti a partire per
ogni evenienza. I contatti, per
far intervenire gli elicotteri
sono stati presi dai Carabinieri
e dai dirigenti della U.s.l. di
San Benedetto. Alla richiesta,
un primo elicottero è partito da
Ciampino con al comando il
capitano Generoso, mentre il
secondo, al comando il cap.
Conte, che era in volo per
Trapani, per recarsi sulla zona
colta dal sisma, è stato
dirottato a San Benedetto. Per
questo secondo elicottero i
vigili del fuoco hanno dovuto
compiere una delicata
operazione, hanno dovuto
alleggerire il velivolo di 5
quintali di kerosene, per
renderlo più leggero, visto che
aveva un'autonomia superiore al
percorso da compiere. Per il
trasporto dei feriti,
dall'ospedale civile al
"Ballarin" dove erano atterrati
gli elicotteri, sono state
impiegate sette autoambulanze le
quali hanno trovato il percorso
libero, grazie alla attiva
collaborazione dei vigili
urbani, che si sono prodigati
per tutto il tragitto rendendovi
celere la marcia delle auto
della Croce Rossa. Intanto ci
sono le prime cifre ufficiali
della tragedia allo stadio: al
pronto soccorso hanno medicato
49 persone, ce ne sono poi altre
29 che sono state ricoverate (e
13 di queste, come abbiamo
visto, sono state trasportate in
altri centri più attrezzati).
9 giugno 1981
Fonte: Il Resto del Carlino
Parla l'arbitro di S. Benedetto,
dove lo stadio ha preso fuoco
Tubertini: Si è giocato perché
le due squadre erano d'accordo"
di Giulio C. Turrini
Paolo Tubertini, anni 36,
orefice di Bologna, era
l'arbitro di Sambenedettese -
Matera, l'ultima partita che
avrebbe dovuto consacrare la
promozione della squadra
marchigiana in serie B.
Tubertini è uno dei più
promettenti direttori di gara e
questo incarico gli era stato
affidato proprio per l'autorità
e il credito che è riuscito a
guadagnarsi. All'indomani del
tragico falò dello stadio
Ballarin, la prima domanda che
la gente si pone è semplicemente
questa: ma in quelle condizioni,
la partita si doveva ugualmente
giocare ?
Ascoltiamo comunque il racconto
dell'arbitro Tubertini, che
racconta le cose che egli ha
scritto nel suo rapporto di
gara.
"E' stato un disastro, una cosa
inconcepibile, pazzesca,
assurda. Eravamo entrati in
campo, con le due squadre in
leggero anticipo sulle
consuetudini, perché era in
programma il lancio di fiori al
pubblico, altre cose, insomma i
preliminari ai festeggiamenti.
Stavamo effettuando il sorteggio
del campo con i due capitani,
quando improvvisamente si è
levato un gigantesco falò dalla
curva Sud...".
A che cosa lo ha fatto risalire
?
"Cominciamo col dire che,
secondo me, erano stati venduti
molti biglietti, il pubblico era
stipatissimo, uno spettatore
sull'altro. E un po' tutti
avevano portato allo stadio
quintali di carta straccia per
farne strisce, coriandoli, altre
cose. C'era il caldo
elevatissimo, e il fuoco si è
acceso - dicono - allo scoppio
di un bengala. Secondo il mio
modesto parere, è più probabile
che sia stato il fiammifero
usato per accendere il razzo ad
appiccare il fuoco. Caldo, tutta
quella carta, l'incendio è
divampato in un momento. Ci
metta gli abiti di materia
sintetica che molti usano in
questa stagione; insomma è
diventato un enorme e tragico
falò".
Che cosa è successo, allora ?
"La mia prima impressione era
stata che ci fosse stato un
gesto terroristico, che so, una
bomba. Ecco subito un drammatico
tentativo di fuggire dal la
gradinata in fiamme. Siamo corsi
là sotto, e si sono viste cose
terribili. Un paio di donne, una
specialmente, erano trasformate
in torce umane. Alcuni cercavano
di salvarsi buttandosi in campo,
oltre il filo spinato. Io
chiedevo ai dirigenti della
Sambenedettese dove fosse la
chiave del cancelletto che
separa la gradinata dal campo,
ma questa chiave non saltava
fuori: non si sarebbero potuti
salvare tutti, ma qualcuno
sicuramente sì. L'acqua è
arrivata con un serio ritardo
perché il bocchettone presso la
curva non funzionava e si è
dovuto usare l'altro al centro
del campo. Credo che se il
bilancio, già gravissimo, non è
stato ancora più tragico, ciò
sia dovuto ad una certa
fortuna".
Non è mai stata presa in
considerazione l'ipotesi di non
effettuare la partita ?
"Ho fatto quello che mi impone
il regolamento ma, di più, la
mia personale sensibilità. I
capitani, i dirigenti delle due
squadre, tutti si son detti
risoluti a giocare la partita,
anche per evitare guai più seri,
tutt'altro che da escludere con
quella enorme tensione
accresciuta dal dramma. Quando
sono state spente le fiamme ed i
feriti sono stati portati via,
mi sono recato sotto quella
gradinata dietro la porta, mi
sono rivolto al pubblico rimasto
per sapere se erano rimasti
moralmente scossi. Hanno detto
che si doveva giocare. E forse è
vero che, se avessi mandato via
tutti, sarebbe stato peggio".
E la partita ?
"Uno 0-0 che bastava alla
Sambenedettese per questa
terribile promozione. Un primo
tempo nel quale mi è parso che
tutti i giocatori fossero ancora
shoccati; poi nell'intervallo
sono arrivate notizie (anche
arrangiate) secondo cui non
c'erano state conseguenze
particolarmente gravi e la
ripresa è stata un po' più
vivace. Certo, questa partita
non contava più nulla, dopo
l'immensa tragedia. Cose che
colpiscono, che turbano, che ci
fanno domandare perché il calcio
debba avere anche di questi
terribili risvolti".
10 giugno 1981
Fonte: Il Resto del Carlino
Rogo allo stadio condannato il
presidente della squadra
di Franco De Felice
Clamorosa sentenza per la morte
di due tifosi a S. Benedetto del
Tronto. Rogo allo stadio,
condannato il presidente della
squadra Omicidio colposo anche
per il commissario di polizia. E
il Comune dovrà risarcire i
danni.
ANCONA - Otto anni fa gli
striscioni dei tifosi presero
fuoco, nello stadio di San
Benedetto del Tronto. Due
ragazze morirono, 64 persone
rimasero ustionate. Ora i
giudici hanno condannato per
omicidio colposo non solo nove
tifosi, ma anche il presidente
della squadra di calcio, la
Sambenedettese, e il commissario
di polizia che quel giorno era
responsabile del servizio
d'ordine. E il Comune, come
proprietario dello stadio, dovrà
contribuire a risarcire i danni
per vittime e feriti. L'incendio
scoppiò il 7 giugno del 1981,
pochi minuti prima della
partita, sulle gradinate della
curva Sud del "Fratelli
Ballarin". Presero fuoco carta,
coriandoli, striscioni,
fumogeni, tamburi, tutti oggetti
che i tifosi avevano portato per
festeggiare il ritorno della
"Samb" in serie B. Forse fu un
mozzicone di sigaretta, forse un
fiammifero. Rimasero ustionate
64 persone, una decina molto
gravemente. Due ragazze, Carla
Bisirri e Maria Teresa
Napoleoni, morirono. Ora, la
sentenza. Dura, senza
precedenti. Quell'incidente,
secondo i giudici del tribunale
di Ascoli Piceno (presidente
Giuseppe Fioridia) era
prevedibile e, quindi,
evitabile. Conseguenza: 14 dei
16 imputati condannati per
incendio ed omicidio colposo. Le
parti civili dovranno essere
risarcite con una provvisionale
dì 645 milioni: 30 a testa alle
famiglie delle due ragazze,
dagli 8 ai 20 milioni per gli
ustionati più gravi.
Sorprendente l'elenco dei
condannati: oltre a nove tifosi,
il presidente della
Sambenedettese Calcio, Ferrucio
Zoboletti, tre addetti della
società, e l'allora commissario
di P.S. Angelo Punzi. Le
condanne più pesanti (1 anno e 2
mesi di reclusione, con la
condizionale) al presidente
della Sambenedettese e all'ex
commissario. Un anno e 15 giorni
agli altri. Ma la sentenza è
senza precedenti per un altro
motivo: a risarcire i danni è
stato chiamato anche il Comune
di San Benedetto del Tronto.
Secondo i giudici ascolani, una
manifestazione sportiva è di per
sé un "episodio denso di
pericolo e di minacce, per cui
anche il proprietario dello
stadio, oltre alla società, è
obbligato ad assumere tutte le
iniziative di garanzia e
sicurezza". Pare sia una novità
assoluta anche la condanna del
responsabile delle forze
dell'ordine. E ora le decisioni
dei giudici ascolani fanno
discutere. Soddisfatte le parti
civili: Questa sentenza - dice
l'avvocato Claudio Netti - ci fa
ben sperare per il futuro: il
tribunale di Ascoli ha
dimostrato che non esistono
spazi franchi per il calcio.
Giusto anche il coinvolgimento
del Comune tra i responsabili: è
un monito per una maggiore
attenzione al problema della
sicurezza degli spettatori negli
stadi. Di parere contrario
l'avvocato Giangiacomo Lattanzi,
nominato dal Comune di San
Benedetto del Tronto: "Una
sentenza che non capisco, sul
piano tecnico e su quello
giuridico". Tutti i condannati
si appelleranno. "Siamo sicuri -
dice il sindaco di San Benedetto
del Tronto, Piero Ripani - che
la sentenza verrà rivista.
Almeno per quanto ci riguarda.
La decisione del tribunale di
Ascoli rappresenta un precedente
clamoroso e pericoloso. Il
Comune, all'epoca, era sì
proprietario dell'impianto, ma
la gestione completa era della
Sambenedettese. Mi sembra che
solo l'addetto alla manutenzione
del manto erboso fosse un
dipendente comunale. Avrei
compreso una nostra condanna
solo se fosse venuta giù una
tribuna, se avessero preso fuoco
le gradinate. Ma niente di tutto
questo, per fortuna, è accaduto:
l'impianto era ed è molto solido
ed affidabile. Né mi pare che la
carta possa essere considerata
una sorta di arma impropria: che
facciamo, d'ora in poi ? Le
forze dell'ordine e gli addetti
agli ingressi di uno stadio
dovranno sequestrare, oltre a
coltelli e oggetti contundenti
vari, anche i giornali ?".
10 marzo 1989
Fonte: La Stampa
© Fotografia: Rivieraoggi.it
(Pino Perotti)
In Lega si parla di forzatura
Il parere del presidente Nizzola
sulla sentenza - Chiusano:
"Condanna per la responsabilità
oggettiva ? Sarebbe assurdo".
I presidenti del calcio non
rischiano più soltanto la
retrocessione delle loro
squadre, ma a quanto pare anche
la prigione. Un nuovo quesito li
riguarda: sono responsabili di
tutto quanto avviene all'interno
dello stadio ? In merito alla
sentenza di Ascoli ecco due
pareri qualificati. L'avvocato
Vittorio Chiusano, presidente
del Comitato organizzatore dei
Mondiali di calcio, sede di
Torino, nonché vicepresidente
della Juventus, pone l'accento
sulla responsabilità oggettiva:
"Questo principio, riconosciuto
e applicato dalla giustizia
sportiva, in penale non vale, è
anticostituzionale. Sarebbe
dunque pericolosissimo se la
condanna per il presidente della
società di calcio fosse venuta
soltanto per la carica che
ricopre. Debbo ritenere che così
non sia successo; i giudici
potrebbero aver individuato
fatti che possono aver favorito
lo svolgersi degli incidenti,
come l'incuria, tipo lo stadio
vecchio e pericoloso, faccio per
dire". Anche l'avvocato Luciano
Nizzola, presidente della Lega
calcio professionisti che ha
sede a Milano e organizza i
campionati di serie A e B, resta
prudente, non conoscendo le
motivazioni della sentenza. Ma è
rimasto piuttosto sorpreso dal
giudizio di Ascoli. E così
commenta: "Evidentemente si è
ritenuto che il presidente della
Sambenedettese avesse certi
doveri e ci siano state nel caso
alcune omissioni da parte sua.
Faccio un esempio: è un po' come
quando crolla un ponte
dell'autostrada e viene
incriminato anche il presidente
della società costruttrice. Si
poteva però presumere che il
responsabile di una squadra di
calcio non venisse condannato
per incidenti sviluppatisi
all'interno dello stadio; mi
sembra forzato dal punto di
vista giuridico-penalistico.
Spero che nei gradi successivi
della giustizia questa sentenza
sia oggetto di revisione, perché
d'ora in poi i presidenti in
campo penale si sentiranno meno
tranquilli". In effetti attorno
a questi personaggi che guidano
il calcio la morsa si stringe
ogni volta di più. I calciatori
e gli allenatori chiedono cifre
sempre più pazzesche; i tifosi
pretendono squadre competitive e
alla minima flessione contestano
(non sempre soltanto a parole):
se ora ci si mettono di mezzo
anche i giudici, caricando di un
altro peso i dirigenti e facendo
balenare le condanne per
eventuali disgrazie accadute
sugli spalti, sospettiamo che il
mestiere di presidente subirà
presto una crisi di vocazioni.
g. ro.
10 marzo 1989
Fonte: La Stampa
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