ll Sudamerica piange la
Superga brasiliana
di Cosimo Cito
Il radar di Rionegro ha
perso l'aereo alle 21.30, nel
nero della notte colombiana. Tra
le 77 persone a bordo, c'era una
squadra di calcio brasiliana, la
Chapecoense. Di essa non restano
che tre giocatori sopravvissuti.
Il radar di Rionegro ha perso
l'aereo alle 21.30. Il puntino è
improvvisamente scomparso,
inghiottito dal nero della notte
colombiana. Tra le 77 persone,
dentro quell'acciaio forse vuoto
di carburante, attanagliato da
problemi elettrici e bersagliato
dal maltempo, c'era una squadra
di calcio brasiliana, la
Chapecoense. Di essa non restano
che tre giocatori sopravvissuti
e diciannove corpi fulminati da
un destino che, come scrisse
Victor Hugo, quando apre una
porta ne sbarra sempre un'altra.
Quell'uscio, quella lama di
luce, l'aveva dischiusi il
portiere Danilo che, dovunque
sia ora, non potrà più rimediare
alla sua prodezza, all'ultimo
minuto contro il San Lorenzo, la
squadra del Papa. Una parata con
la punta del piede buona a
tenere il risultato sullo 0-0 e
a dare alla Chapecoense la
finale di Copa Sudamericana.
Quella parata, festeggiata da
uno stadio e da una città,
Chapecó, 200mila abitanti nel
remoto stato di Santa Catarina,
è stata la condanna, ed era
stata la gioia più grande, di
una squadra intera. "Se morissi
oggi, sarei felice", furono le
parole dell'allenatore Caio
Junior. Era sei giorni fa. Forse
vincerà a tavolino la Copa, come
vogliono anche gli avversari del
Nacional Medellin, ma non potrà
mai festeggiarla. La notte e il
Cerro Gordo l'hanno incastrato
sul suolo melmoso, aggrovigliato
alle lamiere del quadrimotore
Avro RJ 85, un aereo britannico
della compagnia boliviana LaMia
partito da Viru Viru e
destinato, anzi no, ad atterrare
a Rionegro, a 40 km da Medellin.
Trasportava i 22 della
Chapecoense, più una ventina di
giornalisti, lo staff e
l'equipaggio. La conta dei i
morti si ferma a 71. Il Verdão
di Santa Catarina stava per
completare un viaggio
avventuroso, previsto
inizialmente su un altro mezzo e
senza scali, partito da San
Paolo dopo l'ultima partita
giocata, contro il Palmeiras, la
sera della vittoria nel
Brasileirão della squadra
paulista. Su quell'aereo i
ragazzi di Caio Junior hanno
scattato selfie, fatto gesti di
vittoria, girato piccoli video.
Tre, Alan Ruschel, Jakson
Follmann e Hélio Hermito Zampier
Neto, oltre a due persone
dell'equipaggio e a un
giornalista, i soli
sopravvissuti. Danilo, il
portiere, è morto in ospedale.
Chi era rimasto in patria ha
ricevuto la notizia al termine
di un allenamento, allo stadio.
Tra le vittime l'ex Salernitano
Filipe Machado. A piangere i
suoi compagni anche l'ex Verona
Claudio Winck, che ora dice
"eravamo tutti amici, erano
felicissimi alla partenza". In
nove, lui compreso, erano
rimasti a Chapecó perché
l'allenatore, come si dice,
aveva fatto le sue scelte. A
terra era rimasto anche il
figlio del tecnico, aveva
dimenticato il passaporto. Era
una squadra nata dal nulla, la
Chapecoense. Fino al 2009 il
club aveva militato in quarta
serie, poi la rapida scalata.
Bruno Rangel, morto anche lui,
aveva raccontato pochi giorni fa
le difficoltà della salita, "non
avevamo nemmeno il pullman
sociale, fino a tre anni fa,
andavamo con gli autobus
cittadini agli allenamenti". Lo
stadio, l'Arena Conda, 22 mila
posti, era troppo piccolo e
inadeguato alle partite
internazionali. La finale di
ritorno della Copa, la
Chapecoense avrebbe dovuto
giocarla a Curitiba. All'ultimo
atto i ragazzi di Caio Junior
erano arrivati in modo
fortunoso, battendo ai rigori
l'Independiente, ribaltando lo
Junior Barranquilla, superando
con due pareggi il San Lorenzo,
grazie alla parata di piede di
Danilo al 90'. Non c'erano star,
la tragedia ha inghiottito
uomini che forse avrebbero avuto
un futuro o forse no. Quattro
club hanno chiesto alla
Federazione di poter aiutare la
Chape con prestiti gratuiti e di
concedere al club il blocco
della retrocessione per tre
anni. Anche l'Argentina di Messi
aveva volato sull'aereo della
LaMia. Il ct Bauza, insieme al
suo staff e a 7 giocatori, aveva
raggiunto Belo Horizonte il 6
novembre scorso in vista del
match di quattro giorni dopo
contro il Brasile. Maradona ha
scritto ieri su Facebook "da
adesso sono tifoso della
Chapecoense", e così ha fatto
Pelé, "riposate in pace miei
fratelli". Il Torino parla di
"destino che ci lega
indissolubilmente" e ieri,
contro il Pisa, ha messo il
lutto al braccio. Non si
giocherà a calcio in Sudamerica
hasta nuevo aviso.
30 novembre 2016
Fonte: La Repubblica
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