www.saladellamemoriaheysel.it
Sala della Memoria Heysel
Museo Virtuale
Multimediale |
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Tragedie Sorelle
La Mostra
"70 Angeli in un Unico Cielo" |
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LA MOSTRA |
Settanta Angeli in un
unico Cielo
Heysel e Superga Tragedie
Sorelle" |
GRUGLIASCO
MELFI 2014
GIVOLETTO
REGGIO EMILIA
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RIVAROLO
MACERATA
MEDA
BOLOGNA
MELFI 2021 |
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Tragedie Sorelle
Comunicato ufficiale del
Museo Virtuale Multimediale www.saladellamemoriaheysel.it e
del Museo del Grande Torino e della leggenda granata in
merito allo scambio dei loghi sui propri siti istituzionali.
Il valore della memoria è un
patrimonio individuale e sociale che si moltiplica soltanto
nella condivisione familiare e collettiva. Quando la storia,
scevra dai giudizi, dai preconcetti e dalle mistificazioni
di parte, si tramanda in modo semplice e diretto, il popolo
riceve generosamente un bagaglio leggero e prezioso per
viaggiare non soltanto nel proprio tempo. Un museo è un
percorso suggestivo, fisico e psicologico, che incarna un
racconto arricchito materialmente dai reperti, ma unto dal
crisma del mito. Anche certe tragedie in un museo possono
essere narrate con devozione e leggerezza se il fine ultimo
è quello di coinvolgere emotivamente i visitatori, non
puntando a stupirli con effetti speciali od a turbarli con
la crudezza dei particolari, ma trasmettendo
semplicemente
le verità di una storia. Sarà alla sensibilità della persona
di trarne gli insegnamenti. Tutte le sciagure, se pur con modalità e responsabilità differenti, sono naturalmente imparentate fra loro, essendo figlie della medesima madre,
la morte. E proprio in nome di questa comune familiarità nel
dolore esigono il dovuto silente rispetto e gli onori della
memoria. Quando l’imbarbarimento del genere umano profana
volontariamente
questa comunione spirituale, con l’offesa di
atti riprovevoli e disdicevoli in ogni latitudine, consuma
ignobilmente un crudele reato in particolare nei confronti
dei familiari delle vittime. In virtù di queste ragioni le
stragi di Superga e dell’Heysel sono virtualmente luoghi
sacri ed inviolabili della memoria di tutti, sorella e
fratello. Non esistono bandiere, né fedi sportive
antitetiche, sperequazioni ideologiche che possano
contraddire questa nobile verità. Abbiamo pensato insieme ad
un gesto semplice e forte per ribadirlo alla comunità
sportiva e non, "agli uomini di buona volontà" ed a quelli
che continueranno, nonostante, a stuprare la pietà e la
dignità umana... Il Museo del Grande Torino e della Leggenda
Granata ed il Museo Virtuale Multimediale www.saladellamemoriaheysel.it scambieranno fraternamente il
proprio logo sulle rispettive home page dei propri siti
istituzionali. Il nostro comune intento, volontariamente e
lucidamente equidistanti dalla retorica e dall’ipocrisia,
vuole essere unicamente un "gemellaggio" fra terra e cielo
della memoria dei nostri caduti, ma non intenderà mai
assolutamente sostituirsi ed interferire nelle dinamiche
antagonistiche delle tifoserie e nella sana competitività e
rivalità storica dei propri clubs.
Fonte: Domenico Laudadio (Custode Saladellamemoriaheysel.it)
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Domenico Beccaria
(Presidente Associazione Memoria Storica Granata)
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Giampaolo Muliari
(Direttore Museo del Grande Torino e della leggenda granata)
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14 febbraio 2013
Icone:
It.cleanpng.com
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Fotografie: Museo del Grande Torino © Tuttosport.com
© GETTY
IMAGES
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(Not for Commercial Use)
Audio: Pierluigi Pardo ©
Tiki Taka © Mediaset
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Angeli e demoni
di Domenico Laudadio
L’ispirazione
dall’insegnamento di Giampiero Boniperti, simbolo della
storia bianconera, per un giorno in maglia granata al
Comunale di Torino.
26 maggio 1949, il Torino ormai non
c’è più, abbattuto come un angelo in volo dal fato crudele
sulla collina di Superga. Un aereo e cuori di milioni
d’italiani in rottami. La meglio gioventù del dopoguerra in
cenere. Il River Plate del grande Di Stefano vuole renderne
omaggio alla memoria disputando una partita amichevole al
Comunale davanti a 70.000 persone contro una selezione dei
migliori giocatori della serie A che prenderà il nome di
"Torino Simbolo". Fra loro convocati il portiere bianconero
Sentimenti IV e l’icona più fulgida della Juventus di ogni
tempo, Giampiero Boniperti. Per un giorno il paladino della
Signora indossa la maglia granata e la onora come tutti gli
altri compagni. La sua grinta ed il suo orgoglio ben si
sposano alla leggenda di quel patrimonio immenso di talento
umano e sportivo. Quanti tifosi della Juventus lo sapranno ?
Penso, sicuramente in pochi. Mettersi per due ore, un
giorno, i panni del proprio avversario… Proprio quello più
avversario che c’è… Non per un carnevale dove ci si burla
finanche dei santi. Non come un gioco di bambini mai
cresciuti. Una lezione dalla vita, un colpo di spugna agli
arroccamenti scacchistici del pregiudizio mentale di fondo
di sentirsi sempre nel giusto fuori e dentro il campo e la
ragione. Allora, provate ad immaginarvi nella nebbia di quel
pomeriggio maledetto da Dio mentre accorrete sul colle della
Basilica di Superga a cercare sul posto disperatamente se ci
fosse ancora un rantolo e scoprirne soltanto l’orrore, non
avendo neanche tempo di piangerlo per doverlo pietosamente
ricomporre... Allora, immaginatevi a scoprire bandiera per
bandiera, sciarpa per sciarpa, quei volti dei cadaveri
ammucchiati fuori allo stadio Heysel, cercando tuo padre, un
figlio, un fratello, un amico, scoprendo affannosamente
decine di occhi sbarrati e facce livide, gonfie, tumefatte,
non avendo neanche il tempo di una preghiera e sperando che
il prossimo non sia proprio lui… "La tragedia è
dimenticare", un motto impresso nel museo del Grande Torino,
ma c’è molto di peggio: dileggiare quei poveri caduti in tre
pezze con il sarcasmo degli impunibili quanto sfoggiare
strafottentemente quella bandiera dell’Union Jack attizzando
filastrocche immonde di morte ogni domenica da trent’anni.
Leggi italiane proteggono da qualche tempo farisaicamente
negli stadi l’edulcorato cartolinismo di Napoli con vista
dall’ultimo albero di Posillipo, ignorando lo stesso rigore
per la memoria sacra di tutti i morti del pallone dove non è
sfottuta semi-folkloristicamente un’etnia, ma vengono
profanati nomi e cognomi e i loro familiari lacerati da una
ferita mai definitivamente rimarginata. Davanti alla morte
nessuna curva si senta la vergine sacrificale e nessun
gruppo ultras si permetta di fare il verso alla dignità
umana che è al di sopra di tutto e di tutti. Persino il
furioso guerriero Achille pianse di commozione davanti al Re
Priamo, il nemico assediato che era venuto in segreto e
senza scorta a richiedere le spoglie mortali di suo figlio
Ettore, ucciso in duello. Nessun tifosucolo da bar o in
poltrona che sta formando subdolamente suo figlio all’odio
si senta migliore di loro. E quei giornalisti tifosi che
sviano le pratiche e le tracce della coerenza nella ricerca
della verità, imputridendo i pozzi della cultura sportiva
come untori scellerati, si vergognino profondamente di se
stessi, sono feccia anche loro. Perché non è mai questione
di categorie, ma di uomini.
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Chi pensate siano in realtà gli
ultras, se non uomini ? Tutti gli uomini sbagliano, da
quelli in cravatta o col saio a quelli con il fumogeno e il
passamontagna, ma allo stesso tempo davanti al vilipendio di
defunti innocenti non farò mai sconti a nessuno, né a quelli
con la mia sciarpa, né a quelli che odiano la mia sciarpa,
neanche a quelli che fingono di non averne una, ma
pontificano sulla carta stampata un verbo ipocrita e
bugiardo… La vergogna faccia capolino dentro la coscienza di
tutti. E’ l’unico tribunale che non ammette la condizionale.
E’ l’unica espiazione che trasfigura gli esseri umani. Non è
soltanto un problema di Ultras e non è "tutta colpa del
pallone" che è l’unico preso a calci in culo da tutti, non è
assolutamente un problema di "palazzo, arbitri, poteri
forti". E’ un problema soltanto di etica. E’ un problema di
società, di persone. Negli stadi vola il piscio imbustato da
un settore all’altro, ho visto bambini smarrirsi impauriti
nelle ugole infocate di genitori vergognosi fuori dalla
grazia di Dio a inveire contro arbitri e guardalinee e
picchiarsi in tribuna durante tornei giovanili… L’etica nello sport nasce da un
dogma salvifico: l’accettazione della diversità. Non tutti
amano la squadra che amo io, non tutti capiscono quanto la
amo io e nonostante mi sforzi non sempre capirò quanto la
amino loro, ma devo ad essi a prescindere il medesimo
rispetto che esigo io dagli altri. Rispetto. E’ in
estinzione come gli elefanti il rispetto, braccato dagli
orchi famelici mediatici dell’informazione, da energumeni di
ogni ceto sociale che battono il vessillo dell’ignoranza
mentre solcano sozzi e pirateschi il mare magnum del
quotidiano. Una maglia potrà esserti amica o nemica,
sembrarti brutta o bella, soggettivamente, ma una maglia è
degna di rispetto sempre, obiettivamente. Il tifoso resti la
parte più pulita del sistema proprio perché è un innamorato
perso e chi ama, si dice essere il più fragile, non quello
più stronzo. Sono parole da sognatore, lo so quello che
starete tutti pensando, ma se il simbolo per antonomasia
della "juventinità" ha indossato per una volta la maglia
gloriosa della sua avversaria di sempre e per sempre, perché
non provare anche noi a metterci ogni tanto nei panni degli
altri, demolendo le impalcature vanagloriose della nostra
presunzione che occultano l’arte monumentale della grande
bellezza del calcio ? C’è sempre qualcosa di unico e di
grande anche nella storia degli avversari perché la storia
del calcio è soltanto una ! E se per anni qualcuno ci ha
rovesciato l’immondizia sotto casa, non è giusto smettere di
credere alla raccolta differenziata e al riciclo dei
rifiuti, perché altrimenti si aggiungerà merda alla merda e
resteremo sempre più sporchi tutti. E poi sarà del tutto
inutile additarci e schernirci come Pinocchio e Lucignolo
trasformati in asini. La nostra voce a qualunque titolo e
riguardo striderebbe come un raglio idiota e disperato.
Abbiamo osato mostrare che Superga e l’Heysel sono sorelle,
non cugine alla lontana. La fratellanza è l’unico grado di
parentela dell’umanità. I colori della pelle o delle
bandiere non contano più nulla davanti alle tragedie.
Giampiero Boniperti ha detto qualche anno fa: "Era appena
successo un fatto eclatante, fuori da ogni logica. Il 4
maggio 1949 cercai di salire a Superga, ma fu impossibile.
Mi sembrò giusto partecipare in qualche modo alla
commemorazione di una squadra-mito. Indossai il granata,
proprio io che non ho mai vestito nessuna casacca che non
fosse quella della Juventus". E aggiungo che per lui il
derby resterà sempre la partita che non vuole mai perdere. E
così come per tutti noi, Bianconeri e Granata, mai… E’
bello, è giusto così. Agone e Onore, Rispetto e Memoria.
Signore e signori, e mi riferisco proprio a tutti: Il calcio
è questa roba qui. Se non vi riconoscete più in questi
valori, cercatevi una latrina altrove.
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it © 28 febbraio 2014
Fotografie: Museo
del Grande Torino
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Video:
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