Genova, 29
Gennaio 1995
Il 29 Gennaio
2012 è stato il diciassettesimo anniversario
della scomparsa di Spagna. La morte di Vincenzo
è stato un passaggio fondamentale per il
movimento Ultras italiano; molte tifoserie,
compreso la nostra, si dissociarono da questo
comportamento con striscioni e comunicati dal
titolo "Basta Lame Basta Infami". Noi vogliamo
ricordare Spagna con un articolo tratto dal sito
lapadovabene.it: "ultras è vita non lo dobbiamo
dimenticare !".
Sono
passati esattamente 17 anni. Era una
fredda domenica di fine gennaio, ed a
Genova arrivava il Milan, campione
d’Italia ma soprattutto rivale storico
dei rossoblù. Certo, i milanesi non sono
mai stati amati in Liguria, soprattutto
perché visti come "invasori" durante le
vacanze estive, ma in questo caso
l’estate non centrava veramente un
cazzo: un tempo le due tifoserie erano
gemellate, fino al 1982 quando il Milan
vinse a Marassi un delicatissimo scontro
salvezza ed i genoani assaltarono i
milanisti. Da quel momento il vecchio
gemellaggio divenne una delle più grosse
rivalità della storia ultras italiana: i
milanisti andavano a fare la guerra a
Genova, e lo stesso facevano i Grifoni a
Milano. Qualche genoano si era ritrovato
tagliato nel corso degli anni, ma non
credo che i rossoblù rimanessero a
guardare… In quel periodo inoltre uno
dei gruppi storici della curva rossonera
stava attraversando una fase assai
delicata: le Brigate Rossonere si erano
infatti divise, ed al gruppo storico
formato prevalentemente da ragazzi
legati ad un’area politica di sinistra
ed ai centri sociali milanesi se n’era
affiancato un altro formato dai più
giovani, con l’appoggio di qualche
elemento storico e di gruppi satellite
come il Gruppo Brasato (che all’epoca
erano un po’ l’ala radicale e sbandata
della Curva Sud di Milano),
ideologicamente vicini alla destra,
anche se dubito che la politica fosse
realmente un elemento vincolante per
loro. Questa nuova "cellula" prese il
nome di Brigate Rossonere 2, e non aveva
uno striscione proprio: semplicemente in
Curva Sud, il gruppo storico si
posizionava sulla sinistra guardando la
curva, dietro la metà di striscione con
scritto "Brigate"; mentre le BRN 2 si
mettevano dalla parte opposta, dietro la
metà con scritto "Rossonere". Il Gruppo
Brasato invece continuava ad esporre il
proprio striscione sopra quello del
gruppo, nessun problema. Una spaccatura
silenziosa ma "strisciante", di cui
tutti sapevano e nessuno parlava,
giustamente. In fin dei conti erano
cazzi loro. Scopo delle BRN 2
chiaramente era quello di prendere pian
piano il comando dell’intero gruppo. Uno
dei leader di questa formazione era
(Omissis), che
nei giornali veniva spesso indicato come "Il
Chirurgo" anche se questo soprannome
personalmente mi sapeva molto di fantasia
giornalistica: in realtà era un commercialista
trentunenne, che nell’estate del 1994 insieme ad
altri tre (tutti inquisiti nella morte di
Spagnolo) aveva guidato la scissione che portò
alla nascita delle BRN 2. In curva aveva un nome
fin dal 1983, quando a Perugia aveva
accoltellato un tifoso locale durante gli
scontri. Nel 1986 poi era stato coinvolto in una
sparatoria per questioni di viabilità. Ma era
pur sempre figlio di buona famiglia, e se l’era
saputa cavare… Simone Barbaglia era un mio
coetaneo, all’epoca poco più che diciottenne.
Come molti miei coetanei, aveva abbandonato
presto la scuola e faceva il giardiniere.
Juventino fin da piccolo, si era poi avvicinato
alla curva rossonera negli anni dell’adolescenza
finendo per aggregarsi alle BRN 2 per questioni
di amicizia e di frequentazioni, come spesso
accade. Nei giorni immediatamente successivi al
suo arresto, si parlava di lui come appartenente
ad un "fantomatico" Gruppo Barbour. Nel corso
degli anni ho appurato che una formazione del
genere esisteva realmente in Curva Sud a Milano:
più che un gruppo era una banda, senza
striscione o materiale di riferimento, senza
colori, si distinguevano dagli altri solo per il
fatto di indossare una giacca allora molto di
moda, il Barbour appunto. Di sicuro si
distinguevano dalla massa dei curvaioli italiani
che all’epoca indossavano il bomber come una
vera e propria divisa. Una sorta di primordiali
"casuals". Non ho tuttavia appurato se Barbaglia
facesse realmente parte di questa banda, so che
al momento del suo arresto indossava appunto un
Barbour, e che negli anni successivi qualcuno
che conosceva i fatti meglio di me mi spiegò
come quelli del Gruppo Barbour fossero in realtà
estranei alla spedizione di Genova organizzata
dalle BRN 2. Non avendo sufficienti elementi in
mano, preferisco non dare nulla per scontato…
Descritto da molti come un ragazzo aggressivo ed
insicuro, Barbaglia probabilmente cercava
l’accettazione all’interno del gruppo. Ma al di
là di tutto conduceva una vita tranquilla come
molti ragazzi della sua età: lavoro durante la
settimana, stadio la domenica, e la riunione del
gruppo che si svolgeva in una sera
infrasettimanale presso la Pizzeria "Sorriso" in
zona Bovisa. Durante queste riunioni si sarà
sicuramente parlato della trasferta di Genova, e
di come fosse un banco di prova importante per
un gruppo che voleva emergere come le BRN 2.
Un’eventuale bella figura avrebbe fatto
guadagnare punti e considerazione al gruppo
all’interno della stessa Curva Sud, una figura
di merda al contrario li avrebbe marchiati per
sempre. Funziona così. Per questo bisognava
pianificare per bene l’azione, anche perché
Genova non è mai stata una passeggiata per
nessuno, figurarsi per una tifoseria odiata come
i milanisti ! Inoltre pare che Barbaglia avesse
una sorta di venerazione nei confronti di
(Omissis), tanto che nei giorni precedenti la
trasferta di Genova si era procurato tramite un
amico di stadio minorenne un coltello a
farfalla, proprio per non essere da meno
rispetto al suo capo. "Mi serve per tagliare un
genoano !" aveva detto all’amico, ma forse non
ci credeva nemmeno lui…
Quella mattina,
una trentina di ragazzi appartenenti
alle BRN 2 si ritrovò alla stazione di
Milano Centrale con l’obiettivo di
prendere il treno intercity delle 11:15.
Il resto della tifoseria rossonera era
partito con un treno speciale alle 10
del mattino. L’obiettivo era viaggiare
in incognito su un treno di linea, senza
sciarpe né altri vessilli che potessero
identificarli come milanisti, aggirare
la scorta di polizia e presentarsi viso
a viso con i genoani. Non erano i primi
i milanisti a fare il "numero" del treno
di linea: gruppi come i veronesi,
Opposta Fazione della Roma o i Mods
Bologna lo facevano per abitudine per
dire; perfino noi padovani (che non
eravamo male, ma eravamo pur sempre una
tifoseria di secondo piano rispetto ad
altre) ci muovevamo in questo modo in
molte trasferte… Probabilmente le BRN 2
erano il primo gruppo milanista a
presentarsi in un certo modo a Genova.
Erano pochini forse, ma tutti avevano il
loro bel coltello pronto all’uso. Del
resto, a quei tempi era una pratica
abbastanza diffusa nelle curve. E poi,
quale adolescente non gira per Milano
col coltello in tasca ? All’epoca quasi
tutti l’avevano, credo che adesso siano
forse pure peggiorate le cose… Del resto
se vuoi andare a Genova in trenta a far
casino è difficile che tu ci vada
proprio a mani nude ! Vincenzo Spagnolo
aveva ormai 25 anni, che in quel periodo
significava essere ormai adulti. Aveva
fatto parte della Fossa dei Grifoni, che
ormai da un paio d’anni si era sciolta,
ma continuava a frequentare la curva
rossoblù. Era uno skinhead di sinistra,
e pur frequentando il Centro Sociale
Zapata di Genova non faceva attivamente
politica. Preferiva occuparsi di
volontariato, ed aveva una ragazza a
Milano per studio, città nella quale
aveva iniziato a frequentare il Centro
Sociale Leonkavallo. Anche lui, un
ragazzo come tanti. Ma uno che nella sua
curva e non solo era parecchio
conosciuto. Quel 29 gennaio 1995 era
andato al ritrovo davanti la Nord. Erano
in arrivo i milanisti, non era una
partita qualsiasi. Non aveva l’abitudine
di portare coltelli Vincenzo, o
"Claudio" come veniva chiamato dagli
amici.
Si affidava tutto alla sua prestanza
fisica, ai suoi pugni ed alla sua
cinghia. Come molti ragazzi ultras. Di
sicuro non poteva immaginare che la sua
passione per il Grifone e per il mondo
ultras gli sarebbe costata la vita. A
mezzogiorno il treno speciale che
trasportava i 900 tifosi del Milan era
sbarcato a Genova-Brignole, ed i tifosi
erano stati presi in consegna dalla
polizia ed accompagnati verso Marassi.
Un’ora più tardi erano arrivati i membri
delle Brigate 2 ed avevano preso anche
loro la strada di Marassi senza la
scorta della polizia. Non avevano in
realtà fatto molto per non farsi notare,
anzi pare che durante il tragitto fino
allo stadio avessero avuto più di
qualche diverbio. Di sicuro ferirono un
diciassettenne tifoso milanista di
Tortona, scambiato per genoano, che si
ritrovò il cranio ed il naso rotti. Poi,
giunti a poche centinaia di metri dalla
Nord, si riunirono per studiare la
situazione. I genoani erano una marea, e
pensare di aggredirli di fronte
l’ingresso della loro curva era un
suicidio vero e proprio. Così
richiamarono la loro attenzione in una
stradina laterale. Ci fu un primo
scambio di colpi da cui i milanisti
indietreggiarono, molti fuggirono in
direzione degli ingressi dello stadio;
poi una seconda carica in cui Spagnolo e
Barbaglia si trovarono di fronte l’uno
all’altro. Il milanista estrasse il
coltello per intimorirlo, il genoano
decise di fottersene e gli si fece sotto
ritrovandoselo piantato sul petto. Dopo
di che fu il fuggi fuggi generale.
Vincenzo viene soccorso da Pippo
Spagnolo, omonimo ma non parente, capo
storico del Centro di Coordinamento del
Genoa. Morirà durante il trasporto in
ospedale. Nel frattempo le partite di
serie A iniziano normalmente, anche a
Genova. Quel giorno il Padova gioca in
casa con la Sampdoria. Sono anni in cui
non sono in molti ad avere il cellulare,
figuratevi gli smartphone. Le uniche
fonti di notizie sono le radioline, da
cui cominciano ad arrivare le prime
confuse notizie di gravi incidenti a
Genoa-Milan e di due morti, forse tre. A
Marassi intanto la tensione comincia a
montare: nel momento in cui si diffonde
la notizia della morte di "Spagna", a
fine primo tempo, i genoani cominciano a
tirare di tutto in campo ed a chiedere
la sospensione del match. Migliaia di
persone si riversano in strada e
cercando di assaltare il settore ospiti
per farsi giustizia sommaria. Al
servizio d’ordine diranno: "Non
l’abbiamo con voi. Lasciateci solo
entrare dieci minuti, che sistemiamo la
questione e ce ne andiamo !".
Chiaramente la proposta è rifiutata, e
comincia un lungo pomeriggio di
guerriglia, con i milanisti assediati
fino a notte fonda. In quegli anni si
cantava spesso alle tifoserie avversarie
in trasferta "A mezzanotte ! Uscite a
mezzanotte !", mai come quel giorno fu
vero per i milanisti. In quel momento io
ero allo stadio a vedermi il Padova che
prendeva una sonora scoppola dalla
Sampdoria (1-4), in un clima alquanto
strano. Già col passaggio dall’Appiani
all’Euganeo e con lo scioglimento degli
HAG in seguito alle numerose diffide
rimediate dopo Padova-Vicenza dell’anno
prima, la curva biancoscudata non era al
top della forma (anzi, direi che in
certe giornate era proprio triste,
nonostante fossimo in serie A); quel
giorno nessuno aveva voglia di cantare:
si cercava di capire cosa era successo e
cosa stava succedendo a Genova. Ad un
certo punto i doriani iniziarono a
rimuovere i propri striscioni e ad
ammainare le bandiere. Non rimase più
nulla appeso alla vetrata del settore
ospiti, se non lo striscione da
trasferta degli Ultras Tito, girato sul
retro dove era stata composta col nastro
adesivo la scritta "Tre morti bastano
?". Il riferimento era appunto alle
vittime delle abitudini milaniste: Marco
Fonghessi nel 1984 (tifoso del Milan,
che pagò il fatto di avere la macchina
targata CR prima di un Milan-Cremonese e
si beccò una coltellata fatale…),
Antonio De Falchi nel 1989 (romanista,
aggredito vicino ai cancelli di San Siro
e morto per infarto) ed appunto Vincenzo
Spagnolo quel pomeriggio… Subito anche
da noi nacque una discussione sul
comportamento da adottare, ed un ragazzo
disse al megafono: "Siccome i milanisti
di merda hanno ammazzato un ragazzo,
adesso per solidarietà stacchiamo tutti
le bandiere !". Così facemmo, rimanendo
in silenzio per tutto il secondo tempo.
Giusto qualche coro contro i rossoneri a
spezzare un’atmosfera anomala, ovattata,
come se la partita non ci riguardasse
più. A Marassi intanto i giornalisti
riferivano di essere "sotto assedio",
quando invece erano nella sala stampa
davanti al loro bel buffet e con tre
lati su quattro dello stadio sgombri,
nel caso avessero voluto abbandonare
l’area… Erano gli stessi che parlavano
di "due, forse tre morti" qualche ora
prima… Diciamo la verità, cercavano solo
lo scoop, del ragazzo morto non gliene
fregava un cazzo. Anzi, meglio così !
Avevano qualcosa da scrivere… La
situazione tuttavia non era per niente
tranquilla: credo che nel piazzale di
Marassi ci saranno state almeno cinque o
seimila persone ad aspettare i
milanisti. Ivi compresa gente che non
centrava un cazzo: sampdoriani, amici di
Spagnolo, gente che aveva in culo i
milanesi o che aspettava l’occasione
buona per menare qualcuno…
Un ragazzo che
si trovava nel settore ospiti quel
giorno, mi raccontava che ad un certo
punto era andato in bagno a pisciare, e
nei cessi c’era una vera e propria
ferramenta sul pavimento fra coltelli ed
armi da taglio di tutti i tipi. Subito
gli balenò in testa il pensiero che
potesse arrivare qualche graduato ed
affibbiargli il possesso di tutta quella
roba, e con un morto che chiedeva
giustizia non era una bella situazione.
Se ne andò, tenendosi la pisciata in
corpo per qualche oretta ! Solo dopo
mezzanotte i milanisti poterono uscire
da Marassi, a due a due. Venivano
fermati, fotografati ed identificati,
mentre alcuni genoani (presumo amici di
Spagna) li identificavano nel tentativo
di riconoscere il colpevole. Non si
sapeva molto di lui, se non che
indossava un Barbour. Tre ragazzi
vennero subito fermati e portati in
questura per accertamenti, tutti gli
altri partirono alla volta di Milano.
Non in treno, dato che i genoani avevano
occupato i binari della stazione di
Genova-Brignole, ma con pullman di
linea. Solo verso le quattro fecero
ritorno a Milano, ed all’alba Simone
Barbaglia venne fermato mentre stava per
aprire il portoncino del palazzo dove
abitava. Il suo nome era saltato fuori,
non si sa da chi, non si sa come… Di
sicuro Barbaglia una volta in questura
se la cantò alla grande, inguaiando
anche tutti gli altri del gruppo che
erano con lui a Genova. Uno dopo l’altro
finirono nella rete (Omissis) e molti
altri pesci grossi e meno grossi; anche
se a dire la verità ho sempre avuto la
sensazione che non fosse l’unico a
cantare e che probabilmente a qualcuno
lo smantellamento della cellula delle
Brigate Rossonere 2 facesse anche
comodo. Un po’ come quando ci si toglie
il fango dalle scarpe. Ma sono solo
illazioni… Ovviamente l’evento ebbe
grande risalto mediatico, e per giorni
non si parlò d’altro. Diciamola tutta:
si sentivano stronzate di tutti i tipi !
I giornali, l’opinione pubblica,
l’intero mondo dello sport si
interrogarono sul perché e sul per come.
Per la prima volta si cominciò a parlare
di smantellare il tifo organizzato, come
se il gruppo che aveva organizzato la
spedizione di Genova fosse inquadrabile
come "gruppo organizzato" e non
piuttosto come una banda di "cani
sciolti". Sono italioti, che ci volete
fare… Per mesi, anni direi, gli ultras
divennero "quelli che vanno allo stadio
col coltello", ed anche qui niente di
nuovo: l’opinione pubblica in questo
paese è fatta così ! Negli anni ’80 gli
ultras si drogavano, nel 1995 erano
quelli che andavano allo stadio col
coltello, dopo il 2001 cominciarono ad
essere quelli che lanciavano i motorini
dagli spalti e dopo la morte di Raciti
sono semplicemente diventati "gruppi
politicizzati che utilizzano lo stadio
per pianificare scontri ed aggredire le
forze dell’ordine" ! Sono passati
quarant’anni dalla nascita dei primi
gruppi ultras, e tutt’oggi possiamo dire
che l’opinione pubblica italiana non sa
un cazzo di cosa siano… E purtroppo
questa mentalità ottusa ha portato negli
anni a vere e proprie storture se non
alla creazione di mostri ! Se oggi
abbiamo la tessera del tifoso e le
trasferte vietate a chi risiede in una
città piuttosto che in un’altra,
dobbiamo dire grazie proprio a questa
ottusità che è tipica dell’italiota
medio…
Ai funerali di
Spagna c’erano tantissimi genoani e
tantissimi militanti dei Centri Sociali.
Molti quelli che all’uscita del feretro
salutarono a pugno chiuso. Ed ovviamente
qualche giornalista prese la palla al
balzo per cercare di dare una coloritura
"politica" allo scontro. Niente di più
falso ! Vero che il gruppo delle Brigate
2 guardava verso destra e che in quegli
anni i genoani erano una tifoseria molto
sul "rosso", ma l’unico movente era la
rivalità calcistica: avrebbero potuto
fare lo stesso numero a Verona, sarebbe
stata la stessa cosa, ma capitò Genova
per uno strano destino del calendario… E
quando alcuni vecchi amici di Barbaglia
si stupirono che fosse proprio lui
l’autore dell’omicidio, e tanti si
ricordarono che lui da piccolo era
juventino quindi non capivano cosa ci
facesse coi milanisti, ecco subito che
si ricamò sulla possibile presenza di
gobbi fra le fila milaniste, in
particolare dei Viking che provenivano
in gran parte dalla Lombardia ! Certo,
c’era stato giusto un paio di mesi prima
il precedente della trasferta dei
romanisti a Brescia, in cui era stato
accoltellato il vice-questore della
città lombarda, ed in cui agli ospiti si
era mischiato un po’ di tutto fra
estremisti di destra e gente che non
c’entrava un cazzo col calcio. Si dice
che ci fosse anche qualche laziale, ma
non ci ho mai creduto molto. Ciò che era
sicuro è che dopo quella storia, i
giornalisti cercavano in tutti i modi di
trovare qualche filo conduttore anche
con la spedizione dei milanisti a
Genova, e si attaccavano a qualsiasi
cosa… La Gazzetta, tanto per dirne una,
ci sguazzò per mesi proponendo un
"viaggio all’interno delle curve ultrà"
a puntate: un paio di mesi più tardi
ricordo che presi in mano il suddetto
giornale e ci trovai dentro un articolo
dove si parlava di "Supermarket per
ultrà" in cui si poteva trovare di
tutto: dai fumogeni alle biglie
d’acciaio, dalle spranghe di ferro alle
molotov già pronte ! E che dire di tutti
quei periodici che proponevano la loro
personale "mappatura" degli ultras
italiani ? Se ne leggevano di tutti i
colori, dai sampdoriani "legati
all’estrema destra" a quelli del Chievo
"molto violenti e razzisti", con tanto
di sigle e gruppi sciolti da tempo se
non addirittura inventati di sana pianta
! La disinformazione è il loro forte…
Ovviamente non potevano mancare le
interviste agli "ultrà pentiti" e la
storia strappalacrime della famiglia col
figlio ultras, ormai estraneo al mondo
dei genitori quasi come fosse parte di
una setta o dei testimoni di Geova (o di
Genova se preferite, visto che anche lì
di testimoni ne saltavano fuori
continuamente…); come non poteva mancare
lo "sport per famiglie" che oggi è il
rugby mentre all’epoca venne
identificato nella pallavolo (avrebbero
dovuto vedere qualche derby fra Petrarca
Padova e Belunga Belluno di qualche anno
prima per capire bene lo "sport per
famiglie"…). Bisogna capire tuttavia la
situazione: il fatto che Barbaglia fosse
in realtà figlio di buona famiglia,
aveva sconvolto un po’ tutti i vecchi
cliché sugli ultras drogati, sbandati,
figli di quartieri-ghetto o periferie
disagiate tipici degli anni ’80.
Bisognava reinventarsi la macchietta, ed
ecco servito l’ultras giovane, annoiato,
benestante ed armato di coltello !
Una settimana più tardi
tutti i campionati di calcio e tutte le
manifestazioni sportive vennero fermate, "per
riflettere"… su cosa ? Sulla morte di un ragazzo
che sarebbe potuta avvenire con le stesse
modalità anche in discoteca o per strada ? C’è
poco da riflettere se non si propongono dei
modelli educativi diversi… Ad ogni modo fu
l’occasione per gli ultras di tutta Italia per
ritrovarsi a Genova e rendere omaggio a
"Spagna". E, contemporaneamente, guardarsi in
faccia e parlarsi. Fu, se vogliamo, un momento
storico: due anni prima, in occasione della
morte di Celestino Colombi molte curve avevano
superato le rivalità calcistiche per unirsi
dietro lo striscione "La morte è uguale per
tutti"; ma mai prima del 1995 tutte le tifoserie
italiane si erano ritrovate tutte assieme, in
una sorta di "raduno". Anche in questo caso i
riflettori erano puntati: si parlava da più
parti di "tregua" fra ultras, e magari c’era
qualche giornalista che sperava che succedesse
qualcosa per aver così materiale su cui
lavorare. Ma in realtà il raduno di Genova non
fu nulla di tutto questo: ci si trovò per fare
il punto della situazione, per prendere
coscienza di quanto accaduto e per stabilire una
sorta di "codice comportamentale" che fosse
accettato e condiviso da tutti. Ne uscì un
comunicato di matrice atalantina dal titolo
"Basta Lame Basta Infami", con il quale gli
ultras presenti prendevano le distanze da tutti
quelli che usavano i coltelli. Indicativo un
passaggio: Basta con questi, che Ultrà non sono,
che cercano proprio a spese del mondo Ultrà di
fare notizia, di diventare grandi ignorando il
male fatto (come in questo caso irreparabile).
Indicativo perché esplicita bene la situazione
descritta all’inizio degli anni ’90. Indicativo,
ma un po’ ipocrita. Nel senso che quanto scritto
poteva essere valido se detto dagli atalantini
(quelli che realmente hanno redatto il
comunicato) ma che per conto mio ha poco valore
se uno slogan (il "Basta Lame Basta Infami",
titolo del comunicato) viene ripreso da
interisti, romanisti o napoletani; tifoserie che
con una certa oggettistica ci hanno sempre avuto
a che fare, o che comunque anche se non la
usavano in prima persona, "sapevano e
tolleravano". Come del resto "sanno e tollerano"
anche oggi, visto e considerato che certe brutte
abitudini non sono scomparse anzi c’è chi ne ha
fatto un vanto… Il discorso che non si può
morire per una partita di calcio, che tanto
piace all’opinione pubblica italiana, è giusto;
ma proprio per un fatto che il tifo non è un
buon motivo per uccidere… Ma per morire si fa
sempre in tempo, anche allo stadio: può
succedere per una coltellata, ma può succedere
per una rissa a mani nude dove uno becca un
calcio sulla tempia, può succedere perché uno
scivola e si rompe la testa sui gradoni o
semplicemente perché ha un infarto durante la
partita… Che differenza fa ? Sempre di un morto
si tratta… Ed il pur vero discorso che il tifo
non è un buon motivo per uccidere, si scontra
con la realtà delle curve italiane degli anni
’80-’90 dove giravano armi da taglio in
abbondanza: forse non era il caso di pensarci
prima ? Sicuramente non in certe realtà
metropolitane dove molti ragazzi il coltello in
tasca ce l’hanno dal lunedì al sabato e di
sicuro non lo lasciano a casa la domenica… La
curva è un contenitore sociale dove all’interno
si trova di tutto, anche la delinquenza, ma i
fatti dimostrano che non è colpendo la massa che
si corregge il singolo (a meno che qualcuno non
riesca a dimostrarmi che con la tessera del
tifoso e tutti gli altri provvedimenti la
violenza sia realmente scomparsa… Cosa difficile
come ben sappiamo !); ed i fatti avrebbero
dovuto dimostrarlo già all’epoca, visto che
parliamo di un periodo contrassegnato da curve
allo sbando e gruppi storici che cedevano il
passo...
O pensiamo che sia
tutto casuale ? Il raduno di Genova fu un ottimo
passo per gettare le basi per un dialogo fra
ultras, e se oggi si è arrivati a situazioni di
una certa unità (diciamo "quasi" totale) come in
occasione della morte di Gabriele Sandri e
dell’introduzione della Tessera del Tifoso, non
bisogna dimenticare che si è partiti da Genova
il 5 febbraio 1995. Ma imporre un "codice
comportamentale" a realtà frastagliate e
variegate come le curve degli stadi, dove
all’interno si trova di tutto, secondo me è un
esercizio inutile. Dovrebbero in caso essere i
capi o "responsabili" delle singole realtà a
prendere i dovuti provvedimenti nella propria
città, ma ho la sensazione (anzi non è per
niente una sensazione !) che in molte realtà
certe storie facciano comodo ! E non a caso
pochi mesi più tardi le lame rispuntarono
nuovamente, in occasione di un Lazio-Juve di
Coppa Italia… Naturalmente non poteva mancare
l’ennesima legge ad hoc per la violenza negli
stadi ! Ministro degli Interni allora era Maroni
(ma guarda un po’…) che all’apparenza non fece
nulla di straordinario... Quasi nulla:
introdusse semplicemente la misura del Daspo !
Cosa cambiava ? Innanzitutto, se prima del 1995
il provvedimento di diffida (di fatto una
restrizione della libertà personale) veniva
emesso dal GIP dopo aver letto il rapporto della
polizia su eventuali incidenti, con il Daspo ad
occuparsene divenne il questore in persona, il
quale si trovava i provvedimenti belli pronti
sul tavolo e non doveva far altro che apporre un
timbro ed una firma. Del resto, la stessa
struttura della legge lo scaricava da ogni
responsabilità, e lo stesso Daspo per la sua
struttura amministrativa divenne impugnabile
solo di fronte al TAR. Inoltre i destinatari del
Daspo potevano essere obbligati a firmare in
questura negli orari delle partite sempre per
disposizione del questore, mentre nelle città in
cui questa misura era stata precedentemente
adottata era sempre il GIP a decidere per
l’eventuale obbligo di firma, in base alla
presunta pericolosità dei soggetti o al pericolo
di reiterazione del reato… Nel concreto cambiò
che da lì in poi diventa molto più facile per le
questure emettere un provvedimento di diffida, e
che si assisterà spesso e volentieri ad
autentiche piogge di diffidati, spesso e
volentieri anche per motivi risibili. Diffide
che alla lunga finiranno con lo sfaldare molte
curve e molti gruppi storici… In qualche maniera
da quel 29 gennaio 1995 fu una sorta di
"spartiacque" per il mondo ultras, da lì in poi
cambiò un po’ tutto: l’epoca d’oro degli anni
’80 venne definitivamente archiviata, e
cominciarono i problemi sempre più grossi,
talvolta esterni (vedi repressione), talvolta
interni con screzi sempre più pesanti fra capi
storici e nuove leve e curve sempre più divise.
Molti personaggi di spicco un po’ in tutta
Italia cominciarono ad abbandonare la scena,
finendo col creare vuoti sempre più
difficilmente colmabili. I risultati chiaramente
non si videro nell’immediato, ma si cominciarono
a tirare le somme negli anni immediatamente
successivi quando ormai era chiaro a tutti che
le curve non erano assolutamente più quelle di
un tempo. In quel periodo all’interno delle
tifoserie italiane si diffuse una parola tanto
profonda nel significato quanto vuota nei fatti:
"Mentalità Ultras" ! L’intento sicuramente
nobile è quello di "regolamentare" un movimento
che nella seconda metà degli anni ’90 conta
ancora diverse migliaia di aderenti, stipulando
una sorta di "codice d’onore" fra tifoserie a
cui tutti coloro che si sentono ultras
dovrebbero attenersi. Ma la realtà dei fatti è
ben altra, e dimostra che ogni tifoseria, ogni
città, ogni singolo gruppo ha la propria
"mentalità" spesso in antitesi non solo a quelle
di tifoserie nemiche ma anche ad altri gruppi
della propria stessa curva, e non è disposto a
"venire incontro" agli altri. A seguito di
quella tragica giornata, Barbaglia venne
condannato a 11 anni di galera nel 1997, ed
uscirà nel 2006 per effetto dell’indulto. Dopo
aver ucciso una persona e dopo aver trascinato
nel vortice allegramente tutti i suoi vecchi
amici. Gli altri protagonisti di quella
spedizione se la cavarono con condanne più
lievi.
Oggi (Omissis), il
"Chirurgo" è un apprezzato commercialista che ha
svolto anche consulenze per la Lega Nord. Molti
chiusero lì con lo stadio: le Brigate Rossonere
2 furono solo un ricordo, e lo stesso Gruppo
Brasato sparì per molti anni dalla scena prima
di ritornare negli ultimi tempi in occasione di
una trasferta ad Auxerre (una sorta di
rimpatriata, Auxerre era stata la loro prima
trasferta europea nel 1985 quando ancora si
chiamavano Gruppo Emergente). Il Gruppo Barbour
credo che cambiò semplicemente giacca per andare
alle partite. Negli anni successivi le Brigate
Rossonere subirono un forte processo di
rinnovamento e rifondazione da parte di uno dei
personaggi storici della Sud, ed oggi si sono
fuse con altri gruppi nel progetto "Curva Sud
Milano". Milan e Genoa non si sono più
incontrate per anni (al termine di quella
stagione avemmo noi l’onore di spingere il Genoa
in serie B) e quando si sono rincontrate i tempi
erano decisamente cambiati: alla prima trasferta
a Marassi, l’Osservatorio aveva deciso di dare
la possibilità ai possessori della Tessera del
Tifoso "Cuore Rossonero" di partecipare, e 371
tifosi milanisti si erano messi in moto.
Chiaramente i genoani si erano mobilitati per
fargli pagare la morte di Spagna, scrivendo fra
le altre cose un comunicato che a mio modo di
vedere è indegno per una tifoseria dalla grande
storia come quella rossoblù. E così il sabato
sera alle 23 (il giorno prima della trasferta…
Così vanno le cose in itaGlia !) l’Osservatorio
fece un clamoroso dietrofront facendo disputare
il match a porte chiuse, con buona pace di
quello strumento inutile che è la tessera del
tifoso (e di tutti quelli che l’hanno
sottoscritta convinti che sia un lasciapassare
universale). Lo scorso anno invece i milanisti
(sempre che avessero sottoscritto la tessera
benedetta…) furono liberi di andare, in una
Genova blindatissima. Non successe granché, ma
il fuoco cova ancora sotto la cenere… Alla fine
della fiera, l’unico ad averci realmente rimesso
era proprio colui che aveva meno colpe: Vincenzo
"Claudio" Spagnolo. Morto da ultras, mentre
difendeva il proprio territorio. Ucciso da un
ragazzino che giocava a fare l’hooligans, per
trovarsi poi invischiato in storie molto più
grandi di lui. Per questo, "Spagna" avrà sempre
il mio rispetto… RIP ! Fonte: Lapadovabene.it
("Ultras è vita non lo dobbiamo dimenticare !)
6 Febbraio 2012
Fonte:
Boysparma1977.it
Fonte Fotografie di Repertorio:
Magliarossonera.it
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