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VINCENZO CLAUDIO SPAGNOLO
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Vincenzo Claudio Spagnolo 29.01.1995 Altri Articoli
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E per Spagnolo gli ultrà del Genoa non contestano

GENOVA - Nel ricordo di Claudio Spagnolo, accoltellato a morte sei anni fuori dallo stadio Ferraris, prima di un drammatico Genoa-Milan, venerdì sera, nella partita che faceva sprofondare la più antica società di calcio italiana sul baratro della serie C, non è volata in campo nemmeno una monetina ed una precauzione obbligata ma inutile si è rivelata quel robusto cordone di polizia a proteggere il pullman della squadra. "Una delegazione di tifosi - racconta il padre di Spagnolo - è venuta a trovarmi in tribuna e mi ha assicurato il modo migliore per onorare la memoria di Claudio era evitare che si verificassero incidenti. Poi quei tifosi sono andati a deporre un mazzo di fiori sotto la Gradinata Nord, con loro c’era anche Vincenzo Torrente. Era il capitano quella maledetta domenica, è lui che all'altoparlante lanciò l'appello alla tifoseria perché sospendesse la rivolta. E mio figlio ha insieme a sé per sempre la maglia di Torrente". La famiglia Spagnolo non può dimenticare: "Ogni volta che vediamo in televisione il filmato di un tifoso con una spranga in mano, non possiamo non pensare che Claudio sia morto inutilmente. Le società di calcio, che distribuiscono biglietti omaggio agli ultrà, e anche le forze d'ordine sanno perfettamente chi sono le mele marce che andrebbero eliminate, però nessuno interviene. Barbaglia, l'assassino di mio figlio, già da due anni è in libertà, anche se è stato condannato a 21 anni, mentre (Omissis), il famoso "chirurgo", se l’è cavata con qualche giorno di arresti domiciliari". (g. a.)

28 gennaio 2001

Fonte: La Repubblica

Il papà di Spagnolo oggi incontrerà gli studenti ad Ancona: "l'assassino è libero, bisogna educare".

Mio figlio Vincenzo, morto per nulla

di Franco Giubilei

A Cosimo Spagnolo accoltellarono a morte il figlio Vincenzo. Era una domenica di gennaio del '95: prima di Genoa-Milan, un commando di ultrà rossoneri delle "Brigate 2" venne a contatto coi tifosi genoani e Vincenzo "Spagna" rimase sull'asfalto, colpito al cuore da un diciottenne che da un paio d'anni è libero come l'aria, Simone Barbaglia. Oggi Cosimo Spagnolo ad Ancona, nella sede della Figc, sarà un testimone importante al convegno "Violenza negli stadi" voluto dall'assessorato ai Servizi scolastici del Comune. Con lui ci saranno l'ex ultrà genoano Luca Vincenti, autore del libro "Diario di una domenica da ultrà" e Maurizio Mainelli, direttore del Centro studi sulla sicurezza pubblica della polizia di Brescia. Sei anni dopo, il padre di Vincenzo traccia un bilancio amaro: "E' stato fatto pochissimo. Bisogna prevenire, non aspettare che succeda il fatto grave. I violenti sono conosciuti sia dalle società che dalle forze dell'ordine, si creino le condizioni per non farli entrare allo stadio e per non farli girare nei dintorni degli impianti in occasione delle partite, finché non dimostrano di essersi veramente ravveduti. Sono pochi, ma si trascinano dietro centinaia di persone". Se gli elementi pericolosi sono facce note ai club e alla polizia, allora ci si chiede perché continuino a girare impunemente. La risposta di Spagnolo è ancora più sconsolata: "Troppi interessi in ballo, e la distribuzione dei biglietti c'entra di sicuro". Sul fronte repressivo-giudiziario è peggio che andar di notte, come dimostra la vicenda processuale dell'omicidio di Vincenzo: "Servono pene certe, sicure, e leggi più concrete, perché le norme in vigore sono troppo astratte e non permettono di punire chi si macchia di quegli atti. L'assassino di mio figlio si è fatto un anno di carcere, ed è fuori da due anni e più". Il processo a Barbaglia, oltre alle solite lungaggini, ha seguito un andamento altalenante, dalla condanna iniziale a 11 anni e 4 mesi alla discussione se sussistesse o meno l'aggravante dei futili motivi. "Più futili di così - commenta Spagnolo - Il processo è stato rifatto, c'è stata una seconda condanna a 16 anni e 4 mesi, quindi noi della famiglia e la Procura generale abbiamo fatto ricorso in appello. Per omicidio volontario la pena sarebbe 21 anni, ma una legge dell'anno scorso ha fatto sì che anche gli assassini possano andare al rito abbreviato, così si è tornati al primo processo". La sola cosa certa si è rivelata la decorrenza dei termini massimi di carcerazione preventiva, adesso dovrà pronunciarsi la Cassazione. Ad Ancona Cosimo Spagnolo parlerà davanti a una platea di studenti: "Una parte ascolterà, altri no. Ma insegnando fin da piccola cos’è il vero calcio, forse qualcosa si può fare".

7 aprile 2001

Fonte: La Stampa

Dieci anni fa la folle tragedia di "Spagna"

Domenica 29 gennaio 1995. Genoa-Milan. Vincenzo Spagnolo, "Claudio" per tutti, viene ucciso con una coltellata da Simone Barbaglia, diciottenne ultrà rossonero sbarcato a Genova con un coltello in tasca. Sabato prossimo saranno passati dieci anni. Uno striscione che ricorda Claudio campeggia sempre in gradinata, e il "totem" nato in memoria degli operai morti nella costruzione del nuovo Luigi Ferraris è diventato anche il luogo del suo ricordo. Un fiore, proprio davanti alla gradinata Nord dove "Spagna" ha trovato la morte, non manca mai. Accanto ai colori rossoblù, negli anni, il totem ha ospitato sciarpe e bandiere di decine di squadre italiane.

23 gennaio 2005

Fonte: La Repubblica

Mio figlio ucciso, i cattivi ultrà protetti

di Enrico Currò

Ventinove gennaio: il giorno della memoria per gli ultrà. Non solo quelli del Genoa che ricordano Claudio Vincenzo Spagnolo, ucciso a 24 anni da una coltellata all’esterno dello stadio Ferraris, ma anche quelli di tutta l’Italia, che la domenica successiva riuscirono a fermare il campionato con lo slogan "basta lame, basta infami". Sono passati dieci anni, l’omicida, Simone Barbaglia, diciottenne all’epoca dei fatti, ha subito tre processi (la prima sentenza fu impugnata dalla procura generale perché non si era tenuto conto dell’aggravante dei futili motivi) e sta scontando nel carcere delle Vallette a Torino la pena definitiva di 14 anni e 8 mesi. Due giovani vite bruciate, due famiglie distrutte. L’anniversario della scomparsa del figlio, Cosimo Spagnolo lo trascorrerà insieme agli ultrà del Genoa: il torneo di calcio tra tifosi, i fiori nel punto dove "Spagna" è stato ammazzato. "Non voglio vendette - confida - finalmente dopo dieci anni il Genoa tornerà a giocare in serie A e incontrerà il Milan per la prima volta da quel giorno. Prima della partita farò personalmente un appello alla tifoseria: non dovranno esserci incidenti. Ma Simone Barbaglia non lo perdono, mi ha portato via un figlio e non ha mai avuto nemmeno una parola di pentimento". Coppe, trofei, medaglie: ogni angolo della piccola casa nel quartiere popolare sulla collina, che si arrampica davanti al porto di Genova, ricorda Claudio. La sua camera è rimasta intatta come dieci anni fa: i poster del Genoa con Signorini capitano, le foto di Che Guevara, gli adesivi "no al fascismo" dello Zapata, il centro sociale che frequentava. "Mi sono chiesto - sospira Cosimo Spagnolo - perché quando Claudio si è trovato davanti Barbaglia con il coltello non sia scappato. Ma la risposta è facile: era forte e coraggioso, non avrebbe mai lasciato che tra la gente girasse un ragazzo armato. Era convinto di riuscire a disarmarlo, ma l’altro ha mirato dritto al cuore". Non riesce ad odiare il calcio che pure gli ha portato via un figlio: "Credevo che, dopo un po' di tempo, di Claudio non si sarebbe ricordato più nessuno e invece non c'è stadio, anche il più sperduto d'Italia, dove non sia stato esposto lo striscione rossoblù con il suo nome. Ci sono tanti pregiudizi sugli ultrà: io posso dire invece che sono ragazzi speciali. Ma se Genova ha imparato la lezione, non è così in altre parti d'Italia. Davvero si vogliono ridare gli stadi alle famiglie come predicano in molti ? Le mele marce non sono più di dieci per ogni tifoseria: non dovrebbe essere difficile identificarli e isolarli. Mi chiedo però se ci sia la volontà di farlo. A cominciare dalle società che gli permettono di gestire un business importante come quello dei biglietti. Per esempio (Omissis) (il Chirurgo ndr) i biglietti come se li procurava ? Ed è agli atti che la spedizione con i coltelli a Genova fu programmata e a quelle riunioni c'era anche (Omissis). Ma se l’è cavata con pochi mesi di carcere". Non ha dimenticato, il signor Spagnolo, che quel giorno Capello, allenatore del Milan, voleva che la partita continuasse: "Un grande allenatore, ma un piccolo uomo. Non ha sensibilità, io forse ne ho troppa. Quando Genova nei giorni del G8 ha pianto un altro suo ragazzo, sarei voluto andare ad abbracciare il padre di Carlo Giuliani. Ma non ce l’ho fatta: sapevo che sarei crollato". Simone Barbaglia è diventato adulto in carcere: compirà 29 anni nel prossimo agosto. Tornerà libero nel 2010. Era un ragazzo immaturo e fragile: l’ansia di dimostrarsi un duro, agli occhi dei capi della spedizione, lo spinse al gesto fatale e insensato. "Perché mi sono lasciato trascinare ?", chiese per mesi a parenti, psicologi, avvocati, assistenti sociali. Si faceva strada la consapevolezza di essere stato un debole gregario, plagiato alla violenza da persone ben più adulte di lui. Ora lo domina il senso dell’irreparabilità di quello che ha fatto. "So che il mio nome uscirà ogni volta che si parla di violenza da stadio, per ogni giorno della mia vita. Voglio scomparire, non posso fare altro", ha detto di recente, declinando l’invito di una scuola a parlare della vicenda. Ha vissuto prima nel carcere di Genova, poi in quello di Chiavari. È stato agli arresti domiciliari, periodo durante il quale ha fatto l’elettricista, quindi è tornato in carcere a Voghera, Alessandria e infine a Torino. Qui lavora come addetto alle pulizie, studia per l’ultimo anno di ragioneria, gioca a calcio nell’ora d'aria, riceve le visite della madre, tiene i contatti con i suoi due legali, Stefano Savi e Davide Mosso. Il ragazzo di via Primaticcio, periferia ovest milanese, cercava in curva la rivincita agli insuccessi scolastici e lavorativi, ma era un tifoso così tiepido da non ricordare neppure, durante l’interrogatorio, l’esatta formazione del Milan. Il suo idolo era (Omissis), laureato in economia e commercio, figlio di un direttore compartimentale delle ferrovie e leader delle Brigate Rossonere 2, il gruppo scissionista che aveva il controllo di una parte della curva del Milan, grazie anche al business della vendita dei biglietti che arrivavano direttamente dalla società. (Omissis) doveva il suo carisma anche alla fama di duro e all’abilità nell’usare il coltello: da qui il soprannome di Chirurgo. Nella ricostruzione del pm Terrile, (Omissis) fu ritenuto il responsabile morale dell’omicidio. Barbaglia tentava di emularlo: "L’idea di farmi vedere da Carlo scappare e di dimostrare che non avevo abbastanza coraggio mi era insopportabile", raccontò l’omicida al magistrato. Le sue parole non restano ancora un peso sulla coscienza dell’ex capo ? (Omissis), 41 anni, commercialista affermato e già consulente fiscale della Lega Nord a Milano, preferisce non sciogliere il dubbio: "Non mi sento di dare una risposta. Ritengo più che mai opportuno astenermi da qualsiasi commento. Se ho patteggiato la pena, rinunciando a difendermi, il motivo prevalente è stato quello di dare un basso profilo e poca cassa di risonanza alla vicenda. Allo stadio ? Ci vado ancora, ogni tanto. In curva no".

29 gennaio 2005

Fonte: Repubblica

Il padre di Spagnolo: "Non si può morire per una partita"

ALLARME VIOLENZA - Genova, 20 agosto 2007 - "Non voglio altro dolore, non voglio altra violenza. Ho perso un figlio, per una partita di calcio. E non si può morire così. Lo dico a tutti i tifosi d’Italia, non solo agli ultras del Genoa o del Milan".

Ascoltate questo padre. La sua testimonianza. Sa che cos’è la sofferenza. Cosimo Spagnolo ha 64 anni. Era il 29 gennaio del 1995 quando suo figlio, Vincenzo Spagnolo, detto "Spagna", fu accoltellato a morte, a 24 anni, da un ultrà rossonero, Simone Barbaglia, prima di Genoa-Milan. Da quel giorno, le due squadre non si sono più incontrate. Torneranno a farlo domenica a Marassi, dodici anni dopo. A Genova c’è grande preoccupazione e allarme. "Ma non si parli di vendetta, diamo una lezione di civiltà", il suo appello. Signor Spagnolo, il prefetto di Genova vuole vietare Marassi ai tifosi del Milan. "Ho letto, ma uno stadio dovrebbe essere sempre aperto a tutti, perché il calcio è di tutti". Non teme anche lei scontri fra le due tifoserie ? "In questi anni, anche se per me è come se tutto fosse successo ieri, ho mantenuto i contatti con gli amici di mio figlio, ne aveva anche fra i sampdoriani, parlando con me hanno sempre condannato la violenza. Condannare vuol dire non condividere. E se domenica dovesse succedere qualcosa di brutto, ci resterei molto male, mi sentirei tradito". Che cosa ha detto, agli amici di suo figlio ? "Che la violenza non ha senso. Contro chi, poi ? Contro altri giovani, altre famiglie innocenti ? Ma io credo a questi ragazzi, mi fanno pensare che non dovrebbe succedere niente di grave. Nel caso opposto, vorrebbe dire che non sono stati sinceri con me. Anche se...". Anche se ? "Il rischio di qualche testa calda, di qualche cane sciolto c’è sempre, ma il vero pericolo sono i portatori di veleno, i cattivi maestri delle curve. Loro sì, che dovrebbero essere allontanati dagli stadi". A chi si riferisce, quando parla di cattivi maestri ? "Ai capi più anziani, quelli che riuniscono i ragazzi in pizzeria per inculcare la violenza, che ricattano le società per avere i biglietti da vendere come bagarini, che minacciano in caso contrario incidenti per fare squalificare il campo, che ne hanno fatto un modo per guadagnare. Ci sono molti interessi, troppi. I club spesso hanno paura, non li denunciano, come invece ha fatto recentemente proprio il Milan, e ha fatto bene". Suo figlio faceva parte di un gruppo ? "Seguiva il Genoa, ma non aveva rapporti più di tanto con il mondo ultrà. Lavorava a Porto Rotondo, nell’agenzia immobiliare della sorella, era odontotecnico, veniva da noi solo per i fine settimana".

È cambiato qualcosa, secondo lei, in dodici anni ? "No. Troppa impunità, chi sbaglia non paga come dovrebbe". Si riferisce a Barbaglia, scarcerato grazie all’indulto, definitivamente libero dal 28 febbraio ? Aveva 18 anni, quando uccise suo figlio. "Sì, mi riferisco a lui. Volevo giustizia, in base alla legge. Oggi è libero come noi, dopo aver tolto la vita a un ragazzo che aveva sei anni più di lui". L’iter della legge, ha scontato la sua pena. "Troppi cavilli. In Inghilterra sono riusciti a sconfiggere la violenza applicando la legge, ma con la necessaria severità". Ha mai avuto contatti con la famiglia Barbaglia ? "No, mai". E con il Milan ? "I primi giorni dopo il dramma, poi niente, silenzio". È più entrato in uno stadio ? "Solo per il torneo estivo del Genoa in memoria di mio figlio". Com’è, oggi, la sua vita ? "Da pensionato. Sono stato un responsabile nel settore cantieri navali di Sestri, ma non avevo più stimoli, sono andato in pensione due anni dopo la tragedia". Che cosa ha provato nei giorni dell’omicidio Raciti ? È stato come rivivere il momento della morte di mio figlio. Le cose non sono cambiate". Antonio Matarrese, presidente della Lega, disse: "Il calcio non può chiudere, i morti purtroppo fanno parte del sistema". "Detta da un dirigente con la sua carica, non da una persona qualsiasi, mi sembra una frase molto grave. È il momento di cambiare il sistema, ecco che cosa mi aspettavo che dicesse il signor Matarrese". Che cosa ha capito, in questi anni, della mentalità ultras ? "Che è difficile da capire. Presi da soli, questi ragazzi sono anche fragili, piangono, poi scatta la logica del branco da stadio, la necessità di non fare brutta figura con i loro cattivi maestri, appunto". Che cosa vuole dire, ancora, sulla partita di domenica ? "Che i veri valori del calcio sono altri, che lo sport deve essere vicinanza. E che sia solo una partita, il modo migliore per ricordare mio figlio".

20 agosto 2007

Fonte: Quotidiano.net

Fiori a Marassi, trionfa la città

di Stefano Origone

Tanto rumore per nulla. Cinquecento uomini in divisa anti sommossa ad aspettare un nemico che non c'è. Ogni angolo della città presidiato da camionette e jeep, i caselli e le stazioni ferroviarie blindate, un elicottero che per ore è sorvolato sulla città: un occhio vigile che doveva scovare i commando di tifosi rossoblù appostati chissà dove per tendere agguati a un nemico invisibile. Invisibile perché dei supporter milanisti ieri a Genova non c'era neppure l'ombra. "Si contano sulle punte delle dita: sono così pochi che si confondono con i nostri... Ammette uno steward di fede genoana. La tanto temuta guerriglia urbana non c'è stata. Il 3-0 non ha innescato l'ira dei tifosi più accaniti, i 24.000 se ne sono ritornati a casa un po' delusi per la prima prestazione del Genoa, ma senza intenzioni bellicose. Dopo tutto non c'era nessuno con cui prendersela. Nessuno ha lanciato bottiglie, nessuno (di solito accade anche quando il Genoa vince) ha incendiato i cassonetti. La decisione del prefetto Giuseppe Romano di vietare lo stadio ai tifosi del Milan, lo stop alla vendita dei biglietti fuori Genova, gli appelli alla non violenza del padre di Vincenzo Spagnolo, hanno funzionato. "Siamo fiduciosi che vada tutto bene, ma aspettiamo la fine della partita", ha sussurrato il questore Salvatore Presenti, sugli spalti con i vertici delle forze dell'ordine, prima del fischio d'inizio. La sua "preghiera" è stata ascoltata. "Sì, è filato tutto liscio", ha aggiunto al 90'. In una città deserta, in una calma quasi irreale, già dalla mattina si è capito che i temuti scontri erano solo il ricordo di un brutto sogno. L'unica nota un po' stonata, ma solo perché non era stata chiesta l'autorizzazione al prefetto, è stato il corteo organizzato dai genoani in piazza Alimonda. Almeno quattrocento tifosi si sono radunati alle 11.30 davanti all'Ottavio Barbieri per dirigersi tutti insieme allo stadio per commemorare l'amico Vincenzo, ucciso dal milanista Simone Barbaglia il 29 gennaio 1995. Con i capi storici in testa al corteo, hanno raggiunto il piazzale dello stadio, dove hanno deposto ai piedi della stele dei mazzi di fiori. Hanno intonato degli inni, alternati a qualche insulto ai tifosi del Milan, e poi tutti dentro il Ferraris in attesa dell'esordio in serie A dopo dodici anni di passione. Ai cancelli di accesso, sembrava di essere alla fermata di un bus in Inghilterra. I tifosi (c'erano tante famiglie con bambini) in fila indiana hanno atteso pazientemente di superare i tornelli. Si respirava aria di calma e voglia di divertirsi anche sotto la Nord, dove le forze dell'ordine schierate lungo il campo hanno potuto vedere la partita senza preoccuparsi più di tanto di eventuali lanci di oggetti e di invasioni dei settori perché lo stadio era tutto rossoblù. C'è da dire che l'enorme schieramento è stato dislocato per la città più che altro per scena, per dare l'impressione che Genova fosse pronta a qualsiasi evenienza e che qualsiasi atto di violenza non sarebbe stato tollerato. Tanto che le prime pattuglie ai caselli, sono comparse non all'alba, ma ben dopo le 11 di mattina. A Genova Est la polizia ha fermato tutte le auto targate Milano: almeno settanta, che sono state controllate da cima a fondo. Erano tutti turisti, solo quattro ragazzi di Milano erano dei tifosi. Genoani, che avevano acquistato un regolare biglietto. "I servizi di sicurezza predisposti sono riusciti benissimo. Tutto si è svolto nella massima regolarità e tutte le componenti, dalle forze dell'ordine alle società, agli steward, hanno fatto la loro parte - ha dichiarato Salvatore Presenti, commentando prima di uscire dallo stadio la giornata ad alta tensione. Il primo passo verso la distensione è stato fatto dalle due squadre con il dono di un mazzo di fiori alla sorella di Vincenzo Spagnolo. Speriamo che in futuro la pacificazione possa essere totale". A fine partita, nonostante la sonora sconfitta, i supporter, chi a piedi, chi in bus, auto e moto, sono tornati a casa in attesa del prossimo match con il Catania. A Brignole almeno un migliaio di tifosi sono stati scortati da una ventina di agenti fino ai binari e se ne sono andati sventolando le bandiere. "Pazienza, è andata male - dice Marco, 27 anni, di Rapallo - ma la squadra ci ha messo il cuore. Ci rifaremo la prossima volta: forza Genoa, per sempre".

27 agosto 2007

Fonte: La Repubblica

Un match nel ricordo di Spagnolo

Gattuso e C. applaudono la gradinata

di Enrico Currò

GENOVA - Se, come dice Lippi, lo stadio di Marassi blindato, vietato ai tifosi del Milan e con poche migliaia di biglietti venduti oltre ai 21 mila abbonati del Genoa, ha rappresentato la prima sconfitta del campionato, in compenso questa domenica genovese piena di fair-play è stata la prima vittoria. È filato tutto liscio", racconta il questore Presenti, e dal suo sollievo si intuisce che non era affatto scontato. Il divieto di trasferta agli ultrà milanisti, dunque, sarà anche stato spiacevole per lo sport, però ha tolto qualunque pretesto a chi progettava vendette da bassifondi, brandendo il nome di Vincenzo "Claudio" Spagnolo, il ragazzo genoano ucciso 12 anni fa con una coltellata davanti alla gradinata Nord, in uno scontro tra gli ultrà delle due squadre. Papà Cosimo ha visto tutto in tv ed è felice che i suoi appelli siano stati ascoltati: "Non me la sentivo di andare. Mio figlio è stato onorato nel migliore dei modi. Voglio ringraziare i tifosi del Genoa per la loro civiltà, hanno dimostrato di avere capito. Voglio ringraziare i due capitani Bega e Ambrosini per il loro gesto importante prima della partita, il mazzo di fiori regalato a mia figlia Romina. E voglio ringraziare i calciatori del Milan per quello che hanno fatto alla fine: sono immagini che entrano nel cuore della gente più di qualsiasi parola e aiutano le menti dei ragazzi a riflettere sul vero senso di una partita di calcio". Cosimo Spagnolo allude alla scena finale, con i giocatori milanisti fermi al centro del campo ad applaudire lo stadio tutto rossoblù e in particolare la gradinata Nord, zeppa di bandiere che sventolavano, malgrado la sconfitta. "L'idea ci è venuta spontaneamente: lo scenario era bellissimo, era giusto ringraziare", ha spiegato Gattuso. Adesso che è andata bene la prima puntata di Genoa-Milan, dopo 12 anni di attesa carica di tensione, Seedorf lancia una proposta: che la partita di ritorno al Meazza il 27 gennaio 2008, a quasi tredici anni esatti dalla morte di Claudio, ridiventi normale e venga aperta a entrambe le tifoserie: "Di sicuro spero che nel prossimo campionato il Genoa sia ancora in A e che i nostri tifosi possano contribuire allo spettacolo di questa grande coreografia: bisogna sapere andare avanti nella vita e il nostro gesto voleva significare proprio questo. Ma io vorrei addirittura che i genoani potessero venire a Milano, in gennaio". In verità, come spiega il proprietario del Genoa Preziosi, quella di Seedorf rischia di restare un'utopia: "E' un peccato, ma la decisione del prefetto è stata inevitabile e temo che succederà anche a San Siro, a parti invertite". Galliani, però, pensa già alla prossima stagione e critica la decisione di Romano, il prefetto genovese: "Credo che dopo 12 anni si potesse permettere ai nostri tifosi di essere qui: tra un anno, che differenza ci sarà ? Non si può andare avanti così all'infinito". All'amministratore delegato del Milan risponde, un po' amareggiato, Cosimo Spagnolo: "Sono d'accordo con Galliani: i veri tifosi devono potere entrare sempre allo stadio. Ma gli chiedo una cosa: che cosa hanno fatto davvero in questi 12 anni, lui e gli altri dirigenti del calcio, per fermare i violenti ?".

27 agosto 2007

Fonte: La Repubblica

E nella Nord sventolarono le bandiere

La scenetta di un inviato Rai di Roma, derubato del suo microfono, con aggiunta di gavettone alla cameraman (peraltro genoana) da un capo del tifo organizzato rossoblù intorno allo stadio prima della partita, resta l'unico episodio alla voce cronaca. Così come la copertina dell'opuscolo del Genoa fatta appositamente per la partita: un grifone su sfondo scuro che tenta di artigliare un diavolo. I tifosi hanno avuto a lungo nella testa la gara di ieri, alla fine, tutto è filato liscio. Meglio di così, a parte il risultato per chi è genoano, non poteva andare. È un po' meno partita senza i supporter della squadra avversaria, questo sì, qualunque essi siano. Lo sanno tutti, ma ieri è andata bene così. Per il ritorno, a gennaio, si vedrà, come ha detto ieri Enrico Preziosi. "L'incasso lo abbiamo perso è vero, ma ben vengano certi provvedimenti se possono escludere alcune situazioni a rischio. Il divieto di andare a Milano nel girone di ritorno ? Direi che sarebbe giusto, anche se sia noi che loro dovremmo fare un gesto che ci avvicini definitivamente". Qualcosa è stato fatto anche ieri, prima dell'inizio della partita: Ambrosini e Bega, i capitani di Milan e Genoa hanno regalato un mazzo di fiori a Romina, la sorella di Vincenzo Spagnolo, ucciso il 29 gennaio del '95 proprio in occasione di Genoa-Milan. Un sorriso, un grazie sussurrato e il passato che torna in un istante. Qualcosa è stato fatto anche al termine del match. Un passettino, ma è pur sempre un passo avanti. Piuttosto significativo, e raro da vedere sui campi da calcio. Soprattutto dopo un pomeriggio tanto speciale e carico di significati. Ma andiamo con ordine: Saccani aveva già fischiato la fine dell'incontro quando il gruppo rossonero, da centrocampo, ha iniziato ad applaudire con le braccia in alto tutto lo stadio. Dida, Gattuso, Ambrosini, Oddo, Kakà, tutti a battere le mani rivolti alle due gradinate, poi a distinti e tribuna. Un segno di ringraziamento, simbolico, ma ben chiaro ed evidente che non poteva passare inosservato. Senza mai avvicinarsi ai settori dello stadio, non si sa mai, ma restando al centro del campo, la voglia di dire, nell'unico modo possibile, qualcosa. Complimentarsi per non aver perpetrato la violenza, alimentato la vendetta. E infatti nella Nord, così come nel resto dello stadio non è apparso alcuno striscione, i cori di sfottò, vabbè, quelli non fanno testo, ma nessun insulto di santa ragione. Tra i 21.121 abbonati, e i tremila paganti genovesi non c'erano peraltro neanche tanti genoani che hanno desistito dall’impossessarsi il biglietto, causa lunghe code e la vendita di un solo tagliando per uno. "Ragazzi torniamo su", racconta come hanno deciso di riemergere dagli spogliatoi Gasparetto. "Volevamo ringraziarli e loro volevano rivedere noi". Il parere anche di Ancelotti: "Dispiace che un tifoso non possa andare allo stadio quando vuole, la partita va vissuta da sportivi". Ieri, è stato così. (r. g.)

27 agosto 2007

Fonte: La Repubblica

Cosimo Spagnolo: "Ho perso mio figlio, ma

Genoa-Milan non dovrà essere il giorno della vendetta"

GENOVA, AGO 22 - ESCLUSIVO - Dodici anni fa, prima della partita Genoa-Milan, muore accoltellato un giovane tifoso rossoblù Claudio Vincenzo Spagnolo. Oggi, 12 anni dopo, il calendario mette nuovamente di fronte alla prima di campionato le due tifoserie. Simone Barbaglia, l'assassino, è già in libertà e la violenza negli stadi occupa ancora le prime pagine dei giornali. Dal prefetto di Genova Giuseppe Romano arriva la decisione di chiudere lo stadio ai tifosi del Milan, ma Cosimo Spagnolo, il padre della vittima, lancia il suo appello alle due tifoserie: "Sarebbe una sconfitta per tutti se si arrivasse a questo dodici anni dopo la morte di mio figlio - spiega. Non dovrà essere il giorno della vendetta, a violenza non si deve rispondere con altra violenza, il mio messaggio ai giovani che vanno allo stadio è di credere ai valori dello sport che niente hanno a che spartire con i coltelli e le spranghe".

23 agosto 2007

Fonte: kikapress.com

Vincenzo Spagnolo, il suo nome è MAI PIU'

Galliani chiede "PERDONO", i genitori del ragazzo lanciano un appello ai tifosi: "BASTA con la GUERRA". Oggi fuori dal Ferraris è stata affissa una targa per ricordare il tifoso del Genoa ucciso 15 anni fa.

Galliani, Preziosi, Beretta e i genitori di Vincenzo Spagnolo. C'erano tutti oggi davanti a Marassi, alla cerimonia di affissione della targa dedicata al tifoso genoano ucciso 15 anni da un ultrà milanista, Simone Barbaglia. Oggi l'amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, ha chiesto pubblicamente "perdono" ai genitori di Spagnolo rompendo il silenzio sulla tragica vicenda. "Da genitore, da amministratore delegato del Milan e da tifoso vi chiedo perdono e spero che possiate capire che il vostro dolore è anche il nostro. Immagino da genitore - ha detto Galliani - lo strazio per la notizia della morte di un figlio in un modo così assurdo. Il senso della mia presenza è di chiedervi perdono con il cuore, ve lo chiedono la società Milan, e i tifosi". Il padre di Vincenzo Spagnolo, Cosimo, ha risposto con un appello ai tifosi di entrambe le squadre: "La guerra deve finire. Le guerre, anche quelle piccole come queste, portano solo morte, odio e dolore. Io non le voglio più". E anche il presidente della Lega di A, Maurizio Beretta, spera che la stagione degli orrori del calcio italiano sia terminata: "Le nuove regole ci aiuteranno a sconfiggere la violenza, ma l'atteggiamento delle società Milan e Genoa e soprattutto dei genitori di Spagnolo devono essere il nostro esempio. Quando accadono episodi così tragici per il mondo del calcio e non solo è una sconfitta drammatica. Da qui si deve partire perché eventi così non si ripetano mai più. L'obiettivo delle società è questo" - ha chiuso Beretta. Il 26 settembre ci sarà Milan-Genoa: negli ultimi anni è sempre stata vietata la presenza dei tifosi ospiti in questa sfida. Chissà che una partita spettacolare e corretta non possa cambiare le cose.

9 settembre 2010

Fonte: Goal.com

Ma alcuni tifosi lo insultano

Galliani: "Signori Spagnolo vi chiedo perdono"

"Signori Spagnolo vi chiedo perdono". L’amministratore delegato del Milan Adriano Galliani ha rotto così, dopo 15 anni, il silenzio della società sull’omicidio del tifoso genoano Vincenzo Spagnolo per mano del milanista Simone Barbaglia. L’occasione dell’incontro tra i vertici del Milan e i genitori di Spagnolo è stata la cerimonia per scoprire una targa per ricordare quella morte, a cui hanno partecipato tra gli altri il presidente del Genoa Enrico Preziosi e il presidente della Lega A Beretta. "Da genitore, da amministratore delegato del Milan e da tifoso - ha detto Galliani - vi chiedo perdono e spero che possiate capire che il vostro dolore è anche il nostro. Immagino da genitore lo strazio per la notizia della morte di un figlio in un modo così assurdo. Il senso della mia presenza è di chiedervi perdono con il cuore, ve lo chiedono la società Milan, e i tifosi". Il padre di Vincenzo Spagnolo, Cosimo, ha aggiunto: "La guerra deve finire. Le guerre, anche quelle piccole come queste - ha detto - portano solo morte, odio e dolore. Io non le voglio più". Non tutti, però, hanno capito l’appello: "Uomo di m...", "figlio di p...", due brevi cori di insulti sono stati indirizzati contro l’amministratore delegato del Milan Adriano Galliani da un gruppo di tifosi genoani nella Gradinata Nord prima della Supercoppa Primavera. Sono durati pochi istanti ma hanno rappresentato una nota stridente dopo appena un’ora dalla richiesta di perdono fatta da Galliani ai genitori di Vincenzo Spagnolo - il tifoso genoano ucciso 15 anni fa per mano di un supporter milanista - fuori dallo stadio Ferraris. La visita al Museo del Genoa. I modi gentili e la sensibilità di due grandi ex rossoneri, Filippo Galli e Giovanni Stroppa, perfetta antitesi del più violento ultrà, sono apparsi oggi i segni più veri della buona fede di una società, il Milan, che vuole superare, senza dimenticare, la tragedia dell’uccisione del tifoso genoano Vincenzo Spagnolo per mano del milanista Simone Barbaglia. L’ulteriore segno di distensione, a 15 anni di distanza, è stato lanciato oggi alle tifoserie da una delegazione della Primavera del Milan andata in visita ufficiale al Museo della Storia del Genoa. I rapporti tra le due società sono buoni da tempo e sono stati consolidati dalle ultime operazioni di mercato. Ora - hanno detto Filippo Galli, responsabile del settore giovanile del Milan, e Fabrizio Preziosi, direttore generale del Genoa - è necessario eliminare anche le tensioni tra le tifoserie. L’occasione è stata data dalla Supercoppa Primavera che si svolge questa sera al Ferraris tra Genoa e Milan. Un’ora prima della gara scoperta una targa per ricordare Spagnolo: è il primo incontro del padre Cosimo con i dirigenti del Milan, a cominciare dal vicepresidente Adriano Galliani, che ha chiesto "perdono". "Questa visita - ha detto Filippo Galli prima di lasciare il Museo del Genoa - ha anche lo scopo di consolidare i rapporti tra le due società, già buoni. Il nostro intento è quello di riuscire a unire anche le tifoserie. Vogliamo dare un messaggio positivo, senza dimenticare quello che è successo, per costruire davvero un rapporto positivo che possa continuare nel tempo. Devono essere lo sport e il calcio a vincere". L’ultima sfida al Ferraris, lo scorso maggio, si era svolta tristemente a porte chiuse per il rischio di incidenti, cresciuti dopo la decisione iniziale dell’Osservatorio sulla sicurezza di fare arrivare a Genova i tifosi del Milan. "Con i dirigenti del Milan stiamo lavorando da tempo per fare in modo che le partite tra Genoa e Milan possano tornare a essere solo sfide sportive - ha spiegato Fabrizio Preziosi. Le dirigenze hanno sempre avuto ottimi rapporti, consolidati con le ultime operazioni di mercato. Il prossimo passo da fare è con i tifosi e con le istituzioni, per fare in modo che non ci siano più le tensioni degli ultimi anni. Anche per rispetto alla famiglia Spagnolo che chiede la riconciliazione". Alla visita al museo del Genoa hanno partecipato anche i direttori sportivi genoani Stefano Capozzucca e Mario Donatelli (settore giovanile), il direttore del settore giovanile del Milan Mauro Pederzoli e il tecnico della Primavera del Milan, Giovanni Stroppa, al quale è stato mostrato il filmato di un suo gol in rossoblù in un derby vinto contro la Sampdoria. "Qui respiri veramente la storia del calcio, perché il 1893 è una data importante. Abbiamo visto pagine importanti del calcio in queste sale e faccio i complimenti davvero a chi ha pensato e ideato questo museo".

9 settembre 2010

Fonte: Ilsecoloxix.it

Scoperta la targa in memoria di Vincenzo Claudio Spagnolo

Genova - Una lastra di marmo per cancellare, almeno in parte, la barbarie e la follia. Quella che quindici anni fa portò alla tragica morte di un tifoso genoano, Vincenzo "Spagna" Spagnolo, la cui unica colpa fu quella di tifare per i colori sbagliati. Il giovane venne ucciso a coltellate dall'ultrà milanista Simone Barbaglia prima della sfida fra il Genoa e i rossoneri del 29 Gennaio 1995, proprio davanti allo stadio Ferraris. All'esterno dell'impianto ieri è stata posta una targa in memoria dello sfortunato supporter del Grifone, alla presenza della famiglia e dei rappresentanti di entrambi i club. E, tre lustri dopo la sua scomparsa, è arrivato ai congiunti un sentito messaggio da parte della Società di Via Turati, per voce dell'AD Adriano Galliani: "Da genitore, da amministratore delegato del Milan e da tifoso - ha detto - vi chiedo perdono". Purtroppo, questa tragica fine non è servita a cancellare i gesti dei violenti e le morti legate al mondo del pallone. Ma speriamo che serva, finalmente a far riflettere tutti coloro che con i loro comportamenti ingiustificati avvelenano lo sport più seguito del Paese.

10 settembre 2010

Fonte: Genovapost.com

Spagnolo, il giorno della riconciliazione

di Massimo Calandri

"Vi chiedo perdono. A nome del Milan e dei suoi tifosi". Quella parola, perdono, Adriano Galliani la ripete per due volte. Ad occhi bassi. La pronuncia proprio accanto al monumento dedicato a Vincenzo Claudio Spagnolo, nel punto in cui "Spagna" fu ucciso quindici anni fa. Decine di sostenitori rossoblù applaudono. E davvero sembra la fine, e sembra l'inizio. La fine di una "guerra", così come l’ha chiama Cosimo, il padre di Claudio. "Fine, basta", dice Cosimo. "Perché le guerre portano solo dolore e morte. Io non voglio più che un'altra famiglia possa soffrire quello che abbiamo sofferto noi". L'inizio di una nuova storia, come spiega Maurizio Beretta, presidente della Lega Calcio: "Genoa-Milan tornerà ad essere una partita normale. Dove prevale lo sport, lo spettacolo, il piacere di stare insieme". Perché questo è sport, ripete Enrico Preziosi: "E la violenza non ci appartiene". È successo ieri sera alle otto davanti al Luigi Ferraris, poco prima del calcio d'inizio del Genoa-Milan della meglio gioventù. Una data da ricordare. Una targa per sempre: "Morto per mano assassina antisportiva", è la frase incisa, e la targa è sul cippo di pietre imprigionate che salgono verso l'alto e ricordano il ragazzo ammazzato il 29 gennaio 1995. Un luogo sacro per tutti i tifosi del mondo, da ieri l'empatico punto di partenza, il passo decisivo verso un comune percorso di civiltà e di esempio. Di dialogo, comunicazione, e dunque di cultura. Genoa e Milan, di nuovo una partita di calcio. "Dopo quindici anni di silenzio e di tristezza - come ha ricordato l'assessore Paolo Veardo, anche lui presente alla cerimonia - rotto solo dalle parole di comprensione dei genitori di Spagna". Il primo appuntamento è per il 25 settembre, tra due settimane, al Meazza, via libera alla trasferta dei tifosi rossoblù: "Io mi auguro che sia un incontro normale, come deve essere: speriamo che il ministro dell'Interno sia d'accordo", è l'augurio di Galliani, vice-presidente vicario del Milan. "Dobbiamo pacificare gli animi. Anche se questo non lenirà mai il dolore della famiglia Spagnolo. Un dolore che è anche il nostro: lo dico prima da genitore, e poi da dirigente di club". Enrico Preziosi ha soprattutto parole di ringraziamento verso la mamma e il papà di "Spagna": "Tutto questo non sarebbe accaduto, senza le parole pronunciate da loro: sempre serene, senza rancori o rivalse". Tutta la città si è fermata per qualche secondo, concentrandosi su questo evento nella "volontà di ricordare per sempre": non c’era il sindaco Marta Vincenzi, impegnato a Roma per il Carlo Felice, ma c’erano l'assessore allo sport Stefano Anzalone, i colleghi Carlo Senesi e Veardo. Il presidente della Lega, Beretta, lo ha ribadito: "Fatti così non devono ripetersi. Mai più. Questa è una serata molto importante per lo sport italiano. La gente deve tornare serenamente allo stadio. E a chi parla di contestazioni per la "tessera del tifoso", rispondo: sono solo piccole minoranze che vogliono inquinare il clima di convivenza. Quest’anno consegneremo più di mezzo milione di tessere". Prima del match, nell'aria resta l'eco delle parole di Cosimo Spagnolo: "Basta guerre. Portano solo morti, e dolore".

10 settembre 2010

Fonte: La Repubblica

Fiori e silenzio per ricordare Spagnolo

Da diciotto anni Cosimo e Lina Spagnolo il 29 gennaio ricordano ciò che non dovrà mai più succedere. Ricordano il figlio Vincenzo, ucciso da una coltellata prima di quel lontano e dolorosissimo Genoa-Milan. Nel piazzale accanto allo stadio, davanti alla targa e all'obelisco in ricordo di "Spagna", c’erano tanti ragazzi che quella tragica domenica non erano neanche nati. Alcuni hanno voluto lasciare una corona di fiori per ricordare il tifoso rossoblù, tutti si sono stretti in un momento di raccoglimento. Per il Grifone era presente il vicepresidente Gianni Blondet, che ha ascoltato, anche lui, le sagge parole di papà Cosimo. Da sempre lontane da qualsiasi spirito di vendetta, nonostante il dolore sia impossibile da cancellare, nemmeno con il passare del tempo.

30 gennaio 2013

Fonte: La Repubblica

A 18 anni dalla morte di Spagnolo

Genoa-Milan, l’appello di Preziosi, Galliani e Lega

Genova - Genoa-Milan non è mai più stata una semplice partita di calcio, da quel gennaio 1995 in cui Claudio Spagnolo fu ucciso. Domani sera torna, in anticipo serale (ore 20.45) al Ferraris, di venerdì per le esigenze di Champions League dei rossoneri. E, dopo l’incontro avvenuto ieri in Prefettura con le società e le istituzioni, appello da parte dei massimi dirigenti di Genoa e Milan, insieme al presidente della Lega Calcio, affinché si tratti di una "festa di calcio". Ecco il comunicato congiunto: Era il 9 settembre del 2010, di lì a poco si sarebbe giocata la Supercoppa Primavera TIM proprio tra Genoa e Milan, quando, a nome della Lega Serie A, di Genoa e Milan, alla presenza dei genitori di Vincenzo Spagnolo, abbiamo scoperto nel piazzale antistante lo Stadio Ferraris una targa in memoria di "Spagna", volendo con quel gesto rendere omaggio alla memoria del giovane sostenitore rossoblù, tragicamente scomparso quindici anni prima, ma anche testimoniare la nostra piena fiducia che Genoa - Milan potesse disputarsi in un clima di ritrovata serenità. Il match tra il club più antico d’Italia e quello più titolato al mondo, complessivamente vincitori di 27 scudetti, che sarà seguito in tv dagli appassionati di 163 paesi del mondo e allo stadio dal pubblico delle grandi occasioni, apre venerdì sera la nona giornata di ritorno del Campionato di Serie A TIM portando con sé la ferma volontà di lanciare un messaggio positivo: Genoa - Milan è e dovrà essere per sempre soltanto una festa di calcio, un grande appuntamento sportivo di cui le due città, le tifoserie delle due squadre e tutti gli appassionati del calcio italiano possano sentirsi davvero orgogliosi. Questo è l’obiettivo principale della Lega Serie A e dei due club, ma anche dei vertici delle amministrazioni delle città di Genova e Milano, sulla cui piena collaborazione e supporto sappiamo da sempre di poter contare. In particolare il Prefetto, il Questore e il Sindaco di Genova si sono fattivamente adoperati affinché la città possa vivere questa grande serata nella maniera migliore possibile, favorendo quel clima di partecipazione ed entusiasmo che naturalmente si addice ad un così importante avvenimento sportivo. A ciò ha contribuito anche il costante impegno profuso dalla famiglia Spagnolo, a cui daranno manforte le iniziative proposte in campo dal Genoa Cfc che, oltre ad ospitare nel pre-partita sul terreno di Marassi alcune glorie del passato, nell’ambito dei festeggiamenti del 120° anniversario della Società, ha invitato ben 250 bambini delle scuole calcio affiliate al Grifone ad assistere gratuitamente a Genoa - Milan. Per questo, a tutti loro va il nostro più sentito ringraziamento. "Vivere nel cuore di chi resta non è morire": il ricordo di Vincenzo attraverserà senza dubbio le menti di tutti i presenti, ma i presupposti per assistere in maniera serena e festosa alla sfida tra Genoa e Milan sono davanti a noi. Buona partita a tutti. Maurizio Beretta - Enrico Preziosi - Adriano Galliani

7 marzo 2013

Fonte: Ilsecoloxix.it

Preziosi, Galliani e Beretta in campo

"Ricordiamo Spagnolo ma sia festa"

Un messaggio congiunto da parte di Preziosi, Galliani e Beretta, il presidente della Lega, nel quale si auspica che "il match tra il club più antico d’Italia e quello più titolato al mondo, complessivamente vincitori di 27 scudetti, dovrà essere per sempre soltanto una festa di calcio, un grande appuntamento sportivo di cui le due città, le tifoserie delle due squadre e tutti gli appassionati del calcio italiano possano sentirsi davvero orgogliosi... Il Prefetto, il Questore e il Sindaco di Genova si sono fattivamente adoperati affinché la città possa vivere questa grande serata nella maniera migliore possibile". Sono passati 18 anni da quando venne ucciso Vincenzo Spagnolo. "Vivere nel cuore di chi resta non è morire - si legge nel comunicato a tre firme - Il ricordo di Vincenzo attraverserà senza dubbio le menti di tutti i presenti, ma i presupposti per assistere in maniera serena e festosa alla sfida tra Genoa e Milan sono davanti a noi. Buona partita a tutti".

8 marzo 2013

Fonte: La Repubblica

Genoa - Milan quasi 20 anni dopo l'omicidio Spagnolo: parla il papà

29 gennaio 1995. Prima della partita Genoa-Milan viene accoltellato a morte un giovane tifoso rossoblù, Vincenzo Spagnolo. L'omicida risulta essere un ragazzo di appena 18 anni, di nome Simone Barbaglia, che all'epoca frequentava solo da poco la curva del Milan. L'assassino venne condannato a 14 anni e 6 mesi di carcere, ma uscirà molto prima, nel 2006, grazie all'indulto.

A quasi vent’anni da quel tragico Genoa-Milan che vide la morte di Spagna, pugnalato davanti al Ferraris, papà Cosimo ricorda con commozione e amarezza quella tragedia e chiede alla tifoseria rossoblù di non cadere nelle provocazioni, come riportato nell’edizione odierna de Il Secolo XIX: "Non andrò allo stadio, non me la sento ma il mio appello è che non accada nulla, che i tifosi del Genoa non diano seguito alle eventuali provocazioni e che Genoa-Milan sia una semplice partita di calcio". Poi prosegue: "La guardia deve restare alta, non bisogna abbassarla - prosegue il signor Cosimo - In questi anni ho parlato con i ragazzi, chiedendo loro di evitare che accadessero incidenti o altri problemi. Hanno capito e infatti non è successo niente. La speranza è che quello che è accaduto a mio figlio non si ripeta più e sia di insegnamento per il futuro, per tutti. Nessuno deve mai più perdere la vita andando allo stadio per una partita di calcio, mai più".

7 aprile 2014

Fonte: Fantagazzetta.com

Venti anni fa l'omicidio Spagnolo: "Il calcio sporco che ha ucciso mio figlio"

di Massimo Calandri

Vent'anni fa la tragedia di Claudio Spagnolo, parla il padre del genoano pugnalato al cuore a Marassi prima del match col Milan. "Che rabbia sapere che l'assassino ha fatto poca galera. Gli ultrà fanno sempre i loro affari. Duro parlare con la famiglia di Ciro".

GENOVA - Giovedì sono venti anni, ma Cosimo Spagnolo giura che è come se fosse ieri. "Perché i nostri figli continuano a morire per una partita di calcio. Ammazzati a causa di un pugno di delinquenti, con la complicità di un ambiente ipocrita che pensa solo al denaro. Claudio, Ciro Esposito: sempre la stessa storia". Claudio Spagnolo in gradinata lo chiamavano "Spagna": morì pugnalato al cuore da un tifoso rossonero a poche ore da Genoa-Milan, il 29 gennaio 1995. Allora si fermò lo sport italiano, il governo garantì un giro di vite contro la violenza, disegni di legge per riportare le famiglie negli stadi. I capi di tutti gli ultrà giurarono: basta lame, basta infami. Bugie. Vent'anni dopo si continua a morire per una partita, quelli che allora parteciparono all'assalto mortale scrivono sui social network: "Se la sono cercata". Vent'anni dopo è come ieri. E domani verso l'una papà Cosimo sarà davanti all'ingresso del "Ferraris", dove è successo. Insieme alla moglie e ad un gruppo di tifosi venuti da tutta Italia. Celebrando un rito dignitoso e amaro. Una corona di fiori, una maglia rossoblù, un lungo silenzio. Nessuna risposta. "Neppure da Claudio. Io nella mia testa continuo a vederlo tutti i giorni, gli parlo, gli chiedo: doveva essere un giorno di festa, come è stato possibile ?". Allora Simone Barbaglia era maggiorenne da qualche giorno: disse di aver colpito "per paura" dell'altro, che lo affrontava a mani nude. Condannato a 14 anni e 6 mesi, ne ha trascorsi in carcere meno della metà. Indulto, sconti di pena. Alla vigilia del Natale 2006 ha lasciato le Vallette di Torino, ma prima per qualche mese ha lavorato come giardiniere presso il Comune di Giaveno. "Silenzioso, sempre per i fatti suoi" raccontano di lui. Poi si sono perse le tracce. Su qualche sito ultrà fantasticano persino di averlo visto tifare Juve con i Fighters. (Omissis), regolarmente citato nei libri sui neofascisti milanesi degli anni Novanta, per l'accusa "influenzò" Barbaglia. Condannato per la rissa di Marassi, 3 mesi di prigione. Oggi è un commercialista, consulente per la Lega Nord. Ha tanti amici su facebook: naturalmente Matteo Salvini, ma anche ultrà finiti dietro le sbarre per i fatti genovesi.

Come (Omissis). Che dopo la morte di Ciro Esposito, ucciso a revolverate da Daniele De Santis nelle ore precedenti Roma-Napoli, scrive: "Sto con De Santis. La creazione di finti martiri ce la portiamo dietro da 20 anni e nessuno ha ancora capito. Esposito uguale Spagnolo". Cosimo ci ha parlato, con i genitori di Ciro. "Al telefono. Difficile, commovente. Brutto". Dice che la colpa è sempre degli stessi. "Piccoli gruppi di delinquenti che non gli importa niente della squadra e dei colori. Vogliono fare i loro sporchi affari". Soprattutto bagarinaggio e "sponsorizzazioni" più o meno esplicite dei club. Oggi anche il traffico di droga nelle curve. "Magari non cercano deliberatamente il morto. Ma la confusione, la violenza. Qualche ferito, perché no ? Per mettere pressione alle società, che così scelgono di lasciarli fare". Non è cambiato nulla, no. "Nessuno insegna la cultura dello sport fin dalla scuola. I club non investono nella sicurezza: meglio incassare e basta. La partita, che dovrebbe essere una gioia per le famiglie, rischia ogni volta di trasformarsi in un inferno". Genoa-Milan a Marassi è stata di nuovo "sdoganata" per i sostenitori rossoneri solo da due stagioni. "Per tanti anni ho aspettato una telefonata di Berlusconi. Bastava un: "Mi dispiace". Invece niente, mai. Neppure il club. Come se non fosse accaduto. Poi un giorno ho incontrato Galliani. Che ha capito, e insieme ne siamo venuti fuori". Ha incontrato anche Barbaglia. "All'inizio provavo un tale dolore per la perdita di mio figlio, che al suo assassino non ho mai pensato. Non ho sentito niente dentro, nemmeno al processo. Ma quando ho saputo che ha fatto così poca galera, mi è venuta una gran rabbia". Stringe le mani, indurite da una vita alla Fincantieri. "Se me lo trovassi oggi di fronte, non riuscirei a trattenermi. Potrei anche dargli uno schiaffo". Uno schiaffo, dice. La casa popolare in via Digione, sulla collina di Di Negro di fronte al porto. Sui muri del salotto, le fotografie di Claudio. Sempre sorridente. "Aveva 24 anni. Suo nonno ne ha 99, coltiva ancora l'orto: siamo gente tosta. Destinata a vivere a lungo. Quella mattina io e mia moglie siamo andati dai miei genitori in campagna, prima di uscire ho socchiuso la porta della camera: Claudio dormiva. Era tutto così tranquillo. "Col Milan ci divertiremo, è un grande Genoa", mi aveva detto la sera. Sembra ieri ".

28 gennaio 2015

Fonte: Repubblica.it

"Un Grifone non muore mai": la commemorazione per Vincenzo Spagnolo

Il padre del tifoso ucciso 25 anni fa: "L'errore più grande sarebbe dimenticare".

"Un Grifone non muore mai", con questo coro si è aperta la commemorazione fuori dal Ferraris in onore di Vincenzo Spagnolo, il tifoso del Genoa ucciso il 29 gennaio 1995 prima della sfida con il Milan. Una coltellata al cuore costò la morte del giovane, una delle pagine più nere della storia del calcio. Come ogni anno i tifosi hanno depositato fiori e ricordato Spagnolo con la solita commozione. Presente anche Cosimo Spagnolo, il padre del ragazzo, che anche a distanza di 25 anni, ricorda quel giorno con estrema lucidità e con la stessa commozione del primo giorno: "Quello che ha lasciato lo dimostrano questi ragazzi che tutti gli anni vengono qua a ricordarlo. Loro hanno dimostrato che non vogliono che accadano più cose di questo genere, che un ragazzo possa morire per lo sport. C'è tanta tristezza perché oggi sono 25 anni che è morto, è passato il tempo che lui ha vissuto: è morto a 24 anni e oggi sono già 25 anni che manca. C'è molta tristezza quando penso a questo. Quello che ci fa ben sperare è che questo sia un insegnamento, non bisogna mai dimenticare quello che è successo: è l'errore più grosso che possiamo fare. Si ricorda una tragedia. Anche dalla parte della Sampdoria ci sono tante persone che lo ricordano. Questo ci dà sollievo perché vuol dire che non è stato dimenticato".

29 gennaio 2020

Fonte: Telenord.it

Dotto: "Che male le critiche alla notizia dell’omicidio di Spagnolo"

di Alessandro Legnazzi

"Venni accusato di aver dato la notizia con leggerezza, ci rimasi molto male" spiega l'ex radiocronista.

Emanuele Dotto è stato intervistato da suiveur.it sulla sua lunga carriera radiofonica alla storica trasmissione "Tutto il calcio minuto per minuto". Ecco dei suoi ricordi più brutti: "La morte del tifoso del Genoa Vincenzo Claudio Spagnolo nel 1995 è una ferita ancora aperta. Oltre al dolore personale, si aggiunse il peso di critiche ingiuste: venni accusato di aver dato la notizia con leggerezza, come se non fosse importante. Ci rimasi molto male, fu una brutta giornata per lo sport italiano". Dotto aggiunge qualche considerazione sul giornalismo sportivo attuale: "L’imparzialità, l’analisi e la critica mi sembrano scomparse a vantaggio del becero, del sensazionalistico e del gossip. Inoltre nel calcio le regole le dettano esclusivamente le società, che si chiudono e si allontanano sempre di più. L’accesso alla professione si è liberalizzato un po’ troppo. A risentirne è stata la qualità. Oggi, giornalisti come Brera e Arpino farebbero fatica a lavorare: prima di tutto, lo farebbero controvoglia; secondo, verrebbe continuamente chiesto loro di accorciare i pezzi perché troppo lunghi. Mancano i maestri e i riferimenti, tanto sportivi quanto culturali". Esiste una cultura sportiva in Italia ? "Per me esiste la cultura in senso ampio. Tutte le altre, compresa quella sportiva, sono delle sfumature, delle declinazioni - chiosa Dotto - ognuno si farà la sua cultura in base all’argomento che più gli interessa o di cui deve parlare. Però, di base, ci vuole la cultura in senso ampio: civiltà, educazione, istruzione; dunque studio, letture, memoria. Se a mancare è la cultura di base, tutto il resto viene meno".

29 Febbraio 2020

Fonte: Pianetagenoa1893.net

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