E per Spagnolo gli ultrà del
Genoa non contestano
GENOVA - Nel ricordo di Claudio
Spagnolo, accoltellato a morte sei anni
fuori dallo stadio Ferraris, prima di un
drammatico Genoa-Milan, venerdì sera,
nella partita che faceva sprofondare la
più antica società di calcio italiana
sul baratro della serie C, non è volata
in campo nemmeno una monetina ed una
precauzione obbligata ma inutile si è
rivelata quel robusto cordone di polizia
a proteggere il pullman della squadra.
"Una delegazione di tifosi - racconta il
padre di Spagnolo - è venuta a trovarmi
in tribuna e mi ha assicurato il modo
migliore per onorare la memoria di
Claudio era evitare che si verificassero
incidenti. Poi quei tifosi sono andati a
deporre un mazzo di fiori sotto la
Gradinata Nord, con loro c’era anche
Vincenzo Torrente. Era il capitano
quella maledetta domenica, è lui che
all'altoparlante lanciò l'appello alla
tifoseria perché sospendesse la rivolta.
E mio figlio ha insieme a sé per sempre
la maglia di Torrente". La famiglia
Spagnolo non può dimenticare: "Ogni
volta che vediamo in televisione il
filmato di un tifoso con una spranga in
mano, non possiamo non pensare che
Claudio sia morto inutilmente. Le
società di calcio, che distribuiscono
biglietti omaggio agli ultrà, e anche le
forze d'ordine sanno perfettamente chi
sono le mele marce che andrebbero
eliminate, però nessuno interviene.
Barbaglia, l'assassino di mio figlio,
già da due anni è in libertà, anche se è
stato condannato a 21 anni, mentre
(Omissis), il famoso "chirurgo", se
l’è cavata con qualche giorno di arresti
domiciliari". (g. a.)
28 gennaio 2001
Fonte: La Repubblica
Il papà di Spagnolo oggi
incontrerà gli studenti ad Ancona:
"l'assassino è libero, bisogna educare".
Mio figlio Vincenzo, morto per
nulla
di Franco Giubilei
A Cosimo Spagnolo accoltellarono a morte
il figlio Vincenzo. Era una domenica di
gennaio del '95: prima di Genoa-Milan,
un commando di ultrà rossoneri delle
"Brigate 2" venne a contatto coi tifosi
genoani e Vincenzo "Spagna" rimase
sull'asfalto, colpito al cuore da un
diciottenne che da un paio d'anni è
libero come l'aria, Simone Barbaglia.
Oggi Cosimo Spagnolo ad Ancona, nella
sede della Figc, sarà un testimone
importante al convegno "Violenza negli
stadi" voluto dall'assessorato ai
Servizi scolastici del Comune. Con lui
ci saranno l'ex ultrà genoano Luca
Vincenti, autore del libro "Diario di
una domenica da ultrà" e Maurizio
Mainelli, direttore del Centro studi
sulla sicurezza pubblica della polizia
di Brescia. Sei anni dopo, il padre di
Vincenzo traccia un bilancio amaro: "E'
stato fatto pochissimo. Bisogna
prevenire, non aspettare che succeda il
fatto grave. I violenti sono conosciuti
sia dalle società che dalle forze
dell'ordine, si creino le condizioni per
non farli entrare allo stadio e per non
farli girare nei dintorni degli impianti
in occasione delle partite, finché non
dimostrano di essersi veramente
ravveduti. Sono pochi, ma si trascinano
dietro centinaia di persone". Se gli
elementi pericolosi sono facce note ai
club e alla polizia, allora ci si chiede
perché continuino a girare impunemente.
La risposta di Spagnolo è ancora più
sconsolata: "Troppi interessi in ballo,
e la distribuzione dei biglietti c'entra
di sicuro". Sul fronte
repressivo-giudiziario è peggio che
andar di notte, come dimostra la vicenda
processuale dell'omicidio di Vincenzo: "Servono pene certe, sicure, e leggi più
concrete, perché le norme in vigore sono
troppo astratte e non permettono di
punire chi si macchia di quegli atti.
L'assassino di mio figlio si è fatto un
anno di carcere, ed è fuori da due anni
e più". Il processo a Barbaglia, oltre
alle solite lungaggini, ha seguito un
andamento altalenante, dalla condanna
iniziale a 11 anni e 4 mesi alla
discussione se sussistesse o meno
l'aggravante dei futili motivi. "Più
futili di così - commenta Spagnolo - Il
processo è stato rifatto, c'è stata una
seconda condanna a 16 anni e 4 mesi,
quindi noi della famiglia e la Procura
generale abbiamo fatto ricorso in
appello. Per omicidio volontario la pena
sarebbe 21 anni, ma una legge dell'anno
scorso ha fatto sì che anche gli
assassini possano andare al rito
abbreviato, così si è tornati al primo
processo". La sola cosa certa si è
rivelata la decorrenza dei termini
massimi di carcerazione preventiva,
adesso dovrà pronunciarsi la Cassazione.
Ad Ancona Cosimo Spagnolo parlerà
davanti a una platea di studenti: "Una
parte ascolterà, altri no. Ma insegnando
fin da piccola cos’è il vero calcio,
forse qualcosa si può fare".
7 aprile 2001
Fonte: La Stampa
Dieci anni fa la folle tragedia
di "Spagna"
Domenica 29 gennaio 1995. Genoa-Milan.
Vincenzo Spagnolo, "Claudio" per tutti,
viene ucciso con una coltellata da
Simone Barbaglia, diciottenne ultrà
rossonero sbarcato a Genova con un
coltello in tasca. Sabato prossimo
saranno passati dieci anni. Uno
striscione che ricorda Claudio campeggia
sempre in gradinata, e il "totem" nato
in memoria degli operai morti nella
costruzione del nuovo Luigi Ferraris è
diventato anche il luogo del suo
ricordo. Un fiore, proprio davanti alla
gradinata Nord dove "Spagna" ha trovato
la morte, non manca mai. Accanto ai
colori rossoblù, negli anni, il totem ha
ospitato sciarpe e bandiere di decine di
squadre italiane.
23 gennaio 2005
Fonte: La Repubblica
Mio figlio ucciso, i cattivi
ultrà protetti
di Enrico Currò
Ventinove gennaio: il giorno della
memoria per gli ultrà. Non solo quelli
del Genoa che ricordano Claudio Vincenzo
Spagnolo, ucciso a 24 anni da una
coltellata all’esterno dello stadio
Ferraris, ma anche quelli di tutta
l’Italia, che la domenica successiva
riuscirono a fermare il campionato con
lo slogan "basta lame, basta infami".
Sono passati dieci anni, l’omicida,
Simone Barbaglia, diciottenne all’epoca
dei fatti, ha subito tre processi (la
prima sentenza fu impugnata dalla
procura generale perché non si era
tenuto conto dell’aggravante dei futili
motivi) e sta scontando nel carcere
delle Vallette a Torino la pena
definitiva di 14 anni e 8 mesi. Due
giovani vite bruciate, due famiglie
distrutte. L’anniversario della
scomparsa del figlio, Cosimo Spagnolo lo
trascorrerà insieme agli ultrà del
Genoa: il torneo di calcio tra tifosi, i
fiori nel punto dove "Spagna" è stato
ammazzato. "Non voglio vendette -
confida - finalmente dopo dieci anni il
Genoa tornerà a giocare in serie A e
incontrerà il Milan per la prima volta
da quel giorno. Prima della partita farò
personalmente un appello alla tifoseria:
non dovranno esserci incidenti. Ma
Simone Barbaglia non lo perdono, mi ha
portato via un figlio e non ha mai avuto
nemmeno una parola di pentimento".
Coppe, trofei, medaglie: ogni angolo
della piccola casa nel quartiere
popolare sulla collina, che si arrampica
davanti al porto di Genova, ricorda
Claudio. La sua camera è rimasta intatta
come dieci anni fa: i poster del Genoa
con Signorini capitano, le foto di Che
Guevara, gli adesivi "no al fascismo"
dello Zapata, il centro sociale che
frequentava. "Mi sono chiesto - sospira
Cosimo Spagnolo - perché quando Claudio
si è trovato davanti Barbaglia con il
coltello non sia scappato. Ma la
risposta è facile: era forte e
coraggioso, non avrebbe mai lasciato che
tra la gente girasse un ragazzo armato.
Era convinto di riuscire a disarmarlo,
ma l’altro ha mirato dritto al cuore".
Non riesce ad odiare il calcio che pure
gli ha portato via un figlio: "Credevo
che, dopo un po' di tempo, di Claudio
non si sarebbe ricordato più nessuno e
invece non c'è stadio, anche il più
sperduto d'Italia, dove non sia stato
esposto lo striscione rossoblù con il
suo nome. Ci sono tanti pregiudizi sugli
ultrà: io posso dire invece che sono
ragazzi speciali. Ma se Genova ha
imparato la lezione, non è così in altre
parti d'Italia. Davvero si vogliono
ridare gli stadi alle famiglie come
predicano in molti ? Le mele marce non
sono più di dieci per ogni tifoseria:
non dovrebbe essere difficile
identificarli e isolarli. Mi chiedo però
se ci sia la volontà di farlo. A
cominciare dalle società che gli
permettono di gestire un business
importante come quello dei biglietti.
Per esempio (Omissis) (il Chirurgo
ndr) i biglietti come se li procurava ?
Ed è agli atti che la spedizione con i
coltelli a Genova fu programmata e a
quelle riunioni c'era anche
(Omissis). Ma se l’è cavata con pochi
mesi di carcere". Non ha dimenticato, il
signor Spagnolo, che quel giorno
Capello, allenatore del Milan, voleva
che la partita continuasse: "Un grande
allenatore, ma un piccolo uomo. Non ha
sensibilità, io forse ne ho troppa.
Quando Genova nei giorni del G8 ha
pianto un altro suo ragazzo, sarei
voluto andare ad abbracciare il padre di
Carlo Giuliani. Ma non ce l’ho fatta:
sapevo che sarei crollato". Simone
Barbaglia è diventato adulto in carcere:
compirà 29 anni nel prossimo agosto.
Tornerà libero nel 2010. Era un ragazzo
immaturo e fragile: l’ansia di
dimostrarsi un duro, agli occhi dei capi
della spedizione, lo spinse al gesto
fatale e insensato. "Perché mi sono
lasciato trascinare ?", chiese per mesi
a parenti, psicologi, avvocati,
assistenti sociali. Si faceva strada la
consapevolezza di essere stato un debole
gregario, plagiato alla violenza da
persone ben più adulte di lui. Ora lo
domina il senso dell’irreparabilità di
quello che ha fatto. "So che il mio nome
uscirà ogni volta che si parla di
violenza da stadio, per ogni giorno
della mia vita. Voglio scomparire, non
posso fare altro", ha detto di recente,
declinando l’invito di una scuola a
parlare della
vicenda. Ha vissuto prima
nel carcere di Genova, poi in quello di
Chiavari. È stato agli arresti
domiciliari, periodo durante il quale ha
fatto l’elettricista, quindi è tornato
in carcere a Voghera, Alessandria e
infine a Torino. Qui lavora come addetto
alle pulizie, studia per l’ultimo anno
di ragioneria, gioca a calcio nell’ora
d'aria, riceve le visite della madre,
tiene i contatti con i suoi due legali,
Stefano Savi e Davide Mosso. Il ragazzo
di via Primaticcio, periferia ovest
milanese, cercava in curva la rivincita
agli insuccessi scolastici e lavorativi,
ma era un tifoso così tiepido da non
ricordare neppure, durante
l’interrogatorio, l’esatta formazione
del Milan. Il suo idolo era (Omissis), laureato in economia e
commercio, figlio di un direttore
compartimentale delle ferrovie e leader
delle Brigate Rossonere 2, il gruppo
scissionista che aveva il controllo di
una parte della curva del Milan, grazie
anche al business della vendita dei
biglietti che arrivavano direttamente
dalla società. (Omissis) doveva il
suo carisma anche alla fama di duro e
all’abilità nell’usare il coltello: da
qui il soprannome di Chirurgo. Nella
ricostruzione del pm Terrile,
(Omissis) fu ritenuto il responsabile
morale dell’omicidio. Barbaglia tentava
di emularlo: "L’idea di farmi vedere da
Carlo scappare e di dimostrare che non
avevo abbastanza coraggio mi era
insopportabile", raccontò l’omicida al
magistrato. Le sue parole non restano
ancora un peso sulla coscienza dell’ex
capo ? (Omissis), 41 anni,
commercialista affermato e già
consulente fiscale della Lega Nord a
Milano, preferisce non sciogliere il
dubbio: "Non mi sento di dare una
risposta. Ritengo più che mai opportuno
astenermi da qualsiasi commento. Se ho
patteggiato la pena, rinunciando a
difendermi, il motivo prevalente è stato
quello di dare un basso profilo e poca
cassa di risonanza alla vicenda. Allo
stadio ? Ci vado ancora, ogni tanto. In
curva no".
29 gennaio 2005
Fonte: Repubblica
Il padre di Spagnolo: "Non si
può morire per una partita"
ALLARME VIOLENZA - Genova, 20
agosto 2007 - "Non voglio altro dolore,
non voglio altra violenza. Ho perso un
figlio, per una partita di calcio. E non
si può morire così. Lo dico a tutti i
tifosi d’Italia, non solo agli ultras
del Genoa o del Milan".
Ascoltate questo padre. La sua
testimonianza. Sa che cos’è la
sofferenza. Cosimo Spagnolo ha 64 anni.
Era il 29 gennaio del 1995 quando suo
figlio, Vincenzo Spagnolo, detto
"Spagna", fu accoltellato a morte, a 24
anni, da un ultrà rossonero, Simone
Barbaglia, prima di Genoa-Milan. Da quel
giorno, le due squadre non si sono più
incontrate. Torneranno a farlo domenica
a Marassi, dodici anni dopo. A Genova
c’è grande preoccupazione e allarme. "Ma
non si parli di vendetta, diamo una
lezione di civiltà", il suo appello.
Signor Spagnolo, il prefetto di Genova
vuole vietare Marassi ai tifosi del
Milan. "Ho letto, ma uno stadio dovrebbe
essere sempre aperto a tutti, perché il
calcio è di tutti". Non teme anche lei
scontri fra le due tifoserie ? "In
questi anni, anche se per me è come se
tutto fosse successo ieri, ho mantenuto
i contatti con gli amici di mio figlio,
ne aveva anche fra i sampdoriani,
parlando con me hanno sempre condannato
la violenza. Condannare vuol dire non
condividere. E se domenica dovesse
succedere qualcosa di brutto, ci
resterei molto male, mi sentirei
tradito". Che cosa ha detto, agli amici
di suo figlio ? "Che la violenza non ha
senso. Contro chi, poi ? Contro altri
giovani, altre famiglie innocenti ? Ma
io credo a questi ragazzi, mi fanno
pensare che non dovrebbe succedere
niente di grave. Nel caso opposto,
vorrebbe dire che non sono stati sinceri
con me. Anche se...". Anche se ? "Il
rischio di qualche testa calda, di
qualche cane sciolto c’è sempre, ma il
vero pericolo sono i portatori di
veleno, i cattivi maestri delle curve.
Loro sì, che dovrebbero essere
allontanati dagli stadi". A chi si
riferisce, quando parla di cattivi
maestri ? "Ai capi più anziani, quelli
che riuniscono i ragazzi in pizzeria per
inculcare la violenza, che ricattano le
società per avere i biglietti da vendere
come bagarini, che minacciano in caso
contrario incidenti per fare
squalificare il campo, che ne hanno
fatto un modo per guadagnare. Ci sono
molti interessi, troppi. I club spesso
hanno paura, non li denunciano, come
invece ha fatto recentemente proprio il
Milan, e ha fatto bene". Suo figlio
faceva parte di un gruppo ? "Seguiva il
Genoa, ma non aveva rapporti più di
tanto con il mondo ultrà. Lavorava a
Porto Rotondo, nell’agenzia immobiliare
della sorella, era odontotecnico, veniva
da noi solo per i fine settimana".
È
cambiato qualcosa, secondo lei, in
dodici anni ? "No. Troppa impunità, chi
sbaglia non paga come dovrebbe". Si
riferisce a Barbaglia, scarcerato grazie
all’indulto, definitivamente libero dal
28 febbraio ? Aveva 18 anni, quando
uccise suo figlio. "Sì, mi riferisco a
lui. Volevo giustizia, in base alla
legge. Oggi è libero come noi, dopo aver
tolto la vita a un ragazzo che aveva sei
anni più di lui". L’iter della legge, ha
scontato la sua pena. "Troppi cavilli.
In Inghilterra sono riusciti a
sconfiggere la violenza applicando la
legge, ma con la necessaria severità".
Ha mai avuto contatti con la famiglia
Barbaglia ? "No, mai". E con il Milan ?
"I primi giorni dopo il dramma, poi
niente, silenzio". È più entrato in uno
stadio ? "Solo per il torneo estivo del
Genoa in memoria di mio figlio". Com’è,
oggi, la sua vita ? "Da pensionato. Sono
stato un responsabile nel settore
cantieri navali di Sestri, ma non avevo
più stimoli, sono andato in pensione due
anni dopo la tragedia". Che cosa ha
provato nei giorni dell’omicidio Raciti
? È stato come rivivere il momento della
morte di mio figlio. Le cose non sono
cambiate". Antonio Matarrese, presidente
della Lega, disse: "Il calcio non può
chiudere, i morti purtroppo fanno parte
del sistema". "Detta da un dirigente con
la sua carica, non da una persona
qualsiasi, mi sembra una frase molto
grave. È il momento di cambiare il
sistema, ecco che cosa mi aspettavo che
dicesse il signor Matarrese". Che cosa
ha capito, in questi anni, della
mentalità ultras ? "Che è difficile da
capire. Presi da soli, questi ragazzi
sono anche fragili, piangono, poi scatta
la logica del branco da stadio, la
necessità di non fare brutta figura con
i loro cattivi maestri, appunto". Che
cosa vuole dire, ancora, sulla partita
di domenica ? "Che i veri valori del
calcio sono altri, che lo sport deve
essere vicinanza. E che sia solo una
partita, il modo migliore per ricordare
mio figlio".
20 agosto 2007
Fonte: Quotidiano.net
Fiori a Marassi, trionfa la
città
di Stefano Origone
Tanto rumore per nulla. Cinquecento
uomini in divisa anti sommossa ad
aspettare un nemico che non c'è. Ogni
angolo della città presidiato da
camionette e jeep, i caselli e le
stazioni ferroviarie blindate, un
elicottero che per ore è sorvolato sulla
città: un occhio vigile che doveva
scovare i commando di tifosi rossoblù
appostati chissà dove per tendere
agguati a un nemico invisibile.
Invisibile perché dei supporter
milanisti ieri a Genova non c'era
neppure l'ombra. "Si contano sulle punte
delle dita: sono così pochi che si
confondono con i nostri... Ammette uno
steward di fede genoana. La tanto temuta
guerriglia urbana non c'è stata. Il 3-0
non ha innescato l'ira dei tifosi più
accaniti, i 24.000 se ne sono ritornati
a casa un po' delusi per la prima
prestazione del Genoa, ma senza
intenzioni bellicose. Dopo tutto non
c'era nessuno con cui prendersela.
Nessuno ha lanciato bottiglie, nessuno
(di solito accade anche quando il Genoa
vince) ha incendiato i cassonetti. La
decisione del prefetto Giuseppe Romano
di vietare lo stadio ai tifosi del
Milan, lo stop alla vendita dei
biglietti fuori Genova, gli appelli alla
non violenza del padre di Vincenzo
Spagnolo, hanno funzionato. "Siamo
fiduciosi che vada tutto bene, ma
aspettiamo la fine della partita", ha
sussurrato il questore Salvatore
Presenti, sugli spalti con i vertici
delle forze dell'ordine, prima del
fischio d'inizio. La sua "preghiera" è
stata ascoltata. "Sì, è filato tutto
liscio", ha aggiunto al 90'. In una
città deserta, in una calma quasi
irreale, già dalla mattina si è capito
che i temuti scontri erano solo il
ricordo di un brutto sogno. L'unica nota
un po' stonata, ma solo perché non era
stata chiesta l'autorizzazione al
prefetto, è stato il corteo organizzato
dai genoani in piazza Alimonda. Almeno
quattrocento tifosi si sono radunati
alle 11.30 davanti all'Ottavio Barbieri
per dirigersi tutti insieme allo stadio
per commemorare l'amico Vincenzo, ucciso
dal milanista Simone Barbaglia il 29
gennaio 1995. Con i capi storici in
testa al corteo, hanno raggiunto il
piazzale dello stadio, dove hanno
deposto ai piedi della stele dei mazzi
di fiori. Hanno intonato degli inni,
alternati a qualche insulto ai tifosi
del Milan, e poi tutti dentro il
Ferraris in attesa dell'esordio in serie
A dopo dodici anni di passione. Ai
cancelli di accesso, sembrava di essere
alla fermata di un bus in Inghilterra. I
tifosi (c'erano tante famiglie con
bambini) in fila indiana hanno atteso
pazientemente di superare i tornelli. Si
respirava aria di calma e voglia di
divertirsi anche sotto la Nord, dove le
forze dell'ordine schierate lungo il
campo hanno potuto vedere la partita
senza preoccuparsi più di tanto di
eventuali lanci di oggetti e di
invasioni dei settori perché lo stadio
era tutto rossoblù. C'è da dire che
l'enorme schieramento è stato dislocato
per la città più che altro per scena,
per dare l'impressione che Genova fosse
pronta a qualsiasi evenienza e che
qualsiasi atto di violenza non sarebbe
stato tollerato. Tanto che le prime
pattuglie ai caselli, sono comparse non
all'alba, ma ben dopo le 11 di mattina.
A Genova Est la polizia ha fermato tutte
le auto targate Milano: almeno settanta,
che sono state controllate da cima a
fondo. Erano tutti turisti, solo quattro
ragazzi di Milano erano dei tifosi.
Genoani, che avevano acquistato un
regolare biglietto. "I servizi di
sicurezza predisposti sono riusciti
benissimo. Tutto si è svolto nella
massima regolarità e tutte le
componenti, dalle forze dell'ordine alle
società, agli steward, hanno fatto la
loro parte - ha dichiarato Salvatore
Presenti, commentando prima di uscire
dallo stadio la giornata ad alta
tensione. Il primo passo verso la
distensione è stato fatto dalle due
squadre con il dono di un mazzo di fiori
alla sorella di Vincenzo Spagnolo.
Speriamo che in futuro la pacificazione
possa essere totale". A fine partita,
nonostante la sonora sconfitta, i
supporter, chi a piedi, chi in bus, auto
e moto, sono tornati a casa in attesa
del prossimo match con il Catania. A
Brignole almeno un migliaio di tifosi
sono stati scortati da una ventina di
agenti fino ai binari e se ne sono
andati sventolando le bandiere.
"Pazienza, è andata male - dice Marco,
27 anni, di Rapallo - ma la squadra ci
ha messo il cuore. Ci rifaremo la
prossima volta: forza Genoa, per
sempre".
27 agosto 2007
Fonte: La Repubblica
Un match nel ricordo di Spagnolo
Gattuso e C. applaudono la
gradinata
di Enrico Currò
GENOVA - Se, come dice Lippi, lo stadio
di Marassi blindato, vietato ai tifosi
del Milan e con poche migliaia di
biglietti venduti oltre ai 21 mila
abbonati del Genoa, ha rappresentato la
prima sconfitta del campionato, in
compenso questa domenica genovese piena
di fair-play è stata la prima vittoria.
È filato tutto liscio", racconta il
questore Presenti, e dal suo sollievo si
intuisce che non era affatto scontato.
Il divieto di trasferta agli ultrà
milanisti, dunque, sarà anche stato
spiacevole per lo sport, però ha tolto
qualunque pretesto a chi progettava
vendette da bassifondi, brandendo il
nome di Vincenzo "Claudio" Spagnolo, il
ragazzo genoano ucciso 12 anni fa con
una coltellata davanti alla gradinata
Nord, in uno scontro tra gli ultrà delle
due squadre. Papà Cosimo ha visto tutto
in tv ed è felice che i suoi appelli
siano stati ascoltati: "Non me la
sentivo di andare. Mio figlio è stato
onorato nel migliore dei modi. Voglio
ringraziare i tifosi del Genoa per la
loro civiltà, hanno dimostrato di avere
capito. Voglio ringraziare i due
capitani Bega e Ambrosini per il loro
gesto importante prima della partita, il
mazzo di fiori regalato a mia figlia
Romina. E voglio ringraziare i
calciatori del Milan per quello che
hanno fatto alla fine: sono immagini che
entrano nel cuore della gente più di
qualsiasi parola e aiutano le menti dei
ragazzi a riflettere sul vero senso di
una partita di calcio". Cosimo Spagnolo
allude alla scena finale, con i
giocatori milanisti fermi al centro del
campo ad applaudire lo stadio tutto
rossoblù e in particolare la gradinata
Nord, zeppa di bandiere che
sventolavano, malgrado la sconfitta.
"L'idea ci è venuta spontaneamente: lo
scenario era bellissimo, era giusto
ringraziare", ha spiegato Gattuso.
Adesso che è andata bene la prima
puntata di Genoa-Milan, dopo 12 anni di
attesa carica di tensione, Seedorf
lancia una proposta: che la partita di
ritorno al Meazza il 27 gennaio 2008, a
quasi tredici anni esatti dalla morte di
Claudio, ridiventi normale e venga
aperta a entrambe le tifoserie: "Di
sicuro spero che nel prossimo campionato
il Genoa sia ancora in A e che i nostri
tifosi possano contribuire allo
spettacolo di questa grande coreografia:
bisogna sapere andare avanti nella vita
e il nostro gesto voleva significare
proprio questo. Ma io vorrei addirittura
che i genoani potessero venire a Milano,
in gennaio". In verità, come spiega il
proprietario del Genoa Preziosi, quella
di Seedorf rischia di restare un'utopia:
"E' un peccato, ma la decisione del
prefetto è stata inevitabile e temo che
succederà anche a San Siro, a parti
invertite". Galliani, però, pensa già
alla prossima stagione e critica la
decisione di Romano, il prefetto
genovese: "Credo che dopo 12 anni si
potesse permettere ai nostri tifosi di
essere qui: tra un anno, che differenza
ci sarà ? Non si può andare avanti così
all'infinito". All'amministratore
delegato del Milan risponde, un po'
amareggiato, Cosimo Spagnolo: "Sono
d'accordo con Galliani: i veri tifosi
devono potere entrare sempre allo
stadio. Ma gli chiedo una cosa: che cosa
hanno fatto davvero in questi 12 anni,
lui e gli altri dirigenti del calcio,
per fermare i violenti ?".
27 agosto 2007
Fonte: La Repubblica
E nella Nord sventolarono le
bandiere
La scenetta di un inviato Rai di Roma,
derubato del suo microfono, con aggiunta
di gavettone alla cameraman (peraltro
genoana) da un capo del tifo organizzato
rossoblù intorno allo stadio prima della
partita, resta l'unico episodio alla
voce cronaca. Così come la copertina
dell'opuscolo del Genoa fatta
appositamente per la partita: un grifone
su sfondo scuro che tenta di artigliare
un diavolo. I tifosi hanno avuto a lungo
nella testa la gara di ieri, alla fine,
tutto è filato liscio. Meglio di così, a
parte il risultato per chi è genoano,
non poteva andare. È un po' meno partita
senza i supporter della squadra
avversaria, questo sì, qualunque essi
siano. Lo sanno tutti, ma ieri è andata
bene così. Per il ritorno, a gennaio, si
vedrà, come ha detto ieri Enrico
Preziosi. "L'incasso lo abbiamo perso è
vero, ma ben vengano certi provvedimenti
se possono escludere alcune situazioni a
rischio. Il divieto di andare a Milano
nel girone di ritorno ? Direi che
sarebbe giusto, anche se sia noi che
loro dovremmo fare un gesto che ci
avvicini definitivamente". Qualcosa è
stato fatto anche ieri, prima
dell'inizio della partita: Ambrosini e
Bega, i capitani di Milan e Genoa hanno
regalato un mazzo di fiori a Romina, la
sorella di Vincenzo Spagnolo, ucciso il
29 gennaio del '95 proprio in occasione
di Genoa-Milan. Un sorriso, un grazie
sussurrato e il passato che torna in un
istante. Qualcosa è stato fatto anche al
termine del match. Un passettino, ma è
pur sempre un passo avanti. Piuttosto
significativo, e raro da vedere sui
campi da calcio. Soprattutto dopo un
pomeriggio tanto speciale e carico di
significati. Ma andiamo con ordine:
Saccani aveva già fischiato la fine
dell'incontro quando il gruppo
rossonero, da centrocampo, ha iniziato
ad applaudire con le braccia in alto
tutto lo stadio. Dida, Gattuso,
Ambrosini, Oddo, Kakà, tutti a battere
le mani rivolti alle due gradinate, poi
a distinti e tribuna. Un segno di
ringraziamento, simbolico, ma ben chiaro
ed evidente che non poteva passare
inosservato. Senza mai avvicinarsi ai
settori dello stadio, non si sa mai, ma
restando al centro del campo, la voglia
di dire, nell'unico modo possibile,
qualcosa. Complimentarsi per non aver
perpetrato la violenza, alimentato la
vendetta. E infatti nella Nord, così
come nel resto dello stadio non è
apparso alcuno striscione, i cori di
sfottò, vabbè, quelli non fanno testo,
ma nessun insulto di santa ragione. Tra
i 21.121 abbonati, e i tremila paganti
genovesi non c'erano peraltro neanche
tanti genoani che hanno desistito
dall’impossessarsi il biglietto, causa
lunghe code e la vendita di un solo
tagliando per uno. "Ragazzi torniamo
su", racconta come hanno deciso di
riemergere dagli spogliatoi Gasparetto.
"Volevamo ringraziarli e loro volevano
rivedere noi". Il parere anche di
Ancelotti: "Dispiace che un tifoso non
possa andare allo stadio quando vuole,
la partita va vissuta da sportivi".
Ieri, è stato così. (r. g.)
27 agosto 2007
Fonte: La Repubblica
Cosimo Spagnolo:
"Ho perso
mio figlio, ma
Genoa-Milan non dovrà essere il giorno
della vendetta"
GENOVA, AGO 22 - ESCLUSIVO - Dodici anni
fa, prima della partita Genoa-Milan,
muore accoltellato un giovane tifoso
rossoblù Claudio Vincenzo Spagnolo.
Oggi, 12 anni dopo, il calendario mette
nuovamente di fronte alla prima di
campionato le due tifoserie. Simone
Barbaglia, l'assassino, è già in libertà
e la violenza negli stadi occupa ancora
le prime pagine dei giornali. Dal
prefetto di Genova Giuseppe Romano
arriva la decisione di chiudere lo
stadio ai tifosi del Milan, ma Cosimo
Spagnolo, il padre della vittima, lancia
il suo appello alle due tifoserie:
"Sarebbe una sconfitta per tutti se si
arrivasse a questo dodici anni dopo la
morte di mio figlio - spiega. Non dovrà
essere il giorno della vendetta, a
violenza non si deve rispondere con
altra violenza, il mio messaggio ai
giovani che vanno allo stadio è di
credere ai valori dello sport che niente
hanno a che spartire con i coltelli e le
spranghe".
23 agosto 2007
Fonte: kikapress.com
Vincenzo Spagnolo, il suo nome è
MAI PIU'
Galliani chiede "PERDONO", i
genitori del ragazzo lanciano un appello
ai tifosi: "BASTA con la GUERRA". Oggi
fuori dal Ferraris è stata affissa una
targa per ricordare il tifoso del Genoa
ucciso 15 anni fa.
Galliani, Preziosi, Beretta e i genitori
di Vincenzo Spagnolo. C'erano tutti oggi
davanti a Marassi, alla cerimonia di
affissione della targa dedicata al
tifoso genoano ucciso 15 anni da un
ultrà milanista, Simone Barbaglia. Oggi
l'amministratore delegato del Milan,
Adriano Galliani, ha chiesto
pubblicamente "perdono" ai genitori di
Spagnolo rompendo il silenzio sulla
tragica vicenda. "Da genitore, da
amministratore delegato del Milan e da
tifoso vi chiedo perdono e spero che
possiate capire che il vostro dolore è
anche il nostro. Immagino da genitore -
ha detto Galliani - lo strazio per la
notizia della morte di un figlio in un
modo così assurdo. Il senso della mia
presenza è di chiedervi perdono con il
cuore, ve lo chiedono la società Milan,
e i tifosi". Il padre di Vincenzo
Spagnolo, Cosimo, ha risposto con un
appello ai tifosi di entrambe le
squadre: "La guerra deve finire. Le
guerre, anche quelle piccole come
queste, portano solo morte, odio e
dolore. Io non le voglio più". E anche
il presidente della Lega di A, Maurizio
Beretta, spera che la stagione degli
orrori del calcio italiano sia
terminata: "Le nuove regole ci
aiuteranno a sconfiggere la violenza, ma
l'atteggiamento delle società Milan e
Genoa e soprattutto dei genitori di
Spagnolo devono essere il nostro
esempio. Quando accadono episodi così
tragici per il mondo del calcio e non
solo è una sconfitta drammatica. Da qui
si deve partire perché eventi così non
si ripetano mai più. L'obiettivo delle
società è questo" - ha chiuso Beretta.
Il 26 settembre ci sarà Milan-Genoa:
negli ultimi anni è sempre stata vietata
la presenza dei tifosi ospiti in questa
sfida. Chissà che una partita
spettacolare e corretta non possa
cambiare le cose.
9 settembre 2010
Fonte: Goal.com
Ma alcuni tifosi lo insultano
Galliani: "Signori Spagnolo vi
chiedo perdono"
"Signori Spagnolo vi chiedo perdono".
L’amministratore delegato del Milan
Adriano Galliani ha rotto così, dopo 15
anni, il silenzio della società
sull’omicidio del tifoso genoano
Vincenzo Spagnolo per mano del milanista
Simone Barbaglia. L’occasione
dell’incontro tra i vertici del Milan e
i genitori di Spagnolo è stata la
cerimonia per scoprire una targa per
ricordare quella morte, a cui hanno
partecipato tra gli altri il presidente
del Genoa Enrico Preziosi e il
presidente della Lega A Beretta. "Da
genitore, da amministratore delegato del
Milan e da tifoso - ha detto Galliani -
vi chiedo perdono e spero che possiate
capire che il vostro dolore è anche il
nostro. Immagino da genitore lo strazio
per la notizia della morte di un figlio
in un modo così assurdo. Il senso della
mia presenza è di chiedervi perdono con
il cuore, ve lo chiedono la società
Milan, e i tifosi". Il padre di Vincenzo
Spagnolo, Cosimo, ha aggiunto: "La
guerra deve finire. Le guerre, anche
quelle piccole come queste - ha detto -
portano solo morte, odio e dolore. Io
non le voglio più". Non tutti, però,
hanno capito l’appello: "Uomo di m...",
"figlio di p...", due brevi cori di
insulti sono stati indirizzati contro
l’amministratore delegato del Milan
Adriano Galliani da un gruppo di tifosi
genoani nella Gradinata Nord prima della
Supercoppa Primavera. Sono durati pochi
istanti ma hanno rappresentato una nota
stridente dopo appena un’ora dalla
richiesta di perdono fatta da Galliani
ai genitori di Vincenzo Spagnolo - il
tifoso genoano ucciso 15 anni fa per
mano di un supporter milanista - fuori
dallo stadio Ferraris.
La visita al Museo del Genoa. I modi
gentili e la sensibilità di due grandi
ex rossoneri, Filippo Galli e Giovanni
Stroppa, perfetta antitesi del più
violento ultrà, sono apparsi oggi i
segni più veri della buona fede di una
società, il Milan, che vuole superare,
senza dimenticare, la tragedia
dell’uccisione del tifoso genoano
Vincenzo Spagnolo per mano del milanista
Simone Barbaglia. L’ulteriore segno di
distensione, a 15 anni di distanza, è
stato lanciato oggi alle tifoserie da
una delegazione della Primavera del
Milan andata in visita ufficiale al
Museo della Storia del Genoa. I rapporti
tra le due società sono buoni da tempo e
sono stati consolidati dalle ultime
operazioni di mercato. Ora - hanno detto
Filippo Galli, responsabile del settore
giovanile del Milan, e Fabrizio
Preziosi, direttore generale del Genoa -
è necessario eliminare anche le tensioni
tra le tifoserie. L’occasione è stata
data dalla Supercoppa Primavera che si
svolge questa sera al Ferraris tra Genoa
e Milan. Un’ora prima della gara
scoperta una targa per ricordare
Spagnolo: è il primo incontro del padre
Cosimo con i dirigenti del Milan, a
cominciare dal vicepresidente Adriano
Galliani, che ha chiesto "perdono".
"Questa visita - ha detto Filippo Galli
prima di lasciare il Museo del Genoa -
ha anche lo scopo di consolidare i
rapporti tra le due società, già buoni.
Il nostro intento è quello di riuscire a
unire anche le tifoserie. Vogliamo dare
un messaggio positivo, senza dimenticare
quello che è successo, per costruire
davvero un rapporto positivo che possa
continuare nel tempo. Devono essere lo
sport e il calcio a vincere". L’ultima
sfida al Ferraris, lo scorso maggio, si
era svolta tristemente a porte chiuse
per il rischio di incidenti, cresciuti
dopo la decisione iniziale
dell’Osservatorio sulla sicurezza di
fare arrivare a Genova i tifosi del
Milan. "Con i dirigenti del Milan stiamo
lavorando da tempo per fare in modo che
le partite tra Genoa e Milan possano
tornare a essere solo sfide sportive -
ha spiegato Fabrizio Preziosi. Le
dirigenze hanno sempre avuto ottimi
rapporti, consolidati con le ultime
operazioni di mercato. Il prossimo passo
da fare è con i tifosi e con le
istituzioni, per fare in modo che non ci
siano più le tensioni degli ultimi anni.
Anche per rispetto alla famiglia
Spagnolo che chiede la riconciliazione".
Alla visita al museo del Genoa hanno
partecipato anche i direttori sportivi
genoani Stefano Capozzucca e Mario
Donatelli (settore giovanile), il
direttore del settore giovanile del
Milan Mauro Pederzoli e il tecnico della
Primavera del Milan, Giovanni Stroppa,
al quale è stato mostrato il filmato di
un suo gol in rossoblù in un derby vinto
contro la Sampdoria. "Qui respiri
veramente la storia del calcio, perché
il 1893 è una data importante. Abbiamo
visto pagine importanti del calcio in
queste sale e faccio i complimenti
davvero a chi ha pensato e ideato questo
museo".
9 settembre 2010
Fonte: Ilsecoloxix.it
Scoperta la targa in memoria di
Vincenzo Claudio Spagnolo
Genova - Una lastra di marmo per
cancellare, almeno in parte, la barbarie
e la follia. Quella che quindici anni fa
portò alla tragica morte di un tifoso
genoano, Vincenzo "Spagna" Spagnolo, la
cui unica colpa fu quella di tifare per
i colori sbagliati. Il giovane venne
ucciso a coltellate dall'ultrà milanista
Simone Barbaglia prima della sfida fra
il Genoa e i rossoneri del 29 Gennaio
1995, proprio davanti allo stadio
Ferraris. All'esterno dell'impianto ieri
è stata posta una targa in memoria dello
sfortunato supporter del Grifone, alla
presenza della famiglia e dei
rappresentanti di entrambi i club. E,
tre lustri dopo la sua scomparsa, è
arrivato ai congiunti un sentito
messaggio da parte della Società di Via
Turati, per voce dell'AD Adriano
Galliani: "Da genitore, da
amministratore delegato del Milan e da
tifoso - ha detto - vi chiedo perdono".
Purtroppo, questa tragica fine non è
servita a cancellare i gesti dei
violenti e le morti legate al mondo del
pallone. Ma speriamo che serva,
finalmente a far riflettere tutti coloro
che con i loro comportamenti
ingiustificati avvelenano lo sport più
seguito del Paese.
10 settembre 2010
Fonte: Genovapost.com
Spagnolo, il giorno della
riconciliazione
di Massimo Calandri
"Vi chiedo perdono. A nome del Milan e
dei suoi tifosi". Quella parola,
perdono, Adriano Galliani la ripete per
due volte. Ad occhi bassi. La pronuncia
proprio accanto al monumento dedicato a
Vincenzo Claudio Spagnolo, nel punto in
cui "Spagna" fu ucciso quindici anni fa.
Decine di sostenitori rossoblù
applaudono. E davvero sembra la fine, e
sembra l'inizio. La fine di una
"guerra", così come l’ha chiama Cosimo,
il padre di Claudio. "Fine, basta", dice
Cosimo. "Perché le guerre portano solo
dolore e morte. Io non voglio più che
un'altra famiglia possa soffrire quello
che abbiamo sofferto noi". L'inizio di
una nuova storia, come spiega Maurizio
Beretta, presidente della Lega Calcio:
"Genoa-Milan tornerà ad essere una
partita normale. Dove prevale lo sport,
lo spettacolo, il piacere di stare
insieme". Perché questo è sport, ripete
Enrico Preziosi: "E la violenza non ci
appartiene". È successo ieri sera alle
otto davanti al Luigi Ferraris, poco
prima del calcio d'inizio del
Genoa-Milan della meglio gioventù. Una
data da ricordare. Una targa per sempre:
"Morto per mano assassina antisportiva",
è la frase incisa, e la targa è sul
cippo di pietre imprigionate che salgono
verso l'alto e ricordano il ragazzo
ammazzato il 29 gennaio 1995. Un luogo
sacro per tutti i tifosi del mondo, da
ieri l'empatico punto di partenza, il
passo decisivo verso un comune percorso
di civiltà e di esempio. Di dialogo,
comunicazione, e dunque di cultura.
Genoa e Milan, di nuovo una partita di
calcio. "Dopo quindici anni di silenzio
e di tristezza - come ha ricordato
l'assessore Paolo Veardo, anche lui
presente alla cerimonia - rotto solo
dalle parole di comprensione dei
genitori di Spagna". Il primo
appuntamento è per il 25 settembre, tra
due settimane, al Meazza, via libera
alla trasferta dei tifosi rossoblù: "Io
mi auguro che sia un incontro normale,
come deve essere: speriamo che il
ministro dell'Interno sia d'accordo", è
l'augurio di Galliani, vice-presidente
vicario del Milan. "Dobbiamo pacificare
gli animi. Anche se questo non lenirà
mai il dolore della famiglia Spagnolo.
Un dolore che è anche il nostro: lo dico
prima da genitore, e poi da dirigente di
club". Enrico Preziosi ha soprattutto
parole di ringraziamento verso la mamma
e il papà di "Spagna": "Tutto questo non
sarebbe accaduto, senza le parole
pronunciate da loro: sempre serene,
senza rancori o rivalse". Tutta la città
si è fermata per qualche secondo,
concentrandosi su questo evento nella
"volontà di ricordare per sempre": non
c’era il sindaco Marta Vincenzi,
impegnato a Roma per il Carlo Felice, ma
c’erano l'assessore allo sport Stefano
Anzalone, i colleghi Carlo Senesi e
Veardo. Il presidente della Lega,
Beretta, lo ha ribadito: "Fatti così non
devono ripetersi. Mai più. Questa è una
serata molto importante per lo sport
italiano. La gente deve tornare
serenamente allo stadio. E a chi parla
di contestazioni per la "tessera del
tifoso", rispondo: sono solo piccole
minoranze che vogliono inquinare il
clima di convivenza. Quest’anno
consegneremo più di mezzo milione di
tessere". Prima del match, nell'aria
resta l'eco delle parole di Cosimo
Spagnolo: "Basta guerre. Portano solo
morti, e dolore".
10 settembre 2010
Fonte: La Repubblica
Fiori e silenzio per ricordare
Spagnolo
Da diciotto anni Cosimo e Lina Spagnolo
il 29 gennaio ricordano ciò che non
dovrà mai più succedere. Ricordano il
figlio Vincenzo, ucciso da una
coltellata prima di quel lontano e
dolorosissimo Genoa-Milan. Nel piazzale
accanto allo stadio, davanti alla targa
e all'obelisco in ricordo di "Spagna",
c’erano tanti ragazzi che quella tragica
domenica non erano neanche nati. Alcuni
hanno voluto lasciare una corona di
fiori per ricordare il tifoso rossoblù,
tutti si sono stretti in un momento di
raccoglimento. Per il Grifone era
presente il vicepresidente Gianni
Blondet, che ha ascoltato, anche lui, le
sagge parole di papà Cosimo. Da sempre
lontane da qualsiasi spirito di
vendetta, nonostante il dolore sia
impossibile da cancellare, nemmeno con
il passare del tempo.
30 gennaio 2013
Fonte: La Repubblica
A 18 anni dalla morte di
Spagnolo
Genoa-Milan, l’appello di
Preziosi, Galliani e Lega
Genova - Genoa-Milan non è mai più stata
una semplice partita di calcio, da quel
gennaio 1995 in cui Claudio Spagnolo fu
ucciso. Domani sera torna, in anticipo
serale (ore 20.45) al Ferraris, di
venerdì per le esigenze di Champions
League dei rossoneri. E, dopo l’incontro
avvenuto ieri in Prefettura con le
società e le istituzioni, appello da
parte dei massimi dirigenti di Genoa e
Milan, insieme al presidente della Lega
Calcio, affinché si tratti di una "festa
di calcio". Ecco il comunicato
congiunto: Era il 9 settembre del 2010,
di lì a poco si sarebbe giocata la
Supercoppa Primavera TIM proprio tra
Genoa e Milan, quando, a nome della Lega
Serie A, di Genoa e Milan, alla presenza
dei genitori di Vincenzo Spagnolo,
abbiamo scoperto nel piazzale antistante
lo Stadio Ferraris una targa in memoria
di "Spagna", volendo con quel gesto
rendere omaggio alla memoria del giovane
sostenitore rossoblù, tragicamente
scomparso quindici anni prima, ma anche
testimoniare la nostra piena fiducia che
Genoa - Milan potesse disputarsi in un
clima di ritrovata serenità. Il match
tra il club più antico d’Italia e quello
più titolato al mondo, complessivamente
vincitori di 27 scudetti, che sarà
seguito in tv dagli appassionati di 163
paesi del mondo e allo stadio dal
pubblico delle grandi occasioni, apre
venerdì sera la nona giornata di ritorno
del Campionato di Serie A TIM portando
con sé la ferma volontà di lanciare un
messaggio positivo: Genoa - Milan è e
dovrà essere per sempre soltanto una
festa di calcio, un grande appuntamento
sportivo di cui le due città, le
tifoserie delle due squadre e tutti gli
appassionati del calcio italiano possano
sentirsi davvero orgogliosi. Questo è
l’obiettivo principale della Lega Serie
A e dei due club, ma anche dei vertici
delle amministrazioni delle città di
Genova e Milano, sulla cui piena
collaborazione e supporto sappiamo da
sempre di poter contare. In particolare
il Prefetto, il Questore e il Sindaco di
Genova si sono fattivamente adoperati
affinché la città possa vivere questa
grande serata nella maniera migliore
possibile, favorendo quel clima di
partecipazione ed entusiasmo che
naturalmente si addice ad un così
importante avvenimento sportivo. A ciò
ha contribuito anche il costante impegno
profuso dalla famiglia Spagnolo, a cui
daranno manforte le iniziative proposte
in campo dal Genoa Cfc che, oltre ad
ospitare nel pre-partita sul terreno di
Marassi alcune glorie del passato,
nell’ambito dei festeggiamenti del 120°
anniversario della Società, ha invitato
ben 250 bambini delle scuole calcio
affiliate al Grifone ad assistere
gratuitamente a Genoa - Milan. Per
questo, a tutti loro va il nostro più
sentito ringraziamento. "Vivere nel
cuore di chi resta non è morire": il
ricordo di Vincenzo attraverserà senza
dubbio le menti di tutti i presenti, ma
i presupposti per assistere in maniera
serena e festosa alla sfida tra Genoa e
Milan sono davanti a noi. Buona partita
a tutti.
Maurizio Beretta - Enrico
Preziosi - Adriano Galliani
7 marzo 2013
Fonte: Ilsecoloxix.it
Preziosi, Galliani e Beretta in
campo
"Ricordiamo Spagnolo ma sia
festa"
Un messaggio congiunto da parte di
Preziosi, Galliani e Beretta, il
presidente della Lega, nel quale si
auspica che "il match tra il club più
antico d’Italia e quello più titolato al
mondo, complessivamente vincitori di 27
scudetti, dovrà essere per sempre
soltanto una festa di calcio, un grande
appuntamento sportivo di cui le due
città, le tifoserie delle due squadre e
tutti gli appassionati del calcio
italiano possano sentirsi davvero
orgogliosi... Il Prefetto, il Questore e
il Sindaco di Genova si sono
fattivamente adoperati affinché la città
possa vivere questa grande serata nella
maniera migliore possibile". Sono
passati 18 anni da quando venne ucciso
Vincenzo Spagnolo. "Vivere nel cuore di
chi resta non è morire - si legge nel
comunicato a tre firme - Il ricordo di
Vincenzo attraverserà senza dubbio le
menti di tutti i presenti, ma i
presupposti per assistere in maniera
serena e festosa alla sfida tra Genoa e
Milan sono davanti a noi. Buona partita
a tutti".
8 marzo 2013
Fonte: La Repubblica
Genoa - Milan quasi 20 anni dopo
l'omicidio Spagnolo: parla il papà
29 gennaio 1995. Prima della
partita Genoa-Milan viene accoltellato a
morte un giovane tifoso rossoblù,
Vincenzo Spagnolo. L'omicida risulta
essere un ragazzo di appena 18 anni, di
nome Simone Barbaglia, che all'epoca
frequentava solo da poco la curva del
Milan. L'assassino venne condannato a 14
anni e 6 mesi di carcere, ma uscirà
molto prima, nel 2006, grazie
all'indulto.
A quasi vent’anni da quel tragico
Genoa-Milan che vide la morte di Spagna,
pugnalato davanti al Ferraris, papà
Cosimo ricorda con commozione e amarezza
quella tragedia e chiede alla tifoseria
rossoblù di non cadere nelle
provocazioni, come riportato
nell’edizione odierna de Il Secolo XIX:
"Non andrò allo stadio, non me la sento
ma il mio appello è che non accada
nulla, che i tifosi del Genoa non diano
seguito alle eventuali provocazioni e
che Genoa-Milan sia una semplice partita
di calcio". Poi prosegue: "La guardia
deve restare alta, non bisogna
abbassarla - prosegue il signor Cosimo -
In questi anni ho parlato con i ragazzi,
chiedendo loro di evitare che
accadessero incidenti o altri problemi.
Hanno capito e infatti non è successo
niente. La speranza è che quello che è
accaduto a mio figlio non si ripeta più
e sia di insegnamento per il futuro, per
tutti. Nessuno deve mai più perdere la
vita andando allo stadio per una partita
di calcio, mai più".
7 aprile 2014
Fonte: Fantagazzetta.com
Venti anni fa l'omicidio
Spagnolo: "Il calcio sporco che ha
ucciso mio figlio"
di Massimo Calandri
Vent'anni fa la tragedia di
Claudio Spagnolo, parla il padre del
genoano pugnalato al cuore a Marassi
prima del match col Milan. "Che rabbia
sapere che l'assassino ha fatto poca
galera. Gli ultrà fanno sempre i loro
affari. Duro parlare con la famiglia di
Ciro".
GENOVA - Giovedì sono venti anni, ma
Cosimo Spagnolo giura che è come se
fosse ieri. "Perché i nostri figli
continuano a morire per una partita di
calcio. Ammazzati a causa di un pugno di
delinquenti, con la complicità di un
ambiente ipocrita che pensa solo al
denaro. Claudio, Ciro Esposito: sempre
la stessa storia". Claudio Spagnolo in
gradinata lo chiamavano "Spagna": morì
pugnalato al cuore da un tifoso
rossonero a poche ore da Genoa-Milan, il
29 gennaio 1995. Allora si fermò lo
sport italiano, il governo garantì un
giro di vite contro la violenza, disegni
di legge per riportare le famiglie negli
stadi. I capi di tutti gli ultrà
giurarono: basta lame, basta infami.
Bugie. Vent'anni dopo si continua a
morire per una partita, quelli che
allora parteciparono all'assalto mortale
scrivono sui social network: "Se la sono
cercata". Vent'anni dopo è come ieri. E
domani verso l'una papà Cosimo sarà
davanti all'ingresso del "Ferraris",
dove è successo. Insieme alla moglie e
ad un gruppo di tifosi venuti da tutta
Italia. Celebrando un rito dignitoso e
amaro. Una corona di fiori, una maglia
rossoblù, un lungo silenzio. Nessuna
risposta. "Neppure da Claudio. Io nella
mia testa continuo a vederlo tutti i
giorni, gli parlo, gli chiedo: doveva
essere un giorno di festa, come è stato
possibile ?". Allora Simone Barbaglia
era maggiorenne da qualche giorno: disse
di aver colpito "per paura" dell'altro,
che lo affrontava a mani nude.
Condannato a 14 anni e 6 mesi, ne ha
trascorsi in carcere meno della metà.
Indulto, sconti di pena. Alla vigilia
del Natale 2006 ha lasciato le Vallette
di Torino, ma prima per qualche mese ha
lavorato come giardiniere presso il
Comune di Giaveno. "Silenzioso, sempre
per i fatti suoi" raccontano di lui. Poi
si sono perse le tracce. Su qualche sito
ultrà fantasticano persino di averlo
visto tifare Juve con i Fighters.
(Omissis), regolarmente citato nei
libri sui neofascisti milanesi degli
anni Novanta, per l'accusa "influenzò"
Barbaglia. Condannato per la rissa di
Marassi, 3 mesi di prigione. Oggi è un
commercialista, consulente per la Lega
Nord. Ha tanti amici su facebook:
naturalmente Matteo Salvini, ma anche
ultrà finiti dietro le sbarre per i
fatti genovesi.
Come (Omissis). Che
dopo la morte di Ciro Esposito, ucciso a
revolverate da Daniele De Santis nelle
ore precedenti Roma-Napoli, scrive: "Sto
con De Santis. La creazione di finti
martiri ce la portiamo dietro da 20 anni
e nessuno ha ancora capito. Esposito
uguale Spagnolo". Cosimo ci ha parlato,
con i genitori di Ciro. "Al telefono.
Difficile, commovente. Brutto". Dice che
la colpa è sempre degli stessi. "Piccoli
gruppi di delinquenti che non gli
importa niente della squadra e dei
colori. Vogliono fare i loro sporchi
affari". Soprattutto bagarinaggio e
"sponsorizzazioni" più o meno esplicite
dei club. Oggi anche il traffico di
droga nelle curve. "Magari non cercano
deliberatamente il morto. Ma la
confusione, la violenza. Qualche ferito,
perché no ? Per mettere pressione alle
società, che così scelgono di lasciarli
fare". Non è cambiato nulla, no.
"Nessuno insegna la cultura dello sport
fin dalla scuola. I club non investono
nella sicurezza: meglio incassare e
basta. La partita, che dovrebbe essere
una gioia per le famiglie, rischia ogni
volta di trasformarsi in un inferno".
Genoa-Milan a Marassi è stata di nuovo
"sdoganata" per i sostenitori rossoneri
solo da due stagioni. "Per tanti anni ho
aspettato una telefonata di Berlusconi.
Bastava un: "Mi dispiace". Invece
niente, mai. Neppure il club. Come se
non fosse accaduto. Poi un giorno ho
incontrato Galliani. Che ha capito, e
insieme ne siamo venuti fuori". Ha
incontrato anche Barbaglia. "All'inizio
provavo un tale dolore per la perdita di
mio figlio, che al suo assassino non ho
mai pensato. Non ho sentito niente
dentro, nemmeno al processo. Ma quando
ho saputo che ha fatto così poca galera,
mi è venuta una gran rabbia". Stringe le
mani, indurite da una vita alla
Fincantieri. "Se me lo trovassi oggi di
fronte, non riuscirei a trattenermi.
Potrei anche dargli uno schiaffo". Uno
schiaffo, dice. La casa popolare in via
Digione, sulla collina di Di Negro di
fronte al porto. Sui muri del salotto,
le fotografie di Claudio. Sempre
sorridente. "Aveva 24 anni. Suo nonno ne
ha 99, coltiva ancora l'orto: siamo
gente tosta. Destinata a vivere a lungo.
Quella mattina io e mia moglie siamo
andati dai miei genitori in campagna,
prima di uscire ho socchiuso la porta
della camera: Claudio dormiva. Era tutto
così tranquillo. "Col Milan ci
divertiremo, è un grande Genoa", mi
aveva detto la sera. Sembra ieri ".
28 gennaio 2015
Fonte:
Repubblica.it
"Un Grifone
non muore mai": la commemorazione per
Vincenzo Spagnolo
Il
padre del tifoso ucciso 25 anni fa:
"L'errore più grande sarebbe
dimenticare".
"Un
Grifone non muore mai", con questo
coro si è aperta la commemorazione
fuori dal Ferraris in onore di
Vincenzo Spagnolo, il tifoso del
Genoa ucciso il 29 gennaio 1995
prima della sfida con il Milan. Una
coltellata al cuore costò la morte
del giovane, una delle pagine più
nere della storia del calcio. Come
ogni anno i tifosi hanno depositato
fiori e ricordato Spagnolo con la
solita commozione. Presente anche
Cosimo Spagnolo, il padre del
ragazzo, che anche a distanza di 25
anni, ricorda quel giorno con
estrema lucidità e con la stessa
commozione del primo giorno: "Quello
che ha lasciato lo dimostrano questi
ragazzi che tutti gli anni vengono
qua a ricordarlo. Loro hanno
dimostrato che non vogliono che
accadano più cose di questo genere,
che un ragazzo possa morire per lo
sport. C'è tanta tristezza perché
oggi sono 25 anni che è morto, è
passato il tempo che lui ha vissuto:
è morto a 24 anni e oggi sono già 25
anni che manca. C'è molta tristezza
quando penso a questo. Quello che ci
fa ben sperare è che questo sia un
insegnamento, non bisogna mai
dimenticare quello che è successo: è
l'errore più grosso che possiamo
fare. Si ricorda una tragedia. Anche
dalla parte della Sampdoria ci sono
tante persone che lo ricordano.
Questo ci dà sollievo perché vuol
dire che non è stato dimenticato".
29
gennaio 2020
Fonte: Telenord.it
Dotto: "Che male le critiche alla
notizia dell’omicidio di Spagnolo"
di
Alessandro Legnazzi
"Venni accusato di aver dato la
notizia con leggerezza, ci rimasi
molto male" spiega l'ex
radiocronista.
Emanuele
Dotto è stato intervistato da
suiveur.it sulla sua lunga carriera
radiofonica alla storica
trasmissione "Tutto il calcio minuto
per minuto". Ecco dei suoi ricordi
più brutti: "La morte del tifoso del
Genoa Vincenzo Claudio Spagnolo nel
1995 è una ferita ancora aperta.
Oltre al dolore personale, si
aggiunse il peso di critiche
ingiuste: venni accusato di aver
dato la notizia con leggerezza, come
se non fosse importante. Ci rimasi
molto male, fu una brutta giornata
per lo sport italiano". Dotto
aggiunge qualche considerazione sul
giornalismo sportivo attuale:
"L’imparzialità, l’analisi e la
critica mi sembrano scomparse a
vantaggio del becero, del
sensazionalistico e del gossip.
Inoltre nel calcio le regole le
dettano esclusivamente le società,
che si chiudono e si allontanano
sempre di più. L’accesso alla
professione si è liberalizzato un
po’ troppo. A risentirne è stata la
qualità. Oggi, giornalisti come
Brera e Arpino farebbero fatica a
lavorare: prima di tutto, lo
farebbero controvoglia; secondo,
verrebbe continuamente chiesto loro
di accorciare i pezzi perché troppo
lunghi. Mancano i maestri e i
riferimenti, tanto sportivi quanto
culturali". Esiste una cultura
sportiva in Italia ? "Per me esiste
la cultura in senso ampio. Tutte le
altre, compresa quella sportiva,
sono delle sfumature, delle
declinazioni - chiosa Dotto - ognuno
si farà la sua cultura in base
all’argomento che più gli interessa
o di cui deve parlare. Però, di
base, ci vuole la cultura in senso
ampio: civiltà, educazione,
istruzione; dunque studio, letture,
memoria. Se a mancare è la cultura
di base, tutto il resto viene meno".
29
Febbraio 2020
Fonte: Pianetagenoa1893.net
© Fotografie: Stadiotardini.it -
Comune di Genova
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