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BEPPE FRANZO
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Storico della Tifoseria Juventina

(Capo Ultras Bianconero del Gruppo Indians)

(Nel Settore M allo Stadio Heysel il 29.05.1985)

 
 

Giornata della memoria 31.5.2014

ESCLUSIVA TJ - Beppe Franzo ci racconta l'evento del 31 maggio a Torino in ricordo delle vittime dell'Heysel.

Beppe Franzo, già noto ai lettori di TuttoJuve per la sua vena di tifoso-scrittore, ci illustri il significato dell'iniziativa che ti vede tra i promotori il 31 maggio a Torino in ricordo delle vittime dell'Heysel ?

"La Giornata della Memoria in ricordo delle 39 vittime dell'Heysel e di ogni forma di violenza in ambito sportivo" è stata indetta dal Comune di Torino nel 2013, con mozione presentata da Stefano Lo Russo, Maurizio Marrone, Salvatore Sbriglio. Approvata pochi giorni prima della commemorazione della tragedia dell'Heysel, l'anno scorso è stato simbolicamente osservato un minuto di silenzio in consiglio comunale, rinviando l'organizzazione degli eventi agli anni successivi. Non avendo però riscontrato la volontà da parte delle istituzioni, salvo alcuni sporadici casi, di dar luogo a qualsivoglia forma di commemorazione, abbiamo sottoposto una bozza di progetto all'attenzione dei vari consiglieri e assessori. Dopo un travaglio non facile, si è pianificato la serata-evento con interventi che reputo di indubbio interesse. Lo scopo è di dichiarare ufficialmente aperto l'anno che porta al trentennale dell'anniversario dell'infausta notte di Bruxelles, auspicando per il prossimo evento il giusto interesse attorno ad un anniversario che è una pagina nera non solo per i tifosi juventini, ma per l'Italia tutta e, oserei dire, per l'intera Europa, corresponsabile delle negligenze delle allora autorità calcistiche ed istituzionali".

Per te, per molti di voi, soliti a bazzicare le gradinate della Curva, cosa ha rappresentato e rappresenta oggi l'Heysel ?

"Per Noi che potremmo definirci "i ragazzi dell’85" (allora avevo vent'anni), l'Heysel è una ferita aperta che mai, credo, si potrà rimarginare. Una stilettata all'altezza del cuore, che ha dato un duro colpo alla nostra passione, che ha fatto vacillare per molto tempo le nostre certezze, le consapevolezze, il senso d'appartenenza, la nostra voglia di far tifo. Noi, ultras, ci trovammo in quel contesto per la prima volta di fronte ad un punto di non ritorno, prendendo consapevolezza che di calcio si può anche morire. Una morte orrenda, una fine da non augurare neanche al peggiore nemico. Non il triste epilogo di uno scontro tra fazioni, tra gruppi rivali, ma una bieca e assurda aggressione contro tifosi che, fuggendo dallo scontro, autoproclamavano la loro resa. Una simile aggressione sfugge ad ogni canone di logica ultras, rifugge da ogni 'morale ed etica' di scontro che, comprensibile o meno, animava ed anima la contrapposizione tra gruppi rivali. L'hooliganismo mostrò, in quel contesto, il suo vero volto: scelleratezza, ubriachezza molesta, totale assenza di dignità. L'appellativo di animali non apparve in quel contesto fuorviante".

 

Sarai mai disposto a perdonare ?

"Sono cattolico, conosco le ragioni del perdono. Se umanamente posso perdonare chi si è dimostrato pentito dimostrandolo coi fatti negli anni a seguire, non posso accettare il perdono collettivo, istituzionale. Ritenere l'Heysel una pagina chiusa, sigillata con un abbraccio tra le parti, reputo sia piena ipocrisia. Mi attengo comunque ai voleri degli allora famigliari delle vittime, gli unici che possono aver diritto di parola sulla questione. Non sono uno che si prodiga a distribuire odio e diffondere zizzania, e credo sia doveroso lasciare ai posteri una decisione che andrà presa estraniando la passionalità. Chi non ha vissuto gli eventi, potrà forse fare delle valutazioni più ponderate delle nostre. Noi non possiamo dimenticare".

Qualcosa per concludere ?

"Siamo pronti a festeggiare e, giustamente, a gioire degli eventi vittoriosi. L'essere Juventini, vuole dire anche stringersi fraternamente nei momenti delle difficoltà e del dolore. Questo è uno degli eventi più nefasti della storia bianconera, per proporzioni il più tragico. Quella coppa insanguinata, per quanto costi sacrificio farlo, sia finalmente, dopo tanti anni, non un momento da rimuovere dalla nostra storia, ma parte integrante della stessa. Seppur negativa, seppur drammatica, quella triste sera deve continuare ad essere ricordata. In Onore e nel ricordo di chi non c'è più e che quella coppa non ha mai potuto vedere alzarsi in cielo. Là, dove oggi sono i nostri magnifici 39 Angeli bianconeri. Vi aspettiamo, sabato 31 maggio alle 18, alla 'Sala delle Colonne' del Comune di Torino (piazza Palazzo di Città)". Fonte: Tuttojuve.com © 25 maggio 2014 Fotografie: Beppe Franzo © Video: Associazione Quelli di... Via Filadelfia © Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

 

ESCLUSIVA SALADELLAMEMORIAHEYSEL.IT

"Un silenzio che pesa come un macigno"

Intervista di Domenico Laudadio a Beppe Franzo, capo ultrà bianconero del gruppo "INDIANS" presente allo stadio Heysel il 29.05.1985 ed autore del libro edito nel 2011 "Via Filadelfia 88: una storia, una curva" dedicato alla Generazione Ultras degli anni ’70 - ’80 a Torino.

Ti ringrazio di cuore, Beppe, per la tua cortese disponibilità all'intervista. Come ti dicevo telefonicamente nessuna censura, solo la tua verità su quella mattanza annunciata... Quindi, a questo punto, incamminiamoci insieme verso lo stadio dell'infamia... Liverpool - Juventus era la madre di tutte le finali, le due regine dell'Europa calcistica che si sfidavano a Bruxelles, salotto buono dell'Europa civile... Ci racconti le tue sensazioni ed i tuoi preparativi nei giorni precedenti la partita ?

"Per un tifoso la finale è la regina di tutte le partite; per un giovane tifoso l’evento è enfatizzato, non si vede l’ora di partire, l’attesa diviene spasmodica, tutto ruota attorno ad esso. In più, essendo allora tra gli organizzatori del tifo bianconero, ero sommerso da impegni di vario genere finalizzati alla buona riuscita della trasferta".

Avevi il sentore che qualcosa di molto grave potesse accadere contro gli hooligans ? Immagino foste preparati bene psicologicamente, e non solo, alla possibilità di qualche scontro, data la loro famigerata violenza...

"Se affermassi che ero/eravamo preoccupati per gli hooligans, direi una menzogna. Sapevamo, come ogni volta in cui s’incontravano gli inglesi, che si sarebbero potuti verificare degli scontri. Era inevitabile, tanto più che l’abitudine di sfogare oltre oceano le loro velleità era cosa risaputa al mondo intero. Dall’altro lato, proprio per la loro nomea, quando ce li si trovava davanti, la gente si caricava, si ringalluzziva. Nella dimensione del mondo ultras s’innescava un "perverso" ragionamento per cui, se ti scontravi con qualcuno considerato da tutti il più terribile e ne uscivi vincitore, avresti ridimensionato l’altrui fama e saresti diventato tu il più "terribile". Una logica, giusta o sbagliata che fosse, ma condivisa da tutti".

Nella fase di avvicinamento allo stadio vi avevano segnalato che inglesi ubriachi a torso nudo molestavano "la gente normale". Eravate già pronti al contrattacco per difendere "gli italiani", ma a patto di non "toccare donne e bambini", poi avete incrociato la polizia belga a separarvi. Ti è sembrata da subito così debole ed impreparata tatticamente e logisticamente rispetto alla celere che incontravi negli stadi italiani la domenica ?

"Ti correggo. Lo scontro c’è stato, con inglesi ubriachi da un lato e italiani dall’altro. Con il nesso di poi, quello scontro permette, a distanza di anni, di fare delle importanti considerazioni. In quel breve, ma intenso scambio di colpi, un gruppo di hooligans affrontò degli ultras italiani, uscendone sconfitto. Non lo evidenzio per enfatizzare l’episodio o ammantarmi di "eroismo" (per altro effimero), ma per evidenziare l’aspetto importante: grandi nel dar libero sfogo al loro odio contro famiglie inermi nel settore Z, non riuscirono a spadroneggiare con chi era solito affrontare degli scontri. Per cui mi viene lecito chiedermi: se in quel maledetto settore Z ci fossero stati gli ultrà della Juve, l’epilogo sarebbe stato diverso ?".

Si fosse vietata o almeno osteggiata la vendita di alcolici, "ad ogni angolo di strada" come denunci nel tuo racconto autobiografico, si sarebbe potuto evitare la tragedia ?

"Con i "se" e con i "ma" sai quanti palazzi si potrebbero costruire ? Chi può dirlo. Bisognerebbe sapere e capire quanto alcool sia stato assimilato lungo il viaggio dall’Inghilterra al Belgio, quanto se n’è bevuto sui traghetti, le quantità che si erano portati appresso. È logico che più alcool si beve, più l’ubriacatura sale e se è di tipo molesto, non può che peggiorare la situazione. È altrettanto vero che senza la vendita di alcoolici, molti di loro sarebbero caduti in uno stato di sonnolenza e smaltimento della sbornia, presentandosi sulle gradinate forse inebetiti e claudicanti, anziché elettrizzati grazie alla birra bevuta fino a pochi attimi prima".

Il tifoso juventino che vi raggiunse dall'Inghilterra viaggiando in traghetto con i reds testimoniò la presenza non soltanto di tifosi del Liverpool, ma anche di hooligans di altre squadre, Chelsea soprattutto, punk, skins, mods. Una sorta di crociata albionica contro gli italiani. L'anno prima all'Olimpico di Roma ci furono accoltellamenti di inglesi fuori allo stadio e la polizia italiana resse all'orda rossa con cariche preventive. Vendetta annunciata e prevedibile, no ?

"Il tifoso juventino di cui parli, ci raggiunse arrivando in traghetto dalla Francia (non dall’Inghilterra). Giunto in Belgio, il suo sbarco fu ritardato e ostacolato dal gran casino creatosi, con poliziotti inglesi e belgi impegnati, secondo le sue parole, a contenere tifosi ubriachi che discutevano tra loro, che creavano caos con le autorità adibite al controllo. Lui, essendo nato a Londra, vide e raccontò di varie tifoserie (quindi non solo supporters del Liverpool), di bande giovanili tra loro storicamente rivali quali skin, punk e mods. Il fatto è sintomatico: divisi in patria per beghe calcistiche, per stili di vita diversificati, per appartenenza politica, si trovarono tutti uniti ad affrontare il comune e odiato nemico. L’episodio dell’anno precedente a Roma, come hai sottolineato, a mio avviso non è che uno dei tanti precedentemente avvenuti. Pensare che si trattasse di una ritorsione o vendetta legata a quell’evento, sarebbe a mio avviso fuorviante".

Dal racconto, nel tuo libro "Via Filadelfia 88", vi aspettavate la polizia belga ben più preparata, addirittura lo schieramento dell'esercito nel pre-partita. Invece la polizia belga caricando a cavallo se la prendeva più con i padri di famiglia italiani che con i reds molesti e ubriachi fradici... Controllava minuziosamente all'ingresso i biglietti dei nostri tifosi, mentre gli inglesi sgretolavano il muro di cinta dello stadio per introdurvisi senza. Secondo te era a causa di una sorta di prevenzione razzista nei confronti degli italiani o per debolezza e timore nei confronti degli inglesi ?

"L’aspettativa di trovarsi di fronte un servizio di sicurezza ben organizzato ed agguerrito era l’ipotesi che davamo quasi per certa prima della partenza. Si pensava che una finale di coppa che vedeva come protagonisti gli inglesi, per di più anteposti ai loro nemici di sempre, gli italiani, avrebbe dovuto mettere sul chi va là gli alti vertici del Belgio (e non solo). Così non è stato e il risultato è tristemente noto. Penso che la polizia belga si sia trovata ad un certo punto nell’incapacità oggettiva di gestire il servizio pubblico (cosa del resto che risulta palese dalla lettura degli atti processuali) e l’assenza di un capillare coordinamento abbia lasciato spazio all’inventiva e intraprendenza (per altro poca) dei singoli responsabili. Non so se il comportamento adottato dai poliziotti belgi sotto la nostra curva sia stato viziato da una sorta di "prevenzione razzista", può essere, ma ciò non è dimostrabile con certezza ed è pertanto una delle tante interpretazioni possibili. Ciò che invece è dimostrabile a priori, attraverso le testimonianze degli allora presenti, è l’immotivato accanimento, con cariche a cavallo e manganellate insulse, avvenuto nei confronti di gente il cui unico "torto" era quello di cercare di guadagnare il posto in gradinata in uno stadio totalmente inadeguato, a cominciare dalle strutture esterne. La disparità di trattamento a cui fai riferimento, fu dovuta ad un diverso atteggiamento delle due tifoserie: più paciosa e propensa a vivere una giornata di festa quella italiana, più bellicosa e in cerca dello scontro quella inglese. Nel vedere i "figli di Albione" più astiosi e meno collaborativi, ha fatto scattare forse nella mente della polizia la falsa idea che "assecondare e sopportare" sarebbero state le armi migliori per evitare il peggio".

Il primo impatto davanti allo stadio Heysel ? Ed entrato all'interno ?

"Penso di averlo descritto senza mezzi termini nel mio libro, dove ho usato l’espressione più consona per definirlo: "insieme di pietre cementate". L’idea è stata, al primo impatto, di ritrovarsi davanti ad uno di quei vecchi stadi di provincia italiani. Belli, perché molti di essi racchiudono la memoria storica del nostro calcio, ma decisamente inadeguati se avessero dovuto ospitare, per usare le tue parole, una finale fra "le due regine dell’Europa calcistica che si sfidavano nel salotto buono dell’Europa civile". L’interno era peggio dell’esterno, con cancellate che sembravano recinti per polli, gradinate che si sbriciolavano sotto i tacchi degli stivali o ai colpi delle aste di bandiera".

Durante i primi disordini in curva Z la prima reazione emotiva e verbale nel vostro settore opposto, quello del tifo bianconero militante, quale fu ?

"Devo dire che la visibilità tra le due curve era pessima e all’inizio non ci si rese conto di quanto avveniva. Sembrava il classico duellare a suon di insulti e lancio d’oggetti tra due tifoserie separate dalla rete divisoria. Solo dopo, vedendo una delle cariche degli inglesi, si capì che gli italiani erano in difficoltà e stavano per soccombere. Nessuno immaginava però che i nostri connazionali in fuga correvano verso la morte. L’odio verso gli inglesi da parte della nostra tifoseria risale a ben prima dell’Heysel, fatto che ha precluso ogni possibilità di vera (e sentita) riappacificazione. Per cui alla vista di quegli scontri la gente inveiva, insultava gli inglesi e molti, prima ancora di conoscere l’evolversi degli eventi, cercavano di sfondare le cancellate per correre in difesa degli italiani".

Secondo te perché era stata schierata più polizia davanti al vostro settore che lungo la posticcia rete "da pollaio" del settore Z che separava gli inglesi dal pubblico "neutrale" ? Un errore imperdonabile...

"Totale incompetenza, oltre a imbecillità organizzativa. Una cosa che vista con il senno del poi ha dell’incredibile anche per chi non ha esperienza nella gestione dell’ordine pubblico".

Nel tentativo disperato di andare in soccorso dei tifosi terrorizzati del settore Z cosa hai visto avvicinandoti alle gradinate ? C'è qualcosa in particolare che non avresti mai voluto guardare ? Ovviamente, Beppe, puoi non rispondermi, lo comprendo...

"Sfondata la recinzione che dava sulla pista di atletica, ci fu un momento in cui tra la confusione, lo sconcerto delle forze dell’ordine e quant’altro, separatamente, io ed altri, riuscimmo ad arrivare sotto il settore Z passando adiacenti le cancellate. Rimasi sconcertato e subito attonito perché non riuscivo a capire cosa stesse accadendo. Poi la vista di alcuni corpi riversi sulla pista, coperti dalle bandiere bianconere, mi fece comprendere la drammaticità dell’evento dinanzi al quale mi trovavo. Cosa non avrei voluto vedere ? I piedi di un uomo che spuntavano da una bandiera, un ragazzo che piangeva asciugando le lacrime con una sciarpa che ricordo bianconera con bande tricolori. Vidi molto altro ancora, ma quelle sono le immagini che mi sono rimaste, a distanza di anni, scolpite nella memoria".

Poi, sei tornato di corsa sotto la tua curva ed hai usato il megafono per raccontare quello che avevi visto agli altri... Moltissimi aspettavano soltanto l'inizio della partita e non volevano crederti... Poi, lo scontro con la polizia belga... A farne le spese anche un fotografo che si trovava là in mezzo, per lavoro... Raccontaci...

"Fui tra i primi, se non il primo, a raccontare quello che vidi dall’altra parte e, in quel momento, la rabbia prevalse sulla pietà, sulla commozione. Una rabbia che indusse molti di noi a scontrarsi con le forze dell’ordine, che cercavano in tutti i modi di contrapporsi al nostro avanzare. L’ira si scatenò quindi contro di loro, considerati corresponsabili di quanto avvenuto. Inconsciamente quei giovani, a torto o a ragione, non entro nel merito, contrapponendosi alla violenza con altrettanta violenza, estremizzavano la rabbia di un popolo. Il fotografo, soffermatosi troppo a lungo nei suoi scatti e scambiato, a ragion della sua carnagione, per un reporter inglese, venne colpito prima dai tifosi, poi dagli stessi poliziotti. Quello che infastidiva penso, era il suo voler carpire a tutti i costi l’attimo e questo era per noi un atteggiamento ignobile, intollerabile, di sciacallaggio. Immortalare le disgrazie altrui, il sangue versato da altri, per renderlo scoop da prima pagina è cosa che, pur nel rispetto del lavoro altrui, considero tutt'ora un atto ripugnante. Capisco il mestiere dei fotoreporter, senza i cui scatti tanti momenti storici non avrebbero volto, ma in certi frangenti sono più indirizzato verso l’aiuto al prossimo che non il documentarne l’agonia".

 

Dopo il messaggio all'altoparlante di Gaetano Scirea, l'incontro con Cabrini e Tardelli a cui avete urlato chiaramente delle vittime e di non giocare. Sapevano tutto, quindi... Perché, secondo te, per vent'anni, quasi tutti i calciatori della Juventus si sono nascosti dietro la menzogna di non conoscere l'entità reale della tragedia ?

"Sapevano tutto ? Sì. Forse non sapevano l’esatta entità del massacro, ma che c’erano dei morti l’hanno saputo. Quando due di loro arrivarono sotto la curva, lo stato d’eccitazione era tale che centinaia di persone gli si strinsero attorno, circondandoli, e centinaia di voci si sovrapponevano, proferendo accuse, facendo domande d’ogni genere. Noi dicemmo chiaramente che c’erano dei morti e che la partita non si doveva giocare, non volevamo si giocasse. Loro sembravano frastornati, annuivano, si guardavano tra loro, stringevano le mani ai tifosi. Era una situazione che oserei definire surreale. Penso siano rientrati negli spogliatoi ancor più frastornati".

La decisione di giocare la partita per l'ordine pubblico fu l'anestetico più rapido ed efficace per scongiurare una guerra totale dentro e fuori lo stadio fra italiani e inglesi o quella partita possedeva in sé il crisma diabolico di un rituale antropologico superiore al valore stesso della vita umana ?

"A mio avviso la totale incapacità di gestione dell’ordine pubblico fece propendere per "l’anestetico più rapido", per prendere tempo, per cercare di organizzare alla meno peggio la fase di sgombero dello stadio. Nel marasma generale, nessuno volle assumersi la responsabilità di annullare lo svolgimento della partita e far evacuare la gente dallo stadio".

Dimmi se sbaglio, Beppe, ma dalle immagini di repertorio sembra che dopo l'incontro con i calciatori della Juventus l'ira e la sete di vendetta straripata in altri scontri con i reparti di rinforzo della polizia belga sia stata condivisa solo da un gruppetto di ultras bianconeri, il grosso è rimasto in curva. Perché questa spaccatura evidente nel tifo in quel frangente ? A non muoversi sono stati gli stessi che hanno esultato alla fine...

"Appena ritornato dal settore Z, cosa di cui ho già detto, cominciai a divulgare la notizia di quanto stesse accadendo. Lo feci con un megafono camminando in campo su e giù sotto la curva e ricevendo in cambio di tutto sulla testa, fino quasi a sfiorare la rissa in un paio di circostanze. La gente urlava inviperita, intimandoci di uscire dal campo, per far iniziare l’incontro. Dinanzi alle mie, nostre repliche, che parlavano di cadaveri, di italiani morti ammazzati, la gente replicava gridando "teppisti". Si possono anche condannare gli allora ultras juventini che ad un certo punto sfondarono il blocco poliziesco e raggiunsero l’altra curva alla ricerca di vendetta, ma, senza scusanti e retorica (parlo almeno per me), fu un atteggiamento forse troppo "passionale" e focoso, ma del tutto spontaneo. Sicuramente esasperato, fanatico e violento, ma che in quel preciso frangente rispecchiava lo stato d’animo del momento, frutto di una grande tensione che si stava in quell’istante vivendo: una rabbia impulsiva, incontrollabile, un odio profondo verso quei barbari che con il loro agire tribale non rispettavano nemmeno il codice "di guerra" base di ogni società civilizzata: non attaccare vecchi, donne, bambini. Dall’altro lato, parte della tifoseria juventina (dire tutta sarebbe ingiusto nei confronti di quanti effettivamente non sapevano e non avevano effettivamente captato quanto stesse accedendo), con il loro atteggiamento di falso perbenismo, di finto pacifismo, mascheravano il loro assoluto egoismo rifiutandosi di vedere, di sentire, di ragionare, in virtù dell’unica cosa che gl’interessasse veramente: riuscire a vedere la partita".

 

Nei capitoli del libro riguardanti l'Heysel non c'è alcun riferimento a te ed ai tuoi compagni più stretti durante la partita e durante i festeggiamenti per la vittoria. Puoi colmare questa lacuna, ora ? Se vuoi...

"Cessati gli scontri, con l’inizio dell’incontro, io ed altri ci sedemmo in alto sugli spalti. Non guardai la partita e rimasi seduto anche quando attorno a me vidi gente esultare dopo il goal. Ti posso anche dire, con estrema franchezza, che nonostante abbia a casa il filmato integrale di quella serata, la partita non l’ho mai vista, non ho mai voluto vederla. E penso non lo farò nemmeno in futuro. Usciti dallo stadio eravamo stremati, e non solo fisicamente. Un senso di nausea, di voglia di non ritornare mai più allo stadio mi avvolse ancor di più quando seppi, da qualcuno che riuscì a telefonare, che a Torino c’era gente che festeggiava. Ma come si fa a gioire quando vedi certi immagini, quando sai di quei morti ?".

Secondo te i calciatori hanno festeggiato spontaneamente, per rimuovere l'enorme peso dalla coscienza o perché erano in trance agonistica anche al termine della partita ?

"Secondo me è stata una concomitanza di cose, per cui con quei gesti sfogavano l’enorme tensione accumulata e questo ci può stare, quello che non è invece accettabile e l’atteggiamento di alcuni nel post-partita".

Vedere alzare da Brio quella Coppa scendendo le scalette dell'aereo all'aeroporto di Caselle fu una pugnalata al cuore per le famiglie delle vittime. Purtroppo, una macchia indelebile della storia leggendaria della Juventus. Per te ?

"Quando leggo nel nuovo sito online della Juventus che quella coppa è considerata "la coppa più bella nella serata più tragica", penso che molti non abbiano ancora oggi capito, a distanza di anni, la drammaticità di quel gesto di Sergio Brio. Drammatico, perché da quel trofeo colava sangue; immorale, perché alzarla verso quel cielo che aveva appena accolto 39 uomini, era un gesto dissacratorio. Vincerla si doveva, a tutti i costi. Lasciarla in mano agli inglesi sarebbe stata un’ulteriore beffa, ma se la scelta della Società è stata allora di non restituirla, la si doveva portare in patria celandola agli occhi dei più, per farla poi riapparire, magari agghindata a lutto, in un luogo dedicato a quelle vittime".

Hai mai incontrato qualcuna di loro in questi ventisei anni ?

"Non l’ho fatto, per rispetto. Forse ho sbagliato, non posso escluderlo, ma mi sembrava di voler riaprire in qualcuno di loro vecchie ferite (che forse avranno già riaperto in tanti). Dall’altro lato, avendo il timore di non poter spiegare alcune cose di cui ho in parte parlato in questa intervista, non avrei voluto che alcuni di loro s’indispettissero, perché immagino che per alcuni di loro la parola "ultras" è equiparabile a quella di hooligans. Oggi, che pur frequentando la curva e avendo ancora molti amici che popolano le balconate, non sono più parte di nessun gruppo, posso con obiettività fare le giuste ed equilibrate riflessioni. Per questo a breve farò quest’incontro sperando di non soffrirne troppo, perché anche per me è purtroppo una ferita mai chiusa".

Boniperti ha dichiarato pubblicamente "Tenemmo la coppa, il sangue era nostro". Ha ragione ? Fra l'altro, non tutti i caduti erano tifosi della Juventus, uno di loro, Mario Ronchi, era un tifoso dell'Inter ed era andato all'Heysel con i suoi amici bianconeri...

"L’ho detto prima e penso non sia il caso ripetersi, la coppa si poteva anche tenere, ma per farla diventare un simbolo all’interno di una sala, un mausoleo o quant’altro, a ricordo di quanto avvenuto".

Pensi sarebbe stato giusto restituire la Coppa all'Uefa ? Farlo oggi avrebbe ancora un senso ? O si dovrebbe listare a lutto per sempre ? Oppure ?

"Allora avrebbe forse avuto un senso, sicuramente molto di più che non alzarla in trionfo sulla passerella di un aereo. Adesso non più, molto meglio listarla a lutto".

Al tuo ritorno, a Torino, sei stato interrogato dai carabinieri sulla ridicola congettura fantapolitica di aver organizzato insieme al tuo gruppo il massacro dell'Heysel insieme ai componenti del National Front inglese per ragioni politiche. Ripensando all'assurdità di quell'accusa ricordi di averla vissuta più come un incubo nell'incubo o come una farsa ?

"Oggi appare una farsa, ma per comprendere appieno le ragioni che giustificarono un operato così "eclatante", occorre immedesimarsi nel contesto politico di allora. La criminalizzazione dell’ambiente della destra (extra parlamentare o meno), era all’ordine del giorno e giovani che militavano anche semplicemente all’interno delle associazioni giovanili del MSI, finivano per essere al centro di interrogatori e perquisizioni per cose alle quali erano del tutto estranei e che erano ben più grandi di loro. Tale episodio s’inserisce in questa prospettiva".

Due mesi dopo la strage, sei tornato all'Heysel. Nel settore transennato c'erano ancora i feticci del massacro, le scarpe, le sciarpe, le bandiere. In curva Z hai anche pregato. Un atto d'amore, Beppe... Il mio sito nasce per chiedere perdono a quelle vittime di aver alzato un pugno in cielo per strada in segno di vittoria, rispondendo allo strombazzamento di un'automobile di tifosi festanti, nonostante la mia bandiera fosse riavvolta nel mio ritorno dimesso verso casa, rinunciando al corteo in centro... Forse un gesto rabbioso, come l'esultanza di Michel al goal su rigore... Ancora oggi nella tua anima quali macerie hai da rimuovere per fare pace con la tua coscienza ?

"Hai detto bene, ho pregato. Cosa che allora mi era inusuale e mi venne spontanea. Non è così oggi, dove la meditazione e la preghiera accompagnano spesso momenti della mia vita. Lo considero l’epilogo di un cammino, l’approdo al susseguirsi di fasi differenti e controverse della mia esistenza. Ci sono momenti della vita in cui ti guardi indietro e pensi a cose che vorresti non fossero accadute o che si fossero potute svolgere in maniera diversa. Ma quel che è stato è stato e non è attraverso la falsa retorica che si cambia l’epilogo di quelle esperienze, ma semmai ragionando e impegnandosi a far sì che se si dovessero riproporre, occorrerebbe viverle in maniera differente. In merito a quella serata potrei dire che se potessi tornare indietro accetterei sicuramente i tagliandi di quel settore Z che diversamente restituimmo. La rabbia e l’ira di quei momenti sulla pista d’atletica cercherei sicuramente di vincerli, ma un conto è farlo adesso a quasi cinquanta anni, un altro è pretenderlo che lo allora lo facesse un ragazzo di poco più di diciotto. A quel ragazzo non rimprovero niente perché, giusto o sbagliato che fosse, nel suo "modus vivendi" di allora fece una scelta di coerenza".

 

Secondo, te, Beppe, perché la Juventus ha seppellito la memoria di quelle vittime, limitandosi in tutti questi anni a qualche messa in suffragio, ad un monumento bonsai nel giardinetto della sede ? Sul sito ufficiale della società non c'è un riferimento visibile alla tragedia, né una pagina commemorativa dedicata alle 39 vittime. Su quello del Liverpool, invece, sì.

"Perché il loro è un percorso intriso di ipocrisia, una condotta poco lineare fin da subito che è proseguita in tutti questi anni. Peccato che in momenti come questi, quando un’intera tifoseria (familiari delle vittime, siti web, gruppi ultras e semplici tifosi) chiede che costruendo una nuova casa si faccia posto ad una, anche se piccola, sala della memoria, l’atteggiamento sia sempre quello di allora e non sia mai mutato: assoluto silenzio, segno di poco rispetto per chi quei colori li ama e li segue da una vita. Un silenzio che pesa come un macigno".

Con l'acquisizione storica dei fatti in quali percentuali suddividi le responsabilità della tragedia fra Uefa, bagarinaggio, Hooligans, Governo e Polizia belga ?

"In primis la responsabilità è d’attribuire, a mio avviso, all’Uefa, che ha scelto lo stadio per la disputa della finale. Segue quella delle autorità e del governo belga, che con il loro lassismo e superficialità organizzativa hanno avuto un ruolo preponderante nella vicenda. Quindi gli hooligans e da ultimi i bagarini. Spesso si vende qualcosa incuranti delle possibili conseguenze dell’atto, con questo non assolvo, ma anzi manifesto il mio più assoluto disprezzo nei confronti dei bagarini e del bagarinaggio".

Le immagini drammatiche dell'Hillsborough Stadium nel 1989, quei volti dei tifosi del Liverpool schiacciati sui reticolati dello stadio di Sheffield, hanno riaperto una ferita o rappresentato una vera e propria nemesi ?

"La storia è beffarda e in certe situazioni le considerazioni spesso si sprecano. Personalmente non saprei risponderti e preferisco non farlo, piuttosto che dire la prima cosa che mi passa per la testa". 

La cerimonia di Anfield Road del 2005, organizzata dall'Uefa in occasione della partita di Champions League, fu boicottata dalla tifoseria juventina che mostrò le natiche e il dito medio. Pensi che il pubblico del Liverpool possa riuscire davvero a chiedere perdono credibilmente ed in quale modo solenne ? Il perdono è di esclusiva dei familiari delle vittime ?

"L’ho scritto nel mio libro: Perdono ? Non so se potrò mai accettarlo, almeno in cuor mio, ma accetterò le decisioni di coloro che hanno perso i propri cari in quell’assurda notte belga. Sono loro che hanno il diritto di parola, cui spetta in primis ogni decisione. L’atteggiamento della tifoseria juventina con le spalle al campo e il dito medio alzato è legittimo, condivisibile. Io non andai all’Anfield Road, vado ormai molto di rado in trasferta visti gli impegni e la famiglia, ma anche se avessi potuto non ci sarei andato. La sola vista di quei colori mi fa male, è una pugnalata al cuore. Devo però dire che accettai, un paio di settimane prima dell’incontro, un’intervista con la BBC Radio che mandò a Torino una sua troupe. L’accordo preventivo tra me e la giornalista inglese fu che le risposte dovessero essere lasciate integrali, diversamente sarebbe saltato tutto. A margine la promessa che mi avrebbe consegnato una copia su cd dell’intervista che sarebbe andata in onda un’ora prima della partita. L’unica volta che mi fidai di un inglese dopo l’Heysel venni prontamente disatteso, in quanto la sua promessa di inviarmi il cd venne disattesa. Si rafforza il mio convincimento che per quel popolo l’onore, ovvero il mantener fede alla parola data, è un concetto del tutto estraneo alla loro cultura".

 

Cosa ne pensi del tentativo di gemellaggio del 2009 fra la Fiorentina e il Liverpool ? Per rispetto dei nostri morti all'Anfield Road i reds hanno cancellato la coreografia...

"Un tentativo ignobile da parte della tifoseria viola di strumentalizzare l’evento, mascherando sotto la veste di un’amicizia ipocrita, l’odio e il rancore profondo nei confronti della tifoseria juventina, senza il neppur minimo e umano rispetto dei morti. Rispetto in quanto italiani, non perché juventini. Quello che più mi ripugna è però l’opinione pubblica fiorentina che, senza il gesto di rifiuto dei reds, avrebbe avallato l’iniziativa senza alcuna dissociazione. Da parte loro, i tifosi del Liverpool hanno dimostrato un senso di responsabilità e di coerenza nella ricerca ostinata della riappacificazione".

Per dovere di cronaca, ho visto in questi anni immagini anche nella nostra curva di striscioni offensivi contro Superga, Baretti, l'alluvione di Firenze. Quale differenza, ammesso che ci sia, rispetto alle maglie rosse del "meno 39" ed agli striscioni ed ai cori di scherno verso le vittime dell'Heysel a Firenze o nei campi delle tifoserie nemiche storiche della Juventus ?

"Purtroppo l’attacco ai morti, indipendentemente da parte di chi avviene, è sempre una forma disdicevole. C’è da dire che spesso partono cori avallati da buona parte della tifoseria, che si unisce agli stessi senza per altro pensare molto su quanto canta. Prevale la logica dell’insulto all’avversario, dell’offesa nei loro confronti, ben consci che "punzecchiando" il nemico su certi fatti o episodi, lo si tocca nel vivo. L’Heysel è una cosa a sé: se ci fosse stata un’altra squadra italiana quella sera a Bruxelles, l’odio e il rancore degli inglesi verso quei tifosi sarebbe stato identico. Il loro odio era verso gli italiani, senza differenza tra juventini, milanisti, fiorentini o sampdoriani. Ricordo con piacere poco dopo Bruxelles uno striscione aperto in campo dai tifosi milanisti a ricordo di quei morti italiani. Loro avevano, fin da subito, perfettamente inteso. L’ottusità e l’ignoranza di chi a distanza di anni non l’ha ancora capito, non merita commenti".

La Juventus, in questi anni, nonostante varie lettere ed appelli mediatici in trasmissioni televisive e radiofoniche, non mi ha mai degnato di una risposta formale alla proposta di una sala della memoria all'interno del nuovo stadio di Torino. Blanc ha parlato l'anno scorso di un monumento, Andrea Agnelli di un "luogo della memoria"... Al momento tutto misteriosamente tace... Tu, invece, come la immagineresti una sala della memoria per i nostri 39 angeli ?

"Una sala con luce soffusa alle cui pareti vi siano apposte le foto in bianco e nero dei volti di quelle vittime. Nella parete centrale, solo una scritta in rosso con data e luogo dell’eccidio. A centro sala una teca contenente la coppa, con un nastro nero al centro, in segno di lutto".

 

Se la Juventus Football Club alla fine dei lavori del nuovo stadio non la farà, la potremmo realizzare noi tifosi raccogliendo fondi con un'associazione no profit ?

"Penso che sia un dovere morale, prima ancora che da tifosi, battersi affinché la Juventus dedichi nel nuovo stadio una sala della memoria a quei 39 caduti. Se poi alla fine la Società Juventus non risponderà all’appello incurante delle richieste delle famiglie delle vittime (a cui si associano migliaia di altri tifosi), potrà prendere strada l’idea di realizzare uno spazio non molto distante dal nuovo stadio, raccogliendo i fondi con un’associazione "no profit". Se però ciò avvenisse, la Società dovrà sapere che qualsiasi tipo di ricorrenza in ricordo di quell’evento da lei organizzata e/o patrocinata, sarà boicottato da tutti noi. L’ipocrisia non merita rispetto".

Noi siamo juventini, giochiamo sempre per vincere, quante Coppe dei Campioni abbiamo vinto, secondo te ?

"Noi abbiamo vinto quella del 1995-96, altre non ne conosco".

Caro Beppe, buona fortuna per il tuo recente libro, "Via Filadelfia 88", sugli indimenticabili anni di curva, vissuti, come scrivi testualmente, "al di là di bandiere e stendardi, ideologie politiche, differenti posizioni sociali. Per ricordare, per riflettere, per stilare le dovute considerazioni e conclusioni. Un’esperienza che odi o ami, ma di cui ti ricorderai. Per sempre". Per il resto, 39 volte, grazie...

"Grazie a te per aver voluto ascoltare le mie considerazioni, quello che avevo da dire. Perché queste cose non le ho mai dette prima ? Semplicemente perché mai nessuno me le aveva chieste, prima di Domenico Laudadio". (NdR: pubblicata nel libro "80 Voglia di Curva Filadelfia" di Beppe Franzo edito da Novantico Editrice nel 2013)  Fonte: Saladellamemoriaheysel.it © 3 maggio 2011 Fotografie: Associazione Culturale "Quelli di... Via Filadelfia" Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©





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