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Storico Tifoseria Juventina
Presidente
Ass. "Quelli di...Via Filadelfia"
Capo
Ultras "INDIANS" allo Stadio Heysel il
29.05.1985
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Giornata della memoria 31.5.2014
ESCLUSIVA TJ - Beppe Franzo ci racconta
l'evento del 31 maggio a Torino in ricordo delle
vittime dell'Heysel
Beppe
Franzo, già noto ai lettori di TuttoJuve per la
sua vena di tifoso-scrittore, ci illustri il
significato dell'iniziativa che ti vede tra i
promotori il 31 maggio a Torino in ricordo delle
vittime dell'Heysel ?
"La Giornata della Memoria in ricordo delle 39
vittime dell'Heysel e di ogni forma di violenza
in ambito sportivo" è stata indetta dal Comune
di Torino nel 2013, con mozione presentata da
Stefano Lo Russo, Maurizio Marrone, Salvatore
Sbriglio. Approvata pochi giorni prima della
commemorazione della tragedia dell'Heysel,
l'anno scorso è stato simbolicamente osservato
un minuto di silenzio in consiglio comunale,
rinviando l'organizzazione degli eventi agli
anni successivi. Non avendo però riscontrato la
volontà da parte delle istituzioni, salvo alcuni
sporadici casi, di dar luogo a qualsivoglia
forma di commemorazione, abbiamo sottoposto una
bozza di progetto all'attenzione dei vari
consiglieri e assessori. Dopo un travaglio non
facile, si è pianificato la serata-evento con
interventi che reputo di indubbio interesse. Lo
scopo è di dichiarare ufficialmente aperto
l'anno che porta al trentennale
dell'anniversario dell'infausta notte di
Bruxelles, auspicando per il prossimo evento il
giusto interesse attorno ad un anniversario che
è una pagina nera non solo per i tifosi
juventini, ma per l'Italia tutta e, oserei dire,
per l'intera Europa, corresponsabile delle
negligenze delle allora autorità calcistiche ed
istituzionali".
Per
te, per molti di voi, soliti a bazzicare le
gradinate della Curva, cosa ha rappresentato e
rappresenta oggi l'Heysel ?
"Per Noi che potremmo definirci "i ragazzi
dell’85" (allora avevo vent'anni), l'Heysel è
una ferita aperta che mai, credo, si potrà
rimarginare. Una stilettata all'altezza del
cuore, che ha dato un duro colpo alla nostra
passione, che ha fatto vacillare per molto tempo
le nostre certezze, le consapevolezze, il senso
d'appartenenza, la nostra voglia di far tifo.
Noi, ultras, ci trovammo in quel contesto per la
prima volta di fronte ad un punto di non
ritorno, prendendo consapevolezza che di calcio
si può anche morire. Una morte orrenda, una fine
da non augurare neanche al peggiore nemico. Non
il triste epilogo di uno scontro tra fazioni,
tra gruppi rivali, ma una bieca e assurda
aggressione contro tifosi che, fuggendo dallo
scontro, autoproclamavano la loro resa. Una
simile aggressione sfugge ad ogni canone di
logica ultras, rifugge da ogni 'morale ed etica'
di scontro che, comprensibile o meno, animava ed
anima la contrapposizione tra gruppi rivali.
L'hooliganismo mostrò, in quel contesto, il suo
vero volto: scelleratezza, ubriachezza molesta,
totale assenza di dignità. L'appellativo di
animali non apparve in quel contesto
fuorviante".
Sarai mai disposto a perdonare ?
"Sono cattolico, conosco le ragioni del perdono.
Se umanamente posso perdonare chi si è
dimostrato pentito dimostrandolo coi fatti negli
anni a seguire, non posso accettare il perdono
collettivo, istituzionale. Ritenere l'Heysel una
pagina chiusa, sigillata con un abbraccio tra le
parti, reputo sia piena ipocrisia. Mi attengo
comunque ai voleri degli allora famigliari delle
vittime, gli unici che possono aver diritto di
parola sulla questione. Non sono uno che si
prodiga a distribuire odio e diffondere
zizzania, e credo sia doveroso lasciare ai
posteri una decisione che andrà presa
estraniando la passionalità. Chi non ha vissuto
gli eventi, potrà forse fare delle valutazioni
più ponderate delle nostre. Noi non possiamo
dimenticare".
Qualcosa per concludere ?
"Siamo pronti a festeggiare e, giustamente, a
gioire degli eventi vittoriosi. L'essere
Juventini, vuole dire anche stringersi
fraternamente nei momenti delle difficoltà e del
dolore. Questo è uno degli eventi più nefasti
della storia bianconera, per proporzioni il più
tragico. Quella coppa insanguinata, per quanto
costi sacrificio farlo, sia finalmente, dopo
tanti anni, non un momento da rimuovere dalla
nostra storia, ma parte integrante della stessa.
Seppur negativa, seppur drammatica, quella
triste sera deve continuare ad essere ricordata.
In Onore e nel ricordo di chi non c'è più e che
quella coppa non ha mai potuto vedere alzarsi in
cielo. Là, dove oggi sono i nostri magnifici 39
Angeli bianconeri. Vi aspettiamo, sabato 31
maggio alle 18, alla 'Sala delle Colonne' del
Comune di Torino (piazza Palazzo di Città)".
25 maggio 2014
Fonte: Tuttojuve.com
ESCLUSIVA SALADELLAMEMORIAHEYSEL.IT
"Un silenzio che pesa come un macigno"
Intervista di Domenico Laudadio a Beppe
Franzo, capo ultrà bianconero del gruppo "INDIANS"
presente allo stadio Heysel ed autore del libro
edito nel 2011 "Via Filadelfia 88: una storia,
una curva"
dedicato alla
Generazione Ultras degli anni ’70 - ’80 a
Torino.
Ti ringrazio di cuore, Beppe, per la tua
cortese disponibilità all'intervista. Come ti
dicevo telefonicamente nessuna censura, solo la
tua verità su quella mattanza annunciata...
Quindi, a questo punto, incamminiamoci insieme
verso lo stadio dell'infamia... Liverpool -
Juventus era la madre di tutte le finali, le due
regine dell'Europa calcistica che si sfidavano a
Bruxelles, salotto buono dell'Europa civile...
Ci racconti le tue sensazioni ed i tuoi
preparativi nei giorni precedenti la partita ?
"Per un tifoso la finale è la regina di tutte le
partite; per un giovane tifoso l’evento è
enfatizzato, non si vede l’ora di partire,
l’attesa diviene spasmodica, tutto ruota attorno
ad esso. In più, essendo allora tra gli
organizzatori del tifo bianconero, ero sommerso
da impegni di vario genere finalizzati alla
buona riuscita della trasferta".
Avevi il sentore che qualcosa di molto
grave potesse accadere contro gli hooligans ?
Immagino foste preparati bene psicologicamente,
e non solo, alla possibilità di qualche scontro,
data la loro famigerata violenza...
"Se affermassi che ero/eravamo preoccupati per
gli hooligans, direi una menzogna. Sapevamo,
come ogni volta in cui s’incontravano gli
inglesi, che si sarebbero potuti verificare
degli scontri. Era inevitabile, tanto più che
l’abitudine di sfogare oltre oceano le loro
velleità era cosa risaputa al mondo intero.
Dall’altro lato, proprio per la loro nomea,
quando ce li si trovava davanti, la gente si
caricava, si ringalluzziva. Nella dimensione del
mondo ultras s’innescava un "perverso"
ragionamento per cui, se ti scontravi con
qualcuno considerato da tutti il più terribile e
ne uscivi vincitore, avresti ridimensionato
l’altrui fama e saresti diventato tu il più
"terribile". Una logica, giusta o sbagliata che
fosse, ma condivisa da tutti".
Nella fase di avvicinamento allo stadio
vi avevano segnalato che inglesi ubriachi a
torso nudo molestavano "la gente normale".
Eravate già pronti al contrattacco per difendere
"gli italiani", ma a patto di non "toccare donne
e bambini", poi avete incrociato la polizia
belga a separarvi. Ti è sembrata da subito così
debole ed impreparata tatticamente e
logisticamente rispetto alla celere che
incontravi negli stadi italiani la domenica ?
"Ti correggo. Lo scontro c’è stato, con inglesi
ubriachi da un lato e italiani dall’altro. Con
il nesso di poi, quello scontro permette, a
distanza di anni, di fare delle importanti
considerazioni. In quel breve, ma intenso
scambio di colpi, un gruppo di hooligans
affrontò degli ultras italiani, uscendone
sconfitto. Non lo evidenzio per enfatizzare
l’episodio o ammantarmi di "eroismo" (per altro
effimero), ma per evidenziare l’aspetto
importante: grandi nel dar libero sfogo al loro
odio contro famiglie inermi nel settore Z, non
riuscirono a spadroneggiare con chi era solito
affrontare degli scontri. Per cui mi viene
lecito chiedermi: se in quel maledetto settore Z
ci fossero stati gli ultrà della Juve, l’epilogo
sarebbe stato diverso ?".
Si fosse vietata o almeno osteggiata la
vendita di alcolici, "ad ogni angolo di strada"
come denunci nel tuo racconto autobiografico, si
sarebbe potuto evitare la tragedia ?
"Con i "se" e con i "ma" sai quanti palazzi si
potrebbero costruire ? Chi può dirlo.
Bisognerebbe sapere e capire quanto alcool sia
stato assimilato lungo il viaggio
dall’Inghilterra al Belgio, quanto se n’è bevuto
sui traghetti, le quantità che si erano portati
appresso. È logico che più alcool si beve, più
l’ubriacatura sale e se è di tipo molesto, non
può che peggiorare la situazione. È altrettanto
vero che senza la vendita di alcoolici, molti di
loro sarebbero caduti in uno stato di sonnolenza
e smaltimento della sbornia, presentandosi sulle
gradinate forse inebetiti e claudicanti, anziché
elettrizzati grazie alla birra bevuta fino a
pochi attimi prima".
Il tifoso juventino che vi raggiunse
dall'Inghilterra viaggiando in traghetto con i
reds testimoniò la presenza non soltanto di
tifosi del Liverpool, ma anche di hooligans di
altre squadre, Chelsea soprattutto, punk, skins,
mods. Una sorta di crociata albionica contro gli
italiani. L'anno prima all'Olimpico di Roma ci
furono accoltellamenti di inglesi fuori allo
stadio e la polizia italiana resse all'orda
rossa con cariche preventive. Vendetta
annunciata e prevedibile, no
?
"Il tifoso juventino di cui parli, ci raggiunse
arrivando in traghetto dalla Francia (non
dall’Inghilterra). Giunto in Belgio, il suo
sbarco fu ritardato e ostacolato dal gran casino
creatosi, con poliziotti inglesi e belgi
impegnati, secondo le sue parole, a contenere
tifosi ubriachi che discutevano tra loro, che
creavano caos con le autorità adibite al
controllo. Lui, essendo nato a Londra, vide e
raccontò di varie tifoserie (quindi non solo
supporters del Liverpool), di bande giovanili
tra loro storicamente rivali quali skin, punk e
mods. Il fatto è sintomatico: divisi in patria
per beghe calcistiche, per stili di vita
diversificati, per appartenenza politica, si
trovarono tutti uniti ad affrontare il comune e
odiato nemico. L’episodio dell’anno precedente a
Roma, come hai sottolineato, a mio avviso non è
che uno dei tanti precedentemente avvenuti.
Pensare che si trattasse di una ritorsione o
vendetta legata a quell’evento, sarebbe a mio
avviso fuorviante".
Dal racconto, nel tuo libro "Via
Filadelfia 88", vi aspettavate la polizia belga
ben più preparata, addirittura lo schieramento
dell'esercito nel pre-partita. Invece la polizia
belga caricando a cavallo se la prendeva più con
i padri di famiglia italiani che con i reds
molesti e ubriachi fradici... Controllava
minuziosamente all'ingresso i biglietti dei
nostri tifosi, mentre gli inglesi sgretolavano
il muro di cinta dello stadio per introdurvisi
senza. Secondo te era a causa di una sorta di
prevenzione razzista nei confronti degli
italiani o per debolezza e timore nei confronti
degli inglesi ?
"L’aspettativa
di trovarsi di fronte un servizio di sicurezza
ben organizzato ed agguerrito era l’ipotesi che
davamo quasi per certa prima della partenza. Si
pensava che una finale di coppa che vedeva come
protagonisti gli inglesi, per di più anteposti
ai loro nemici di sempre, gli italiani, avrebbe
dovuto mettere sul chi va là gli alti vertici
del Belgio (e non solo). Così non è stato e il
risultato è tristemente noto. Penso che la
polizia belga si sia trovata ad un certo punto
nell’incapacità oggettiva di gestire il servizio
pubblico (cosa del resto che risulta palese
dalla lettura degli atti processuali) e
l’assenza di un capillare coordinamento abbia
lasciato spazio all’inventiva e intraprendenza
(per altro poca) dei singoli responsabili.
Non so se il comportamento adottato dai
poliziotti belgi sotto la nostra curva sia stato
viziato da una sorta di "prevenzione razzista",
può essere, ma ciò non è dimostrabile con
certezza ed è pertanto una delle tante
interpretazioni possibili. Ciò che invece è
dimostrabile a priori, attraverso le
testimonianze degli allora presenti, è
l’immotivato accanimento, con cariche a cavallo
e manganellate insulse, avvenuto nei confronti
di gente il cui unico "torto" era quello di
cercare di guadagnare il posto in gradinata in
uno stadio totalmente inadeguato, a cominciare
dalle strutture esterne. La disparità di
trattamento a cui fai riferimento, fu dovuta ad
un diverso atteggiamento delle due tifoserie:
più paciosa e propensa a vivere una giornata di
festa quella italiana, più bellicosa e in cerca
dello scontro quella inglese. Nel vedere i
"figli di Albione" più astiosi e meno
collaborativi, ha fatto scattare forse nella
mente della polizia la falsa idea che
"assecondare e sopportare" sarebbero state le
armi migliori per evitare il peggio".
Il primo impatto davanti allo stadio
Heysel ?
Ed entrato all'interno ?
"Penso di averlo descritto senza mezzi termini
nel mio libro, dove ho usato l’espressione più
consona per definirlo: "insieme di pietre
cementate". L’idea è stata, al primo impatto, di
ritrovarsi davanti ad uno di quei vecchi stadi
di provincia italiani. Belli, perché molti di
essi racchiudono la memoria storica del nostro
calcio, ma decisamente inadeguati se avessero
dovuto ospitare, per usare le tue parole, una
finale fra "le due regine dell’Europa calcistica
che si sfidavano nel salotto buono dell’Europa
civile". L’interno era peggio dell’esterno, con
cancellate che sembravano recinti per polli,
gradinate che si sbriciolavano sotto i tacchi
degli stivali o ai colpi delle aste di
bandiera".
Durante
i primi disordini in curva Z la prima reazione
emotiva e verbale nel vostro settore opposto,
quello del tifo bianconero militante, quale fu ?
"Devo dire che la visibilità tra le due curve
era pessima e all’inizio non ci si rese conto di
quanto avveniva. Sembrava il classico duellare a
suon di insulti e lancio d’oggetti tra due
tifoserie separate dalla rete divisoria. Solo
dopo, vedendo una delle cariche degli inglesi,
si capì che gli italiani erano in difficoltà e
stavano per soccombere. Nessuno immaginava però
che i nostri connazionali in fuga correvano
verso la morte. L’odio verso gli inglesi da
parte della nostra tifoseria risale a ben prima
dell’Heysel, fatto che ha precluso ogni
possibilità di vera (e sentita)
riappacificazione. Per cui alla vista di quegli
scontri la gente inveiva, insultava gli inglesi
e molti, prima ancora di conoscere l’evolversi
degli eventi, cercavano di sfondare le
cancellate per correre in difesa degli
italiani".
Secondo te perché era stata schierata
più polizia davanti al vostro settore che lungo
la posticcia rete "da pollaio" del settore Z che
separava gli inglesi dal pubblico "neutrale" ?
Un errore imperdonabile...
"Totale incompetenza, oltre a imbecillità
organizzativa. Una cosa che vista con il senno
del poi ha dell’incredibile anche per chi non ha
esperienza nella gestione dell’ordine pubblico".
Nel tentativo disperato di andare in
soccorso dei tifosi terrorizzati del settore Z
cosa hai visto avvicinandoti alle gradinate ?
C'è qualcosa in particolare che non avresti mai
voluto guardare ?
Ovviamente, Beppe, puoi
non rispondermi, lo comprendo...
"Sfondata la recinzione che dava sulla pista di
atletica, ci fu un momento in cui tra la
confusione, lo sconcerto delle forze dell’ordine
e quant’altro, separatamente, io ed altri,
riuscimmo ad arrivare sotto il settore Z
passando adiacenti le cancellate. Rimasi
sconcertato e subito attonito perché non
riuscivo a capire cosa stesse accadendo. Poi la
vista di alcuni corpi riversi sulla pista,
coperti dalle bandiere bianconere, mi fece
comprendere la drammaticità dell’evento dinanzi
al quale mi trovavo. Cosa non avrei voluto
vedere ? I piedi di un uomo che spuntavano da
una bandiera, un ragazzo che piangeva asciugando
le lacrime con una sciarpa che ricordo
bianconera con bande tricolori. Vidi molto altro
ancora, ma quelle sono le immagini che mi sono
rimaste, a distanza di anni, scolpite nella
memoria".
Poi, sei tornato di corsa sotto la tua
curva ed hai usato il megafono per raccontare
quello che avevi visto agli altri... Moltissimi
aspettavano soltanto l'inizio della partita e
non volevano crederti... Poi, lo scontro con la
polizia belga... A farne le spese anche un
fotografo che si trovava là in mezzo, per
lavoro... Raccontaci...
"Fui tra i primi, se non il primo, a raccontare
quello che vidi dall’altra parte e, in quel
momento, la rabbia prevalse sulla pietà, sulla
commozione. Una rabbia che indusse molti di noi
a scontrarsi con le forze dell’ordine, che
cercavano in tutti i modi di contrapporsi al
nostro avanzare. L’ira si scatenò quindi contro
di loro, considerati corresponsabili di quanto
avvenuto. Inconsciamente quei giovani, a torto o
a ragione, non entro nel merito,
contrapponendosi alla violenza con altrettanta
violenza, estremizzavano la rabbia di un popolo.
Il fotografo, soffermatosi troppo a lungo nei
suoi scatti e scambiato, a ragion della sua
carnagione, per un reporter inglese, venne
colpito prima dai tifosi, poi dagli stessi
poliziotti. Quello che infastidiva penso, era il
suo voler carpire a tutti i costi l’attimo e
questo era per noi un atteggiamento ignobile,
intollerabile, di sciacallaggio. Immortalare le
disgrazie altrui, il sangue versato da altri,
per renderlo scoop da prima pagina è cosa che,
pur nel rispetto del lavoro altrui, considero
tutt'ora un atto ripugnante. Capisco il mestiere
dei fotoreporter, senza i cui scatti tanti
momenti storici non avrebbero volto, ma in certi
frangenti sono più indirizzato verso l’aiuto al
prossimo che non il documentarne l’agonia".
Dopo il messaggio all'altoparlante di
Gaetano Scirea, l'incontro con Cabrini e
Tardelli a cui avete urlato chiaramente delle
vittime e di non giocare. Sapevano tutto,
quindi... Perché, secondo te, per vent'anni,
quasi tutti i calciatori della Juventus si sono
nascosti dietro la menzogna di non conoscere
l'entità reale della tragedia ?
"Sapevano tutto ? Sì. Forse non sapevano
l’esatta entità del massacro, ma che c’erano dei
morti l’hanno saputo. Quando due di loro
arrivarono sotto la curva, lo stato
d’eccitazione era tale che centinaia di persone
gli si strinsero attorno, circondandoli, e
centinaia di voci si sovrapponevano, proferendo
accuse, facendo domande d’ogni genere. Noi
dicemmo chiaramente che c’erano dei morti e che
la partita non si doveva giocare, non volevamo
si giocasse. Loro sembravano frastornati,
annuivano, si guardavano tra loro, stringevano
le mani ai tifosi. Era una situazione che oserei
definire surreale. Penso siano rientrati negli
spogliatoi ancor più frastornati".
La decisione di giocare la partita per
l'ordine pubblico fu l'anestetico più rapido ed
efficace per scongiurare una guerra totale
dentro e fuori lo stadio fra italiani e inglesi
o quella partita possedeva in sé il crisma
diabolico di un rituale antropologico superiore
al valore stesso della vita umana ?
"A mio avviso la totale incapacità di gestione
dell’ordine pubblico fece propendere per
"l’anestetico più rapido", per prendere tempo,
per cercare di organizzare alla meno peggio la
fase di sgombero dello stadio. Nel marasma
generale, nessuno volle assumersi la
responsabilità di annullare lo svolgimento della
partita e far evacuare la gente dallo stadio".
Dimmi se sbaglio, Beppe, ma dalle
immagini di repertorio sembra che dopo
l'incontro con i calciatori della Juventus l'ira
e la sete di vendetta straripata in altri
scontri con i reparti di rinforzo della polizia
belga sia stata condivisa solo da un gruppetto
di ultras bianconeri, il grosso è rimasto in
curva. Perché questa spaccatura evidente nel
tifo in quel frangente ?
A non muoversi sono
stati gli stessi che hanno esultato alla fine...
"Appena
ritornato dal settore Z, cosa di cui ho già
detto, cominciai a divulgare la notizia di
quanto stesse accadendo. Lo feci con un megafono
camminando in campo su e giù sotto la curva e
ricevendo in cambio di tutto sulla testa, fino
quasi a sfiorare la rissa in un paio di
circostanze. La gente urlava inviperita,
intimandoci di uscire dal campo, per far
iniziare l’incontro. Dinanzi alle mie, nostre
repliche, che parlavano di cadaveri, di italiani
morti ammazzati, la gente replicava gridando
"teppisti". Si possono anche condannare gli
allora ultras juventini che ad un certo punto
sfondarono il blocco poliziesco e raggiunsero
l’altra curva alla ricerca di vendetta, ma,
senza scusanti e retorica (parlo almeno per me),
fu un atteggiamento forse troppo "passionale" e
focoso, ma del tutto spontaneo. Sicuramente
esasperato, fanatico e violento, ma che in quel
preciso frangente rispecchiava lo stato d’animo
del momento, frutto di una grande tensione che
si stava in quell’istante vivendo: una rabbia
impulsiva, incontrollabile, un odio profondo
verso quei barbari che con il loro agire tribale
non rispettavano nemmeno il codice "di guerra"
base di ogni società civilizzata: non attaccare
vecchi, donne, bambini. Dall’altro lato, parte
della tifoseria juventina (dire tutta sarebbe
ingiusto nei confronti di quanti effettivamente
non sapevano e non avevano effettivamente
captato quanto stesse accedendo), con il loro
atteggiamento di falso perbenismo, di finto
pacifismo, mascheravano il loro assoluto egoismo
rifiutandosi di vedere, di sentire, di
ragionare, in virtù dell’unica cosa che
gl’interessasse veramente: riuscire a vedere la
partita".
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Nei capitoli del libro riguardanti
l'Heysel non c'è alcun riferimento a te ed ai
tuoi compagni più stretti durante la partita e
durante i festeggiamenti per la vittoria. Puoi
colmare questa lacuna, ora ?
Se vuoi...
"Cessati gli scontri, con l’inizio
dell’incontro, io ed altri ci sedemmo in alto
sugli spalti. Non guardai la partita e rimasi
seduto anche quando attorno a me vidi gente
esultare dopo il goal. Ti posso anche dire, con
estrema franchezza, che nonostante abbia a casa
il filmato integrale di quella serata, la
partita non l’ho mai vista, non ho mai voluto
vederla. E penso non lo farò nemmeno in futuro.
Usciti dallo stadio eravamo stremati, e non solo
fisicamente. Un senso di nausea, di voglia di
non ritornare mai più allo stadio mi avvolse
ancor di più quando seppi, da qualcuno che
riuscì a telefonare, che a Torino c’era gente
che festeggiava. Ma come si fa a gioire quando
vedi certi immagini, quando sai di quei morti
?".
Secondo
te i calciatori hanno festeggiato
spontaneamente, per rimuovere l'enorme peso
dalla coscienza o perché erano in trance
agonistica anche al termine della partita ?
"Secondo me è stata una concomitanza di cose,
per cui con quei gesti sfogavano l’enorme
tensione accumulata e questo ci può stare,
quello che non è invece accettabile e
l’atteggiamento di alcuni nel post-partita".
Vedere alzare da Brio quella Coppa
scendendo le scalette dell'aereo all'aeroporto
di Caselle fu una pugnalata al cuore per le
famiglie delle vittime. Purtroppo, una macchia
indelebile della storia leggendaria della
Juventus. Per te ?
"Quando leggo nel nuovo sito online della
Juventus che quella coppa è considerata "la
coppa più bella nella serata più tragica", penso
che molti non abbiano ancora oggi capito, a
distanza di anni, la drammaticità di quel gesto
di Sergio Brio. Drammatico, perché da quel
trofeo colava sangue; immorale, perché alzarla
verso quel cielo che aveva appena accolto 39
uomini, era un gesto dissacratorio. Vincerla si
doveva, a tutti i costi. Lasciarla in mano agli
inglesi sarebbe stata un’ulteriore beffa, ma se
la scelta della Società è stata allora di non
restituirla, la si doveva portare in patria
celandola agli occhi dei più, per farla poi
riapparire, magari agghindata a lutto, in un
luogo dedicato a quelle vittime".
Hai mai incontrato qualcuna di loro in
questi ventisei anni ?
"Non l’ho fatto, per rispetto. Forse ho
sbagliato, non posso escluderlo, ma mi sembrava
di voler riaprire in qualcuno di loro vecchie
ferite (che forse avranno già riaperto in
tanti). Dall’altro lato, avendo il timore di non
poter spiegare alcune cose di cui ho in parte
parlato in questa intervista, non avrei voluto
che alcuni di loro s’indispettissero, perché
immagino che per alcuni di loro la parola
"ultras" è equiparabile a quella di hooligans.
Oggi, che pur frequentando la curva e avendo
ancora molti amici che popolano le balconate,
non sono più parte di nessun gruppo, posso con
obiettività fare le giuste ed equilibrate
riflessioni. Per questo a breve farò
quest’incontro sperando di non soffrirne troppo,
perché anche per me è purtroppo una ferita mai
chiusa".
Boniperti ha dichiarato pubblicamente
"Tenemmo la coppa, il sangue era nostro". Ha
ragione ? Fra l'altro, non tutti i caduti erano
tifosi della Juventus, uno di loro, Mario
Ronchi, era un tifoso dell'Inter ed era andato
all'Heysel con i suoi amici bianconeri...
"L’ho detto prima e penso non sia il caso
ripetersi, la coppa si poteva anche tenere, ma
per farla diventare un simbolo all’interno di
una sala, un mausoleo o quant’altro, a ricordo
di quanto avvenuto".
Pensi sarebbe stato giusto restituire la
Coppa all'Uefa ? Farlo oggi avrebbe ancora un
senso ? O si dovrebbe listare a lutto per sempre
? Oppure ?
"Allora avrebbe forse avuto un senso,
sicuramente molto di più che non alzarla in
trionfo sulla passerella di un aereo. Adesso non
più, molto meglio listarla a lutto".
Al tuo ritorno, a Torino, sei stato
interrogato dai carabinieri sulla ridicola
congettura fantapolitica di aver organizzato
insieme al tuo gruppo il massacro dell'Heysel
insieme ai componenti del National Front inglese
per ragioni politiche. Ripensando all'assurdità
di quell'accusa ricordi di averla vissuta più
come un incubo nell'incubo o come una farsa ?
"Oggi appare una farsa, ma per comprendere
appieno le ragioni che giustificarono un operato
così "eclatante", occorre immedesimarsi nel
contesto politico di allora. La
criminalizzazione dell’ambiente della destra
(extra parlamentare o meno), era all’ordine del
giorno e giovani che militavano anche
semplicemente all’interno delle associazioni
giovanili del MSI, finivano per essere al centro
di interrogatori e perquisizioni per cose alle
quali erano del tutto estranei e che erano ben
più grandi di loro. Tale episodio s’inserisce in
questa prospettiva".
Due mesi dopo la strage, sei tornato
all'Heysel. Nel settore transennato c'erano
ancora i feticci del massacro, le scarpe, le
sciarpe, le bandiere. In curva Z hai anche
pregato. Un atto d'amore, Beppe... Il mio sito
nasce per chiedere perdono a quelle vittime di
aver alzato un pugno in cielo per strada in
segno di vittoria, rispondendo allo
strombazzamento di un'automobile di tifosi
festanti, nonostante la mia bandiera fosse
riavvolta nel mio ritorno dimesso verso casa,
rinunciando al corteo in centro... Forse un
gesto rabbioso, come l'esultanza di Michel al
goal su rigore... Ancora oggi nella tua anima
quali macerie hai da rimuovere per fare pace con
la tua coscienza ?
"Hai detto bene, ho pregato. Cosa che allora mi
era inusuale e mi venne spontanea. Non è così
oggi, dove la meditazione e la preghiera
accompagnano spesso momenti della mia vita. Lo
considero l’epilogo di un cammino, l’approdo al
susseguirsi di fasi differenti e controverse
della mia esistenza. Ci sono momenti della vita
in cui ti guardi indietro e pensi a cose che
vorresti non fossero accadute o che si fossero
potute svolgere in maniera diversa. Ma quel che
è stato è stato e non è attraverso la falsa
retorica che si cambia l’epilogo di quelle
esperienze, ma semmai ragionando e impegnandosi
a far sì che se si dovessero riproporre,
occorrerebbe viverle in maniera differente. In
merito a quella serata potrei dire che se
potessi tornare indietro accetterei sicuramente
i tagliandi di quel settore Z che diversamente
restituimmo. La rabbia e l’ira di quei momenti
sulla pista d’atletica cercherei sicuramente di
vincerli, ma un conto è farlo adesso a quasi
cinquanta anni, un altro è pretenderlo che lo
allora lo facesse un ragazzo di poco più di
diciotto. A quel ragazzo non rimprovero niente
perché, giusto o sbagliato che fosse, nel suo
"modus vivendi" di allora fece una scelta di
coerenza".
Secondo, te,
Beppe, perché la Juventus ha seppellito la
memoria di quelle vittime, limitandosi in tutti
questi anni a qualche messa in suffragio, ad un
monumento bonsai nel giardinetto della sede ?
Sul sito ufficiale della società non c'è un
riferimento visibile alla tragedia, né una
pagina commemorativa dedicata alle 39 vittime.
Su quello del Liverpool, invece, sì:
www.liverpoolfc.tv/history/heysel.
"Perché il loro è un percorso intriso di
ipocrisia, una condotta poco lineare fin da
subito che è proseguita in tutti questi anni.
Peccato che in momenti come questi, quando
un’intera tifoseria (familiari delle vittime,
siti web, gruppi ultras e semplici tifosi)
chiede che costruendo una nuova casa si faccia
posto ad una, anche se piccola, sala della
memoria, l’atteggiamento sia sempre quello di
allora e non sia mai mutato: assoluto silenzio,
segno di poco rispetto per chi quei colori li
ama e li segue da una vita. Un silenzio che pesa
come un macigno".
Con l'acquisizione storica dei fatti in
quali percentuali suddividi le responsabilità
della tragedia fra Uefa, bagarinaggio,
Hooligans, Governo e Polizia belga ?
"In primis la responsabilità è d’attribuire, a
mio avviso, all’Uefa, che ha scelto lo stadio
per la disputa della finale. Segue quella delle
autorità e del governo belga, che con il loro
lassismo e superficialità organizzativa hanno
avuto un ruolo preponderante nella vicenda.
Quindi gli hooligans e da ultimi i bagarini.
Spesso si vende qualcosa incuranti delle
possibili conseguenze dell’atto, con questo non
assolvo, ma anzi manifesto il mio più assoluto
disprezzo nei confronti dei bagarini e del
bagarinaggio".
Le immagini drammatiche
dell'Hillsborough Stadium nel 1989, quei volti
dei tifosi del Liverpool schiacciati sui
reticolati dello stadio di Sheffield, hanno
riaperto una ferita o rappresentato una vera e
propria nemesi ?
"La storia è beffarda e in certe situazioni le
considerazioni spesso si sprecano. Personalmente
non saprei risponderti e preferisco non farlo,
piuttosto che dire la prima cosa che mi passa
per la testa".
La cerimonia di Anfield Road del 2005,
organizzata dall'Uefa in occasione della partita
di Champions League, fu boicottata dalla
tifoseria juventina che mostrò le natiche e il
dito medio. Pensi che il pubblico del Liverpool
possa riuscire davvero a chiedere perdono
credibilmente ed in quale modo solenne ? Il
perdono è di esclusiva dei familiari delle
vittime ?
"L’ho scritto nel mio libro: Perdono ? Non so se
potrò mai accettarlo, almeno in cuor mio, ma
accetterò le decisioni di coloro che hanno perso
i propri cari in quell’assurda notte belga. Sono
loro che hanno il diritto di parola, cui spetta
in primis ogni decisione. L’atteggiamento della
tifoseria juventina con le spalle al campo e il
dito medio alzato è legittimo, condivisibile. Io
non andai all’Anfield Road, vado ormai molto di
rado in trasferta visti gli impegni e la
famiglia, ma anche se avessi potuto non ci sarei
andato. La sola vista di quei colori mi fa male,
è una pugnalata al cuore. Devo però dire che
accettai, un paio di settimane prima
dell’incontro, un’intervista con la BBC Radio
che mandò a Torino una sua troupe. L’accordo
preventivo tra me e la giornalista inglese fu
che le risposte dovessero essere lasciate
integrali, diversamente sarebbe saltato tutto. A
margine la promessa che mi avrebbe consegnato
una copia su cd dell’intervista che sarebbe
andata in onda un’ora prima della partita.
L’unica volta che mi fidai di un inglese dopo
l’Heysel venni prontamente disatteso, in quanto
la sua promessa di inviarmi il cd venne
disattesa. Si rafforza il mio convincimento che
per quel popolo l’onore, ovvero il mantener fede
alla parola data, è un concetto del tutto
estraneo alla loro cultura".
Cosa ne pensi del tentativo di
gemellaggio del 2009 fra la Fiorentina e il
Liverpool ? Per rispetto dei nostri morti all'Anfield
Road i reds hanno cancellato la coreografia...
"Un tentativo ignobile da parte della tifoseria
viola di strumentalizzare l’evento, mascherando
sotto la veste di un’amicizia ipocrita, l’odio e
il rancore profondo nei confronti della
tifoseria juventina, senza il neppur minimo e
umano rispetto dei morti. Rispetto in quanto
italiani, non perché juventini. Quello che più
mi ripugna è però l’opinione pubblica fiorentina
che, senza il gesto di rifiuto dei reds, avrebbe
avallato l’iniziativa senza alcuna
dissociazione. Da parte loro, i tifosi del
Liverpool hanno dimostrato un senso di
responsabilità e di coerenza nella ricerca
ostinata della riappacificazione".
Per dovere di cronaca, ho visto in
questi anni immagini anche nella nostra curva di
striscioni offensivi contro Superga, Baretti,
l'alluvione di Firenze. Quale differenza,
ammesso che ci sia, rispetto alle maglie rosse
del "meno 39" ed agli striscioni ed ai cori di
scherno verso le vittime dell'Heysel a Firenze o
nei campi delle tifoserie nemiche storiche della
Juventus ?
"Purtroppo l’attacco ai morti, indipendentemente
da parte di chi avviene, è sempre una forma
disdicevole. C’è da dire che spesso partono cori
avallati da buona parte della tifoseria, che si
unisce agli stessi senza per altro pensare molto
su quanto canta. Prevale la logica dell’insulto
all’avversario, dell’offesa nei loro confronti,
ben consci che "punzecchiando" il nemico su
certi fatti o episodi, lo si tocca nel vivo.
L’Heysel è una cosa a sé: se ci fosse stata
un’altra squadra italiana quella sera a
Bruxelles, l’odio e il rancore degli inglesi
verso quei tifosi sarebbe stato identico. Il
loro odio era verso gli italiani, senza
differenza tra juventini, milanisti, fiorentini
o sampdoriani. Ricordo con piacere poco dopo
Bruxelles uno striscione aperto in campo dai
tifosi milanisti a ricordo di quei morti
italiani. Loro avevano, fin da subito,
perfettamente inteso. L’ottusità e l’ignoranza
di chi a distanza di anni non l’ha ancora
capito, non merita commenti".
La Juventus, in questi anni, nonostante
varie lettere ed appelli mediatici in
trasmissioni televisive e radiofoniche, non mi
ha mai degnato di una risposta formale alla
proposta di una sala della memoria all'interno
del nuovo stadio di Torino. Blanc ha parlato
l'anno scorso di un monumento, Andrea Agnelli di
un "luogo della memoria"... Al momento tutto
misteriosamente tace... Tu, invece, come la
immagineresti una sala della memoria per i
nostri 39 angeli ?
"Una sala con luce soffusa alle cui pareti vi
siano apposte le foto in bianco e nero dei volti
di quelle vittime. Nella parete centrale, solo
una scritta in rosso con data e luogo
dell’eccidio. A centro sala una teca contenente
la coppa, con un nastro nero al centro, in segno
di lutto".
Se la Juventus Football Club alla fine
dei lavori del nuovo stadio non la farà, la
potremmo realizzare noi tifosi raccogliendo
fondi con un'associazione no profit ?
"Penso che sia un dovere morale, prima ancora
che da tifosi, battersi affinché la Juventus
dedichi nel nuovo stadio una sala della memoria
a quei 39 caduti. Se poi alla fine la Società
Juventus non risponderà all’appello incurante
delle richieste delle famiglie delle vittime (a
cui si associano migliaia di altri tifosi),
potrà prendere strada l’idea di realizzare uno
spazio non molto distante dal nuovo stadio,
raccogliendo i fondi con un’associazione "no
profit". Se però ciò avvenisse, la Società dovrà
sapere che qualsiasi tipo di ricorrenza in
ricordo di quell’evento da lei organizzata e/o
patrocinata, sarà boicottato da tutti noi.
L’ipocrisia non merita rispetto".
Noi siamo juventini, giochiamo sempre
per vincere, quante Coppe dei Campioni abbiamo
vinto, secondo te ?
"Noi abbiamo vinto quella del 1995-96, altre non
ne conosco".
Caro Beppe, buona fortuna per il tuo
recente libro, "Via Filadelfia 88", sugli
indimenticabili anni di curva, vissuti, come
scrivi testualmente, "al di là di bandiere e
stendardi, ideologie politiche, differenti
posizioni sociali. Per ricordare, per
riflettere, per stilare le dovute considerazioni
e conclusioni. Un’esperienza che odi o ami, ma
di cui ti ricorderai. Per sempre".
Per il resto, 39 volte,
grazie...
"Grazie a te per aver voluto ascoltare le mie
considerazioni, quello che avevo da dire. Perché
queste cose non le ho mai dette prima ?
Semplicemente perché mai nessuno me le
aveva chieste, prima di Domenico Laudadio".
Domenico Laudadio e Beppe Franzo
3 maggio 2011
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
Fonte
Immagini Fotografiche: Pagina Facebook Ass.
"Quelli di Via Filadelfia"
NDR:
Intervista in esclusiva concessa da Beppe
Franzo a Saladellamemoriaheysel.it e
pubblicata sul suo libro "80 Voglia di Curva
Filadelfia" edito nel 2013 da Novantico
Editrice. Chiunque voglia utilizzarne
contenuti è pregato di citarne cortesemente
la fonte.
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