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CIRO PEPPE ENZO SIMONE
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Salerno 24.05.1999 Ciro Peppe Enzo Simone Testimonianze
 Salerno 1999   G. Plaitano   Pagine della Memoria   Morire di Calcio   Superga 1949   Ballarin 1981  

     
CIRO ALFIERI (15) GIUSEPPE DIODATO (23) VINCENZO LIOI (16) SIMONE VITALE (21)

IL GIORNO PIU' TRISTE

Le lacrime e la memoria: il 24 maggio di Salerno

Luca Fusco: "Anche mio fratello su quel treno, resta una lezione per tutti noi".

SALERNO - È una cicatrice nella memoria e ogni 24 maggio sanguina per ricordare il giorno più triste che il calcio salernitano abbia vissuto. Neppure il tempo, che tutto logora, cancella i segni lasciati da quel lunedì senza sole, che strappò alla vita, nel fiore della gioventù, quattro ragazzi che stavano rientrando a casa dalla trasferta di Piacenza. Era il 1999. Oggi, 19 anni fa esatti. "Tornammo distrutti dopo quel pareggio (1-1 griffato Vierchowod-Fresi, ndr). Era fine d’un sogno: la mancata salvezza sul campo ci sembrò una tragedia", racconta Luca Fusco, all’epoca 21enne calciatore - non ancora capitano - che in quella Salernitana esordiva nell’olimpo calcistico, con la maglia che rappresentava la sua città, la stessa per cui tifava fin da quand’era bambino. "Dopo una notte insonne, la mattina dopo ricevetti qualche telefonata. L’ansia era tanta, perché iniziava a circolare la voce che sul treno dei sostenitori granata era accaduto qualcosa e ci viaggiava anche mio fratello Vincenzo", che nel 1999 aveva 19 anni ed era all’alba d’una carriera che l’avrebbe portato a giocare a sua volta pure con la Salernitana. Era lì per passione e amore della casacca della sua città, assieme ad altri mille e più supporters che rientravano su un convoglio stracolmo. Un viaggio all’inferno. "Mi precipitai alla stazione. Trovai tutta la zona transennata - ancora Fusco senior. Riabbracciai mio fratello mentre le notizie, da confuse, stavano diventando certe. E in quel momento capii che la vera tragedia non era la nostra retrocessione del giorno prima, ma la morte di quattro ragazzi". Si chiamavano Ciro Alfieri, Enzo Lioi, Giuseppe Diodato e Simone Vitale. Salerno, oggi, li ricorda ancora.

23 maggio 2018

Fonte: Lacittadisalerno.it

Mai più 24 maggio: la lettera 15 anni

dopo la strage del treno Piacenza-Salerno

di Edoardo Ciotola

Esattamente 15 anni fa, 4 ragazzi salernitani persero la vita su un treno che da Piacenza stava riportandoli a casa. Era, appunto, il 24 maggio e la Salernitana si gioca la salvezza al Garilli, il pareggio finale di 1-1 non è sufficiente e i granata retrocedono. Ma la cronaca sportiva quel giorno, purtroppo, lascia spazio a quella nera dal momento che nei pressi di Nocera Inferiore, nel treno strapieno vengono accesi diversi fumogeni che provocano un incendio. A causa del fumo e dell’entrata del treno in un tunnel, quattro ragazzi rimangono bloccati e muoiono soffocati. A tale proposito, alla pagina Facebook Mondo Ultrà un tifoso salernitano che ha vissuto in prima persona quella maledetta giornata ha mandato una lettera per dire la sua su una vicenda che, nonostante siano passati 15 anni, presenta ancora molti punti tutt’altro che chiari. Noi di Soccer Magazine ve la riproponiamo in versione integrale:

MAI PIU’ 24 MAGGIO

Piacenza. Ultima gara della stagione allo Stadio Garilli di Piacenza… Una partita che vale la stagione e che purtroppo vede il risultato finale sull’1 a 1 con conseguente nostra retrocessione… Per il ritorno a casa vige un treno speciale... Parte alle 20 dalla stazione di Piacenza... In un clima di grandissima tensione il treno viene imbottito di persone, senza che ci fosse un numero adeguato di agenti per prevenire ogni emergenza... Il viaggio si trasforma in una terribile avventura notturna, con vagoni messi a soqquadro e stazioni ridotte a campi di battaglia… Il tutto nacque nei pressi di Bologna… La polizia, infatti non permetteva soste e quindi viene tirato per la prima volta il freno… A Bologna vengono aggiunti altri 5 convogli ma ormai la rabbia è scatenata... Stazione di Prato, di Firenze, Roma Tiburtina... Ogni fermata incidenti, devastazioni, controlli della POLFER… Un incubo… Viaggio interminabile… Gente accalcata nei corridoi come sardine, troppo elevato il numero rispetto alle dimensioni dei vagoni…

Il convoglio, superato Napoli, si ritrova all’altezza di Nocera Inferiore, viene tirato di nuovo il freno… Molti scendono cercano di prendere il primo bus, ma la polizia non fa uscire le persone dalla stazione… Il treno alle 8 riparte nuovamente, entra nella galleria Santa Lucia, frazione di Cava dei Tirreni, iniziando a percorrere il lungo tunnel… All’improvviso una puzza di bruciato invade gli scompartimenti, il fumo avvolge tutto, vetri che si rompono, gente che urla… C’è chi aveva appiccato il fuoco nei convogli in modo da, secondo il loro distorto pensiero, distogliere l’attenzione della polizia una volta giunti a Salerno per evitare eventuali identificazioni… All’uscita dal tunnel le fiamme sono aumentate, la nube tossica aumentata.. Simone che si prodigava per aiutare gli altri, rimane bloccato insieme ad altri 3, Ciro, Peppe, Enzo… Più passa il tempo e più l’amarezza cresce perché chi c’era quel giorno sa che al di là dell’esiguo numero di poliziotti, delle gravi responsabilità di chi ha organizzato quella trasferta caricandoci come bestie su un carro, c’è dell’altro… Opera d’una trentina ? Se davvero fossero stati così pochi, non sarebbero riusciti a vandalizzare buona parte del treno: ci vogliono forze ingenti e ben coordinate per strappare dalle loro sedi lavandini e tazzoni dei wc, rastrelliere portabagagli e porte di scompartimento. Né avrebbero potuto appiccare simultaneamente il fuoco in diversi punti del treno, sotto lo sguardo indifferente di 1470 compagni. Senza contare che la dozzina di poliziotti presenti sul treno avrebbero avuto facilmente ragione di simili gruppetti. Premesso, come d’obbligo, che tra i 1500 vi erano sicuramente moltissimi bravi ragazzi, bisogna però riflettere molto su ciò che accadde quel maledetto giorno… Perché, almeno io, quel giorno e per molti successivi mi sono vergognato e tanto… Chiudo con le parole che disse Giovanni Vitale, padre del compianto Simone: "Al di là di quali saranno le responsabilità penali niente potrà riportarmi indietro Simone"… Per una partita di calcio 4 famiglie distrutte, 4 angeli volati al cielo troppo presto… MAI PIU’…

24 maggio 2014

Fonte: Soccermagazine.it

Fonte: Fotografia Galleria Tanopress srl

Vagone N°5

di Gian Luca Sapere

24 Maggio 1999. Stazione di Piacenza: ormai è sera. Il cielo ha preso il colore di un sogno infranto. Occhi vuoti, anime dissolte in lacrime di spine e rabbia. Tutti questi volti trasfigurati in quel triplice fischio, piombato come un mantra nelle nostre teste: "La Salernitana è retrocessa in B". L’esito che non avremmo mai voluto immaginare si materializza: triste realtà. Ora son le 8, è tempo di partire per Salerno: ammassati in questo vagone, 100, 1000 o forse più, a togliersi un fazzoletto d’aria a vicenda. Quest’aria: vomito di erba e alcool ci conduce in questo viaggio infernale. Si arriva a Bologna e il treno si ferma: la violenza scende dal vagone, per poi risalire. A Campo Marte, Firenze, la storia si ripete: quando finirà tutto ciò ? Quel sogno dell’andata ha lasciato spazio a questo viaggio: una corsa intervallata da attimi di delirio contro il raziocinio. Una via crucis fatta di stazioni di follia. La notte più lunga della mia vita, non so come: è passata. Son le 4, a Roma Tiburtina si cerca di scendere e scappare: scontri con la polizia, si ritorna in questa atroce giostra. Ormai ciò che mi succede intorno, sembra non avere più peso. Anestetizzato dal dolore mi addormento di nuovo, mi risveglio a Nocera Inferiore. Eccolo il Tunnel di Santa Lucia, penso "ormai l’incubo è finito". Ciò che successe lì dentro è una linea sottile che determina la vita e la morte. Ciò che successe lì dentro è un ingorgo di lamiere e fuoco, sospeso nel tempo. Con una frase potrei cambiare il corso degli eventi: "Io c’ero quel 24 Maggio 1999, al Garilli di Piacenza, la Salernitana conquistò la Salvezza in A". Ma questa è una bugia. Potrei dirvi che la vita continua a scorrere. Questa è un’altra bugia. Ora mi trovo qui, 24 Maggio 2013, seduto alla stazione di Salerno. Ogni 24 maggio di ogni anno mi siedo qui alla stazione di Salerno; guardo l’orologio, mi alzo e cammino, avanti e indietro, nell’attesa. In attesa di cosa ? Nell’attesa che il tempo torni a scorrere: secondo per secondo, minuto per minuto, ora per ora, giorno per giorno, anno per anno. Nell’attesa che il Vagone N° 5 ritorni con: Simone Vitale, Ciro Alfieri, Vincenzo Lioi e Giuseppe Diodato. Solo allora l’attesa sarà terminata e si concluderà questo lungo viaggio di ritorno.

24 maggio 2014

Fonte: Asinupress.altervista.org

Il rogo sul treno: 14 anni fa la morte di 4 giovani salernitani

di Tommaso D'Angelo

Mancano pochi minuti, dobbiamo fare un gol. Ma perché il Piacenza gioca con tanta rabbia e cattiveria ? Tante partite a fine stagione si sa come vanno. E invece, questa no. Il loro portiere (ma chi è Fiori ?) è insuperabile. Ecco, ecco, c’è Tedesco, messo giù: è rigore, è rigore. Ma per l’arbitro no. È incredibile, protestiamo noi in curva, i giocatori in campo. Ma come si fa… Mi accendo una sigaretta, la offro a un mio amico "fumatela è l’ultima sigaretta con la Salernitana in serie A". Due tiri, un groppo in gola, il fischio finale. Mi siedo, in campo c’è una rissa, non mi interessa. Mi copro il volto con le mani, non voglio farmi vedere in lacrime. È dura, ma non bisogna farsi prendere dalla rabbia penso. Non sarà così… Già prima di uscire dal Garilli la tensione è alta. Raggiungiamo la stazione di Piacenza dove ci aspetta il treno che ci riporterà a casa. Siamo tanti, oltre 1500 persone, e ci ammassano nel treno 1681: "A Bologna saranno aggiunti altri vagoni" - ci dicono. Ma prima di arrivare a Bologna qualcuno tira il freno d’emergenza e ne approfitta per scendere per raccogliere pietre per un’eventuale sassaiola. "Contro chi ?" penso io… A Bologna c’è chi scende e preferisce aspettare un altro treno, anche se effettivamente al nostro vengono aggiunti dei vagoni per rendere il viaggio, non gradevole ma quanto meno sopportabile. È il minimo. La prima considerazione è l’inadeguatezza del servizio d’ordine. Saranno una decina, qualcuno di più su un treno che minuto dopo minuto diventa incontrollabile. Tra frenate d’emergenza e sassaiole, vetri rotti e cori di rabbia, si va avanti a singhiozzo. I poliziotti hanno l’ordine di far arrivare il treno il prima possibile, ma la tensione sale. Sassaiola a Firenze, a Roma, poi l’arrivo a Napoli e quella sensazione che il viaggio non finisse più. L’ultima fermata forzata è a Nocera Inferiore. Alcuni scendono dal treno e aggrediscono alcune persone. Altri scendono dal treno, cercando altri mezzi per tornare a Salerno. "Anche a piedi è meglio" - mi dice un ragazzo. Ma la maggior parte resta sul treno. Dopo qualche minuto, grazie all’intervento della Polfer, si riparte. Da Nocera per arrivare a Salerno c’è la lunghissima galleria di Santa Lucia. In un attimo l’inferno. All’improvviso si sente una puzza di bruciato, e poi il fumo, il buio. Si sentono urla, rumore di vetri rotti, il fischio del treno sui binari, un treno che sembra andare lentissimo (qualcuno avrà azionato di nuovo il freno d’emergenza ?) all’interno di una galleria che non sembra finire mai. Poi si intravede la luce, usciamo dalla galleria, scendo di corsa verso la stazione. Ci sono feriti, ci sono intossicati, mi giro e vedo che dalla galleria ancora esce fumo. Ma ci sono quattro ragazzi che da quel treno maledetto non scenderanno mai. Ciro, Enzo, Peppe e Simone: per non dimenticare, 24 maggio 1999. (Testo di un tifoso anonimo)

24 maggio 2013

Fonte: Cronachesalerno.it

Mi ricordo di Ciro, Enzo, Simone e Peppe

di Vincenzo Buonifante

Era proprio il 24 maggio, questo lo ricordo bene. C’era il sole, tanto sole. Era il 1999. Credo ci fosse il sole, così mi sembra di ricordare. Ne sono quasi sicuro. Ne sono sicuro perché ricordo chiaramente di non ricordare praticamente nulla di quella partita. Più che la proiezione sul maxi-schermo di una partita, credo di aver guardato per 90 minuti uno specchio che altro non faceva che riflettere l’immagine di quella palla infuocata. Ricordo di avere pianto, di questo ne ho la certezza. Ho pianto senza lacrime però. Ho pianto dentro. Non ho pianto per scelta ma per necessità. Necessità di sfogare tutta la rabbia che avevo dentro. Per quel rigore che, chi era riuscito a vedere oltre lo specchio infuocato, diceva ci fosse. E non era roba da poco. Un minuto alla fine/rigore/gol/salvezza/serie A/festeggiamenti. Non era per niente roba da poco. Ma quel rigore restò solo nell’urlo spaventoso che si levò da quel piazzale riempito da qualche migliaio di persone. E la sequenza fu totalmente diversa. Ricordo di essere rimasto per un bel po’ seduto a terra. C’era chi piangeva. Qualcuno bestemmiava. Più in generale era la tristezza e la delusione a scolpire i volti di tutti, compreso il mio. Però ricordo anche che sciarpe e bandiere sventolavano ancora. Mentre in campo se le davano di santa ragione. Quello ricordo di averlo visto benissimo. Tutto quello che è successo subito dopo il fischio finale l’ho visto benissimo. Quasi come se il mio non riuscire a vedere fosse stata quasi una volontà piuttosto che un’impossibilità. E ricordo schiaffi, pugni, calci, rincorse, cacce all’uomo, e di nuovo pugni. E lacrime. E poi ricordo loro, la CURVA. Quelli che a Piacenza ci erano andati con tante belle speranze, con la voglia di festeggiare, di sostenere la squadra. E di riportare quella A in città. Si sa che allo stadio le emozioni sono decuplicate. E se l’emozione ti fa piangere davanti ad un maxi-schermo, figurarsi cosa suscita in chi ha fatto oltre 700 km per esserci. E ricordo di aver pensato "quanto sarà dura rifare tutta quella strada con addosso la delusione di una sconfitta così pesante !". Era questo il mio unico pensiero rivolto alla Curva. Lentamente la città si addormentò, avvolta in un silenzio surreale. Mi sembra di ricordare di aver guardato per tutta la sera le immagini di quella partita che non so se avessi visto o meno. Ricordavo qualcosa, fotogrammi. Niente di più. Ma non furono le uniche immagini che vidi quella sera. Ricordo di un treno speciale Piacenza/Salerno riempito fino all’inverosimile con circa 1500 persone. Ma non fu questo quello che mi colpì, ma il numero degli agenti di polizia, poco più di una decina, incaricati di scortare una tifoseria appena retrocessa. La delusione era ancora tanta. Il sole non c’era più. Forse non c’era mai stato. Era meglio dormire. Non ricordo di aver trascorso una notte agitata. Sicuramente non tanto quanto il risveglio. Non fu agitato, il risveglio. Fu devastante, straziante, da lasciare senza capacità di reagire. "Quattro tifosi della Salernitana sono morti sul treno speciale Piacenza/Salerno in seguito ad un incendio divampato nella cabina 5. Ancora incerte sono le cause del rogo. Il convoglio era giunto a pochi km da Salerno, nei pressi di Nocera Inferiore, quando le fiamme hanno avvolto le cabine. Molti dei circa 1500 passeggeri sono riusciti ad abbandonare il treno gettandosi dai finestrini. Quattro di loro purtroppo non ce l’hanno fatta ed i loro corpi sono stati ritrovati completamente carbonizzati. Sono in corso le indagini per scoprire come siano realmente andati i fatti". Non piansi. Né dentro, né fuori. Ero frastornato e non riuscivo ancora a capire. Trenospeciale/Piacenza/Salerno/morti/calcio/incendio/tifosi/fiamme. C’era qualcosa di sbagliato. C’erano termini troppo diversi tra loro. Non potevano stare insieme. E invece potevano, potevano eccome. Quasi tutti i miei ricordi legati a quei due giorni sono un po’ vaghi ma le immagini di un treno distrutto dalle fiamme sono difficili da far sfocare nella mente. Se poi quelle maledette fiamme portano via 4 ragazzi, allora il difficile diventa impossibile. Ricordo che per molto si è cercato di capire di chi fosse stata la colpa. Ricordo che ancora oggi non si sa con esattezza come siano andate le cose. Ricordo solo che quattro ragazzi di 15, 16, 22 e 23 anni sono morti dopo una partita di calcio. Non importa di chi sia la colpa, o almeno importa secondariamente. Quello che importa è ricordare, ricordare per tenere tutto stampato nella mente. Ricordare per non commettere gli stessi errori. Ricordare per non dimenticare. Non dimenticarci di Ciro, Enzo, Simone e Peppe.

24 maggio 2013

Fonte: Salernogranata.it
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