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GIUSEPPE PLAITANO
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Giuseppe Plaitano 28.04.1963
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28 aprile 1963: Morte allo stadio Vestuti

di Mimmo Mastrangelo

Sono anni che la Salernitana non gioca più al Vestuti, da quando nel giugno del 1990 i granata capitanati dal compianto Agostino Di Bartolomei conquistarono la cadetteria dopo 24 stagioni spese in Serie C. Ma lo stadio sta ancora lì in Piazza Casalbore, nel centro di Salerno, il suo terreno di gioco ormai ospita solo le partite delle compagini cittadine militanti nelle serie minori. Un catino in cemento armato - architettonicamente niente di che - costruito nel 1931 in pieno regime fascista, battezzato non a caso Stadio Littorio, sbattezzato nel dopoguerra e, infine, dedicato nel 1952 a Donato Vestuti padre-fondatore del club campano. Nel 1962 lo stadio in mezzo alla città fece anche da set per alcune sequenze esterne del film di Nanni Loy "Le quattro giornate di Napoli", ma purtroppo ciò che ha reso famoso il vecchio Vestuti, come lo chiamano ancora i salernitani, è una tragedia.

È domenica 28 aprile 1963, in tutto il Paese si vota per il rinnovo delle Camere (dalle urne uscirà un Partito Comunista in crescita di consensi e una Democrazia Cristiana in leggero calo, ma comunque prima). Ospite della Salernitana nel match valido per il girone C della Serie C è il capolista "Potenza dei miracoli", allenato da Egizio Rubino. La Salernitana sogna il colpo gobbo contro i rossoblù lucani e prova giocarsi le sue ultime chance per rientrare in corsa per la promozione. Partita delle grandi occasioni, dunque, e gli spalti del Vestuti sono gremiti all’inverosimile. Le cronache del tempo riportano 19.000 spettatori, anche se il numero appare esagerato perché sommate, tribuna, distinti e curva, ne possono al massimo contenere dodicimila-tredicimila. La prima mezzora del match se ne va senza particolari azioni di rilievo. Al 42’ il Potenza gela il Vestuti e si porta in vantaggio con l’ala sinistra fiorentina Vincenzo Rosito, che approfitta di una respinta del portiere Pezzullo ed insacca. I granata protestano per un presunto fuorigioco, ma per il direttore di gara Gandiolo di Alessandria è tutto regolare. Nella ripresa la Salernitana ritorna in campo più decisa, padroneggia le trame di gioco e pressa il Potenza nella sua metà campo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio. Finché intorno all’ 80′ il fattaccio: il centrocampista Visentin viene atterrato in piena area di rigore, sull’accaduto l’arbitro sorvola e il pubblico impreca forsennatamente. All’improvviso uno spettatore si apre un varco nella rete di cinta e corre per raggiungere l’arbitro, ma le forze dell’ordine lo fermano. Non passano che pochi minuti e il terreno di gioco è invaso da altri tifosi locali inviperiti con il signor Gandiolo, il quale non può fare altro che sospendere la partita. A questo punto tutto degenera, la contestazione dei sostenitori granata non si riesce più a contenere e le forze dell’ordine oppongono resistenza come possono. Il catino del Vestuti diventa il film di una quasi guerriglia, tant’è che nel parapiglia generale parte un colpo vagante dall’arma di un rappresentante delle forze dell’ordine. Il proiettile colpisce ed ammazza il tifoso granata Giuseppe Plaitano, in quel momento seduto sulle gradinate della tribuna. Una morte assurda per cui mai nessun responsabile finirà davanti a un giudice o condannato. Giuseppe Plaitano aveva quarantotto anni, lasciò la moglie e quattro figli, oggi uno dei club più blasonati della Salernitana porta il suo nome (Quella di Plaitano è spesso riportata come la prima morte di un tifoso all’interno di uno stadio italiano. La prima morte in assoluto risale però al maggio del 1920, quando a Viareggio Augusto Morganti, ex ufficiale di complemento che si era prestato a fare il guardalinee, fu colpito da un proiettile esploso dal carabiniere Natale De Carli. Qui trovate un riassunto più dettagliato). Sullo sfondo della tragedia le cronache raccontano che l’arbitro Gandiolo e suoi collaboratori di linea rimasero asserragliati negli spogliatoi per sette ore. Il giudice della Lega sancì il 2-0 a tavolino per il Potenza che a fine stagione avrebbe staccato il traguardo della Serie B. Al vecchio Donato Vestuti toccarono, invece, quattro turni di squalifica e alla Salernitana un finale di campionato anonimo.

Fonte: Calcioromantico.com

Giuseppe Plaitano: "Il mio ricordo di quel 28/4/1963

Quel proiettile dovuto a una tragica fatalità…"

di Giuseppe Pucciarelli

Ieri, nel corso della trasmissione "Quarantena Granata" in onda sulla pagina ufficiale Facebook di SalernoGranata.it, si è ricordato il 28 aprile 1963 e quel tragico Salernitana-Potenza, con l’invasione di campo dei tifosi, l’intervento delle forze dell’ordine e quel proiettile vagante che uccise Giuseppe Plaitano, seduto in tribuna e diventato il primo morto negli stadi italiani. Una vicenda triste, ripercorsa anche grazie a suo nipote Giuseppe Plaitano, gradito ospite della trasmissione ieri. Queste le sue principali dichiarazioni.

Sul suo ricordo di quel 28 aprile 1963: "Ho un ricordo vago, avevo 6 anni e arrivò una telefonata a casa, a Castellammare di Stabia, città dove vivo. Mio padre, fratello maggiore di Giuseppe, lasciò tutto e andò via. Noi non capimmo cosa stesse succedendo, poi con il tempo abbiamo realizzato cosa stesse accadendo". Su un suo ricordo dello zio: "Purtroppo mancò, come detto, quando avevo 6 anni quindi i miei ricordi sono vaghi. Mio zio era molto presente nella vita di mio padre, era una persona mite ed era stato in Marina come tutti noi della nostra famiglia. Non a caso, lui si trovava tra i "tranquilli", seduto al suo posto in tribuna nonostante in campo stesse accadendo di tutto. Fu una ferita che lasciò esterrefatti tutti". Sulla sua descrizione dell’episodio: "Era un giorno particolare, dato che era alta la posta in palio (la Salernitana si giocava con la capolista Potenza le ultime possibilità di un’eventuale promozione in B, ndr). Purtroppo, fu una tragica fatalità. Nel mentre dei tafferugli, un rappresentante delle forze dell’ordine intervenuto per sedare il tutto, sparò un colpo in aria. Ma, proprio nell’attimo in cui stava premendo il grilletto, il suo braccio venne colpito e questo fece sì che il proiettile indirizzato in aria andò verso la tribuna e colpì alla tempia mio zio, che, fatalità vuole, proprio in quel frangente si era girato verso destra per osservare l’uscita dal terreno di gioco dei calciatori". Sulla vicenda giudiziaria dovuta a quell’episodio: "Come sapete, nonostante sia passato molto tempo, mio cugino Umberto si sta ancora battendo per la riapertura delle indagini affinché si scoprano nuovi elementi sulla morte del padre". Sulla sua "convivenza" delle passioni per Salernitana e Juve Stabia: "Posso dire che quando Salernitana e Juve Stabia si incontrano, mi farebbe piacere che nessuna vinca o che vincessero tutte e due. Il pareggio sarebbe la cosa più ideale. Sono di origini salernitane, mio padre è di Salerno e la Salernitana è una parte del mio cuore, così come lo è la Juve Stabia, vivendo da sempre a Castellammare". Sulle differenze tra il tifo del passato e il tifo odierno: "Forse prima non esisteva il tifo degli ultras, ma vi erano elementi di folclore in più. Negli anni ’50-’60, a Castellammare, per esempio, vi erano sostenitori vestiti in particolari modi che eseguivano riti scaramantici. C’era più bonarietà. Il mio rapporto con il calcio oggi ? Sono un tifoso "non praticante", lo vivo in maniera più distaccata. Sono un tifoso da salotto". Sul suo archivio fotografico: "Il mio archivio è tutelato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in quanto considerato di rilevanza nazionale. Spazia dalla fine del secolo scorso fino agli anni ’50 e si rifà a Castellammare e tutto ciò che concerne la storia della cittadina stabiese, con moltissimo materiale che riguardante i vari delle navi, essendo Castellammare storica sede dei Cantiere Navali. Ovviamente, spazio anche alla Juve Stabia. Vi sono anche diverse foto di Juve Stabia-Salernitana, risalente alla stagione 1951-1952". Sull’ubicazione troppo centrale dello stadio Menti di Castellammare di Stabia: "Sì, è un impianto che è ubicato lungo un’arteria principale di Castellammare, ma non vi è spazio in città per un altro stadio. Forse, solo sulle colline di Varano, ma è difficile in quanto in quella zona sono presenti ville romane soggette a vincolo".

29 Aprile 2020

Fonte: Salernogranata.it

© Fotografia: Stabiachannel.it

Il racconto del figlio Umberto a 57 anni dalla morte del papà

LA MEMORIA: "Un proiettile da centrocampo e Plaitano morì: era mio padre"

"Un giorno triste e di lutto per il calcio italiano, Vincenzo De Luca, all'epoca sindaco di Salerno, mi chiese di pagare il funerale di un ragazzo. Era l'ultras del Brescia, Roberto Bani. Lo chiese a me, un Plaitano, ufficio ragioneria del Comune di Salerno". Umberto Plaitano, figlio di Giuseppe, primo tifoso morto in uno stadio (al Vestuti), parla di ricordi, tormenti. Il 4 maggio, quando lo sport riaprirà la porta agli allenamenti individuali, dopo il lockdown per coronavirus, gli ultras di Salerno e di Brescia ricorderanno la data di una infausta partita. Il 4 maggio 1997, Roberto Bani cadde rovinosamente sui gradoni del settore ospiti, dopo una lite, battendo la testa. Morì il 10 maggio al Ruggi. "Fu per me un segno del destino occuparmi da ragioniere capo del Comune di predisporre il bonifico per il pagamento del funerale di quel povero ragazzo. Il Comune, anni prima, si era adoperato anche per noi, per lui, per Giuseppe, mio padre, ucciso da un proiettile calibro 7,65 mentre guardava verso la curva nuova del Vestuti, seguendo con lo sguardo la fuga dei calciatori di Salernitana e Potenza e dell'arbitro Gandiolo, quest'ultimo rincorso dalla folla durante una tumultuosa invasione di campo per il calcio di rigore non concesso".

LA TRAGEDIA - Era il 28 aprile 1963, era giorno di elezioni, era... oggi e sono passati 57 anni da quel "papà, dammi cinque sigarette" che il 19enne Umberto chiese e ottenne in tribuna dal proprio genitore, il 48enne Giuseppe, maresciallo maggiore della Marina Militare, telemetrista. "Non potrò andare al cimitero, dobbiamo restare distanziati. Eravamo a distanza anche quella volta, sui gradoni di piazza Casalbore. Entrai con la scoppola, con la pacca sulle spalle, perché sapevo che all'ingresso avrei trovato come maschera il bidello dell'Istituto Genovesi. Frequentavo il quinto anno, avrei dovuto diplomarmi ragioniere. Lo feci ma mio padre non c'era più, ucciso - dice Umberto Plaitano - Magari per sbaglio, ma ucciso da un proiettile esploso da centrocampo e non per compressione toracica come vollero farci credere. Vidi la perizia balistica e l'esito dell'esame autoptico. Tutto sparito. Le carte non ci sono più. Resta una fotografia, recuperata di recente, nella quale si vede chiaramente mio padre riverso in una pozza di sangue, sugli spalti, nei pressi della tribuna stampa. Il tenente Gaetano Parasole che sparò fu trasferito in Sardegna, trasferiti anche il Questore e il Prefetto. Due anni fa ho scritto al Ministro della Giustizia, ho chiesto di far riaprire il caso. All'epoca, due avvocati penalisti non vollero difenderci. Ancora oggi non porto rancore ma mi assale dispiacere: ci sono morti di Serie A e morti di Serie B. Lo Stato non ci ha mai risarciti". Però una busta arrivò: "Non abbiamo mai saputo né capito se si trattasse di poliziotti. Qualche giorno dopo la morte di mio padre, si presentarono alcune persone a casa: a parziale conguaglio, offrirono soldi. Mia madre, sdegnata, rifiutò tutto. Che cosa avrebbe dovuto farsene dei soldi ? Lei aveva perso mio padre; lei, da consolidata abitudine, era scesa in strada nei pressi del cinema Apollo, un quarto alle 17, e lo attendeva di ritorno dallo stadio per la passeggiata. Invece si ritrovò in camera mortuaria a vegliare il cadavere del marito. E io davanti a loro, in via Vernieri, condotto lì dal sesto senso e da parole lasciate a metà, del tipo mi pare che ho visto tuo padre, mi pare che si è fatto male alla gamba".

I MESI SUCCESSIVI - Dopo i funerali nella chiesa dell'Immacolata, la bara fu sottratta dalla folla e portata a spalla, per atto dimostrativo, da piazza San Francesco a piazza Amendola, davanti a Palazzo di Governo (con i poliziotti dentro e i carabinieri fuori a presidiare). La vedova Plaitano, la signora Maria Vigilante, fu convocata dal Comune di Salerno, alcuni giorni dopo. "Voleva assumerla il sindaco Menna ma in Comune mi presentai io - dice il figlio Umberto - e dissi che mia madre avrebbe dovuto continuare a badare a 4 figli. Se avessero voluto e potuto, avrebbero dovuto attendere due mesi, il tempo del diploma, e mi sarei presentato io al posto suo. Così, il primo giorno di lavoro, entrai a Palazzo di Città con la giacca arrovotata, cioè girata, di mio padre. Era l'1 agosto 1963". A Giuseppe Plaitano sono stati intitolati la "curva vecchia" del Vestuti e un club di tifosi nel 1978. (Fonte: il Mattino)

28 Aprile 2020

Fonte: Tuttosalernitana.com

LA RICORRENZA

Plaitano, 55 anni di dolore: "Riaprite quell’indagine"

Il figlio Umberto: "Nessun rancore, solo amarezza. Scrissi al ministro Orlando".

di Pasquale Tallarino

SALERNO - Salernitana-Brescia si giocherà il 28 aprile. È la data della memoria: il 28 aprile 1963, giorno di elezioni, di invasioni e di spari dei poliziotti per disperdere la folla, il tifoso granata Giuseppe Plaitano morì sull’ultimo gradino della tribuna del "Vestuti", colpito da una pallottola all’encefalo sinistro. "Sono passati 55 anni ma non provo rancore, piuttosto amarezza. Cinque mesi fa ho scritto al ministro Orlando perché venga riaperto il fascicolo", racconta Umberto Plaitano, il figlio del primo tifoso italiano morto in uno stadio. Il giorno di Salernitana-Potenza, sfida promozione, lui aveva 20 anni "ed entrai con la… scoppola: "passa guagliò", mi disse all’ingresso il bidello del Ragioneria. Mio padre era al mio fianco, col biglietto. Gli chiesi cinque sigarette. Le sue ultime parole: "Resta con gli amici. A me dà fastidio essere pressato alle spalle e mi siedo in cima". Fu la sua condanna: la prima invasione, la seconda di un isolato spettatore fermata con manganellate. La camicia bianca del tifoso divenne rossa: chiese aiuto alla tribuna e le recinzioni caddero. Scapparono squadre e arbitro: mio padre girò la testa verso destra - dunque colpito alla tempia sinistra - perché seguiva l’uscita dei calciatori. Lo speaker Enzo Costantini annunciò gli spari. Poi mi ritrovai nella camera mortuaria". Seguirono giorni terribili: "Ai funerali, pagati dal sindaco Menna, alcune persone presero la bara e la portarono in Piazza Amendola, sotto la Questura. Menna assunse mia madre ma doveva tirar su i miei fratelli Raffaele, Gennaro e Annamaria. Ad agosto ’63, dopo il diploma, presi servizio al Comune". I ricordi si incrociano: "C’è Salernitana- Brescia e proprio a me, un Plaitano al settore ragioneria, il sindaco dell’epoca, De Luca, chiese di ottemperare al pagamento dei funerali del povero Roberto Bani, tifoso bresciano morto. Pure gli ultras si distinsero per solidarietà, si è cementata un’amicizia tra curve. Adesso c’è maretta con Lotito ma ascolto cori di civile protesta: la tifoseria è maturata. Sarebbe bello leggere una dedica sugli spalti, 55 anni dopo. Dispiace non vedere più lo striscione Ultras Plaitano da qualche anno. Sono certo, però, che il ricordo di mio padre sia scolpito nel cuore dei salernitani".

25 aprile 2018

Fonte: Lacittadisalerno.it

Dall’omicidio Plaitano a capitan Di Bartolomei:

amori, tragedie e aneddoti al Vestuti di Salerno

di Simone Meloni

Questa è la storia di una moltitudine di cuori che si sono fermati in riva al Tirreno. Ma anche di migliaia di sciarpe tese al cielo a solfeggiare sulle note di "Vattene amore" (colonna sonora del ritorno della Salernitana in B, nel 1990) e di uno stadio bollente, che per circa sessant’anni ha fatto da proscenio alla passione viscerale - quasi psichedelica - di una città per la sua squadra di calcio… (Omissis Articolo Completo). Ma lo stadio Donato Vestuti è anche celebre per un triste record: il primo morto del calcio italiano. Giuseppe Plaitano, ucciso da un proiettile vagante il 28 aprile del 1963, durante Salernitana-Potenza. Così ricorda quella giornata uno storico tifoso: "La partita era determinante per andare in B - dice. Una sfida fino a quel momento tranquilla. Potentini e salernitani erano mischiati, non c’era tifo organizzato. Il 28 aprile era una giornata importante, perché segnata dalle elezioni politiche. Contemporaneamente al San Paolo, dove il Napoli era impegnato con il Modena, ci furono incidenti e invasioni di campo, molto probabilmente legate proprio alla tornata elettorale. Tuttavia quanto successo al Vestuti va assolutamente astratto da quel contesto. Io avevo dodici anni. Nel secondo tempo - ricostruisce - non viene dato un rigore alla Salernitana. Un tifoso scavalca in campo dai distinti, agevolato dalla totale assenza di inferriate, e prende la bandierina del calcio d’angolo. Due poliziotti lo fermano, tirando fuori i manganelli e conducendolo fuori dal campo. Lo pestano a sangue arrestandolo, lui si rivolge alla tribuna e grida: "Avete visto cosa mi hanno fatto ?". Da quel momento inizia un parapiglia. Allora si andava allo stadio in giacca e cravatta, così ricordo tutti questi signori ben vestiti scendere in campo alla ricerca dell’arbitro - il signor Gandiolo di Alessandria - il quale rimedia un cazzottone riuscendo però a rifugiarsi negli spogliatoi. Tuttavia la miccia è ormai innescata e nel campo si consumano violenti scontri con le forze dell’ordine. Sono i primi veri scontri da stadio in Italia. A questo punto entrano le jeep della polizia e cominciano un grande carosello per tutto il campo. Addirittura il Questore viene travolto. Altri poliziotti lanciano lacrimogeni a raffica mentre altri sparano in aria per sedare la folla inferocita". Uno di questi proiettili colpisce proprio l’inerme Giuseppe Plaitano, 48 anni ex Maresciallo della Marina. È il primo morto del calcio italiano. "Per due giorni la polizia non poté uscire per Salerno, furono i soli Carabinieri a mantenere l’ordine pubblico", ricorda il tifoso. I supporter campani lo omaggeranno con uno dei gruppi più importanti della curva: gli Ultras Plaitano. Logico che per un bambino questo rimanga un ricordo difficile da scalfire… (Omissis: Articolo completo).

11 luglio 2017

Fonte: Iogiocopulito.it

Giuseppe Plaitano, morte allo stadio

di Pietro Nardiello

"Questo giorno me lo sono sempre immaginato, entrare in questo stadio mano nella mano con papà. Sul prato verde ci sarà la nostra Salernitana, la squadra di questa città. Maglia granata, il colore delle mie giornate. In fondo io alzo gli occhi al cielo e l’azzurro sembra tingersi di granata. Ieri a scuola la maestra ci ha chiesto di fare un disegno. Ci ha chiesto di disegnare ciò che vediamo affacciandoci dalla finestra di casa. Ed io non ci ho pensato più di qualche istante. Una finestra, un cielo, qualche gradinata, un prato verde e la nostra squadra che rincorre il pallone. Ma certo, prima o poi qualcuno farà goal ed io mi riempirò di gioia, urlerò, abbraccerò papà che adesso mi tiene stretto con la mano. Ancora un passo e finalmente eccoci qua, insieme in questo stadio che sembra una piccola bomboniera. Sarà forse l’emozione della prima volta, l’attesa che si respira, la paura di doverla vincere per forza questa partita. Dobbiamo vincere per rimetterci in cammino e, finalmente, conquistare un’altra volta la promozione in serie B. Mi guardo intorno e non c’è spazio più per nessuno. Urla asfissianti. Imprecazioni. Incoraggiamento per i nostri calciatori. Eccoli, papà mi fa cenno di guardare quel buco che si apre verso le viscere. Mi dice che si chiama sottopassaggio. Un tunnel che porta agli spogliatoi dove il nostro mister avrà spiegato loro la tattica da adoperare per questa partita. Vincere, non abbiamo possibilità di scelta. Ma qui la calca è tanta. C’è tanta frenesia e qualcuno ha iniziato a spingere. Mamma si è raccomandata tanto, ha chiesto a papà di stare attento, di non perdermi mai di vista. Ma papà è tranquillo, non è un esagitato. Guarda sempre la partita con attenzione, sembra non volersi perdere nemmeno un istante dell’incontro. Quando rientra a casa mi racconta sempre tanti particolari, ma io aspetto sempre e con trepidazione il momento del goal. Le squadre sono in campo, finalmente. Mi guardo ancora intorno. Uno sguardo rivolto a questi spalti e un altro, invece, al campo di gioco. Papà dice che in campo le due squadre si danno battaglia, nessuno porge il fianco. Ma no ! Gli avversari sono passati in vantaggio. Mi volto verso papà e cerco conforto. Sussurrando mi rassicura e mi dice che nel secondo tempo la Salernitana riuscirà a recuperare il risultato. Ed eccoli nuovamente in campo. Sono sicuro anche io, la Salernitana mi renderà felice. Rigore !! Tutto lo stadio invoca il calcio di rigore. Ma l’arbitro dice di no. Ehi, ma che succede. Mi ritrovo per terra. Una folla inferocita si avvicina alle inferriate. Urlano qualcosa, inveiscono contro l’arbitro. Papà mi dice di sedermi, di starmene tranquillo vicino a lui. Ma che succede. I giocatori sono scappati negli spogliatoi, i tifosi hanno raggiunto il campo di gioco, tra le mani stringono mazze di legno e di ferro. Si picchiano con i poliziotti che hanno indossato i caschi. Inizio a respirare male, questo fumo mi fa lacrimare… E poi un rumore strano, che fa così: bu, bu, bu ! Mi volto verso papà. È steso per terra". Il 28 aprile del 1963, Giuseppe Plaitano morì al Vestuti di Salerno mentre assisteva a Salernitana-Potenza, ucciso da un proiettile sparato in aria, da metà campo da un agente. Plaitano era in Tribuna col figlio Umberto quando, in seguito alle decisioni dell’arbitro Gandiolo di Alessandria, si scatenò un’invasione di campo e disordini inauditi. La polizia utilizzò i lacrimogeni e le camionette delle forze dell’ordine entrarono in campo.  Durante i disordini un tenente esplose tre colpi di pistola in aria, da centrocampo, a scopo intimidatorio. Uno dei proiettili, calibro 7 e 65, raggiunse Plaitano alla tempia, uccidendolo. Questo è un racconto di fantasia, dedicato a quella tragedia e tutte le altre avvenute negli stadi di calcio.

28 aprile 2017

Fonte: Chiacchieregranatablog.wordpress.com

28 aprile 1963: un giorno da dimenticare

di Aldo Bianchini

SALERNO - Quel giorno del lontano 28 aprile 1963 pur non essendo ancora maggiorenne avevo stazionato per diverso tempo dinnanzi ai seggi elettorali di Torrione. Si votava per le politiche dopo la caduta dell’ennesimo "governo Fanfani" ed il Paese era in un comprensibile stato di agitazione, niente a che vedere con i tempi di oggi ma la tensione c’era anche allora. Alla fine stravinse, o quasi, la DC scaraventandomi ancora per una volta in uno stato di insoddisfazione, ero di sinistra e la cosa mi dava sinceramente fastidio; mai e poi mai avrei pensato che di lì a qualche anno sarebbe decollato il famoso "centro-sinistra" come preludio al famigerato "compromesso storico" degli anni ‘70. Passai la seconda parte della mattinata, insieme ai miei amici del quartiere, nell’attesa spasmodica del grande evento sportivo del pomeriggio; difatti allo stadio Donato Vestuti (costruito nel 1932 come "Stadio Littorio") si giocava Salernitana-Potenza, una partita di calcio che andava ben oltre la dimensione prettamente sportiva. Noi eravamo tutti lucani e, quindi, era d’obbligo il tifo per il forte Potenza. Era l’epoca della grande transumanza dei lucani verso Salerno, un fenomeno etico-sociale che avrebbe segnato in positivo la storia della Città nei decenni futuri; in pratica l’emigrazione lucana diede vita, in buona parte, al periodo della "grande cementificazione" anche un po’ selvaggia, se vogliamo, ma certamente esaustiva dal punto di vista economico e con riflessi fino ai nostri giorni. Per noi ragazzi non c’erano, però, i soldi o almeno non c’erano i soldi per una partita di calcio, anche se di cartello. Andammo, comunque, tutti allo stadio con la speranza di entrare con qualche adulto o di arrampicarci sul muro di cinta della curva nord. Non portammo con noi alcun segno distintivo, il tifo dei salernitani era troppo esasperato già per le strade della città che nessuno di noi se la sentiva di rischiare. Lungo Via Irno a causa di un gruppo nutrito di facinorosi, per non farci riconoscere, per la prima volta incominciammo anche noi a gridare per la Salernitana. Ricordo distintamente che la cosa non ci pesò più di tanto, segno inequivocabile che l’amore per Salerno (città in cui vivevamo già da alcuni anni) incominciava a penetrare nei nostri cuori. All’esterno dello stadio era tutta una bolgia, slogan, striscioni, spintoni ed anche qualche immancabile scazzottata tra tifosi. Non riuscimmo ad entrare con gli adulti, ripiegammo, quindi, verso il muro di cinta. Sul muro dovemmo fare a turno perché erano in tanti quelli che salivano e scendevano dalla scomodissima postazione. Fui fortunato, ma non so fino a che punto, perché tra i vari turni a me toccò anche quello dei minuti finali della partita. Capii poco o nulla di quanto stava accadendo, mi resi soltanto conto che gli spettatori della tribuna stavano entrando sul terreno di gioco avvolto in una nuvola di fumo. Scesi rapidamente e allertai i miei compagni e tutti ci precipitammo verso Piazza Casalbore per vedere e capire. C’era poco da vedere e da capire perché non si vedeva e non si capiva più nulla. Al centro della piazza c’erano un paio di auto che bruciavano e la gente gridava di fuggire verso le traverse laterali. Io (con Pietro, Michele, Tonino ed altri) riuscii ad imboccare Via Conforti ed a raggiungere dopo qualche minuto il dopolavoro ferroviario (io e Tonino eravamo figli di ferrovieri in servizio nella stazione di Salerno) ed a rifugiarci al suo interno. Fuori fu una vera e propria "caccia all’uomo"; giungevano voci di assedio intorno agli spogliatoi dello stadio. Soltanto nei giorni successivi compresi i contorni di quell’amara e brutta vicenda. L’arbitro alessandrino Gandiolo non aveva concesso un calcio di rigore evidentissimo su Oliviero Visentin (famosa ala destra dei granata) lanciato verso la porta avversaria e le recinzioni vennero giù, anche a causa della brutalizzazione di un tifoso da parte della polizia per impedirgli di invadere il campo. La partita viene sospesa al 30’ della ripresa sul risultato di 1 a 0 per il Potenza e poi venne data vinta ai lucani a tavolino; la Lega inflisse tre giornate di squalifica al Vestuti, scontata nel campionato successivo 63-64. Un tenente della polizia, Gaetano Parasole, aveva esploso tre colpi di pistola, verso l’alto, da metà campo per cercare di fermare i più scalmanati. Uno spettatore in tribuna, Giuseppe Plaitano (quarantottenne tifoso della Salernitana, uomo mite e stupendo capo-famiglia) morì. Quel giorno anche allo stadio San Paolo (Napoli-Modena) accaddero gravi incidenti. Il bilancio era stato tragico: 1 morto, 219 feriti e 250 fermati e 33 arrestati. Con lo sport si miscelarono anche frustrazioni e rivendicazioni di carattere politico. Il ministro dell’interno, Taviani, inviò a Salerno un super ispettore (Fiorita) e il prefetto Germini convocò una conferenza stampa. Tutto fu inutile, non si venne mai a capo della verità. Con il tempo è scomparsa ogni traccia della relazione autoptica del prof. Palmieri, della perizia balistica, dei verbali d’interrogatorio e dell’’intero fascicolo processuale. Il caso è passato alla storia come un altro dei misteri della Repubblica.

28 aprile 2013

Fonte: Ilquotidianodisalerno.it

Cinquant’anni fa la morte di Plaitano, la famiglia:

"Salerno non dimentichi eventi luttuosi"

Il 28 aprile ricorrerà il cinquantesimo anniversario della morte di Giuseppe Plaitano. La famiglia chiede di ricordare quel triste giorno e che sia da monito per le giovani generazioni: "Il 28 aprile p.v. ricorre il 50° Anniversario della morte di Giuseppe Plaitano, avvenuta a seguito degli incidenti verificatisi in occasione della partita di calcio Salernitana-Potenza del 28.04.1963. Tale Anniversario non può e non deve essere dimenticato, soprattutto da quanti spesso continuano a confondere una sana giornata di sport con l’occasione di scaricare le tensioni, le frustrazioni, i turbamenti accumulati durante la vita quotidiana e dare, così, libero sfogo alla violenza ed alla degradazione a livello di bestie. Inoltre, ritengo, che è bene che non si dimentichi, perché dovrà costituire per le giovani generazioni un ammonimento: far di tutto per evitare che una giornata di sport si trasformi in tragedia come lo fu per me, la mia famiglia, come credo, per lo sport in generale, per la città e per gli autentici sportivi. Lo sport deve esaltare i valori della vita, non sopprimerli".

23 aprile 2013

Fonte: Solosalerno.it

Anni ’60, Oliviero Visentin si racconta:

"Ero in campo quando morì Plaitano"

di Alfonso Maria Avagliano

Approdare a Salerno quasi controvoglia e poi ritrovarcisi a vivere per oltre cinquant’anni con moglie, anch’essa salernitana, e due figli, una insegnante e un violinista. È la storia di Oliviero Visentin, professione centravanti da Gorizia, oggi settantasettenne che ricorda con piacere le sue tre stagioni da calciatore della Salernitana: sessantacinque partite per lui, condite da dodici gol in granata, tutti decisivi. "Ricordo ancora il mio primo giorno a Salerno - ricorda Visentin in esclusiva ai nostri microfoni. Ero con altri tre o quattro giocatori, avevo una radiolina portatile in attesa di entrare in sede, all’epoca situata a fianco del Bar Varese, per parlare coi dirigenti. La città mi è subito piaciuta e ho fatto subito amicizie, qualcuno al nord parlava male dei meridionali: beh, oggi sono ancora qui soddisfatto di tutto. Tutti i tifosi ti riconoscevano per strada, non potevamo muoverci. Se ti vedevano con la fidanzata dicevano che non dovevi farlo perché poi non avresti giocato bene. Io sono stato sempre benvoluto, ho sempre rispettato tutti e conservo ricordi indelebili". Giocava nella Lazio, in massima serie, prima ancora con Mantova, Ortona e Fermana. Proprio i biancocelesti giocarono una gara amichevole di fine stagione contro la Salernitana nel 1960: fu l’inizio della scintilla. "Giocammo senza pensieri, divertendoci - ricorda Visentin. Realizzai un bel gol e il presidente Pasquale Gagliardi chiese subito informazioni su di me. L’anno dopo venne con un’auto di lusso fino a Roma per convincermi ad andare alla Salernitana: stavo per andare a Livorno, ma la Lazio decise di darmi in prestito alla Salernitana che poi mi riscattò". Girone C di Serie C, stagione 1961/62, la prima di Visentin alla Salernitana chiusasi con un onorevole terzo posto. "Quell’anno fu allestita una rosa ricca di elementi che avevano militato anche in B ed A come Vergazzola, Joan, me, Scarnicci e Gambino – dice. Anche l’anno dopo fu un campionato che ricordo con piacere: segnai sei gol e fui il capocannoniere della squadra. Un’annata macchiata dai fatti di Salernitana-Potenza". Un triste primato quello di Salerno, con il primo morto in uno stadio, Giuseppe Plaitano: quel 28 aprile del 1963 Visentin non solo era in campo, ma subì anche il netto fallo in area che l’arbitro Gandiolo non considerò rigore. "Era una bellissima giornata di sole - ricorda l’ex attaccante - ho immagini nitide. L’invasione fu provocata dall’arbitro, che fischiava a senso unico a favore degli avversari, diceva "non mi fate paura". Un po’ di decisioni discutibili, il Potenza in vantaggio e già avevano cominciato a smontare la rete, bastava poggiarsi e far venir giù tutto. A quel punto entrarono su di me in area mentre mi involavo verso la porta, non fu fischiato il rigore e non si capì più nulla: all’improvvisto le reti di recinzione cominciarono a sgretolarsi e tutti entrarono in campo. In un battibaleno fu baraonda, la polizia sparava lacrimogeni ed entrava sul terreno di gioco con le camionette. C’erano anche bambini in campo, quelli dell’orfanatrofio. Una camionetta passò sulle gambe di un ragazzino: si fece male, urlava e fu portato negli spogliatoi. Vidi del sangue, i poliziotti picchiavano coi manganelli, scene da fare impressione. Scappai praticamente con i vestiti in mano a casa di alcuni familiari di Bruno Carmando, la gente pensava mi fosse successo qualcosa, poi partii subito per Gorizia perché dovevo tornare a casa per votare alle elezioni". Plaitano fu colpito da un proiettile sparato in aria. Una brutta pagina. Dotato di buona elevazione e tiro potente, Oliviero Visentin era l’uomo dell’ 1-0: cinque dei sei gol che fece nel 62/63 fruttarono ben dieci punti, coi due punti a vittoria. "Non è facile ricordare quale sia stato il gol più bello, sono passati troppi anni. Piacevolmente però mi sovviene un particolare: contro il Crotone, sia in casa che fuori vincemmo 1-0 e segnai io in entrambe le occasioni. Ero da solo in attacco, dovevo arrangiarmi perché poi ci eravamo chiusi in difesa: il mio compagno Mazzoni quando eravamo in casa giocava con me in avanti, mentre fuori casa si posizionava addirittura dietro ai terzini - dice sorridendo. All’epoca la tattica quasi non esisteva, anzi ce n’era una sola: quando si riusciva a segnare ci si ritirava in difesa a fare catenaccio e al massimo ci si affacciava in avanti in occasioni di palle inattive. Scarnicci era alto e saltava bene, come lui Marin, Joan, Gambino e Voltolina, che tirava rimesse laterali lunghissime quasi come dei corner. Anche Nardi, l’ala destra, era bravino. Un calcio diverso ? Altroché, era più genuino, non andavamo mica in palestra, né riguardavamo filmini per analizzare gli errori ! Ci si allenava correndo, facendo zig-zag tra i paletti e saltando con la corda, al massimo". Pasquale Gagliardi aveva letteralmente salvato la Salernitana dal fallimento nell’estate del 1960. Anni certamente un po’ particolari, dal punto di vista dirigenziale e anche qui, quante differenze ! O forse no. "Guadagnavamo tra le due e le trecentomila Lire, è impossibile fare paragoni con gli ingaggi di oggi: per l’epoca era un ottimo stipendio per vivere, anche se non per fare grandi cose - commenta Visentin. Io ero ben pagato, del resto venendo dalla Lazio il discorso con la dirigenza era stato chiaro da questo punto di vista, per cui potevo affrontare le volte in cui rimanevamo qualche mese senza stipendio. All’epoca non c’erano manager o procuratori che ti assistevano e l’ultimo anno fu un po’ scabroso: avanzavamo 6 mesi di stipendi, c’erano le spese da pagare. Mi richiesero squadre di alta Italia di categoria superiore ma non si misero d’accordo con la Salernitana, cosicché spuntò fuori l’ambizioso Internapoli e la dirigenza mi disse che o sarei andato lì oppure mi avrebbero tenuto fuori. Io ci rimasi male, dopo aver dato tanto come giocatore e come uomo, e me ne andai non tanto volentieri, costretto ad andare in D anche perché di richieste più importanti ce n’erano". Poi la Pro Salerno, la Paganese, la Sanseverinese e la chiusura di carriera. Perché nel frattempo a Salerno era arrivato anche l’amore. "L’avevo visto già alla trasmissione "Il musichiere" di Mario Riva, che aveva ospitato la Lazio in trasmissione. Lui era tifoso biancoceleste, andava sempre a vedere gli allenamenti", racconta la moglie. "Fulvio Bernardini era l’allenatore all’epoca ma devo tanto anche a Guglielmo Trevisan, mio allenatore all’Ortona che era stato nazionale negli anni Quaranta - ribatte Visentin. A Salerno ricordo Pasinati su tutti, essendo lui triestino e io di Gorizia c’era feeling, e poi mi faceva giocare dove mi piaceva e rendevo di più, come centravanti col numero 9. E poi c’era Bruno Carmando. Non un allenatore ma quasi un Team Manager: era uno spettacolo stare con lui, gli facevamo scherzi, gavettoni, ma lui aiutava sempre tutti e dava sempre tutto ciò che aveva. Abbiamo continuato a frequentarci anche quando non giocavo più, era una persona buona, legatissima alla Salernitana, guai a chi gliela toccava". Appese le scarpe al chiodo, Visentin ha allenato giovani e dilettanti. "C’erano tanti giocatori interessanti, potevano tranquillamente giocare nelle attuali Serie B o C ma non sfondarono perché le società richiedevano cifre esorbitanti per i cartellini: Salerno è amante dei forestieri, non so perché ma i ragazzi salernitani sembra che non valgano mai e sono costretti ad andare fuori per dimostrare le loro doti. Sono convinto che se alcuni di loro fossero andati in altre città avrebbero sfondato nel calcio, come Pasquale Smaldone, Orientale e Rizzo, che per un anno andò alla Nocerina", si rammarica Visentin, che pur essendo legato sempre alla Salernitana racconta di essere andato per l’ultima volta allo stadio nel 1999, in Serie A: "Ricordo che dei tifosi mi parlavano male di un giocatore, non ricordo chi, che poi durante la partita fece gol. "Hai visto che è bravo ?" - mi dissero subito dopo - racconta l’ex attaccante classe 1936. Salerno è bella anche per questo, quando si vince tutto è bello, quando la squadra va male ci si demoralizza tutti. E i giocatori ne soffrono. Ho apprezzato tanto Delio Rossi, un tecnico che sa il fatto suo: un gioco offensivo, spumeggiante, che si basa anche sulla psicologia perché se riesci a tramortire gli avversari poi si buttano giù". Oggi si vince, con Mezzaroma e Lotito. "Lo so - conclude Visentin - ma Lotito è venuto anche per tirar fuori dei ragazzi validi per la Lazio. Del resto Salerno è una piazza ottima per fare calcio, ci sono molti tifosi, più che sportivi, e c’è anche la possibilità di far salire la squadra di categoria. Ha tirato fuori la squadra dai macelli fatti precedentemente, speriamo bene". Anche noi, Oliviero. Perché oltre a un futuro da tenere ben in vista, c’è anche un passato da onorare… (Ha collaborato Matilde Pisaturo - © Fotografie: Wikipedia.org)

17 gennaio 2013

Fonte: Solosalerno.it





 Il campo della Salernitana squalificato per 4 giornate

Per i gravi incidenti avvenuti il 28 aprile Il campo della Salernitana squalificato per 4 giornate. La partita Salernitana-Potenza venne sospesa per l'invasione del terreno. Giocatori e arbitro "assediati" negli spogliatoi. Tragico il bilancio degli incidenti: un morto e circa cinquanta feriti. Tre turni di squalifica verranno scontati nel torneo 1963-64 - La gara data vinta al Potenza.

(Nostro servizio particolare) Firenze, 16 maggio. Il campo della Salernitana è stato squalificato per quattro giornate dalla Lega semiprofessionisti di serie C in seguito agli incidenti verificatisi il 28 aprile durante la gara Salernitana-Potenza (girone C). Come è noto, la partita è stata sospesa al 30' della ripresa, quando l'arbitro Gandiolo di Alessandria non ha ritenuto di concedere un rigore per atterramento dell'attaccante locale Visentin in area del Potenza; il penalty era invece reclamato a gran voce dal pubblico, il quale non trovava altro rimedio alla situazione (il Potenza era in vantaggio per 1 a 0) che riversarsi in campo. I primi cinque "invasori" venivano bloccati, ma attraverso uno squarcio operato nella rete di recinzione altri spettatori infuriati entravano sul terreno di gioco. Gli agenti di servizio facevano allora uso dei gas lacrimogeni, permettendo così ai giocatori ed all'arbitro di raggiungere gli spogliatoi, dove questi sono poi rimasti "assediati" sino a tarda sera. Intanto, nello stadio e nelle vicinanze, la battaglia divampava e la forza pubblica era costretta a sparare in aria per disperdere i più scalmanati. Purtroppo uno spettatore - il quarantottenne Giuseppe Plaitano - veniva raccolto in fin di vita sulle gradinate e decedeva durante il trasporto all'ospedale. Un morto ed una cinquantina di feriti, fra i quali numerosi ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, furono il tragico bilancio di quel pomeriggio "sportivo" al campo Vestuti. Il fatto, già gravissimo di per sé, impressionò maggiormente l'opinione pubblica in quanto era accaduto nella stessa giornata degli incidenti di Napoli, durante i quali il pubblico devastò lo stadio di Fuorigrotta durante la gara fra gli azzurri ed il Modena. Il campo del Napoli è stato squalificato sino a fine anno, come è noto, dalla lega professionisti. La Lega semiprofessionisti, competente in merito alle gare di serie C, aveva in un primo tempo sospeso a tempo indeterminato il campo di Salerno (anche per esaminare un esposto della Salernitana sui fatti) ed oggi ha deciso la squalifica per quattro giornate, a partire dal 26 maggio, nonché la assegnazione della vittoria per 2 a 0 al Potenza nella gara sospesa. La differenza fra le due sentenze può essere motivata dal fatto che il pubblico di Napoli era recidivo in cosi gravi intemperanze, mentre nulla di serio era mai accaduto sul campo della Salernitana. Negli atti ufficiali relativi alla squalifica del terreno per quattro giornate c'è una descrizione completa degli incidenti, naturalmente limitati al lato "sportivo". Dagli stessi si apprende che già nel corso del primo tempo il pubblico aveva iniziato una manifestazione ostile nei confronti degli ufficiali di gara, in occasione della rete marcata dal Potenza. Successivamente mentre l'arbitro, i guardalinee e i giocatori si avviavano agli spogliatoi al termine del primo periodo di gioco, veniva effettuato un lancio di sassi, dai quali rimanevano colpiti un dirigente del Potenza e il commissario di campo. Al 34' della ripresa, poi, uno spettatore riusciva ad entrare in campo seguito da un altro sostenitore locale, ma entrambi venivano fermati da agenti; mentre il gioco stava per essere ripreso, un numeroso gruppo riusciva ad abbattere la rete di protezione aprendosi un varco per l'invasione del terreno. Mentre l'arbitro imboccava il sottopassaggio, veniva colpito da un pugno. La Salernitana può ricorrere contro le decisioni della Lega, ma difficilmente la sentenza, che appare già lieve, verrà mitigata. Dei quattro turni di squalifica, tre verranno scontati nel prossimo torneo, in quanto, per quello in corso, la Salernitana ha da disputare soltanto una partita, sul campo di casa: quella con la Tevere Roma, in programma fra due domeniche. La serie C è giunta infatti alla terz'ultima giornata: la Salernitana si recherà domenica prossima ad Ascoli, quindi giocherà con la Tevere Roma su un campo ancora da destinare, ed infine chiuderà il torneo ancora in trasferta, a Trani. a. b.

17 maggio 1963

Fonte: La Stampa

Anche a Salerno niente calcio per un lungo periodo di tempo

In seguito agli incidenti della partita Salernitana-Potenza, la Lega semi-professionisti ha vietato le manifestazioni calcistiche sul terreno della compagine campana, in attesa di accertamenti. Reazioni napoletane alla squalifica di Fuorigrotta per tutto l'anno.

(Dal nostro corrispondente) Firenze, 2 maggio. La Commissione giudicante della Lega semiprofessionisti non ha ancora preso una decisione definitiva sugli incidenti avvenuti durante la partita Salernitana-Potenza per il fatto che la società campana ha preannunciato l'invio di un reclamo. Secondo la prassi regolamentare l'organo giudicante si è riservato l'adozione del provvedimento disciplinare nella misura che sarà determinata dopo l'espletamento degli accertamenti del caso. Frattanto però, considerata la gravità dei fatti avvenuti, la Commissione giudicante ha deliberato di squalificare il campo di gioco per l'U.S. Salernitana con effetto immediato e fino alla data che sarà fissata in sede di giudizio. Sono stati inoltre squalificati per una giornata i giocatori della squadra campana Scarnicci e Vascotto, mentre sono stati ammoniti Di Paola e Fermi. La Commissione ha esaminato i rapporti ufficiali e, in attesa del reclamo dell'U.S. Salernitana, ha deciso di valutare il complesso caso nella riunione della prossima settimana. Su quanto hanno riferito gli ufficiali di gara (arbitro e segnalinee) naturalmente è stato mantenuto il più rigoroso riserbo anche se il provvedimento di squalifica del campo con effetto immediato lascia chiaramente intendere che alla società campana sono attribuite responsabilità tali da giustificare la grave deliberazione. La sentenza definitiva è attesa dunque per mercoledì prossimo, sempreché l'organo giudicante, in base a quanto esporrà nel reclamo l'U.S. Salernitana e alla versione dei fatti data dagli ufficiali di gara, abbia sufficienti elementi di giudizio. Altrimenti potrebbe essere disposto un supplemento di inchiesta per accertare alcuni punti eventualmente controversi. In tal caso la delibera definitiva sarebbe formulata dal collegio giudicante nella riunione della settimana successiva. Come è noto i fatti accaduti domenica sul campo "Vestuti" della Salernitana sono stati di una estrema gravità e si sono conclusi con il tragico bilancio di 1 morto - Giuseppe Plaitano, padre di quattro figli - 87 feriti, fra cui numerosi agenti della forza pubblica. II Potenza era andato in vantaggio al 42° del primo tempo con una rete della mezz'ala destra Viacava, e la ripresa era proseguita in una atmosfera di grande tensione. L'inizio degli incidenti si aveva al 80° minuto: poiché l'arbitro Gandiolo di Alessandria non aveva concesso un rigore per un presunto fallo sull'ala destra della Salernitana Visentin in area lucana, il pubblico cominciava ad inveire, e poco dopo invadeva il campo dando inizio agli incidenti.

3 maggio 1963

Fonte: La Stampa

I due gravi episodi di teppismo negli stadi sportivi

Un morto, 119 feriti e 74 arresti per gli incidenti di Napoli e Salerno

I danni raggiungono i 200 milioni - Sei degli infortunati napoletani sono ancora gravi - La vittima di Salerno sarebbe stata calpestata e soffocata dalla folla in fuga - Critiche all'impiego delle forze dell'ordine che hanno avuto 35 contusi - Il servizio d'ordine per le elezioni aveva distolto dai campi di calcio molti agenti.

(Dal nostro corrispondente) Napoli, 29 aprile. Un bilancio dei drammatici disordini avvenuti negli stadi "San Paolo" di Napoli e "Vestuti" di Salerno è ormai completo. A Napoli su 250 fermati questa sera risultano trattenute in stato d'arresto 44 persone, di cui 32 inviate al carcere di Poggioreale e 12 giovani fra i 14 e i 18 anni alla prigione-scuola "Gaetano Filangieri". L'imputazione è di violenza e resistenza alla forza pubblica oltre che di "danneggiamento". Per tutti la Procura della Repubblica chiederà il processo con "rito direttissimo". I feriti ufficialmente registrati negli ospedali sono 62. Di essi quelli gravi risultano sei: Salvatore Capasso, di 18 anni, l'agente di P.S. Modestino Tafuri (28 anni), il brigadiere dei carabinieri Carmine Preziosi (31 anni), il commerciante Roberto Galli, 30 anni, Antonio Macina, 11 anni, e il ventinovenne Eugenio Rizzo. I danni, per i marmi divelti, le tabelle pubblicitarie fatte in pezzi e bruciate e le pareti di cristallo fracassate, secondo il Mattino, giungono a 130 milioni. A Salerno i fermati sono un centinaio, dei quali solamente 30 ancora nelle "camere di sicurezza", i feriti 57 e i danni valutati sui 70 milioni. II numero effettivo dei feriti nei due capoluoghi di provincia è ritenuto dalle stesse questure di almeno il doppio perché la maggior parte di quanti avevano pure urgente bisogno di assistenza sanitaria, per evitare le conseguenze di legge derivanti dal passaggio per gli ospedali, controllati dalla polizia, si è ben guardata dell'andarvi. Non sono stati ufficialmente comunicati i risultati dell'autopsia ordinata dal Procuratore Capo della Repubblica di Salerno, Vincenzo Botta, per Giuseppe Plaitano, custode di una clinica chirurgica, padre di quattro figli, trasportato agonizzante dallo stadio "Vestuti" all'ospedale civile, dove è poi morto. La fine sarebbe avvenuta per soffocamento dovuto al fatto che il Plaitano, correndo per la carica della polizia, cadde e fu schiacciato dalla folla. Continuano le polemiche sulla direzione e sull'organizzazione del servizio di ordine pubblico, pur essendo unanimi gli elogi per il comportamento singolo di agenti e carabinieri che, senza preoccuparsi dei rischi, hanno duramente pagato di persona pur di garantire l'incolumità dell'arbitro Giuseppe Gandiolo e dei giocatori del "Modena", scopo pienamente raggiunto. I feriti tra le forze di polizia a Napoli, compreso un funzionario, Saverio Ammattirò (a Salerno è stato ferito il commissario Ugo Costabile, capo di gabinetto del questore Mario De Simone), due ufficiali delle "divisioni metropolitane di P.S" e tre ufficiali dei carabinieri sono 35. Fra essi devono includersi anche uomini appartenenti ai reparti del "pronto-impiego" inviati quali rinforzo allorché gli elementi impegnati al centro del "San Paolo" stavano per essere sopraffatti. Gli spettatori sullo stadio partenopeo erano circa 45 mila, secondo il controllo sui biglietti, sugli abbonamenti e sulle tessere di omaggio e di servizio. A quanto ammontava esattamente la forza pubblica presente a Napoli ? Nessuna comunicazione ufficiale è stata fatta né verrà diramata. Ma da una notizia ufficiosa pubblicata dal Corriere di Napoli si sa che vi erano 50 uomini all'interno del campo, cioè intorno al prato e 500 fra quelli dislocati fuori dello stadio e nei vari ordini di posti. L’ "Ansa" ha parlato dello "scarso numero di forza pubblica presente allo stadio", aggiungendo che " tutti gli agenti, non più di 30, si radunavano al centro del campo dove subivano l'assalto degli invasori". Il Mattino, giornale governativo, ha scritto: "Per le esigenze elettorali non era stato possibile assicurare allo stadio l'abituale servizio d'ordine. Non più di una cinquantina di agenti erano ieri al campo". Gli altri 500 uomini disponibili non sono intervenuti subito per il più logico dei motivi: per attraversare l'intero stadio gremito di folla e arrivare al terreno di gioco ci vogliono venti ed anche trenta minuti. Poi quelle forze dislocate a quei posti servivano per arginare la frana dall'alto. Concordi sono anche le critiche su altri aspetti dell'impiego della forza pubblica. Il Mattino osserva: "Le dieci camionette di rinforzo della Celere sono giunte quando ormai la furia si era placata". Il Roma, riferendosi ai rinforzi mandati dal questore Michele Cappelli rimprovera "la polizia arrivata in ritardo". E Napoli-Notte afferma: "Le poche forze di polizia sono state male impiegate". Altre critiche, anch'esse concordi, riguardano la decisione di non aver sospeso il campionato proprio nel giorno delle elezioni, quando cioè la necessità di servirsi di tutte le forze di polizia disponibili creava una situazione di crisi negli stadi. L'armatore Achille Lauro, presidente dell'A.C. Napoli, ha dichiarato: "Sono vivamente addolorato per i deplorevoli incidenti verificatisi allo stadio San Paolo sia perché hanno determinato il ferimento di numerosi cittadini e di agenti, sia per il prestigio della città e sia per l'aspetto puramente sportivo. Non posso però fare a meno di notare che al termine di una decisiva competizione elettorale, condotta anche con molta vivacità polemica, non era prudente fare svolgere delle partite di calcio di particolare valore agonistico, con una folla eccitata, mentre le forze dell'ordine erano in gran parte impegnate presso i seggi". Una proposta delle più interessanti, considerando quanti feriti si sono avuti causa il lancio di bottigliette usate per la birra, le gazzose e le aranciate, è di proibire per le bibite sugli stadi i "vuoti" di vetro, venendo usati al loro posto, come si fa con il latte, involucri di cartone trattati col materiale impermeabilizzante autorizzato dal ministero della Sanità. c. g.

30 aprile 1963

Fonte: La Stampa

Incontro sospeso al 30' della ripresa

Colpi sparati in aria per troncare i tafferugli nello Stadio salernitano

Uno spettatore raccolto agonizzante sulle gradinate: muore durante il trasporto all'ospedale - Numerosi funzionari e agenti di polizia feriti.

(Nostro servizio particolare) Salerno, lunedì mattina. Uno spettatore morto - il quarantottenne Giuseppe Plaitano - ed una settantina di feriti, fra i quali figurano alcuni funzionari di Pubblica Sicurezza e numerosi agenti, costituiscono il tragico bilancio degli incidenti accaduti ieri durante lo svolgimento dell'incontro fra la Salernitana ed il Potenza, nel quadro del campionato di serie C, girone C. Il tifoso deceduto è stato trovato privo di sensi sulle gradinate, quando la mischia che si era accesa in campo e sugli spalti stessi ha avuto un attimo di tregua. Soltanto l'autopsia, che verrà eseguita oggi, potrà precisare le cause della morte del Plaitano; i medici degli Ospedali Riuniti, dove il poveretto è stato trasportato decedendo durante il tragitto, propendono per il soffocamento o il collasso cardiaco. Intanto, è intervenuta a chiedere l'autopsia anche la Procura della Repubblica: questo per avere una chiarificazione definitiva circa le cause del tragico evento. Fra i cinquanta feriti che hanno fatto ricorso alle cure dell'ospedale (molti si sono recati presso medici privati) il più grave è il dodicenne Michele Napoli che è stato travolto dalla folla. Sono pure nel numero dei colpiti il commissario Ugo Costabile, capo gabinetto del Questore, il tenente della "Celere" Gaetano Parasole, cinque Vigili del Fuoco, alcuni agenti e carabinieri e l'autista del Questore di Salerno, Achille Tortolano. Teatro degli scontri è stato il campo "Vestuti". Diciannovemila spettatori assistevano all'incontro, ed il Potenza era andato in vantaggio al 42’ del primo tempo con un goal della mezz'ala destra Viacava. Al 30° della ripresa, poiché l'arbitro Gandiolo aveva rifiutato un rigore a favore degli ospitanti, il pubblico, che reclamava quella punizione in quanto un giocatore potentino aveva atterrato l'ala destra Visentin nell'area dei calciatori lucani, cominciava ad inveire. Uno spettatore sgusciava sul campo tentando di aggredire l'arbitro, ma veniva fermato e riaccompagnato fuori; intanto altri esagitati, volendo anch'essi assalire il direttore di gara, facevano uno squarcio nella rete, cercando di raggiungere l'arbitro. Erano subito bloccati ed espulsi. A questo punto, però, una massa di oltre duecento persone, irrompendo dalla rete ormai aperta, entravano sul prato. Questa volta i carabinieri e gli agenti, vistisi circondati e temendo che potessero venir gravemente feriti l'arbitro e i giocatori del Potenza, cominciavano a usare lacrimogeni. Poi, risultate inutili tali bombe e vedendo la massa che si avventava minacciosa, erano costretti a sparare in aria. I tafferugli, già in corso con furibondi pugilati tra guardie da una parte e scalmanati dall'altra, si trasformavano, udendo gli spari, in una corsa frenetica e nella furia rimanevano travolte numerose persone. I tifosi più esacerbati non hanno però lasciato lo stadio, ed hanno assediato giocatori ospiti ed arbitro negli spogliatoi. In alcune dichiarazioni fatte ieri sera ai giornalisti, il direttore degli Ospedali Riuniti di Salerno, dott. Achille Napoli, ha dichiarato che, per quanto riguarda lo spettatore deceduto durante gli incidenti avvenuti nel corso della partita di calcio Salernitana-Potenza, "il cadavere non presenta alcuna ferita provocata da arma da fuoco. È stata, invece, riscontrata - ha aggiunto il dott. Napoli - una grossa ecchimosi nella parte alta del torace. Si ritiene, pertanto, che le cause del decesso siano da ricercarsi nello schiacciamento del torace. Ciò sarà accertato nel corso dell'autopsia". Quanto alle condizioni dei feriti e dei contusi, il direttore degli Ospedali Riuniti di Salerno ha precisato che "nessuno desta serie preoccupazioni". Alle 23 di questa sera, l'arbitro Gandiolo, i segnalinee e tutta la comitiva della squadra del Potenza si trovavano ancora negli spogliatoi dello stadio di Salerno, sotto la protezione delle forze dell'ordine. a. b.

29 aprile 1963

Fonte: Stampa Sera

 
 




NDR: Un sincero grazie ad Asromaultras.org per le foto di repertorio

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