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TEATRO e HEYSEL
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 TEATRO e HEYSEL 
         Paride Acacia Le gattare juventine  
          Gianluca Favetto Il giorno perduto  
 David Gramiccioli Tutti sapevano tranne loro  
      Domenico Laudadio Io sono la Memoria  
  Matteo Lucii +39 Quella maledetta notte all’Heysel  
         Giuseppe Manfridi Teppisti !  
             Omar Rottoli 39 storie: vite perse all'Heysel  
               Emilio Targia Quella notte all'Heysel  
      Walter Veltroni Quando cade l'acrobata entrano...  
 
Le Gattare Juventine (Paride Acacia)
 

Laudamo show-off: Le gattare juventine

di Giuseppina Mangione

Le gattare juventine è lo spettacolo, scritto e diretto da Paride Acacia, in scena alla Sala Laudamo sino a domenica 29 aprile 2018.

Le gattare sono due sorelle che vivono (ed è un eufemismo) un’esistenza dissociata dal tempo e dalla realtà. Per loro la vita si è fermata con la scomparsa del padre, vittima presunta, in quanto non è stato mai ritrovato il corpo, della tragedia dell’Heysel. Il 29 maggio 1985 a Bruxelles, allo stadio Heysel, si disputò la Coppa dei Campioni tra la Juventus ed il Liverpool; la notizia che ancora oggi raggela è che la partita venne giocata (con relativi festeggiamenti) quando già si piangevano 39 morti, maciullati nella calca, schiacciati dal cedimento di un muro nella famigerata tribuna Z. Il 40° morto-scomparso è il fantasma che aleggia nel lavoro di Paride Acacia. I lutti aprono nell’anima ferite che, a volte, non si riescono a rimarginare, ma è nell’essenza della vita la necessità di superare lo sconvolgimento e ricostruire nuovi equilibri. Non è così per le due sorelle, legate da un vincolo di sangue, ma rese nemiche dalle dinamiche affettive familiari. Una in perfetta sintonia con la figura guida della famiglia, il padre, e l’altra inadeguata ed imperfetta agli occhi dello stesso genitore, che, evidentemente, aveva esaurito la quota di amore in dotazione. Dopo la tragedia, anche la mancanza non ha lo stesso significato per le due sorelle; una è "orfana", ma crede fermamente che il genitore tornerà, l’altra alimenta, anche con il cibo, l’abbandono affettivo già sperimentato. Le innumerevoli scatolette di cibo per i gatti, vanno in definitiva a nutrire lei stessa, perché i gatti non ci sono, come non c’è affetto nella vita di questa donna, tragicamente ripiegata su stessa. L’altra sorella sembra più forte e risoluta, tetragona nel pensare che il padre tornerà, utilizza le passioni del genitore, la Juventus e Bruce Springsteen, come i dogmi della sua religione: l’attesa. Ripete convinta le formule del suo credo: dalla formazione della Juve del 1985 alle canzoni del "The Boss", con annesse curiosità musicali. Un nastro registrato (immagine conforme al periodo) che ripropone lo stesso messaggio: "papà è vivo e tornerà da me". "È peggio che sia fuggito o che sia morto ?". Questi dilemmi lacerano le vite delle due sorelle, che rimangono intrappolate in un bozzolo di ricordi e dolore, che è prigione, ma anche unico ricovero. E nell’interminabile attesa si dimenticano di chi c’è e si privano del piacere concreto di volersi bene. Gabriella Cacia e Claudia Zappia danno vita a questi due "hungry hearts", due "cuori affamati" che annaspano nelle contrarietà della vita. Sentono profondamente il ruolo che interpretano e lo trasmettono pienamente allo spettatore, con tutto il carico di tragicità di cui è intriso il lavoro di Acacia. Si replica domenica 29 aprile alle ore 17.30 Fonte: Messinaweb.tv © 29 aprile 2018 Fotografia: Sipario.it © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

"Le Gattare Juventine", in scena il nuovo lavoro diretto da Paride Acacia

Dopo le produzioni "Volevo essere brava !" e "Camposanto Mon Amour" la compagnia Efremrock ritorna a Messina con lo spettacolo in programma al Teatro dei 3 Mestieri.

Dopo le produzioni "Volevo essere brava!" e "Camposanto Mon Amour", andate in scena la scorsa stagione rispettivamente alla Sala Laudamo e al Teatro Savio, la compagnia Efremrock ritorna a Messina con un nuovo lavoro diretto da Paride Acacia. "Le Gattare juventine" - in scena al Teatro dei 3 Mestieri, all’interno della rassegna "Buonalaprima", sabato 11 marzo alle 20.45 e, in replica, domenica 12 alle 18.30 - racconta la storia di due sorelle e del loro amore per la Juventus, i gatti e Bruce Springsteen: questa è l’eredità lasciata loro dal padre, prima di partire per il suo ultimo viaggio verso la finale di Coppa dei Campioni Juventus - Liverpool, nella tragica notte dello stadio Heysel. Ambientata in una piccola porzione di strada, dove le due protagoniste (Gabriella Cacia e Milena Bartolone) restano sospese, in attesa dei gatti, del padre e di un definitivo riscatto dalla solitudine, "Le Gattare juventine" è, soprattutto, la storia dell’elaborazione di un’assenza troppo ingombrante. A raccontare il rapporto conflittuale delle due donne, sulle quali aleggia perenne l’imago paterna, le musiche di Bruce Springsteen: un viaggio rock’n roll attraverso le note e le parole del Boss, da "Born in the Usa" a "The River", lungo il quale una storia personale si intreccia con le imprese calcistiche della Juventus e la tragedia sportiva dello stadio belga Heysel, dove nel 1985 a seguito di violenti scontri (NDR: Siamo alle solite: aggressione su spettatori inermi), decine di tifosi italiani persero la vita. Gabriella e Milena portano in scena due rappresentazioni antitetiche di ciò che può essere la visione del mondo e il modo di ricordare e onorare la memoria di un padre: come eterne figlie di Telemaco, resta l’immagine di donne che scrutano l’orizzonte, certe che qualcuno tornerà dal mare a ripristinare una qualche sorta di ordine. Efremrock & Vaudeville. La compagnia Teatrale - dedita alla scrittura, produzione e messa in scena di commedie musicali e musical - è frutto dell’incontro sinergico di diversi artisti provenienti dalle più variegate esperienze nell’ambito del teatro di ricerca, del musical, del teatro danza e della musica pop, rock e classica: Paride Acacia cantante, attore, regista, drammaturgo ed insegnante di recitazione; Massimo Pino bassista, polistrumentista e compositore; Sarah Lanza ballerina, coreografa, regista ed insegnante di danza; Peppe Pullia batterista, percussionista, compositore ed insegnante di batteria; Simona Vita pianista, tastierista, compositrice ed insegnante di musica; Gabriella Cacia attrice e cantante; Laura Giannone attrice e cantante; Adriana Bonaccorso polistrumentista, cantante e light designer, insegnante di canto; Giovanna Verdelli attrice e direttore di produzione. Inoltre l’associazione si avvale della collaborazione di: Elvira Ghirlanda attrice, cantante ed aiuto regia; Milena Bartolone attrice e cantante; Francesca Gambino attrice, cantante e scenografa; David Cuppari batterista, compositore e polistrumentista; Danila Tropea attrice, cantante e aiuto regia; Mario Parlagreco attore ed insegnante di dizione; Mariangela Campochiaro attrice, ballerina ed insegnante di danza; Barbara Mondì scenografa e costumista. Scritto e diretto da Paride Acacia con Gabriella Cacia e Milena Bartolone, aiuto regia Elvira Ghirlanda, disegno luci Adriana Bonaccorso, organizzazione Giovanna Verdelli, Produzione Compagnia Efremrock & Vaudeville. Fonte: Letteraemme.it © 7 marzo 2017 Fotografia: Sipario.it © Icone: Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
Il giorno perduto (Gianluca Favetto)
 

A 30 dalla tragedia dello stadio Heysel a Bruxelles,

a Cervia se ne parla con un monologo teatrale

Questa sera alle 21.00 nella piazza antistante la Torre S. Michele.

L’appuntamento di questa sera, domenica 28 alle ore 21 intorno alla Torre S. Michele ha la forma di un monologo teatrale; non è quindi una celebrazione di una ricorrenza tragica avvenuta 30 anni fa allo stadio di Heysel (la tragedia del 1985 poco prima della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool in cui morirono 39 persone); non è una neppure la presentazione di un libro, ma un modo per raccontare una possibile lettura: quella proposta, in forma di monologo teatrale, da uno dei due autori, Gian Luca Favetto, modulando la lettura con la narrazione e il racconto musicale del violoncello di Giorgio Borghi e Antonio Somma. La storia: Quattro ragazzi dalla provincia di Torino, tifosi della Juve e calciatori per passione, partono con una R4, attraversano la Francia per partecipare a Bruxelles alla partita di finale di Coppa contro la squadra inglese del Liverpool. Portano con loro i sogni e le incertezze dei ragazzi degli anni Ottanta e le lanciano là, dalla Grand Place, la storica piazza di Bruxelles, verso il futuro. Nello stesso tempo, anche un loro coetaneo inglese, intraprende il suo primo viaggio da solo, verso la stessa meta, sfidando le sue paure e mettendosi in gioco. Nell’attesa di entrare allo stadio Heysel, giocano a pallone con una lattina di birra, si guardano, si sfiorano senza conoscersi, ma si riconoscono nel gioco di sguardi complici di chi ha la stessa passione, la stessa innocenza. Il libro da cui è tratto il racconto teatrale è "Un giorno perduto. Racconto di un viaggio all’Heysel", scritto a quattro mani da Gian Luca Favetto e Anthony Cartwright, pubblicato da 66thand2nd, 2015. Il libro narra un’avventura, un viaggio da cui far ripartire i sogni di quattro giovani - tre torinesi e un inglese - in attesa di un evento che dia una svolta alle loro vite. L’evento a cui s’incardinano le loro attese è una partita di calcio che si giocherà nello stadio di Heysel in Belgio, una partita che segnerà una svolta tragica nella storia del calcio: la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool, 29 maggio 1985. I piani del destino non avranno nessun riguardo per le attese di questi ventenni… "La Biblioteca di Cervia ha rintracciato in questo libro diversi tratti congeniali al suo modo di proporre la lettura - fa sapere la stessa biblioteca - una storia avventurosa di respiro largo, una scrittura e un progetto editoriale di qualità, come quello di 66thand2nd, uno sguardo lucido e partecipe sulla contemporaneità e, infine, il calcio - e lo sport, in generale - come metafora, vitale ma, talora, dolorosa dell’esistenza". Gian Luca Favetto, Torino, 1957. Giornalista, poeta, scrittore e drammaturgo; collabora con "La Repubblica" e Radio Rai. Tra gli ultimi libri: il romanzo "La vita non fa rumore", l’audiolibro "I nomi fanno il mondo", le poesie "Mappamondi e corsari". Con Anthony Cartwright, inglese (Dudley, 1973) è coautore del libro "Il giorno perduto" 66th2nd, 2015. I musicisti: Giorgio Borghi è docente di violoncello nella Scuola di Musica di Cervia e di Cesena; fa parte di varie formazioni concertistiche. Antonio Somma è allievo del corso di violoncello nella scuola cervese. Fonte: Cervianotizie.it © 28 Giugno 2015 Fotografie: 66thand2nd © Icona: Teatrocivile.it ©

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Tutti sapevano tranne loro (David Gramiccioli)
 

Heysel tutti sapevano tranne loro

di Rossella Sereno

23 maggio 2017 ore 21:00, c/o Sala ATC Piemonte Centrale, Torino l'Associazione "Quelli di via Filadelfia" presenta la pièce della Compagnia del Teatro Artistico d'Inchiesta: "Heysel, tutti sapevano tranne loro", un monologo di David Gramiccioli.

"Il rispetto per la morte ti rende degno della vita". Così si conclude la pièce teatrale di David Gramiccioli, un monologo che cattura l'attenzione dello spettatore e lo conduce in un percorso fatto di storia, ricordi, episodi e cronaca. Non c'è spazio per il romanticismo, per le sfumature, per le storie edulcorate o messe in piedi con l'intento di commuovere. No, qui vengono trattati i fatti, le ricostruzioni, gli avvenimenti precedenti e il contesto socio-politico di quegli anni, in modo chiaro e incisivo. L'opera teatrale colpisce a partire dal titolo: "Heysel, tutti sapevano tranne loro". Come un destino già segnato, che l'autore/attore illustra e rende a posteriori evidente. Un palco quasi spoglio, il buio in sala, la sola presenza in scena di Gramiccioli, accompagnato soltanto da qualche filmato e da quella cronaca di Bruno Pizzul che ancora oggi fa rabbrividire. Il racconto, o meglio ancora l'analisi, parte dal 12 giugno 1980, quasi 5 anni prima dei tragici fatti dell'Heysel. In Italia, a Torino, si gioca per i Campionati Europei Belgio-Inghilterra (1-1) e già allora gli hooligans inglesi si fanno notare: bottiglie di birra in mano, ubriachi, fuori controllo. Un fenomeno che non sfugge dall'osservazione in patria: se ne discute nel parlamento inglese, dove Margaret Thatcher, già allora, dichiara di voler annientare il tifo violento. 30 maggio 1984, 1 anno prima dell'Heysel. A Roma, si gioca la finale di Coppa dei Campioni Liverpool-Roma (1-1, 4-2 dopo i rigori). Ma fuori dal campo di gioco, la battaglia è italiani contro inglesi, una guerriglia il cui esito è quello di un ragazzo in coma, un uomo accoltellato e una trentina di feriti. Tanto da far decidere all'Uefa di disputare le successive finali in campo neutro, considerato più sicuro. 16 gennaio 1985, 4 mesi e mezzo prima dell'Heysel. A Torino, finale Supercoppa Juventus-Liverpool (2-0). Gli scontri in città tra italiani e inglesi si susseguono fin dal mattino. 11 maggio 1985, 18 giorni prima dell'Heysel. A Bradford, in Inghilterra, si gioca un incontro tra Bradford City e Lincoln City, valido per il campionato di Third Division. Al 40' minuto si innescò un incendio, la partita venne sospesa e i tifosi fatti evacuare. Ma la tribuna, vecchia e fatiscente, era stata costruita in legno. Il fuoco si diffuse facilmente, crollò il tetto dello stadio. All'interno dell'impianto non c'erano estintori: erano stati tolti per evitare possibili atti di vandalismo tra gli hooligans.

 

L'esito fu di 56 morti e 265 feriti. Mancano pochi giorni alla finale a Bruxelles, ma i presupposti si sono già visti tutti: hooligans inglesi fuori controllo, impianti di gioco inadeguati e obsoleti, incapacità di gestione di eventi di questa portata da parte degli organizzatori. 29 maggio 1985, Bruxelles. Finale Coppa dei Campioni, Juventus-Liverpool. L'aria di festa degli juventini in giro fin dal mattino che viene interrotta dell’arrivo degli inglesi. Non una caccia agli juventini, da parte degli hooligans, ma una caccia agli italiani. Ma gli scontri tra hooligans e ultras bianconeri, nel pomeriggio, rientrano nelle logiche del mondo ultrà, e non producono effetti disastrosi. Purtroppo però non è così all'interno dello stadio: accanto gli inglesi, nel settore Z, non ci sono gli ultras della Juventus, che avrebbero saputo rispondere agli attacchi, che erano preparati all'offensiva, che probabilmente avrebbero ricacciato indietro quell'onda inglese. Ma nel settore Z, per colpa di una infausta gestione della vendita dei biglietti, c'erano famiglie, bambini, club. E la paura, il più umano dei sentimenti, vinse su tutto. Alcune teorie, sostenute anche da Bruce Grobbelaar, allora portiere del Liverpool, considerano l'ipotesi che a partecipare agli scontri ci fossero anche membri dell'estrema destra di Londra, il National Front, e che all'imbarco delle navi dall'Inghilterra fossero stati distribuiti volantini su cui era scritto che sarebbe stata l'ultima partita in Europa del Liverpool. Corrispondono a verità queste teorie ? Chi può aver fatto stampare questi volantini ? Domande ancora irrisolte. La tragedia viene vissuta e raccontata in diretta televisiva. Il comunicato dei capitani, le responsabilità belghe evidenti già solo nelle immagini della polizia a cavallo, la Juventus che pare non volesse giocare, l'imposizione di disputare la gara. 39 morti. Una tragedia che riguarda un paese, l'Italia, non una squadra, non una singola tifoseria. Gramiccioli all'interno della sua lucida analisi inserisce solo due immagini, due ritratti. Quello di Giusy Conti, 17 anni, studentessa modello, ottimi voti a scuola, che vuole diventare giornalista sportiva. E chissà quanto sarebbe stata brava. Che si merita la finale, che vuole quella Coppa, che insieme al papà raggiunge Bruxelles. Ma che non tornerà. E quello di due angeli, Andrea Casula e Roberto Lorentini. Andrea, 11 anni, il bimbo più felice del mondo perché andava a vedere la sua Juve e Roberto, 31 anni, medico, che ha provato in tutti i modi a salvare la vita del piccolo Andrea. Due angeli uniti dal destino. "Abbiamo l'obbligo di fermarci e di costruire una memoria comune", conclude nel suo spettacolo David Gramiccioli. Uno spettacolo che andrebbe portato nelle scuole, invitando i ragazzi ad assistervi con attenzione, perché la memoria di una tragedia italiana deve essere tramandata alle nuove generazioni. (N.D.R. Rossella Sereno (tifosa bianconera e assidua frequentatrice della Curva Sud al neo Allianz Stadium della Juventus) è l’autrice del libro "Fratelli di Gradinata"). Fonte: Giulemanidallajuve.com © 25 Luglio 2017 Fotografie: David Gramiccioli © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Monologo ricostruisce la tragedia dell’Heysel

Domani sera sul palco della Moretta di Alba

di Cristina Borgogno

Saranno 32 anni il 29 maggio. La tragedia che sconvolse per sempre il mondo del calcio, e non solo, quando allo stadio di Bruxelles, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. In occasione della Giornata della memoria per le vittime dell’Heysel e di ogni manifestazione sportiva, arriva domani anche ad Alba, alle 21 al Teatro della Moretta, il monologo "Heysel tutti sapevano tranne loro", a cura del giornalista-attore David Gramiccioli, già rappresentato in questi mesi in numerose città in tutta Italia (ingresso con offerta libera). Era il 1985. Il monologo ricostruisce i fatti di quella drammatica sera del 1985. Sulla scena, al buio, il narratore sale sul palco anticipato solamente dall’annuncio dello storico cronista Bruno Pizzul che, drammaticamente, nella sua essenzialità, comunica la notizia. "Quella voce - dicono dalla compagnia del Teatro Artistico d’inchiesta di Gramiccioli - è una lama affilatissima che raggiungerà la memoria di una tragedia dove la vita e la morte si sono sfidate come accade proprio in una partita, ma in questo caso realmente e drammaticamente come solo l’imprevedibilità e la violenza sanno architettare. Da quella notte cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu l’orrore di quelle immagini". I tifosi. L’evento ad Alba è promosso dai Brüt Sporc e Gram (gruppo di tifosi juventini locali che oltre a sostenere la Vecchia Signora, organizza eventi con l’obiettivo di aiutare chi ne ha bisogno), in collaborazione con l’associazione Quelli di via Filadelfia di Torino e l’assessorato alla Cultura del Comune di Alba. "Un onore per la città ospitare questo spettacolo che sta raccogliendo i favori della critica, al punto da essere utilizzato all’interno di percorsi formativi nelle scuole" dice l’assessore Fabio Tripaldi. Oltre a ricordare le vittime dell’Heysel, la serata ha l’obiettivo di sostenere la Fondazione per la ricerca sui tumori dell’apparato muscoloscheletrico e rari onlus di Torino. Fonte: Lastampa.it © 23 maggio 2017 Fotografie: David Gramiccioli © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Anche se in questo caso (la tragedia dell’Heysel) si parla di morte,

più che di vita. Ed è un argomento che va maneggiato con cura

Lo spettacolo di David Gramiccioli mi è piaciuto. Molto. Potevano organizzarlo meglio, quello sì. Ma chi fa teatro, a certe leggerezze, si abitua in fretta… E finisce per ingoiare anche quest’aria sottotraccia un po’ da carbonari e la mancanza di quel minimo di pubblicità che avrebbe incoraggiato la presenza del grande pubblico. E che lo show avrebbe ampiamente meritato. Per quanto ne ho capito, l’evento si saldava con le molte manifestazioni sportive che hanno organizzato a Siena in queste ultime settimane; il Sindaco e l’Assessore (presenti in sala) hanno tenuto a testimoniarne la buona riuscita, cominciando dalle "Strade Bianche", che è stato il fiore all’occhiello, ma anche con i vari contest di pugilato, atletica leggera, equitazione ed altro. In questo evento, invece, dovevano impegnarsi di più. Il Teatro dei Rozzi è rimasto chiuso fino alle sette meno dieci; poi hanno offerto un bel rinfresco, e lo spettacolo che era in programma per le 18,30 è slittato fin quasi verso le 20… Ne saranno sicuramente rimasti soddisfatti gli espugnatori da buffet (che non mancano mai); io, che ero lì per lo spettacolo, l’ho trovato fastidioso. E ho pensato che quel vermouth potevano sorseggiarlo dopo, anziché prima. Il teatro di David mi piace, lo dico subito…. E’ merce che compro a scatola chiusa. E da spettatore tendo a comprare a scatola chiusa tutto (o quasi tutto) quello che centrifuga lo sport e la vita, da Federico Buffa in giu. Anche se in questo caso (la tragedia dell’Heysel) si parla di morte, più che di vita. Ed è un argomento che va maneggiato con cura. Perché è un teatro difficile, e se sbagli i toni e gli accenti, il rischio "mattonata" è dietro l’angolo; dove per "mattonata" si intende uno di quei testi un po’ lugubri e sinistri nei quali si spara nel mucchio (la colpa è della "società", dello stato, dei carabinieri o del parroco) con il risultato, poi, che nessun colpo va a segno. L’approccio di David è lirico, invece. Lirico e intelligente. E’ teatro di inchiesta, ma che rimane piacevolmente a mezzo metro da terra, senza mai cadere. Perché l’artista ci mette del suo, e lo fa svaporare nel più classico teatro di narrazione… E questo si deve al suo "milieu" di appassionato (e intenditore) di calcio, che si avverte, e ti prende a braccetto fin da subito, senza lasciarti solo. David maneggia un argomento che conosce nelle sue pieghe più profonde. Ne traccia le coordinate luogo-tempo-azione con precisione ineccepibile, e aggiunge al racconto lo slancio dell’innamorato autentico (del football, e soprattutto di "quel" football). La sua denuncia è viva e rigogliosa: ne tira i fili con maestria, con il sorriso amaro di Dumas che scrive "vent’anni dopo"… L’esatto contrario di quei sapientoni che vorrebbero raccontarti Fausto Coppi, e poi sbagliano l’accento di Castellania. Si esce leggeri, da questo show. Leggeri, e non pesanti. Soprattutto, se ne esce con la convinzione che sbeffeggiare i trentanove martiri di quella sera, è decisamente una merda (se si vuol chiamare le cose con il proprio nome). E’ una merda non commuoversi al racconto di molti di quei "caduti", ed è una merda offendere il nome di Superga, di Paparelli, del commissario Raciti, con tutte le derivazioni del "Vesuvio lavali", eccetera. David (che è un tifoso "arrabbiato" della Roma), conclude proprio così. E disegna un quadro "di sostanza", usando però colori tenui; e inserendolo dentro una cornice bellissima. Da innamorato del calcio e della vita. Oltrechè da grande artista. Clap clap. Fonte: Riccardolorenzettiblog.wordpress.com © 20 marzo 2017 Fotografia: David Gramiccioli © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

"Heysel: tutti sapevano tranne loro":

Sport Siena Week End si chiuderà sul palcoscenico

Lo spettacolo al Teatro dei Rozzi il 19 marzo per ricordare un’assurda tragedia nel mondo del calcio.

Nella sua follia e nel suo orrore, quella dell’Heysel fu una tragedia destinata a restare indelebile nell’immaginario collettivo, andando ben oltre i confini dello sport e del calcio. Era il 29 maggio 1985 quando, nello stadio Heysel di Bruxelles che ospitava la finale di Coppa Campioni tra la Juventus e il Liverpool, un gruppo di hooligans provocò la morte di 39 persone, delle quali la gran parte italiani, sfondando le reti divisorie che separavano i settori delle tribune e causando una ressa mortale tra i tifosi. A memoria di quei fatti terribili e come monito affinché il mondo dello sport non debba più conoscere certe assurdità, l’ultimo appuntamento di Sport Siena Week End è lo spettacolo teatrale "Heysel, tutti sapevano tranne loro", in programma per domenica 19 alle ore 18.30 al Teatro dei Rozzi. Ideata e realizzata dall’Academy of Art and Image con la Compagnia del Teatro Artistico d’Inchiesta per la regia di Angela Turchini, l’opera teatrale ripercorre con l’interpretazione del giornalista e attore David Gramiccioli le ore che precedettero la partita: "I tifosi inglesi più accesi cominciarono a spingersi verso il settore Z, a ondate, aspettandosi una probabile reazione di quelli juventini. Questi, impauriti anche per il mancato intervento e l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine belghe, furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del Liverpool e generando una ressa letale. Da quella notte cambiarono molte cose nel mondo del calcio, ma ciò che rimase per sempre fu l’orrore di quelle immagini". "Heysel, tutti sapevano tranne loro" sarà rappresentato anche al Parlamento Europeo il prossimo 29 maggio, nella ricorrenza del 32esimo anniversario della tragedia. "Sport Siena Week End – commenta l’assessore allo Sport, Leonardo Tafani – chiude il sipario sull’edizione annuale con un’iniziativa che va oltre l’ambito meramente sportivo e che vuole rendere omaggio alla memoria delle vittime di quell’assurda serata. Quegli avvenimenti, vissuti in maniera drammatica anche da tutti noi che eravamo semplici spettatori televisivi, costituiscono una ferita indelebile nella memoria collettiva e meritano di essere rielaborati affinché da essi si possano trarre insegnamenti a memoria futura". Lo spettacolo è a ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Fonte: Radiosienatv.it © 17 marzo 2017 Fotografia: David Gramiccioli Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Heysel, l’opera rende onore alle vittime

con uno spettacolo al Di Poppa-Rozzi

di Elisabetta Di Carlo

Diversi gli imprevisti ed i disagi. Si è più volte dovuto rimandare lo spettacolo a causa degli eventi naturali straordinari che hanno colpito il nostro territorio ma, stamattina 01/03/2017, la dirigente Prof.ssa Caterina Provvisiero è riuscita a portare in scena l’ "HEYSEL, tutti sapevano tranne loro" all’Istituto "Di Poppa-Rozzi". Nonostante alcune difficoltà tecniche a cui non è stato possibile rimediare a causa dello svolgimento di Assemblea studentesca proprio nei medesimi locali ove successivamente si sarebbe svolta la rappresentazione teatrale. Il Giornalista-attore, David Gramiccioli, con grande personalità e mestiere riesce a catturale l’attenzione dei ragazzi ed a portare lo spettacolo letteralmente in mezzo a loro. Lo spettacolo della Compagnia del Teatro Artistico d’Inchiesta, premio diritti umani 2012 per un lavoro-denuncia sul triste e deplorevole mondo della pedofilia, ha portato lo spettacolo dell’Heysel nei maggiori teatri italiani, nelle scuole di Roma ed oggi anche a Teramo. Lo spettacolo coinvolgente e commovente ha affascinato gli astanti e nell’aula magna dell’Istituto superiore" Di Poppa-Rozzi" ha echeggiato la voce dell’attore che al termine ha raccolto i saluti ed i ringraziamenti dei numerosi ragazzi presenti. Una storia adatta anche ai ragazzi perché si parla di vite simili alle loro. Andrea, quasi 10 anni, un piccolo genio che aveva realizzato una campanella alimentata da batterie a nove volt e che funzionava ! Giuseppina, da tutti conosciuta come Giusy, sognava di diventare giornalista sportiva, morta all’Heysel a soli 17 anni. Tony Evans, triste protagonista, divenuto anni dopo giornalista del Times. Un lavoro d’inchiesta minuzioso e puntuale teso a far recepire il messaggio che "solo chi ha davvero rispetto per la morte è veramente degno della vita".

LA TRAGEDIA DELL’HEYSEL - Ai molti tifosi italiani, buona parte dei quali provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva opposta a quella riservata ai tifosi inglesi. Molti altri tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell’acquisto dei biglietti, si trovarono invece nella tribuna Z, separata da due basse reti metalliche dalla curva dei tifosi del Liverpool. Circa un’ora prima dell’inizio della partita, i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti hooligan, cominciarono a spingersi, a ondate, verso il settore Z, cercando il take and end (prendi la curva) e sfondando le reti divisorie; memori degli incidenti della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano, forse, una reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta esserci, dato che gli ultras bianconeri erano nella curva opposta (settori M-N-O). Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il mancato intervento e per l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli italiani verso il campo, manganellandoli, furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu l’orrore di quelle immagini. Fonte: Certastampa.it © 1 marzo 2017 Fotografia: Giornale di Teramo © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

A grande richiesta Heysel, tutti sapevano tranne loro al Teatro Ghione

di Daniela Bendoni

Domenica 29 gennaio 2017 alle ore 21.00, al Teatro Ghione di Roma eccezionalmente a grande richiesta HEYSEL, TUTTI SAPEVANO TRANNE LORO scritta e interpretata da David Gramiccioli con la regia di Angela Turchini.

Il calcio, come tutte le vicende umane, è fatto di vittorie e di sconfitte. Sul campo da gioco non si disputano soltanto le partite ma si intrecciano sentimenti, passioni in un crescendo di emozioni che vanno oltre i confini territoriali delle città e delle nazioni. Il narratore entra in scena in controluce, anticipato solamente dall’annuncio ferale del cronista, Bruno Pizzul, che drammaticamente nella sua essenzialità comunica la notizia dei morti dell’Heysel. Quella voce è una lama affilatissima che raggiungerà la memoria di una tragedia dove la vita e la morte si sono sfidate, come accade proprio in una partita, ma in questo caso realmente e drammaticamente, come solo l’imprevedibilità e la violenza sanno architettare. L’audio di quell’annuncio anticipa solo la tragedia dell’Heysel, rimandando lo sviluppo dei fatti che hanno condotto al drammatico epilogo ad un momento successivo dell’opera. Fonte: Claudiagrohovaz.com © Oltrelecolonne.it © 23 gennaio 2017 Video: David Gramiccioli © Icona: Teatrocivile.it ©

 

A Teramo venerdì "Heysel tutti sapevano tranne loro"

La Compagnia del Teatro Artistico d’Inchiesta di David Gramiccioli il 20 gennaio 2017 porterà in scena l’opera all’Istituto Dl POPPA-ROZZI.

TERAMO - La Compagnia del "Teatro Artistico d’inchiesta, insignita nell'ottobre del 2012 del Premio Italia - DIRITTI UMANI - per il teatro sociale, presenta a Teramo l’opera "Heysel tutti sapevano tranne loro" con il giornalista-attore David Gramiccioli. "Abbiamo deciso di presentare l’opera nelle scuole, spiega Gramiccioli, perché è necessario che i ragazzi conoscano la storia. Nell’opera si racconta di ragazzi come loro, che nutrivano le medesime aspettative per il futuro. I ragazzi saranno la nostra eredità e memoria. E’ fondamentale che capiscano che a salvarci non sarà mai l’odio ma l’Amore". "La Compagnia del Teatro Artistico d'Inchiesta è stata insignita nell'ottobre del 2012 del Premio Italia DIRITTI UMANI per il teatro sociale, presenta l'opera "Heysel tutti sapevano tranne loro". - In scena il giornalista - attore DAVID GRAMICCIOLI. La strage dell'Heysel fu una tragedia avvenuta il 29 maggio 1985, poco prima dell'inizio della finale di calcio di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio di Bruxelles. Morirono 39 persone, di cui 32 italiane e ne rimasero ferite oltre 600. Ai molti tifosi italiani, buona parte dei quali provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva opposta quella riservata ai tifosi inglesi. Molti altri tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell'acquisto dei biglietti, si trovarono invece nella tribuna Z, separata da due basse reti metalliche dalla curva dei tifosi del Liverpool. Circa un'ora prima dell'inizio della partita, i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti Hooligan, cominciarono a spingersi, a ondate, verso il settore Z, cercando il take and end (prendi la curva) e sfondando le reti divisorie; memori degli incidenti della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano, forse, una reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta esserci, dato che gli ultras bianconeri erano nella curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il mancato intervento e per l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli italiani verso il campo, manganellandoli, furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu l'orrore di quelle immagini. L'opera rende onore alle vittime spiegando alcuni importanti momenti e le varie responsabilità disattese. "La vita dimentica molti, la morte nessuno". (Hanns-Hermann Kersten) Fonte: Abruzzonews.eu © 17 gennaio 2017 Video: Tv Teramo © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Heysel: tutti sapevano tranne loro con David Gramiccioli

Il calcio, come tutte le vicende umane, è fatto di vittorie e di sconfitte. Sul campo da gioco non si disputano soltanto le partite ma si intrecciano sentimenti, passioni in un crescendo di emozioni che vanno oltre i confini territoriali delle città e delle nazioni. Il narratore entra in scena in controluce, anticipato solamente dall’annuncio ferale del cronista, Bruno Pizzul, che drammaticamente nella sua essenzialità comunica la notizia dei morti dell’Heysel. Fonte: Teatroghione.it © Fotografia: David Gramiccioli © Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
Io sono la Memoria (Domenico Laudadio)
 

"Io sono la Memoria"

(Reading Teatrale dal racconto: "Lettera a Francesco da Bruxelles" di Domenico Laudadio)

Reading teatrale dell'attrice Francesca Cassottana, diplomatasi all'Accademia Teatrale Paolo Grassi di Milano, durante la cerimonia di commemorazione del Trentennale della Strage dell'Heysel organizzata il 29 maggio 2015 a Torino presso la Sala Viglione di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, dall'Associazione fra i Familiari delle Vittime dell'Heysel. Il testo di Domenico Laudadio è tratto da "Lettera a Francesco da Bruxelles", capitolo del libro di Beppe Franzo "80 tanta voglia di Curva Filadelfia" di cui Novantico Editrice ha cortesemente concesso l'uso per la solenne occasione. Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 29 maggio 2015 (Testo © Video) Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
+39 Quella maledetta notte all’Heysel (Matteo Lucii)

Lucii e quella maledetta notte dell’Heysel

di Carla Gabellini

BORGO SAN LORENZO - Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles c’era anche il sedicenne Matteo Lucii. Era partito dal Mugello, in pullman insieme a un gruppo di tifosi, per andare a vedere una trasferta della sua squadra del cuore, la Juventus, in una finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Dal palcoscenico di Microscena, Matteo racconta, attraverso i suoi ricordi personali, insieme a quelli di un poliziotto belga e di un tifoso inglese (sempre da lui interpretati) e con l’aiuto di immagini di repertorio, la tragedia di quel giorno maledetto. Quel giorno, sia per l’inadeguatezza delle forze dell’ordine, sia per l’alcool ingerito a fiumi dai tifosi del Liverpool, che per lo stadio fatiscente unitamente alla violenza degli ultrà, trovarono la morte ben trentanove persone: trentadue furono gli italiani, quattro i belgi, due i francesi e un irlandese. Il più piccolo aveva undici anni. I feriti furono oltre seicento. Il protagonista di questo racconto aveva iniziato a tifare la Vecchia Signora sin da quando, per la prima volta, suo zio lo aveva portato allo Stadio Comunale di Firenze (era l’anno 1975) per assistere alla partita Fiorentina - Juventus, che era finita 4-1 a favore della squadra viola. La Curva Fiesole, per quella vittoria, esultò sventolando bandiere e striscioni, con cori, fumogeni e suonando tamburi. La tifoseria juventina invece accusò il colpo con molta dignità. Matteo, che a quel tempo aveva solo sei anni, vide su quegli spalti i cowboy e gli indiani; fu allora che prese la decisione di stare dalla parte dei più deboli (gli indiani). Con il passare del tempo, fu vana l’opera di convincimento dello zio tifoso viola che provò in tutti i modi a redimere quel bimbo: Matteo è sempre rimasto fedele ai pellerossa… Il viaggio per Bruxelles in pullman insieme ai suoi compaesani, è lungo e tortuoso e dura ben due giorni ("Il viaggio della speranza"): a un certo punto la noia prende il sopravvento. Ma fra un pronostico e l’altro, sonore risate e un giornale letto e riletto da tutti tanto da far diventare lise le sue pagine, finalmente la comitiva arriva a destinazione. Una volta arrivati, però, si comincia a notare che qualcosa non va, soprattutto nell’organizzazione. Fuori dallo stadio, c’è l’automezzo della televisione al posto di quelli della Croce Rossa, mentre i volontari di quest’ultima sono stati spostati molto più lontano. A controllare i biglietti d’entrata c’è solo una persona che dà subito l’impressione di non conoscere neppure come sia fatto il biglietto. Inoltre, a fronte di una capienza massima di 50mila posti, vi sono ben 58mila persone che entrano in quello stadio. Una volta dentro, ci si accorge subito che i poliziotti sono veramente pochi per tenere a bada quell’enorme quantità di persone che gravitano dentro la struttura. In seguito, si verrà a sapere che gli agenti dovevano essere 1300 mentre sono solo 400. Per giunta, il loro comandante non aveva mai partecipato a nessuna riunione sulla sicurezza e - addirittura - non era mai entrato in uno stadio. I cancelli delle uscite di sicurezza sono chiusi e mancano le chiavi per aprirli (i relativi lucchetti verranno tagliati con delle pinze).

 

Circa un’ora prima dal fischio d’inizio della partita, fra le due tifoserie, inizia un "ping pong di sassi", innescato dall’esuberanza degli inglesi. Ma gli animi degli hooligans s’infiammano ancora di più: adesso gli inglesi iniziano la manovra del "take an end" (prendi la curva) che consiste nello spingersi in massa verso i tifosi avversari. Una simulazione per spaventare le tifoserie opposte, molto conosciuta nel campionato inglese, ma sconosciuta in Italia. Si comincia a cercare aiuto dai poliziotti, ma la maggior parte di essi sono fuori dallo stadio impegnati ad inseguire i rapinatori di 900 franchi belgi (22,31 euro attuali) dalla cassa di un venditore di panini. I tifosi juventini del settore Z, impauriti e colti di sorpresa dall’azione degli inglesi si ammassano contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del Liverpool. Alcuni di essi, in preda alla disperazione, si lanciano nel vuoto, altri cercano di scavalcare il muro per entrare nel settore adiacente e finiscono sugli spunzoni delle recinzioni. A un tratto, il muro su cui si sono ammassati i tifosi bianconeri crolla per la troppa pressione delle persone e moltissime di loro vengono travolte, schiacciate e calpestate nella corsa verso una via d’uscita. Così perderanno la vita 39 persone per un assurdo destino in cui incompetenza, superficialità e negligenza hanno fatto la loro importante parte. Ma dopo il danno, anche la beffa: la partita si giocherà ugualmente contravvenendo agli ordini di Gianni Agnelli che aveva comunicato alla sua squadra di non giocare. Si giocherà per motivi di ordine pubblico e per salvare altre vite: così verrà riportato dalle televisioni di tutto il mondo. E Michel Platini dirà per l’occasione: "Quando al circo cade il trapezista, lo portano via e fanno entrare i clown". La tragedia dell’Heysel ha però un antefatto: la finale della Coppa dei Campioni del 1984, giocata allo stadio Olimpico di Roma tra la Roma e lo stesso Liverpool. Quel giorno la Roma perse la Coppa, venendo sconfitta ai rigori della squadra avversaria. I tifosi romanisti, non avendo ingoiato bene la sconfitta, tesero un agguato ai tifosi inglesi, fuori dallo stadio, che furono assaliti con spranghe e coltelli. In netta inferiorità numerica, gli inglesi furono costretti a subire ma si ripromisero di fargliela ripagare. E l’anno dopo si presentò loro l’occasione di "cancellare la vergogna di Roma". A questo punto vi chiederete che fine ha fatto il nostro Matteo. Beh, lui oggi sta bene perché riuscì a venir fuori illeso da quella bolgia; consapevole però di dover la sua vita ad Andrea, il ragazzo di Pieve a Nievole che salì sul pullman insieme a lui… Scritta e diretta da Matteo Lucii, "La maledetta notte dell’Heysel" è andata in scena per ben tre volte facendo sold-out a tutti e tre gli spettacoli. Dal palcoscenico, Matteo è riuscito a trasmettere agli spettatori i suoi sentimenti di rabbia, dolore e tristezza che, in quel giorno infausto, hanno segnato per sempre il suo cuore con una ferita che ancora oggi fatica a rimarginarsi. Fonte: Teatro.ilfilo.net © 6 giugno 2019 Fotografie: Teatro.ilfilo.net © Microscena © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Quella maledetta notte all’Heysel

L’esperienza di un mugellano raccontata in teatro

Il 29 maggio 1985 c’era anche Matteo Lucii, diciassettenne, sui gradini della Curva Z dello stadio Heysel di Bruxelles, per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Quella sera, in seguito agli incidenti sugli spalti, morirono 39 persone. Poteva essere il quarantesimo, ma non andò così, e a distanza di 34 anni ha deciso di raccontare come andò veramente quella tragica notte. Il racconto in prima persona si intreccia con lo svolgimento della cronaca, pieno di aneddoti, curiosità, antefatti e retroscena che solo chi era presente può conoscere. Sul palco si alterneranno un poliziotto belga, un hooligan inglese e un tifoso italiano, che tra suoni, audio e voci di quella sera, porteranno in scena le atmosfere dello stadio. Un racconto che diventa spettacolo solo per poter trascinare il pubblico sugli spalti di quel maledetto stadio, per poter essere completamente immerso nell’atmosfera che ha preceduto la tragedia. Un racconto intenso, crudo, emozionante, coinvolgente che non può lasciare indifferenti di fronte a trentanove persone morte per una partita di calcio. Lo spettacolo, esaurito già per la prima di mercoledì 29 maggio, avrà due repliche giovedì 30 e venerdì 31, al Microscena di Borgo San Lorenzo. I posti sono limitati, per questo occorre la prenotazione obbligatoria. Fonte: Okmugello.it © 24 maggio 2019 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use) Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

"+39 Quella maledetta notte all’Heysel"

chiude la trilogia sportiva di Matteo Lucii

BORGO SAN LORENZO - Mercoledì 29, giovedì 30 e venerdì 31 maggio, alle 21.00 a Microscena, andrà in scena "+39 Quella maledetta notte di Heysel", un racconto sulla tragedia della finale di Coppa dei Campioni del 1985. Lo spettacolo concluderà la trilogia di spettacoli ispirati a storie di sport firmata dallo scrittore e attore borghigiano Matteo Lucii. Il primo spettacolo, "Futbol", è stato un bellissimo connubio tra i racconti di Osvaldo Soriano recitati dallo stesso Lucii e i passi di tango di Barbara Golini e Matteo Montagni, in un incontro tra la passione e la sensualità tutta sudamericana, che ha ripercorso la tragedia sportiva del Maracanazo e fatto sorridere con la storia epica e romanzata del rigore più lungo del mondo. Il secondo, "9841", scritto a quattro mani con la giovanissima Viola Arinci, è la storia di Johann Trollman, detto Rukeli, un pugile di origini sinti che si trovò a combattere durante l’ascesa del regime nazista. Dalle origini nei campi rom di Hannover, al trasferimento a Berlino e da qui alla fama e alla gloria, fino al combattimento per il titolo di campione tedesco. Una possibilità di successo che si scontra contro le rigide disposizioni sulla razza da parte di Hitler, un’opportunità che si trova di fronte il muro dell’odio e della repressione, verso un finale che commuove lo spettatore che non potrà rimanere insensibile di fronte ad una storia intensa e comunque attuale. In quest’ultima fatica, in programma il 29, 30 e 31 maggio al Microscena di Borgo San Lorenzo, Lucii ha scelto un’esperienza che ha vissuto in prima persona. Il 29 maggio 1985 (non è casuale la scelta della prima nella stessa data) c’era anche lui, diciassettenne, sui gradini della Curva Z dello stadio Heysel di Bruxelles, dove morirono 39 persone. Il racconto in prima persona si intreccia con lo svolgimento dei fatti, pieno di aneddoti, curiosità, antefatti e retroscena che solo chi era presente può conoscere. Un racconto che diventa spettacolo solo per poter trascinare il pubblico sugli spalti di quel maledetto stadio, per poter essere completamente immerso nell’atmosfera che ha preceduto la tragedia. Un racconto intenso, crudo, emozionante, coinvolgente che non può lasciare indifferenti di fronte a trentanove persone morte per una partita di calcio. Fonte: Teatro.ilfilo.net © 6 maggio 2019 Fotografia: Repubblica Tv © Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
Teppisti ! (Giuseppe Manfridi)
 

Al "Garage" andrà in scena un singolare testo di Giuseppe Manfridi ispirato a Keeffe

Lo sport e i tamburi di guerra

di Mauro Boccaccio

Dalla tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles all'odissea di un gruppo di ultrà attraverso la penisola. Una satira amara sulla violenza che accompagna il tifo. Il lavoro sarà a Genova alla fine di gennaio.

GENOVA - Ha suscitato molta curiosità l'annuncio del Teatro Garage che a gennaio porterà in scena un testo di Giuseppe Manfridi sul tema della violenza negli stadi. Il testo, intitolato "Teppisti !", la cui regia è affidata al giovane regista genovese Sergio Maifredi, andrà in scena a gennaio alla sala Diana di San Fruttuoso. Il programma della piccola struttura di via Paggi aveva raccontato, per sommi capi, la trama dello spettacolo. Ora è lo stesso Giuseppe Manfridi, uno degli autori più in vista del teatro italiano, a spiegare i motivi di questa scelta. Vediamoli. "Stavo traducendo una commedia di Barry Keeffe intitolata "Dio salvi la Regina" e composta di vari episodi, uno dei quali racconta di alcuni ragazzini tifosi del Manchester United quando, come tutti in Europa e nel mondo, rimasi agghiacciato davanti al video che trasmetteva le paurose immagini dello stadio di Heysel: la tragica mischia che insanguinò l'inizio della partita di Coppa dei Campioni Liverpool - Juventus. "Pure io sono tifoso, intensamente tifoso (della Roma, perché non dirlo ?) - prosegue Manfridi e amo profondamente il calcio. Per farla breve, la penna che volevo mantenere al servizio di un'opera altrui cominciò a mutare direzione; a scrivere un'altra storia, a modellare altri personaggi, altri destini, altro linguaggio". Non appena terminato l'imprevisto lavoro, nato da una radicale e censurabile diserzione, la prima persona a cui Giuseppe Manfridi lo fece leggere fu lo stesso Keeffe che si complimentò, pregando però il collega italiano di presentare la commedia senza far cenno al suo nome. "Dall'84 a oggi - spiega Manfridi - sono passati molti anni. "God save the Queen" ha già conosciuto da tempo le nostre scene e io mi sento finalmente in diritto di sdebitarmi con il suo autore per avermi offerto lo spunto che, attraverso tradimenti progressivi, mi ha condotto alla stesura di uno dei miei testi preferiti, "Teppisti!", appunto". La storia. Una giovane coppia, Nando e Giovanna, si aggira per l'Italia, insieme ad un mal tollerato compagno di fede calcistica, Cico, seguendo le rotte della propria squadra in trasferta. Da Napoli a Torino, da Milano a Genova e in altre città. Da questa "geografia della predazione" i tre riportano infiniti resoconti di battaglie cruente, di avventurose sfide con la polizia e con gli ultrà avversari, di gol segnati e subiti. Tutta la loro esperienza di vita sembra essere lì e non altro che lì: in quel legame violento con una bandiera, in quell'estremo e mortale spirito di corpo che ce li mostra come tre monadi impazzite al momento in cui li vediamo, come accade, separati da quel tutt'uno, da quella folla che è l'unico vero elemento in cui, paradossalmente, riescono a sfiorare un'idea di se stessi. Come se per diventare individui dovessero confondersi, come se per parlare dovessero usare parole collettive, slogan, cori e grida di guerra scanditi da rulli di tamburi. "Teppisti !" è scritto in endecasillabi, per dar vita a una sorta di gabbia ritmica di recitazione, all'interno della quale i personaggi sono costretti ad una congestione crescente. La violenza, piuttosto che venirne attutita, si fa così più sensibile, sino ad esplodere oltre il linguaggio, nella sola alternativa consentita, cioè nell'azione fisica e brutale. "Teppisti !", di cui l'autore ha fornito oggi queste anticipazioni, andrà in scena al Teatro Garage dal 21 al 31 gennaio prossimi, per la regia di Sergio Maifredi. Lo spettacolo, vietato ai minori di anni 18, è interpretato da Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Fonte: La Stampa © 3 novembre 1993 Video: Circolo Keaton © 1993  Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

"Teppisti !", un atto tragicomico

Allo stadio si urla in versi

Stasera alle 21 al teatro Filodrammatici la commedia in un atto "Teppisti !" di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi.

Furore allo stadio in versi. Dal Teatro Garage di Genova al Filodrammatici: stasera, alle 21, va in scena "Teppisti !", tragicommedia in un atto di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi. Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni (Nando, Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che aspettano la domenica per stordirsi, colmare il loro disagio di vivere e lasciarsi trascinare dalla violenza allo stadio. Tre sbandati si ritrovano davanti allo stadio, in attesa d' un amico che dovrebbe portar loro i biglietti. Attesa inutile. Comincia a montare, allora, una sorta di violenza verbale, espressa in un continuo, incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo è vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia, malessere e aggressività da parte dei tre teppisti. Indossano stivaloni, giubbotti neri di pelle con borchie; quasi in assetto di guerra. Sulla scena stanno dietro una rete metallica (metafora d' una gabbia che li separa dagli spalti e dalla società): si muovono nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i tifosi entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore, quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a sentire da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale tragico. I tre teppisti hanno così tanta voglia di partecipare alla partita e di manifestare la loro violenza che, prima di unirsi ad uno dei gruppi che escono dallo stadio per dare battaglia, sfogano l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà Cico, il più debole dei tre, pestato a sangue. In endecasillabi. S. Gr. Furore allo stadio in versi. Dal Teatro Garage di Genova al Filodrammatici: stasera, alle 21, va in scena "Teppisti !", tragicommedia in un atto di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi. Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni (Nando, Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che aspettano la domenica per stordirsi, colmare il loro disagio di vivere e lasciarsi trascinare dalla violenza allo stadio. Tre sbandati si ritrovano davanti allo stadio, in attesa d' un amico che dovrebbe portar loro i biglietti. Attesa inutile. Comincia a montare, allora, una sorta di violenza verbale, espressa in un continuo, incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo è vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia, malessere e aggressività da parte dei tre teppisti. Indossano stivaloni, giubbotti neri di pelle con borchie; quasi in assetto di guerra. Sulla scena stanno dietro una rete metallica (metafora d' una gabbia che li separa dagli spalti e dalla società): si muovono nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i tifosi entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore, quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a sentire da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale tragico. I tre teppisti hanno così tanta voglia di partecipare alla partita e di manifestare la loro violenza che, prima di unirsi ad uno dei gruppi che escono dallo stadio per dare battaglia, sfogano l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà Cico, il più debole dei tre, pestato a sangue. In endecasillabi. S. GR. Fonte: Corriere della Sera © 14 aprile 1993 Fotografia: Triesteallnews.it © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Teppisti ! La commedia di Manfridi dal 14 ai Filodrammatici

Quella partita maledetta e noi tre piccoli "Teppisti !"

di Luca Dondoni

MILANO - Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo sono gli interpreti di "Teppisti !", una pièce di Giuseppe Manfridi, al Teatro Filodrammatici da mercoledì 14 aprile fino al 2 maggio prossimo. La regia dello spettacolo è di Sergio Maifredi e l'autore ha pensato e realizzato un testo di questo genere dopo aver visto le drammatiche immagini della strage dello stadio Heysel. "Sono un tifoso anche io - ha detto Manfridi parlando - e amo profondamente il calcio. Ho scritto "Teppisti !" mentre stavo traducendo una commedia di Barry Keefe intitolata "Dio salvi la regina" composta da vari episodi. In uno di questi si racconta di uno di questi ragazzini tifosi del Manchester United e, mentre stavo raccontandone le gesta, sul mio televisore sono apparse le immagini dello stadio della strage. La mia penna ha cominciato a scrivere altro. Ho partorito una storia usando il linguaggio giovanile. Appena ho terminato di scrivere Teppisti !", ho voluto farlo leggere proprio a Keefe che si è detto entusiasta". La storia è quella di una giovane coppia, Nando e Giovanna, che si aggira per l'Italia in compagnia di un amico chiamato Cico. Le rotte sono quelle della squadra del cuore perennemente in trasferta per tutto il campionato. Da Torino a Milano, da Napoli a Genova. Da questi viaggi i resoconti delle "battaglie" cruente, degli scontri avventurosi e spesso "gonfiati" con la polizia, i carabinieri e gli avversari. In tutto ciò non bisogna dimenticare le terribili arrabbiature per il gol subito e la gioia per quello segnato. In quel legame violento ad una bandiera che sembra aver sostituito la madre, e all'idolo del cuore che sostituisce Dio, c'è tutta l'incongruenza di una generazione spesso disattesa, disillusa e fondamentalmente triste. Dice ancora Manfridi: "Gli attori che rappresentano lo spettacolo riescono a dare il meglio di se stessi quando, recitando gli slogan classici dello stadio, trasmettono al pubblico quella sensazione di vuoto che comprende tutto ciò che è inerente a molti movimenti di massa e alla logica insulsa di quei gruppi dove le tensioni, feroci, sono in verità il risultato di altrettante solitudini". Fonte: La Stampa © 11 aprile 1993 Fotografie: Teatrogarage.it © Recensito.net © Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
39 storie: vite perse all'Heysel (Omar Rottoli)
 

Quando l’Heysel ci tira la Manica

di Domenico Laudadio

Il monologo "39 Stories: lost lives at Heysel ("39 storie: vite perse all'Heysel") scritto e interpretato dall’attore bergamasco Omar Rottoli in scena al "THE PLAYGROUND THEATRE" di Londra il 14 maggio 2022, 37 anni dopo l’assurda strage di 39 innocenti a Bruxelles, causata dalla viltà e dalla ferocia di una parte della tifoseria britannica nel settore Z dello Stadio "Heysel" il 29 maggio 1985 durante la finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool.

"If Muhammed can't go to the mountain, it shall come to him (Se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto)" è il rovescio consolidato nel modo di esprimersi popolare di un noto proverbio antico. E la vicenda dell’Heysel è proprio come quella montagna che in Inghilterra (decisamente più sponda Liverpool) rappresenta da sempre una vetta maledetta da non scalare mai a piedi, rischiando le vertigini del rimorso e del pentimento, ma aggrappandosi al soccorso di quei pochi mezzi di fortuna, quali giustificazioni, leggende metropolitane e false verità, fra goffe richieste di "amicizia" e postume offerte floreali e bandiere a mezz’asta in memoria delle vittime, benché lodevolmente puntuali in ogni anniversario. "A ridosso del trentasettesimo anniversario della tragedia dell’Heysel, riteniamo doveroso raccontare, ancora una volta, la vita stroncata di 39 vittime innocenti. Lo faremo portando il Monologo di Omar Rottoli a Londra. Verrà rappresentato nella sua versione originale in italiano e tradotto simultaneamente in inglese. Un doveroso tributo alla veridicità storica che superi per sempre l’ipocrisia dell’opinione pubblica britannica, incline a considerare gli allora Hooligans inglesi "responsabili" ma non "colpevoli". Un Grazie ai ragazzi bianconeri di Londra che si sono prodigati, insieme alla nostra Associazione, perché tutto questo potesse realizzarsi. + 39 RISPETTO. QUELLI DI… VIA FILADELFIA". Questo è il messaggio inviatomi da Beppe Franzo, il Presidente dell’Associazione Culturale "Quelli di… Via Filadelfia", la quale con tanti sforzi e sacrifici economici ha organizzato questa autentica "mission" teatrale nella capitale inglese. Non è la prima volta (né certamente sarà l’ultima) che il teatro allatti la Memoria della Tragedia di Bruxelles al suo seno prosperoso. In questa pagina del museo virtuale da me curato da più di un decennio ne trovate ogni sospiro. E non sarà nemmeno la prima volta che Omar Rottoli si cimenta nell’affabulazione scenica, brillante e credibile narratore del Teatro Civile di Marco Paolini ("Il racconto del Vajont", "I-TIGI Canto per Ustica") o interprete arruolato alla guerra ("Il battaglione bosniaco") o prestato al musical e al teatro religioso ed a tanti altri spettacoli. Sono certo che il sentimento che lo avvince da tanto tempo al delicato argomento (materia di studio e confronto a lui tanto cara) renderà molto più che dignitoso il risultato di scena non soltanto artisticamente, ma soprattutto dal lato umano.

 

Scottati da altre esperienze negative, anche comuni e non troppo lontane, i membri dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel potrebbero legittimamente domandarsi: "Ma siamo in mani proprie sicure ?". Non nascondo di aver loro manifestato in altri casi e altre proposte di messinscena più che motivate perplessità sul rischio di spettacolarizzare un dolore in fondo ormai lontano, ma ancora così riacutizzabile in questo nostro tempo avvezzo alla guerra e all’odio fra i popoli. L’esecrabile scippo di chi attenta predone il silenzio, violandone il pudore e quel diritto sacrosanto alla riservatezza dei familiari dei caduti, si è affacciato sempre da dietro l’angolo di quel pezzo di curva di tufo sbriciolato franata per colpa degli Inglesi e della Uefa. E fatalmente la lettera "Z" che ne denominava il settore è ritornata diabolicamente a rappresentare aggressione e morti dopo 37 anni, dipinta di bianco sui carri armati russi che calpestano i civili in Ucraina e benedetta dal Patriarca in vesti barocche che reclama finanche Dio dalla loro parte. Allora come oggi è sempre più difficile accettare la nuda verità. È amara da masticare e digerirla. Si ruotano in tanti giri certe parole per non pronunciare le uniche giuste. Si narrano spesso facezie, argomentandole per fonti autorevoli. Lo diceva proprio bene Oscar Wilde, a proposito del teatro: "Un uomo non è del tutto sé stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità"... L’occasione propizia che certamente Omar non fallirà così che un’eco struggente risuoni fino a Liverpool affinché riesca finalmente a decifrare la prima delle parole corrette e appropriate da scrivere a caratteri cubitali in Kop ad Anfield Road riferite all’Heysel: "Per-do-no !". Magari anche la prossima volta. Lo sappiamo troppo bene in ogni latitudine del mondo che la violenza sugli innocenti è il crimine più infame fra tutti e non si estingueranno mai le colpe dei suoi responsabili. Si cristallizzano fendenti nel cuore della Storia dell’Umanità che è la Memoria, sconvenevole eredità di quanti siano apparentati sia ai carnefici che alle loro vittime. Poi, se l’Amore fra gli esseri umani prevale, nonostante tutto, si trasfigurano, polverizzandosi in sementi della speranza per il raccolto delle generazioni future. Fonte: Saladellamemoriaheysel.it © 14 aprile 2022 Video © Fotografia: Associazione Quelli di... Via Filadelfia © Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
Quella notte all'Heysel (Emilio Targia)
 

34 anni dopo, ricordata la tragedia dell’Heysel

in Comune a Torino: "Un sogno spogliato, violentato"

di Massimo De Marzi

Così Emilio Targia ha rivissuto la sera del 29 maggio 1985 e il dramma avvenuto prima di Juve-Liverpool. Beppe Franzo: "+39 per ricordare quelle vittime. Le tragedie vanno condivise da tutti, senza distinzioni e colori".

Era piena la Sala Colonne del Comune di Torino nella serata di ieri. Non per una conferenza stampa, ma per rivivere, insieme, una notte che, chi c'era quel 29 maggio 1985, non potrà più dimenticare. La tragedia dell'Heysel è stata una delle pagine più buie e nefaste della storia del calcio. 39 vittime innocenti della follia degli hoolingans inglesi nella curva Z dello stadio di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool. Beppe Franzo con la sua associazione "Quelli...di via Filadelfia" ha voluto organizzare una serata per tenere viva la memoria di quel dramma nei confronti delle giovani generazioni. Perché solo non dimenticando si potrà evitare che una sciagura del genere possa ripetersi. La serata inizia con la proiezione di un video, immagini in super 8 dai colori sbiaditi, che riportano le lancette a quel pomeriggio di 34 anni prima. "Ricordare per non dimenticare", sottolinea Franzo nella sua introduzione, dopo i ringraziamenti di rito. "E’ ora di finirla, da parte delle altre tifoserie, pensando di attaccare la Juve tirare in ballo quelle vittime. Troppe volte si sono visti striscioni con scritto -39: per questo noi abbiamo deciso di scrivere +39, come è il prefisso per chiamare l’Italia, perché quelle persone, prima che tifosi bianconeri, erano cittadini italiani". Per fortuna, Franzo fa notare che ci sono stati segnali incoraggianti, di segno diverso, in questi ultimi anni, citando il progetto bianconerogranata e i 70 angeli, per accomunare la tragedia di Superga a quella dell’Heysel, cita in questo senso l’impegno dei taxisti torinesi. "Speriamo che in futuro non siano più necessarie manifestazioni come queste, perché vorrà dire che i morti sono condivisi da tutti, senza colori e distinzioni". Quindi la parola passa a Emilio Targia, che rilegge molte pagine del suo libro "Quella notte all’Heysel", facendo venire i brividi. Partendo dalla gioia dell’arrivo prima a Bruxelles e poi allo stadio, prima che attorno alle ore 19, guardando dalla curva opposta, si trovò a vivere in presa diretta il dramma, assistendo a "quell’onda rossa anomala che travolse tutto nel settore Z", prima di vederne crollare una parte. Poi le prime notizie che arrivavano, parlando di alcuni feriti, quindi di 7 morti, successivamente di 21. La voglia di scappare via, quella voce di capitan Scirea che fece un appello in cui invitava alla calma e diceva "giochiamo per voi", che servì a restituire un po’ di calma, quando tutti erano in preda alla paura e allo spavento. E dopo il frastuono di quella sera, con le urla e le grida di dolore, con le cariche della polizia, gli elicotteri, il rumore delle ambulanze, mentre alle 21.42 iniziava una partita fantasma, il giorno dopo Targia ricorda di essere tornato allo stadio con in mano un mazzo di margherite che, riuscendo a passare in mezzo a poliziotti e agenti, andò a depositare in quello che restava della curva Z: "Era il sogno spogliato, violentato: salendo e poi scendendo dai gradini, feci attenzione a non calpestare nulla in quello che era diventato un campo di battaglia". Solo un calcio, alla fine, ad un pezzo di muro che era finito tra i suoi piedi. Poi vengono citati i nomi delle 39 vittime, prima che un lunghissimo applauso e poi un minuto di silenzio accompagnino alla fine di una serata vissuta col groppo in gola. "Innaffiare le radici della memoria per non dimenticare", conclude Beppe Franzo. Perché chi ha vissuto l’Heysel lo porterà dentro per tutta la vita. Fonte: Torinoggi.it © 30 maggio 2019 Video: Radio Radicale © Emilio Targia © Icona: Teatrocivile.it ©

TEATRO e HEYSEL
Quando cade l'acrobata entrano i clown
(Walter Veltroni)
 

Veltroni firma, per il Ravello Festival,

un monologo sulla tragedia dell'Heysel

di Marisa Paladino

Sera del 29 maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, dopo quella partita nulla sarà come prima nel mondo del calcio, furono trentanove a morire sugli spalti insanguinati della curva Z travolta dagli assalti impazziti delle tifoserie inglesi avversarie, oltre seicento i feriti, ma l'incontro fu comunque giocato ed i bianconeri vinsero dopo avere segnato un rigore. Il testo-monologo commissionato a Walter Veltroni per l'edizione 2010 del Ravello Festival ha debuttato in prima assoluta giovedì 8 luglio, il titolo riprende la frase di Platini per giustificare l'esultanza dopo il rigore ed il giro di campo a partita finita "Quando cade l'acrobata, entrano i clown" (pubblicato da Einaudi), in una scrittura teatrale che a pieno titolo si inserisce nel tema della follia leitmotiv del festival di quest'anno. L'autore, appassionato tifoso di calcio e juventino da sempre, ha immaginato il racconto sofferto del protagonista che, partito per accompagnare la squadra del cuore, si trova a vivere una assurda violenza sfociata in un folle bagno di sangue. Sono versi liberi che ondeggiano in una sofferta musicalità nel ricordo di quelle terribili ore, accompagnati dalla scrittura musicale del giovane e promettente compositore Riccardo Panfili e dall'esecuzione strumentale dell'Ensamble InCanto diretto da Fabio Maestri, un insieme di archi, pianoforte, fiati e percussioni che ha scandito questo tempo sospeso della memoria, aggiungendo carica emotiva e suggestione crescente alla narrazione. Le magnifiche sonorità e la voce recitante di Daniele Formica, che ha elaborato una drammaturgia scenica ottimamente combinata con l'andamento del testo e la sottolineatura musicale, hanno conferito giusta tensione drammatica e profonda malinconia allo sgranarsi di sogni e di emozioni, di gioia e di dolore del percorso evocativo di un io narrante teso, nel restituire le atmosfera contraddittorie di quelle ore. Il protagonista, nell'anniversario di matrimonio e dopo una serata di amore, mentre la moglie dorme, si abbandona ai ricordi di quella trasferta preparata con gioiosità infantile, all'insaputa di lei che avrebbe sposato soltanto pochi giorni dopo: una piccola e dolorosissima bugia, diventata un enorme peso per gli eventi inimmaginabili che segnarono il viaggio. Nel calcio e per l'uomo nulla sarà come prima, si romperà l'incanto della primigenia bellezza di uno sport appassionante che "parla all'anima individuale e collettiva" per dirla con le parole di un poeta. Il calcio diventerà uno sport fagocitato da forti interessi economici e da una spettacolarizzazione ad ogni costo, e quando si allontanerà dalla fantasiosa creatività che incanta e diverte rischierà di offrire un assurdo rovescio della medaglia, l'essere cioè il coagulo esplosivo di rabbia individuale e sociale. Ritornando alle vicende della storia, il protagonista ripensa a quella partenza festosa ma l'incipit di grazia è breve, ci si ritrova inattesamente e da subito nel fuoco di un crescendo narrativo che scaraventa nell'assurdità di un massacro incomprensibile, dove l’assolo di una umana follia renderà quei corpi, caduti sotto l'irruzione dell'onda inglese, un inutile ammasso di carne. Eppure "la partita si farà".

In scena esplode il fragore di suoni che ritmano con corifea coralità un prima ed un dopo, l'evento è atemporale e l'andamento musicale, oltre la perfetta voce recitante, tra suoni ripetitivi e dissonanti e melodie che declinano fino al silenzio, accorda rotture e pause ad un continuum narrativo, sospeso tra il registro dei flashback e la rassicurante notte di liberazione, pause che sono un invito a raccogliere il pensiero attonito per andare oltre. Narrazione e personale Spoon River, in cui l'orrore dei corpi ammassati e l'apocalisse scatenata da questa assurda guerra trova pacificazione in una dimensione di riscatto e di verità, nel reclamare la vita, nello stupirsi alla vista del corpo dell'amata e nell'attesa di un'alba nuova, per i fatti tragici il minimale riscatto è nella sentenza che riconobbe le responsabilità della strage esiliando le squadre inglesi dalle Coppe per 5 anni, il Liverpool per 6. La squadra italiana quella sera giocò e vinse ma questo sembra nemmeno lambire il testo, nessuna interpretazione ed analisi, raccoglimento invece, ed interrogativi di fronte all'insensata violenza, al senso di un umano troppo forte e toccante, che non vuole abdicare alla morte ma si proietta verso il sole ed il nuovo giorno, quasi che fosse la speranza di una nuova umanità. Testo limpido e musicale, schietto e privo di retorica, che libera l'orrore, vissuto allora nella diretta televisiva, nella scrittura e si impossessa di emozioni più profonde e riflessive, esaltato nella riuscita formula di melologo moderno, in cui le parole poi giungono al silenzio, il finale in scena infatti è solo musica, adesso finalmente dolce, come fosse un compassionevole requiem per quelle vittime inconsapevoli. Fu una tragedia anche mediatica pur se non si ebbe da subito la proporzione. Il tuffo nella diretta di allora, simbolicamente, con la voce del telecronista Bruno Pizzul che irrompe nella platea, gli fu affidato il commento e la comunicazione del numero dei morti "E' una notizia rabbrividente. E per una partita di calcio". In chiusura i protagonisti sono stati applauditissimi da un pubblico che ha dimostrato visibile partecipazione ed apprezzamento, e non ha abbandonato le postazioni neanche per il dopo spettacolo, quando sul palco sono saliti oltre l'autore Walter Veltroni, Daniele Formica, Riccardo Panfili ed uno dei protagonisti in campo quella sera Antonio Cabrini, a moderare gli interventi il direttore del Ravello Festival, Stefano Valanzuolo. In conferenza, Veltroni non aveva mancato di riferirsi ai Mondiali 2010 e a come essi, contro ogni pregiudizievole previsione, si siano svolti, finora, nella massima serenità e di come il mezzo televisivo, e di recente la rete, siano stati e diventino sempre più determinanti nella percezione della realtà, vera o mistificata che essa sia. "La diretta televisiva ha amplificato la dimensione drammatica della storia, ma da venti anni in Italia succedono incidenti negli stadi (...) nel nostro paese dove non si finiscono gli stadi, e quando si finiscono, non sono utilizzati. E questo, ahinoi, non riguarda solo gli stadi, ma anche gli Auditorium…". Ancora ricordi, riflessioni, ringraziamenti ed auspici, la serata volge davvero alla fine, in prestito per la nostra chiusura riportiamo le considerazioni finali di Veltroni, quasi a restituire il senso di queste occasioni "Torni un tempo, che non ha colore politico, un tempo in cui si coltivi l'amore e la passione per la creazione artistica, per il bello, per il bello che ha dentro di sé il dubbio e la ricerca, anche nella TV e probabilmente domani nella rete". Ed il Ravello Festival crediamo che con questa pregevole proposta artistica sin da ora cerchi di vivere e far vivere questo tempo. Fonte: Oltrecultura.it © 10 Luglio 2010 Fotografie: Rtl.it © Vixvocal.it © Ravello Festival © Icona: Teatrocivile.it ©

 
     
 

Al Ravello Festival Walter Veltroni e Antonio

Cabrini ricordano la tragedia dell’Heysel

di Umberto Gallucci

"Entrano le squadre in campo, che magnifica allegria. Quando cade l’acrobata, entrano in scena i clown". Questa sera a Ravello, nella splendida cornice della sala dei Cavalieri di Villa Rufolo è andata in scena la prima assoluta "Quando cade l’acrobata, entrano i clown" scritto da Walter Veltroni e musicato da Riccardo Panfili. A venticinque anni dalla strage dell’Heysel, il Ravello Festival ha commissionato a Walter Veltroni un testo che rievocasse quella vicenda, e a Riccardo Panfili la musica per accompagnare il ricordo. Una serata nel ricordo di uno dei giorni più brutti della storia del calcio mondiale, quando per una partita di calcio persero la vita trentasei persone, trentasei tifosi, trentasei anime innocenti. Persero la vita uomini che percorsero tantissimi chilometri per andare a seguire la propria squadra del cuore, sognando di diventare Campioni d’Europa. "È una cosa rabbrividente, inaudita. E per una partita di calcio" così commentò durate la telecronaca Bruno Pizzul, entrando nelle case degli italiani.  Il 29 maggio 1985 il calcio perse la sua verginità, la sua aura - cioè - di gioco, per diventare cronaca e basta. Quel giorno, in diretta tv, la follia si impossessò del gioco più bello del mondo, forse definitivamente. Si disputò la partita, comunque. Come dei clown - sottolineò Platini - i calciatori entrarono in campo a spazzar via lo sgomento provocato dalla caduta dell’acrobata. Di trentanove acrobati. Sullo schermo, a fine serata, si videro le immagini dei giocatori festanti, con la coppa sollevata al cielo. Mentre in sovrimpressione scorrevano i numeri telefonici messi a disposizione dei parenti o degli amici delle vittime: il gioco era finito. "Qualcuno ascolta. Aspetta. Trattiene il fiato, proprio qui, accanto. E dice: quello lì che parla sono io. Mai più dice, sarà tutto così quieto…". Così Daniele Formica inizia a raccontare la sera più brutta del calcio mondiale, da quella sera il calcio non è stato più quieto, perché quella è stata solo la prima delle tante tragedie. Gli Hooligan avevano colpito, lasciando il segno, troncando in un giorno di "festa" la vita di trentasei tifosi. Accompagnato dalle melodie scritte per l’occasione da Riccardo Panfili, suonate dal gruppo diretto dal M° Fabio Maestri, Formica ha ricordato quella tragica giornata. Una serata particolare, un evento unico al mondo, voluto dal Ravello Festival nell’anno della "Follia" perché quella fu pura follia. Un racconto sospeso tra opera e teatro, tra reading letterario e melologo moderno. Attraverso un lungo, malinconico flashback, Veltroni esplora il lato folle di quello che una volta era considerato solo un gioco, evocando una delle più assurde tragedie consumatesi, nel 1985 a Bruxelles, intorno ad un campo di calcio. Dopo la rappresentazione, si è tenuto un dibattito con l’autore dell’opera, Walter Veltroni e uno dei protagonisti di quella partita, il Campione del Mondo Antonio Cabrini.

 

"Il sangue delle guerre e prevedibile, in una festa come il gioco del calcio il sangue non è prevedibile - così Veltroni ha aperto il dibattito - per raccontare tutto questo bisognava seguire lo stesso schema prendendo il momento più dolce, una notte d’amore in un anniversario di matrimonio ma riempirlo della sensazione di quella tragedia, del racconto di quella tragedia". Attraverso la musica il racconto è stato più emozionante, e Veltroni ringrazia il M° Panfili per essere "riuscito a realizzare un lavoro splendido" in più aggiunge "mi fa molto piacere che sia stato un giovane compositore italiano a realizzare una produzione della quale Ravello e Rai Trade hanno il merito". Nel corso del dibattito l’ex segretario del Partito Democratico torna a sottolineare che una festa non può essere macchiata di sangue, "festa e sangue è un binomio agghiacciante, spero che il racconto di questa sera sia riuscito a ricostruire la dimensione di quella follia. Veltroni nel corso della serata non ha parlato solo della tragedia dell’Heysel, ma anche del Mondiale 2010, senza mettere in mezzo la "tragedia" azzurra. L’ex direttore de "L’Unità" ha aggiunto "da appassionato dell’africa sono orgoglioso di quello che gli africani hanno dimostrato in questo mondiale, tutti si aspettavano ‘gli stadi non finiranno!!!’, loro li hanno finiti, siamo noi che di solito non finiamo gli stadi". In Italia gli stadi ora sono più vecchi rispetto a quelli del Sudafrica, è vero è in Italia che gli stadi non vengono ristrutturati. Veltroni parlando di stadi e ristrutturazione degli impianti, lancia una frecciatina e si unisce alle critiche che in questi ultimi mesi riempiono i giornali d’Italia, in riferimento all’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello dicendo "oppure quando finiamo gli auditorium non li apriamo". Così Walter Veltroni commenta la situazione non positiva, per una struttura costata miliardi e che per ora è ancora "chiusa". La follia è il tema del Festival 2010, così Veltroni tira in ballo nuovamente la follia dicendo "Si diceva che il mondiale sarebbe stato caratterizzato dalla violenza, è successo nulla solo qualche furto che succede ovunque". Il Mondiale che sta per terminare con una finale tutta europea, quest’anno al Festival non sarà proiettata la finale, nel 2006 portò lo schermo sul Belvedere di Villa Rufolo portò fortuna agli azzurri, è stato un grande evento e Veltroni ci tiene a sottolineare che "Grazie alla TV tutti hanno potuto vedere la grandezza di questo evento". L’ex Vicepresidente del consiglio distaccandosi dal tema della serata, si sofferma anche sulla capacità di una modella Paraguayana, Larissa Riquelme "una ragazza del Paraguay geniale dal suo punto di vista, che evidentemente orchestrando un rapporto con fotografi e cameraman è riuscita a diventare una star mondiale, era molto bella, si è fatta inquadrare con un attillato costume con i colori del Paraguay e, con un cellulare collocato strategicamente". La bella tifosa del Paraguay che aveva promesso anche uno spogliarello in caso di semifinali, è diventata una star grazie alla TV, "questo è un tipico caso di un nulla che diventa improvvisamente tutto" ma aggiunge Veltroni "tutto che però poi torna ad essere nulla come il Grande Fratello. La tv ha è una gigantesca potenza, e non bisogna demonizzarla, ma bisogna usarla per la sua parte positiva, cioè quella di aiutare tutti a conoscere il dubbio, la fantasia. La tv che abbiamo conosciuto noi era una tv che aiutava il dubbio, ora spara certezze terribili e ogni dubbio viene considerato quasi eversivo, invece il dubbio è l’anima dei mezzi di comunicazione".

 

Dopo aver parlato di belle ragazze diventate star grazie ad un decolleté usato come porta cellulare, Veltroni torna ad elogiare l’"Ensemble InCanto" diretto da Fabio Maestri, "Erano in sette ma sembravano un orchestra sinfonica. Tutto molto bello, questa è l’Italia, Ravello è l’Italia, questo Festival è l’Italia. - commenta Veltroni - Il ruolo dell’Italia in primo luogo è la bellezza il talento, questo è l’Italia, se smettiamo di investire su questo e passione su questo, noi contribuiremo a rendere questo paese diverso da come è stato storicamente". Veltroni chiude il suo intervento dicendo "Torni un tempo, che non ha colore politico, un tempo in cui si coltivi l’amore e la passione per la creazione artistica, per il bello per la possibilità di portare il bello che ha dentro di se il dubbio e la ricerca anche nella TV e probabilmente domani nella rete". Dopo l’autore del testo da cui è stata tratto l’evento, ha preso la parola un campione che ha vissuto la tragica partita dell’Heysel da vicino, uno dei bianconeri che quella sera alzò al cielo la Coppa del Campioni. "Che impressione ti ha fatto risentire attraverso la voce di un attore, fatti di cui tu sei stato testimone in una maniera surreale?" - con questa domanda il direttore del Festival, Stefano Valanzuolo introduce Antonio Cabrini nel dibattito - "Potrei definirla sconcertante, per la prima volta ho immaginato cosa ha provato una persona che si trovava nella curva Z in quella partita.". Seguendo la rappresentazione, il "fidanzato d’Italia", ha ricordato quella sera, quella finale "Mi sono reso conto che la morte della vita, è stata la sconfitta del calcio e dello sport, ed è impensabile che in un momento di gioia, un momento in cui lo sport è sinonimo di aggregazione e amicizia si trasformi in una tragedia come quella avvenuta in quel campo". Nonostante la tragedia la partita non si è fermata, il motivo di questa decisione lo spiega direttamente Cabrini "si doveva giocare perché non posso immaginare cosa fosse successo in modo contrario. La gazzella si sarebbe trasformata in leone e ci sarebbe stata una notte di follia nella città". Dopo quella partita il concetto di gioco si è un po’ perso, il divertimento legato alle partite è andato degenerando e oggi andare a vedere una partita è diventato molto difficile e pericoloso. "Probabilmente negli ultimi 10 anni il concetto di calcio è cambiato", questo il commento di Antonio Cabrini che aggiunge "Spesso mi chiedono cos’è un campione? Io rispondo dicendo, un campione è un vincente che non smette mai di sognare. Da quella sera molta gente e molti di noi hanno smesso di sognare, perché il sogno di un calciatore è quello di svolgere la sua attività divertendosi, e quando questo non avviene più il calcio non è più un gioco. Molti hanno smesso di sognare perché si è persa la voglia di vedere lo sport in maniera pulita". Attraverso lo spettacolo, attraverso la musica, ma soprattutto tramite le parole di un protagonista di quella tragedia, avvenuta 25 anni fa, il Ravello Festival ha voluto far capire che il calcio è un gioco, uno sport ricco di follia. Follia che può incoraggiare un campione ha segnare un goal impossibile. Follia che aiuta un portiere a volare, il più lontano possibile per evitare il goal della sconfitta. Follia che spinge l’allenatore a fare scelte impossibili. Follia che spinge i veri amanti del calcio ad andare allo stadio per supportare la propria squadra del cuore. Ma non la follia che rende cechi i tifosi che negli anni stanno "ammazzando" lo sport più bello del mondo, uno sport ricco di follia positiva e non di violenza e odio. Fonte: Partenopress.com © 10 luglio 2010 Fotografie: It.wikinews.org © Partenopress.com © Icona: Teatrocivile.it ©

 


 

Ravello, successo per la prima di Veltroni

I tagli alla cultura uccidono il nostro paese. L’Italia è in primo luogo la sua bellezza, l’Italia è anche questo festival, Villa Rufolo, ed una località come Ravello". Walter Veltroni chiude con queste parole il dibattito che si è svolto al termine della prima assoluta di "Quando cade l’acrobata entrano i clown", l’opera teatral-musicale scritta su commissione del Ravello Festival, la quale segna il suo debutto nella drammaturgia. Applauditi dal pubblico l’attore Daniele Formica, accompagnato dalle musiche originali composte dal trentenne Riccardo Panfili ed eseguite dal vivo dall’Ensemble InCanto diretta da Fabio Maestri. Il testo, in scena sul palco della Sala dei Cavalieri di Villa Rufolo, prende ispirazione dalla tragedia dello stadio Heysel del 29 maggio 1985 (39 morti e 600 feriti), ed il calcio (antica e confessata passione di Veltroni) è la metafora per riflettere su alcuni dei mali e delle contraddizioni della nostra società. "Quando il direttore generale del Ravello Festival, Stefano Valanzuolo, - dichiara Veltroni - mi ha contattato per scrivere un testo sul tema della follia, ho pensato alla storia dell’Heysel. Di quell’episodio, vivo nella memoria di molti italiani, mi ha sempre colpito il contrasto tra il sangue ed il gioco, tra la tragedia e la festa dei giocatori della Juventus a fine partita". Testimone diretto di quelli attimi drammatici fu Antonio Cabrini, ieri invitato dal Festival per raccontare la verità su di una storia "sulla quale si è scritto e detto tanto, forse troppo". "Venimmo a conoscenza di qualche disordine nel settore Z - afferma Cabrini - e poi, a poco a poco, la gente arrivava nel nostro spogliatoio chiedendo aiuto e riparo. Capimmo che si trattava di qualcosa di molto grave, ma quella partita si doveva giocare: se avessero fatto evacuare lo stadio, i morti sarebbero stati molti di più". Quella partita, afferma l’ex giocatore, ha però segnato per sempre tutti i protagonisti. "Un campione - dice Cabrini - è un vincente che non smette mai di sognare, ma quella sera, molti di noi smisero di farlo". L’Heysel, nell’opera di Veltroni, diventa perciò il punto di rottura tra il calcio come divertimento e gioco, ed il calcio esasperato di oggi. "Ci sono state tante vicende come quella dell’Heysel, con bilancio anche più grave", sottolinea Veltroni. "La diretta televisiva ha amplificato la dimensione drammatica della storia, ma da venti anni in Italia succedono incidenti negli stadi". "In Sudafrica - conclude - si parlava di mondiale a rischio. Ci sono stati soltanto due furti in albergo. Peggiore è quanto accade nel nostro paese (50 morti negli stadi dal 1963, ndr), dove non si finiscono gli stadi, e quando si finiscono, non sono utilizzati. E questo, ahinoi, non riguarda solo gli stadi, ma anche gli Auditorium…" (allusione all’opera di Niemeyer e al caso Ravello). Fonte: Cronachesalerno.it © 8 luglio 2010 Fotografie: Villarufolo.com © Partenopress.com © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

"Quando cade l'acrobata entrano i clown"

Musica: Riccardo Panfili

Testo originale: Walter Veltroni

Voce recitante e drammaturgia: Daniele Formica

Ensemble InCanto diretto da Fabio Maestri

In collaborazione con Edizioni Musicali Rai Trade

"Purtroppo una notizia che debbo dare. È ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono trentasei morti. È una cosa rabbrividente, inaudita. E per una partita di calcio". Così, la sera del 29 maggio 1985 la voce del telecronista Bruno Pizzul entrò nelle case degli italiani ad offrire l’immagine di una tragedia tanto più spaventosa perché inimmaginabile. Quel giorno il calcio perse la sua verginità, la sua aura - cioè - di gioco, per diventare cronaca e basta. Quel giorno, in diretta tv, la follia si impossessò del gioco più bello del mondo, forse definitivamente. Si disputò la partita, comunque. Come dei clown - sottolineò Platini - i calciatori entrarono in campo a spazzar via lo sgomento provocato dalla caduta dell’acrobata. Di trentanove acrobati. Sullo schermo, a fine serata, si videro le immagini dei giocatori festanti, con la coppa sollevata al cielo. Mentre in sovrimpressione scorrevano i numeri telefonici messi a disposizione dei parenti o degli amici delle vittime: il gioco era finito. A venticinque anni dalla strage dell’Heysel, Ravello Festival ha commissionato a Walter Veltroni un testo che rievocasse quella vicenda, ed a Riccardo Panfili la musica per accompagnare il ricordo. La storia - È notte. Un uomo è sul terrazzo di una stanza d’albergo sul mare; è qui per festeggiare il suo decimo anniversario di matrimonio. La donna dorme. Lui ritorna con il pensiero agli anni trascorsi insieme e a un’unica bugia: un viaggio tenuto celato. Aveva mentito per vedere una partita di calcio: la finale di Coppa dei Campioni Juventus - Liverpool, a Bruxelles. L’uomo ripensa a quella partita in uno stadio malandato, l’Heysel. Ritorna al dramma di una vicenda che doveva essere allegra e giocosa, e che invece sarebbe diventata una battaglia, un insensato perdersi della ragione nella cecità della violenza. La parola Heysel avrebbe da allora significato morte: trentanove morti (tre si aggiunsero alla lista di Pizzul, purtroppo) e seicento feriti innocenti. Una strage immane per una partita di calcio, una ferita aperta e non più rimarginata. Walter Veltroni è stato direttore de "l'Unità", vicepresidente del Consiglio nel governo di Romano Prodi, segretario nazionale dei Democratici di sinistra, sindaco di Roma e segretario nazionale del Partito democratico. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo: Il disco del mondo - Vita breve di Luca Flores, musicista (2003), Senza Patricio (2004), La scoperta dell'alba (2006) e Noi (2009). Il testo Quando cade l’acrobata, entrano i clown (2010) è pubblicato da Einaudi. Riccardo Panfili è nato a Terni nel 1979. A guidarlo nella stesura dei primi lavori è stato Vieri Tosatti. Dal 2003 al 2006 ha seguito i corsi di Azio Corghi presso l’Accademia Chigiana di Siena. Nel 2006 ha vinto il Primo premio del Concorso Internazionale di Composizione "Santa Cecilia" con il pezzo per orchestra Danzario, eseguito al Parco della Musica sotto la direzione di Antonio Pappano.

 

Nel 2008 si è aggiudicato il secondo premio, tra 219 partecipanti, nel Concorso di Composizione "Henri Dutilleux". Il Teatro alla Scala di Milano gli ha commissionato un lavoro per orchestra che sarà eseguito nella stagione 2011-2012 per la direzione di Pappano. Nel 2010 RadioRai ha selezionato il suo pezzo Le Roi Bombance per il prestigioso International Rostrum of Composers di Lisbona. I suoi lavori sono stati eseguiti dall’Orchestra Nazionale di S. Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, Orchestra della Fondazione Toscanini di Parma. L’acrobata e il clown - musica di scena per lo spettacolo Quando cade l’acrobata, entrano i clown - è edito da Rai Trade. Daniele Formica è attore con esperienze in cinema, televisione e teatro, doppiatore, conduttore televisivo, regista ed autore teatrale. Nasce a Dublino nel 1949. Figlio di un musicista,, cresce tra le note e decide quindi di fare tutto tranne l’attore che reputa un mestiere non serio. Alla morte del padre, la paura della morte lo chiude in una solitudine ancora più drastica della sua condizione di figlio unico. Si rifugia nei supereroi dei comics dove scopre una straordinaria rassomiglianza con Batman (tranne per il fatto che non è bello, né ricco e nemmeno atletico) non sa il sanscrito (Batman sì) ma i compagni di scuola lo prendono per il Joker ! Per la paura della morte non riesce ad entrare nel cimitero per portare una rosa sulla tomba del padre, ma una sera buia e tempestosa entra in un cinema dove danno "Il caro estinto" commedia noir per la regia di Tony Richardson (allora marito di Vanessa Redgrave della quale il Formica s’innamorerà perdutamente). La visione di quel film (e più in là negli anni anche quella di Vanessa) creano nel nostro eroe una sorta di cortocircuito: non solo può entrare nei cimiteri per onorare il padre ma inizia una collezione di teschi (che venderà a peso d’oro negli anni ’90 a Bill Gates, potendo comprarsi in seguito svariati Macintosh) e infine scopre che con una risata si può mettere nel sacco la paura e la stessa morte. Da allora fa seriamente il Comico e la sua missione è far ridere più persone possibile parlando di cose serie. Fabio Maestri si è diplomato in Pianoforte nel 1975. E’ stato allievo di Donatoni, per la Composizione, all’Accademia Nazionale di S. Cecilia, e di Ferrara, per la Direzione d’orchestra, presso l’Accademia Chigiana di Siena. Sue composizioni sono state eseguite da Fabbriciani, Ancillotti, Scarponi. Tra il 1981 e il 1990 ha collaborato con Luciano Berio. Ha diretto al Lirico Sperimentale di Spoleto, alla Sagra Musicale Umbra, al Maggio Musicale Fiorentino, al Massimo di Palermo, al San Carlo di Napoli, al Comunale di Bologna, al Ravenna Festival. Molto attivo come esecutore di musica contemporanea, è stato ospite della Biennale di Venezia, del Festival di Nuova Consonanza, dell’Accademia Filarmonica Romana, del Sinopoli Festival, proponendo prime esecuzioni di Giani-Luporini, Betta, Cardi, D’Amico, Dall’Ongaro, Galante, Panni, Ambrosini, Pennisi, Donatoni. Ensemble InCanto Roberto Petrocchi, clarinetto, clarinetto basso e sax; Silvia Paparelli, pianoforte; Gianluca Saveri, percussioni Vincenzo Bolognese, violino I; Anna Chulkina, violino II; Gianluca Saggini, viola; Valeriano Taddeo, violoncello. Fonte: Ravellofestival.com © 6 luglio 2010 Fotografie: Partenopress.com © Teatrionline.com © Ravello Festival © Cidim.it © Icona: Teatrocivile.it ©

 
   
 

In costiera anche il direttore Pappano con un programma dedicato a Wagner

Ravello, Veltroni evoca l'Heysel e "racconta" la follia del calcio

di Chiara Marasca

Prima assoluta dello spettacolo nato su commissione del Festival, con testi del politico e musiche di Panfili.

SALERNO - A distanza di poche ore dalla finale del mondiale sudafricano, Walter Veltroni debutta al Ravello Festival con il suo racconto inedito sulla "follia" del calcio. Giovedì sera, infatti, la cittadina della Costiera ospiterà la prima assoluta dello spettacolo "Quando cade l’acrobata entrano i clown", che, come ha raccontato lo stesso Veltroni su Facebook, è nato da un'idea del direttore del Festival, Stefano Valanzuolo, che alla fine del 2009 chiese al politico con la passione per il cinema e la scrittura, di provare a buttare giù un testo sui lati oscuri della passione sportiva. Il racconto, pubblicato quest'anno da Einaudi, fuso alla musica di scena di Riccardo Panfili (edita da Rai Trade), ha dato vita a un racconto sospeso tra opera e teatro, tra reading letterario e melologo moderno. LA TRAGEDIA DI BRUXELLES - Attraverso un lungo, malinconico flashback, partendo dal racconto di una storia d'amore, Veltroni esplora il lato folle di quello che una volta era considerato solo un gioco, evocando una delle più assurde tragedie dello sport mondiale: è il 29 maggio del 1985 quando a Bruxelles, poco prima della finale di coppa dei campioni Juventus - Liverpool i tifosi delle due formazioni si scontrano sugli spalti (N.D.R. Nessuno scontro fra tifoserie, ma un aggressione premeditata degli inglesi al pubblico pacifico del settore Z della Curva): 39 persone morte, di cui 32 italiani, oltre 600 feriti. Sul palcoscenico a picco sul mare di Villa Rufolo, Fabio Maestri dirige l’Ensemble InCanto, Daniele Formica dà voce e volto al protagonista della storia. Lo spettacolo di Ravello sarà ripreso da Rai Radio3. Al termine, Veltroni assieme a Panfili, e con Daniele Formica e Antonio Cabrini (protagonista di quella tragica partita) prenderanno parte, a Villa Rufolo, ad un incontro sul tema della follia, filo conduttore dell'edizione 2010, con il pubblico del Festival. Fonte: Corrieredelmezzogiorno.corriere.it © 6 luglio 2010 Fotografia: Oltreleparoleblog.com © Icona: Teatrocivile.it ©

 
 

Uscirà il 27 aprile da Einaudi e andrà in scena il prossimo 8 luglio al Ravello Festival

Veltroni, un monologo per l'Heysel

L'ex leader del Pd ha scritto un'opera teatrale che fa rivivere la tragedia del 29 maggio 1985.

MILANO - Ha sempre tifato Juve. Tranne per un periodo in cui, da sindaco della Capitale, aveva tifato (anche) Roma. Ora però ritorna alle sue radici bianconere, per soffermarsi sulla tragedia più grande del calcio italiano degli ultimi 50 anni. "Quando cade l'acrobata, entrano i clown". Si chiama così il monologo teatrale scritto da Walter Veltroni sulla tragedia avvenuta il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, costata la vita a 39 tifosi della Juventus. L'opera teatrale dell'ex leader del Pd uscirà il 27 aprile da Einaudi e andrà in scena l'8 luglio al Ravello Festival. Veltroni ne parla in un'intervista pubblicata dal quotidiano "La Stampa". IL TITOLO - "Prima di tutto, è la frase che disse Platini per giustificare l'esultanza del rigore e il giro di campo", spiega Weltroni al quotidiano torinese. "Poi è un monologo che ho scritto su commissione. Perchè sì, di solito le idee mi nascono dentro - che so, l'ispirazione di un romanzo o di un saggio -, questa volta invece mi è arrivata da fuori, dal direttore del Ravello Festival, Stefano Valanzuolo. Mi confidò di aver dedicato l'edizione 2010 al tema della follia, e quale esempio più concreto e appropriato della mattanza di Bruxelles?". A chi gli domanda cosa abbia insegnato la tragedia dell'Heysel, Veltroni risponde: "Poco, purtroppo. E comunque, più agli inglesi che a noi. L'Heysel risale al 1985. Quattro anni dopo, le nemesi storica avrebbe preso di mira proprio i tifosi del Liverpool, novantasei dei quali morirono schiacciati allo stadio Hillsborough (Sheffield) durante la semifinale di Coppa d'Inghilterra con il Nottingham Forest: a partita appena iniziata e a gradinate strapiene, aprirono di botto i cancelli e si creò un ingorgo spaventoso, letale". Veltroni riflette anche sulla violenza nel calcio italiano: "Oggi gli stadi sono più sorvegliati. La violenza si è spostata fuori, nelle strade, agli autogrill. Rimane un quoziente di teppismo che rispecchia l'odio sparato dalla società". Fonte: Corriere.it © 21 marzo 2010 Fotografia: Sanremonews.it © Icona: Teatrocivile.it ©

 

Spettacolo promosso il 29.05.2011 dall'Associazione "L'altra cultura" di Grammichele in provincia di Catania, tratto dal libro di Walter Veltroni "Quando cade l'acrobata, entrano i clown", pubblicato da Einaudi nel 2010. Voce recitante dell’attore Francesco Murgo con la partecipazione dei ballerini di danza classica Viviana Grosso e Claudio Ladisa Video: Videomediterraneo Sat © Fotografia: Associazione Quelli di... Via Filadelfia © Icona: Teatrocivile.it ©

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