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Paride Acacia
Le gattare juventine
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Gianluca Favetto
Il giorno perduto
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David Gramiccioli
Tutti sapevano tranne loro
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Domenico Laudadio
Io sono la Memoria
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Matteo Lucii
+39 Quella maledetta notte all’Heysel
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Giuseppe Manfridi
Teppisti !
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Omar Rottoli
39 storie: vite perse all'Heysel
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Emilio Targia
Quella notte all'Heysel
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Walter Veltroni
Quando cade l'acrobata entrano...
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Laudamo show-off: Le gattare
juventine
di Giuseppina Mangione
Le gattare juventine è lo
spettacolo, scritto e diretto da Paride Acacia, in scena
alla Sala Laudamo sino a domenica 29 aprile 2018.
Le gattare sono due sorelle che
vivono (ed è un eufemismo) un’esistenza dissociata dal
tempo e dalla realtà. Per loro la vita si è fermata con
la scomparsa del padre, vittima presunta, in quanto non
è stato mai ritrovato il corpo, della tragedia
dell’Heysel. Il 29 maggio 1985 a Bruxelles, allo stadio
Heysel, si disputò la Coppa dei Campioni tra la Juventus
ed il Liverpool; la notizia che ancora oggi raggela è
che la partita venne giocata (con relativi
festeggiamenti) quando già si piangevano 39 morti,
maciullati nella calca, schiacciati dal cedimento di un
muro nella famigerata tribuna Z. Il 40° morto-scomparso
è il fantasma che aleggia nel lavoro di Paride Acacia. I
lutti aprono nell’anima ferite che, a volte, non si
riescono a rimarginare, ma è nell’essenza della vita la
necessità di superare lo sconvolgimento e ricostruire
nuovi equilibri. Non è così per le due sorelle, legate
da un vincolo di sangue, ma rese nemiche dalle dinamiche
affettive familiari. Una in perfetta sintonia con la
figura guida della famiglia, il padre, e l’altra
inadeguata ed imperfetta agli occhi dello stesso
genitore, che, evidentemente, aveva esaurito la quota di
amore in dotazione. Dopo la tragedia, anche la mancanza
non ha lo stesso significato per le due sorelle; una è
"orfana", ma crede fermamente che il genitore tornerà,
l’altra alimenta, anche con il cibo, l’abbandono
affettivo già sperimentato. Le innumerevoli scatolette
di cibo per i gatti, vanno in definitiva a nutrire lei
stessa, perché i gatti non ci sono, come non c’è affetto
nella vita di questa donna, tragicamente ripiegata su
stessa. L’altra sorella sembra più forte e risoluta,
tetragona nel pensare che il padre tornerà, utilizza le
passioni del genitore, la Juventus e Bruce Springsteen,
come i dogmi della sua religione: l’attesa. Ripete
convinta le formule del suo credo: dalla formazione
della Juve del 1985 alle canzoni del "The Boss", con
annesse curiosità musicali. Un nastro registrato
(immagine conforme al periodo) che ripropone lo stesso
messaggio: "papà è vivo e tornerà da me". "È peggio che
sia fuggito o che sia morto ?". Questi dilemmi lacerano
le vite delle due sorelle, che rimangono intrappolate in
un bozzolo di ricordi e dolore, che è prigione, ma anche
unico ricovero. E nell’interminabile attesa si
dimenticano di chi c’è e si privano del piacere concreto
di volersi bene. Gabriella Cacia e Claudia Zappia danno
vita a questi due "hungry hearts", due "cuori affamati"
che annaspano nelle contrarietà della vita. Sentono
profondamente il ruolo che interpretano e lo trasmettono
pienamente allo spettatore, con tutto il carico di
tragicità di cui è intriso il lavoro di Acacia. Si
replica domenica 29 aprile alle ore 17.30
Fonte: Messinaweb.tv
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29 aprile 2018
(Testo ©
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"Le Gattare Juventine", in scena il
nuovo lavoro diretto da Paride Acacia
Dopo le produzioni "Volevo essere
brava !" e "Camposanto Mon Amour" la compagnia Efremrock
ritorna a Messina con lo spettacolo in programma al
Teatro dei 3 Mestieri.
Dopo le produzioni "Volevo essere
brava!" e "Camposanto Mon Amour", andate in scena la
scorsa stagione rispettivamente alla Sala Laudamo e al
Teatro Savio, la compagnia Efremrock ritorna a Messina
con un nuovo lavoro diretto da Paride Acacia. "Le
Gattare juventine" - in scena al Teatro dei 3 Mestieri,
all’interno della rassegna "Buonalaprima", sabato 11
marzo alle 20.45 e, in replica, domenica 12 alle 18.30 -
racconta la storia di due sorelle e del loro amore per
la Juventus, i gatti e Bruce Springsteen: questa è
l’eredità lasciata loro dal padre, prima di partire per
il suo ultimo viaggio verso la finale di Coppa dei
Campioni Juventus - Liverpool, nella tragica notte dello
stadio Heysel. Ambientata in una piccola porzione di
strada, dove le due protagoniste (Gabriella Cacia e
Milena Bartolone) restano sospese, in attesa dei gatti,
del padre e di un definitivo riscatto dalla solitudine,
"Le Gattare juventine" è, soprattutto, la storia
dell’elaborazione di un’assenza troppo ingombrante. A
raccontare il rapporto conflittuale delle due donne,
sulle quali aleggia perenne l’imago paterna, le musiche
di Bruce Springsteen: un viaggio rock’n roll attraverso
le note e le parole del Boss, da "Born in the Usa" a
"The River", lungo il quale una storia personale si
intreccia con le imprese calcistiche della Juventus e la
tragedia sportiva dello stadio belga Heysel, dove nel
1985 a seguito di violenti scontri (NDR: Siamo alle
solite: aggressione su spettatori inermi), decine di
tifosi italiani persero la vita. Gabriella e Milena
portano in scena due rappresentazioni antitetiche di ciò
che può essere la visione del mondo e il modo di
ricordare e onorare la memoria di un padre: come eterne
figlie di Telemaco, resta l’immagine di donne che
scrutano l’orizzonte, certe che qualcuno tornerà dal
mare a ripristinare una qualche sorta di ordine.
Efremrock & Vaudeville. La compagnia Teatrale - dedita
alla scrittura, produzione e messa in scena di commedie
musicali e musical - è frutto dell’incontro sinergico di
diversi artisti provenienti dalle più variegate
esperienze nell’ambito del teatro di ricerca, del
musical, del teatro danza e della musica pop, rock e
classica: Paride Acacia cantante, attore, regista,
drammaturgo ed insegnante di recitazione; Massimo Pino
bassista, polistrumentista e compositore; Sarah Lanza
ballerina, coreografa, regista ed insegnante di danza;
Peppe Pullia batterista, percussionista, compositore ed
insegnante di batteria; Simona Vita pianista,
tastierista, compositrice ed insegnante di musica;
Gabriella Cacia attrice e cantante; Laura Giannone
attrice e cantante; Adriana Bonaccorso polistrumentista,
cantante e light designer, insegnante di canto; Giovanna
Verdelli attrice e direttore di produzione. Inoltre
l’associazione si avvale della collaborazione di: Elvira
Ghirlanda attrice, cantante ed aiuto regia; Milena
Bartolone attrice e cantante; Francesca Gambino attrice,
cantante e scenografa; David Cuppari batterista,
compositore e polistrumentista; Danila Tropea attrice,
cantante e aiuto regia; Mario Parlagreco attore ed
insegnante di dizione; Mariangela Campochiaro attrice,
ballerina ed insegnante di danza; Barbara Mondì
scenografa e costumista. Scritto e diretto da Paride
Acacia con Gabriella Cacia e Milena Bartolone, aiuto
regia Elvira Ghirlanda, disegno luci Adriana
Bonaccorso, organizzazione Giovanna Verdelli, Produzione
Compagnia Efremrock & Vaudeville.
Fonte: Letteraemme.it ©
7 marzo 2017
Fotografia: Sipario.it ©
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A 30 dalla tragedia dello stadio
Heysel a Bruxelles,
a Cervia se ne parla con un
monologo teatrale
Questa sera alle 21.00 nella piazza
antistante la Torre S. Michele.
L’appuntamento di questa sera,
domenica 28 alle ore 21 intorno alla Torre S. Michele ha
la forma di un monologo teatrale; non è quindi una
celebrazione di una ricorrenza tragica avvenuta 30 anni
fa allo stadio di Heysel (la tragedia del 1985 poco
prima della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra
Juventus e Liverpool in cui morirono 39 persone); non è
una neppure la presentazione di un libro, ma un modo per
raccontare una possibile lettura: quella proposta, in
forma di monologo teatrale, da uno dei due autori, Gian
Luca Favetto, modulando la lettura con la narrazione e
il racconto musicale del violoncello di Giorgio Borghi e
Antonio Somma. La storia: Quattro ragazzi dalla
provincia di Torino, tifosi della Juve e calciatori per
passione, partono con una R4, attraversano la Francia
per partecipare a Bruxelles alla partita di finale di
Coppa contro la squadra inglese del Liverpool. Portano
con loro i sogni e le
incertezze dei ragazzi degli anni
Ottanta e le lanciano là, dalla Grand Place, la storica
piazza di Bruxelles, verso il futuro. Nello stesso
tempo, anche un loro coetaneo inglese, intraprende il
suo primo viaggio da solo, verso la stessa meta,
sfidando le sue paure e mettendosi in gioco. Nell’attesa
di entrare allo stadio Heysel, giocano a pallone con una
lattina di birra, si guardano, si sfiorano senza
conoscersi, ma si riconoscono nel gioco di sguardi
complici di chi ha la stessa passione, la stessa
innocenza. Il libro da cui è tratto il racconto teatrale
è "Un giorno perduto. Racconto di un viaggio
all’Heysel", scritto a quattro mani da Gian Luca Favetto
e Anthony Cartwright, pubblicato da 66thand2nd, 2015. Il
libro narra un’avventura, un viaggio da cui far
ripartire i sogni di quattro giovani - tre torinesi e un
inglese - in attesa di un evento che dia una svolta alle
loro vite. L’evento a cui s’incardinano le loro attese è
una partita di calcio che si giocherà nello stadio di
Heysel in Belgio, una partita che segnerà una svolta
tragica nella storia del calcio: la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool, 29 maggio 1985. I
piani del destino non avranno nessun riguardo per le
attese di questi ventenni… "La Biblioteca di Cervia ha
rintracciato in questo libro diversi tratti congeniali
al suo modo di proporre la lettura - fa sapere la stessa
biblioteca - una storia avventurosa di respiro largo,
una scrittura e un progetto editoriale di qualità, come
quello di 66thand2nd, uno sguardo lucido e partecipe
sulla contemporaneità e, infine, il calcio - e lo sport,
in generale - come metafora, vitale ma, talora, dolorosa
dell’esistenza". Gian Luca Favetto, Torino, 1957.
Giornalista, poeta, scrittore e drammaturgo; collabora
con "La Repubblica" e Radio Rai. Tra gli ultimi libri:
il romanzo "La vita non fa rumore", l’audiolibro "I nomi
fanno il mondo", le poesie "Mappamondi e corsari". Con
Anthony Cartwright, inglese (Dudley, 1973) è coautore
del libro "Il giorno perduto" 66th2nd, 2015. I
musicisti: Giorgio Borghi è docente di violoncello nella
Scuola di Musica di Cervia e di Cesena; fa parte di
varie formazioni concertistiche. Antonio Somma è allievo
del corso di violoncello nella scuola cervese.
Fonte: Cervianotizie.it
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28 Giugno 2015
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Heysel tutti sapevano tranne loro
di Rossella Sereno
23 maggio 2017 ore 21:00, c/o Sala
ATC Piemonte Centrale, Torino l'Associazione "Quelli di
via Filadelfia" presenta la pièce della Compagnia del
Teatro Artistico d'Inchiesta: "Heysel, tutti sapevano
tranne loro", un monologo di David Gramiccioli.
"Il rispetto per la morte ti rende
degno della vita". Così si conclude la pièce teatrale di
David Gramiccioli, un monologo che cattura l'attenzione
dello spettatore e lo conduce in un percorso fatto di
storia, ricordi, episodi e cronaca. Non c'è spazio per
il romanticismo, per le sfumature, per le storie
edulcorate o messe in piedi con l'intento di commuovere.
No, qui vengono trattati i fatti, le ricostruzioni, gli
avvenimenti precedenti e il contesto socio-politico di
quegli anni, in modo chiaro e incisivo. L'opera teatrale
colpisce a partire dal titolo: "Heysel, tutti sapevano
tranne loro". Come un destino già segnato, che
l'autore/attore illustra e rende a posteriori evidente.
Un palco quasi spoglio, il buio in sala, la sola
presenza in scena di Gramiccioli, accompagnato soltanto
da qualche filmato e da quella cronaca di Bruno Pizzul
che ancora oggi fa rabbrividire. Il racconto, o meglio
ancora l'analisi, parte dal 12 giugno 1980, quasi 5 anni
prima dei tragici fatti dell'Heysel. In Italia, a
Torino, si gioca per i Campionati Europei
Belgio-Inghilterra (1-1) e già allora gli hooligans
inglesi si fanno notare: bottiglie di birra in mano,
ubriachi, fuori controllo. Un fenomeno che non sfugge
dall'osservazione in patria: se ne discute nel
parlamento inglese, dove Margaret Thatcher, già allora,
dichiara di voler annientare il tifo violento. 30 maggio
1984, 1 anno prima dell'Heysel. A Roma, si gioca la
finale di Coppa dei Campioni Liverpool-Roma (1-1, 4-2
dopo i rigori). Ma fuori dal campo di gioco, la
battaglia è italiani contro inglesi, una guerriglia il
cui esito è quello di un ragazzo in coma, un uomo
accoltellato e una trentina di feriti. Tanto da far
decidere all'Uefa di disputare le successive finali in
campo neutro, considerato più sicuro. 16 gennaio 1985, 4
mesi e mezzo prima dell'Heysel. A Torino, finale
Supercoppa Juventus-Liverpool (2-0). Gli scontri in
città tra italiani e inglesi si susseguono fin dal
mattino. 11 maggio 1985, 18 giorni prima dell'Heysel. A
Bradford, in Inghilterra, si gioca un incontro tra
Bradford City e Lincoln City, valido per il campionato
di Third Division. Al 40' minuto si innescò un incendio,
la partita venne sospesa e i tifosi fatti evacuare. Ma
la tribuna, vecchia e fatiscente, era stata costruita in
legno. Il fuoco si diffuse facilmente, crollò il tetto
dello stadio. All'interno dell'impianto non c'erano
estintori: erano stati tolti per evitare possibili atti
di vandalismo tra gli hooligans.
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L'esito fu di 56 morti
e 265 feriti. Mancano pochi giorni alla finale a
Bruxelles, ma i presupposti si sono già visti tutti:
hooligans inglesi fuori controllo, impianti di gioco
inadeguati e obsoleti, incapacità di gestione di eventi
di questa portata da parte degli organizzatori. 29
maggio 1985, Bruxelles. Finale Coppa dei Campioni,
Juventus-Liverpool. L'aria di festa degli juventini in
giro fin dal mattino che viene interrotta dell’arrivo
degli inglesi. Non una caccia agli juventini, da parte
degli hooligans, ma una caccia agli italiani. Ma gli
scontri tra hooligans e ultras bianconeri, nel
pomeriggio, rientrano nelle logiche del mondo ultrà, e
non producono effetti disastrosi. Purtroppo però non è
così all'interno dello stadio: accanto gli inglesi, nel
settore Z, non ci sono gli ultras della Juventus, che
avrebbero saputo rispondere agli attacchi, che erano
preparati all'offensiva, che probabilmente avrebbero
ricacciato indietro quell'onda inglese. Ma nel settore
Z, per colpa di una infausta gestione della vendita dei
biglietti, c'erano famiglie, bambini, club. E la paura,
il più umano dei sentimenti, vinse su tutto. Alcune
teorie, sostenute anche da Bruce Grobbelaar, allora
portiere del Liverpool, considerano l'ipotesi che a
partecipare agli scontri ci fossero anche membri
dell'estrema destra di Londra, il National Front, e che
all'imbarco delle navi dall'Inghilterra fossero stati
distribuiti volantini su cui era scritto che sarebbe
stata l'ultima partita in Europa del Liverpool.
Corrispondono a verità queste teorie ? Chi può aver
fatto stampare questi volantini ? Domande ancora
irrisolte. La tragedia viene vissuta e raccontata in
diretta televisiva. Il comunicato dei capitani, le
responsabilità belghe evidenti già solo nelle immagini
della polizia a cavallo, la Juventus che pare non
volesse giocare, l'imposizione di disputare la gara. 39
morti. Una tragedia che riguarda un paese, l'Italia, non
una squadra, non una singola tifoseria. Gramiccioli
all'interno della sua lucida analisi inserisce solo due
immagini, due ritratti. Quello di Giusy Conti, 17 anni,
studentessa modello, ottimi voti a scuola, che vuole
diventare giornalista sportiva. E chissà quanto sarebbe
stata brava. Che si merita la finale, che vuole quella
Coppa, che insieme al papà raggiunge Bruxelles. Ma che
non tornerà. E quello di due angeli, Andrea Casula e
Roberto Lorentini. Andrea, 11 anni, il bimbo più felice
del mondo perché andava a vedere la sua Juve e Roberto,
31 anni, medico, che ha provato in tutti i modi a
salvare la vita del piccolo Andrea. Due angeli uniti dal
destino. "Abbiamo l'obbligo di fermarci e di costruire
una memoria comune", conclude nel suo spettacolo David
Gramiccioli. Uno spettacolo che andrebbe portato nelle
scuole, invitando i ragazzi ad assistervi con
attenzione, perché la memoria di una tragedia italiana
deve essere tramandata alle nuove generazioni. (N.D.R.
Rossella Sereno (tifosa bianconera e assidua
frequentatrice della Curva Sud al neo Allianz Stadium
della Juventus) è l’autrice del
libro "Fratelli di
Gradinata").
Fonte: Giulemanidallajuve.com
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25 Luglio 2017
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Monologo ricostruisce la tragedia
dell’Heysel
Domani sera sul palco della Moretta
di Alba
di Cristina Borgogno
Saranno 32 anni il 29 maggio. La
tragedia che sconvolse per sempre il mondo del calcio, e
non solo, quando allo stadio di Bruxelles, poco prima
dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, morirono 39 persone, di cui 32
italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. In occasione
della Giornata della memoria per le vittime dell’Heysel
e di ogni manifestazione sportiva, arriva domani anche
ad Alba, alle 21 al Teatro della Moretta, il monologo
"Heysel tutti sapevano tranne loro", a cura del
giornalista-attore David Gramiccioli, già rappresentato
in questi mesi in numerose città in tutta Italia
(ingresso con offerta libera). Era il 1985. Il monologo
ricostruisce i fatti di quella drammatica sera del 1985.
Sulla scena, al buio, il narratore sale sul palco
anticipato solamente dall’annuncio dello storico
cronista Bruno Pizzul che, drammaticamente, nella sua
essenzialità, comunica la notizia. "Quella voce - dicono
dalla compagnia del Teatro Artistico d’inchiesta di
Gramiccioli - è una lama affilatissima che raggiungerà
la memoria di una tragedia dove la vita e la morte si
sono sfidate come accade proprio in una partita, ma in
questo caso realmente e drammaticamente come solo
l’imprevedibilità e la violenza sanno architettare. Da
quella notte cambiarono tante cose nel mondo del calcio,
ma ciò che rimase per sempre impresso nelle menti e
nella storia fu l’orrore di quelle immagini". I tifosi.
L’evento ad Alba è promosso dai Brüt Sporc e Gram
(gruppo di tifosi juventini locali che oltre a sostenere
la Vecchia Signora, organizza eventi con l’obiettivo di
aiutare chi ne ha bisogno), in collaborazione con
l’associazione Quelli di via Filadelfia di Torino e
l’assessorato alla Cultura del Comune di Alba. "Un onore
per la città ospitare questo spettacolo che sta
raccogliendo i favori della critica, al punto da essere
utilizzato all’interno di percorsi formativi nelle
scuole" dice l’assessore Fabio Tripaldi. Oltre a
ricordare le vittime dell’Heysel, la serata ha
l’obiettivo di sostenere la Fondazione per la ricerca
sui tumori dell’apparato muscoloscheletrico e rari onlus
di Torino.
Fonte: Lastampa.it ©
23 maggio 2017
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Anche se in questo caso (la
tragedia dell’Heysel) si parla di morte,
più che di vita. Ed è un argomento
che va maneggiato con cura
Lo spettacolo di David Gramiccioli
mi è piaciuto. Molto. Potevano organizzarlo meglio,
quello sì. Ma chi fa teatro, a certe leggerezze, si
abitua in fretta… E finisce per ingoiare anche
quest’aria sottotraccia un po’ da carbonari e la
mancanza di quel minimo di pubblicità che avrebbe
incoraggiato la presenza del grande pubblico. E che lo
show avrebbe ampiamente meritato. Per quanto ne ho
capito, l’evento si saldava con le molte manifestazioni
sportive che hanno organizzato a Siena in queste ultime
settimane; il Sindaco e l’Assessore (presenti in sala)
hanno tenuto a testimoniarne la buona riuscita,
cominciando dalle "Strade Bianche", che è stato il fiore
all’occhiello, ma anche con i vari contest di pugilato,
atletica leggera, equitazione ed altro. In questo
evento, invece, dovevano impegnarsi di più. Il Teatro
dei Rozzi è rimasto chiuso fino alle sette meno dieci;
poi hanno offerto un bel rinfresco, e lo spettacolo che
era in programma per le 18,30 è slittato fin quasi verso
le 20… Ne saranno sicuramente rimasti soddisfatti gli
espugnatori da buffet (che non mancano mai); io, che ero
lì per lo spettacolo, l’ho trovato fastidioso. E ho
pensato che quel vermouth potevano sorseggiarlo dopo,
anziché prima. Il teatro di David mi piace, lo dico
subito…. E’ merce che compro a scatola chiusa. E da
spettatore tendo a comprare a scatola chiusa tutto (o
quasi tutto) quello che centrifuga lo sport e la vita,
da Federico Buffa in giu. Anche se in questo caso (la
tragedia dell’Heysel) si parla di morte, più che di
vita. Ed è un argomento che va maneggiato con cura.
Perché è un teatro difficile, e se sbagli i toni e gli
accenti, il rischio "mattonata" è dietro l’angolo; dove
per "mattonata" si intende uno di quei testi un po’
lugubri e sinistri nei quali si spara nel mucchio (la
colpa è della "società", dello stato, dei carabinieri o
del parroco) con il risultato, poi, che nessun colpo va
a segno. L’approccio di David è lirico, invece. Lirico e
intelligente. E’ teatro di inchiesta, ma che rimane
piacevolmente a mezzo metro da terra, senza mai cadere.
Perché l’artista ci mette del suo, e lo fa svaporare nel
più classico teatro di narrazione… E questo si deve al
suo "milieu" di appassionato (e intenditore) di calcio,
che si avverte, e ti prende a braccetto fin da subito,
senza lasciarti solo. David maneggia un argomento che
conosce nelle sue pieghe più profonde. Ne traccia le
coordinate luogo-tempo-azione con precisione
ineccepibile, e aggiunge al racconto lo slancio
dell’innamorato autentico (del football, e soprattutto
di "quel" football). La sua denuncia è viva e
rigogliosa: ne tira i fili con maestria, con il sorriso
amaro di Dumas che scrive "vent’anni dopo"… L’esatto
contrario di quei sapientoni che vorrebbero raccontarti
Fausto Coppi, e poi sbagliano l’accento di Castellania.
Si esce leggeri, da questo show. Leggeri, e non pesanti.
Soprattutto, se ne esce con la convinzione che
sbeffeggiare i trentanove martiri di quella sera, è
decisamente una merda (se si vuol chiamare le cose con
il proprio nome). E’ una merda non commuoversi al
racconto di molti di quei "caduti", ed è una merda
offendere il nome di Superga, di Paparelli, del
commissario Raciti, con tutte le derivazioni del
"Vesuvio lavali", eccetera. David (che è un tifoso
"arrabbiato" della Roma), conclude proprio così. E
disegna un quadro "di sostanza", usando però colori
tenui; e inserendolo dentro una cornice bellissima. Da
innamorato del calcio e della vita. Oltrechè da grande
artista. Clap clap.
Fonte: Riccardolorenzettiblog.wordpress.com ©
20 marzo 2017
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"Heysel: tutti sapevano tranne
loro":
Sport Siena Week End si chiuderà
sul palcoscenico
Lo spettacolo al Teatro dei Rozzi
il 19 marzo per ricordare un’assurda tragedia nel mondo
del calcio.
Nella sua follia e nel suo orrore,
quella dell’Heysel fu una tragedia destinata a restare
indelebile nell’immaginario collettivo, andando ben
oltre i confini dello sport e del calcio. Era il 29
maggio 1985 quando, nello stadio Heysel di Bruxelles che
ospitava la finale di Coppa Campioni tra la Juventus e
il Liverpool, un gruppo di hooligans provocò la morte di
39 persone, delle quali la gran parte italiani,
sfondando le reti divisorie che separavano i settori
delle tribune e causando una ressa mortale tra i tifosi.
A memoria di quei fatti terribili e come monito affinché
il mondo dello sport non debba più conoscere certe
assurdità, l’ultimo appuntamento di Sport Siena Week End
è lo spettacolo teatrale "Heysel, tutti sapevano tranne
loro", in programma per domenica 19 alle ore 18.30 al
Teatro dei Rozzi. Ideata e realizzata dall’Academy of
Art and Image con la Compagnia del Teatro Artistico
d’Inchiesta per la regia di Angela Turchini, l’opera
teatrale ripercorre con l’interpretazione del
giornalista e attore David Gramiccioli le ore che
precedettero la partita: "I tifosi inglesi più accesi
cominciarono a spingersi verso il settore Z, a ondate,
aspettandosi una probabile reazione di quelli juventini.
Questi, impauriti anche per il mancato intervento e
l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine
belghe, furono costretti ad arretrare, ammassandosi
contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del
Liverpool e generando una ressa letale. Da quella notte
cambiarono molte cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre fu l’orrore di quelle immagini".
"Heysel, tutti sapevano tranne loro" sarà rappresentato
anche al Parlamento Europeo il prossimo 29 maggio, nella
ricorrenza del 32esimo anniversario della tragedia.
"Sport Siena Week End – commenta l’assessore allo Sport,
Leonardo Tafani – chiude il sipario sull’edizione
annuale con un’iniziativa che va oltre l’ambito
meramente sportivo e che vuole rendere omaggio alla
memoria delle vittime di quell’assurda serata. Quegli
avvenimenti, vissuti in maniera drammatica anche da
tutti noi che eravamo semplici spettatori televisivi,
costituiscono una ferita indelebile nella memoria
collettiva e meritano di essere rielaborati affinché da
essi si possano trarre insegnamenti a memoria futura".
Lo spettacolo è a ingresso libero fino a esaurimento dei
posti disponibili.
Fonte: Radiosienatv.it © 17 marzo 2017
Fotografia:
David Gramiccioli
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Heysel, l’opera rende onore alle
vittime
con uno spettacolo al Di
Poppa-Rozzi
di Elisabetta Di Carlo
Diversi gli imprevisti ed i disagi.
Si è più volte dovuto rimandare lo spettacolo a causa
degli eventi naturali straordinari che hanno colpito il
nostro territorio ma, stamattina 01/03/2017, la
dirigente Prof.ssa Caterina Provvisiero è riuscita a
portare in scena l’ "HEYSEL, tutti sapevano tranne loro"
all’Istituto "Di Poppa-Rozzi". Nonostante alcune
difficoltà tecniche a cui non è stato possibile
rimediare a causa dello svolgimento di Assemblea
studentesca proprio nei medesimi locali ove
successivamente si sarebbe svolta la rappresentazione
teatrale. Il Giornalista-attore, David Gramiccioli, con grande personalità e mestiere
riesce a catturale l’attenzione dei ragazzi ed a portare
lo spettacolo letteralmente in mezzo a loro. Lo spettacolo della Compagnia del Teatro
Artistico d’Inchiesta, premio diritti umani 2012 per un
lavoro-denuncia sul triste e deplorevole mondo della
pedofilia, ha portato lo spettacolo dell’Heysel nei
maggiori teatri italiani, nelle scuole di Roma ed oggi
anche a Teramo. Lo spettacolo coinvolgente e commovente
ha affascinato gli astanti e nell’aula magna
dell’Istituto superiore" Di Poppa-Rozzi" ha echeggiato
la voce dell’attore che al termine ha raccolto i saluti
ed i ringraziamenti dei numerosi ragazzi presenti. Una
storia adatta anche ai ragazzi perché si parla di vite
simili alle loro. Andrea, quasi 10 anni, un piccolo
genio che aveva realizzato una campanella alimentata da
batterie a nove volt e che funzionava ! Giuseppina, da
tutti conosciuta come Giusy, sognava di diventare
giornalista sportiva, morta all’Heysel a soli 17 anni.
Tony Evans, triste protagonista, divenuto anni dopo
giornalista del Times. Un lavoro d’inchiesta minuzioso e
puntuale teso a far recepire il messaggio che "solo chi
ha davvero rispetto per la morte è veramente degno della
vita".
LA TRAGEDIA DELL’HEYSEL - Ai molti
tifosi italiani, buona parte dei quali provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la tribuna delle curve
M-N-O, che si trovava nella curva opposta a quella
riservata ai tifosi inglesi. Molti altri tifosi
organizzatisi autonomamente, anche nell’acquisto dei
biglietti, si trovarono invece nella tribuna Z, separata
da due basse reti metalliche dalla curva dei tifosi del
Liverpool. Circa un’ora prima dell’inizio della partita,
i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti hooligan,
cominciarono a spingersi, a ondate, verso il settore Z,
cercando il take and end (prendi la curva) e sfondando
le reti divisorie; memori degli incidenti della finale
di Roma di un anno prima, si aspettavano, forse, una
reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi
juventini, reazione che non sarebbe mai potuta esserci,
dato che gli ultras bianconeri erano nella curva opposta
(settori M-N-O). Gli inglesi sostennero di aver caricato
più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici
spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il
mancato intervento e per l’assoluta impreparazione delle
forze dell’ordine belghe, che ingenuamente ostacolavano
la fuga degli italiani verso il campo, manganellandoli,
furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il
muro opposto al settore della curva occupato dai
sostenitori del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella
notte cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò
che rimase per sempre impresso nelle menti e nella
storia fu l’orrore di quelle immagini.
Fonte: Certastampa.it
©
1 marzo 2017
Fotografia:
Giornale di Teramo ©
Icona:
Teatrocivile.it ©
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A grande richiesta Heysel, tutti
sapevano tranne loro al Teatro Ghione
di Daniela Bendoni
Domenica 29 gennaio 2017 alle ore
21.00, al Teatro Ghione di Roma eccezionalmente a grande
richiesta HEYSEL, TUTTI SAPEVANO TRANNE LORO scritta e
interpretata da David Gramiccioli con la regia di Angela
Turchini.
Il calcio, come tutte le vicende
umane, è fatto di vittorie e di sconfitte. Sul campo da
gioco non si disputano soltanto le partite ma si
intrecciano sentimenti, passioni in un crescendo di
emozioni che vanno oltre i confini territoriali delle
città e delle nazioni. Il narratore entra in scena in
controluce, anticipato solamente dall’annuncio ferale
del cronista, Bruno Pizzul, che drammaticamente nella
sua essenzialità comunica la notizia dei morti
dell’Heysel. Quella voce è una lama affilatissima che
raggiungerà la memoria di una tragedia dove la vita e la
morte si sono sfidate, come accade proprio in una
partita, ma in questo caso realmente e drammaticamente,
come solo l’imprevedibilità e la violenza sanno
architettare. L’audio di quell’annuncio anticipa solo la
tragedia dell’Heysel, rimandando lo sviluppo dei fatti
che hanno condotto al drammatico epilogo ad un momento
successivo dell’opera.
Fonte: Claudiagrohovaz.com ©
Oltrelecolonne.it ©
23 gennaio 2017
Video: David
Gramiccioli
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Teatrocivile.it
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A Teramo venerdì "Heysel tutti
sapevano tranne loro"
La Compagnia del Teatro Artistico
d’Inchiesta di David Gramiccioli il 20 gennaio 2017
porterà in scena l’opera all’Istituto Dl POPPA-ROZZI.
TERAMO - La Compagnia del "Teatro
Artistico d’inchiesta, insignita nell'ottobre del 2012
del Premio Italia - DIRITTI UMANI - per il teatro
sociale, presenta a Teramo l’opera "Heysel tutti
sapevano tranne loro" con il giornalista-attore David
Gramiccioli. "Abbiamo deciso di presentare l’opera nelle
scuole, spiega Gramiccioli, perché è necessario che i
ragazzi conoscano la storia. Nell’opera si racconta di
ragazzi come loro, che nutrivano le medesime aspettative
per il futuro. I ragazzi saranno la nostra eredità e
memoria. E’ fondamentale che capiscano che a salvarci
non sarà mai l’odio ma l’Amore". "La Compagnia del
Teatro Artistico d'Inchiesta è stata insignita
nell'ottobre del 2012 del Premio Italia DIRITTI UMANI
per il teatro sociale, presenta l'opera "Heysel tutti
sapevano tranne loro". - In scena il giornalista -
attore DAVID GRAMICCIOLI. La strage dell'Heysel fu una
tragedia avvenuta il 29 maggio 1985, poco prima
dell'inizio della finale di calcio di Coppa Campioni tra
Juventus e Liverpool allo stadio di Bruxelles. Morirono
39 persone, di cui 32 italiane e ne rimasero ferite
oltre 600. Ai molti tifosi italiani, buona parte dei
quali provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la
tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva
opposta quella riservata ai tifosi inglesi. Molti altri
tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell'acquisto
dei biglietti, si trovarono invece nella tribuna Z,
separata da due basse reti metalliche dalla curva dei
tifosi del Liverpool. Circa un'ora prima dell'inizio
della partita, i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti
Hooligan, cominciarono a spingersi, a ondate, verso il
settore Z, cercando il take and end (prendi la curva) e
sfondando le reti divisorie; memori degli incidenti
della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano,
forse, una reazione altrettanto violenta da parte dei
tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta
esserci, dato che gli ultras bianconeri erano nella
curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi
sostennero di aver caricato più volte a scopo
intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e
non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine
belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli
italiani verso il campo, manganellandoli, furono
costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro
opposto al settore della curva occupato dai sostenitori
del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte
cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu
l'orrore di quelle immagini. L'opera rende onore alle
vittime spiegando alcuni importanti momenti e le varie
responsabilità disattese.
LA VITA DIMENTICA MOLTI. LA
MORTE NESSUNO - TERAMO - La Compagnia del "Teatro
Artistico d’inchiesta, insignita nell'ottobre del 2012
del Premio Italia - DIRITTI UMANI - per il teatro
sociale, presenta a Teramo l’opera "Heysel tutti
sapevano tranne loro" con il giornalista-attore David Gramiccioli. "Abbiamo deciso di presentare l’opera nelle
scuole, spiega Gramiccioli, perché è necessario che i
ragazzi conoscano la storia. Nell’opera si racconta di
ragazzi come loro, che nutrivano le medesime aspettative
per il futuro. I ragazzi saranno la nostra eredità e
memoria. E’ fondamentale che capiscano che a salvarci
non sarà mai l’odio ma l’Amore". "La Compagnia del
Teatro Artistico d'Inchiesta è stata insignita
nell'ottobre del 2012 del Premio Italia DIRITTI UMANI
per il teatro sociale, presenta l'opera "Heysel tutti
sapevano tranne loro". - In scena il giornalista -
attore DAVID GRAMICCIOLI. La strage dell'Heysel fu una
tragedia avvenuta il 29 maggio 1985, poco prima
dell'inizio della finale di calcio di Coppa Campioni tra
Juventus e Liverpool allo stadio di Bruxelles. Morirono
39 persone, di cui 32 italiane e ne rimasero ferite
oltre 600. Ai molti tifosi italiani, buona parte dei
quali provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la
tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva
opposta quella riservata ai tifosi inglesi. Molti altri
tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell'acquisto
dei biglietti, si trovarono invece nella tribuna Z,
separata da due basse reti metalliche dalla curva dei
tifosi del Liverpool. Circa un'ora prima dell'inizio
della partita, i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti
Hooligan, cominciarono a spingersi, a ondate, verso il
settore Z, cercando il take and end (prendi la curva) e
sfondando le reti divisorie; memori degli incidenti
della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano,
forse, una reazione altrettanto violenta da parte dei
tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta
esserci, dato che gli ultras bianconeri erano nella
curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi
sostennero di aver caricato più volte a scopo
intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e
non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine
belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli
italiani verso il campo, manganellandoli, furono
costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro
opposto al settore della curva occupato dai sostenitori
del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte
cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu
l'orrore di quelle immagini. L'opera rende onore alle
vittime spiegando alcuni importanti momenti e le varie
responsabilità disattese. LA VITA DIMENTICA MOLTI. LA
MORTE NESSUNO.
(Hanns-Hermann Kersten)
Fonte: Abruzzonews.eu ©
17 gennaio 2017
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Tv Privata Teramo ©
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"Io sono la Memoria"
(Reading Teatrale dal racconto: "Lettera a
Francesco da Bruxelles" di Domenico Laudadio)
Reading teatrale dell'attrice
Francesca Cassottana, diplomatasi all'Accademia Teatrale
Paolo Grassi di Milano, durante la cerimonia di
commemorazione del Trentennale della Strage dell'Heysel
organizzata il 29 maggio 2015 a Torino presso la Sala
Viglione di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio
Regionale del Piemonte, dall'Associazione fra i
Familiari delle Vittime dell'Heysel. Il testo di
Domenico Laudadio è tratto da "Lettera a Francesco da
Bruxelles", capitolo del libro di Beppe Franzo "80 tanta
voglia di Curva Filadelfia" di cui Novantico Editrice ha
cortesemente concesso l'uso per la solenne occasione.
Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it ©
29 maggio 2015
(Testo
©
Video)
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Lucii e quella maledetta notte
dell’Heysel
di Carla Gabellini
BORGO SAN LORENZO - Il 29 maggio
1985 allo stadio Heysel di Bruxelles c’era anche il
sedicenne Matteo Lucii. Era partito dal Mugello, in
pullman insieme a un gruppo di tifosi, per andare a
vedere una trasferta della sua squadra del cuore, la
Juventus, in una finale di Coppa dei Campioni contro il
Liverpool. Dal palcoscenico di Microscena,
Matteo racconta, attraverso i suoi ricordi personali,
insieme a quelli di un poliziotto belga e di un tifoso
inglese (sempre da lui interpretati) e con l’aiuto di
immagini di repertorio, la tragedia di quel giorno
maledetto. Quel giorno, sia per l’inadeguatezza delle
forze dell’ordine, sia per l’alcool ingerito a fiumi dai
tifosi del Liverpool, che per lo stadio fatiscente
unitamente alla violenza degli ultrà, trovarono la morte
ben trentanove persone: trentadue furono gli italiani,
quattro i belgi, due i francesi e un irlandese. Il più
piccolo aveva undici anni. I feriti furono oltre
seicento. Il protagonista di questo racconto
aveva iniziato a tifare la Vecchia Signora sin da
quando, per la prima volta, suo zio lo aveva portato
allo Stadio Comunale di Firenze (era l’anno 1975) per
assistere alla partita Fiorentina - Juventus, che era
finita 4-1 a favore della squadra viola. La Curva
Fiesole, per quella vittoria, esultò sventolando
bandiere e striscioni, con cori, fumogeni e suonando
tamburi. La tifoseria juventina invece accusò il colpo
con molta dignità. Matteo, che a quel tempo aveva solo
sei anni, vide su quegli spalti i cowboy e gli indiani;
fu allora che prese la decisione di stare dalla parte
dei più deboli (gli indiani). Con il passare del tempo,
fu vana l’opera di convincimento dello zio tifoso viola
che provò in tutti i modi a redimere quel bimbo: Matteo
è sempre rimasto fedele ai pellerossa… Il viaggio per Bruxelles in pullman
insieme ai suoi compaesani, è lungo e tortuoso e dura
ben due giorni (“Il viaggio della speranza”): a un certo
punto la noia prende il sopravvento. Ma fra un
pronostico e l’altro, sonore risate e un giornale letto
e riletto da tutti tanto da far diventare lise le sue
pagine, finalmente la comitiva arriva a destinazione.
Una volta arrivati, però, si comincia a notare che
qualcosa non va, soprattutto nell’organizzazione. Fuori
dallo stadio, c’è l’automezzo della televisione al posto
di quelli della Croce Rossa, mentre i volontari di
quest’ultima sono stati spostati molto più lontano. A
controllare i biglietti d’entrata c’è solo una persona
che dà subito l’impressione di non conoscere neppure
come sia fatto il biglietto. Inoltre, a fronte di una
capienza massima di 50mila posti, vi sono ben 58mila
persone che entrano in quello stadio.
Una volta dentro,
ci si accorge subito che i poliziotti sono veramente
pochi per tenere a bada quell’enorme quantità di persone
che gravitano dentro la struttura. In seguito, si verrà
a sapere che gli agenti dovevano essere 1300 mentre sono
solo 400. Per giunta, il loro comandante non aveva mai
partecipato a nessuna riunione sulla sicurezza e -
addirittura - non era mai entrato in uno stadio. I
cancelli delle uscite di sicurezza sono chiusi e mancano
le chiavi per aprirli (i relativi lucchetti verranno
tagliati con delle pinze). Circa un’ora prima dal
fischio d’inizio della partita, fra le due tifoserie,
inizia un “ping pong di sassi”, innescato
dall’esuberanza degli inglesi. Ma gli animi degli
hooligans s’infiammano ancora di più: adesso gli inglesi
iniziano la manovra del “take an end” (prendi la curva)
che consiste nello spingersi in massa verso i tifosi
avversari. Una simulazione per spaventare le tifoserie
opposte, molto conosciuta nel campionato inglese, ma
sconosciuta in Italia. Si comincia a cercare aiuto dai
poliziotti, ma la maggior parte di essi sono fuori dallo
stadio impegnati ad inseguire i rapinatori di 900
franchi belgi (22,31 euro attuali) dalla cassa di un
venditore di panini. I tifosi juventini del settore Z,
impauriti e colti di sorpresa dall’azione degli inglesi
si ammassano contro il muro opposto alla curva dei
sostenitori del Liverpool. Alcuni di essi, in preda alla
disperazione, si lanciano nel vuoto, altri cercano di
scavalcare il muro per entrare nel settore adiacente e
finiscono sugli spunzoni delle recinzioni. A un tratto,
il muro su cui si sono ammassati i tifosi bianconeri
crolla per la troppa pressione delle persone e
moltissime di loro vengono travolte, schiacciate e
calpestate nella corsa verso una via d’uscita.
Così perderanno la vita 39 persone
per un assurdo destino in cui incompetenza,
superficialità e negligenza hanno fatto la loro
importante parte.
Ma dopo il danno, anche la beffa:
la partita si giocherà ugualmente contravvenendo agli
ordini di Gianni Agnelli che aveva comunicato alla sua
squadra di non giocare. Si giocherà per motivi di ordine
pubblico e per salvare altre vite: così verrà riportato
dalle televisioni di tutto il mondo. E Michel Platini
dirà per l’occasione: “Quando al circo cade il
trapezista, lo portano via e fanno entrare i clown”.
La tragedia dell’Heysel ha però un
antefatto: la finale della Coppa dei Campioni del 1984,
giocata allo stadio Olimpico di Roma tra la Roma e lo
stesso Liverpool. Quel giorno la Roma perse la Coppa,
venendo sconfitta ai rigori della squadra avversaria. I
tifosi romanisti, non avendo ingoiato bene la sconfitta,
tesero un agguato ai tifosi inglesi, fuori dallo stadio,
che furono assaliti con spranghe e coltelli. In netta
inferiorità numerica, gli inglesi furono costretti a
subire ma si ripromisero di fargliela ripagare. E l’anno
dopo si presentò loro l’occasione di “cancellare la
vergogna di Roma”.
A questo punto vi chiederete che
fine ha fatto il nostro Matteo. Beh, lui oggi sta bene
perché riuscì a venir fuori illeso da quella bolgia;
consapevole però di dover la sua vita ad Andrea, il
ragazzo di Pieve a Nievole che salì sul pullman insieme
a lui…
Scritta e diretta da Matteo Lucii,
“La maledetta notte dell’Heysel” è andata in scena per
ben tre volte facendo sold-out a tutti e tre gli
spettacoli. Dal palcoscenico, Matteo è riuscito a
trasmettere agli spettatori i suoi sentimenti di rabbia,
dolore e tristezza che, in quel giorno infausto, hanno
segnato per sempre il suo cuore con una ferita che
ancora oggi fatica a rimarginarsi.
Fonte: Teatro.ilfilo.net
© 6 giugno 2019
(Testo
©
Fotografia)
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Quella maledetta notte all’Heysel
L’esperienza di un mugellano
raccontata in teatro.
Il 29 maggio 1985 c’era anche
Matteo Lucii, diciassettenne, sui gradini della Curva Z
dello stadio Heysel di Bruxelles, per assistere alla
finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il
Liverpool. Quella sera, in seguito agli incidenti sugli
spalti, morirono 39 persone. Poteva essere il
quarantesimo, ma non andò così, e a distanza di 34 anni
ha deciso di raccontare come andò veramente quella
tragica notte. Il racconto in prima persona si intreccia
con lo svolgimento della cronaca, pieno di aneddoti,
curiosità, antefatti e retroscena che solo chi era
presente può conoscere. Sul palco si alterneranno un
poliziotto belga, un hooligan inglese e un tifoso
italiano, che tra suoni, audio e voci di quella sera,
porteranno in scena le atmosfere dello stadio. Un
racconto che diventa spettacolo solo per poter
trascinare il pubblico sugli spalti di quel maledetto
stadio, per poter essere completamente immerso
nell’atmosfera che ha preceduto la tragedia. Un racconto
intenso, crudo, emozionante, coinvolgente che non può
lasciare indifferenti di fronte a trentanove persone
morte per una partita di calcio. Lo spettacolo, esaurito
già per la prima di mercoledì 29 maggio, avrà due
repliche giovedì 30 e venerdì 31, al Microscena di Borgo
San Lorenzo. I posti sono limitati, per questo occorre
la prenotazione obbligatoria ...
(NdR: omissis)
Fonte: Okmugello.it ©
24 maggio 2019
Fotografia:
Microscena
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"+39 Quella maledetta notte
all’Heysel"
chiude la trilogia sportiva di
Matteo Lucii
BORGO SAN LORENZO - Mercoledì 29,
giovedì 30 e venerdì 31 maggio, alle 21.00 a Microscena,
andrà in scena "+39 Quella maledetta notte di Heysel",
un racconto sulla tragedia della finale di Coppa dei
Campioni del 1985. Lo spettacolo concluderà la trilogia
di spettacoli ispirati a storie di sport firmata dallo
scrittore e attore borghigiano Matteo Lucii. Il primo
spettacolo, "Futbol", è stato un bellissimo connubio tra
i racconti di Osvaldo Soriano recitati dallo stesso
Lucii e i passi di tango di Barbara Golini e Matteo
Montagni, in un incontro tra la passione e la sensualità
tutta sudamericana, che ha ripercorso la tragedia
sportiva del Maracanazo e fatto sorridere con la storia
epica e romanzata del rigore più lungo del mondo. Il
secondo, "9841", scritto a quattro mani con la
giovanissima Viola Arinci, è la storia di Johann
Trollman, detto Rukeli, un pugile di origini sinti che
si trovò a combattere durante l’ascesa del regime
nazista. Dalle origini nei campi rom di Hannover, al
trasferimento a Berlino e da qui alla fama e alla
gloria, fino al combattimento per il titolo di campione
tedesco. Una possibilità di successo che si scontra
contro le rigide disposizioni sulla razza da parte di
Hitler, un’opportunità che si trova di fronte il muro
dell’odio e della repressione, verso un finale che
commuove lo spettatore che non potrà rimanere
insensibile di fronte ad una storia intensa e comunque
attuale. In quest’ultima fatica, in programma il 29, 30
e 31 maggio al Microscena di Borgo San Lorenzo, Lucii ha
scelto un’esperienza che ha vissuto in prima persona. Il
29 maggio 1985 (non è casuale la scelta della prima
nella stessa data) c’era anche lui, diciassettenne, sui
gradini della Curva Z dello stadio Heysel di Bruxelles,
dove morirono 39 persone. Il racconto in prima persona
si intreccia con lo svolgimento dei fatti, pieno di
aneddoti, curiosità, antefatti e retroscena che solo chi
era presente può conoscere. Un racconto che diventa
spettacolo solo per poter trascinare il pubblico sugli
spalti di quel maledetto stadio, per poter essere
completamente immerso nell’atmosfera che ha preceduto la
tragedia. Un racconto intenso, crudo, emozionante,
coinvolgente che non può lasciare indifferenti di fronte
a trentanove persone morte per una partita di calcio.
Fonte: Teatro.ilfilo.net
©
6 maggio 2019
Fotografia:
Repubblica Tv
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Al "Garage" andrà in scena un
singolare testo di Giuseppe Manfridi ispirato a Keeffe
Lo sport e i tamburi di guerra
di Mauro Boccaccio
Dalla tragedia dello stadio
Heysel di Bruxelles all'odissea di un gruppo di ultrà
attraverso la penisola. Una satira amara sulla violenza
che accompagna il tifo. Il lavoro sarà a Genova alla
fine di gennaio.
GENOVA - Ha suscitato molta
curiosità l'annuncio del Teatro Garage che a gennaio
porterà in scena un testo di Giuseppe Manfridi sul tema
della violenza negli stadi. Il testo, intitolato
"Teppisti !", la cui regia è affidata al giovane regista
genovese Sergio Maifredi, andrà in scena a gennaio alla
sala Diana di San Fruttuoso. Il programma della piccola
struttura di via Paggi aveva raccontato, per sommi capi,
la trama dello spettacolo. Ora è lo stesso Giuseppe
Manfridi, uno degli autori più in vista del teatro
italiano, a spiegare i motivi di questa scelta.
Vediamoli. "Stavo traducendo una commedia di Barry
Keeffe intitolata "Dio salvi la Regina" e composta di
vari episodi, uno dei quali racconta di alcuni ragazzini
tifosi del Manchester United quando, come tutti in
Europa e nel mondo, rimasi agghiacciato davanti al video
che trasmetteva le paurose immagini dello stadio di
Heysel: la tragica mischia che insanguinò l'inizio della
partita di Coppa dei Campioni Liverpool - Juventus.
"Pure io sono tifoso, intensamente tifoso (della Roma,
perché non dirlo ?) - prosegue Manfridi e amo
profondamente il calcio. Per farla breve, la penna che
volevo mantenere al servizio di un'opera altrui cominciò
a mutare direzione; a scrivere un'altra storia, a
modellare altri personaggi, altri destini, altro
linguaggio". Non appena terminato l'imprevisto lavoro,
nato da una radicale e censurabile diserzione, la prima
persona a cui Giuseppe Manfridi lo fece leggere fu lo
stesso Keeffe che si complimentò, pregando però il
collega italiano di presentare la commedia senza far
cenno al suo nome. "Dall'84 a oggi - spiega Manfridi -
sono passati molti anni. "God save the Queen" ha già
conosciuto da tempo le nostre scene e io mi sento
finalmente in diritto di sdebitarmi con il suo autore
per avermi offerto lo spunto che, attraverso tradimenti
progressivi, mi ha condotto alla stesura di uno dei miei
testi preferiti, "Teppisti!", appunto". La storia. Una
giovane coppia, Nando e Giovanna, si aggira per
l'Italia, insieme ad un mal tollerato compagno di fede
calcistica, Cico, seguendo le rotte della propria
squadra in trasferta. Da Napoli a Torino, da Milano a
Genova e in altre città. Da questa "geografia della
predazione" i tre riportano infiniti resoconti di
battaglie cruente, di avventurose sfide con la polizia e
con gli ultrà avversari, di gol segnati e subiti. Tutta
la loro esperienza di vita sembra essere lì e non altro
che lì: in quel legame violento con una bandiera, in
quell'estremo e mortale spirito di corpo che ce li
mostra come tre monadi impazzite al momento in cui li
vediamo, come accade, separati da quel tutt'uno, da
quella folla che è l'unico vero elemento in cui,
paradossalmente, riescono a sfiorare un'idea di se
stessi. Come se per diventare individui dovessero
confondersi, come se per parlare dovessero usare parole
collettive, slogan, cori e grida di guerra scanditi da
rulli di tamburi. "Teppisti !" è scritto in
endecasillabi, per dar vita a una sorta di gabbia
ritmica di recitazione, all'interno della quale i
personaggi sono costretti ad una congestione crescente.
La violenza, piuttosto che venirne attutita, si fa così
più sensibile, sino ad esplodere oltre il linguaggio,
nella sola alternativa consentita, cioè nell'azione
fisica e brutale. "Teppisti !", di cui l'autore ha
fornito oggi queste anticipazioni, andrà in scena al
Teatro Garage dal 21 al 31 gennaio prossimi, per la
regia di Sergio Maifredi. Lo spettacolo, vietato ai
minori di anni 18, è interpretato da Luca Catanzaro,
Roberto Recchia e Raffaella Russo.
Fonte: La Stampa © 3 novembre 1993
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"Teppisti !", un atto tragicomico
Allo stadio si urla in versi
Stasera alle 21 al teatro
Filodrammatici la commedia in un atto "Teppisti !" di
Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto Recchia e
Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi.
Furore allo stadio in versi. Dal
Teatro Garage di Genova al Filodrammatici: stasera, alle
21, va in scena "Teppisti !", tragicommedia in un atto
di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto
Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi.
Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande
attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni
(Nando, Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che
aspettano la domenica per stordirsi, colmare il loro
disagio di vivere e lasciarsi trascinare dalla violenza
allo stadio. Tre sbandati si ritrovano davanti allo
stadio, in attesa d' un amico che dovrebbe portar loro i
biglietti. Attesa inutile. Comincia a montare, allora,
una sorta di violenza verbale, espressa in un continuo,
incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo è
vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio
scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia,
malessere e aggressività da parte dei tre teppisti.
Indossano stivaloni, giubbotti neri di pelle con
borchie; quasi in assetto di guerra. Sulla scena stanno
dietro una rete metallica (metafora d' una gabbia che li
separa dagli spalti e dalla società): si muovono
nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i tifosi
entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano
sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore,
quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a
sentire da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale
tragico. I tre teppisti hanno così tanta voglia di
partecipare alla partita e di manifestare la loro
violenza che, prima di unirsi ad uno dei gruppi che
escono dallo stadio per dare battaglia, sfogano
l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà Cico,
il più debole dei tre, pestato a sangue. In
endecasillabi. S. Gr. Furore allo stadio in versi. Dal
Teatro Garage di Genova al Filodrammatici: stasera, alle
21, va in scena "Teppisti !", tragicommedia in un atto
di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro, Roberto
Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi.
Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande
attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni
(Nando, Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che
aspettano la domenica per stordirsi, colmare il loro
disagio di vivere e lasciarsi trascinare dalla violenza
allo stadio. Tre sbandati si ritrovano davanti allo
stadio, in attesa d' un amico che dovrebbe portar loro i
biglietti. Attesa inutile. Comincia a montare, allora,
una sorta di violenza verbale, espressa in un continuo,
incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo è
vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio
scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia,
malessere e aggressività da parte dei tre teppisti.
Indossano stivaloni, giubbotti neri di pelle con
borchie; quasi in assetto di guerra. Sulla scena stanno
dietro una rete metallica (metafora d' una gabbia che li
separa dagli spalti e dalla società): si muovono
nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i tifosi
entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano
sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore,
quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a
sentire da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale
tragico. I tre teppisti hanno così tanta voglia di
partecipare alla partita e di manifestare la loro
violenza che, prima di unirsi ad uno dei gruppi che
escono dallo stadio per dare battaglia, sfogano
l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà Cico,
il più debole dei tre, pestato a sangue. In
endecasillabi. S. GR.
Fonte: Corriere della Sera ©
14 aprile 1993
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Teppisti
! La commedia di Manfridi dal 14 ai Filodrammatici
Quella partita maledetta e noi tre
piccoli "Teppisti !"
di Luca Dondoni
MILANO - Luca Catanzaro, Roberto
Recchia e Raffaella Russo sono gli interpreti di
"Teppisti !", una pièce di Giuseppe Manfridi, al Teatro
Filodrammatici da mercoledì 14 aprile fino al 2 maggio
prossimo. La regia dello spettacolo è di Sergio Maifredi
e l'autore ha pensato e realizzato un testo di questo
genere dopo aver visto le drammatiche immagini della
strage dello stadio Heysel. "Sono un tifoso anche io -
ha detto Manfridi parlando - e amo profondamente il
calcio. Ho scritto "Teppisti !" mentre stavo traducendo
una commedia di Barry Keefe intitolata "Dio salvi la
regina" composta da vari episodi. In uno di questi si
racconta di uno di questi ragazzini tifosi del
Manchester United e, mentre stavo raccontandone le
gesta, sul mio televisore sono apparse le immagini dello
stadio della strage. La mia penna ha cominciato a
scrivere altro. Ho partorito una storia usando il
linguaggio giovanile. Appena ho terminato di scrivere
Teppisti !", ho voluto farlo leggere proprio a Keefe che
si è detto entusiasta". La storia è quella di una
giovane coppia, Nando e Giovanna, che si aggira per
l'Italia in compagnia di un amico chiamato Cico. Le
rotte sono quelle della squadra del cuore perennemente
in trasferta per tutto il campionato. Da Torino a
Milano, da Napoli a Genova. Da questi viaggi i resoconti
delle "battaglie" cruente, degli scontri avventurosi e
spesso "gonfiati" con la polizia, i carabinieri e gli
avversari. In tutto ciò non bisogna dimenticare le
terribili arrabbiature per il gol subito e la gioia per
quello segnato. In quel legame violento ad una bandiera
che sembra aver sostituito la madre, e all'idolo del
cuore che sostituisce Dio, c'è tutta l'incongruenza di
una generazione spesso disattesa, disillusa e
fondamentalmente triste. Dice ancora Manfridi: "Gli
attori che rappresentano lo spettacolo riescono a dare
il meglio di se stessi quando, recitando gli slogan
classici dello stadio, trasmettono al pubblico quella
sensazione di vuoto che comprende tutto ciò che è
inerente a molti movimenti di massa e alla logica
insulsa di quei gruppi dove le tensioni, feroci, sono in
verità il risultato di altrettante solitudini".
Fonte: La Stampa ©
11 aprile 1993
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Quando l’Heysel ci tira la Manica
di Domenico Laudadio
Il monologo "39 Stories: lost lives
at Heysel ("39 storie: vite perse all'Heysel") scritto e
interpretato dall’attore bergamasco Omar Rottoli in
scena al "THE PLAYGROUND THEATRE" di Londra il 14 maggio
2022, 37 anni dopo l’assurda strage di 39 innocenti a
Bruxelles, causata dalla viltà e dalla ferocia di una
parte della tifoseria britannica nel settore Z dello
Stadio "Heysel" il 29 maggio 1985 durante la finale di
Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool.
"If Muhammed can't go to the
mountain, it shall come to him (Se Maometto non va dalla
montagna, la montagna va da Maometto)" è il rovescio
consolidato nel modo di esprimersi popolare di un noto
proverbio antico. E la vicenda dell’Heysel è proprio
come quella montagna che in Inghilterra (decisamente più
sponda Liverpool) rappresenta da sempre una vetta
maledetta da non scalare mai a piedi, rischiando le
vertigini del rimorso e del pentimento, ma aggrappandosi
al soccorso di quei pochi mezzi di fortuna, quali
giustificazioni, leggende metropolitane e false verità,
fra goffe richieste di "amicizia" e postume offerte
floreali e bandiere a mezz’asta in memoria delle
vittime, benché lodevolmente puntuali in ogni
anniversario.
"A ridosso del trentasettesimo
anniversario della tragedia dell’Heysel, riteniamo
doveroso raccontare, ancora una volta, la vita stroncata
di 39 vittime innocenti. Lo faremo portando il Monologo
di Omar Rottoli a Londra. Verrà rappresentato nella sua
versione originale in italiano e tradotto
simultaneamente in inglese. Un doveroso tributo alla
veridicità storica che superi per sempre l’ipocrisia
dell’opinione pubblica britannica, incline a considerare
gli allora Hooligans inglesi "responsabili" ma non
"colpevoli". Un Grazie ai ragazzi bianconeri di Londra
che si sono prodigati, insieme alla nostra Associazione,
perché tutto questo potesse realizzarsi. + 39 RISPETTO.
QUELLI DI… VIA FILADELFIA". Questo è il messaggio
inviatomi da Beppe Franzo, il Presidente
dell’Associazione Culturale "Quelli di… Via
Filadelfia", la quale con tanti sforzi e sacrifici
economici ha organizzato questa autentica "mission"
teatrale nella capitale inglese.
Non è la prima volta (né certamente
sarà l’ultima) che il teatro allatti la Memoria della
Tragedia di Bruxelles al suo seno prosperoso. In questa
pagina del museo virtuale da me curato da più di un
decennio ne trovate ogni sospiro. E non sarà nemmeno la
prima volta che Omar Rottoli si cimenta
nell’affabulazione scenica, brillante e credibile
narratore del Teatro Civile di Marco Paolini ("Il
racconto del Vajont", "I-TIGI Canto per Ustica") o
interprete arruolato alla guerra ("Il battaglione
bosniaco") o prestato al musical e al teatro religioso
ed a tanti altri spettacoli. Sono certo che il
sentimento che lo avvince da tanto tempo al delicato
argomento (materia di studio e confronto a lui tanto
cara) renderà molto più che dignitoso il risultato di
scena non soltanto artisticamente, ma soprattutto dal
lato umano. Scottati da altre esperienze
negative, anche comuni e non troppo lontane, i membri
dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime
dell’Heysel potrebbero legittimamente domandarsi: "Ma
siamo in mani proprie sicure ?". Non nascondo di aver
loro manifestato in altri casi e altre proposte di
messinscena più che motivate perplessità sul rischio di
spettacolarizzare un dolore in fondo ormai lontano, ma
ancora così riacutizzabile in questo nostro tempo
avvezzo alla guerra e all’odio fra i popoli.
L’esecrabile scippo di chi attenta predone il silenzio,
violandone il pudore e quel diritto sacrosanto alla
riservatezza dei familiari dei caduti, si è affacciato
sempre da dietro l’angolo di quel pezzo di curva di tufo
sbriciolato franata per colpa degli Inglesi e della Uefa.
E fatalmente la lettera "Z" che ne denominava il settore
è ritornata diabolicamente a rappresentare aggressione e
morti dopo 37 anni, dipinta di bianco sui carri armati
russi che calpestano i civili in Ucraina e benedetta dal
Patriarca in vesti barocche che reclama finanche Dio
dalla loro parte.
Allora come oggi è sempre più
difficile accettare la nuda verità. È amara da masticare
e digerirla. Si ruotano in tanti giri certe parole per
non pronunciare le uniche giuste. Si narrano spesso
facezie, argomentandole per fonti autorevoli. Lo diceva
proprio bene Oscar Wilde, a proposito del teatro: "Un
uomo non è del tutto sé stesso quando parla in prima
persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità"...
L’occasione propizia che certamente Omar non fallirà
così che un’eco struggente risuoni fino a Liverpool
affinché riesca finalmente a decifrare la prima delle
parole corrette e appropriate da scrivere a caratteri
cubitali in Kop ad Anfield Road riferite all’Heysel:
"Per-do-no !". Magari anche la prossima volta.
Lo sappiamo troppo bene in ogni
latitudine del mondo che la violenza sugli innocenti è
il crimine più infame fra tutti e non si estingueranno
mai le colpe dei suoi responsabili. Si cristallizzano
fendenti nel cuore della Storia dell’Umanità che è la
Memoria, sconvenevole eredità di quanti siano
apparentati sia ai carnefici che alle loro vittime. Poi,
se l’Amore fra gli esseri umani prevale, nonostante
tutto, si trasfigurano, polverizzandosi in sementi della
speranza per il raccolto delle generazioni future.
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
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14 aprile 2022
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34 anni dopo, ricordata la tragedia
dell’Heysel
in Comune a Torino:
"Un sogno spogliato, violentato"
di Massimo De Marzi
Così Emilio Targia ha rivissuto la
sera del 29 maggio 1985 e il dramma avvenuto prima di
Juve-Liverpool. Beppe Franzo: "+39 per ricordare quelle
vittime. Le tragedie vanno condivise da tutti, senza
distinzioni e colori".
Era piena la Sala Colonne del
Comune di Torino nella serata di ieri. Non per una
conferenza stampa, ma per rivivere, insieme, una notte
che, chi c'era quel 29 maggio 1985, non potrà più
dimenticare. La tragedia dell'Heysel è stata una delle
pagine più buie e nefaste della storia del calcio. 39
vittime innocenti della follia degli hoolingans inglesi
nella curva Z dello stadio di Bruxelles, prima della
finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool. Beppe
Franzo con la sua associazione "Quelli...di via
Filadelfia" ha voluto organizzare una serata per tenere
viva la memoria di quel dramma nei confronti delle
giovani generazioni. Perché solo non dimenticando si
potrà evitare che una sciagura del genere possa
ripetersi. La serata inizia con la proiezione di un
video, immagini in super 8 dai colori sbiaditi, che
riportano le lancette a quel pomeriggio di 34 anni
prima. "Ricordare per non dimenticare", sottolinea
Franzo nella sua introduzione, dopo i ringraziamenti di
rito. "E’ ora di finirla, da parte delle altre
tifoserie, pensando di attaccare la Juve tirare in ballo
quelle vittime. Troppe volte si sono visti striscioni
con scritto -39: per questo noi abbiamo deciso di
scrivere +39, come è il prefisso per chiamare l’Italia,
perché quelle persone, prima che tifosi bianconeri,
erano cittadini italiani". Per fortuna, Franzo fa notare
che ci sono stati segnali incoraggianti, di segno
diverso, in questi ultimi anni, citando il progetto
bianconerogranata e i 70 angeli, per accomunare la
tragedia di Superga a quella dell’Heysel, cita in questo
senso l’impegno dei taxisti torinesi. "Speriamo che in
futuro non siano più necessarie manifestazioni come
queste, perché vorrà dire che i morti sono condivisi da
tutti, senza colori e distinzioni". Quindi la parola
passa a Emilio Targia, che rilegge molte pagine del suo
libro "Quella notte all’Heysel", facendo venire i
brividi. Partendo dalla gioia dell’arrivo prima a
Bruxelles e poi allo stadio, prima che attorno alle ore
19, guardando dalla curva opposta, si trovò a vivere in
presa diretta il dramma, assistendo a "quell’onda rossa
anomala che travolse tutto nel settore Z", prima di
vederne crollare una parte. Poi le prime notizie che
arrivavano, parlando di alcuni feriti, quindi di 7
morti, successivamente di 21. La voglia di scappare via,
quella voce di capitan Scirea che fece un appello in cui
invitava alla calma e diceva "giochiamo per voi", che
servì a restituire un po’ di calma, quando tutti erano
in preda alla paura e allo spavento. E dopo il frastuono
di quella sera, con le urla e le grida di dolore, con le
cariche della polizia, gli elicotteri, il rumore delle
ambulanze, mentre alle 21.42 iniziava una partita
fantasma, il giorno dopo Targia ricorda di essere
tornato allo stadio con in mano un mazzo di margherite
che, riuscendo a passare in mezzo a poliziotti e agenti,
andò a depositare in quello che restava della curva Z:
"Era il sogno spogliato, violentato: salendo e poi
scendendo dai gradini, feci attenzione a non calpestare
nulla in quello che era diventato un campo di
battaglia". Solo un calcio, alla fine, ad un pezzo di
muro che era finito tra i suoi piedi. Poi vengono citati
i nomi delle 39 vittime, prima che un lunghissimo
applauso e poi un minuto di silenzio accompagnino alla
fine di una serata vissuta col groppo in gola. "Innaffiare le radici della memoria per non
dimenticare", conclude Beppe Franzo. Perché chi ha
vissuto l’Heysel lo porterà dentro per tutta la vita.
Fonte: Torinoggi.it
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30 maggio 2019
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Veltroni firma, per il Ravello
Festival,
un monologo sulla tragedia
dell'Heysel
di Marisa Paladino
Sera del 29 maggio 1985, finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio
Heysel di Bruxelles, dopo quella partita nulla sarà come
prima nel mondo del calcio, furono trentanove a morire
sugli spalti insanguinati della curva Z travolta dagli
assalti impazziti delle tifoserie inglesi avversarie,
oltre seicento i feriti, ma l'incontro fu comunque
giocato ed i bianconeri vinsero dopo avere segnato un
rigore. Il testo-monologo commissionato a Walter
Veltroni per l'edizione 2010 del Ravello Festival ha
debuttato in prima assoluta giovedì' 8 luglio, il titolo
riprende la frase di Platini per giustificare
l'esultanza dopo il rigore ed il giro di campo a partita
finita "Quando cade l'acrobata, entrano i clown"
(pubblicato da Einaudi), in una scrittura teatrale che a
pieno titolo si inserisce nel tema della follia
leitmotiv del festival di quest'anno. L'autore,
appassionato tifoso di calcio e juventino da sempre, ha
immaginato il racconto sofferto del protagonista che,
partito per accompagnare la squadra del cuore, si trova
a vivere una assurda violenza sfociata in un folle bagno
di sangue. Sono versi liberi che ondeggiano in una
sofferta musicalità nel ricordo di quelle terribili ore,
accompagnati dalla scrittura musicale del giovane e
promettente compositore Riccardo Panfili e
dall'esecuzione strumentale dell'Ensamble InCanto
diretto da Fabio Maestri, un insieme di archi,
pianoforte, fiati e percussioni che ha scandito questo
tempo sospeso della memoria, aggiungendo carica emotiva
e suggestione crescente alla narrazione. Le magnifiche
sonorità e la voce recitante di Danilo Formica, che ha
elaborato una drammaturgia scenica ottimamente combinata
con l'andamento del testo e la sottolineatura musicale,
hanno conferito giusta tensione drammatica e profonda
malinconia allo sgranarsi di sogni e di emozioni, di
gioia e di dolore del percorso evocativo di un io
narrante teso, nel restituire le atmosfera
contraddittorie di quelle ore. Il protagonista,
nell'anniversario di matrimonio e dopo una serata di
amore, mentre la moglie dorme, si abbandona ai ricordi
di quella trasferta preparata con gioiosità infantile,
all'insaputa di lei che avrebbe sposato soltanto pochi
giorni dopo: una piccola e dolorosissima bugia,
diventata un enorme peso per gli eventi inimmaginabili
che segnarono il viaggio. Nel calcio e per l'uomo nulla
sarà come prima, si romperà l'incanto della primigenia
bellezza di uno sport appassionante che "parla all'anima
individuale e collettiva" per dirla con le parole di un
poeta. Il calcio diventerà uno sport fagocitato da forti
interessi economici e da una spettacolarizzazione ad
ogni costo, e quando si allontanerà dalla fantasiosa
creatività che incanta e diverte rischierà di offrire un
assurdo rovescio della medaglia, l'essere cioè il
coagulo esplosivo di rabbia individuale e sociale.
Ritornando alle vicende della storia, il protagonista
ripensa a quella partenza festosa ma l'incipit di grazia
è breve, ci si ritrova inattesamente e da subito nel
fuoco di un crescendo narrativo che scaraventa
nell'assurdità di un massacro incomprensibile, dove
l’assolo di una umana follia renderà quei corpi, caduti
sotto l'irruzione dell'onda inglese, un inutile ammasso
di carne. Eppure "la partita si farà". In scena esplode
il fragore di suoni che ritmano con corifea coralità un
prima ed un dopo, l'evento è atemporale e l'andamento
musicale, oltre la perfetta voce recitante, tra suoni
ripetitivi e dissonanti e melodie che declinano fino al
silenzio, accorda rotture e pause ad un continuum
narrativo, sospeso tra il registro dei flashback e la
rassicurante notte di liberazione, pause che sono un
invito a raccogliere il pensiero attonito per andare
oltre. Narrazione e personale Spoon River, in cui
l'orrore dei corpi ammassati e l'apocalisse scatenata da
questa assurda guerra trova pacificazione in una
dimensione di riscatto e di verità, nel reclamare la
vita, nello stupirsi alla vista del corpo dell'amata e
nell'attesa di un'alba nuova, per i fatti tragici il
minimale riscatto è nella sentenza che riconobbe le
responsabilità della strage esiliando le squadre inglesi
dalle Coppe per 5 anni, il Liverpool per 6. La squadra
italiana quella sera giocò e vinse ma questo sembra
nemmeno lambire il testo, nessuna interpretazione ed
analisi, raccoglimento invece, ed interrogativi di
fronte all'insensata violenza, al senso di un umano
troppo forte e toccante, che non vuole abdicare alla
morte ma si proietta verso il sole ed il nuovo giorno,
quasi che fosse la speranza di una nuova umanità. Testo
limpido e musicale, schietto e privo di retorica, che
libera l'orrore, vissuto allora nella diretta
televisiva, nella scrittura e si impossessa di emozioni
più profonde e riflessive, esaltato nella riuscita
formula di melologo moderno, in cui le parole poi
giungono al silenzio, il finale in scena infatti è solo
musica, adesso finalmente dolce, come fosse un
compassionevole requiem per quelle vittime
inconsapevoli. Fu una tragedia anche mediatica pur se
non si ebbe da subito la proporzione. Il tuffo nella
diretta di allora, simbolicamente, con la voce del
telecronista Bruno Pizzul che irrompe nella platea, gli
fu affidato il commento e la comunicazione del numero
dei morti "E' una notizia rabbrividente. E per una
partita di calcio". In chiusura i protagonisti sono
stati applauditissimi da un pubblico che ha dimostrato
visibile partecipazione ed apprezzamento, e non ha
abbandonato le postazioni neanche per il dopo
spettacolo, quando sul palco sono saliti oltre l'autore
Walter Veltroni, Daniele Formica, Riccardo Panfili ed
uno dei protagonisti in campo quella sera Antonio
Cabrini, a moderare gli interventi il direttore del
Ravello Festival, Stefano Valanzuolo. In conferenza,
Veltroni non aveva mancato di riferirsi ai Mondiali 2010
e a come essi, contro ogni pregiudizievole previsione,
si siano svolti, finora, nella massima serenità e di
come il mezzo televisivo, e di recente la rete, siano
stati e diventino sempre più determinanti nella
percezione della realtà, vera o mistificata che essa
sia. "La diretta televisiva ha amplificato la dimensione
drammatica della storia, ma da venti anni in Italia
succedono incidenti negli stadi (...) nel nostro paese
dove non si finiscono gli stadi, e quando si finiscono,
non sono utilizzati. E questo, ahinoi, non riguarda solo
gli stadi, ma anche gli Auditorium…". Ancora ricordi,
riflessioni, ringraziamenti ed auspici, la serata volge
davvero alla fine, in prestito per la nostra chiusura
riportiamo le considerazioni finali di Veltroni, quasi a
restituire il senso di queste occasioni "Torni un tempo,
che non ha colore politico, un tempo in cui si coltivi
l'amore e la passione per la creazione artistica, per il
bello, per il bello che ha dentro di sé il dubbio e la
ricerca, anche nella TV e probabilmente domani nella
rete". Ed il Ravello Festival crediamo che con questa
pregevole proposta artistica sin da ora cerchi di vivere
e far vivere questo tempo.
Fonte: Oltrecultura.it ©
10 Luglio 2010
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Al Ravello Festival
Walter Veltroni e Antonio Cabrini
ricordano la tragedia dell’Heysel
di Umberto Gallucci
"Entrano le squadre in campo, che
magnifica allegria. Quando cade l’acrobata, entrano in
scena i clown". Questa sera a Ravello, nella splendida
cornice della sala dei Cavalieri di Villa Rufolo è
andata in scena la prima assoluta "Quando cade
l’acrobata, entrano i clown" scritto da Walter Veltroni
e musicato da Riccardo Panfili. A venticinque anni dalla
strage dell’Heysel, il Ravello Festival ha commissionato
a Walter Veltroni un testo che rievocasse quella
vicenda, e a Riccardo Panfili la musica per accompagnare
il ricordo. Una serata nel ricordo di uno dei giorni più
brutti della storia del calcio mondiale, quando per una
partita di calcio persero la vita trentasei persone,
trentasei tifosi, trentasei anime innocenti. Persero la
vita uomini che percorsero tantissimi chilometri per
andare a seguire la propria squadra del cuore, sognando
di diventare Campioni d’Europa. "È una cosa
rabbrividente, inaudita. E per una partita di calcio"
così commentò durate la telecronaca Bruno Pizzul,
entrando nelle case degli italiani. Il 29 maggio 1985 il
calcio perse la sua verginità, la sua aura - cioè - di
gioco, per diventare cronaca e basta. Quel giorno, in
diretta tv, la follia si impossessò del gioco più bello
del mondo, forse definitivamente. Si disputò la partita,
comunque. Come dei clown - sottolineò Platini - i
calciatori entrarono in campo a spazzar via lo sgomento
provocato dalla caduta dell’acrobata. Di trentanove
acrobati. Sullo schermo, a fine serata, si videro le
immagini dei giocatori festanti, con la coppa sollevata
al cielo. Mentre in sovrimpressione scorrevano i numeri
telefonici messi a disposizione dei parenti o degli
amici delle vittime: il gioco era finito. "Qualcuno
ascolta. Aspetta. Trattiene il fiato, proprio qui,
accanto. E dice: quello lì che parla sono io. Mai più
dice, sarà tutto così quieto…". Così Daniele Formica
inizia a raccontare la sera più brutta del calcio
mondiale, da quella sera il calcio non è stato più
quieto, perché quella è stata solo la prima delle tante
tragedie. Gli Hooligan avevano colpito, lasciando il
segno, troncando in un giorno di "festa" la vita di
trentasei tifosi. Accompagnato dalle melodie scritte per
l’occasione da Riccardo Panfili, suonate dal gruppo
diretto dal Maestro Fabio Maestri, Formica ha ricordato
quella tragica giornata. Una serata particolare, un
evento unico al mondo, voluto dal Ravello Festival
nell’anno della "Follia" perché quella fu pura follia.
Un racconto sospeso tra opera e teatro, tra reading
letterario e melologo moderno. Attraverso un lungo,
malinconico flashback, Veltroni esplora il lato folle di
quello che una volta era considerato solo un gioco,
evocando una delle più assurde tragedie consumatesi, nel
1985 a Bruxelles, intorno ad un campo di calcio. Dopo la
rappresentazione, si è tenuto un dibattito con l’autore
dell’opera, Walter Veltroni e uno dei protagonisti di
quella partita, il Campione del Mondo Antonio Cabrini.
"Il sangue delle guerre è prevedibile, in una festa come
il gioco del calcio il sangue non è prevedibile - così
Veltroni ha aperto il dibattito - per raccontare tutto
questo bisognava seguire lo stesso schema prendendo il
momento più dolce, una notte d’amore in un anniversario
di matrimonio ma riempirlo della sensazione di quella
tragedia, del racconto di quella tragedia". Attraverso
la musica il racconto è stato più emozionante, e
Veltroni ringrazia il Maestro Panfili per essere
"riuscito a realizzare un lavoro splendido" in più
aggiunge "mi fa molto piacere che sia stato un giovane
compositore italiano a realizzare una produzione della
quale Ravello e Rai Trade hanno il merito". Nel corso
del dibattito l’ex segretario del Partito Democratico
torna a sottolineare che una festa non può essere
macchiata di sangue, "festa e sangue è un binomio
agghiacciante, spero che il racconto di questa sera sia
riuscito a ricostruire la dimensione di quella follia".
Veltroni nel corso della serata non ha parlato solo
della tragedia dell’Heysel, ma anche del Mondiale 2010,
senza mettere in mezzo la "tragedia" azzurra. L’ex
direttore de "L’Unità" ha aggiunto "da appassionato
dell’Africa sono orgoglioso di quello che gli africani
hanno dimostrato in questo mondiale, tutti si
aspettavano "gli stadi non finiranno !!!", loro li hanno
finiti, siamo noi che di solito non finiamo gli stadi".
In Italia gli stadi ora sono più vecchi rispetto a
quelli del Sudafrica, è vero, è in Italia che gli stadi
non vengono ristrutturati. Veltroni parlando di stadi e
ristrutturazione degli impianti, lancia una frecciatina
e si unisce alle critiche che in questi ultimi mesi
riempiono i giornali d’Italia, in riferimento
all’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello dicendo "oppure
quando finiamo gli auditorium non li apriamo". Così
Walter Veltroni commenta la situazione non positiva, per
una struttura costata miliardi e che per ora è ancora
"chiusa". La follia è il tema del Festival 2010, così
Veltroni tira in ballo nuovamente la follia dicendo "Si
diceva che il mondiale sarebbe stato caratterizzato
dalla violenza, è successo nulla solo qualche furto che
succede ovunque".
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Il Mondiale che sta per terminare con
una finale tutta europea, quest’anno al Festival non
sarà proiettata la finale, nel 2006 portò lo schermo sul
Belvedere di Villa Rufolo portò fortuna agli azzurri, è
stato un grande evento e Veltroni ci tiene a
sottolineare che "Grazie alla TV tutti hanno potuto
vedere la grandezza di questo evento". L’ex
Vicepresidente del consiglio distaccandosi dal tema
della serata, si sofferma anche sulla capacità di una
modella Paraguayana, Larissa Riquelme "una ragazza del
Paraguay geniale dal suo punto di vista, che
evidentemente orchestrando un rapporto con fotografi e
cameraman è riuscita a diventare una star mondiale, era
molto bella, si è fatta inquadrare con un attillato
costume con i colori del Paraguay e, con un cellulare
collocato strategicamente". La bella tifosa del Paraguay
che aveva promesso anche uno spogliarello in caso di
semifinali, è diventata una star grazie alla TV, "questo
è un tipico caso di un nulla che diventa improvvisamente
tutto" ma aggiunge Veltroni "tutto che però poi torna ad
essere nulla come il Grande Fratello. La tv ha è una
gigantesca potenza, e non bisogna demonizzarla, ma
bisogna usarla per la sua parte positiva, cioè quella di
aiutare tutti a conoscere il dubbio, la fantasia. La tv
che abbiamo conosciuto noi era una tv che aiutava il
dubbio, ora spara certezze terribili e ogni dubbio viene
considerato quasi eversivo, invece il dubbio è l’anima
dei mezzi di comunicazione". Dopo aver parlato di belle
ragazze diventate star grazie ad un decolleté usato come
porta cellulare, Veltroni torna ad elogiare l’"Ensemble InCanto" diretto da Fabio Maestri, "Erano in sette ma
sembravano un orchestra sinfonica. Tutto molto bello,
questa è l’Italia, Ravello è l’Italia, questo Festival è
l’Italia. - commenta Veltroni - Il ruolo dell’Italia in
primo luogo è la bellezza il talento, questo è l’Italia,
se smettiamo di investire su questo e passione su
questo, noi contribuiremo a rendere questo paese diverso
da come è stato storicamente". Veltroni chiude il suo
intervento dicendo: "Torni un tempo, che non ha colore
politico, un tempo in cui si coltivi l’amore e la
passione per la creazione artistica, per il bello, per
la possibilità di portare il bello che ha dentro di sé
il dubbio e la ricerca anche nella TV e probabilmente
domani nella rete". Dopo l’autore del testo da cui è
stato tratto l’evento, ha preso la parola un campione
che ha vissuto la tragica partita dell’Heysel da vicino,
uno dei bianconeri che quella sera alzò al cielo la
Coppa del Campioni. "Che impressione ti ha fatto
risentire attraverso la voce di un attore, fatti di cui
tu sei stato testimone in una maniera surreale ?" Con
questa domanda il direttore del Festival, Stefano
Valanzuolo introduce Antonio Cabrini nel dibattito:
"Potrei definirla sconcertante, per la prima volta ho
immaginato cosa ha provato una persona che si trovava
nella curva Z in quella partita". Seguendo la
rappresentazione, il "fidanzato d’Italia", ha ricordato
quella sera, quella finale: "Mi sono reso conto che la
morte della vita è stata la sconfitta del calcio e dello
sport, ed è impensabile che in un momento di gioia, un
momento in cui lo sport è sinonimo di aggregazione e
amicizia si trasformi in una tragedia come quella
avvenuta in quel campo". Nonostante la tragedia la
partita non si è fermata, il motivo di questa decisione
lo spiega direttamente Cabrini: "si doveva giocare
perché non posso immaginare cosa fosse successo in modo
contrario. La gazzella si sarebbe trasformata in leone e
ci sarebbe stata una notte di follia nella città". Dopo
quella partita il concetto di gioco si è un po’ perso,
il divertimento legato alle partite è andato degenerando
e oggi andare a vedere una partita è diventato molto
difficile e pericoloso. "Probabilmente negli ultimi 10
anni il concetto di calcio è cambiato", -questo il
commento di Antonio Cabrini che aggiunge - "Spesso mi
chiedono cos’è un campione ? Io rispondo dicendo, un
campione è un vincente che non smette mai di sognare. Da
quella sera molta gente e molti di noi hanno smesso di
sognare, perché il sogno di un calciatore è quello di
svolgere la sua attività divertendosi, e quando questo
non avviene più il calcio non è più un gioco. Molti
hanno smesso di sognare perché si è persa la voglia di
vedere lo sport in maniera pulita". Attraverso lo
spettacolo, attraverso la musica, ma soprattutto tramite
le parole di un protagonista di quella tragedia,
avvenuta 25 anni fa, il Ravello Festival ha voluto far
capire che il calcio è un gioco, uno sport ricco di
follia. Follia che può incoraggiare un campione a
segnare un goal impossibile. Follia che aiuta un
portiere a volare, il più lontano possibile per evitare
il goal della sconfitta. Follia che spinge l’allenatore
a fare scelte impossibili. Follia che spinge i veri
amanti del calcio ad andare allo stadio per supportare
la propria squadra del cuore. Ma non la follia che rende
cechi i tifosi che negli anni stanno "ammazzando" lo
sport più bello del mondo, uno sport ricco di follia
positiva e non di violenza e odio.
Fonte: Partenopress.com ©
10 luglio 2010
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Ravello, successo per la prima di
Veltroni
I tagli alla cultura uccidono il
nostro paese. L’Italia è in primo luogo la sua bellezza,
l’Italia è anche questo festival, Villa Rufolo, ed una
località come Ravello". Walter Veltroni chiude con
queste parole il dibattito che si è svolto al termine
della prima assoluta di "Quando cade l’acrobata entrano
i clown", l’opera teatral-musicale scritta su
commissione del Ravello Festival, la quale segna il suo
debutto nella drammaturgia. Applauditi dal pubblico
l’attore Daniele Formica, accompagnato dalle musiche
originali composte dal trentenne Riccardo Panfili ed
eseguite dal vivo dall’Ensemble InCanto diretta da Fabio
Maestri. Il testo, in scena sul palco della Sala dei
Cavalieri di Villa Rufolo, prende ispirazione dalla
tragedia dello stadio Heysel del 29 maggio 1985 (39
morti e 600 feriti), ed il calcio (antica e confessata
passione di Veltroni) è la metafora per riflettere su
alcuni dei mali e delle contraddizioni della nostra
società. "Quando il direttore generale del Ravello
Festival, Stefano Valanzuolo, - dichiara Veltroni - mi
ha contattato per scrivere un testo sul tema della
follia, ho pensato alla storia dell’Heysel. Di
quell’episodio, vivo nella memoria di molti italiani, mi
ha sempre colpito il contrasto tra il sangue ed il
gioco, tra la tragedia e la festa dei giocatori della
Juventus a fine partita". Testimone diretto di quelli
attimi drammatici fu Antonio Cabrini, ieri invitato dal
Festival per raccontare la verità su di una storia
"sulla quale si è scritto e detto tanto, forse troppo".
"Venimmo a conoscenza di qualche disordine nel settore Z
- afferma Cabrini - e poi, a poco a poco, la gente
arrivava nel nostro spogliatoio chiedendo aiuto e
riparo. Capimmo che si trattava di qualcosa di molto
grave, ma quella partita si doveva giocare: se avessero
fatto evacuare lo stadio, i morti sarebbero stati molti
di più". Quella partita, afferma l’ex giocatore, ha però
segnato per sempre tutti i protagonisti. "Un campione -
dice Cabrini - è un vincente che non smette mai di
sognare, ma quella sera, molti di noi smisero di farlo".
L’Heysel, nell’opera di Veltroni, diventa perciò il
punto di rottura tra il calcio come divertimento e
gioco, ed il calcio esasperato di oggi. "Ci sono state
tante vicende come quella dell’Heysel, con bilancio
anche più grave", sottolinea Veltroni. "La diretta
televisiva ha amplificato la dimensione drammatica della
storia, ma da venti anni in Italia succedono incidenti
negli stadi". "In Sudafrica - conclude - si parlava di
mondiale a rischio. Ci sono stati soltanto due furti in
albergo. Peggiore è quanto accade nel nostro paese (50
morti negli stadi dal 1963, ndr), dove non si finiscono
gli stadi, e quando si finiscono, non sono utilizzati. E
questo, ahinoi, non riguarda solo gli stadi, ma anche
gli Auditorium…" (allusione all’opera di Niemeyer e al
caso Ravello).
Fonte: Cronachesalerno.it ©
8 luglio 2010
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"Quando cade l'acrobata entrano i
clown"
Musica: Riccardo Panfili
Testo originale: Walter Veltroni
Voce recitante e drammaturgia:
Daniele Formica
Ensemble InCanto diretto da Fabio
Maestri
In collaborazione con Edizioni
Musicali Rai Trade
"Purtroppo una notizia che debbo
dare. È ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono trentasei
morti. È una cosa rabbrividente, inaudita. E per una
partita di calcio". Così, la sera del 29 maggio 1985 la
voce del telecronista Bruno Pizzul entrò nelle case
degli italiani ad offrire l’immagine di una tragedia
tanto più spaventosa perché inimmaginabile. Quel giorno
il calcio perse la sua verginità, la sua aura - cioè -
di gioco, per diventare cronaca e basta. Quel giorno, in
diretta tv, la follia si impossessò del gioco più bello
del mondo, forse definitivamente. Si disputò la partita,
comunque. Come dei clown - sottolineò Platini - i
calciatori entrarono in campo a spazzar via lo sgomento
provocato dalla caduta dell’acrobata. Di trentanove
acrobati. Sullo schermo, a fine serata, si videro le
immagini dei giocatori festanti, con la coppa sollevata
al cielo. Mentre in sovrimpressione scorrevano i numeri
telefonici messi a disposizione dei parenti o degli
amici delle vittime: il gioco era finito. A venticinque
anni dalla strage dell’Heysel, Ravello Festival ha
commissionato a Walter Veltroni un testo che rievocasse
quella vicenda, ed a Riccardo Panfili la musica per
accompagnare il ricordo. La storia - È notte. Un uomo è
sul terrazzo di una stanza d’albergo sul mare; è qui per
festeggiare il suo decimo anniversario di matrimonio. La
donna dorme. Lui ritorna con il pensiero agli anni
trascorsi insieme e a un’unica bugia: un viaggio tenuto
celato. Aveva mentito per vedere una partita di calcio:
la finale di Coppa dei Campioni Juventus - Liverpool, a
Bruxelles. L’uomo ripensa a quella partita in uno stadio
malandato, l’Heysel. Ritorna al dramma di una vicenda
che doveva essere allegra e giocosa, e che invece
sarebbe diventata una battaglia, un insensato perdersi
della ragione nella cecità della violenza. La parola
Heysel avrebbe da allora significato morte: trentanove
morti (tre si aggiunsero alla lista di Pizzul,
purtroppo) e seicento feriti innocenti. Una strage
immane per una partita di calcio, una ferita aperta e
non più rimarginata. Walter Veltroni è stato direttore
de "l'Unità", vicepresidente del Consiglio nel governo
di Romano Prodi, segretario nazionale dei Democratici di
sinistra, sindaco di Roma e segretario nazionale del
Partito democratico. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo:
Il disco del mondo - Vita breve di Luca Flores,
musicista (2003), Senza Patricio (2004), La scoperta
dell'alba (2006) e Noi (2009). Il testo Quando cade
l’acrobata, entrano i clown (2010) è pubblicato da
Einaudi. Riccardo Panfili è nato a Terni nel 1979. A
guidarlo nella stesura dei primi lavori è stato Vieri
Tosatti. Dal 2003 al 2006 ha seguito i corsi di Azio
Corghi presso l’Accademia Chigiana di Siena. Nel 2006 ha
vinto il Primo premio del Concorso Internazionale di
Composizione "Santa Cecilia" con il pezzo per orchestra
Danzario, eseguito al Parco della Musica sotto la
direzione di Antonio Pappano.
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Nel 2008 si è aggiudicato il
secondo premio, tra 219 partecipanti, nel Concorso di
Composizione "Henri Dutilleux". Il Teatro alla Scala di
Milano gli ha commissionato un lavoro per orchestra che
sarà eseguito nella stagione 2011-2012 per la direzione
di Pappano. Nel 2010 RadioRai ha selezionato il suo
pezzo Le Roi Bombance per il prestigioso International
Rostrum of Composers di Lisbona. I suoi lavori sono
stati eseguiti dall’Orchestra Nazionale di S. Cecilia,
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino,
Orchestra della Fondazione Toscanini di Parma.
L’acrobata e il clown - musica di scena per lo
spettacolo Quando cade l’acrobata, entrano i clown - è
edito da Rai Trade. Daniele Formica è attore con
esperienze in cinema, televisione e teatro, doppiatore,
conduttore televisivo, regista ed autore teatrale. Nasce
a Dublino nel 1949. Figlio di un musicista,, cresce tra
le note e decide quindi di fare tutto tranne l’attore
che reputa un mestiere non serio. Alla morte del padre,
la paura della morte lo chiude in una solitudine ancora
più drastica della sua condizione di figlio unico. Si
rifugia nei supereroi dei comics dove scopre una
straordinaria rassomiglianza con Batman (tranne per il
fatto che non è bello, né ricco e nemmeno atletico) non
sa il sanscrito (Batman sì) ma i compagni di scuola lo
prendono per il Joker ! Per la paura della morte non
riesce ad entrare nel cimitero per portare una rosa
sulla tomba del padre, ma una sera buia e tempestosa
entra in un cinema dove danno "Il caro estinto" commedia
noir per la regia di Tony Richardson (allora marito di
Vanessa Redgrave della quale il Formica s’innamorerà
perdutamente). La visione di quel film (e più in là
negli anni anche quella di Vanessa) creano nel nostro
eroe una sorta di cortocircuito: non solo può entrare
nei cimiteri per onorare il padre ma inizia una
collezione di teschi (che venderà a peso d’oro negli
anni ’90 a Bill Gates, potendo comprarsi in seguito
svariati Macintosh) e infine scopre che con una risata
si può mettere nel sacco la paura e la stessa morte. Da
allora fa seriamente il Comico e la sua missione è far
ridere più persone possibile parlando di cose serie.
Fabio Maestri si è diplomato in Pianoforte nel 1975. E’
stato allievo di Donatoni, per la Composizione,
all’Accademia Nazionale di S. Cecilia, e di Ferrara, per
la Direzione d’orchestra, presso l’Accademia Chigiana di
Siena. Sue composizioni sono state eseguite da
Fabbriciani, Ancillotti, Scarponi. Tra il 1981 e il 1990
ha collaborato con Luciano Berio. Ha diretto al Lirico
Sperimentale di Spoleto, alla Sagra Musicale Umbra, al
Maggio Musicale Fiorentino, al Massimo di Palermo, al
San Carlo di Napoli, al Comunale di Bologna, al Ravenna
Festival. Molto attivo come esecutore di musica
contemporanea, è stato ospite della Biennale di Venezia,
del Festival di Nuova Consonanza, dell’Accademia
Filarmonica Romana, del Sinopoli Festival, proponendo
prime esecuzioni di Giani-Luporini, Betta, Cardi,
D’Amico, Dall’Ongaro, Galante, Panni, Ambrosini,
Pennisi, Donatoni. Ensemble InCanto Roberto Petrocchi,
clarinetto, clarinetto basso e sax; Silvia Paparelli,
pianoforte; Gianluca Saveri, percussioni Vincenzo
Bolognese, violino I; Anna Chulkina, violino II;
Gianluca Saggini, viola; Valeriano Taddeo, violoncello.
Fonte: Ravellofestival.com
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6 luglio 2010
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In costiera anche il direttore
Pappano con un programma dedicato a Wagner
Ravello, Veltroni evoca l'Heysel e
"racconta" la follia del calcio
di Chiara Marasca
Prima assoluta dello spettacolo
nato su commissione del Festival, con testi del politico
e musiche di Panfili.
SALERNO - A distanza di poche ore
dalla finale del mondiale sudafricano, Walter Veltroni
debutta al Ravello Festival con il suo racconto inedito
sulla "follia" del calcio. Giovedì sera, infatti, la
cittadina della Costiera ospiterà la prima assoluta
dello spettacolo "Quando cade l’acrobata entrano i
clown", che, come ha raccontato lo stesso Veltroni su
Facebook, è nato da un'idea del direttore del Festival,
Stefano Valanzuolo, che alla fine del 2009 chiese al
politico con la passione per il cinema e la scrittura,
di provare a buttare giù un testo sui lati oscuri della
passione sportiva. Il racconto, pubblicato quest'anno da
Einaudi, fuso alla musica di scena di Riccardo Panfili
(edita da Rai Trade), ha dato vita a un racconto sospeso
tra opera e teatro, tra reading letterario e melologo
moderno. LA TRAGEDIA DI BRUXELLES - Attraverso un lungo,
malinconico flashback, partendo dal racconto di una
storia d'amore, Veltroni esplora il lato folle di quello
che una volta era considerato solo un gioco, evocando
una delle più assurde tragedie dello sport mondiale: è
il 29 maggio del 1985 quando a Bruxelles, poco prima
della finale di coppa dei campioni Juventus - Liverpool
i tifosi delle due formazioni si scontrano sugli spalti
(N.D.R. Nessuno scontro fra tifoserie, ma un aggressione
premeditata degli inglesi al pubblico pacifico del
settore Z della Curva): 39 persone morte, di cui 32
italiani, oltre 600 feriti. Sul palcoscenico a picco sul
mare di Villa Rufolo, Fabio Maestri dirige l’Ensemble
InCanto, Daniele Formica dà voce e volto al protagonista
della storia. Lo spettacolo di Ravello sarà ripreso da
Rai Radio3. Al termine, Veltroni assieme a Panfili, e
con Daniele Formica e Antonio Cabrini (protagonista di
quella tragica partita) prenderanno parte, a Villa
Rufolo, ad un incontro sul tema della follia, filo
conduttore dell'edizione 2010, con il pubblico del
Festival.
Fonte: Corrieredelmezzogiorno.corriere.it ©
6 luglio 2010
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