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Tutto quello che c'è da sapere sulla serie

di documentari dedicata al dramma dell'Heysel

di Vincent Hubé

Trasmessa su Planète +, la serie di documentari "La tragedia dell'Heysel" ripercorre la drammatica finale del 1985 della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, i suoi 39 morti e il ricordo indelebile che questo disastro ha lasciato.

Un orrore. Mercoledì 29 maggio 1985, allo stadio Heysel di Bruxelles, la finale della Coppa dei Campioni Liverpool-Juventus Torino (0-1) si trasformò in dramma ancor prima del fischio d'inizio. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese furono schiacciati a morte nel Blocco Z dopo una carica dei tifosi inglesi. Questo disastro era già stato oggetto di numerosi documentari, tra cui quello della BBC, Heysel 1985: Requiem for a Cup Final, nel 2005. Prodotta nel 2022 e ora disponibile in Francia su Planète +, la serie The Tragedy of Heysel, la sua, per la sua ambizione: sei episodi da 52 minuti ciascuno per descrivere non solo la sequenza fatale degli eventi del giorno della partita, ma soprattutto per seguire la traccia che hanno lasciato fino ad oggi. L'idea per questa docuserie viene dal Belgio. "Nel novembre 2020, la produttrice belga Geneviève Lemal mi ha chiamato per acquistare i diritti del mio libro", racconta Jean-Philippe Leclaire, vicedirettore editoriale de L'Équipe e autore, nel 2005, di Heysel, una tragedia europea (edizioni Calmann-Lévy ). Ha risposto a un bando di gara del canale belga RTL e Netflix per documentari e fiction. Netflix non è rimasto, ma ho scritto il docufilm e RTL l'ha comprato". Per la produzione, il produttore si è rivolto al regista Jan Verheyen, molto popolare nelle Fiandre. Verheyen, Jean-Philippe Leclaire e il giornalista Eddy Pizzardini hanno poi condiviso le interviste ai molteplici protagonisti del dramma, autorità belghe, vittime italiane e tifosi inglesi in particolare. "Volevamo avere una serie corale, con tutti i punti di vista", insiste Jean-Philippe Leclaire. Essere francese mi ha aiutato un poco". Eddy Pizzardini dettaglia il metodo per convincere i testimoni a parlare: "Ci siamo concessi il lusso di fare scouting. Con Jan siamo andati a incontrare tutte le persone da intervistare un mese prima delle riprese, senza telecamera. Quasi quarant’anni dopo, c’è ancora molta modestia ed emozione". Il più complicato ? Convincere i calciatori presenti durante la partita a testimoniare. "Per i giocatori rimane un tabù assoluto. Abbiamo contattato tutte le persone ancora vive e tutti quelli che hanno risposto "sì" sono nel film", spiega Jean-Philippe Leclaire. A testimoniare sono Mark Lawrenson e Sammy Lee, del Liverpool, e Sergio Brio, Massimo Briaschi e Stefano Tacconi, della Juve. Ian Rush apparentemente era d'accordo, ma il centravanti gallese dei Reds ha interrotto la produzione due giorni prima delle riprese… D'altronde i colloqui con Lee e Lawrenson sono andati bene a Liverpool, in tribuna ad Anfield. "Siamo stati accolti molto bene dal Liverpool, abbiamo potuto filmare all'interno dello stadio e durante Liverpool-Inter (0-1) di Champions League (ritorno ottavi, 8 marzo 2022) perché RTL ha i diritti Champions League. Con la Juve è stato più complicato. Abbiamo chiesto di fare delle foto all'interno dello stadio (l'Allianz Stadium), ci hanno detto che non era rilevante perché non era più uguale a quello di allora (lo Stadio Comunale)".

E Jean-Philippe Leclaire prosegue: "A Torino c'è ancora il senso di colpa. La cosa più sorprendente oggi è che dopo la partita, quando abbiamo saputo il bilancio delle vittime, ci sono state scene di festa in città. La gente usciva per le strade, festeggiava, si gettava tutta vestita nelle fontane, ecc. La Juve è un club che vuole avere sempre un'immagine impeccabile, dove nulla stona. La catastrofe non si adatta a questa immagine". Tra chi non ha voluto testimoniare spicca un nome, quello di Michel Platini, unico marcatore della finale, su rigore inesistente. Nel documentario l'atteggiamento post-partita del fuoriclasse francese della Juve viene messo in discussione da più relatori. "Era in una forma di completo rifiuto, secondo Leclaire. Con la Juve ha giocato per quasi tutte le cause umanitarie possibili. Che si sia sempre rifiutato di giocare per le vittime francesi dell'Heysel è abbastanza strano….". Interpellato quasi fino alla fine del montaggio, il triplo Pallone d'Oro (1983, 1984 e 1985) ha comunque accettato fossero utilizzati estratti di una vecchia intervista, per un documentario RMC Sport risalente al 2018. Altri testimoni non hanno esitato a tornare su ciò che ha sconvolto le loro vite nel 1985. Come il commissario di polizia di Bruxelles Roland Vanreusel, ancora in lacrime mentre racconta i fatti. O il capitano della gendarmeria fiamminga Johan Mahieu, perseguitato ancora oggi dal senso di colpa. Potremmo citare anche Terry Wilson, condannato dalla giustizia belga a cinque anni di carcere per la sua partecipazione più che attiva alla carica dei tifosi dei Reds. Nel 2005, su iniziativa de L'Équipe, incontrò la famiglia di Roberto Lorentini, una delle 32 vittime italiane della tragedia, per "chiedere perdono". Anche un altro sostenitore dei Reds, John Welsh, era all'Heysel nel 1985. Quando il muro del Blocco Z crollò, partecipò al salvataggio, salvando diversi spettatori. "È il personaggio più forte del documentario, secondo Jean-Philippe Leclaire. È stato molto difficile convincerlo. Al nostro primo incontro, a Liverpool, non venne. È un eroe, ha salvato le persone, ma, paradossalmente, è quello più disturbato. È in analisi ed è stato il suo psicologo a consigliargli di partecipare al film". Nel 2025 saranno quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel. Secondo Jean-Philippe Leclaire, "questa storia non è ancora risolta. Ho chiesto agli italiani: "Siete pronti a perdonare ?" La risposta non è chiara". "Le famiglie delle vittime resteranno segnate per sempre", continua Eddy Pizzardini. La serie si chiude con gli sfoghi della tifoseria contemporanea alle riprese, come quelli che hanno costellato la finale Italia-Inghilterra di Euro 2021 (1-1, 3-2 in tabellone), a Wembley. "E oggi in Italia, tra violenza e razzismo, sugli spalti c'è il pericolo", ricorda Eddy Pizzardini. Alcuni dei nostri interlocutori sono sconvolti da ciò che vedono". L'Heysel è sempre un argomento caldo. Fonte: Lequipe.fr © 7 marzo 2024 Fotografia: RTL © Icona: it.vecteezy.com ©

 

Su Planete+ "La tragedia dell'Heysel" e la

piaga del teppismo raccontati in sei episodi

di Alain Costante

Lo stadio Heysel, a Bruxelles, il 29 maggio 1985, nella serie di documentari "The Heysel Tragedy", di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen.

Le immagini sono spaventose. Vediamo uomini, donne, adolescenti calpestati, schiacciati, asfissiati, a volte perdendo la vita sotto l'occhio di telecamere poste il più vicino possibile a questo caos. Siamo nel 1985, un periodo in cui la piaga del teppismo continua a devastare. Altre immagini? Quelli degli hooligan britannici ubriachi di alcol e di rabbia traboccano di un sottile cordone di poliziotti inermi. Poi provocando il panico tra i tifosi italiani riuniti nel fatiscente blocco Z di uno stadio dell'Heysel, anch'esso incredibilmente fatiscente, con alcune tribune senza posti a sedere, i suoi blocchi di cemento crepati, le sue fragili separazioni metalliche. Queste immagini rimangono, quasi quarant'anni dopo, sorprendentemente violente. Il 29 maggio 1985, nello stadio Heysel di Bruxelles, gremito di 58.000 spettatori, non era ancora iniziata la finale europea da sogno tra Liverpool e Juventus e la strage era già finita. Risultati delle accuse di hooligan: 39 morti (32 italiani, 4 belgi, 2 francesi, 1 nordirlandese) e centinaia di feriti gravi. ASCOLTA TUTTI I PUNTI DI VISTA - Autore di un'opera di riferimento sull'argomento ( Heysel. Una tragedia europea Calmann-Lévy, 2005), Jean-Philippe Leclaire, oggi vicedirettore del quotidiano Il gruppo , è l'autore di questa serie di documentari in sei episodi da cinquantadue minuti ciascuno. Sei fasi ben identificate ("Gear", "Collapse", "Show", "Responsible", "Guilty", "Forgiveness") che consentono di contestualizzare l'evento nel suo tempo. Discutere dell'Heysel in televisione ? Il disastro era già stato oggetto di numerosi documentari, in particolare quello della BBC nel 2005 ( Heysel 1985: Requiem per una finale di Coppa ), ma il format della serie firmata Jean-Philippe Leclaire (con Eddy Pizzardini) e diretta da Jan Verheyen è un progetto molto più ambizioso. L'idea era quella di farne una serie corale, dando voce a tutti i punti di vista: vittime italiane, famiglie in lutto, aggressori inglesi, polizia e gendarmi belgi, funzionari della Federazione belga e della UEFA, leader politici, magistrati. Senza dimenticare, una missione delicata poiché il tabù dell'Heysel è ancora una realtà, le testimonianze dei giocatori del Liverpool (Mark Lawrenson, Sammy Lee) e della Juventus (Stefano Tacconi, Sergio Brio, Massimo Briaschi) dell'epoca. Adottando una visione a lungo termine, Leclaire, Verheyen e Pizzardini riescono a moltiplicare le strade e a sviscerare un episodio traumatico: il teppismo trionfante, l'incompetenza della polizia, l'impotenza delle autorità. Ma anche la decisione di giocare la partita nonostante le autorità (la ZDF tedesca è l'unico canale a decidere di non trasmettere la partita), l'atteggiamento di Michel Platini, autore del gol vittorioso e colpevole di avere festeggiato, il lungo processo presunti colpevoli, complicati tentativi di riconciliazione, tutto viene analizzato. Il viaggio inizia pochi mesi prima della tragedia e si conclude nel 2022, a Bruxelles, Liverpool, Arezzo, Bassano del Grappa. Alla ricchezza delle immagini d'archivio (BBC, RTBF, RAI, notiziari francesi, tra gli altri) si unisce l'emozione suscitata dalle parole di alcune testimonianze, in particolare quelle di John Welsh, tifoso del Liverpool che ha salvato la vita a otto persone all'Heysel. (La tragedia dell'Heysel, serie di 6 documentari di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen (Belgio 2022). Fonte: t.dayfr.com © 30 Marzo 2024 Fotografia: RTL © Icona: it.vecteezy.com ©

 

I fantasmi dell’Heysel, un racconto ininterrotto

di Giampiero Raganelli

INTERVISTA - Parla Jean-Philippe Leclaire, autore di un libro sulla tragedia dell’85 e di una miniserie tv.

Fu una lunga serata quella del 29 maggio 1985: il mondo sportivo aspettava con ansia la finale di Coppa dei Campioni, allo stadio Heysel di Bruxelles, dove si confrontavano le due squadre europee più forti dell’epoca, la Juventus e il Liverpool. I quattrocento milioni di spettatori, che in tutto il mondo si erano sintonizzati sulla partita, appresero degli assalti degli hooligan, gli ultrà inglesi, agli spettatori del settore Z, che portarono a 39 vittime, schiacciate, calpestate. "Giocheremo per voi": fu il messaggio dall’altoparlante del capitano bianconero Gaetano Scirea: la finale fu disputata ed ebbe una funzione anestetizzante per tifosi e giocatori juventini, che a fine partita esultarono per la vittoria. A distanza di 37 anni da quei fatti è stata realizzata la miniserie documentaria The Heysel Tragedy di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen con Eddy Pizzardini, prodotta da Scope Pictures. La serie, trasmessa dalla tv belga, è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma, e poi all’IDFA di Amsterdam e al Red Sea Festival di Gedda. In questa occasione abbiamo incontrato l’autore Jean-Philippe Leclaire, giornalista sportivo francese di L’Equipe, che segue da tempo i fatti dell’Heysel. Sul suo libro Le Heysel. Une tragédie européenne, uscito in Italia come Heysel - La tragedia che la Juventus ha cercato di dimenticare, si basa il documentario.

Molti giovani probabilmente non sanno nulla dell’Heysel. Avete realizzato la serie proprio per non dimenticare ?

L’hooliganismo è tornato in diversi paesi, alcuni di quei meccanismi si ripropongono. Nella finale di Champions League a Parigi, i tifosi del Liverpool sono stati le vittime stavolta. Ma l’atteggiamento dei politici francesi, la negazione totale, gli errori nella sorveglianza, ci riportano ai tanti errori fatti a Bruxelles 37 anni fa. Si può ancora imparare qualcosa. La cosa più importante per noi, pur parlando delle circostanze, è stata raccontare le storie umane, i destini. Di queste persone da Torino, Arezzo, Reggio, che andarono a vedere una partita di calcio con il loro padre o figlio, e non sono mai tornate. E quelli che sono sopravvissuti non sono più quelli che erano fino a prima di quel giorno. È la stessa cosa per i tifosi inglesi, anche quelli che poi sono stati condannati al processo. Solo 40 minuti e le loro vite sono cambiate per sempre.

Nel documentario c’è sempre un’alternanza dei punti di vista, italiani, inglesi e belgi. Perché era importante questa pluralità ?

Ci sono ottimi documentari e ottimi libri in merito, ma sempre da un’ottica. In Italia sono dalla parte delle vittime, in Inghilterra tendono a dare la colpa ai belgi, in Belgio agli inglesi. Noi come francesi potevamo essere neutrali e studiare la storia da tutte le prospettive. Ovviamente nessuno ha delle buone ragioni per uccidere, ma anche i tifosi inglesi esprimono le loro ragioni, che possiamo considerare stupide. Dopo 37 anni, ripetono ciò che avevano sostenuto al processo. Quello che rende tutto molto simbolico è che successe a Bruxelles, la capitale d’Europa. Non avrebbe dovuto verificarsi eppure è stato un disastro per tanti motivi, la polizia, i tifosi, la Uefa.

Una cosa molto toccante è l’incontro tra il tifoso inglese Terry Wilson e la famiglia Lorentini di Arezzo che, nella tragedia, perse Roberto, medico, travolto mentre cercava di soccorrere dei feriti. Come è nato quell’incontro ?

È successo dopo il libro. Intervistai Terry a Liverpool nel 2004, lui si sentiva in colpa per non sentirsi abbastanza in colpa. Voleva che gli raccontassi le storie delle famiglie italiane e mi chiese se credessi sarebbe stato possibile andare in Italia a incontrarli. Lo chiesi al signor Lorentini che non sapeva come reagire, allora dissi a Terry di scrivergli una lettera. Dopo averla letta il signor Lorentini acconsentì all’incontro. Ma ad Arezzo, nei primi 15 minuti dell’intervista, mi stavo maledicendo. Lorentini era ancora molto emozionato, ma alla fine si sentiva meglio. Gli disse di non essere pronto a perdonarlo ma che già il fatto di essere venuto lì fosse importante. Gli chiese di aiutarlo nella sua idea di organizzare un’amichevole tra le giovanili della Juventus e del Liverpool. Tornai a Liverpool con Terry. Lui era in contatto con il parroco ufficiale della società, tramite cui incontrammo Rick Parry, il presidente del Liverpool. Così fu possibile organizzare l’evento e Terry ebbe un ruolo. Fu il suo modo di dire che gli dispiacesse, come continuava a ripetere durante l’intervista.

La serie comincia con l’intervista al portiere della Juventus Stefano Tacconi che fa le riflessioni più intelligenti. Altri giocatori non hanno saputo elaborare l’episodio ?

Conosco bene Michel Platini, ho scritto due libri su di lui e l’ho intervistato tante volte. Credo si senta ancora in colpa non tanto per aver giocato ma per le sue reazioni dopo il goal e a fine partita. Abbiamo intervistato 2 o 3 giocatori del Liverpool e 3 o 4 della Juventus: sono tutti quelli che hanno accettato di parlare. Lo avevamo chiesto a tutti, anche alle riserve. Alcuni hanno detto assolutamente di no. Ian Rush doveva fare l’intervista ma l’ha disdetta il giorno prima, alcuni hanno chiesto di essere pagati, il che è assurdo. Anche quando ho scritto il libro, nel 2005, Phil Neal il capitano del Liverpool ha chiesto di essere pagato. Incredibile. Credo che per molti dei giocatori ci siano ancora alcuni fantasmi di Bruxelles, fantasmi dell’Heysel che li tormentano ancora oggi.

Come giudichi la telecronaca del giornalista italiano Bruno Pizzul ?

Dal nostro punto di vista è stato bravissimo. I commentatori francesi hanno cambiato atteggiamento. Prima erano disperati e dicevano che fosse inaudito giocare con quell’orribile tragedia, ma, durante la partita, si comportavano come se non fosse successo niente. Pizzul annunciò che avrebbe commentato la partita in un tono neutrale e lo mantenne, anche dopo il goal di Platini. Invece in quel momento i francesi erano esaltati. Fu molto coraggioso. Fonte: Ilmanifesto.it © 25 marzo 2023 Fotografie: Jean-Philippe Leclaire © GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use) Icona: it.vecteezy.com ©

 

LA RICOSTRUZIONE

Heysel, la strage diventa una docuserie

di Francesco Fredi

La tragedia consumatasi allo stadio Heysel di Bruxelles la sera del 29 maggio 1985 nel prepartita della finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool ritrova analisi storica e attualità nella docuserie "The Heysel Tragedy" in concorso oggi nella sezione Progressive Cinema del penultimo giorno della diciassettesima Festa del Cinema, di Roma.

Le prime due puntate dell’inedito documentario (nel 2005, dopo alcuni audiovisivi italiani autoprodotti, uscì invece "Heysel: the Day Football Died" di Brian Henry Martin) proiettate in anteprima stamane ricostruiscono cause, eventi e testimonianze sulla morte di 39 persone - 32 delle quali italiane, fra i quali i bresciani Tarcisio Salvi e Domenico Ragazzi - che perirono nella calca del crollo di un muro, sotto la spinta degli attacchi degli hooligans, nel settore Z del fatiscente impianto sportivo. La serie prodotta in 6 episodi da 55 minuti dalla belga Scope Pictures e dall’italiana Palomar andrà poi in tv su rete o streaming ancora da stabilire. L’hanno diretta Jan Verheyen, Jean-Philippe Leclaire (autore nel 2005 di "Le Heysel, une tragédie europeenne" uscito in Italia nel 2006 per Piemme col titolo "Heysel. La tragedia che la Juventus ha cercato di dimenticare") ed Eddy Pizzardini. Hanno raccolto fatti e ricordi approfondendo anche i tanti lati oscuri della disorganizzazione che favorì la strage e causò anche 600 feriti. La troupe ha girato anche in Italia in alcuni luoghi natali delle vittime; come l’allora 44enne Domenico Ragazzi, di Ludriano di Roccafranca, e il 49enne Tarcisio Salvi, titolare della pizzeria Cucca a Brescia, le cui spoglie riposano al cimitero di Borgosatollo. Salvi, figlio di emigrati in Belgio, proprio a Bruxelles aveva conosciuto Marie Jeanne "Marisa" Andries, poi sua moglie e madre dei loro 4 figli, che, pur 85enne, nel maggio 2021 esprimeva dolente testimonianza. Sul tema-Heysel opera l’Associazione dei Familiari Vittime Heysel, anche attraverso il museo virtuale multimediale www.saladellamemoriaheysel.it Fonte: Giornaledibrescia.it © 22 ottobre 2022 Video: Mariella Dei (Zenith Magazine) © Icona: it.vecteezy.com ©

 

THE HEYSEL TRAGEDY - Alla Festa di Roma in anteprima

La docuserie di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen THE HEYSEL TRAGEDY, su una delle più grandi tragedie avvenute in uno stadio di calcio, prodotta da Scope Pictures e Palomar, sarà presentata in anteprima italiana con i primi due episodi in chiusura della Festa del Cinema di Roma sabato 22 ottobre alle 11.30 al Teatro Studio Borgna.

La sera del 29 maggio 1985, a Bruxelles, al vecchio e cadente stadio dell’Heysel, è in programma la finale di Coppa dei Campioni di calcio tra il Liverpool, il club inglese più titolato nelle competizioni internazionali e già detentore del trofeo, e la Juventus, il club più importante e vincente d’Italia. La grande festa dello sport tuttavia – attesa da 400 milioni di tifosi e appassionati da tutto il mondo – si trasforma all’improvviso in una carneficina, che conta 39 morti e centinaia di feriti. Ma come avviene l’escalation? Quali elementi contribuiscono a provocarla ? A scatenare il caos sono gli hooligans inglesi, che prima della partita, da ubriachi, caricano il famigerato settore Z, dagli organizzatori riservato ai tifosi neutri ma in realtà occupato da tifosi juventini non appartenenti al tifo organizzato: famiglie, professionisti, gente pacifica che vuole solo godersi uno spettacolo sportivo. L’effetto di queste cariche genera il panico tra gli italiani che si danno alla fuga accalcandosi verso il muro che delimita il settore Z, che cade a pezzi e non è ben presidiato dalla polizia. Con l’inevitabile crollo della struttura, 39 tifosi, quasi tutti italiani, perdono la vita schiacciati e soffocati dalla folla. Sembra l’epilogo anticipato e tragico di una serata maledetta, ma non è così. Per evitare che le voci sulla morte degli innocenti si sparga e che fuori dallo stadio vada in scena una battaglia urbana tra ultras, la Uefa e le autorità belghe obbligano Juventus e Liverpool a disputare la partita, un match tesissimo e vero, giocato in un’atmosfera drammatica, che finirà con la vittoria della Juventus grazie a un rigore discusso e servirà alle forze dell’ordine per riprendere il controllo del territorio e limitare i danni. La docuserie "The Heysel Tragedy", di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen è l’opera definitiva su una delle più grandi tragedie mai avvenute in uno stadio di calcio, un accadimento che ha cambiato per sempre la storia degli eventi sportivi europei e ha spinto l’allora primo ministro inglese Margaret Thatcher ad affrontare e risolvere una volta per tutte la piaga sociale degli hooligans.

In 6 episodi di circa 55 minuti, "The Heysel Tragedy" ricostruisce una volta per tutte l’incredibile sequenza di eventi avversi che hanno portato al disastro finale, coinvolgendo tutte le parti in causa e ascoltando le testimonianze dirette dei protagonisti di quella tragica giornata, e va a caccia del sottilissimo confine che esiste tra colpa e responsabilità. Grazie all’oggettività e all’efficacia del racconto corale, dopo 32 anni, "The Heysel Tragedy" raccoglie e rappresenta l’intero ventaglio di sensazioni legate a uno degli eventi della storia europea che più di altri ha finito per sedimentarsi nell’immaginario di intere generazioni: il freddo distacco della Uefa, che scelse uno stadio fatiscente per disputare una gara così importante; l’impreparazione delle autorità belghe, che attuarono un piano di sicurezza farraginoso, disorganizzato e inadeguato; il coinvolgimento controverso delle società di calcio, che furono costrette a scendere in campo per ragioni di pubblica sicurezza; le emozioni contrastanti dei calciatori di Liverpool e Juventus, protagonisti involontari di uno spettacolo surreale in grado di trasformare il gioco in dramma. E naturalmente, la sofferenza delle vittime, che hanno perso amici e familiari, in opposizione al senso di colpa dei colpevoli, inestirpabile e atavico rumore di fondo, prezzo di un risarcimento che non potrà mai avvenire. "The Heysel Tragedy" è una serie documentaria di Jan Verheyen e Jean-Philippe Leclaire con Eddy Pizzardini, adattata dal libro "Heysel, una tragedia europea" scritto da Jean-Philippe Leclaire, prodotta da Scope Pictures e Palomar, in coproduzione con Max Rockatanski, RTL BELUX, con la partecipazione di Wallimage e il sostegno di Tax Shelter du Governement fédéral belge tramite SCOPE INVEST e Fonds Audiovisuel de Flandre (VAF) Fonte: Corrieredellosport.it © 21 ottobre 2022 Fotografia: Mymovies.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

Festa del Cinema

"The Heysel Tragedy" in anteprima mondiale

La Festa del Cinema di Roma presenterà in anteprima mondiale la docu-serie The Heysel Tragedy di Jan Verheyen e Jean-Philippe Leclaire con Eddy Pizzardini. I primi due episodi saranno proiettati sabato 22 ottobre alle ore 11.30 al Teatro Studio Gianni Borgna dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

The Heysel Tragedy porta sul grande schermo le drammatiche vicende avvenute il 29 maggio 1985 in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus, che causarono la morte di 39 persone, approfondendo le conseguenze per le famiglie coinvolte, per il mondo del calcio e per lo sport in generale. La serie, in sei puntate, è ispirata al libro "Heysel. La tragedia che la Juventus ha cercato di dimenticare" di Jean-Philippe Leclaire, edito in Italia da Piemme. The Heysel Tragedy è prodotta da Scope Pictures e Palomar, in coproduzione con Max Rockatanski, RTL BELUX, con la partecipazione di Wallimage e il sostegno di Tax Shelter du Governement fédéral belge tramite SCOPE INVEST e Fonds Audiovisuel de Flandre (VAF). Fonte: Romacinemafest.it © 21 ottobre 2022 Fotografia: Toscanafilmcommission.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

Al Festival di Roma la notte dell'Heysel. Nasce una serie tv

Le puntate, per ora destinate a Francia e Belgio e poi sulle nostre piattaforme, saranno presentate in chiusura. Tra i protagonisti i familiari delle vittime aretine. Dal libro di Caremani a quello del vicedirettore dell’Equipe.

Arezzo, 12 ottobre 2022 - L’incubo dell’Heysel rivivrà sul grande schermo del Festival di Roma: festival che in realtà è una festa ma è duro chiamarla con il suo nome davanti al ricordo di quella notte da incubo. Una serie: una serie Tv stile documentario, serrata come solo la vita vera sa essere. Il racconto a puntate di quelle ore, di quel 29 maggio del 1985. E Arezzo è una delle protagoniste, purtroppo, di quelle ore. "Sono stato intervistato a lungo e con me i parenti di chi è morto in quello stadio": ce lo racconta Andrea Lorentini, nostro prezioso collaboratore e presidente del comitato che da allora raccoglie le vittime. Lui, il figlio di Roberto, medico con il foglio di assunzione in tasca da poche ore: vittima ed eroe di quella notte, avendo rinunciato al punto sicuro nel quale si era rifugiato, ai bordi di quella curva Z che affolla da allora gli incubi dei tifosi juventini, per salvare un bambino. È il protagonista quasi assoluto di una delle puntate di quella serie: si intitolerà "La tragedie du Heysel" ed è tratta in gran parte dal libro di Jean-Philippe Leclaire, uomo di sport, essendo il vicedirettore dell’Equipe, la Bibbia degli appassionati. Ne firma anche la regia insieme a Jan Verheyen e ad Eddy Pizzardini. Ed è proprio lui a risponderci da Parigi per confermare la notizia. "Sì, le prime due puntate della serie saranno proiettate a Roma". C’è anche la data: sabato 22 ottobre alle 11.30. Nel gran finale di un Festival che proprio quel giorno, recuperando finalmente i premi, designerà i vincitori. È una serie e quindi fatalmente fuori concorso. Ma di enorme impatto. Amplificato dalla sala della proiezione, l’auditorium del Teatro Studio Borgna, l’angolo più intimo tra le grandi sale dell’evento romano. Su quella parete non sfilerà solo il volto di Andrea: ci saranno anche due suoi cugini, Andrea e Gianni Stazio, presenti in quella notte. Lorentini no, aveva appena tre anni e avrebbe scoperto con il tempo cos’era successo. E ci sarà Giovanni, il fratello di Giusy Conti, l’altra vittima aretina: frequentava il Liceo Classico, era partita con l’entusiasmo dei 17 anni, senza immaginare che non sarebbe tornata. E c’è la testimonianza di Francesco Caremani, autore di "Heysel, le verità di una strage annunciata", lo straordinario libro scritto su quella storia, denunciandone anche le infinite contraddizioni. E tra i volti aretini c’è quello di Paolo Ammirati, uno degli avvocati del collegio di parte civile che rappresentava le vittime di quello stadio. In tutto 52 interviste, compresa la testimonianza di chi non c’è più, Otello Lorentini, il padre di Roberto, con lui all’Heysel anche se non tifava Juve. Quella sera costò la vita a 39 persone. Il film prova a rendere loro l’ultimo omaggio: l’omaggio della verità. Fonte: Lanazione.it © 12 ottobre 2022 Video: Teletruria.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

"LA TRAGÉDIE DU HEYSEL"

di Francesco Caremani

"La tragédie du Heysel" è una produzione franco-belga che andrà in onda in sei puntate su RTL-TVI, emittente privata in lingua francese con sede in Belgio e Lussemburgo, a partire dal 18 ottobre; le prime due puntate dovrebbero essere presentate in anteprima al Festival del Cinema Di Roma, 13-23 ottobre.

La serie è tratta dal libro di Jan-Philippe Leclaire, vice direttore de L'EQUIPE, "Le Heysel: Une tragédie européenne", probabilmente il libro più importante sulla strage di Bruxelles del 29 maggio 1985, nella quale morirono 39 persone: trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese; juventini e no. Chi mi conosce sa cos’è per me l’Heysel, conosce il mio libro e la mia ricostruzione della vicenda tramite gli occhi e la lucidità di Otello Lorentini, in quanto testimone oculare, il quale perse l’unico figlio Roberto - medaglia d’argento al valor civile, per essere morto tentando di salvare un connazionale - sugli spalti della curva Z e che costituì l’Associazione dei familiari, facendo condannare l’Uefa - con una storica sentenza - oltre che alcuni hooligan e un poliziotto responsabile della sicurezza. Chi ha letto il mio libro sa quello che c’è da sapere, per chi vuole affrontare la realtà dei fatti e non raccontarsi frottole. Cosa ne penso della serie televisiva ? A mio modo di vedere c’è tutto, dalla strage al processo - nello specifico una ricostruzione minuziosa - grazie anche alla presenza dell’avvocato Daniel Vedovatto. Sono state fatte 52 interviste e ci sono immagini, per me, inedite. Ovviamente non si può impedire agli "altri" di parlare e di dire la loro, mentre cercano di nascondersi dietro un dito - in particolare gli hooligan inglesi (ladri oltreché assassini, fateci pace…) e i poliziotti che cercano di mondare le proprie colpe con qualche bugia e alcune inesattezze - però colpe e responsabilità vengono fuori in maniera netta e inequivocabile, grazie al lavoro di Jean-Philippe Leclaire e al montaggio della produzione. Io penso che questo lavoro sia molto importante e per certi aspetti definitivo, una pietra miliare nella memoria dell’Heysel, una memoria che in Italia, a parte il mio libro e la rinata Associazione dei familiari - grazie ad Andrea Lorentini - non c’è stata mai occasione di fare in maniera così approfondita. Non sarà facile per alcuno e alcuna guardarla, è stata oggettivamente dura vederla in anteprima. Cosa altrettanto importante, l’Associazione dei familiari ha un ruolo centrale e viene fuori tutto nella sesta e ultima puntata, grazie al lavoro, in questi anni, di Andrea Lorentini. Dobbiamo essere fieri di lui e di coloro che hanno aderito, perché mai come prima, dai tempi della sentenza che condannò l’Uefa e di Otello Lorentini, è stata così forte la presenza dei familiari nel racconto dell’Heysel; fateci caso, spesso chi parla di Heysel, a vanvera, non parla mai dei morti e dei familiari. Certo, ci sono affermazioni che faranno stare male e altre che faranno arrabbiare, ma dovete guardare la serie nel suo complesso: è fatta giornalisticamente molto bene, davvero molto bene. Palomar dovrebbe distribuirla anche in Italia, ma ancora non ci sono certezze. Credo che sarebbe clamoroso se alcuna, tra emittenti e piattaforme, decidesse di non mandarla in onda. Se ci riusciranno sarà un evento storico, altrimenti niente di nuovo rispetto a ciò che ho sperimentato di persona, umanamente e professionalmente, in vent’anni di memoria. A me, alla fine, è toccata la parte del cattivo, mi ci vorrà la scorta dopo che sarà andata in onda - in Toscana, in Italia e in Inghilterra - ma va bene così. Onorato di avere scelto sempre una parte, quella dei familiari delle vittime dell’Heysel e dei loro cari. "La memoria è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere", cit. (NdR: Gustav Mahler) Fonte: Facebook (Pagina Autore) © 10 ottobre 2022 Fotografia: Francesco Caremani © Icona: it.vecteezy.com ©

 

Tragedia allo stadio Heysel, un docufilm girato

in città con i testimoni della mattanza 37 anni dopo

BASSANO - Sono trascorsi 37 anni, l'anniversario è il 29 maggio, da quella tragica serata nello stadio fatiscente di Bruxelles, l’Heysel. Doveva essere celebrata una festa dello sport e invece tutto si trasformò in uno dei drammi più assurdi della storia del calcio. Era la finale di Coppa dei Campioni e in campo stavano per scendere Juventus e Liverpool. Poi l'assalto degli hooligans. Morirono 39 persone, schiacciate dalla furia assurda dei cosiddetti "tifosi", di cui 32 italiane, tra loro due bassanesi, Mario Ronchi e Amedeo Spolaore, e ne rimasero ferite oltre seicento. Sabato 28 maggio la tragedia verrà ricordata allo stadio Mercante di Bassano con un match fra le vecchie glorie della Juventus e quelle giallorosse. Ora la notizia del giorno è un’altra: alla città del Grappa verrà dedicata un’intera puntata (delle sette totali, in lingua inglese, francese e naturalmente italiano) in un docu-film contro la violenza negli stadi che verrà trasmesso da Netflix, prima delle partite dei prossimi campionati del mondo di calcio a dicembre in Qatar. La parte bassanese della docu-serie "The Heysel drama" è stata girata da una troupe franco-belga che ha concluso da poco le riprese in città, con location Palazzo Sturm, chiostro del Museo civico e libreria Palazzo Roberti, con interviste a Massimo Briaschi, Alberta Bizzotto ed il figlio Giuseppe Spolaore, all’ortopedico Giovanni Costacurta e al giornalista Domenico Lazzarotto che la notte della tragedia si trovava allo stadio Heysel di Bruxelles. L’intera puntata sarà incentrata proprio sul libro "1985 Heysel - 2015 Per non dimenticare" scritto da Lazzarotto, presente allo stadio di Bruxelles quella sera, assieme al collega Luca Pozza ed all’ex arbitro internazionale Gigi Agnolin nel trentesimo della tragedia.  Fonte: Ilgazzettino.it © 26 maggio 2022  Fotografia: Toscanafilmcommission.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

DOCUFILM "HEYSEL 1985"

di Riccardo Gambelli

A fine settembre andrà in onda in Belgio, sulla televisione fiamminga pubblica VRT/CANVAS, un docufilm di tre puntate dal titolo "HEYSEL 1985", dedicato alla tragedia di Bruxelles del 29 maggio 1985. L’ideatore è il famoso giornalista belga Frank Raes. Ogni puntata è concentrata sulla tragedia vista dagli occhi dei tre popoli protagonisti: italiano, inglese e belga. Esistono trattative con emittenti italiane, affinché il docufilm possa essere visibile anche da noi. Nel docufilm saranno presenti scene inedite degli incidenti, ma anche del pre e post partita. Sono onorato di aver collaborato per la realizzazione della puntata italiana, in qualità di testimone della curva Z e di scrittore, con una lunga intervista effettuata a Torino. È stato ricordato anche il capitolo presente nel mio libro "Coriandoli Bianconeri", dal titolo "Magico, tragico Heysel", inserito anche in diversi altri lavori, dedicati a quella assurda tragedia. Ringrazio infinitamente per il coinvolgimento: la Società Juventus, la troupe televisiva belga, gli amici del sito Juve a Tre Stelle.  Fonte: Facebook (Pagina Autore) © 14 maggio 2022 Fotografia: Toscanafilmcommission.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

La tragedia di Heysel: set ad Arezzo per le interviste della docuserie

C’è anche Arezzo tra le città protagoniste della serie belga che racconta la strage avvenuta nel maggio 1985.

The Heysel Drama, è questo il titolo della serie documentaria in 6 episodi, co-prodotta dalla società belga Scope Pictures e dall’italiana Palomar. Gli autori della serie, che sarà distribuita nei prossimi mesi da Netflix, sono Jean-Philippe Leclaire, Jan Verheyen e Eddy Pizzardini. La produzione ha fatto tappa anche ad Arezzo, dal 19 al 22 aprile 2022, per raccogliere le testimonianze di alcuni familiari delle vittime coinvolte nella tragedia del 29 Maggio 1985. Uno dei sei episodi ripercorre infatti le storie degli aretini che morirono nello stadio Heysel di Bruxelles, poco prima del fischio d’inizio della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. Fonte: Toscanafilmcommission.it © 12 maggio 2022 Fotografia: Toscanafilmcommission.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

LA VICENDA

La tragedia di Heysel diventa un docu-film

su Netflix: le famiglie venete raccontano le vittime

di Raffaella Forin

La troupe è stata a Bassano fino a qualche giorno fa: "Non si può dimenticare".

C’è anche Bassano del Grappa (Vicenza) tra i protagonisti del nuovo docu-film "The Heysel drama" che sarà trasmesso su Netflix a ridosso delle partire del prossimo mondiale di calcio in Qatar. Una delle sette puntate è infatti dedicata interamente alla città e ai due bassanesi che con altre 37 persone morirono nella tragedia avvenuta nello stadio belga Heysel il 29 maggio 1985, poco prima del fischio d’inizio della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. Una serie televisiva (Produzione Scope Pictures; Co-produzione italiana Palomar) con la quale il regista Jan Verheyen vuole lanciare un messaggio contro la violenza negli stadi. Le interviste - Le riprese bassanesi si sono concluse nei giorni scorsi. Le telecamere della troupe franco-belga si sono accese a palazzo Sturm, nel chiostro del museo civico, nella libreria Palazzo Roberti, con interviste all’ex calciatore Massimo Briaschi – il vicentino era in campo quella sera militando nella squadra della Juventus - ad Alberta Bizzotto, moglie di Amedeo Spolaore deceduto nello stadio con Mario Ronchi, e mamma dell’allora giovanissimo Giuseppe, che rimase ferito, all’ortopedico Giovanni Costacurta e al giornalista Domenico Lazzarotto che si trovava sugli spalti ed è anche uno degli autori del libro "1985 Heysel – 2015 Per non dimenticare" scritto, nel trentennale del triste anniversario, a sei mani con l’arbitro bassanese Luigi Agnolin, mancato nel 2018, e il giornalista Luca Pozza. Proprio il volume ha ispirato la realizzazione del filmato. Immagini surreali - È una storia che parla molto bassanese quella avvenuta 37 anni fa. "Quelle immagini quasi surreali rimarranno indelebili nella nostra mente – ricorda Lazzarotto, che ha seguito le riprese in città – È ancora vivo il ricordo delle 39 persone morte in quella mattanza, 32 delle quali italiane, e delle oltre 600 rimaste ferite. Nei tumulti provocati dagli hooligan inglesi in quella maledetta curva "Z" morirono anche l’imprenditore Ronchi e il dentista Spolaore, che facevano parte di una comitiva di appassionati partita dalla città del Grappa e dal Bassanese. Entrambi erano volati a Bruxelles con amici e conoscenti. Con Spolaore c’era anche il giovane figlio Giuseppe che, sebbene ferito, riuscì a salvarsi". Immagini e sensazioni che ancora oggi fanno rabbrividire i presenti e che Bassano non ha mai dimenticato. "Dopo 30 anni, decidemmo di scrivere un libro per raccontare quella mattanza, ma soprattutto per ribadire un concetto ai giovani che frequentano gli stadi: il calcio è sport e vita, non violenza e morte - sottolinea Lazzarotto – che ora viene ripreso in questo docu –film. Certo, non cancellerà altre immagini, quelle impietose di chi ha vissuto quel dramma che avrebbe dovuto essere una festa sportiva ed invece, in una manciata di minuti, si è trasformato in una delle più gravi tragedie del mondo sportivo. È bene che a raccontarla, anche dopo tanti anni, siano le voci delle famiglie degli stessi sfortunati protagonisti o chi c’era quella sera, nella speranza che il messaggio contro la violenza sia ancora più forte". Fonte: Corrieredelveneto.corriere.it © 26 aprile 2022 Fotografia: Toscanafilmcommission.it © Icona: it.vecteezy.com ©

 

Troupe ad Arezzo per due delle 39 vittime

Heysel, serie tv in sei puntate sulla strage allo stadio

di Luca Serafini

Una serie tv in sei puntate sulla strage dell’Heysel. Sì, il massacro di Bruxelles costato la vita a 39 persone, tra cui Roberto Lorentini e Giuseppina Conti, il 29 maggio 1985, è al centro di un progetto televisivo già in fase di realizzazione. Una produzione franco belga con sbocco successivo sulle piattaforme tv a pagamento (si parla di Amazon Prime e Sky) che dovrebbe essere ultimata tra 2022 e 2023. Nei giorni scorsi la troupe è stata ad Arezzo per raccogliere informazioni, documenti e testimonianze sulle due vittime aretine, il dottor Lorentini e la giovanissima Giusy che morirono nello stadio Heysel prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Furono schiacciati dalla calca provocata dagli attacchi degli hooligans, i facinorosi tifosi inglesi, in un contesto di violenza e di totale mancanza di sicurezza. Il progetto è al momento circondato da riserbo ma da quello che trapela la linea guida della serie tv sarebbe il libro scritto dal vice direttore de l’Equipe, Jean Philippe Leclaire: "Heysel. La tragedia che la Juventus ha cercato di dimenticare". La partita tra Juventus e Liverpool si concluse con il giro di campo trionfale dei bianconeri con la coppa ma quella sera c’erano stati 39 morti: aggrediti, calpestati, soffocati nel blocco Z. Una tragedia enorme scandagliata accuratamente anche nel libro dell’aretino Francesco Caremani "La Verità di una strage annunciata". L’"Associazione fra i familiari delle Vittime dell’Heysel" che tiene viva la memoria e afferma il tema del rispetto nello sport, contro la violenza fisica e verbale, ha come presidente il giornalista aretino Andrea Lorentini, figlio di Roberto, il medico di 31 anni che prima di morire fu visto tornare indietro per soccorrere un bambino. Un gesto eroico riconosciuto con la medaglia d’argento alla memoria. Rilanciata nel 2015, l’associazione fu fondata dal nonno di Andrea, Otello, per seguire la fase giudiziaria successiva alla strage. Il processo si concluse con una sentenza che ha fatto giurisprudenza. La condanna della Uefa, che prima non era responsabile, ha segnato un cambio di passo nell’applicazione e nel rispetto degli standard di sicurezza negli eventi sportivi. Erano numerosi gli aretini a Bruxelles per seguire la squadra di Platini e compagni. C’era anche la giovanissima Giusy Conti, di Rigutino. Era con il babbo Antonio che venne travolto dalla folla impazzita e perse la figlia, ritrovata poi tra i morti. Nella sua macchinetta fotografica c’era l’ultima foto, con la bandiera bianconera a mo’ di mantello fa il segno della vittoria. Innamorata del calcio e della Juventus, 17 anni, prima di partire disse alla mamma, l’indimenticata signora Marisa: "Torno con la Coppa". Nonostante lo strazio infinito, a casa Conti si continua a tifare Juve perché Giusy la amava. Ora storia e storie dell’Heysel, le vergogne, i silenzi, le colpe e gli insegnamenti della strage, diventano serie tv.  Fonte: Corrierediarezzo.corr.it © 26 aprile 2022  Fotografie: Toscanafilmcommission.it © RTL © Icona: it.vecteezy.com ©

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