Heysel, il Titanic del
calcio raccontato dagli hooligans
di Andrea Parodi
Sono
in molti, in Italia, a pensare che il calcio sia morto
nella prima metà degli Anni 80, tra lo scandalo
scommesse e la tragedia dell' Heysel in occasione della
finale di coppa Campioni fra Juventus e Liverpool.
Jean-Philippe Leclaire, giornalista del quotidiano
francese L' Equipe, ha voluto paragonare il secondo
evento al Titanic di tutta l' Europa calcistica. "Quella
fu une tragédie européenne", sostiene, così come dice il
sottotitolo della versione francese del suo libro. Una
tragedia europea, quindi non solo italiana. "Del resto -
continua - erano francesi il presidente dell' Uefa
(NdR: Georges)
e l' unico marcatore della partita
(NdR: Platini);
le due squadre rappresentavano Italia e Inghilterra; l'
arbitro era svizzero (Daina) e la sede dell' incontro
era nella capitale della Comunità Europea, in Belgio".
Peccato, poi, che nella versione italiana, pubblicata da
Piemme e appena uscita in libreria, il sottotitolo sia
diventato: La tragedia che la Juventus ha voluto
dimenticare. "Non ho scelto io quel titolo - precisa Leclaire - ma lo trovo giusto: quando ho bussato alla
porta di tanti giocatori e dirigenti della Juve di
allora e di quella di oggi quasi nessuno mi ha fatto
entrare". Pazienza, perché il libro di Leclaire ha un
gran pregio: aver sentito e riportato, per la prima
volta, le varie facce della medaglia. Si può dire che
sia il primo libro globale sulla tragedia belga. Erano
solo due i testi dedicati all' Heysel in Italia fino ad
oggi. Il primo ("L' ultima curva", Corsi Editore) è un instant book del giugno 1985 e ormai fuori commercio da
anni, scritto da un superstite torinese, Nereo Ferlat,
che ha raccontato la tragedia nuda e cruda sull' onda
dell' emozione. Il secondo, edito nel 2003 da Libri di
Sport e curato da Francesco Caremani, è la versione dei
fatti e del processo durante i diciotto anni di lotte
portate avanti dai familiari delle vittime. Leclaire è
andato oltre. Ha sentito giocatori delle due squadre,
responsabili della polizia belga, superstiti, politici
dell' epoca, ma soprattutto gli hooligans. Emerge un
libro diviso sostanzialmente in tre parti (la tragedia,
le cause, la vergogna e il pentimento), nel quale gli
ingredienti si mescolano per ricordare una tragedia che
- non va dimenticato - ha cancellato 39 vite. Diventa
centrale e importante la testimonianza di Terry Wilson,
un hooligan pentito dopo anni di totale sbandamento tra
alcool, droga e carcere. Le sue dichiarazioni, che
riportiamo qui sotto in uno stralcio dal libro, sono le
più sconvolgenti.
Dal Capitolo XIII, Il pentimento. Pagina 281.
Terry Wilson, l' hooligan: "A volte mi rimprovero di non
provare ancora più rimorso. Al processo non ho visto le
famiglie delle vittime. Sarebbe stato terribile
guardarle in faccia. Ma se adesso potessi incontrarle,
mi piacerebbe chiedere loro perdono. Mi piacerebbe
saperne di più sulle trentanove persone che sono morte.
Mi piacerebbe conoscere i loro nomi, sapere che lavoro
facevano, se erano sposate o avevano bambini". Gli
parliamo dei Lorentini, della lotta di Otello, dell'
infanzia protetta di Andrea e Stefano, di Arianna, che
non si è mai risposata, della nonna Lina, che continua
ad andare ogni settimana sulla tomba del figlio. Gli
raccontiamo di Roberto, detto "Ciccione", morto sulle
gradinate dell' Heysel perché invece di scappare si era
fermato a soccorrere i feriti della prima carica. Terry
Wilson ci fissa con i suoi occhi verdi. Il "selvaggio" è
scosso e si mette dolcemente a piangere.
Fonte:
La
Gazzetta dello Sport
© 26 marzo 2006
Fotografia: Jean-Philippe Leclaire
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