Privacy Policy Cookie Policy
TARCISIO SALVI ♥
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Tarcisio Salvi
   39 Angeli   In Memoriam   Onore e Memoria   Comitato Heysel   Lo Stadio Heysel   
ITALIA   31-03-1936   BRESCIA   Anni 49

CRONACA

Perse il marito nella strage dell'Heysel, ora il figlio ucciso da un infarto

Un'altra tragedia familiare sconvolge la signora Marie Andreis.

Aveva già perso il marito Tarcisio Salvi il 29 maggio 1985: 49 anni, fu una delle 39 vittime (di cui 32 italiane) della strage dell'Heysel, lo stadio di Bruxelles in cui si consumò una delle più terribili tragedie della storia dello sport, con tifosi schiacciati (anche per il crollo di un muro) e precipitati poco prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Ma oggi un nuovo dramma travolge Marie Andreis detta Marisa, 85 anni, vedova di Tarcisio Salvi: il figlio Claudio è morto nella sua abitazione di San Gervasio, sotto gli occhi attoniti della madre, colpito da un infarto. L'uomo, 58 anni, si sarebbe sentito male e avrebbe anche battuto la testa contro un armadio. Purtroppo per lui non c'è stato niente da fare. Oltre alla madre lo piangono le sorelle Marina, Giovanna e Karin. La camera ardente è stata allestita in casa: i funerali sono stati celebrati lunedì mattina. "Prima il marito e ora mio figlio: sono ingiustizie della vita", ha dichiarato la signora Marie Andreis al Giornale di Brescia. Fonte: Bresciatoday.it © 19 luglio 2021 Fotografia: Bresciaoggi.it ©

TRAGICA FATALITÀ

Strage dell'Heysel, un altro lutto colpisce la famiglia Salvi

Un nuovo lutto colpisce la famiglia di Tarcisio Salvi, l’unica vittima bresciana della tragedia dell’Heysel del 1985. È morto il figlio Claudio, di 57 anni, stroncato da un infarto sotto gli occhi dell’anziana mamma Marie Andries che oggi ha 85 anni. Inutili i soccorsi. "Prima il marito e ora mio figlio. Sono ingiustizie della vita. Cadendo mio figlio ha sbattuto violentemente la testa contro un armadio e forse senza quel colpo i medici avrebbero potuto salvarlo dall’infarto" commenta in lacrime la donna che da 36 anni lotta perché nessuno dimentichi quanto accaduto il 29 maggio 1985 durante la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool con gli *scontri tra polizia e tifosi inglesi (NdR: FALSO STORICO !!) che provocarono il crollo di un muro del vecchio stadio di Bruxelles e la morte di 39 persone tra cui appunto il bresciano Tarcisio Salvi. I funerali di Claudio Salvi saranno celebrati domattina, lunedì, alle 9 a San Gervasio. Fonte: Giornaledibrescia.it © 18 luglio 2021 Fotografie: Famiglia Salvi © *Nota Scontri Associazione Familiari Vittime Heysel

"Ho un solo grande desiderio:

restare vicino al mio Tarcisio"

di Jacopo Manessi

"Sono passati 33 anni da quel giorno. Oggi ho un grande desiderio: tornare a vivere a Borgosatollo, dove Tarcisio è sepolto. Stargli vicino. O, al massimo, a San Gervasio dove abita l'unica mia figlia rimasta in provincia di Brescia". Non sarà mai una giornata come le altre, il 29 maggio, per Marie Andries. Il ricordo è lì, insieme a un nome stampato a lettere granitiche nella memoria di tutti - sportivi e non - come una delle pagine più buie della nostra civiltà: Heysel. C'è chi l'ha chiamato l'olocausto del calcio, ma lei lo ricorda come il giorno in cui perse il marito Tarcisio Salvi, una delle 39 vittime dei fatti avvenuti durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Uno spartiacque: prima una vita regolare, dopo la conoscenza avvenuta in Belgio, paese di origine della donna, tra scuola e discoteca, l'innamoramento, il trasferimento in Italia e la vita lavorativa condivisa. Con una pizzeria da mandare avanti insieme ("Ci venivano tanti nomi importanti della vita bresciana, imprenditori e politici", ricorda). Tutto finito in una notte di fine maggio. "Mio marito non era neppure juventino, anzi teneva all'Inter. Ricordo ancora quella sera, i tentativi disperati di chiamare il numero istituito per i parenti delle persone coinvolte, ma senza fortuna. Avevo visto le sue immagini sdraiato a terra, schiacciato dalla folla". Ma cosa è successo da allora ? Poco, o nulla, per lei. "Ci sono persone che potevano permettersi avvocati importanti, e hanno avuto risarcimenti cospicui - spiega Marie, che oggi ha 83 anni - anche di 300 milioni di lire a un solo anno dai fatti. Noi abbiamo avuto qualcosa, ma poco. Ai miei quattro figli ne hanno dati 2 a testa: è per loro che chiedo giustizia. E non è tutto: ho dovuto pagare il viaggio in Belgio, il trasporto della salma, le pratiche legali e, alla fine, sono stata costretta a vendere la nostra pizzeria per andare avanti". Oggi Marie vive a San Polo, in un alloggio ricevuto dal Comune di Brescia che però preferirebbe lasciare. Lo racconta con modi garbati e accoglienti, tra le fotografie del marito e le riviste dell'epoca, dopo una lunga intervista con una troupe televisiva, durata 2 ore. "Non ho ancora mangiato - riesce a scherzare. Vorrei solo potermi trasferire e tornare a vivere a Borgosatollo. Tarcisio è originario del paese, e per questo è stato sepolto lì. So che il Comune mette a disposizione degli alloggi per gli anziani: sono una signora perbene, chiederei solo un colloquio con il sindaco (Giacomo Marniga) per parlare della cosa e vedere che possibilità ci sono". Amarezza e dolore restano. Impossibile scrollarseli di dosso, insieme a quello scomodo senso di ingiustizia che ha accompagnato tutta la vicenda Heysel. Dagli errori logistici alle carenze strutturali, sino all'assordante silenzio di chi avrebbe dovuto intervenire e, invece, ha taciuto. Ma nemmeno il tempo può intaccare la memoria. "Mio marito era un grande uomo. Faceva tutto lui, mandava avanti la nostra attività anche se la licenza era intestata a me. Non ho più avuto nessuno: mi manca terribilmente". Fonte: Bresciaoggi.it © 30 maggio 2018 Fotografie: Bresciaoggi.it © La Gazzetta dello Sport ©

Heysel, un’altra strage oltraggiata dall’oblio

C’è qualcosa di peggio del dolore per un lutto ? Sì, l’oblio, anzi l’indifferenza, parenti stretti dell’ingiustizia. Chiedetelo a Marie, che ha perso il grande amore della vita per una partita di calcio: suo marito era uno dei 39 morti dell’Heysel. E nel perverso circolo vizioso di "tutti colpevoli, nessun colpevole", dopo 33 anni non ha ricevuto alcun risarcimento. Per riportare in patria la salma fu costretta a pagare all’epoca una somma esorbitante che minò l’attività di famiglia. Quella maledetta finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, le ha portato via davvero tutto. No, in verità a Marie qualcosa è rimasto: il tenero ricordo del marito. Tanto che a 83 anni non anela al denaro, sogna di tornare ad abitare a Borgosatollo dove è sepolto il grande amore della sua vita e recrimina solo per l’oblio e l’indifferenza, i parenti stretti dell’ingiustizia che sono peggio di un dolore per un lutto. Fonte: Bresciaoggi.it © 30 maggio 2018 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use)

L’Heysel e i miei 33 anni d’inferno

di Paolo Cittadini

Brescia, la vedova di una vittima con quattro figli: "Solo promesse".

Brescia - Tutto nella sua vita è cambiato la sera del 29 maggio di 33 anni fa quando suo marito Tarcisio Salvi perse la vita insieme ad altre 38 persone all’interno dello stadio Heysel di Bruxelles, prima che iniziasse la finale di Coppa dei Campioni di calcio tra la Juventus, la squadra per cui ha sempre fatto il tifo, e il Liverpool. (NdR: in verità Tarcisio Salvi era tifoso dell'Inter) Tarcisio fu una delle due vittime bresciane di quella sera di follia all’interno del vetusto e inadeguato stadio belga scelto dall’Uefa per ospitare la gara vinta poi dalla Juventus. "Quella sera ero nella nostra pizzeria di via Cucca, in città - ricorda Marie Andries, nata 82 anni fa proprio in Belgio e vedova del tifoso juventino morto schiacciato nella calca. La mia normalità è finita allora. Io e mio marito avevamo quattro figli, due nati in Belgio dove ci siamo conosciuti ancora da ragazzini (insieme erano cresciuti nel quartiere di Anderlecht dove la famiglia di Tarcisio era emigrata subito dopo la guerra e dove la signora Marie ha sempre vissuto prima di trasferirsi a Brescia) e due in Italia, la più piccola allora aveva 11 anni. Nei giorni successivi ci sono arrivati tanti attestati di vicinanza, sembrava che il mondo fosse a nostra disposizione. Poi con il passare del tempo la solidarietà è finita e le promesse si sono perse nel vento". Così come i risarcimenti spesso promessi, ma mai completamente arrivati. "I soli soldi che ci hanno dato subito sono quelli messi a disposizione dal governo britannico (una quindicina di milioni di lire) - ricorda la signora che vive in un appartamento al nono piano della torre Cimabue nel quartiere di San Polo - Qualcosa è arrivato anche da una fondazione vicina alla Juventus. Solo per pagare i legali che ci seguivano per conto dell’associazione dei familiari delle vittime italiane di quella serata ho dovuto versare 7 milioni di lire. Abbiamo ricevuto troppo poco davvero, soprattutto per i miei figli che hanno perso il papà". La autorità del Belgio avevano promesso circa 40 milioni di lire di risarcimento, gliene sono arrivati solo una decina: due a testa per ognuno dei figli. "Per fare fronte alle spese e alla vita di tutti i giorni un paio di anni dopo la tragedia ho dovuto vendere la nostra pizzeria - ricorda commossa la signora Marie, mescolando il dialetto bresciano con il fiammingo - Da 33 anni aspetto giustizia. La chiedo soprattutto per i miei figli che dall’Italia non hanno avuto nulla se non solo tante promesse, mai mantenute. Vorrei che qualcuno mi aiutasse per fare arrivare questo appello alle autorità italiane ed europee". I problemi per Marie non sono finiti. "Ho una pensione di circa 600 euro e fino a qualche tempo pagavo al Comune 500 euro di affitto per l’appartamento che subito dopo la tragedia mi hanno dato - racconta - Ora faccio fatica a pagare. Vorrei una abitazione più comoda, magari a Borgosatollo, il paese di origine del mio Tarcisio. Ma sono morosa, e fin quando sarò in questo stato non posso chiederne un’altra". Fonte: Ilgiorno.it © 30 maggio 2018 (Testo © Fotografia)

IL CASO

Heysel, la vedova Salvi: "Dopo 33 anni aspetto ancora il vero risarcimento"

Lo racconta Marie Andries, la vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle 39 vittime dell’Heysel durante finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool del 1985.

"A distanza di 33 anni ancora attendo un risarcimento vero per la morte di mio marito". Lo racconta Marie Andries, la vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle 39 vittime dell'Heysel durante finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985. "Avevamo una pizzeria e quattro figli quando mio marito è morto. Mi sono pagata il viaggio in Belgio, il trasporto della salma, ho pagato sette milioni ad un'associazione per le pratiche legale e poi ho dovuto vendere il locale per andare avanti", racconta la donna, oggi 83 anni. "L'immagine di mio marito schiacciato tra la folla è stata mostrata in tv e sui giornali. Da quel giorno la mia vita è cambiata per sempre. Ora rischio lo sfratto perché non ho più nulla. I miei figli non sono mai stati aiutati, hanno ricevuto due milioni di lire a testa. Una miseria quando invece dal Belgio erano stati promessi un milione e 300mila franchi mai arrivati. Ho ancora tutti i documenti. Della strage dell'Heysel - racconta - si sono lavati le mani tutti. Autorità e mondo dello sport". Fonte: Brescia.corriere.it © 29 maggio 2018 Fotografia: Ilgiorno.it ©

Heysel, 33 anni fa la tragedia

La protesta di una vedova: "Aspetto ancora il risarcimento, rischio lo sfratto".

29 maggio 2018 - Cade oggi l’anniversario numero 33 della tragedia dell’Heysel: il 29 maggio 1985 39 tifosi (32 gli italiani) morirono nel settore Z dello stadio di Bruxelles, schiacciati contro le balaustre o precipitati dalle gradinate, poco prima che iniziasse la finale di Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool, poi vinta dai bianconeri grazie al rigore di Platini al 58′. Negli anni diverse le iniziative per ricordare le vittime, tra cui la targa a Torino posta nel 2005, ricordata oggi tramite Twitter dalla società granata (NdR: Bruxelles). Purtroppo, l’anno scorso, anche l’oltraggio della spazzatura su uno dei ricordi nella capitale belga. Quella coppa inseguita da 30 anni dalla Juventus arrivò nel contesto di quella tragedia. E ci fu anche spazio per le polemiche, perché quella coppa fu festeggiata. In un’intervista alla RAI di qualche anno fa Marco Tardelli ha dichiarato: "Era impossibile rifiutarsi di giocare, ma non dovevamo andare a festeggiare, l’abbiamo fatto e sinceramente chiedo scusa". Per motivi di ordine pubblico, ritenendo che fermare la partita avrebbe ingigantito il caos (e dunque peggiorato un bilancio già tragico) la decisione della UEFA fu che si continuasse.

LA VEDOVA CHIEDE IL RISARCIMENTO - C’è poi anche il risvolto della vita dei familiari che a volte è cambiata radicalmente anche dal punto di vista economico. In particolare, alza oggi la voce Marie Andries, oggi 83enne, vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle vittime. Queste le sue dichiarazioni, riportate da ANSA: "A distanza di 33 anni ancora attendo un risarcimento vero per la morte di mio marito. Avevamo una pizzeria e 4 figli quando mio marito è morto. Mi sono pagata il viaggio in Belgio, il trasporto della salma, ho pagato sette milioni a un’associazione per le pratiche legali e poi ho dovuto vendere il locale per andare avanti. L’immagine di mio marito schiacciato tra la folla è stata mostrata in tv e sui giornali. Da quel giorno la mia vita è cambiata per sempre. Ora rischio lo sfratto perché non ho più nulla. I miei figli non sono mai stati aiutati, hanno ricevuto 2 milioni di lire a testa. Una miseria quando invece dal Belgio erano stati promessi un milione e 300mila franchi mai arrivati. Della strage dell’Heysel si sono lavati le mani tutti. Autorità e mondo dello sport". Fonte: Todaysport.it © 29 maggio 2018 Fotografia: Bresciaoggi.it ©

 

Heysel, la vedova: "Il biglietto glielo avevo regalato io"

"Il biglietto per quella maledetta partita glielo avevo regalato io: non me lo perdono". A parlare è Marie Andries, 80 anni, la vedova di Tarcisio Salvi, una delle 39 vittime della tragedia dell'Heysel del 29 maggio 1985. La coppia viveva a Brescia, aveva cinque figli, e all'epoca gestiva una pizzeria in città. "Mio marito non tifava neppure per la Juventus, ma era interista" ricorda la donna, belga di nascita, ma cresciuta a Brescia. "Per tutta la notte avevo provato a chiamare il numero dedicato ai parenti dei tifosi italiani presenti quella sera a Bruxelles, ma era stato impossibile prendere la linea" spiega Marie Andries che aveva ricevuto la notizia della morte del marito solo la mattina dopo. "Avevo visto dalla televisione l'immagine di mio marito sdraiato a terra senza vita - ricorda ancora disperata - Fu una tragedia assurda. Era partito per il Belgio da solo e per andare a divertirsi e invece dall'inferno dell'Heysel non è più tornato indietro". Fonte: Giornaledibrescia.it © 29 maggio 2015 Video: Teletutto © ("Messi a Fuoco" di Andrea Cittadini  24.11.2017) Fotografia: La Gazzetta dello Sport ©

 

L'anniversario della tragedia

Dopo Bruxelles, chi si ricorda di noi ?

di Andries Marie Jeanne  

Mi chiamo Andries Marie Jeanne e sono la vedova di Tarcisio Salvi, perito nella tragica notte del 29 maggio allo stadio Heysel a seguito degli incidenti verificatisi in occasione dell'incontro di calcio Juventus-Liverpool. Vorrei spiegare la mia situazione attuale. A mezzogiorno del 30 maggio, insieme con i miei figli, ero già a Bruxelles, dopo aver acquistato i biglietti per l'aereo, senza poter portare con me i soldi necessari per soggiornare due giorni fuori casa. Ignoro, anche se posso tragicamente ricostruirlo, cosa possa essere accaduto in quella notte terrificante allo stadio, ma quello che è accaduto poi e che tuttora accade alla mia famiglia, così, come ritengo, ad altre famiglie colpite dalla sciagura, non è stato e non è meno drammatico. Poiché ero sprovvista del danaro sufficiente per mantenere i miei figli e me, in attesa dei funerali  delle vittime, mi rivolsi all'autorità belga: mi vennero consegnati un po' di danari, previa sottoscrizione di riconoscimento di debito per il relativo importo e con insistente richiesta di rientro della somma nel più breve tempo possibile: firmai, anche perché, come intuibile, mi trovavo in una condizione psicologica tale da non poter discernere fra una soluzione od un'altra. L'autorità medica belga constatò la morte di mio marito a mezzanotte circa, il che lascia intendere come, dalle 19,30, per oltre quattro 4 ore, non si sia prestato il minimo soccorso ad una persona che, ancora in vita, avrebbe potuto essere salvata. Su tutta la stampa ed in ogni telegiornale che ho seguito ho sentito ripetere che sono stati stanziati soldi a favore dei familiari delle vittime di Bruxelles: dalla Juventus, dal Liverpool, dalle autorità governative britanniche e belghe. Ho letto che ai familiari delle vittime lo Stato avrebbe rimborsato il biglietto dell'aereo per recarsi a Bruxelles, avrebbe pagato i funerali, sarebbe venuto incontro in qualsiasi maniera anche per le prime necessità. Ancora al Tg1 di venerdì 28 giugno 1985 è stato annunciato che le autorità britanniche avrebbero versato Lire 12.000.000 per ogni famiglia di ciascuna delle vittime. Nulla di tutto ciò si è verificato: ho contratto un debito con le autorità belghe, ho pagato l'aereo per me e per i miei figli, ho pagato il funerale in Italia e per la traslazione della salma da Milano a Brescia, non so ancora se debba pagare il relativo conto. Si aggiunga che, nonostante la mia disperata richiesta rivolta alle autorità di polizia belghe, non mi sono stati consegnati neppure gli effetti personali di mio marito ed il portafogli che avrebbe dovuto contenere Lire 1.000.000 (NdR: 516.46 Euro) Fonte: La Stampa © 14 luglio 1985 Video: Teletutto © Fotografia: Ultimavoce.it ©

Museo Virtuale Multimediale © Domenico Laudadio Copyrights 2009 (All rights reserved)