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ITALIA
29-11-1935 TORINO
Anni 49
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"La
voce del cronista Bruno Pizzul è rimasta impressa nelle
orecchie di chi, come me, quella maledetta sera era in
attesa della finale. E sì, perché sono passati 32 anni,
ma sembra ieri. L'attesa e la speranza che crescevano di
ora in ora, spezzate da quelle immagini strazianti di
corpi ormai abbandonati al loro destino. 29 maggio 1985,
come non tornare con la memoria a quanto di peggio lo
sport potesse offrire. Laddove la competizione, il
sudore per la maglia, la gioia di un gol, dovevano
prevalere, furono l'orrore, la tragedia e la morte, a
prendere il sopravvento. E noi non possiamo, non
dobbiamo dimenticare. Perché pur nella sofferenza,
l'essere vicini ai nostri 39 Angeli è l'unica maniera
per tenere lontani tutti gli sciacalli che ancora oggi
non perdono occasione per mostrare la loro idiozia. Un
pensiero, il mio pensiero, e un ricordo indelebile per
tutti i nostri cari. Oggi, e per sempre, rispetto per le
vittime dell'Heysel, e per tutte quelle morti assurde,
che non hanno colore e non hanno squadre".
Fabrizio Landini
(Nipote di Giovacchino e Consigliere Associazione
Familiari Vittime Heysel) ©
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 29 maggio 2017
Fotografie:
Civitatis.it ©
Lastampa.it
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Onorando i nostri
morti
Halloween non ci appartiene.
Sarà una moda simil-americana, che puzza lontano un
miglio di business; sarà una pagliacciata da scuola
materna, per scimmiottare laicamente quanto di più
cristiano c’è nel ricordo dei propri morti; in nessun
caso fa parte delle nostre tradizioni. A meno che
qualcuno vada spiegando chi era Guy Fawkes alle
moltitudini di "italioti" avvezzi alle americanate. C’è
il derby che incombe e non parrà vero a certuni di
accomunare le streghe di Halloween con la sconfitta di
una squadra o dell’altra. A pareggio acquisito, si
parlerà di zucche e di dolcetti. Per JUWELCOME, nulla di
tutto questo. Per noi contano ancora le giornate
dedicate alla visita dei cimiteri, al rendere onore a
coloro che, come si dice tra gli alpini, "sono andati
avanti". E per restare in casa juventina, nulla di più
sentito e doloroso che rendere un saluto a chi da una
finale di Coppa dei Campioni non ha fatto ritorno.
Giovacchino Landini, unico torinese che è caduto sotto
la furia degli Hooligans, in una tiepida serata di
maggio, allo stadio Heysel, ha ricevuto la visita di un
redattore del nostro magazine. Non uno qualsiasi, ma
Nereo Ferlat, un compagno di sventura nella curva Z, più
fortunato di Giovacchino o forse solo non presente
nell’elenco, sul libro del destino. Anche questo è 1°
novembre, giorno in cui la Juventus ha visto la luce:
dare un senso all’eterna rincorsa tra vita e morte,
sacro e profano, frivolezza ed austerità. Valori, in
altre parole, che se ne fanno un baffo di zucche e
streghette, di dolcetti e scherzetti. Saremo banali o
noiosi, ma siamo fatti così. "One penny for the old Guy"
(T.S. Eliot)
Fonte: Juwelcome.it
© 31 ottobre 2015
Fotografia: Arte.it ©
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Oggi è il 30° anniversario
della strage
dell'Heysel, morirono 32 italiani, 5
toscani
di Massimo Stefanini
32 morti italiani, 5 toscani,
uno di Capannori. La strage dello stadio Heysel a
Bruxelles, (il nome deriva dal quartiere della capitale
belga) compie oggi, 29 maggio, tre decenni. In quella
maledetta sera del 1985 era in programma la finale di
Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. La
furia degli hooligan inglesi fa crollare un settore del
fatiscente impianto, la sicurezza è inesistente. Nella
calca rimane anche Giovacchino Landini, all’epoca
cinquantenne che era partito proprio dal capoluogo della
Piana lucchese per recarsi a lavorare a Torino, dove
aveva messo su una trattoria in via Spotorno. A
Capannori il tifo per la Vecchia Signora è radicato,
ancora oggi c’è uno dei club più organizzati d’Italia.
Il destino spesso ha un ruolo determinante. Landini, tra
il ristorante e la famiglia, non aveva tempo per le
trasferte. Amava i suoi idoli, da Cabrini a Tardelli, da
Paolo Rossi al mitico Platini, ma andava ad ammirarli
solo al Comunale, che all’epoca, prima del "Delle Alpi"
e dello "Stadium" attuale era la casa di Madama.
Stavolta però, per vedere la sua squadra del cuore
alzare per la prima volta la Coppa dalle grandi
orecchie, aveva deciso di affrontare il viaggio. Un uomo
tranquillo, non iscritto a nessun club ufficiale. Sin da
ragazzo a Capannori aveva manifestato la sua passione
per il calcio e per la società più titolata d’Italia.
Ritornava nel suo paese natio ogni tanto, quando il
lavoro glielo permetteva. Giovacchino partì per
partecipare ad una festa, lasciò a casa la moglie Carola
e i figli, Monica e Andrea che all’epoca aveva 15 anni:
"Ti porterò un ricordo" gli aveva detto il padre. Il
biglietto gli era costato 50 mila lire perché quelli più
economici erano esauriti. Quindi Landini era finito per
caso in quello spicchio dello stadio, isolato dal suo
gruppo, proprio perché aveva un tagliando diverso. La
famiglia seppe degli scontri dalla Tv, meravigliandosi
di come la gente andasse a festeggiare senza rispetto
per i morti e i feriti. Come non ricordare anche il
dottor Lorentini di Arezzo che si era messo in salvo ma
la sua generosità lo fece tornare indietro per
soccorrere un bambino e questo gli fu fatale.
Fonte:
Radiobrunotoscana.it © 29 Maggio 2015
Fotografia:
Dovealucca.it ©
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La moglie di Giovacchino
Landini
"Vedova dello stadio" parte
civile al processo
La
vedova di Giovacchino Landini, uno dei tifosi torinesi
della Juventus ucciso dalla furia dei teppisti inglesi
nello stadio di Bruxelles, ha deciso di costituirsi
parte civile nel procedimento giudiziario che la
magistratura belga ha aperto contro gli organizzatori
della manifestazione ed i responsabili materiali del
massacro che sarà possibile identificare. Carolina
Bandiera vedova Landini ha incaricato questa mattina
l'avvocato Aldo Perla di muovere tutti i passi necessari
per tutelare i propri interessi e dei suoi due figli
minorenni, Andrea e Monica. Il legale ha annunciato
d'aver già preso contatto con un collega belga e che si
recherà quanto prima in Belgio. L'avvocato Perla ha
inoltre fatto sapere che rinuncia ad ogni richiesta a
titolo d'onorario. Giovacchino Landini, un tranquillo
padre di famiglia con un ristorante in via Genova, non
aveva mai seguito la sua squadra in una trasferta
all'estero ed aveva deciso di unirsi in via eccezionale
agli altri tifosi per l'importanza della posta in palio
nella finalissima di Bruxelles.
Fonte: Stampa Sera ©
6 giugno 1985 (Testo © Fotografia)
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Le indagini torinesi sul
massacro di una settimana fa a Bruxelles
L'autopsia conferma: i 2 tifosi
sono morti soffocati nella calca
I familiari di Landini si
costituiranno parte civile - Parla un tifoso ferito a
sassate
Si
costituiranno parte civile i parenti di Giovacchino
Landini, il ristoratore torinese morto una settimana fa
nell'inferno di Bruxelles. Toccherà al legale della
famiglia stabilire se seguire l'esempio di alcuni
avvocati romani, che hanno già chiesto al procuratore
del Re di incriminare per omicidio colposo plurimo il
ministro degli Interni, il capo della polizia belga e i
dirigenti dell'Uefa, o se limitarsi a un'azione contro i
tifosi inglesi. Andranno poi anche chiarite eventuali
responsabilità di chi ha distribuito a tifosi italiani,
attraverso canali ufficiali, biglietti del "settore Z,
nella curva riservata agli inglesi. Autopsie - Ieri
mattina, all'Istituto di medicina legale, il prof. Baima
Bollone ha eseguito le autopsie di Giovacchino Landini e
Domenico Russo. Presenti il sostituto procuratore
Marabotto e il dottor Luca della Procura, è stata
compiuta un'analisi assai difficile per le cattive
condizioni delle salme, non ricomposte né rivestite
dalla competente autorità belga. La perizia ha
confermato che la morte è sopravvenuta per soffocamento
e schiacciamento. Lo scomparso di Moncalieri - Resta,
intanto, misteriosa la sorte di Marco Manfredi,
l'autista dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri
scomparso nel nulla durante la partita. Fra oggi e
domani torneranno a Bruxelles la moglie Rosita, la
cognata Daniela Binelli e alcuni zii e cugini: hanno
intenzione di battere palmo a palmo la città. Una
tipografia di Moncalieri ha stampato la notte scorsa
centinaia di volantini con la fotografia dello scomparso
e i suoi dati anagrafici: verranno distribuiti a
taxisti, poliziotti e ai connazionali che vivono in
Belgio. La speranza è quella di trovare una traccia
"anche se la collaborazione delle autorità belghe -
puntualizzano i famigliari - è stata molto scarsa. Ci
hanno impedito di controllare se Marco fosse fra i morti
o i feriti. Oltre all'appello della televisione non ci è
stato possibile ottenere molto. Abbiamo la sensazione
che anche la polizia non prenda sul serio il nostro
caso". I Manfredi hanno protestato contro l'operato del
nostro ministero degli Esteri "che deve rivolgere una
ferma richiesta al governo belga perché le ricerche
vengano svolte con serietà". Una mano concreta è stata
loro offerta "soltanto dal comitato di accoglienza
formato dai nostri connazionali: sono stati tutti
magnifici". Incidenti - Ancora episodi di intolleranza e
di teppismo la scorsa notte in pieno centro. L'ufficio
commerciale britannico di corso Massimo d'Azeglio 60, la
sede della British Airways, in via Arsenale 14, e il
Consolato belga, in via Dellaia, sono stati presi
d'assalto da gruppi di facinorosi. Su muri scritte
cariche di odio: "Vendicheremo i nostri morti", "inglesi
bastardi vi ammazzeremo tutti", "inglesi animali". Dei
teppisti nessuna traccia. Indagini - Dopo aver
presenziato all'autopsia delle salme il dottor Marabotto
ha proseguito, nel pomeriggio, i confronti per accertare
l'identità degli ultras juventini coinvolti negli
incidenti. Sarebbero stati raccolti elementi per
compiere altre due identificazioni che si aggiungono
alle sei dei giorni scorsi. I Landini - I famigliari di
Giovacchino Landini sono stati ieri a La Stampa per
ringraziare, attraverso le colonne del giornale, le
tante persone che hanno condiviso il loro dolore,
"Soprattutto il Comune di Torino - ha sottolineato la
moglie - che ci è stato affettuosamente vicino". "Una
sassata in fronte. Mi è rimasta una bolla d'aria nel
cervello". Pietro De Ambrogio, 54 anni, via
...
(NdR: omissis),
dipendente della Regione, senza alzare la voce parla del
massacro al quale lui e la figlia Alessandra, di 18
anni, sono scampati. Un volo Lufthansa, partito da
Bruxelles alle 18,30, li ha portati a Caselle alle 22,30
di lunedì. Oltre alla moglie, Margherita, c'era ad
aspettare un'ambulanza: subito al Cto. L'equipe
neurochirurgica ha permesso a De Ambrogio di tornare a
casa: "Ma faremo altri controlli costanti, vedremo le
cartelle cliniche". De Ambrogio e la figlia rievocano i
disordini: "Siamo allo stadio da un'ora partono lanci di
petardi e pietre. Una mi colpisce in fronte, continuano
gli assalti, c'è il fuggi fuggi. Tenendoci per non
essere divisi, ci trasciniamo verso il basso: dall'altra
parte ci avrebbero schiacciati". Fuggono sul campo.
Uomini della Croce Rossa ("meritano elogi enormi") li
portano in infermeria: "C'era una decina di feriti, un
bimbo aveva perso i genitori". Le prime medicazioni, poi
il ricovero in ospedale ("assistenza perfetta").
Alessandra: "In ospedale non potevo rimanere, non
ricordavo il nome dell'albergo. Mi hanno ospitata due
infermiere di origine italiana".
Fonte: La Stampa © 5
giugno 1985 (Testo © Fotografia)
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Stamane si svolgono i funerali
di Domenico Russo di Moncalieri; lascia la moglie di 24
anni, incinta di 5 mesi
Ultimo addio alle vittime di
Bruxelles, uccise dal fanatismo
Grande commozione, sabato, al
rito funebre di Giovacchino Landini - Monsignor Franco
Peradotto: "Bisogna stabilire fino a che punto
l'agonismo sia accettabile" - Un toccante messaggio di
pace, di fratellanza e di riconciliazione del vescovo di
Liverpool.
Si svolgono questa mattina i
funerali di Domenico Russo, il tifoso juventino di
Moncalieri, rimasto ucciso nel massacro di Bruxelles
prima dell'inizio della partita di finalissima per la
Coppa dei Campioni. La salma, in una bara scura avvolta
dal tricolore, è rimasta nel salotto della casa di
famiglia in via Deledda 17 e da qui parte alle 9. La
Messa in chiesa celebrata dal parroco e poi la
tumulazione al cimitero. Alla cerimonia ci saranno
tifosi juventini, delegazioni dei club bianconeri,
dirigenti e giocatori, le autorità a cominciare dal
sindaco. E centinaia di persone: le stesse che, sabato
sera, sotto la pioggia, hanno atteso il piccolo corteo
di auto dietro il carro funebre in arrivo. Grande pietà
e grande tristezza. Domenico Russo era uno sportivo che
non perdeva una partita della sua squadra del cuore, ma
che, a sua volta, giocava a calcio e faceva parte di una
equipe di ping-pong. Lascia la moglie Tiziana Fecchio,
24 anni, incinta di cinque mesi, che dapprima si è
aggrappata a un filo di speranza augurandosi che il
Domenico Russo morto fosse soltanto un omonimo del
marito. Poi è rimasta impietrita dal dolore: due notti
senza dormire, sostenuta da tranquillanti e da
un'infinita tristezza che le spezza il cuore. Ci sono
stati attimi di grande commozione mentre si celebrava il
rito funebre per l'altro torinese rimasto ucciso in
Belgio: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare di un
ristorante in via Spotorno, sposato, padre di due figli.
La Messa è stata celebrata nella chiesa di Santa Monica,
dal parroco don Michele Donadio, ma l'omelia è stata
pronunciata da monsignor Franco Peradotto. Poche parole.
La tragedia di Bruxelles porta angoscia, lacrime e pietà
ma deve insegnare qualche cosa: "bisogna rivedere i
criteri con i quali si esprime il tifo per una squadra e
stabilire fino a che punto l'agonismo sia accettabile".
E' stato letto un messaggio del vescovo di Liverpool che
ha scritto parole di pace, di fratellanza e di
riconciliazione. Un migliaio di persone ha assistito al
rito. Durante la cerimonia grande silenzio appena rotto
dai singhiozzi dei familiari. Un lungo applauso quando
la bara è comparsa sulla porta della chiesa.
Fonte: Stampa Sera ©
3 giugno 1985
Fotografie: Museotorino.it ©
Mediterranews.org ©
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L'ultimo saluti ai morti con un
vessillo bianconero
L'ha sventolato un ragazzo al
passaggio della salma di Giovacchino Landini - Il
sindaco Cardetti e il presidente della Juve Boniperti ai
funerali.
Giovacchino Landini è tornato
a Torino ieri, alle 16,30. Chiuso in una bara di legno
scuro, ha ricevuto il saluto della città al casello di
Settimo dell'autostrada Milano-Torino: una pattuglia di
vigili urbani motociclisti l'ha scortato prima presso la
sede dell'impresa delle pompe funebri, poi alla
parrocchia di Santa Monica, in via Spotorno, a due passi
da casa sua. La corsa del corteo nel traffico della
città non è passata inosservata. Il carro funebre
offriva a tutti la vista della bara avvolta nel
tricolore. Il lampeggiare delle auto di scorta e il
rombare dei motociclisti ha fatto intuire a tutti che
quel corpo "veniva da Bruxelles". Così qualcuno ha
accennato in corso Novara a un timido applauso. Un
ragazzo, davanti alla Gran Madre, ha sventolato un
vessillo bianconero che, chissà come, aveva in
quell'istante in mano. In via Vado angolo via Spotorno,
a poche decine di metri dal ristorante del Landini, il
rito funebre davanti a un migliaio di persone, l'ha
celebrato il parroco don Michele Donadio, mentre
l'omelia è stata tenuta da monsignor Franco Peradotto
che ha portato il messaggio di pace dell'arcivescovo di
Liverpool. "E' però necessario - ha aggiunto - rivedere
i criteri con i quali si esprime il tifo per una squadra
e stabilire anche fino a quando l'agonismo sia
accettabile". Al rito hanno partecipato il sindaco
Cardetti, l'onorevole Bodrato, il presidente bianconero
Boniperti e delegazioni delle squadre minori di Torino e
Juventus. Il clima di assoluta mestizia è stato rotto
solo alla fine da un applauso. Tutto il quartiere si è
raccolto intorno alla famiglia Landini.
Fonte: La Stampa © 2
giugno 1985
Fotografia: Ebay.it ©
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Landini e Russo
sull'aereo atterrato a Caselle
Tornati a casa i due
torinesi uccisi a Bruxelles
Erano partiti in pullman,
allegri e in numerosa compagnia, verso una giornata di
festa: comunque si fosse conclusa la partita fra
Juventus e Liverpool, il viaggio a Bruxelles sarebbe
stato ugualmente una piccola avventura, da ricordare con
qualche regalino acquistato in Belgio e con la solita
raffica di cartoline. Sono tornati con un mezzo "di
lusso", l'aereo, ma chiusi dentro una bara: e di fronte
all'assurdità delle loro e delle altre morti, tante,
troppe, non c'è spiegazione che tenga, non c'è ricerca
di responsabilità e punizione di colpevoli che possa
attenuare il dolore, la rabbia. Le salme di Giovacchino
Landini e Domenico Russo sono state rimpatriate stamane
su un aereo dell'Aeronautica militare atterrato a Linate
con a bordo anche altri feretri, diretti in località
diverse dell'Italia Settentrionale. Da Milano le due
vittime torinesi sono state portate a Torino in furgoni
funebri: i funerali si svolgeranno oggi alle 18 per il
ristoratore cinquantenne di via Spotorno nella chiesa di
Santa Monica (in via Cortemilia angolo via Tirone),
presenti il sindaco Giorgio Cardetti e il gonfalone
della città, e lunedì mattina alle 9 per l'elettricista
ventiseienne di Moncalieri. I due non si conoscevano: in
comune avevano una grande passione sportiva per la
squadra del cuore e i biglietti di quel maledetto
settore Z dello stadio Heysel che il destino ha voluto
attribuire loro. Landini in un modo che non può non fare
ancora più male, pensando a quella infinitesimale curva
della sorte che ha spento la sua vita. L'uomo, sposato
con due figli, era infatti partito martedì sera da
piazza Castello, su uno dei trenta pullman organizzati
dal Juventus Club di via Bogino, con un biglietto verde
dei settori M-N-O, ma a Bruxelles ha incontrato dei
conoscenti che avevano posti nella zona Z: "E' venuto da
me nel piazzale dei pullman - spiega il presidente del
club, Piercarlo Perruquet - e mi ha chiesto di
cambiargli il tagliando, per stare con loro. Il
biglietto grigio del settore Z gliel'ho dato io". Era
uno dei venti tagliandi circa ricevuti dal
vicepresidente dell'Anderlecht Club: forse si sarebbe
dovuto pensare al pericolo di mandare dei tifosi
juventini in una zona in precedenza appositamente
riservata a una fascia "neutrale" di spettatori belgi,
ma l'errore (se di errore si tratta, dopotutto è assurdo
che si debba affrontare uno spettacolo, in un Paese
cosiddetto civile, con le cautele necessarie in caso di
guerriglia urbana) appare commesso sicuramente in buona
fede. I due fratelli di Domenico Russo partiti ieri
mattina per Bruxelles hanno avuto la conferma definitiva
della sua morte quando si sono trovati davanti alla
salma: fino all'ultimo i familiari del giovane di
Moncalieri (sposato da quattro anni, sua moglie attende
un bimbo) non avevano rinunciato alla speranza, per
labile che fosse. Un'omonimia e il fatto che il giovane
apparisse vivo in una drammatica fotografia pubblicata
dai giornali avevano sostenuto a lungo il rifiuto della
realtà: "Non volevamo crederci, non era possibile che il
Domenico Russo sull'elenco delle vittime fosse proprio
lui. E all'inizio dal Belgio ci hanno detto che era solo
ferito, non hanno avuto il coraggio di dirci subito la
verità". Ieri sera, all'arrivo a Caselle del C130 che
riportava a Torino due feriti (uno è Alberto Moschella,
con un braccio spezzato, cui è stato assicurato tutto
l'aiuto necessario) e un primo gruppo di parenti delle
vittime, era presente anche il sindaco Cardetti. Non ha
voluto turbarli ancora di più, in un momento già
abbastanza sofferto: solo poche parole di solidarietà,
di conforto, prima che parenti e amici sottraessero quei
visi contratti dal dolore, ma anche da una sorda rabbia,
all'inevitabile raffica di flash dei fotografi, alle
domande dei giornalisti e ai riflettori della
televisione. Incredibile infine la totale scomparsa (ne
parliamo a parte) di un altro tifoso di Moncalieri,
Marco Manfredi, 40 anni, che sembra svanito nel nulla,
da quando è entrato nello stadio mercoledì.
M. SP.
Fonte: Stampa Sera © 1 giugno
1985
Fotografia: L'Unità
©
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Questa mattina da Caselle un
velivolo militare con i parenti delle vittime
Un aereo carico di dolore è
partito per Bruxelles
A bordo i congiunti di
Domenico Russo e Giovacchino Landini e molti che
vogliono visitare i loro cari negli ospedali della
capitale belga. Due corpi ancora senza nome.
Con un aereo militare è
partito stamane da Caselle per Bruxelles un gruppo di
parenti di tifosi juventini rimasti coinvolti nella
tragedia dello stadio Heysel. Per due di loro (Salvatore
Russo, fratello del ventiseienne Domenico, e un fratello
di Giovacchino Landini, 50 anni), un viaggio senza
speranza, una triste necessità: si recano infatti nella
capitale belga per il riconoscimento ufficiale dei
cadaveri dei loro congiunti, la cui identificazione è
purtroppo ormai certa. I parenti di Russo, elettricista,
sposato da quattro anni (la moglie Tiziana è in attesa
d'un figlio), si sono illusi fino all'ultimo che quel
nome sull'elenco delle vittime non fosse quello del
"loro" Domenico: a vedere la partita era andato infatti
anche un omonimo, l'ex assessore comunale "scissionista"
dal PLI, e per alcune ore la coincidenza è servita a
cullare la speranza. Poi la terribile conferma (due
fratelli del giovane l'hanno avuta in questura, dopo
aver riconosciuto Domenico su una drammatica fotografia
pubblicata da "Stampa Sera" ieri), che è stata tenuta
per qualche tempo nascosta dal fratello minore
Salvatore, il primo ad averla intuita ma che non aveva
il coraggio di rivelare la verità, in particolare alla
cognata. La moglie di Landini, Carola Bandiera, e i
figli Monica e Andrea, hanno invece appreso quasi
subito, alle due della notte fra mercoledì e giovedì,
che il destino aveva loro portato via in modo così
assurdo e feroce il marito e padre. Un destino che ha
accomunato anche in un altro commovente modo Domenico
Russo e Giovacchino Landini: entrambi infatti si
recavano per la prima volta a seguire la squadra del
cuore fuori Torino, il desiderio di vedere la Juventus
conquistare finalmente la Coppa Campioni era stato
troppo forte. Le altre persone che si sono imbarcate
sull'aereo militare sono parenti di feriti ancora
ricoverati negli ospedali belgi, dove restano ancora
diverse persone in coma e anche due corpi senza vita ai
quali non è stato possibile dare un nome.
Fonte: Stampa Sera ©
31 maggio 1985
Fotografie: Stampa Sera © Wikipedia.org
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"Un uomo pacifico, vittima
della violenza"
di Ezio Mascarino
La moglie e il figlio parlano
di Giovacchino Landini, il torinese morto nella bolgia
di Bruxelles - "Porterò fortuna alla Juve" - Il
biglietto da un bagarino: 50 mila lire.
Giovacchino Landini, 50 anni,
voleva proprio esserci a Bruxelles: "La Juve insegue da
anni quella coppa dannata, io le porterò fortuna". Era
sì tifoso, ma la squadre del cuore l'aveva sempre vista
solo al Comunale: la famiglia (due figli) e il lavoro
(aveva una trattoria in via Spotorno 33) non gli
lasciavano molto tempo libero. Ma questa volta non
voleva mancare: "Ci vado". Ha dovuto ricorrere a un
bagarino per il biglietto: 50 mila lire. Martedì sera,
partendo in pullman da piazza Castello, aveva detto ad
Andrea, il figlio, 15 anni: "Tu aiuta la mamma, mi
raccomando. Ti porterò il biglietto, lo terrai come
ricordo". Cinquantamila lire per morire. Quel biglietto
lo ha portato, nel vecchio stadio Heysel, in un settore
occupato da una minoranza di italiani e da una folta
rappresentanza di Liverpool. Li divideva una leggera
transenna: quando sono scoppiati gli incidenti è rimasto
soffocato nella calca, schiacciato come decine di altre
persone, sepolte sotto i corpi e le macerie. La moglie,
Carola Bandiera, ripete piangendo: "E' colpa mia, non
dovevo lasciarlo andare". L'altra sera era ai fornelli
della trattoria: "Per radio ho saputo che stava
accadendo qualcosa di grave. Si parlava di scontri, di
feriti. Ho avuto un presentimento. Poi le immagini per
televisione. Tutti a rincuorarmi: stai tranquilla, a
Giovacchino non è accaduto nulla. E io a farmi forza,
sorridere ai clienti, far finta che le immagini che
arrivavano da Bruxelles appartenessero a un mondo
inesistente". Nella notte, la notizia: "Fuori, per le
vie della città, cori di clacson, sventolio di bandiere,
caroselli di auto. Io da due ore tentavo inutilmente di
comporre i numeri che la televisione trasmetteva, per
avere notizie di mio marito. Ma come hanno fatto a
dimenticare, per una vittoria, quelle immagini, quel
massacro, quei morti ?". Andrea, il figlio, ricorda:
"Papà aveva deciso di andare a Bruxelles una decina di
giorni fa, e si è rivolto al Juventus club di via Bogino.
Era tardi, in un primo tempo non c'erano più biglietti.
Poi quell'offerta, 50 mila invece di 10 mila, oltre il
viaggio in pullman. Ecco perché è finito in quel settore
praticamente isolato dal resto della comitiva". La
moglie si interroga: "Perché la polizia non è
intervenuta ? Sugli spalti si picchiavano, bastoni e
spranghe di ferro. Mio marito era là. Ma, ne sono certa,
ha cercato di calmare gli animi. Ha sempre detestato la
violenza". Giovacchino Landini, immigrato vent'anni fa
da un paesino presso Lucca, voleva vedere giocare la sua
squadra fuori casa, tornare ai suoi fornelli, alla sua
trattoria e mostrare ai clienti, agli amici, quel
biglietto. Per dire: "C'ero anch'io".
Fonte: La Stampa ©
31 maggio 1985
Fotografie: Adriano
Lazzarini © La Stampa ©
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Lo strazio dei famigliari di
Domenico Russo
Due morti accertati ma di
altri tifosi non si sa nulla
Da Bruxelles non sono tornati
in due a Torino: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare
di una trattoria toscana in via Spotorno 33 alla
barriera di Nizza, abitazione in via
...
(NdR: omissis), e
Domenico Russo, 26 anni, un elettricista di Moncalieri,
dove abitava in via ...
(NdR: omissis) Entrambi sono tra le
liste ufficiali dei morti; le salme non si sa ancora
quando arriveranno. Due famiglie sconvolte dal dolore,
per un dramma senza senso, brutale, crudele,
imprevedibile. Prima del rimpatrio dei corpi (con aerei
militari italiani) devono essere fatte le autopsie di
tutte le vittime, quindi ci vorrà ancora qualche giorno.
Giovacchino Landini, originario di Capannori in
provincia di Lucca, aveva sempre solo frequentato lo
Stadio Comunale torinese; tra il lavoro e la famiglia -
la moglie Carola Bandiera e due figli, Monica di 22 anni
e Andrea di 15 - non aveva tempo e soldi per seguire le
trasferte. Lo dipingono come un tifoso tranquillo, di
indole pacifica, non iscritto al Club Juventus; tuttavia
frequentava il circolo di via Bogino. Per una volta
tanto aveva invece deciso di seguire da vicino la mitica
partita della Coppa dei Campioni. Il biglietto gli era
costato 50 mila lire al mercato nero, dato che gli
ingressi normali da diecimila lire erano esauriti. "Ti
porterò indietro il biglietto - aveva detto al figlio
Andrea di 15 anni - lo terrai per ricordo". La moglie si
dispera: "è colpa mia, non dovevo lasciarlo partire.
Stavo lavorando nel locale la sera del disastro e ho
cominciato a sentire notizie di scontri e disordini per
radio. Poi ho visto anche la televisione e mi sentivo
morire. I clienti mi rincuoravano, tutti dicevano vedrai
che a Giovacchino non è capitato niente. Io mi facevo
forza, sorridevo ai clienti, ma avevo un presentimento".
"Papà è finito in quel settore, isolato dal suo gruppo
proprio perché non aveva trovato il biglietto per tempo:
"Quella sera ho cercato per due ore di telefonare a
Bruxelles - aggiunge la moglie - ai numeri che diceva la
televisione, ma ho trovato sempre occupato. E la gente a
Torino ? Come hanno fatto quelli che sono andati in giro
di notte con le bandiere e a suonare i claxon, a
dimenticarsi dei morti e dei feriti ? Sul massacro
continuano ad arrivare testimonianze; molti telefonano
al giornale raccontando la propria esperienza, sempre
tragica, allucinante. Arnalda Girani, 57 anni, di
Scopello in Valsesia telefona: "Ho visto con i miei
occhi degli inglesi che hanno aggredito un poveretto che
vendeva maglie e bandiere della Juve, e gli hanno rubato
la roba, poi sono entrati nel settore degli italiani
travestiti da juventini. Noi abbiamo denunciato il fatto
subito alla polizia che non ha mosso un dito. Bisogna
dirle queste cose. Alla fine gli inglesi se ne sono
andati via con cinque pullman e nessuno gli ha detto
niente". A Moncalieri, nella casa di Domenico Russo, si
stenta ancora a credere alla notizia della morte; la
moglie del giovane, Tiziana, incinta di sette mesi, non
vuole accettare la verità. Tra l'altro ci sono state
lunghe ore di incertezze, informazioni incomplete e non
controllate prima di avere la verità. Uno dei fratelli,
Salvatore, è stato informato dai carabinieri, ma tutti
in famiglia hanno sperato ancora, che si trattasse di un
errore, che Domenico tornasse a casa. Russo si era
sposato quattro anni fa; lavorava come elettricista in
una piccola azienda. "Non era mai andato all'estero in
vita sua - racconta il fratello Salvatore - e neanche in
altre parti d'Italia. Solo una volta era andato a
Cremona a vedere la Roma. Era da tanto, che sognava di
andare a vedere la finale della coppa dei campioni.
Finalmente era riuscito. E' partito martedì sera col suo
amico Alberto "che è rimasto ferito a un braccio. E non
è più tornato. Adesso c'è il problema di andare fino a
Bruxelles". La tragedia comunque non è ancora finita;
parecchi degli spettatori presenti allo stadio Heysel,
non sono ancora tornati a casa e le famiglie sono col
cuore in gola perché non hanno avuto notizie, né sanno
con precisione a chi rivolgersi. Nella capitale belga,
non è ancora tutto finito, il grande caos non si è
ancora ricomposto, alcune vittime non sono ancora state
identificate, né è da escludere che qualcuno sia vagante
chissà dove in stato di choc.
Fonte: Stampa Sera ©
31 maggio 1985
(Testo
© Fotografia)
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"Era la prima volta che seguiva
la Juve"
Il torinese morto sugli spalti
di Bruxelles era titolare di una trattoria in via
Spotorno. Moglie e figli hanno appreso la notizia alle
2.
Nel condominio dove abitava
era apprezzato da tutti Giovacchino Landini, 50 anni a
novembre, ha pagato con la vita il suo tifo per la
Juventus: è morto a Bruxelles, forse travolto nel crollo
del "settore Z". La notizia in via Genova
...
(NdR: omissis)
piano, nell'alloggio dove abitava con la moglie Carola
Bandiera e i figli Andrea, 15 anni e Monica, 22, è stata
portata dal cronista poco prima delle 2 di, stamane.
Nell'alloggio, in un palazzo abbastanza recente, nessuno
dormiva. "E' tutta la notte - dice la moglie fra i
singhiozzi - che tento di telefonare ai numeri forniti
dalla tv. Invano, sempre occupato. Un incubo". E la
figlia Monica: "Perché proprio lui ? Non si era mai
mosso da Torino. Ma questa volta non c'erano stati
santi, voleva vedere la Juve". Giovacchino Landini era
molto conosciuto nella zona di via Genova, era il
titolare della trattoria Toscana di via Spotorno 33. Gli
volevano bene tutti, aveva sempre il sorriso sulle
labbra, parlava sovente di sport, della sua Juventus,
una passione che aveva contratto nei numerosi anni di
permanenza a Torino, dove era arrivato da Capannori,
patria di tanti gestori di ristoranti della nostra
città. Quando è partito, lunedì, poco prima delle 20 -
ricordano i familiari - era tanto contento. Il viaggio
era organizzato dal Club di via Bogino, al quale pur non
essendo iscritto, si sentiva vicino per fede bianconera.
"Adesso non lo vedremo più", affermano fra le lacrime
moglie e figli. E mentre smarriti chiedono informazioni,
arrivano altri giornalisti, confermano purtroppo la
luttuosa notizia. Arriva la televisione, il condominio
si sveglia, gli inquilini si affacciano alle porte.
Domandano che cosa sia accaduto. Quando sanno,
commentano: "Era tanto appassionato della Juventus". Fra
le notizie vi è anche quella di un aereo privato con
otto persone a bordo, che, arrivate nella capitale belga
e saputo della "guerriglia" in atto hanno preferito
vedere la partita in televisione. Pier Carlo Perruquet,
presidente dello Juventus club, è riuscito a telefonare
in via Bogino da Bruxelles alle 22.45. Parole
drammatiche: "Non dovrebbero esserci morti tra quelli
partiti con noi (una ventina di pullman, due charter).
Terribile: è successo di tutto qui". Poi dure accuse:
"Le colpe sono del servizio d'ordine inesistente. In
campo ci aggredivano e nessuno interveniva". Dalle 21 in
poi i telefoni della segreteria dello Juventus club di
via Bogino, non hanno smesso un attimo di trillare. "Si
sa qualcosa da Bruxelles ? Chi sono i morti ?". Non si è
saputo cosa rispondere fino a notte inoltrata, quando si
è avuta la sicurezza dell'unico nome certo di Torino. I
parenti dei tifosi sono arrivati in massa al termine
della partita. Dopo decine di tentativi la titolare di
un'agenzia di viaggi è riuscita a mettersi in contatto
con l'ospedale militare di Bruxelles, dove si trovano le
vittime. Sui tavoli della segreteria è stata compilata
una lunga lista di persone partite, che veniva letta al
personale dell'ospedale.
Fonte: La Stampa ©
30 maggio 1985
Fotografia: Nicola
Di Fazio ©
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Giovacchino Landini, titolare
di una trattoria, era la prima volta che seguiva la Juve
Ha saputo del marito morto
sugli spalti a Bruxelles
mentre i tifosi impazziti
festeggiavano in centro
Una notte di disperazione in
via Genova ...
(NdR: omissis) Da una parte la notizia che
Giovacchino Landini era morto durante gli incidenti di
Bruxelles travolto da una folla scalmanata di tifosi e
dall'altra l'eco dei clacson di altri tifosi che, come
se niente fosse, credevano di poter festeggiare
ugualmente la vittoria della loro squadra. "Per tutta la
notte - racconta la moglie Carola Bandiera - ho cercato
di telefonare ai numeri dati dalla televisione. Inutile.
Davano occupato. E a ogni tentativo l'angoscia che
cresceva con una sorta di presentimento. La notizia che
non c'era più nulla da fare l'ha portata un giornalista,
pochi minuti prima delle 2 di notte, il palazzo si è
svegliato, i vicini di casa si sono affollati sul
pianerottolo per portare la loro solidarietà e chiedere
se potevano essere utili in qualche cosa. Ma cosa ? I
primi comunicati dal Belgio e le successive conferme
hanno chiuso gli spiragli di speranza. Giovacchino
Landini, 50 anni, titolare della trattoria "Toscana" di
via Spotorno 33, è rimasto coinvolto negli incidenti
allo stadio di Bruxelles. La moglie in via Spotorno ha
appreso la notizia questa notte alle 2. La figlia
Monica: "Perché proprio lui ? Non si era mai mosso da
Torino, ma questa volta non ci sono stati santi,
voleva a tutti i costi vedere la finalissima".
Aveva trovato un posto nel settore "Z": quello dei
tifosi italiani ma accanto agli inglesi di Liverpool. E'
rimasto travolto dalla folla che, prima dell'inizio
della partita, ha abbattuto le transenne. Le impalcature
hanno ceduto e centinaia di tifosi sono precipitati
facendo un volo di parecchi metri. I soccorsi sono
arrivati in ritardo: quando hanno potuto farsi largo fra
gente e macerie. Per troppi non c'è stato più nulla da
fare. Il bilancio ha le proporzioni di un massacro:
decine di morti e decine di feriti. Per tanti le
condizioni sono disperate. Landini era arrivato in
Piemonte da Capannori (provincia di Lucca) e aveva
cominciato a lavorare come ristoratore. Nel suo locale
aveva sempre la battuta pronta. I vicini di casa e i
suoi clienti in trattoria lo apprezzavano proprio per la
sua allegria. A Torino, anno dopo anno, aveva cominciato
a tifare per la Juventus: all'inizio in modo abbastanza
tiepido ma, con il tempo, con maggiore convinzione.
Anche se non era iscritto frequentava il club dei tifosi
bianconeri di via Bogino e con loro è partito per vedere
la partita di Bruxelles. Spesso parlava di sport: il
lunedì c'era da commentare la partita della domenica
precedente. Però non aveva mai seguito la squadra:
guardava i suoi beniamini alla televisione ma non si era
mai mosso di casa per andare allo stadio. Adesso è il
tempo dei rimpianti. Aveva due figli: Monica 22 anni e
Andrea di 15. "Non si era mai mosso da Torino - dice la
ragazza - Niente: da nessuna parte. Questa volta invece
aveva voluto andare a tutti i costi. Non ci sono stati
santi: voleva vedere la Juventus". Non tornerà più.
"Lunedì - ricordano i familiari - quando è partito era
contento come un bambino".
Fonte: Stampa
Sera © 30 maggio 1985 (Testo © Fotografia)
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