Giuseppe, figlio di
una vittima oggi è allenatore
30 anni fa quei
siciliani all’Heysel
"Mio padre non è morto
per il calcio"
di Francesco Lamiani
Di quella partita ricordiamo
tutto tranne che la partita stessa. Qualcuno ricorda
anche i preparativi per un evento che il popolo
juventino aveva tanto atteso quanto poi pudicamente
detestato. Sono passati 30 anni, ma i frame di quel
pomeriggio belga sono stampati nella mente di tanti.
Almeno di coloro i quali avevano già la maturità di
capire cosa stesse accadendo allo stadio Heysel. Ed
eccole come in un flash back le immagini del
collegamento anticipato che irrompe nel palinsesto della
Rai, con Bruno Pizzul che commenta ciò che non aveva
ancora mai raccontato, la faccia di Scirea che legge un
comunicato dietro un vetro, i volti sofferenti dei
tifosi schiacciati l’uno sull’altro e poi i corpi
coperti dalle bandiere. Quel 29 maggio, per molti è
stato una sorta di "battesimo" della violenza negli
stadi, di reality del calcio che si trasforma in
tragedia, di una festa in cui poi non ci sarà nulla da
festeggiare. E’ stato così anche per Giuseppe Gagliano
che, 30 anni fa come oggi, festeggia il proprio
compleanno e aspetta di gioire per le gesta della sua
Juve. Da Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania,
sono partiti in sette al seguito della Signora. C’è
anche il padre di Giuseppe, Eugenio Gagliano, che è
riuscito ad ottenere un biglietto per il big match.
Trent’anni fa, però, il signor Eugenio (molto noto anche
perché assessore comunale allo Sport), come altre 38
persone, si trovò al posto sbagliato, la maledetta Curva
Z, nel momento sbagliato. A Mirabella tornerà in una
bara. Giuseppe, dovrebbe odiare il calcio che, invece,
diventa la sua più grande passione: oggi è l’allenatore
della squadra del proprio paese. Si sono salvati con
anticipo ed è come se avessero conquistato una
Champions. "Il calcio mi ha appassionato e mi ha dato
tanto e non posso considerare però che mio padre è morto
per colpa del calcio - dice. E’ come se chi muore per un
incidente stradale poi la famiglia debba odiare le auto.
Lo sappiamo quello che è successo: quattro ubriachi che
hanno combinato un casino".
Lei cosa ricorda di
quel giorno ?
"Purtroppo tutto. Ero alla tv
e festeggiavo il mio 12 compleanno…"
Quella sera cambia la
storia del calcio per sempre, ma in Italia, purtroppo,
di episodi di violenza se ne registrano ancora. Quella
lezione non è servita ?
"Beh, gli inglesi hanno
debellato gli hoolingans perché c’è stato un governo che
ha voluto debellarli. In Italia, ma anche in altri posti
d’Europa o del Sud America, evidentemente non c’è questa
volontà. Certo, c’è innanzitutto della gente che sfoga
le proprie frustrazioni sociali con la violenza".
Ma…
"No mi faccia finire. Le
confido una cosa: io sono voluto diventare allenatore
proprio per stare con i ragazzi, fargli capire che il
calcio è uno sport bellissimo e che non bisogna cedere
alle provocazioni di chi siede in tribuna e quando
succede qualcosa in campo fanno un casino. Ai miei
giocatori dico sempre di rispettare l’avversario,
l’arbitro, di farsi scivolare addosso le tensioni. Ecco
perché faccio l’allenatore per essere innanzitutto
educatore e far sì che non succeda niente".
E’ ancora un tifoso
della Juve ?
"Certo, ma sono soprattutto un
tifoso del calcio. Sono juventino, ma ad esempio ciò che
accaduto nel derby col Torino, la bomba carta, mi ha
fatto schifo".
La Juve ha sempre
ricordato e rispettato quelle vittime dell’Heysel…
"Sempre. Conservo due lettere,
una scritta personalmente dal presidente Agnelli. Così
come ricordo l’inaugurazione allo Juventus Stadium dove
è stato rievocato l’Heysel con una cerimonia molto
toccante…".
Parliamo di calcio e
della finale di domenica prossima. Cosa si aspetta dalla
Juve ?
"La logica, ma non sto
scoprendo l’acqua calda, mi dice che il Barcellona è
molto più forte. Però la Juve sul campo ha dimostrato
compattezza e concretezza e se rimangono concentrati…
Guardi, non lo so, ma mi sento ottimista".
E allora da allenatore
se la sente di dare qualche consiglio ad Allegri per la
finale di Champions ?
"Sarei banale se dicessi nel
mio piccolo, eccetera, mi sento di dirgli solo di stare
tranquillo e di cercare di inculcare serenità ai
giocatori".
Ha un sogno per sé ?
Come si immagina, alla guida di una squadra importante ?
"Se devo essere sincero no. No
per tantissimi motivi: la famiglia, il lavoro. A me
piace fare quello che posso, con il massimo della mia
serietà e della mia professionalità. E mi piace farlo
qui… A Mirabella Imbaccari".
Fonte:
Catania.blogsicilia.it © 28 maggio 2015
Fotografie: Comune.mirabellaimbaccari.ct.it © Catania.blogsicilia.it
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