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ITALIA
31-05-1956
REGGIO EMILIA
Anni 28
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ADDIO IN CITTA'
È morta la mamma di
Claudio Zavaroni la vittima reggiana dell'Heysel
REGGIO EMILIA - È morta a 85
anni Adele Fontana, mamma di Claudio Zavaroni, vittima
reggiana della strage dell'Heysel. Una mamma-coraggio,
ruolo che le era riconosciuto a Reggio visto l'impegno
profuso dopo aver perso il figlio nella tragedia
avvenuta prima della partita del 29 maggio 1985 per la
finale di Coppa dei Campioni di calcio fra Juventus e
Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, in cui
morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero
ferite oltre 600. Tra i morti ci fu anche il fotografo
reggiano Claudio Zavaroni, del quale la madre Adele
tenne sempre vivo il ricordo, e al quale venne dedicata
nel 2010 una mostra. La Provincia di Reggio gli dedicò
anche una palestra dello Zanelli, mentre Reggio non ha
mai dimenticato la strage, trovando posto davanti al
Mirabello per il monumento in ricordo delle vittime.
Eventi che hanno sempre visto in prima linea Adele
Fontana, ricordata ieri sul gruppo facebook delle
vittime della strage. "Ci siamo conosciute poco prima di
restaurare il monumento - scrive luliana Bodnari - Hai
partecipato alla nostra prima commemorazione del 1°
novembre 2008. Da allora sei sempre stata vicina a noi,
presente a tutte le commemorazioni tranne questa del
2019 che eri già poco in forma. Donna straordinaria.
Adesso hai raggiunto i tuoi cari uomini".
Fonte: Gazzetta di
Reggio © 10 novembre 2019
Fotografie: Gazzetta di Reggio © Famiglia
Zavaroni ©
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Nel giorno dei defunti
Fiori per i morti
dell'Heysel
Un mazzo di fiori per il
figlio morto in occasione della finale fra Juve a
Liverpool, in cui morirono 39 tifosi italiani. Tra le
vittime, anche il fotografo reggiano Claudio Zavaroni
che all'epoca aveva 28 anni. La mamma, Adele Zavaroni,
accompagnata dalla zia di Claudio, Lella, ieri ha
deposto un mazzo di fiori alla memoria di tutti i 39
angeli, con la preghiera che non siano mai più
dimenticati, sul monumento eretto in via Matteotti a
Reggio Emilia, nel parco di fronte allo stadio
Mirabello. Il monumento, che ora è provvisto di una
copertura per proteggerlo meglio dalle intemperie,
adesso è curato da Iuliana Bodnari e Rossano Garlassi
del direttivo del Comitato "Per Non Dimenticare Heysel".
Fonte: Gazzetta di
Reggio © 3 novembre 2017
Fotografie: Comitato Heysel Reggio Emilia ©
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Defunti, mazzi di
fiori per i 39 tifosi della Juventus morti all'Heysel
L'omaggio della mamma
di una delle vittime, il reggiano Claudio Zavaroni,
davanti al monumento eretto a Reggio Emilia.
REGGIO EMILIA - In occasione
della Commemorazione dei defunti, a Reggio Emilia
vengono ricordate le vittime dell'Heysel di Bruxelles,
in Belgio, dove il 29 maggio 1985, in occasione della
finale di Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus,
morirono 39 tifosi bianconeri. Tra le vittime anche il
fotografo reggiano Claudio Zavaroni che aveva 28 anni.
La mamma, Adele Zavaroni, accompagnata dalla zia di
Claudio, Lella, ha deposto un mazzo di fiori alla
memoria di tutti i 39 angeli, con la preghiera che non
siano mai più dimenticati, sul monumento eretto in via
Matteotti a Reggio Emilia, nel parco di fronte allo
storico stadio Mirabello, restaurato tempo fa dopo anni
di abbandono. Il monumento, che ora è provvisto di una
copertura per proteggerlo meglio dalle intemperie,
adesso è curato da Iuliana Bodnari e Rossano Garlassi
del direttivo del Comitato "Per Non Dimenticare Heysel".
Fonte: Gazzettadireggio.it © 2 novembre 2015
Fotografie: Comitato Heysel Reggio Emilia © Nucleo 1985
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"E’ impossibile perdonare"
"Morto per una partita".
Il dolore della
madre Adele.
di Alessandra
Codeluppi
"Sono passati 29 anni, ma per
me è sempre ieri". Dopo la cerimonia improvvisata con la
Juventus davanti al monumento di via Matteotti, mamma
Adele torna a casa. Qui rimane sola con il dolore più
grande, una sofferenza che gli abbracci possono soltanto
provare a lenire. Ha 80 anni, Adele Fontana, "madre di
Claudio Zavaroni, il fotografo reggiano che perse la
vita a 28 anni nella tragedia dell'Heysel: "Dopo tanto
tempo per me è ancora impossibile accettare ciò che è
stato e perdonare. Il mio Claudio morì in mezzo alla
calca: non ho mai saputo e non potrò mai sapere chi è
stato e com'è successo, ma tante volte mi dico: "Se
sapessi chi lo ha ucciso...". Poi interrompe la frase:
il pensiero è troppo pesante. "Possibile che mio figlio
sia morto per una partita di calcio ?". A stare vicino,
attenuando il peso di questi "sì", ci sono i membri del
comitato reggiano Heysel: "Oggi mi hanno chiamata,
dicendomi che sarebbero venuti quelli della Juve. Così
Iuliana (Bodnari, segretaria del comitato, ndr) è
venuta a prendermi in auto e poi mi ha accompagnata al
monumento". Entrambe le zie di Claudio, Maria e Vivella,
non potevano esserci. "Maria, che era andata a prendere
Claudio dopo la morte, in questo periodo ha bisogno di
cure. Così da lei è andata Vivella". C'era invece Paolo
Ferrari, "un amico di Claudio dai tempi della scuola:
lui è sempre presente". "Che emozione, quando ho visto
quelli della Juve - racconta Adele Mariella e Pavel mi
hanno abbracciata forte forte e mi hanno detto tante
belle parole: mi sono commossa". L'unica consolazione
della donna viene proprio da questi attimi: "Nessuno mi
potrà più ridare Claudio, però fa piacere vedere che il
comitato mi sta vicina e non dimentica mai di
commemorare, ogni anno, la morte di mio figlio e degli
altri". A casa Zavaroni ogni tanto arriva una
telefonata: "E’ Raphael, un francese che era rimasto
ferito durante gli scontri. L'ultima volta l'ho sentito
15 giorni fa: mi chiede sempre come sto". La visita
della Juve al monumento è storica: "Hanno portato anche
i fiori. Li ho sentiti vicini al mio dolore. Poi Iuliana
mi ha offerto un caffè mentre tornavamo a casa. Per
fortuna mi stanno vicini, perché dentro di me c’è un
vuoto che non potrò mai colmare".
Fonte: Il Resto del
Carlino
© 29 aprile 2014
Fotografia:
Comitato Heysel
Reggio Emilia ©
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Ricordando mio figlio
Claudio Zavaroni
di Adele Fontana
Io mio figlio lo presento come
l'ho sempre visto: bellissimo, intelligentissimo,
affettuosissimo. Aveva un carattere aperto uguale al
mio, mentre quello di mio marito è sempre stato chiuso,
senza parole. Nonostante fra Claudio e suo padre non ci
fosse la confidenza che c'era fra me e lui, Aronne è
morto per Claudio. Ha passato tre anni fermo su questa
poltrona in sala e poi a forza di insistere ha iniziato
a frequentare qualche amico, prima di ammalarsi di
quella polvere che aveva preso nelle miniere del Belgio
da giovane. Io invece sono ancora qui, a pensarlo ogni
giorno come fosse ancora vivo. "Lo cumprèe a cà: l'era
acsé bel che ag n'era mia" (l'ho partorito a casa, era
così bello che non ce n'erano altri). Pesava 5 chili
quando è nato il 31 maggio del 1956 nella casa vicino
alla diga dove abitavamo a Cerezzola, una frazione di
Ciano d'Enza (ora Canossa). Adesso in quella casa c'è un
ristorante. A Natale dell'anno successivo ci siamo
trasferiti a Carbonizzo, un’altra frazione di Ciano, per
poi emigrare, Aronne ed io, in Francia in cerca di
lavoro, mentre Claudio era affidato alle cure della
Carola (Carolina), la sua nonna paterna. Passammo circa
un anno e mezzo a Parigi, in centro vicino alla torre
Eiffel e a Bois de Boulogne, mio marito a fare il
magazziniere ed io a servizio presso la famiglia del
proprietario Monsieur Lotellier, persona ricchissima che
organizzava il trasporto sulla Senna di prodotti per
l'edilizia. Le cinque figlie suonavano il disco di
Modugno, "Volare", ed io dalla cucina accorrevo
provocando le loro risate di allegria; per il compleanno
di Denise, la figlia più grande, venne chiamato
dall'Italia Carosone. Tornammo in Italia perché
finalmente Maria, una sorella di Aronne, trovò per lui
un posto di lavoro nei magazzini di formaggio di una
banca, grazie alle sue origini di garzone casaro.
Anch'io poi trovai impiego a servizio della famiglia
Boselli, uno dei due soci dell'officina Greco, e vi
rimasi per trent'anni. Boselli era il padre della
signora Paola e lei a sua volta è la mamma di Flavia
Franzoni, moglie di Romano Prodi. Ho seguito la loro
famiglia per tanti anni, accompagnando a scuola i figli
e preparando da mangiare; ancora oggi, tutti gli anni
vado a preparar loro la cena della Vigilia di Natale.
Mio marito intanto aveva cambiato lavoro, spostandosi
nella maglieria, mentre Claudio era seguito durante il
giorno dalla nonna che viveva con noi, assieme a
Luisella, l'altra sorella di Aronne. "La Carola" era
come Claudio, una persona importante che tutti venivano
a cercare per parlar con lei, era una donna forte e
rispettata. Il 22 luglio 1961, giorno di Santa Maria
Maddalena, venimmo ad abitare a Reggio, prima in zona
dell'ospedale, poi in via San Filippo e poi, sempre il
22 luglio, nel 1970 ci trasferimmo definitivamente in
via Montefiorino
...
(NdR: omissis) Claudio iniziò le elementari
nella scuola di San Pellegrino; quando andai dal maestro
ad informarmi mi disse che il ragazzo era
intelligentissimo, ma che quando prendeva la parola lui
nessuno riusciva più a parlare. "Lè seimper stè un
putein svèli" (è sempre stato un bambino sveglio),
prendeva sempre dieci a scuola, sia alle elementari,
continuate poi in viale Montegrappa, sia alle medie
"Manzoni" in via Emilia; solo allo Zanelli prendeva
brutti voti, perché lì non andava d'accordo per via dei
suoi temi su Marx. Un suo professore delle scuole medie,
Alberini, divenne anche il suo maestro di teatro e
fotografia.
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Aveva tanti amici, io ricordo
in particolare Paolo Ferrari, Roberto Pedrini, Francesco
Allegri. Erano quelli della gioventù. Mi ricordo che
Paolo ha dormito a casa nostra qua sul divano quando ha
avuto problemi famigliari, mentre Claudio dormiva di
fronte nel mobile-letto che avevamo qui in sala. Claudio
ha avuto una morosa importante per tanti anni, la
Morena, che ho continuato a vedere anche gli anni
successivi. Quando diventò un fotografo professionista,
secondo me convinto da Alberini, la casa iniziò a
riempirsi di modelle e stilisti, un giro di persone di
livello più alto del suo, che invece era senza soldi e
doveva finire di pagare l'attrezzatura. Lavoravano con
lui Silvia ed Alberto. Alberto mi riportò poi indietro
la sua macchina fotografica perché la gente gli diceva
che le foto non erano quelle di Claudio. "Le seimper stè
un ragàs viv acsé" (è sempre stato un ragazzo vivace
cosi); un giorno dal ritorno dal lavoro vidi Claudio che
scherzava con la nonna continuando a spettinarla per
lungo tempo. Quando chiesi spiegazione, la nonna mi
rispose che lei lo aveva sgridato, ma lui, forse non
ricordandosi neanche più della cosa, aveva preso a
giocare con lei, con tale naturalezza che la stessa
nonna non provava alcuna irritazione. La Carola era una
persona molto importante per Claudio, ma lo fu anche
Claudio per lei: quando ci avvisarono della sua morte la
Carola smise per sempre di parlare. La sera che partì
per andare a vedere la Juventus io gli preparai un
sacchetto di roba da mangiare; lui diede la sua carta
d'identità al suo amico Umberto Profeta affinché non
andasse persa come le altre precedenti. La mattina che
il pullman ripartì da Bruxelles lasciando là Claudio
senza che si sapesse dove fosse, mi telefonò il padre di
Umberto dicendomi che stavano rientrando. La Carola
disse invece che qualcosa era successo a Claudio,
altrimenti avrebbe già telefonato. Dapprima fu dato per
disperso perché non aveva con sé i documenti di
riconoscimento, poi andarono a cercarlo la Maria con sua
figlia Ramona. Quando Ramona lo riconobbe da una
fotografia svenne cadendo a terra. Claudio sarebbe
dovuto tornare a casa per mettersi in società con
Alberto e Silvia ed invece il suo studio servì come
camera ardente. "Claudio l'è seimper stè acsé, al pos
mia masèr" (Claudio è sempre dentro il mio cuore e lo
vedo sempre dappertutto).
La Mamma Adele Fontana
Fonte: Libro "Claudio Zavaroni Un reggiano per
esempio" © 16 marzo 2010
Fotografie: Famiglia Zavaroni ©
Comitato Heysel Reggio
Emilia
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