|
ITALIA
15-08-1974
CAGLIARI
Anni 10
|
|
ITALIA
20-12-1941
CAGLIARI
Anni 43
|
|
|
|
LA STRAGE DI BRUXELLES
Addio, piccolo Andrea,
pulcino del Cagliari
di Andrea Frallis
Quattro vite umane
sono il pesante tributo di sangue che la Sardegna paga
alla selvaggia violenza dei tifosi del Liverpool nella
finale della Coppa dei campioni. Tra i morti, assieme al
padre, un bambino di undici anni.
Quattro vite umane sono il
pesantissimo tributo di sangue che la Sardegna paga alla
selvaggia violenza dei tifosi del Liverpool responsabili
dei gravissimi incidenti nel pre-partita della finale di
Coppa dei Campioni a Bruxelles. La drammatica morte di
Giovanni e Andrea Casula, padre e figlio cagliaritani,
di Mario Spanu originario di Perfugas ma stabilitosi da
tempo a Novara e di Barbara Lusci di Domus Novas ma
sposata a un genovese, ha riempito di commozione e di
orrore i sardi che hanno seguito con grande attenzione
tutte le notizie provenienti dalla capitale belga. Fra
tante drammatiche vicende particolare commozione ha
suscitato la storia del piccolo Andrea Casula di 11
anni, che aveva ottenuto dal padre il premio del viaggio
a Bruxelles per seguire la squadra del suo cuore. Andrea
era un bambino esemplare sotto tutti i punti di vista:
diligente a scuola, affettuoso con i familiari e i
compagni, frequentava la scuola calcio di Gigi Riva,
teneva molto alla finale di Coppa dei Campioni e, dopo
tante insistenze, era riuscito ad ottenere il premio
alle sue fatiche scolastiche. I soccorritori lo hanno
trovato privo di vita sulla gradinata del famigerato
settore "Z" dello stadio Heysel: al collo aveva ancora
il fazzoletto bianconero della "sua" Juventus e
stringeva in un abbraccio il padre Giovanni nell'ultimo,
disperato tentativo di sottrarsi a una morte orrenda.
Dopo il tremendo choc di chi ha seguito per televisione
le immagini della tragedia di Bruxelles, solo il giorno
successivo i sardi hanno saputo che anche l'Isola era
stata toccata dal dramma: ore di attesa angosciosa, la
ricerca disperata di notizie dei propri congiunti che si
erano sobbarcati le faliche e le spese di un viaggio in
Belgio convinti di andare ad assistere ad una festa
dello sport. Ma le numerose testimonianze dei sardi
presenti confermano che, quella sera, a Bruxelles ha
funzionato ben poco: impossibile telefonare, tantomeno
in Italia, e quindi la netta sensazione che la capitale
belga si sia trovata a dover affrontare una situazione
per la quale non era preparata e alla quale ha reagito
nel peggiore dei modi: con improvvisazione e
superficialità. Le stesse autorità belghe hanno
riconosciuto che la presenza di forze dell'ordine
all'interno dello stadio era insufficiente al momento in
cui sono scoppiati i disordini e, la circostanza,
conferma come a Bruxelles abbiano sottovalutato il
pericolo costituito dagli scatenati tifosi inglesi;
d'altra parte il fatto che i biglietti di un settore
inizialmente destinato al pubblico belga siano poi
finiti in mano ai sostenitori juventini la dice lunga
sull'attenzione dedicata a questa manifestazione.
Orrore, sdegno, commozione ma nulla di più: anche in
questa occasione i sardi hanno reagito con grande
compostezza e civiltà all'ennesima tragedia che li ha
colpiti così come d'altra parte hanno fatto, a parte
qualche stupida eccezione, tutti gli italiani. La facile
tentazione di generalizzare, prendendosela
indiscriminatamente con tutti gli inglesi, qui da noi
non ha attecchito: molti britannici, specie nel nord
dell'Isola, si trovavano già in Sardegna per trascorrere
le loro vacanze al momento della tragedia ma nessuno di
loro, per quanto è dato sapere, è stato oggetto di
ritorsioni o di altri episodi del genere e questo è il
segnale evidente del grado di maturità civile raggiunto
da un popolo.
|
Pian piano la rabbia, lo
sgomento e Io sdegno hanno lasciato il posto al
ragionamento, alla valutazione di ciò che era successo:
e allora, specie nell'esame del dopo incidenti, le
responsabilità gravissime degli organizzatori e delle
autorità belghe sono venute fuori in maniera evidente
anche nella considerazione dei sardi. I teppisti che
hanno provocato gli incidenti del 29 maggio non possono
essere confusi con tutti gli inglesi e neanche con la
maggioranza dei sostenitori del Liverpool; sono solo una
frangia violenta, e oggi possiamo dire anche assassina,
di un popolo che per secoli è stato maestro di civiltà
per tutto il mondo e che anche in questa occasione non
ha nascosto niente condannando duramente chi aveva
causato i disordini e facendosi carico di una vergogna e
di uno sdegno che, noi crediamo, per molti anni peserà
sulle coscienze degli abitanti del Regno Unito. Per i
belgi il discorso è diverso, questo è nostro dovere
sottolinearlo: l'inefficienza, l'impreparazione e la
superficialità sono state le caratteristiche del
comportamento degli organi istituzionali di Bruxelles,
degli organizzatori della manifestazione sportiva, di
chi era preposto all'ordine pubblico, al soccorso dei
feriti e alla assistenza ai familiari e ciò è senz'altro
imperdonabile per uno stato definito fra i più
efficienti e organizzati in Europa e nel mondo. Per aver
conferma di ciò basterebbe chiedere e a coloro che sono
partiti in preda all'angoscia dall'Italia per
riconoscere una salma o per stare vicino a un familiare
ferito quale tipo di disagi si è trovato a dover
affrontare una volta giunto a Bruxelles; abbandonati a
sé stessi, senza punti di riferimento per avere notizie,
gli italiani in Belgio hanno ricevuto l'aiuto dei nostri
emigrati (con i sardi tra i primi) che hanno fornito
loro non solo informazioni e assistenza ma, in molti
casi, anche vitto e alloggio in una meravigliosa gara di
solidarietà che ci ha dato la misura di come il dramma
sia stato vissuto dai nostri connazionali emigrati. Ma
non si è trattato solo di impreparazione e
superficialità: c'è di più e, forse, di peggio: nei
giorni successivi al "mercoledì nero" infatti le
autorità belghe hanno continuato ad essere al centro di
episodi non proprio piacevoli. Mentre in altre città
italiane i parenti delle vittime si accorgevano di un
incredibile scambio di salme, a Cagliari le perizie
necroscopiche ordinate dalla magistratura romana sui
corpi di Giovanni e Andrea Casula rivelavano che le
salme non erano state ricomposte dopo la prima autopsia
effettuata dai medici legali di Bruxelles; dei medici
che hanno dimostrato scarsa coscienza umana e
professionale e nessuna pietà per i morti tra i quali,
lo ricordiamo, un bambino di 11 anni. La notizia, come è
comprensibile, ha provocato raccapriccio e indignazione
nell'opinione pubblica sarda e, a ben poco, sono servite
le precisazioni delle autorità belghe che hanno
attribuito alla "fretta degli italiani" la mancata
ricomposizione delle salme. Mancanza di organizzazione,
quindi, ma anche e forse soprattutto di sensibilità;
forse ha ragione il ministro degli interni italiano
Scalfaro quando dice, riferendosi agli incidenti di
Bruxelles, che "ormai ci sono le ragioni giuridiche per
parlare di responsabilità civile".
Fonte: Il Messaggero © 1
giugno 1985
Fotografie: L'Unione Sarda
©
|
Abbracciava il figlio
undicenne li hanno visti morire insieme
CAGLIARI (g.m.b.) - Guardando
la televisione non si è preoccupata più di tanto: era
convinta infatti che suo marito e suo figlio avessero
trovato posto nelle tribune numerate. Solo per scrupolo
ha telefonato al ministero degli Esteri per sapere se
suo marito Giovanni Casula, 42 anni, e il piccolo Andrea
11 anni, fossero coinvolti nell' incidente. "Sono
morti", le hanno fatto sapere richiamandola dopo qualche
minuto. Ieri mattina, dopo una notte di disperazione, le
prime notizie del telegiornale le avevano restituito un
filo di speranza: il nome di Andrea Casula non figurava
nell'elenco delle vittime. La donna è partita per
Bruxelles con un aereo messo a disposizione dall'
Aeronautica militare ma presto ogni illusione è caduta:
sì, fra i morti c'era anche suo figlio. Andrea, tifoso
della Juventus e del Cagliari era uno dei "pulcini"
della scuola di calcio di Gigi Riva. La finale della
Coppa dei Campioni doveva essere un premio per i suoi
successi scolastici di quinta elementare: "Vado a
Bruxelles a rappresentarvi tutti", aveva detto
trionfalmente ai compagni di scuola. Alcuni dicono ora
di averlo riconosciuto in televisione: era appoggiato ad
una transenna, il padre per proteggerlo, lo stava
abbracciando.
Fonte: La Repubblica
©
31 maggio 1985
Fotografia: L'Unione Sarda
©
|
|