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ANDREA e GIOVANNI CASULA ♥♥
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
❤ Andrea e Giovanni Casula ❤ (Repertorio 1985)
   Andrea e Giovanni Casula   39 Angeli   In Memoriam   Onore e Memoria   Lo Stadio Heysel  
 ITALIA  15-08-1974  CAGLIARI  Anni 10
 ITALIA  20-12-1941  CAGLIARI  Anni 43

LA STRAGE DI BRUXELLES

Addio, piccolo Andrea, pulcino del Cagliari

di Andrea Frallis

Quattro vite umane sono il pesante tributo di sangue che la Sardegna paga alla selvaggia violenza dei tifosi del Liverpool nella finale della Coppa dei campioni. Tra i morti, assieme al padre, un bambino di undici anni.

Quattro vite umane sono il pesantissimo tributo di sangue che la Sardegna paga alla selvaggia violenza dei tifosi del Liverpool responsabili dei gravissimi incidenti nel pre-partita della finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles. La drammatica morte di Giovanni e Andrea Casula, padre e figlio cagliaritani, di Mario Spanu originario di Perfugas ma stabilitosi da tempo a Novara e di Barbara Lusci di Domus Novas ma sposata a un genovese, ha riempito di commozione e di orrore i sardi che hanno seguito con grande attenzione tutte le notizie provenienti dalla capitale belga. Fra tante drammatiche vicende particolare commozione ha suscitato la storia del piccolo Andrea Casula di 11 anni, che aveva ottenuto dal padre il premio del viaggio a Bruxelles per seguire la squadra del suo cuore. Andrea era un bambino esemplare sotto tutti i punti di vista: diligente a scuola, affettuoso con i familiari e i compagni, frequentava la scuola calcio di Gigi Riva, teneva molto alla finale di Coppa dei Campioni e, dopo tante insistenze, era riuscito ad ottenere il premio alle sue fatiche scolastiche. I soccorritori lo hanno trovato privo di vita sulla gradinata del famigerato settore "Z" dello stadio Heysel: al collo aveva ancora il fazzoletto bianconero della "sua" Juventus e stringeva in un abbraccio il padre Giovanni nell'ultimo, disperato tentativo di sottrarsi a una morte orrenda. Dopo il tremendo choc di chi ha seguito per televisione le immagini della tragedia di Bruxelles, solo il giorno successivo i sardi hanno saputo che anche l'Isola era stata toccata dal dramma: ore di attesa angosciosa, la ricerca disperata di notizie dei propri congiunti che si erano sobbarcati le faliche e le spese di un viaggio in Belgio convinti di andare ad assistere ad una festa dello sport. Ma le numerose testimonianze dei sardi presenti confermano che, quella sera, a Bruxelles ha funzionato ben poco: impossibile telefonare, tantomeno in Italia, e quindi la netta sensazione che la capitale belga si sia trovata a dover affrontare una situazione per la quale non era preparata e alla quale ha reagito nel peggiore dei modi: con improvvisazione e superficialità. Le stesse autorità belghe hanno riconosciuto che la presenza di forze dell'ordine all'interno dello stadio era insufficiente al momento in cui sono scoppiati i disordini e, la circostanza, conferma come a Bruxelles abbiano sottovalutato il pericolo costituito dagli scatenati tifosi inglesi; d'altra parte il fatto che i biglietti di un settore inizialmente destinato al pubblico belga siano poi finiti in mano ai sostenitori juventini la dice lunga sull'attenzione dedicata a questa manifestazione. Orrore, sdegno, commozione ma nulla di più: anche in questa occasione i sardi hanno reagito con grande compostezza e civiltà all'ennesima tragedia che li ha colpiti così come d'altra parte hanno fatto, a parte qualche stupida eccezione, tutti gli italiani. La facile tentazione di generalizzare, prendendosela indiscriminatamente con tutti gli inglesi, qui da noi non ha attecchito: molti britannici, specie nel nord dell'Isola, si trovavano già in Sardegna per trascorrere le loro vacanze al momento della tragedia ma nessuno di loro, per quanto è dato sapere, è stato oggetto di ritorsioni o di altri episodi del genere e questo è il segnale evidente del grado di maturità civile raggiunto da un popolo.

Pian piano la rabbia, lo sgomento e Io sdegno hanno lasciato il posto al ragionamento, alla valutazione di ciò che era successo: e allora, specie nell'esame del dopo incidenti, le responsabilità gravissime degli organizzatori e delle autorità belghe sono venute fuori in maniera evidente anche nella considerazione dei sardi. I teppisti che hanno provocato gli incidenti del 29 maggio non possono essere confusi con tutti gli inglesi e neanche con la maggioranza dei sostenitori del Liverpool; sono solo una frangia violenta, e oggi possiamo dire anche assassina, di un popolo che per secoli è stato maestro di civiltà per tutto il mondo e che anche in questa occasione non ha nascosto niente condannando duramente chi aveva causato i disordini e facendosi carico di una vergogna e di uno sdegno che, noi crediamo, per molti anni peserà sulle coscienze degli abitanti del Regno Unito. Per i belgi il discorso è diverso, questo è nostro dovere sottolinearlo: l'inefficienza, l'impreparazione e la superficialità sono state le caratteristiche del comportamento degli organi istituzionali di Bruxelles, degli organizzatori della manifestazione sportiva, di chi era preposto all'ordine pubblico, al soccorso dei feriti e alla assistenza ai familiari e ciò è senz'altro imperdonabile per uno stato definito fra i più efficienti e organizzati in Europa e nel mondo. Per aver conferma di ciò basterebbe chiedere e a coloro che sono partiti in preda all'angoscia dall'Italia per riconoscere una salma o per stare vicino a un familiare ferito quale tipo di disagi si è trovato a dover affrontare una volta giunto a Bruxelles; abbandonati a sé stessi, senza punti di riferimento per avere notizie, gli italiani in Belgio hanno ricevuto l'aiuto dei nostri emigrati (con i sardi tra i primi) che hanno fornito loro non solo informazioni e assistenza ma, in molti casi, anche vitto e alloggio in una meravigliosa gara di solidarietà che ci ha dato la misura di come il dramma sia stato vissuto dai nostri connazionali emigrati. Ma non si è trattato solo di impreparazione e superficialità: c'è di più e, forse, di peggio: nei giorni successivi al "mercoledì nero" infatti le autorità belghe hanno continuato ad essere al centro di episodi non proprio piacevoli. Mentre in altre città italiane i parenti delle vittime si accorgevano di un incredibile scambio di salme, a Cagliari le perizie necroscopiche ordinate dalla magistratura romana sui corpi di Giovanni e Andrea Casula rivelavano che le salme non erano state ricomposte dopo la prima autopsia effettuata dai medici legali di Bruxelles; dei medici che hanno dimostrato scarsa coscienza umana e professionale e nessuna pietà per i morti tra i quali, lo ricordiamo, un bambino di 11 anni. La notizia, come è comprensibile, ha provocato raccapriccio e indignazione nell'opinione pubblica sarda e, a ben poco, sono servite le precisazioni delle autorità belghe che hanno attribuito alla "fretta degli italiani" la mancata ricomposizione delle salme. Mancanza di organizzazione, quindi, ma anche e forse soprattutto di sensibilità; forse ha ragione il ministro degli interni italiano Scalfaro quando dice, riferendosi agli incidenti di Bruxelles, che "ormai ci sono le ragioni giuridiche per parlare di responsabilità civile". Fonte: Il Messaggero © 1 giugno 1985 Fotografie: L'Unione Sarda ©

Abbracciava il figlio undicenne li hanno visti morire insieme

CAGLIARI (g.m.b.) - Guardando la televisione non si è preoccupata più di tanto: era convinta infatti che suo marito e suo figlio avessero trovato posto nelle tribune numerate. Solo per scrupolo ha telefonato al ministero degli Esteri per sapere se suo marito Giovanni Casula, 42 anni, e il piccolo Andrea 11 anni, fossero coinvolti nell' incidente. "Sono morti", le hanno fatto sapere richiamandola dopo qualche minuto. Ieri mattina, dopo una notte di disperazione, le prime notizie del telegiornale le avevano restituito un filo di speranza: il nome di Andrea Casula non figurava nell'elenco delle vittime. La donna è partita per Bruxelles con un aereo messo a disposizione dall' Aeronautica militare ma presto ogni illusione è caduta: sì, fra i morti c'era anche suo figlio. Andrea, tifoso della Juventus e del Cagliari era uno dei "pulcini" della scuola di calcio di Gigi Riva. La finale della Coppa dei Campioni doveva essere un premio per i suoi successi scolastici di quinta elementare: "Vado a Bruxelles a rappresentarvi tutti", aveva detto trionfalmente ai compagni di scuola. Alcuni dicono ora di averlo riconosciuto in televisione: era appoggiato ad una transenna, il padre per proteggerlo, lo stava abbracciando. Fonte: La Repubblica © 31 maggio 1985 Fotografia: L'Unione Sarda ©

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