Testimonianze Reduci Heysel
CARLO
NESTI
Bruxelles, 29-5-1985 LIVERPOOL-JUVENTUS
0-1
L'Hiroshima del calcio
La
Grand Place di Bruxelles si svuota nell'ora di pranzo, e propone
un colpo d'occhio indimenticabile: migliaia di lattine vuote di
birra hanno sostituito interamente il pavimento stradale. E' il
segno mattutino lasciato, quel maledetto 29 maggio 1985, dagli hooligans:
un'orda barbarica che ha saccheggiato i bar, le prove generali per
lo spettacolo della sera. Nel pomeriggio, quando noi giornalisti
saliamo sul pullman che ci porta allo Stadio Heysel, un'altra scena
spiega lo stato di eccitazione degli inglesi, ubriachi e drogati.
Salgono sulle collinette che circondano l'impianto, e, al nostro
passaggio, abbassano i pantaloni, mostrano i genitali, e orinano
disinvoltamente, con un volgare gesto di sfida. L'aspetto incredibile
è che la polizia belga continua a tenere lo stesso contegno del
giorno prima: agli inglesi è concesso tutto, mentre gli italiani
vengono perquisiti, minacciati e derisi. Il perché della discriminazione,
quando erano già note a chiunque in Europa le "bravate" degli hooligans,
resta il grande mistero di una sera folle, per sempre senza risposta.
I connazionali sembrano tornati quelli usati, negli anni 50, nelle
miniere del Belgio, cittadini del mondo di Serie C, braccia straniere
da lavori forzati, fino all'olocausto di Marcinelle. Il servizio
d'ordine, vergognoso responsabile aggiunto della tragedia, ha 2
obiettivi: proteggere i belgi, e chiudere un occhio in caso di scontri
fra inglesi e italiani. Gli ultras si eliminino a vicenda, in sostanza,
ed è questo equivoco che rende colpevolmente inesistente l'intervento
della polizia in curva Z, l'ultima curva, la curva della morte.
Lì non ci sono ultras inglesi contro ultras italiani, bensì feroci
hooligans contro gente comune, padri, madri, figli, famiglie indifese
e desiderose solo di assistere a una partita di calcio. La compressione
dei tifosi verso l'esterno, con conseguente decesso di 39 persone
calpestate e soffocate, è l'omicidio di massa da parte di un gruppo
di "bastardi", largamente impunito. Quel giorno assisto Enrico Ameri
nella radiocronaca, e quando si comincia capire che non racconteremo
un incontro, ma una carneficina, diventiamo i portavoce dei sopravvissuti.
Senza ancora i cellulari, e con poche cabine telefoniche a disposizione,
il mio compito principale è elencare nomi e cognomi di chi vuol
far sapere a casa di essere vivo. Quando ripenso a quella sera,
a quella finale che si doveva disputare per evitare altri scontri
e altri morti, ma che non doveva assegnare nulla, penso a una sorta
di Hiroshima del pallone. Dopo l'Heysel, per me, è cambiato il rapporto
con il calcio, ed è stato come chiudere per sempre l'armadio dei
giocattoli, e diventare amaramente uomo, perdendo la spensieratezza.
28 maggio 2010
Fonte: Carlonesti.it
A-Z |
NICOLETTA
Ciao
a tutti, sono Nicoletta e provo a raccontare quella terribile
serata del 29 maggio 1985, stadio Heysel di Bruxelles Palladium,
doveva essere un giorno specialissimo, in quanto ero riuscita
tramite Stefano Tacconi che ancora oggi ringrazio immensamente
per avermi onorata del regalo più bello che potessi avere, il
biglietto per la partitissima della finalissima Juventus
Liverpool. Arrivammo là il Lunedì sera, due giorni prima della
partitissima, la sera prima, che sarebbe trent’anni fa, a
quest'ora eravamo allo Stadio al di fuori insieme ai tanti
tifosi inglesi e juventini arrivati, tutto tranquillo, si
parlava tutti insieme. Il giorno seguente, il fatidico
Mercoledì, abbiamo pranzato tutti insieme tifosi inglesi e
italiani al ristorante adiacente allo Stadio, tutto tranquillo,
cordialità da entrambe le tifoserie, alle 18.00 grande fila per
entrare, e qua incominciava il caos, i poliziotti non erano
vigili come i nostri, ma erano a cavallo, e facevano entrare
gente con bottigliette di vetro invece che plastica, cosa già
pericolosissima, e persone che non venivano controllate
totalmente, per cui a mio marito, una strana, non so come
chiamarla, una sensazione che potesse succedere qualcosa, non
voleva più entrare, anzi mi cercava di convincere in tutti i
modi a non andare, io gli dissi queste testuali parole: ma come
abbiamo fatto migliaia di chilometri, tutti in macchina io e lui
soli, per non vedere la partita ? Ma scherziamo, io con te o
senza di te vado, lui mi seguì... Entrammo, lo stadio a
differenza dei nostri, si entrava dall'alto e poi scendeva giù,
per cui la cosa che volle mio marito di restare su in alto
vicino all'uscita, in modo tale se vi era pericolo di fuggire,
così abbiam fatto. Verso le diciannove e quindici, si vedeva
dall'altra curva settore Z, una grande ammucchiata, non capivamo
cosa fosse, sembrava una lite tra tifosi, poi vedevamo gente che
si spingeva, ma essendo lontani non capivamo granché, poi verso
le otto alcuni tifosi lasciavano lo stadio e dicevano che era
successa una disgrazia, noi nulla, non sapevamo cosa fosse
accaduto realmente, per cui continuavamo ad osservare, poi man
mano la gente usciva sempre più, a questo punto mio marito
invitava pure me ad uscire ed io no, poi alle venti e trenta la
partita non iniziava e cominciò ad uscire dalla bocca dei tifosi
che c'erano 16 morti, poi ne sono passati altri ancora a fuggire
che si contavano più di trenta morti senza sapere come, a quel
punto un fuggi fuggi generale, mi ha preso la paura pure a me e
stavolta sono uscita dallo stadio e qua è iniziato il calvario,
abbiamo sentito la voce di Ameri che diceva che era crollato il
muro, c'erano 36 morti e speravano che la partita avesse inizio
altrimenti sarebbe accaduta una carneficina, ci siamo resi conto
che eravamo in serio pericolo, avevamo la macchina a un
chilometro, ci siamo dati a gambe, io ho nascosto quelli che
vedete cappello e sciarpa sotto la maglietta e mentre correvamo,
scene che mi viene da piangere, che non vi immaginate nemmeno,
chi senza bracci, chi senza gambe (NDR ?), sporchi di sangue
dappertutto, gente che urlava, solo sirene di polizia e
ambulanza e chi come noi cercava la fuga per arrivare più presto
lontano da lì, siamo riusciti miracolosamente a raggiungere la
macchina e a rientrare in albergo alle 21 e 15 dove
miracolosamente grazie al portiere dell'albergo siamo riusciti a
metterci in contatto con i nostri familiari che già avevano
contattato Roma, come tutti, e sono riuscita a parlare con mio
padre che stavano per portarlo in ospedale. Cari amici l'abbiamo
vista dall'albergo, ma sono felice che sono qui oggi a
raccontarla, miracolosamente.
Nicoletta (Profilo Facebook Franco Boschetti)
28 maggio 2017
Fonte: Facebook (Gruppo Stadio Heysel 29 maggio 1985 Juventus-Liverpool
- Chi c'era
?)
A-Z |
STEFANO NUSSBAUMER
Testimonianza su Heysel 85
Noi
eravamo sei persone, ma fortunatamente senza nessun ferito. Come
mai ? Poiché quando siamo entrati nel settore "Z", abbiamo subito
notato che la maggioranza degli spettatori era riversata e compressa
alla nostra destra, in prossimità del tristemente famoso muretto
che da lì ad una mezz’ora sarebbe crollato. E perché così tanta
gente si trovava accalcata a quel muretto ? Soprattutto per due
motivi. La prima era la paura di essere troppo vicini ai supporters
inglesi, che già dalle 19 avevano iniziato a lanciare bottiglie
di vetro e "pezzi di gradinata" (!). La seconda era che dietro la
porta di gioco, si trovava un gran pennone riportante la bandiera
britannica dal nostro lato, e quella italiana dall’altra. Il pennone
disturbava un po’ la visione, ma il nostro gruppo ha deciso di stabilirsi
qui in ogni caso. Durante l’aggressione, la nostra fortuna è stata
è stata di ritrovarsi lontani dal congestionamento umano, e dopo
qualche minuto di aver trovato un passaggio per entrare sul campo
da gioco. Qualcuno aveva aperto un passaggio ! E dopo una ventina
di minuti, ci hanno indicato di salire in tribuna centrale. Quindi
stavamo bene, in un luogo sicuro. Non avevamo ancora percepito la
gravità della situazione intorno a noi. Solamente prima di salire
in tribuna, quando si era ancora sul campo da gioco, un ragazzo
italiano ferito ci disse che nell’infermeria "stavano contando i
morti". In tribuna ci siamo trovati seduti dietro due grandi campioni
olandesi, Cruijff e Haan. Un giornalista spagnolo ha domandato a
Cruijff che "si sente dire che pare ci siano più di trenta morti.
Pensa che tutto ciò faccia bene al gioco del calcio ?" - E Cruijff
che rispose: "E lei pensa che certe domande abbiano bisogno di una
risposta ?". Ma quello è stato il momento che si avvertì la gravità
della situazione. E ad un certo punto, la sicurezza dello stadio
pretendeva che noi si tornasse nel settore "Z"; lo stesso Cruijff,
Haan e Javier Clemente - allenatore dell’Atletico Bilbao - protestarono
energicamente, e grazie alla loro "difesa" si poté restare in tribuna.
O meglio, volevamo andarcene dallo stadio, ma la polizia ce lo impedì.
Si è dovuto attendere lo svolgersi della partita, e dopo più di
un’ora dalla sua fine, finalmente potemmo uscire, in mezzo ad una
enorme catena militare che ci condussero a bordo di un autobus,
destinazione… Ostenda !!! A 120 km da Bruxelles. Alle quattro del
mattino, finalmente un aereo ci fece rientrare in Italia. Dove ci
attendeva un nugolo di giornalisti. Solamente i caratteri cubitali
dei titoli sui giornali ci fecero "rendere conto" del grande pericolo
che abbiamo evitato solo perché il nostro destino è stato benevolo.
22 ottobre 2013
Fonte: Facebook (Pagina di Stefano Nussbaumer)
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