Privacy Policy Cookie Policy
ZAMBIA 1993
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Libreville 27.04.1993 Tragedia Aerea dello Zambia
  Pagine della Memoria   Morire di Calcio   Ballarin 1981   Superga 1949   Tragedie Aeree Calcio  

Il cielo dell’Africa

di Walter Panero

In una stanza d’albergo ad Eindhoven (Paesi Bassi). 28 aprile 1993, ore 18.30. Il Capitano ed il dirigente.

L’uomo osserva l’orologio. I suoi compagni sono in volo e dovrebbero essere quasi arrivati ormai. Un viaggio lungo, più lungo di quello che dovrà fare lui domani per raggiungerli. Avrebbe voluto tornare a casa prima per volare con loro, visto che è il Capitano della squadra. Ma lui gioca in Europa da diversi anni, è un professionista, e quella di stasera è una partita davvero molto importante per il suo club; per questo i suoi dirigenti hanno deciso di trattenerlo. Partirà domani, col primo volo. E tutto sommato non gli è andata male, visto che impiegherà meno tempo lui per raggiungere Dakar dei suoi compagni che devono fare ben quattro scali. Vuole bene alla squadra per la quale gioca ormai da quattro stagioni, fin da quando si fece notare segnando tre gol nientemeno che all’Italia alle Olimpiadi di Seul. Gli piace l’Europa, perché lì si respira aria di grande calcio. Ma questa non è casa sua. E non lo sarà mai, perché per lui casa è da un’altra parte. Da un’altra parte c’è la sua gente. Quella che lo accoglie da re ogni volta che se ne torna là. Quella che lo ferma per strada. Quella che lo tratta come un eroe. L’uomo ha appena finito di preparare il borsone per la partita di stasera. Tra pochi minuti arriverà qualcuno, busserà alla porta, e vorrà dire che sarà tempo di partire col pullman per raggiungere lo stadio dove lui ed i suoi compagni scenderanno in campo. Ecco che bussano. L’uomo si aspettava un magazziniere, e invece è uno dei dirigenti più importanti della squadra: una persona di solito gioviale e sorridente. Ma stavolta sulle labbra e negli occhi del dirigente non appare alcun sorriso. I suoi occhi sono lucidi ed ha un’espressione sconsolata sul volto. Quasi disperata. "Cosa succede ?" chiede il Capitano. Il dirigente non parla, lo abbraccia, gli sussurra qualcosa in un orecchio. Il Capitano lancia il borsone sul pavimento, nella stanza. Si butta sul letto ed inizia a piangere come un bambino disperato.

Libreville (Gabon). 28 aprile 1993, ore 17 circa. I pensieri ed i sogni del portiere.

Se è vero che ognuno di noi ha un grande sogno, il mio è sempre stato quello di giocare nella squadra che rappresenta il mio paese. Non pensavo ad altro, fin da quando inseguivo un pallone di stracci nei campetti nella township della mia città: a quei tempi a casa non c’era molto da mangiare, ma a noi bastava avere un pallone da inseguire e da calciare per essere davvero felici. Per la verità, le cose non sono cambiate molto da allora: i ragazzi che adesso stanno in strada non hanno certo molto di più di quanto avessimo noi ai nostri tempi. Anche loro vivono di poco pane, di tanto pallone e di moltissimi sogni. E uno dei loro sogni è diventare come noi: uno dei Chipolopolo, la nostra Nazionale. Eh sì, perché io alla fine ce l’ho fatta a realizzare il mio sogno. Gioco nei Chipolopolo da oltre dieci anni, ormai, e quasi mi sembra che sia diventata una cosa normale. Ma non quando scendo in campo. Quando calpesto l’erba verde, vedo la gente sugli spalti, e sento suonare il nostro inno mi tremano le gambe esattamente come il primo giorno. Non sono il Capitano di questa squadra, ma uno dei più vecchi questo sì. Tutti quanti mi conoscono nel nostro Paese e, quando giro per strada, i gruppi di ragazzi mi fermano per chiedermi un autografo o anche solo per farmi i complimenti. A volte, specie quando mi trovo con la mia famiglia, mi verrebbe voglia di allontanarli o di dire che non sono io. Ma poi, guardandoli meglio e leggendo nei loro occhi le stesse speranze e gli stessi sogni che avevo io alla loro età, ci ripenso e mi fermo con loro a firmare autografi e a farmi fotografare fin quando non sono loro a esserne stufi. Non sono il Capitano, ma sono nettamente il più anziano su questo aereo che, dopo un volo interminabile con ben tre scali, ci porterà dall’altra parte del Continente a giocare una partita fondamentale. Mi guardo intorno e ovunque vedo facce più giovani di me. Ecco il giovane bomber. Ecco il centrocampista pieno di talento. Ecco il difensore roccioso. Ma questo è soltanto il modo in cui li conosce la gente. Per me, che li osservo dal mio mondo di solitudine che è proprio di chi ha scelto - o si è trovato - a svolgere il ruolo di portiere, sono soprattutto dei ragazzi. Ragazzi di vent’anni o poco più. Ragazzi con i loro pensieri, con le loro passioni, con i loro sogni. C’è quello che si deve sposare in estate. C’è quello che ha appena avuto una bimba e non parla d’altro, mostrando a chiunque le foto della piccola. C’è quello che adora la musica e suona in un gruppo. C’è quello che ama leggere. Ci sono quelli, quasi tutti, che sognano di andare a giocare in Europa, come il nostro Capitano che è impegnato in una partita internazionale con la sua squadra e che ci raggiungerà a destinazione. Sognano di diventare dei campioni come il grande Roger Milla; come il portiere Thomas N’Kono, idolo dalla mia adolescenza. Sognano di andare in Francia, in Belgio, in Olanda, in Germania. O addirittura in Inghilterra o in Italia. Posti di cui conosco solo il nome o poco più. Ma i giocatori che giocano in quei campionati li conosciamo eccome: Maradona, Matthaeus, Van Basten, Baggio e tantissimi altri. C’è però un sogno che ci accomuna tutti quanti: qualificarci per i prossimi Mondiali che si svolgeranno nell’anno a venire negli Stati Uniti. Sarebbe un evento storico per il nostro Paese. Non oso pensare a che cosa succederebbe laggiù se accadesse una cosa del genere. Farebbero festa per giorni interi, un po’ com’era avvenuto quando la nostra squadra aveva battuto per 4 a 0 l’Italia alle Olimpiadi di Seul. Un sogno realizzabile, stavolta. Ma per ottenerlo è necessario vincere la prossima partita che si disputerà in Senegal contro la squadra locale. Se dovessimo vincere, le possibilità di farcela aumenterebbero tantissimo. Se dovessimo vincere ! Che sogno ! Ci hanno avvisati che stiamo per decollare. Con la mano destra controllo che la cintura sia ben agganciata. I motori sono accesi. L’aereo si muove sulla pista prima lentamente, poi con maggiore rapidità. Tra poco decolleremo e io sento un fremito nelle gambe. Una strana sensazione di timore che mi prende sempre, fin dalla prima volta in cui salii su un aereo. Eppure dovrei essere abituato a volare, dopo aver percorso centinaia di chilometri di volo attraversando tutto il Continente, e anche oltre. Ecco che il rumore aumenta. I motori rombano. L’aereo punta verso la pista. Si ferma. Poi parte. Acquisisce velocità. Ancora, ancora, ancora. Fino ad alzarsi da terra. Rivolgo il mio sguardo verso destra e vedo un paio di compagni anche loro agitati. E il Mister. E il medico. Mi sembra tutto tranquillo. Mi posso rilassare adesso. Dal finestrino, anche se è quasi sera, si intravede uno spettacolo bellissimo: l’Oceano che incontra la terra, fino ad abbracciarla. La nostra terra. La terra dei nostri padri. L’Africa. Osservo l’enorme distesa d’acqua sotto di noi. Socchiudo gli occhi. Sogno di quand’ero bambino e cercavo di giocare all’attacco con i ragazzi più grandi, che mi mettevano sempre ed inesorabilmente in porta. Sogno il mio esordio con i Chipolopolo. Sogno la prossima partita. Sogno di affrontare Maradona e Matthaeus ai Mondiali. Sogno. Quando mi risveglierò saremo tutti arrivati alla nostra prossima destinazione.

Eindhoven (Olanda) 28 aprile 1993, ore 18.30 e pochi secondi.

"Non è possibile ! ...Ma proprio tutti, tutti ?…" urla il Capitano disperato. Il dirigente non parla, ma la sua faccia vale più di mille risposte. Il Capitano rimane lì sul letto. Immobile. Ammutolito. Per lui non ci sarà nessuna partita stasera. E neanche nel fine settimana con la sua Nazionale. Domani andrà all’aeroporto e non partirà per il Senegal, ma per casa sua. Domani tornerà in Africa. Non per disputare una partita, ma per versare tutte le lacrime che ancora gli restano.

Quasi diciannove anni dopo. Libreville (Gabon) 12 febbraio 2012. Stadio "Omar Bongo". In tribuna. Il Presidente.

Il Presidente ha quarantotto anni e qualche chilo di sovrappeso rispetto a quando giocava alcuni anni fa. Ma probabilmente stasera quei chili se ne sono andati tutti a causa della tensione. È stata una partita tirata e piena di emozioni, ma con poche occasioni da entrambe le parti, se si esclude un rigore sbagliato dal più forte e famoso degli attaccanti avversari. Alla fine, quasi senza rendersene conto, si è giunti ai rigori. Una soluzione che molti ritengono ingiusta, ma che in fondo è l’unica percorribile. Una soluzione che fa battere forte il cuore a tutti i tifosi nello stadio. Una soluzione che toglie il fiato anche al Presidente. La prima serie di cinque tiri si è conclusa con cinque centri per parte. E così si è andati avanti ad oltranza. Ancora un gol per parte. Quindi gli avversari hanno sbagliato, ma anche la squadra del Presidente ha tirato in cielo il settimo rigore. Ottavo tiro per gli avversari: ancora fuori. "Ora è la volta buona … Ora è la volta buona !" Pensa il Presidente con la camicia madida di sudore, come capitava alla sua maglietta ai tempi in cui scendeva in campo. "Ora è la volta buona ! … Ora è la volta buona !…" Pensano tutti i suoi connazionali, quelli che sono allo stadio e quelli che si trovano in Patria davanti alla televisione. Tutti trattengono il fiato e guardano ciò che succede in campo. Ma molti, stranamente, rivolgono uno sguardo verso il cielo.

Libreville (Gabon) 12 febbraio 2012. In campo. Il difensore.

Anche Stopira guarda per un attimo il cielo. Aveva solo quattro anni nel 1993, ma suo padre e suo nonno gli hanno raccontato quella storia un sacco di volte. All’inizio quando la sentiva sbuffava, perché quei racconti gli sembravano lontani, noiosi e sempre uguali. Ma poi un giorno conobbe il suo Presidente che gli raccontò la medesima storia, aggiungendo però di averli conosciuti di persona. Uno per uno. Anche se il destino aveva voluto che lui non fosse con loro. Aveva conosciuto il vecchio portiere, quello che si doveva sposare, quello che aveva una bambina piccola, quello che amava la musica. E all’improvviso quei personaggi, che a Stopira prima sembravano estranei alla realtà, uscirono dai racconti dei vecchi e si trasformarono in persone reali. Stopira comprese, tanto da farsi regalare un loro poster ed appenderlo nella sua stanza. Tanto da tenere la loro foto in tasca, ogni volta che andava in campo. Stopira tiene in mano il pallone e cammina lentamente. Ha ventidue anni, le gambe che tremano e l’aria di chi vorrebbe essere ovunque, tranne che nel posto in cui si trova in questo momento. Intorno a lui sente tanto rumore e tanta tensione. La stessa tensione che gli fa battere forte il cuore e gli fa sentire la gola secca e la saliva che non riesce più a scendere. Mai avrebbe pensato di essere lì. Anche se porta il nome di un vecchio attaccante francese, Stopira è un difensore. Fin da quando era piccolo, gli hanno sempre insegnato ad evitare che un avversario faccia dei gol, non certo a segnare. Non è il suo mestiere, quello. Punto. Ma sette dei suoi compagni hanno già tirato, e adesso tocca proprio a lui. Quando il Mister lo ha chiamato dicendogli di andare a calciare, Stopira ha fatto finta di non sentire. "Magari non parla con me, magari se io non gli rispondo chiama qualcun altro…", aveva pensato. Niente da fare. "Ehi Stopira…Sei diventato sordo ? Ho detto che tocca a te !…" gli ha ripetuto il Mister. E lui, come un automa, si è alzato, ha dato una pacca sulla spalla a uno dei suoi compagni (lo stesso che aveva sbagliato in precedenza), ed ha iniziato a camminare lentamente verso il centro del campo. 

Il rigore decisivo.

Quante volte gli è capitato di vederne, di rigori decisivi. Ma sugli spalti o in televisione è tutto diverso. Vedi gli altri morire di tensione e te ne stai rilassato e tranquillo sulla tua sedia, mentre scherzi con gli amici della tensione che vedi dipinta sul volto di chi calcia. Come qualche anno prima, ai Mondiali di Germania, quando Trezeguet sbagliò facendo piangere un intero paese, e Grosso segnò mandandone in delirio un anno. Stopira aveva diciassette anni, allora. Ed era solo una giovane promessa del calcio del suo Paese. Se ne stava al bar con gli amici simpatizzando un pochino per gli Italiani, perché da difensore apprezzava più gli anticipi di Cannavaro che le serpentine di Zidane ed Henry, anche se il suo idolo da bambino era Basile Boli, un Francese con sangue africano nelle vene. Ma adesso in campo non ci sono i suoi idoli d’infanzia e di adolescenza. Adesso il protagonista è lui. Adesso sono affidate a lui le speranze di un intero Paese. Se Stopira sbaglia, come il compagno che lo ha preceduto, si va avanti a tirare. Ma se dovesse segnare…. Beh… Se dovesse segnare, un intero paese esploderebbe di gioia irrefrenabile… La gente scenderebbe nelle piazze… I ragazzi nelle strade festeggerebbero per giorni e giorni… E per anni, forse per decenni, in tutto il Continente non si parlerebbe d’altro…

Il rigore decisivo.

In pochi attimi è contenuta tutta la storia sportiva, e non, di un Paese. E Stopira questo lo sa bene, perché mentre cammina sente sulle sue spalle, pesante come un macigno, tutta la responsabilità di quello che sta per accadere. Stopira si volta verso la panchina. Il Mister cerca di apparire tranquillo e gli alza il pollice come per dire: "stai sereno, va tutto bene". Sì… Va tutto bene per te che te ne stai lì a guardarmi, pensa il difensore, ma per me un po’ meno. Accanto al Mister, i compagni della panchina sono tutti inginocchiati a terra, come raccolti in preghiera. Mentre i ragazzi che sono scesi in campo in questa interminabile partita se ne stanno in piedi e abbracciati nel cerchio di centrocampo. Qualcuno è fermo, come paralizzato. qualcun altro rivolge le braccia e le mani verso il cielo come ad invocare qualcosa o qualcuno. Stopira posa il pallone sul dischetto. Arretra di qualche passo. Rivolge un rapido sguardo al portiere avversario che lo fissa negli occhi. "Lui… Lui sì che non ha niente da perdere…" pensa Stopira adesso. "…Per lui le cose andranno bene comunque… Se dovessi segnare, nessuno dirà mai che è colpa sua… Ma se invece dovesse respingere il mio tiro diventerà l’idolo di un’intera Nazione… Se rinasco un’altra volta faccio il portiere, altro che…". Stopira borbotta qualcosa tra sé e sé. E, prima di avanzare verso il pallone, rivolge ancora uno sguardo verso il cielo. Uno, due, tre passi. "Lo tiro forte alla sinistra del portiere ! …" Pensa Stopira. E il suo cervello dà questo impulso al pallone. Stopira calcia con potenza e… "Maledizione ! Sono scivolato !" pensa tra sé e sé mentre sente che il piede sinistro scivola sull’erba bagnata. Ma nell’istante in cui appoggia le mani per rialzarsi prontamente, sente l’urlo dei suoi compagni. E il boato della sua gente. La palla è finita in rete, non esattamente dove lui avrebbe voluto calciarla, ma comunque in rete ! Stopira si alza. E urla. E corre. I suoi compagni cercano di inseguirlo per abbracciarlo. Ma lui corre. Ancora. Ancora. Come un pazzo. E dietro di lui, insieme a lui, corre un intero paese. Poi si ferma e i suoi compagni, col Mister, riescono a raggiungerlo, ad abbracciarlo, a portarlo al centro del campo. Un uomo in giacca e cravatta gli corre incontro tutto sudato e trafelato. Stopira lo riconosce: è il Presidente. In campo i ragazzi che hanno vinto la partita si abbracciano festanti. Anche il Presidente e Stopira si abbracciano. Insieme rivolgono lo sguardo verso il cielo. E dai loro occhi iniziano a scendere lacrime.

Da qualche parte. In qualche momento. I pensieri del portiere.

Dal posto in cui siamo possiamo vedere tutto ciò che accade in campo. Osserviamo quei ragazzi e vediamo che hanno le nostre stesse facce, indossano le nostre stesse maglie, pensano le stesse cose che pensavamo noi. C’è quello che si deve sposare. C’è quello che ha avuto una bambina da poco. C’è quello che ama la musica. C’è quello a cui piace leggere. Ci sono quelli che sognano di andare a giocare in Europa. Tante passioni. Tanti sogni. Ma uno è il più grande di tutti: vincere qualcosa di veramente importante. Ed è quello che è accaduto oggi. Dopo tanta attesa, e tanti tentativi andati male. Com’è strana la vita: con tutti i posti che ci sono nel mondo proprio là. Proprio nello stesso luogo in cui noi… Beh… In cui noi siamo rimasti giovani per sempre. Li vediamo correre per il campo, con i sorrisi che si mescolano alle lacrime. Vediamo il Presidente con loro che impazzisce di gioia e di commozione. Lo conosciamo bene, visto che lui altri non è che il nostro Capitano. Anche noi non riusciamo a trattenere le lacrime. Siamo rimasti qui ad aspettare e a sperare per tantissimo tempo che arrivasse questo momento. Stasera siamo scesi in campo anche noi ed è per questo che nessuno oggi avrebbe mai potuto battere quei ragazzi. E noi con loro. Finalmente ce l’abbiamo fatta a vincere ! Finalmente, tutti insieme, siamo riusciti a coronare il nostro grande sogno !

Il 27 aprile 1993, l’aereo "De Havilland Canada DHC 5 Buffalo" dell’aeronautica militare zambiana che trasportava la Nazionale dello Zambia da Lusaka a Dakar, dove la squadra avrebbe dovuto affrontare la rappresentativa senegalese, si inabissò nell’Oceano Atlantico poco dopo uno scalo tecnico a Libreville, capitale del Gabon. Morirono trenta persone, tra le quali i 18 giocatori della Nazionale, i tecnici, i dirigenti e cinque membri dell’equipaggio. Il Capitano della Nazionale Khalusha Bwalya, essendo impegnato in una partita col PSV di Eindhoven, squadra nella quale militava da qualche anno, decise di raggiungere il Senegal autonomamente e per questo si salvò la vita. Circa diciannove anni dopo, proprio a Libreville, la Nazionale dello Zambia si è laureata campione d’Africa battendo ai rigori la Costa d’Avorio di Drogba, grazie al penalty decisivo del difensore Stopira Sunzu. I principali protagonisti di questa storia sono: Il portiere: David Chabala - Il Capitano: Khalusha Bwalya - Il Presidente: Khalusha Bwalya, diciannove anni dopo. - Il difensore ed ultimo rigorista: Stopira Sunzu - I loro sogni inseguiti e finalmente realizzati.

28 gennaio 2018

Fonte: Storiemaledette.com

Zambia 1993: una storia triste

Storia della nazionale dello Zambia e del disastro aereo del ’93 che distrusse una generazione di talenti.

LO ZAMBIA DOV’E’ - Nell’Italia che nel 1988 affrontò lo Zambia alle Olimpiadi di Seul molto probabilmente erano in pochi a sapere dove fosse realmente questo Zambia. In Africa, e questo bastava. Ancora il calcio mondiale non aveva saggiato le qualità dei giocatori africani - sarebbe accaduto solo due anni più tardi proprio nel Bel Paese per i mondiali del 1990 - e quindi gli azzurri scesero in campo sottovalutando in tutto e per tutto gli avversari. Novanta minuti dopo il risultato recitava Zambia 4 Italia 0, la più grande batosta morale e sportiva degli azzurri, per di più in Corea del Sud, perché nelle disfatte calcistiche italiane la Corea lo zampino lo mette sempre. In molti ricordano quella partita giocata malissimo degli uomini di Rocca, in pochi invece quel diavolo di Kalusha Bwalya, punta all’epoca 25enne che avrebbe fatto le fortune del calcio zambiano. Sì, quella nazionale lì era destinata a fare grandi cose negli anni a venire. I giornali locali nel 1988 parlarono di favola quando i Chipolopolo arrivarono ai quarti dei Giochi Olimpici e vennero battuti dalla Germania Ovest di Klinsmann. Una favola che però cinque anni dopo si concluse con uno dei finali più tragici della storia del calcio moderno.

KALUSHA - Il meccanismo delle qualificazioni ai Mondiali di calcio del 1994 è piuttosto semplice per quanto riguarda le nazionali africane. C’è un primo turno eliminatorio e poi le nove migliori squadre si affrontano in sfide di andata e ritorno in gironi da tre compagini ciascuno. Allo Zambia di Godfrey Ucar Chitalu toccano in dote il Senegal e il Marocco: i senegalesi non sembrano un osso duro, i marocchini invece sì perché il movimento calcistico dei Leoni dell’Atlante è in espansione in quegli anni e storicamente le nazionali nordafricane vengono considerate più esperte rispetto a quelle dell’Africa Nera. Fatto sta che il primo incontro fissato per il 18 aprile 1993 va secondo le previsioni. A Casablanca i padroni di casa del Marocco fanno il loro dovere e con un po’ più di difficoltà di quanto preventivato fanno fuori il Senegal per uno a zero. I Lions de la Teranga possono comunque aver modo di rifarsi solo dieci giorni più tardi, quando a Dakar devono incontrare tra le mura amiche lo Zambia. Sono in molti a credere che la generazione d’oro dei proiettili di rame, vale a dire i Chipolopolo perché non esistono nazionali africane senza un soprannome particolare, sia ormai al suo massimo compimento. Il leader di quella squadra senza ombra di dubbio è Kalusha Bwalya, che ai tempi della tripletta all’Italia giocava nel Cercle Burges ma impressionò così tanto il PSV Eindhoven che ormai da cinque anni gioca stabilmente in Eredivisie. Bwalya è impegnato proprio col PSV e quindi non andrà a Lusaka assieme ai compagni, li incontrerà solamente a Dakar, per una questione meramente logistica e nulla più.

BUFFALO - I compagni di squadra infatti giocano praticamente tutti in patria e partiranno alla volta del Senegal dal Lusaka International Airport, l’aeroporto della Capitale. Il volo è targato Zambian Air Force e la FAZ - Football Association of Zambia - ha organizzato tutto al meglio perché i giocatori e lo staff tecnico, oltre a qualche importante dirigente, possano stare in tranquillità e sicurezza prima dell’importante match per le qualificazioni ai mondiali. Di solito quando si vola non interessa particolarmente sapere qual è il nome dell’aereo e che tipo è, in questo caso però è bene precisare: è un de Havilland Canada DHC-5 Buffalo in uso all’aeronautica militare zambiana ma prodotto in Canada. Il portiere David Chabala ad esempio non si cura troppo della tipologia di aeroplano sul quale è comodamente seduto, anche se su un aereo simile volò alla volta di Buenos Aires nel 1991, salvo poi tornare un anno più tardi con zero presenze nella sua esperienza all’Argentinos Juniors. Non sembrano preoccuparsene troppo nemmeno Moses Chikwalakwala, Winter Mumba o Wisdom Mumba Chansa, che nel 1988 c’erano quando lo Zambia sfasciò l’Italia. Su quel volo ci sono proprio tutti: troviamo Derby Makinka, un altro dei pochi a giocare all’estero - nel "vicino" campionato arabo - e da molti considerato l’uomo di fantasia a centrocampo, c’è il presidente della FAZ Michael Mwape, c’è il giornalista Joseph Bwalya Salim e c’è anche l’ex bomber e adesso stimato ct Godfrey Chitalu, che si dice abbia segnato più di 100 gol in un anno solare, meglio di Gerd Muller. Quando il 27 aprile l’aereo parte dallo Zambia per raggiungere Dakar dopo tre scali fissati in Congo a Brazzaville, in Gabon a Libreville e in Costa d’Avorio ad Abidjian, a bordo del velivolo sono presenti cinque membri dell’equipaggio, diciotto calciatori e sette uomini tra staff tecnico e amministrativo. Mancano l’infortunato Charlie Musonda e la stella Bwalya. Saranno gli unici a salvarsi.

LIBREVILLE - A dire il vero non è che i controlli a bordo del DHC-5 Buffalo fossero stati scrupolosissimi. A un’occhiata più approfondita qualcuno si accorse che il motore dell’aeroplano non stava lavorando al meglio, ma ormai era troppo tardi e quindi si decise di partire ugualmente. L’aereo è difatti l’ultimo dei problemi se di fronte hai la possibilità di far conoscere lo Zambia nel mondo, per di più negli USA per i mondiali di calcio. Il primo scalo di Brazzaville mette in allarme i passeggeri: nel motore c’è qualcosa che non va, bisogna fare attenzione. Il pilota il giorno prima era tornato dalle Mauritius con la squadra che a Port Luis si era preparata alla sfida di Dakar: chi era stato accanto a lui racconta di averlo visto in pessima forma, troppo stanco per riuscire a sopportare un altro volo faticoso con addirittura tre scali. Nessuno se ne cura, anche se un briciolo di preoccupazione comincia a serpeggiare all’arrivo a Libreville in Gabon. I giocatori notano che non sta filando tutto liscio e chiedono informazioni, ma nessuno nello staff dirigenziale sa di preciso cosa sta succedendo. Quando sembra rientrata la calma il DHC-5 riparte per Abidjian, ma il motore avariato va in fiamme. Scoppia il panico. Il pilota forse si fa prendere dall’ansia e prende una decisione che si rivelerà tragica: subito dopo il decollo da Libreville sceglie di staccare il motore destro e quindi fa perdere potenza all’aereo. Libreville si trova sul mare e il velivolo ormai ha preso il volo sull’Oceano Atlantico, quando il pilota compie la sua scelta scellerata ormai siamo lontani dalla costa. Il DHC-5 cade in mare, per colpa dei tre piloti dirà poi nel 2003 un report dello stato del Gabon, e non c’è nessun sopravvissuto.

 
 
AUDIOVISIVI : DOCUMENTARIO FOX SPORTS    MINI DOCUMENTARIO "EIGHTEAM"

REPERTORIO : ANNUNCIO TRAGEDIA    PRESIDENTE CHILUBA    CORTEO FUNEBRE    FUNERALI

A DISTANZA DI ANNI - Trenta morti, un’intera generazione calcistica distrutta in un istante al largo delle coste gabonesi. Gran parte degli eroi di Seul, una delle migliori selezioni dell’Africa del Centro e dell’Est tragicamente distrutta in mare prima di una delle sfide più importanti della sua storia. Bwalya nelle interviste successive dirà di sentirsi un miracolato e anche lui andrà a piangere davanti al Cimitero degli Eroi, poco distante dallo stadio più grande di Lusaka, il luogo dove sono stati sepolti i membri della nazionale defunti. Poco più di un mese dopo lo Zambia deve però fare i conti con il destino e affrontare la prima partita: in casa col Marocco un gruppo di giocatori assemblati in pochissimo tempo vince due a uno e il miracolo della qualificazione ai mondiali pare possibile. Nell’ottobre del 1993 però arriva la mazzata. Ultima giornata delle qualificazioni, si gioca Marocco - Zambia e a Bwalya e soci serve un pari. Perdono uno a zero e non andranno ai Mondiali che finora non hanno mai disputato. Si rifaranno nel 1994 con una vera e propria impresa sportiva in Coppa d’Africa quando per poco non batteranno la Nigeria, così irrispettosa verso i miracoli da ribaltare uno 0-1 in finale e vincere la Coppa. Gli zambiani verranno accolti come eroi, ma il bello arriverà sotto la guida di Hervè Renard nel 2012 in una finale di Coppa d’Africa vinta al termine di una sequenza di rigori infinita contro la Costa D’Avorio in Gabon. Nel luogo dove morirono 18 giocatori, contro la nazione che avrebbero dovuto raggiungere di lì a poco per l’ennesimo scalo. Tutto questo mentre il popolo zambiano e i familiari delle vittime continuano da anni a chiedersi come mai quel DHC-5 partì da Lusaka in condizioni così instabili. Ancora nessuno ha dato una risposta esauriente.

14 gennaio 2015

Fonte: Calcionews24.com

Calcio: Nazionale Zambia distrutta sull'aereo

Lusaka, 28 apr. (adnkronos/dpa) - L'aereo dell'aeronautica dello Zambia con a bordo l'intera nazionale di calcio, in viaggio per un impegno internazionale, è precipitato in mare poco dopo il decollo dall'aeroporto di Libreville nel Gabon, dove aveva fatto scalo, e tutti i 25 passeggeri e le cinque persone d'equipaggio sono morte uccise. La notizia, data dalla radio dello Zambia, il cui presidente ha proclamato il lutto nazionale, dice che l'incidente è avvenuto poco dopo la mezzanotte e che la squadra era diretta in Senegal per un incontro di qualificazione della coppa del mondo. Non si conoscono ancora i nomi della comitiva, ma della nazionale dello Zambia fanno parte almeno tre giocatori professionisti provenienti dall'Europa. Tragedie del genere non sono insolite nella storia dello sport. Quella dello Zambia è avvenuta proprio a sei giorni appena dal 44mo anniversario della tragedia di Superga che provocò la morte di tutti i giocatori e i tecnici del Grande Torino, il 4 maggio del 1949.

28 aprile 1993

Fonte: Adnkronos

Calcio: Nazionale Zambia distrutta - i nomi

Questo l'elenco - diramato dal ministero dello sport dello Zambia - dei giocatori della nazionale di calcio dello Zambia che sono morti nell'incidente aereo (fra parentesi la squadra di provenienza): John Soko, Eston Mulenga, Timothy Mwiitwa, Numba Mlila e Kenan Simambe dei ''diavoli rossi'' Nkana); Samuel Chomba, Robert Watiyakeni e Wisdom Chansa del ''dynamos'' del Sudafrica; Derby Mankinka e Kelvin Mutale del ''el ettifaq'' dell'Arabia Saudita; Moses Chikwalakwala (Chambishi), Moses Masuwa (Kabwe Pnfsirs), Godfrey Kangwa (Olympic Casablanca, Marocco), Patrick Banda (Profund United), Efford Chabala (gli ''Avventurieri'' Mufulira) e Whiteson Changwe (i ''Guerrieri'' Kabwe). Da sottolineare che a bordo dell'aereo non c'erano i giocatori tesserati con club europei, come i fratelli Kalisha Bwalya (Psv Eindhoven, Olanda) e Johnson Bwalya (FC Bulle, Svizzera) e Charl (Anderlecht, Belgio).

28 aprile 1993

Fonte: Adnkronos

Trenta le vittime, il velivolo si è inabissato subito dopo il decollo da Libreville. Erano diretti in Senegal.

Precipita l'aereo dei goleador

Morti i "nazionali" dello Zambia

LIBREVILLE (Gabon) - Sciagura nel mondo del calcio. Un aereo militare dello Zambia con a bordo la nazionale di football zambiana è precipitato in mare attorno alla mezzanotte tra martedì e ieri, poco dopo il decollo dall'aeroporto di Libreville, nel Gabon, dove aveva fatto scalo tecnico. Nella disgrazia sono periti tutti i 25 passeggeri e i 5 membri d'equipaggio. L'aereo, un "Buffalo" CT-15, si è inabissato due chilometri al largo della costa. Unità militari del Gabon hanno recuperato resti umani e rottami del velivolo. La notizia è stata data dalla radio dello Zambia, il cui Presidente ha proclamato il lutto nazionale. È una tragedia che ne evoca altre, prima fra tutte lo schianto del Grande Torino contro la collina di Superga, in una sera di nebbia del maggio 1949. L'aereo era decollato da Port Louis, capitale dell'isola di Mauritius, dove la nazionale zambiana aveva battuto quella locale nelle eliminatorie della Coppa africana delle nazioni: una tappa sulla rotta tra Lusaka e Abidjan (in Costa d'Avorio), dove i giocatori dovevano passare la notte in attesa di recarsi in Senegal per la partita contro la nazionale di casa in vista di Usa '94. Ma nell'hotel di Abidjan dove era attesa, la nazionale dello Zambia non è mai arrivata. Nessuno dei calciatori che giocano in squadre europee era a bordo del velivolo. Il Psv Eindhoven ha fatto sapere che il suo straniero, Kalusha Bwalya, 30 anni, doveva raggiungere la squadra in Senegal dall'Olanda. Il centrocampista Charles Musonda, che gioca per squadra belga dell'Anderlecht, non era stato convocato perché infortunato. Mancava anche Johnson Bwalya, tesserato nel Bulle, in Svizzera. A bordo dell'aereo vi erano 17 giocatori oltre agli accompagnatori e ai responsabili della Federazione zambiana. Cinque atleti giocavano in altre nazioni asiatiche e africane: Kelvin Mutale e Derby Makinka (Arabia Saudita), Robert Watiyakeni e Samuel Chomba (Sud Africa), Godfrey Kangwa (Marocco). Gli altri componenti della nazionale, rimasti uccisi nell'incidente, erano: Efford Chabala, John Soko, Eston Mulenga, Moses Chikwalakwala, Wisdom Chahsa, Timothy Mwitwa, Numba Mwila, Reuben Mwanza, Winter Mumba, Patrick Banda, Kenan Simambe e Moses Masuwa. Nel disastro sono rimasti uccisi anche Michael Mwape (presidente della Federazione calcio dello Zambia, Faz), Godfrey Chitalu (allenatore), Alex Chola (allenatore in seconda) e Wilson Sakala (funzionario Faz). La Federcalcio dello Zambia, fondata nel 1929, ha 8000 tesserati, 240 club e si è affiliata alla Fifa nel 1964. L'aereo precipitato è un biturbina realizzato dalla canadese De Havilland per il trasporto militare con il nome di "Buffalo" e la sigla Dhc-5. Il "Buffalo" è un robusto cargo a decollo corto che può trasportare 41 soldati equipaggiati, oppure veicoli leggeri caricati attraverso il portellone posteriore. Viene utilizzato anche per il pattugliamento marittimo. Del "Buffalo" esiste anche una versione civile con il nome di "Transporter" e con una capacità di 44 passeggeri. (r. cri.)

29 aprile 1993

Fonte: La Stampa

Superga d'Africa: addio allo Zambia

LIBREVILLE - La Superga del calcio africano è a due chilometri dalla costa del Gabon. In quelle acque, un bimotore delle forze armate dello Zambia si è inabissato con una delle nazionali più forti e amate del continente. A bordo del CT-15 Buffalo c'erano 25 passeggeri, tra i quali 17 giocatori e 5 rappresentanti della federazione. Nessun sopravvissuto. Lo Zambia di Kalusha Bwalya e Musonda non esiste più, anche se i due campioni più conosciuti si sono salvati. Loro un contratto in Europa lo avevano trovato, e potevano raggiungere il ritiro un giorno più tardi. Sei gli scomparsi della squadra che alle Olimpiadi di Seul batté l'Italia: Makinka, Chabala, Chomba, Chansa, Mulenga e il portiere di riserva Mwanza. La nazionale dello Zambia stava viaggiando verso il Senegal, dove domenica avrebbe giocato la prima partita del secondo turno delle qualificazioni alla Coppa del mondo '94. Se per gli ultimi Mondiali lo Zambia non era riuscito a qualificarsi, negli Stati Uniti la squadra allenata da Godfrey Chitalu aveva molte possibilità di andare. I giocatori avevano battuto domenica scorsa per 3-0 le Mauritius nelle qualificazioni della Coppa d’Africa. Il bimotore che li doveva portare da Lusaka in Senegal aveva fatto scalo tecnico a Libreville, in Gabon, ed era decollato da pochi minuti in direzione Dakar. Sul mare, la tragedia. Unità della marina del Gabon hanno setacciato a lungo la zona alla ricerca dei corpi. Nello Zambia sono stati cancellati per lutto tutti gli avvenimenti sportivi, il presidente Chiluba ha annunciato il suo improvviso ritorno dal Burundi. Dal Senegal è partita una delegazione del governo: sospesa ovviamente "fino a nuovo avviso" la partita tra le due nazionali. Per il calcio africano, una giornata tragica: oltre al dramma dello Zambia, in Nigeria è morto Mohammed Dauda, tecnico dell’El Kanemi, pestato selvaggiamente durante una partita.

29 aprile 1993

Fonte: La Repubblica

L'aereo è caduto in mare subito dopo il decollo dal Gabon, trenta vittime

Si inabissa la Nazionale dello Zambia

Morti i calciatori che sconfissero l'Italia a Seul

di Carlo Coscia

LIBREVILLE - Sciagura nel mondo del calcio: un aereo militare dello Zambia con a bordo la nazionale di football zambiana è precipitato in mare attorno alla mezzanotte tra martedì e ieri, poco dopo il decollo dall'aeroporto di Libreville, nel Gabon. L'aereo era diretto in Senegal, dove lo Zambia avrebbe dovuto incontrare la squadra dei padroni di casa per le qualificazioni a Usa '94 e aveva fatto uno scalo tecnico. Nella disgrazia sono periti tutti i 25 passeggeri e i 5 membri d'equipaggio. Fra le vittime vi sono anche sei calciatori della squadra che alle Olimpiadi di Seul inflisse un umiliante 4 a 0 alla Nazionale olimpica guidata da Francesco Rocca. Si sono invece salvati tre giocatori che militano in club europei, fra i quali Kalusha Bwalya (del Psv Eindhoven), che in quella partita segnò tre reti a Tacconi.

29 aprile 1993

Fonte: La Stampa

In morte dei fratelli poveri

Riposate in pace, ragazzi dello Zambia. Sognavate Usa '94 e facevate bene a sognare. Un volo di notte, un aereo militare, tenuto assieme chissà come, sono i pedaggi del calcio povero. Una tomba d’acqua. Come il Torino nella nebbia, il Manchester, il Suriname, il cielo non sa leggere. Noi leggiamo le notizie d’agenzia, i nomi: Chabala il portiere anziano, Mumba il centrale, Chomba e Makinka i centrocampisti, Chansa l’aiuto regista, che per poco di testa non segnava pure lui a Tacconi. Le nostre strade si sono incrociate una volta sola, in un posto per tutti lontanissimo da casa: Kwangju, Corea del sud, olimpiadi, 19 settembre 1988. Tutte le squadre dormivano nello stesso albergo, trasformato in un bunker. Era l'Italia olimpica di Tassotti e Tacconi, Virdis e Cravero, Carnevale e De Agostini. Zambia 4, Italia 0, tutto regolare. Tre gol di Kalusha Bwalya, che Tassotti non vide mai. Lui, Psv, e Johnson Bwalya, Bulle, si sono salvati come il regista Musonda, Anderlecht. Si sono salvati perché bloccati in Europa da società più organizzate, si sono salvati perché protetti da clausole. I colleghi tesserati fuori Zambia ma in Africa, per quanto è lunga, hanno risposto presente alla convocazione a Lusaka e alla morte: Mutale, tre gol appena domenica scorsa a Mauritius, e Makinka giocavano in Arabia Saudita, altri due in Sudafrica, uno in Marocco. Un professionismo povero, ma sempre meglio che stare nei Warriors Kabwa o nei Red Devils di Nkana. Le nostre strade non si incroceranno più. E resta il ricordo di quel giorno a Kwangju, di una lezione di gioco impartita lealmente. Lezione pesante, paragonata a una seconda Corea (Middlesbrough). Alcuni giornali uscirono con cartine e spiegazioni: dov' è lo Zambia, quanti sono, come campano. Qualcuno, fortunato, fu inviato fino a Mufulira, città natale di Kalusha. Chissà, scrissi da Kwangju, se a Lusaka i giornali spiegano dov' è l’Italia, quanti siamo, oppure gli basta aver battuto gli esponenti del calcio più famoso, ricco e invidiato. Ricordo la bellezza del vostro gioco e le divise arancio e turchese, un radiocronista zambiano con una camicia a leoni stampati che urlava per dodici, ma sul campo fu tenera, quasi incredula ma composta, la vostra allegria. Che dovevate fare di più, per conquistare un posto al sole nel mondo del pallone ? Non lo so, e non conta più. Per ognuno di voi ho sperato si aprisse una strada più larga e piana, dove poter rincorrere i sogni fino in fondo. Questo meritavate. g m

29 aprile 1993

Fonte: La Repubblica

 

Avevano umiliato gli azzurri

A Seul sconfissero l'Italia per 4 a 0

di Carlo Coscia

C'era il sole a Kwangju, quel lunedì pomeriggio, e i tifosi coreani sembravano improvvisamente impazziti, applaudivano e gridavano, battevano i piedi in segno di gioia, se non proprio di scherno, mentre sul campo verdissimo un certo Kalusha Bwalya, 25 anni, che fino a pochi mesi prima si rompeva la schiena in una miniera di rame, prima di essere acquistato per 35 milioni dalla squadra belga del Cercles Bruges, stava facendo la festa ai signorini azzurri segnando tre dei quattro gol con i quali lo Zambia umiliò l'Italia di Rocca. Un telecronista africano, tanto si agitava, per poco non cadde dalla tribuna. Fu un'altra Corea, una pagina buia per il nostro calcio dorato. Era il 19 settembre 1988, alle Olimpiadi di Seul: l'immagine che ci resta, dopo quattro anni e mezzo, è quella di una bellissima ragnatela verde e nera dentro la quale, come mosche infelici, annaspavano impotenti i nostri pallidissimi eroi. Kalusha Bwalya è stato fortunato, non era sull'aereo della morte. Oggi, con qualche anno e qualche dollaro in più, gioca in Olanda, nel Psv Eindhoven. Nel 1988 ha vinto il Pallone d'Oro d'Africa, è il più grande calciatore che lo Zambia abbia mai avuto. Kalusha doveva raggiungere i compagni direttamente in Senegal, dopo un'amichevole a Valencia, e questo gli ha salvato la vita. Anche Jonhson Bwyala, che milita nella squadra svizzera del Bulle, aveva appuntamento per oggi. Charles Musonda, il terzo dei nazionali dello Zambia che gioca in Europa (Anderlecht) ha invece evitato la convocazione a causa di un infortunio. Tutti e tre facevano parte della squadra che in quel pomeriggio luminoso di settembre scrisse la pagina più bella nella storia del calcio dello Zambia. Altri sei, invece, sono morti nell'aereo precipitato in mare dopo il decollo. Efford Chabala, oltre 60 partite in nazionale, era il portiere. Un gatto, respingeva i palloni volando da un palo all'altro. E poi c'erano Mlila Mumba, difensore, Samuele Chomba e Derby Makinka, centrocampisti, Wisdom Chansa, un folletto, e Moses Chikvalaklava che entrò in campo nel finale giusto in tempo per seppellire sotto un abbraccio il grande Kalusha, autore del quarto gol al novantesimo, l'ultima stilettata nel cuore degli azzurri. Quelli dello Zambia erano tutti bravi, se ricordiamo bene. Veloci e leggeri, inafferrabili. Toccavano il pallone di fino, correvano come gazzelle, ubriacavano di finte e di dribbling: quel giorno sembravano tanti Pelé. Oggi il calcio dello Zambia, ad eccezione dei tre "europei", non esiste più. Era un buon calcio, tutto sommato, anche se non era mai riuscito a qualificarsi per la fase finale dei Mondiali e a vincere una Coppa d'Africa. Nel 1974, al Cairo, la squadra, chiamata Kke (Kennet Kaunda eleven, dal nome dell'ex presidente dello Zambia, grande appassionato di calcio), ha ottenuto il suo miglior risultato disputando (e perdendo) la finale di Coppa d'Africa contro lo Zaire. Lo Zambia inoltre si è classificato terzo nella competizione continentale nel 1982 e nel 1990. Nell'ultima edizione della Coppa, nel gennaio 1992 in Senegal, la formazione guidata da Kalusha Bwalya era stata eliminata nei quarti di finale dalla Costa d'Avorio che poi vinse il torneo. A livello di club, una sola squadra dello Zambia, il Power Dynamos, è riuscita a vincere, nel '91, una Coppa delle Coppe africana. I suoi migliori club (Nkana Red Devils, Red Arrows, Mufulira Wanderers, Kabwe Warriors) si sono in ogni caso ben comportati nelle ultime edizioni delle varie competizioni continentali. La nazionale scomparsa nella sciagura aerea era reduce da una vittoria per 3-0 contro le Isole Mauritius domenica scorsa a Curepipe, partita valida per la Coppa d'Africa, gruppo 5, dove lo Zaire era al comando a pari punti con lo Zimbabwe. Ma il suo principale obiettivo era la qualificazione a Usa '94. Dopo aver vinto il gruppo H che comprendeva anche Tanzania, Madagascar e Namibia, domenica doveva affrontare nelle eliminatorie il Senegal a Dakar. La partita è stata sospesa dalla Fifa fino a nuovo avviso.

29 aprile 1993

Fonte: La Stampa

"Mio Zambia scomparso"

LUSAKA - Lo Zambia piange i suoi campioni, scomparsi nel mare del Gabon in un incidente aereo. Il presidente Frederick Chiluba, tornato immediatamente da una visita nel Rwanda, è apparso in tv per annunciare sette giorni di lutto nazionale. "Chiedo alla nazione di rimanere calma, composta ed equilibrata" ha detto ad un paese in cui le strade si sono riempite di gente in lacrime. Il calcio è vissuto con amore nello Zambia, e con amore i giocatori scomparsi si esprimevano sul campo. Ora non è escluso che la nazionale si ritiri dalle qualificazioni per i Mondiali '94. "E' un disastro per una nazione che non vive per altro che per il calcio" piange Charlie Musonda, che su quel bimotore canadese non c’era. Gioca nell’Anderlecht, in Belgio, ed è pure infortunato. "Io in particolar modo conoscevo da anni gran parte dei morti nell' incidente: erano amici veri dall' infanzia, si può dire che sono cresciuto con loro. Anche se l’ho scampata, in questo momento provo solo un immenso dolore". Dall' Olanda è arrivata la testimonianza di un altro dei sopravvissuti, Kalusha Bwalya, capitano della nazionale e ala del Psv Eindhoven. "Ho telefonato subito ai miei genitori: mio padre è un tifoso sfegatato, di solito viaggia sull' aereo della nazionale ma stavolta aveva rinunciato alla trasferta". Anche lui ricorda il passato con i compagni scomparsi: "Qualcuno lo conoscevo dall' infanzia. Sì, dobbiamo cercare di superare tutti questo choc". La notizia della tragedia dello Zambia ha raggiunto tutti gli angoli del mondo del calcio: già mercoledì sera, un minuto di silenzio è stato osservato sui campi delle qualificazioni mondiali. Anche la Figc ha chiesto un minuto di raccoglimento domani prima di Svizzera-Italia. In attesa del funerale di Stato, due ministri dello Zambia hanno raggiunto il Gabon per occuparsi del rientro delle salme. Sull' incidente, nessuna versione è stata accreditata ufficialmente. Una stilista francese che possiede una casa a nord di Libreville, a pochi chilometri dal luogo della tragedia, ha parlato di un’esplosione: "Abbiamo visto un grande chiarore, era come il sole". Un agente della compagnia che si occupa della sicurezza dei trasporti aerei in Africa ha rivelato che un motore del Buffalo CT 15 aveva già manifestato problemi: durante lo scalo si è cercato di rimediare. Un intervento inutile.

30 aprile 1993

Fonte: La Repubblica

Vittime Tragedia Aerea di Libreville 27.04.1993

Calciatori: Patrick Banda (1974) - David Chabala - Whiteson Changwe (1964) - Moses Chikwalakwala (1969) - Samuel Chomba (1964) - Godfrey Kangwa - Derby Makinka (1965) - Moses Masuwa (1971) - Eston Mulenga (1961) - Winter Mumba - Wisdom Mumba Chansa (1964) - Kelvin Mutale (1969) - Richard Mwanza (1959) - Numba Mwila (1972) - Timothy Mwitwa (1968) - Kenan Simambe - John Soko (1968) - Robert Watiyakeni

Staff Tecnico: Godfrey Chitalu (1947 Commissario Tecnico Nazionale) - Alex Chola (1956 Vice Allenatore) - Wilson Mtonga (Medico) - Wilson Sakala

Equipaggio: Fenton Mhone (Colonnello, Pilota) - Victor Mubanga (Colonnello, Pilota) - James Sachika (Colonnello, Pilota) - Edward Nambote (Maresciallo, Montatore) - Tomson Sakala (Caporale, Steward)

Altri Passeggeri: Michael Mwape (Presidente FAZ) - Nelson Zimba (Dipendente Pubblico) - Joseph Bwalya Salim (Giornalista)

www.saladellamemoriaheysel.it  Domenico Laudadio  ©  Copyrights  22.02.2009  (All rights reserved)