Roma -
L'assurda violenza dei tifosi ha
provocato una tragedia
Ucciso allo
stadio da un razzo lanciato da
una curva all'altra
di Mario
Bianchini
La vittima
è un meccanico di 33 anni, padre
di due figli, tifoso della Lazio
- Il proiettile, dopo aver
percorso oltre 250 metri, lo ha
colpito al viso - Un secondo
razzo è addirittura uscito dallo
stadio dopo averlo attraversato
tutto. Fermati due giovani -
Inutili le perquisizioni
all'ingresso anche se è stato
sequestrato un "arsenale"
impressionante.
ROMA - Il
derby Roma-Lazio passerà
tragicamente alla storia. Uno
spettatore di 33 anni, Vincenzo
Paparelli, sposato, padre di due
figli, è stato ucciso sulle
gradinate della curva Nord quasi
al limite con la tribuna Monte
Mario, da un razzo esploso dalla
curva Sud che si trova al lato
opposto dello stadio. Era un
tifoso della Lazio. Ieri è
andato alla partita con la
tessera del fratello, tifoso
della Roma, con il quale manda
avanti una piccola officina nel
quartiere di Primavalle. È la
prima volta in Italia che un
incontro di football viene
funestato da un delitto.
L'episodio è accaduto verso le
ore 13 quando già gli spalti
dell'Olimpico erano gremiti di
folla. Sulla curva Sud si
trovavano, secondo un'antica
consuetudine, i tifosi
romanisti, mentre il lato Nord
era riservato ai sostenitori
laziali. Le due fazioni stavano
scambiandosi i soliti slogan
sfottenti. La scintilla è
scattata quando nel settore
laziale è apparso un grosso
striscione sul quale era scritto
a lettere cubitali: "Rocca
bavoso, i morti non
resuscitano". I romanisti
replicavano con bordate di
fischi. Improvvisamente dal
punto dove giganteggiava un
grosso drappo con scritto
"commando ultrà curva Sud", è
partito un grosso razzo, che
dopo aver attraversato sibilando
tutto il campo, andava a colpire
in pieno volto il Paparelli che
si accasciava sanguinante al
suolo. In un baleno dilagava il
panico. La folla si precipitava
verso le uscite mentre un altro
proiettile, scagliato dallo
stesso punto, oltrepassava
addirittura il settore Sud,
andando a finire su un albero
fuori dello stadio. Intanto
accanto al Paparelli era rimasta
soltanto la moglie Vanda del
Pinto, che gridava
disperatamente. È trascorso
qualche minuto prima che ci si
rendesse conto della gravità
dell'episodio. Poi sono arrivati
i barellieri. L'ambulanza si
faceva largo con la sirena
spiegata, diretta verso
l'ospedale di S. Spirito.
Purtroppo il poveretto ha
cessato di vivere lungo il
tragitto. Uno spettatore ha
raccolto il piccolo razzo
insanguinato, che aveva ucciso
il giovane e lo ha consegnato
alla polizia. Solo dopo un
quarto d'ora si spargeva fra il
pubblico la notizia della morte
del Paparelli. I sostenitori
biancoazzurri si abbandonavano
ad una reazione rabbiosa.
Saltavano fuori bastoni,
spranghe di ferro, biglie.
Venivano infranti i vetri che
dividono i settori delle tribune
Tevere e Monte Mario. Alcuni
esponenti dei circoli
biancoazzurri si portavano
davanti agli spogliatoi
chiedendo la
sospensione della
partita. Il presidente della
Roma, ing. Viola, pallido in
volto, replicava con aria
affranta che non si sentiva di
assumersi la responsabilità di
una decisione che avrebbe
rischiato di creare incidenti
ancora più gravi. Anche le
autorità hanno ritenuto
opportuno evitare di prendere
iniziative con il pericolo di
far precipitare la già precaria
situazione. Quando le squadre
sono entrate sul terreno di
gioco, dalla curva Sud si è
levato il coro di "assassini,
assassini". La curva Nord
presentava larghi vuoti. Molti
avevano lasciato lo stadio per
paura e altri in segno di
protesta aderendo all'invito
lanciato dai capo-tifosi. Alcuni
scalmanati si sono avvicinati al
fossato e hanno cominciato a
lanciare oggetti in campo mentre
le forze dell'ordine si
schieravano con i fucili
lanciarazzi puntati. Il capitano
della Lazio Wilson e Giordano,
si avvicinavano agli spalti
cercando di placare l'ira della
folla. L'arbitro D'Elia si
guardava intorno disorientato.
Partiva un razzo di color rosso
che lo sfiorava ad una spalla.
Nel trambusto generale, il
direttore di gara decideva di
fischiare l'inizio della
partita. Continuava il lancio di
proiettili di ogni genere. Il
comandante dei carabinieri
decideva di far entrare nel
recinto della curva Nord
drappelli di militi. Si
accendeva qualche scontro. Ma
fortunatamente non accadevano
altri episodi gravi. Più tardi
il capo del secondo distretto di
polizia, dott. Marinelli, ha
dichiarato che era stato
effettuato il fermo di quattro
giovani. Si sospetta che due di
essi abbiano a che fare con
l'episodio delittuoso. "Non
sappiamo con esattezza quale
tipo di arma abbia usato il
teppista che ha sparato - ha
aggiunto il funzionario -
riteniamo che debba trattarsi di
un lanciarazzi dotato di una
carica di notevole potenza".
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografie:
Lastampa.it - L'Unità
L'agghiacciante testimonianza
fornita dalla moglie dell'uomo
morto per una giornata di sport
Ho visto il
razzo luminoso arrivare
di Giuseppe
Fedi
Vincenzo
Paparelli, meccanico, romano di
fede laziale, aveva 33 anni -
Sfilata silenziosa di gente
sotto la casa del rione
Primavalle dove abitava - Il
cordoglio della cittadinanza
portato da un rappresentante del
sindaco - Quattro fermati: si
tratterebbe di testimoni.
ROMA - "Ho
visto il razzo arrivare
dall'altra parte dello stadio.
Era luminoso ed aveva una scia
di fumo. Ho fatto appena in
tempo a girarmi per dire a
Vincenzo di stare attento, ma
era già stato colpito".
Annientata dal dolore Vanda Del
Pinto ricostruisce fra le
lacrime gli attimi che hanno
preceduto la morte di Vincenzo
Paparelli. Sono le 16 e la donna
si trova negli uffici della
squadra mobile per fornire la
sua deposizione. È lì da pochi
minuti ed il funzionario di
turno fa mettere a verbale il
suo racconto. "Eravamo usciti di
casa dopo le 12.30. Vincenzo era
un patito della Lazio e non
voleva mancare al derby. Per
vedere la partita si era fatto
prestare la tessera dal
fratello". Il calcio era l'unico
hobby di Vincenzo Paparelli.
Romano. 33 anni, terzo di cinque
fratelli, lavorava come
meccanico in un'officina di
Primavalle. "Stasera sarebbe
dovuto venire a cena a casa mia
- spiega il cognato Otello Del
Pinto. Dovevamo festeggiare il
compleanno di mio figlio che ha
compiuto tre anni. L'ho visto
l'ultima volta sabato sera. Sono
stanchissimo, mi ha detto, ma
domani Roma-Lazio non voglio
proprio perderla". Tutta
Primavalle si stringe intorno al
dolore di una famiglia provata
da una tragedia assurda. La
gente della borgata sfila
silenziosa sotto la casa del
meccanico, in via Dronero, in un
pellegrinaggio spontaneo e
composto. Nel tardo pomeriggio
arriva l'aggiunto del sindaco
Petroselli. È accompagnato da
due vigili urbani e alla sorella
di Vincenzo Paparelli porta il
cordoglio del primo cittadino e
della giunta capitolina. Il
dott. Efisio s'informa sulle
condizioni economiche della
famiglia. "Domani mattina - dice
- verrà una assistente sociale.
È a vostra disposizione per
quanto potrà esservi utile. Oggi
all’Olimpico è morto un
cittadino romano e vorremmo
partecipare al vostro dolore". L'aggiunto e i familiari di
Vincenzo Paparelli si appartano
in un angolo. Otello Del Pinto
ringrazia il funzionario
comunale. "Non sappiamo ancora
quando potremo fare il funerale
- informa. In questura ci hanno
detto che per avere il nulla
osta occorre l'autorizzazione
del magistrato e che questa
verrà concessa dopo l'autopsia".
Gli adempimenti di legge e il
loro lento rituale si scontrano
con il dolore di una famiglia.
"Vincenzo è morto e nessuno ce
lo restituirà - dice
singhiozzando la sorella Carla.
Lascia due bambini, di sette e
tredici anni, una moglie e
quattro fratelli che lo
adoravano. Lo ha ucciso quella
violenza che lui detestava, la
stessa che da troppo tempo segna
la nostra vita di tutti i
giorni. Che senso ha sapere
esattamente come è morto quando
i responsabili di ciò non
verranno mai scoperti ?".
"Stiamo facendo il possibile per
arrivare all'identificazione
dello spettatore che ha esploso
dalla curva Sud il razzo che ha
ucciso Vincenzo Paparelli -
affermano in questura. Abbiamo
fermato e denunciato una ventina
di persone perché trovate in
possesso di armi improprie. Due
sono tuttora in stato di fermo
al secondo distretto di polizia,
mentre i carabinieri ne hanno
fermati altrettanti. È difficile
dire se fra questi vi sia lo
sparatore. Li stiamo
interrogando a fondo, nella
speranza che dalle loro
deposizioni emergano elementi
utili". Di più. i funzionari
della squadra mobile non
vogliono dire. Secondo
indiscrezioni trapelate nella
tarda serata, tra i quattro
fermati non figurerebbero gli
autori materiali del fatto. Si
tratterebbe comunque di
testimoni forse preziosi: tifosi
che hanno assistito al derby nei
pressi del luogo della curva Sud
da dove è partito il proiettile.
Intanto, i fedelissimi di
numerosi club giallorossi e
biancazzurri si sono impegnati a
fornire tutta la loro
collaborazione agli inquirenti
per scoprire i responsabili
della morte di Vincenzo
Paparelli. il primo spettatore
ucciso in Italia all'interno di
uno stadio di calcio.
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografie:
Lastampa.it -
Roma.corriere.it
I barbari
della domenica
di Giovanni
Arpino
Ed è così
venuta la tragica domenica in
cui una famigerata "arma
impropria" uccide un tifoso in
uno stadio. È accaduto
all'Olimpico romano, ridotto per
l'ennesima volta, grazie agli
incidenti, ad una sorta di
grottesco, sanguinante Colosseo.
Riconosciamolo a viso aperto: da
almeno sette o otto anni abbiamo
temuto questo fattaccio. Negli
stadi si entra con ogni sorta di
suppellettili, oggetti, bastoni,
legni per bandiere che servono
quali manganelli, chiavi
inglesi, persino estintori
rubati nelle stazioni
ferroviarie (è capitato a
Milano, per il derby). Le
pistole lanciarazzi sono ormai
normali come l'orologio al
polso. I disgraziati,
giovanissimi o meno, che si
mascherano da guerriglieri,
invadono settori via via più
grandi. Sono arrivati persino a
minacciare chi "tifa freddo",
chi non ulula come uno
sciacallo. E così: il morto. Lo
temevamo, abbiamo speso
chilometri di parole sulle
colonne dei giornali, in questi
anni. Tutto inutile: la vittima
c'è, ha un nome, suscita pietà
infinita. È andato anche lui
allo stadio per godersi novanta
minuti di pedate e sperandole
degne di festa, il giovane e
sfortunato spettatore romano. È
stato ucciso e non incolpiamo il
destino, non tiriamo in ballo il
Fato. Così come non si può
accusare chi ha la sorveglianza
degli stadi, polizia o addetti
dei clubs calcistici: come è
possibile frugare nelle tasche e
sotto gli impermeabili di
sessanta, ottantamila persone ?
In un Paese qual è l'Italia,
dove si muore troppo facilmente,
oggi uccide anche lo spettacolo
sportivo. Dobbiamo sporgerci su
questa rovina civile, curarla,
non attenuarla con frasi fatte o
con speranze leggere. La colpa è
in una certa figura di tifoso,
che ignora tutto: il rispetto
umano, la liceità agonistica, il
valore del divertimento
domenicale, e si affida
solamente ai propri stimoli di
violenza bruta, armandola con
ogni sorta di strumenti. Non c'è
legge, non c'è prevenzione, non
c'è consiglio, non c'è predica,
non c'è tutela che valgano.
Bisogna riuscire, con decisioni
rapide e senza guardare in
faccia a nessuno, ad estirpare
questa gramigna. Tutti gli
"ultras" di tutte le curve vanno
levati di peso dai loro posti.
Lo sport è un "bene comune" che
può e deve essere salvato da chi
gli mangia le viscere, da queste
frange barbare. O i cancelli
resteranno chiusi per sempre.
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografia:
Storiedicalcio.altervista.org
Il razzo
acquistato in un’armeria di Roma
Scoperto il
giovane assassino dell'Olimpico
Appello
delle autorità: "Gli stadi
tornino ad essere luoghi di
convivenza".
ULTIMA ORA
- La polizia ha identificato a
Roma l'autore del lancio del
razzo che ha colpito a morte il
tifoso Vincenzo Paparelli. È un
giovane e per ora si sa che si
chiama Giovanni Fiorilli. Sono
in corso ricerche sia nella sua
abitazione, sia sul posto di
lavoro. Sarebbe questo giovane
(è quasi certo) ad aver lanciato
il razzo che, da una curva
all'altra dell'Olimpico, è
andato a colpire mortalmente
Vincenzo Paparelli, 33 anni, che
assisteva al derby Roma-Lazio
accanto alla moglie…(Omissis).
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografia:
Roma.corriere.it
Lo sgomento
dei giocatori nelle frasi dello
spogliatoio
ROMA - Gli
aspetti tecnici del derby hanno
trovato scarsa eco negli
spogliatoi dell’Olimpico. Su
allenatori, giocatori,
dirigenti, giornalisti, gravava
l'atmosfera pesante della
tragedia avvenuta prima della
partita in curva Nord. Il primo
a raggiungere la sala stampa è
stato Liedholm che aveva un'aria
mesta e sconcertata. Ha cercato
all'inizio di sviare il discorso
dal luttuoso episodio affermando
che secondo lui la partita aveva
avuto uno svolgimento regolare.
"Sulla triste vicenda accaduta
sugli spalti - ha dichiarato lo
svedese - non avevamo notizie
sicure. Si parlava di un ferito
grave. Rocca era molto agitato
per quel cartello pieno di
insulti. Ha giocato male, come
del resto tutta la mia squadra.
Non avevamo la mente serena per
sviluppare un gioco normale.
Ognuno cercava l'iniziativa
personale". Pensa che possa aver
influito la notizia della morte
di uno spettatore ? "Abbiamo
iniziato la gara quasi
inconsciamente - ha replicato
Liedholm - ma con il trascorrere
dei minuti i giocatori sono
riusciti a concentrarsi sulla
partita. L'episodio è
inconcepibile. È la prima volta,
nella mia lunga carriera prima
di calciatore e poi di
allenatore, che mi capita di
assistere ad un fatto così
grave". Poi il trainer, anche
per sdrammatizzare un po' il
clima, ha ripreso a commentare
l'incontro con parole piuttosto
dure nei confronti dei suoi
giocatori: "Tancredi è stato il
migliore in campo, non ha potuto
far nulla sulla palla del gol
deviata da Rocca. Ma nello
stesso tempo non esito ad
affermare che siamo stati
fortunati. La Lazio ha giocato
meglio, specialmente nel primo
tempo". Il capitano Santarini,
mentre si recava nello
spogliatoio dei laziali, ha
dichiarato: "Quando abbiamo
appreso la notizia del
gravissimo incidente, noi e i
nostri avversari, siamo rimasti
frastornati. In questo momento
non mi vengono le parole. Siamo
vicini ai familiari dello
scomparso. Ma so che non basta.
Purtroppo si alimenta la
violenza da una parte e
dall'altra con certe scritte
offensive come quella su Rocca.
Con questo non voglio
giustificare l'accaduto. Ma
vorrei dire che purtroppo da
scherzi pesanti a volte
scaturiscono le tragedie". Il
presidente ing. Dino Viola,
pallidissimo in volto, ha detto:
"Ho parlato con i ragazzi prima
e durante l'intervallo della
partita. Li ho esortati a
rimanere calmi, anche se era
difficile per tutti in quei
momenti. In settimana avrò dei
contatti con i capo-tifosi.
Cercheremo insieme di
individuare i responsabili. Ciò
che è accaduto è inaudito quando
si pensa che si dovrebbe andare
in uno stadio solo per
divertimento". Negli spogliatoi
biancazzurri si respirava un
clima di doloroso risentimento
espresso con parole assai dure.
"Quando sono andato verso la
curva dei nostri tifosi - ha
raccontato il capitano Wilson -
ho detto loro di lasciarci
giocare. Era il modo migliore
per onorare la memoria dello
scomparso. In caso contrario
penso che si sarebbe rischiata
una tragedia ancora più grave
anche se il nostro primo istinto
è stato quello di non cominciare
la gara. È brutto quello che
dico ma quello che ha ammazzato
merita di morire nella stessa
maniera. Finire l'esistenza in
uno stadio è davvero
sconvolgente". Preso da una
crisi di pianto, Wilson si è
interrotto bruscamente.
Giordano: "Abbiamo saputo della
disgrazia poco prima dell'inizio
della partita. Ho pregato i
tifosi di stare calmi
assicurando loro che avremmo
fatto di tutto per vincere
dedicando il successo alla
memoria dello scomparso. Mi sono
sentito rispondere: romanisti
assassini". Montesi ha duramente
rimproverato le autorità che
"sarebbero dovute intervenire
per sospendere la partita".
Lovati appariva distrutto: "E'
stato un pomeriggio che non
dimenticheremo presto - ha
dichiarato il trainer - tuttavia
non credo che abbia influito sui
miei giocatori la notizia
dell'accaduto. Per quanto
riguarda la gara dico solo che
la Lazio è stata nettamente
superiore, meritavamo ampiamente
dì vincere". m b.
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografia:
Laziowiki.org
Polizia e
carabinieri mobilitati nelle
ricerche dell'assassino
I tifosi
devono denunciarlo
di Mario
Bianchini
ROMA - La
capitale si è svegliata sotto
l'incubo dell'ennesimo fatto di
sangue che stavolta ha colpito
maggiormente gli animi della
gente perché è avvenuta in uno
stadio di calcio. Finora la
violenza arricchiva le pagine
della cronaca nera per episodi
che non avevano nulla da
spartire con lo sport,
considerato l'ultimo baluardo di
relativa tranquillità. I
giornali hanno dedicato intere
pagine all'episodio con titoli a
nove colonne: "Dilagava la
violenza negli stadi";
"Assassinio all'Olimpico";
"Delitto allo stadio", e così
via. Sono frasi che fanno
meditare amaramente. Alle parole
di condanna che puntualmente
sono giunte da ogni parte, si
oppone il grido assai più
tragicamente concreto lanciato
dalla moglie del povero giovane
Paparelli, prima che questi
spirasse: "Non morire, abbiamo
due figli". Rivisto a distanza
di tempo il film del pomeriggio
di sangue all'Olimpico si
presenta con sequenze
allucinanti, consolidando
l'assurdità di quanto è
accaduto. Sono scattate le
indagini della magistratura e
della squadra mobile, ma è come
cercare l'ago in un pollaio:
dell'assassino nessuna traccia.
L'unica speranza è che qualche
tifoso lo abbia riconosciuto e
lo denunci all'autorità. Non si
è certi neppure del tipo di arma
usato dal teppista anche se va
prendendo corpo l'ipotesi che ad
uccidere Paparelli sia stato un
razzo antigrandine. La moglie
dello scomparso, Vanda Del
Pinto, ripresasi dal grave stato
di prostrazione, ha potuto
raccontare nei dettagli gli
ultimi attimi di vita del
marito: "Ho visto il razzo
arrivare dall'altra parte dello
stadio - ha detto - era luminoso
e aveva una scia di fumo; mi
sono girata verso Vincenzo per
dirgli di stare attento, ma era
già stato colpito e sanguinava.
Gli ho strappato il razzo che si
era conficcato nella testa
vicino all'occhio". Più tardi la
donna, ancora sotto choc, è
stata portata in questura dove
ha parlato con i funzionari. Il
medico Alberto Travostini, che
ha soccorso per primo lo
sventurato all'ospedale di Santo
Spirito, non ha potuto fare
nemmeno il massaggio cardiaco:
"Non ho mai visto - ha
dichiarato - una lesione del
genere, nemmeno in guerra. Ha
mezza faccia carbonizzata,
bruciata in profondità".
All'ospedale è giunto anche il
presidente del Coni dott.
Carraro. Appariva sbigottito:
"Non ero allo stadio - ha
dichiarato - e ho appreso la
notizia per radio. Sono qui per
esprimere il mio cordoglio per
questo fatto inaudito. Non è
possibile che le partite di
calcio si giochino in questo
clima". Intanto il giornale
radio stava già dando la notizia
di quanto accaduto allo stadio.
Si animava la borgata Mazzalupo,
dove risiede il povero
Paparelli.
|
Più di un
cuore ha sussultato. Il suo nome
è passato di bocca in bocca, se
lo sono gridato dalle finestre.
Poi è stata una corsa folle
verso l'ospedale di Santo
Spirito per dargli l'ultimo
saluto, portare conforto alla
moglie, Vanda, di 29 anni, ai
suoi figli Mauro di 15 anni e
Gabriele di 9. Accanto alla
moglie straziata dal dolore, in
poco tempo si è radunata una
piccola folla. Amici della
borgata, non ancora contagiati
dal morbo dell'indifferenza di
chi vive nelle grandi città. Sui
loro volti si leggeva il dolore,
ma soprattutto l'angoscia di
questo dramma assurdo. Nella
saletta d'attesa dell'ospedale,
c'era anche Angelo Paparelli, il
fratello che con lui conduceva
l'officina meccanica di via
Cornelia. Diceva: "Ho saputo di
quanto era accaduto a Vincenzo
da un amico che mi ha
telefonato. Proprio io gli ho
dato la tessera per la partita.
Io sono tifoso della Roma, lui
della Lazio, ma tra noi non c'è
mai stata una discussione che
non fosse più che civile".
Sull'episodio c'è anche una
presa di posizione del sindaco
di Roma: "La discriminante non è
il tifo, non è il calcio - ha
dichiarato il primo cittadino di
Roma - tanto meno è lo sport, ma
è piuttosto la barriera contro
ogni violenza. Per questa via il
rischio è di uccidere lo sport,
cioè una delle speranze di una
città più giusta, più sicura,
più serena. È assurdo che si
possa morire così allo stadio:
bisogna reagire". Dopo aver
espresso il dolore della città
ed i sentimenti di cordoglio
alla moglie della vittima e ai
figli, Petroselli ha rivolto un
appello alle autorità sportive
romane affinché "in tutti i
club, sia laziali che romanisti,
possibilmente in assemblee
comuni, si discuta e si mediti
su questa tragedia per trarne
insegnamento e un impegno
comune. E lo stesso si faccia in
tutte le scuole di Roma".
Inquietanti, infine, anche le
dichiarazioni rilasciate dal
dottor Marinelli, capo del
secondo distretto di polizia che
soprintende all'ordine pubblico
dello stadio Olimpico: "Come al
solito avevamo disposto
agl'ingressi un accurato
controllo - ha dichiarato il
funzionario: ci siamo trovati di
fronte ad episodi incredibili.
Abbiamo sequestrato schiumogeni,
bastoni, sassi e soprattutto un
enorme quantitativo di bilie
d'acciaio. In queste condizioni
il lavoro della polizia diventa
davvero ingrato e difficile. I
nostri uomini hanno rischiato di
rimanere feriti gravemente. È un
problema che dovrà essere
affrontato.
29 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografia:
Lastampa.it - L'Unità
La violenza
negli stadi ha provocato una
vittima
Ammazzato
all'Olimpico
Spettatore
colpito in pieno viso dal razzo
sparato da un teppista
Vincenzo
Paparelli, un meccanico di 32
anni, è crollato sotto gli occhi
della moglie. La tragedia un'ora
prima dell'inizio del derby. Si
è discussa l'eventualità di non
effettuare l'incontro. Numerose
persone fermate".
Roma -
Doveva essere una giornata di
sport. Il derby Roma - Lazio è
appuntamento di gran richiamo
per gli sportivi della capitale.
Invece s'è trasformata in una
assurda tragedia, che non trova
spiegazione alcuna e che è
costata la vita a Vincenzo
Paparelli, un meccanico di 33
anni. Erano circa le 13,20 e già
migliaia di spettatori avevano
preso posto sulle gradinate
dell'Olimpico. Nella curva sud
si erano sistemati come sempre i
tifosi della Roma, nella nord
quelli della Lazio. Nonostante
mancasse ancora più di un'ora
all'inizio della partita il
clima era teso come da tempo non
accadeva. I tifosi di opposta
fazione avevano preparato
cartelli, striscioni, come negli
altri derby insomma. Proprio uno
striscione innalzato
improvvisamente dalla curva dei
tifosi laziali ha provocato la
scintilla; c'era scritto: "Rocca
bavoso, i cadaveri non
risuscitano". Il giocatore Rocca
è un terzino che più volte ha
dovuto interrompere l'attività
per un infortunio e sottoporsi a
interventi chirurgici. La prima
reazione dei tifosi romanisti è
stata quella di tentare
un'invasione di campo per
portarsi nell'altra curva. Le
forze dell'ordine sono subito
intervenute, riuscendo a
bloccare gli invasori. Sembrava
che tutto dovesse ritornare alla
normalità. Invece qualche minuto
dopo il drammatico episodio.
Dalla curva dei romanisti, dalla
parte della tribuna Tevere
all'altezza dello striscione
Roma club Somalia, è stato
sparato un razzo auto esplodente
anti-grandine. Poi si saprà che
non era un razzo qualsiasi, ma
un vero e proprio proiettile. Si
tratta di un cilindro lungo 20
centimetri e con un diametro di
4, che può percorrere
traiettorie anche di 200-250
metri. Nello stadio si è sentito
un sibilo, sinistro, il
proiettile ha disegnato una
lunga scia fumosa e ha colpito
Vincenzo Paparelli in pieno
viso, nell'occhio sinistro.
L'uomo era seduto nell'ultima
fila di panchine nel versante
della tribuna M. Mario, dietro
una delle uscite del settore.
Era in compagnia della moglie
Vanda Del Pinto e stava
aspettando l'inizio della
partita, mangiando il panino che
si era portato da casa. Era il
suo pranzo. La moglie ha visto
arrivare il razzo, ha cercato di
avvertire il marito, ma non ha
fatto in tempo. Vincenzo
Paparelli, colpito in pieno
viso, nella parte della regione
temporale sinistra, s'è subito
portato le mani sul viso
diventato una maschera di
sangue. I primi soccorsi gli
sono stati portati dalla moglie,
che gli ha subito estratto il
razzo. Poi, non ha resistito, è
svenuta. Sono intervenute le
forze dell'ordine, Paparelli è
stato subito trasportato al
pronto soccorso e di lì in
ambulanza all'ospedale Santo
Spirito, dove però è giunto
cadavere. Intanto nello stadio
si vivevano attimi di grande
tensione, di paura.
|
Dopo cinque
minuti altri due razzi, di
identico tipo sparati sempre
dallo stesso settore per fortuna
sono esplosi fuori dello stadio.
Nella curva nord, anche fra le
poche centinaia di spettatori
rimasti, si diffondeva il
panico, con la gente alla
ricerca disperata di una via di
uscita. Ma non tutti lasciano le
gradinate. Un gruppo di tifosi
si scatenava contro i cristalli
divisori, per crearsi un varco.
"Gridavano come ossessi -
racconta un brigadiere di
pubblica sicurezza - erano fuori
di sé. "Toglietevi" ci
strillavano. "Dobbiamo andare ad
ammazzare gli assassini
romanisti". La fermezza degli
agenti ha bloccato sul nascere
ogni ulteriore reazione
sconsiderata. Nel frattempo
negli spogliatoi si stava
decidendo se giocare o no la
partita. Il presidente del
centro di coordinamento dei club
biancazzurri chiedeva il rinvio
della partita per timore di
nuovi gravi incidenti. L'arbitro
decideva alla fine che si
dovesse giocare. Nella curva
nord l'atmosfera non si placava.
Gruppi di tifosi laziali
continuavano a lanciare oggetti
di ogni genere in campo.
Urlavano verso i giocatori della
loro squadra "Fuori, fuori". Un
invito ad abbandonare il campo
in segno di protesta. Si
avvicinavano allora i giocatori
Wilson e Giordano per calmare
gli animi, mentre numerosi
agenti si schieravano ai bordi
del campo. La partita ha avuto
così inizio in un clima che non
prometteva nulla di buono. Ma
fortunatamente non accadeva più
nulla di grave. Soltanto
proteste verbali dei laziali
verso i romanisti e più di un
pallone sequestrato dai tifosi
biancazzurri, quando arrivava
dalle loro parti. La partita è
sembrata interminabile. Si sono
temuti incidenti, scontri fra i
tifosi, durante lo sfollamento
dallo stadio, ma sono giunti
rinforzi di polizia e
carabinieri. Un enorme
dispiegamento di forze
dell'ordine ha presidiato i
punti nevralgici dei viali dello
stadio. "Non ho mai visto un
derby più terribile di questo -
ha commentato il vice-questore
Marinelli, che sovraintende il
servizio d'ordine all'Olimpico -
Una cosa incredibile. Stamane
quando abbiamo fatto l'abituale
giro di perlustrazione abbiamo
trovato di tutto, nascosto nei
posti più impensati. Abbiamo
riempito un camioncino di mazze,
spranghe di ferro, pistole
giocattolo, sassi, mattoni, e
anche 50 razzi dello stesso tipo
che hanno ucciso il Paparelli.
Abbiamo fermato quattro
persone". Due dei fermati sono
sospettati di fare parte del
gruppo di teppisti che stava
sulla curva sud, nel punto da
dove è stato esploso il
micidiale razzo. Altri fermi
sono stati effettuati poi in
città: giovani provenienti dallo
stadio sono stati trovati armati
di spranghe, coltelli e altre
armi.
29 Ottobre
1979
Fonte:
L’Unità
© Fotografie: L'Unità - Il
Messaggero
La
spaventosa tragedia nel racconto
di un testimone
"Il
micidiale ordigno lo ha centrato
in piena faccia"
La
disperata ma inutile prontezza
di spirito della moglie
dell’ucciso. All’ospedale Santo
Spirito, tra i congiunti. "Era
un buono", dicono i vicini.
Due sospettati e parecchi
fermi.
ROMA - "Ma
quale disgrazia, questo è
omicidio, non si va allo stadio
con le armi". Cambiano le parole
ma il commento è sempre lo
stesso. È passata un’ora
dall'arrivo della salma di
Vincenzo Paparelli e la piccola
sala d’aspetto dell’ospedale è
piena di gente: parenti, amici
dell’uomo ucciso; manca la
moglie di Paparelli. La donna è
stata strappata quasi a forza
dal corpo del marito, è stata
portata alla "Mobile" per essere
interrogata. Un uomo che adesso
è qui al Santo Spirito, ha
assistito alla scena. "Lei ha
visto arrivare il proiettile -
dice - si è girata verso il
marito per avvisarlo ma era
troppo tardi. Centrato. Centrato
all’occhio sinistro dal razzo,
il volto trasformato in una
maschera di sangue, Vincenzo
Paparelli è crollato. Lei ha
avuto la forza di gettare via
quel "tubo" di ferro
arroventato, poi è svenuta,
mentre intorno si diffondeva lo
spavento, l'orrore. Il pubblico
della curva nord si precipitava
verso le scale, altri si
gettavano verso le grandi
vetrate abbattendole". Vincenzo
Paparelli era padre di due
figli, Mauro di otto e Gabriele
di undici anni, abitava in via
(omissis), a Casalotti, una
borgata una decina di chilometri
lontano dalla città. Dice Velia
Ruggeri, proprietaria di una
bottega di dolciumi della
circonvallazione Cornelia:
"Insieme al fratello Angelo, di
poco più giovane, Vincenzo
gestiva una officina per la
riparazione delle auto, proprio
accanto al mio negozio". Ma che
tipo era ? "Che vuole che le
dica. Uno come me, come lei, uno
che la domenica andava allo
stadio per distrarsi". Giuseppe
Pallotta è un altro amico di
Vincenzo Paparelli: "Ho saputo
la notizia sentendo una radio
privata, alle 13,30 circa. Stavo
mangiando ed è stato un colpo.
Ho lasciato tutto sul tavolo e
sono scappato via. È la prima
volta in vita mia che mi sento
così male. Che tipo era Vincenzo
? Un uomo d'oro, una persona di
una gentilezza e d’una umanità
quasi uniche. Impossibile
parlare con le sorelle di
Vincenzo, impossibile parlare
con la madre. Le quattro donne
piangono disperatamente, ogni
tanto un lamento, ma non una
parola. L'unico che riesce a
vincere il dolore è il fratello
Angelo: "Vincenzo allo stadio ci
andava quasi tutte le volte che
giocava la Lazio. Ma per lui era
un puro divertimento, come per
la moglie, per questo ci
andavano insieme". E i bambini ?
"I bambini li lasciavano a noi,
alle mie sorelle, a mia madre.
Abitiamo tutti nello stesso
palazzo, è come se si vivesse
tutti insieme.
Stamattina
Vincenzo e Vanda sono usciti un
po’ prima del solito. C’era il
derby e allora dovevano andare
prima per trovare il posto". Dal
Santo Spirito alla questura,
dove è stata portata la moglie
di Vincenzo Paparelli e quella
decina di testimoni che la
polizia è riuscita a raccogliere
allo stadio subito dopo il
lancio del razzo micidiale. C’è
un’aria insolita, i cronisti
vengono bloccati da un piantone.
L'episodio dello stadio ha fatto
scattare l'allarme anche perché
le notizie che arrivano parlano
di diffusa tensione. Per esempio
in via del Corso. Proprio
davanti alla direzione del PSI
da un pullman di tifosi è stato
lanciato un razzo. L’autista ha
bloccato il bus ed ha chiesto
l'intervento degli agenti. I
passeggeri sono stati perquisiti
uno ad uno, e alla fine per
terra sono state ritrovate una
decina di piccole micce. Un
giovane è stato fermato ma poi
rilasciato. Ma l’episodio più
grave è avvenuto davanti al
Civis, a poche centinaia di
metri dallo stadio, pochi minuti
dopo la fine della partita.
Facendo il saluto romano e
urlando frasi come "romanisti
boia" un gruppo di squadristi
fascisti ha raggiunto l’istituto
ma è stato respinto dagli
studenti che erano dentro.
Quello che è accaduto non basta,
dunque. Qualcuno soffia sul
fuoco per trasformare un fatto
luttuoso in un’occasione per
seminare caos e paura. Ma le
indagini ? Un funzionario della
"Mobile", dopo molte insistenze
si decide a dire qualcosa.
Accenna a due fermi. Si tratta
di due uomini bloccati subito
dopo lo sparo e portati alla
squadra mobile. Secondo alcuni
testimoni somiglierebbero
entrambi allo sconosciuto che ha
sparato. Ma con che cosa ?
Certo, dice il funzionario, non
con una normale pistola
lanciarazzi, del tipo per
esempio che viene usata in mare.
Con quelle dopo venti,
venticinque metri, il razzo
ricade in terra. In questo caso,
secondo le testimonianze, si
tratta di un tragitto di 150-211
metri da una curva all'altra.
Probabilmente è stato usato un
lanciarazzi di quelli della
Marina o roba simile. Comunque
qui c'è il perito, il professor
Ugolini, e forse lui riuscirà a
chiarirci un po’ le idee. Altre
venti persone sono state fermate
e portate al II distretto. Sono
state tutte denunciate per
detenzione di armi improprie.
Avevano ramazze, catene e
bastoni.
29 ottobre
1979
Fonte:
L’Unità
(Testo © Fotografie)
Emozione e
sgomento fra i giocatori
"Il calcio
è diventato un affare che non si
ferma davanti a nulla"
di Eugenio
Bomboni e Sergio Mancori
ROMA - La
tensione che ha caratterizzato
tutta la partita non si è
allentata nemmeno negli
spogliatoi. L’ambiente è apparso
saturo di nervosismo. Della
partita, intesa come fatto
tecnico, si è parlato poco. Ci
si è invece interrogati sullo
stato d’animo con cui la
"maledetta partita" è stata
giocata e ci si è chiesti se si
è riflettuto abbastanza sulla
opportunità di giocarla dopo
quanto era accaduto un’ora prima
dell'inizio, quando era stato
ucciso da un razzo Vincenzo
Paparelli. Costretto ad uscire
prima della conclusione, espulso
insieme ad Amenta dall'arbitro
D'Elia, uno dei primi ad
incontrarsi con i giornalisti è
stato Montesi. Il giocatore
della Lazio, visibilmente
sconvolto, ha cominciato col
sentenziare che la sua
espulsione è dipesa dal fatto
che l'arbitro in quel momento
"caldo" del gioco aveva bisogno
di un diversivo sul pubblico.
Poi, a proposito dello stato
d'animo con cui i giocatori
hanno disputato la partita è
sbottato: "Non so chi sia da
biasimare maggiormente, se il
pubblico che ha continuato a
rumoreggiare dalla curva nord, o
coloro che hanno deciso che la
partita si doveva ad ogni costo
giocare. Gli abbiamo chiesto se
5 giocatori avevano avuto la
possibilità di esprimere il loro
parere, e lui ha risposto: "Sì,
le nostre perplessità le abbiamo
dette. Purtroppo l’affare, il
business per dirla
all'americana, si è fatto grosso
e niente riesce più a fermarlo".
Per Montesi, insomma, coloro che
tirano le fila non hanno più
nemmeno la sensibilità di
valutare la situazione che li
circonda e forse ha anche
ragione. Dell'opportunità o meno
di giocare la partita in un
clima simile, Lovati non avrebbe
voluto parlare. "Abbiamo giocato
in un clima difficile – ha preso
a dire - sotto il profilo
agonistico avremmo meritato di
vincere; lo stacco di Pruzzo è
stato bello, ma ha trovato una
risposta ingenua (chiara
allusione alla non uscita del
portiere Cacciatori, Ndr). Ma
all’insistenza delle domande ha
poi dovuto rispondere: "Non
sapevamo con certezza quali
fossero state le conseguenze di
quel gesto. In ogni caso una
decisione poteva essere presa
soltanto dall’arbitro". In
realtà le conseguenze del lancio
del razzo assassino dovevano
essere chiare, se Giordano ha
potuto dire: "I giocatori non
possono prendere la decisione di
giocare o meno una partita. È
una decisione che spetta
all’arbitro. Visto che siamo
stati invitati a giocare e a
farlo con senso di
responsabilità noi abbiamo
pensato che una vittoria poteva
essere un omaggio, l'unico
purtroppo che a questo punto
potevamo fare noi giocatori a
quel giovane morto in modo così
assurdo". Il capitano dei
biancoazzurri, Wilson, ha
raccontato del suo intervento
verso i tifosi della curva nord.
"Ho cercato di far capire a quei
ragazzi che insistevano perché
non si giocasse la partita che
occorreva riportare la calma.
Non ho avuto un gran successo:
ma se non è tornata la calma,
almeno la situazione non è
precipitata. Disputare o meno la
partita non dipendeva da noi
giocatori. In ogni caso la
decisione di giocare mi è
sembrata quella giusta per
evitare il peggio. Abbiamo
giocato con la morte nel cuore.
Fossimo riusciti a vincere,
avremmo potuto dedicare al
giovane ucciso il nostro
successo. "Sono entrato in campo
ha spiegato Rocca - per saggiare
le condizioni del terreno.
Leggendo quella scritta che mi
insultava sono rimasto molto
male e ho reagito a parole verso
la curva nord. Subito i miei
compagni di squadra mi hanno
fermato e mentre rientravo nel
sottopassaggio dalla curva sud è
partito il razzo che avrebbe
ucciso il povero spettatore. Ma
dopo quanto è successo quegli
insulti non contano davvero più
niente". Il presidente della
Roma Viola ha saputo della
uccisione dello spettatore poco
prima che la partita iniziasse,
quando appunto è arrivato
all’Olimpico. "Mi sono subito
chiesto - ha detto - se era
giusto rinviare la partita, ma
la decisione non spettava a me
bensì all’arbitro e devo dire
che il signor D'Elia ha
saggiamente portato a termine la
gara con una direzione precisa e
sicura.
29 ottobre
1979
Fonte:
L’Unità
(Testo © Fotografia)
L’officina,
la casa, lo stadio. Poi questa
fine assurda
A
Casalotti, tra i familiari di
Vincenzo Paparelli. "L’abbiamo saputo dalla
radio".
di Valeria
Singer
Via
Dronero, a Casalotti, è una
stradina buia. Al numero
(omissis) abitava Vincenzo
Paparelli, il tifoso che ha
perduto la vita allo stadio,
sfigurato dal micidiale razzo.
Ieri sera la porta
dell'appartamento, quattro
stanze, la cucina e il bagno,
era aperta; nell'ingresso amici
e parenti, in camera da letto,
la moglie, Vanda del Pinto. I
figli Mauro di 14 anni e
Gabriele di 8 non ci sono, forse
sono stati portati via da
qualche amica. Ci viene incontro
il cognato Otello: "Sì è vero -
dice - sembra quasi una
fatalità; non dovevano andarci
ieri alla partita, era il
compleanno di mio figlio e
avevamo organizzato una
festicciola; per giunta era
anche brutto tempo, ma poi ha
smesso di piovere e si sono
decisi. "lo sono rimasto a casa
e ho acceso la radio. Ho sentito
la tremenda notizia, e, chissà
perché, ho pensato
immediatamente che potesse
essere Vincenzo. La conferma me
l'ha data la televisione,
qualche attimo dopo. Era un
tifoso come tanti altri, ma non
era un tipo da rissa, non ha mai
cercato guai. Anzi, quando
andava allo stadio sceglieva i
posti vicino all’uscita così, se
c'erano incidenti, diceva, vado
via subito; ieri però non è
andata così, non si è neppure
accorto di quanto stava
accadendo. Si interrompe un
momento per asciugarsi gli
occhi: "Era il migliore di tutti
noi, buono, sempre pronto a
spaccarsi in quattro per gli
altri. Le giornate tranquille:
il lavoro, il giornale, la
schedina e poi la domenica la
partita". Del mondo del calcio,
dei giocatori che vedeva correre
sul campo così lontani, sapeva
tutto. Una volta Manfredonia gli
regalò una fotografia con su
scritto: "Al mio amico Vincenzo
Paparelli"; quella fotografia ha
fatto il giro del quartiere e
parlava sempre di Lovati con il
quale era riuscito a scambiare
due parole (solo due parole)
all'Holiday Inn. Manfredonia poi
si fece vivo con lui: cercava
una macchina, una BMW. La voleva
di un certo colore. Vincenzo s'è
fatto in quattro, mi diceva
sempre: "Sta buono che devo
trovà sta macchina". Chissà se
poi c'era riuscito. Adesso è
morto e non c‘è più nulla da
fare: lui che era così
tranquillo è stato la vittima di
una violenza assurda: che senso
ha andare allo stadio armati di
tutto punto ? La violenza non
c'è solo negli stadi basta
guardarsi intorno, leggere i
giornali; le morti per droga
quasi una al giorno e sono tutti
giovani. La verità è che la
gente non si impegna, ognuno si
"gestisce" come vuole. Forse può
essere questa la causa di tanta
violenza. Bisogno dare a tutti
la possibilità di vivere meglio
e tutti si comporterebbero in
maniera civile". E lo sfogo
continua: "Mi ha colpito
l’arbitro D’Elia, ha fatto
iniziare la partita lo stesso:
non è successo niente, forse
pensa che lo sport sia al di
sopra di tutto. Giocare a tutti
i costi: dicono che se non fosse
stato così ci sarebbero stati
incidenti. Ma se fossi stato io
l’avrei fermata. Il derby per un
tifoso è un momento decisivo,
vale per tutto il campionato, è
evidente che c’è tensione e
attesa in occasione di questi
avvenimenti. Io non credo che i
tifosi che vanno la domenica
allo stadio siano tutti
delinquenti, ma basterebbe un
po’ di controllo alle entrate".
La conversazione finisce qui:
Otello del Pinto non sa ancora
quando sarà data
l'autorizzazione per i funerali
ma la famiglia dice che li
vorrebbe in forma privata.
Intanto continua ad arrivare
gente, parenti, conoscenti ma
anche persone che lo conoscevano
appena: due giovani con la tuta
da meccanico vengono a chiedere
se possono essere di aiuto.
Hanno saputo dai giornali e
vorrebbero fare qualcosa, poi se
ne vanno parlando a bassa voce.
29 ottobre
1979
Fonte:
L’Unità
(Testo © Fotografia)
Arrestato
uno studente e ricercato un
imbianchino a Roma
Scoperti
gli assassini dell'Olimpico sono
ragazzi, ma chi li organizzava ?
di Sandra
Bonsanti
Diciottenni, appartengono a un
circolo chiamato "Ultrà Roma",
che ha per simbolo un teschio e
la folgore - Chi alimenta con
denaro questo fanatismo ? - In
una lettera i collegamenti con
altri gruppi di Milano e Firenze
- Hanno sparato tre razzi
nautici da segnalazione: uno ha
colpito il meccanico Paparelli.
ROMA - Giovanni
Fiorillo, 18 anni compiuti a
maggio, imbianchino disoccupato,
da due anni membro del circolo
"Ultrà Roma" che ha per simbolo
un teschio e la folgore: per la
polizia è lui l'assassino dello
stadio Olimpico. Avrebbe
sparato, servendosi di un
rudimentale mortaio e coperto
dalla complicità di un gruppo di
amici, tre razzi nautici da
segnalazione a luce bianca la
cui gittata è di oltre un
chilometro. Il primo razzo ha
devastato il viso del meccanico
Paparelli: gli altri due sono
finiti fra gli alberi che
circondano lo stadio. Giovanni
Fiorillo, Gianni per tutti gli
amici, è scomparso domenica sera
dopo esser tornato a casa a
cambiarsi i vestiti e aver detto
alla madre: "Sta tranquilla, non
ero nella zona da cui è partito
il razzo. Adesso me ne vado a
trovare degli amici a Pescara,
Mario Ciriello, ti telefonerò".
(Omissis), 17 anni e mezzo,
studente in odontotecnica è
stato arrestato all'una di ieri,
mentre si sedeva a tavola a
mangiare una frittata con le
sorelline. La madre, come ogni
giorno, era al suo lavoro di
domestica; il padre, separato,
al cantiere. Enrico è indiziato
di concorso nell'omicidio,
avrebbe protetto l'amico Gianni
mentre innescava i razzi nel
tubo di ferro lungo 50
centimetri. Nella sua stanza un
cartello con la scritta: "La
Roma è una fede, gli ultrà i
suoi profeti". Sopra il letto da
adolescente, un'immagine di
padre Pio: il lampadario che
pende in mezzo alla stanza è
rosso giallo: su un calendario
accanto alla data di domenica 28
ottobre Enrico ha segnato:
"Derby: boom !". Gli inquirenti
sembrano ottimisti: l'omertà si
è rotta nel gruppo dei più
fanatici tifosi e i nomi dei
giovani sono usciti, uno ad uno,
insieme alla terribile
constatazione della loro giovane
età, della violenza senza senso
che ha portato la morte a un
padre di due figli. Enrico e
Gianni non sono però i soli su
cui puntano le indagini. Con
loro c'erano altri "romanisti".
E dietro a loro spunta
l'immagine di personaggi sulla
quarantina, gli "organizzatori"
del circolo "Ultrà". C'è un
certo Fausto, uomo di una certa
età, che maneggia i soldi del
gruppo, indice le assemblee che
si riuniscono in una pizzeria
vicino a piazza Vittorio.
Domenica mattina, giorno del
derby, (Omissis) esce
prestissimo di casa. Non sono
ancora le otto quando suona al
campanello di Gianni Fiorillo:
"Mio figlio Gianni non aveva
nemmeno fatto coIazione.
Gli ho
detto: Enrìchetto, và a morì
ammazzato..."", ricorda la madre
di Gianni, una donna di
cinquant’anni, piccola e
spaventata. "E così Gianni è
uscito con una banana in mano.
Addosso aveva quel maglioncino
marrone e giallo, i jeans. Non
ha preso la giacca a vento, ha
detto: "Mi compro lo spolverino
allo stadio". Poi l'ho rivisto
la sera, quando è venuto a
cambiarsi. Adesso i suoi vestiti
se li è portati via la polizia,
sono venuti in sette stamani per
portarlo via, ma lui non c'era
più. Non ho paura, sto
tranquilla, mio figlio non si è
messo nei guai. Ma vorrei sapere
chi ha fatto il suo nome e
perché. Di politica non si è
occupato mai, ha una sola
passione, il calcio, ama la
Roma. Ha studiato fino alla
quinta elementare e poi ha
sempre lavorato. La ragazza ? Si
fa per dire... A lui interessa
solo lo sport". Sulla scrivania
di Enrico c’è un raccoglitore
con la corrispondenza e si viene
a scoprire che gli "Ultrà" sono
collegati strettamente a "Ultrà"
di altre squadre. Ci sono gli
ultrà "viola" (della Fiorentina)
e gli ultrà del Milan che si
chiamano "Brigate rosso-nere".
Anche loro hanno il teschio per
simbolo, si scambiano adesivi e
bandiere. Sulle buste delle
lettere dei giovani ultrà ci
sono spesso grosse stelle nere
tracciate a pennarello. In una
lettera del 22 ottobre, Alex
delle "Furie viola" scrive a
Enrico: "A Bologna abbiamo fatto
un tifo eccezionale... Cose che
voi neppure vi sognate, abbiamo
fatto della guerriglia urbana !
Con noi c'erano anche due vostri
capi, uno aveva i capelli lunghi
da donna, barba e baffi, sono
degli amici del Guf...". In
un'altra lettera indirizzata a
Enrico si legge: "Mi ha molto
stupito che tu sei di destra, so
infatti che all'interno del Cucs
sono quasi tutti di sinistra e
credevo che solo i bastardi
laziali fossero Fasci. Anche il
presunto omicida, Gianni
Fiorillo, a sentire i genitori
non si è mai occupato di
politica: ma porta al collo una
medaglietta con la croce
celtica, simbolo di tanti
ragazzi di destra. Che cosa si
nasconde dunque dietro a questi
"tifosi" della Roma ? L'elemento
politico sembra ancora una volta
alla base di questo fanatismo
che la domenica, allo stadio,
spara per uccidere. Ma indicarne
il colore preciso può esser
azzardato. Nel passato di Gianni
Fiorillo si vengono a scoprire
un paio di denunce per furto; e,
nel maggio di quest'anno, il
giovane presunto omicida era
stato fermato dalla Digos di
Milano insieme con un gruppo di
Autonomia operaia.
30 ottobre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografie:
Lastampa.it - Corriere dello
Sport
La morte su
Roma
di Italo
Cucci
28 Ottobre
1979: il giovane romano Vincenzo
Paparelli viene ucciso
all’olimpico. È l’inevitabile
risultato di una campagna d’odio
scatenata da teppisti
incontrastati.
Vincenzo
Paparelli, il ragazzo ucciso
sugli spalti dell’Olimpico, era
uno di noi. Uno di noi. Uno di
noi è anche il giovane
sciagurato che lo ha
assassinato. Questo è il dato
più sconvolgente della tragedia
all’Olimpico che si è collocata
sempre nella storia del calcio
italiano e per definir la quale
non bastano accenti retorici,
parole di rabbia e di vergogna.
Ecco la verità, nuda e cruda: ci
stiamo ammazzando fra noi, e la
morte è entrata nel gioco non di
nascosto, accidentalmente, ma
per scelta consapevole di tutti
coloro che al gioco partecipano:
dirigenti, giocatori,
spettatori. Lo sapevamo che
sarebbe finita così; lo sapevamo
tanto bene che all’indomani
della tragedia dell’Olimpico la
morte di Vincenzo Paparelli è
stata registrata come fatto
ineluttabile ("la violenza
dilaga: chi potrà fermarla ?")
che peraltro non avrà seguito
alcuno per la tutela del nostro
sport più popolare, che mai
potrà darsi gli strumenti atti a
difendersi da questa incredibile
ondata di criminalità: su questo
sono d'accordo tutti,
magistrati, tutori dell’ordine,
politici. Sulla lapide di
Vincenzo Paparelli potremmo
scrivere: "morto inutilmente".
VIOLENZA. Il discorso sul
teppismo negli stadi è stato
portato avanti da questo
giornale con decisione, con
veemenza, spesso con rabbia, e
non ho quindi bisogno di
ricordare al lettore quanto
avevo scritto più volte, e
addirittura la settimana scorsa,
quasi risultando "profeta di
sventure". Certo, cercare di
aprire gli occhi al prossimo,
denunciando le nefandezze di un
sistema che ormai ha coinvolto
anche lo sport, può risultare
fastidioso per chi non ha occhi
per vedere né orecchi per
intendere. Dibattere sul tema
violenza, far tavole rotonde di
"tecnici" e tifosi, suggerire
provvedimenti, denunciare
carenze: tutto risulta inutile
quando manca un dato di fondo,
ovvero la volontà politica di
cambiare, cambiare nella vita di
tutti i giorni per potersi
garantire la serenità di due ore
domenicali. Ecco, pensate pure
che da queste parti si invoca la
repressione nel Paese per star
tranquilli allo stadio; ma se lo
pensate siete in malafede:
perché non è la passione
sfrenata per la Roma o per la
Lazio che arma la mano
dell’assassino domenicale, è
invece l’esempio della
criminalità quotidiana -
politica e comune - che fa
adepti, che manda allo stadio
insieme a noi, amanti di un
gioco pacifico, anche gli
assassini. Quelli che inneggiano
al fascismo nella Curva Nord,
quelli che si coprono con le
ideologie dell’estremismo di
sinistra nella Curva Sud sono
criminali che fanno adepti fra i
giovani, per lo più ragazzini, e
li invitano a scannarsi in un
derby calcistico all’ombra di
bandiere ideologiche che sono
soltanto immondi paraventi della
disgregazione sociale,
dell’impotenza degli educatori,
dell’inutilità degli
intellettuali predicatori di
odio. Saluti romani, pugni
chiusi, pitrentotto: quante
volte abbiamo scritto di questi
gesti, di queste imprese che
denotano incultura,
maleducazione, idiozia,
asservimento a modelli fasulli
di rivoluzione. E ogni volta,
sconsolati, abbiamo dovuto
chinare il capo davanti a una
realtà immutabile e dirci:
difendiamoci da soli. Ma come ?
FRANCHI - Il 26 "febbraio 1975,
dopo i "gravi incidenti
verificatisi a San Siro in
Milan-Juventus, il presidente
federale Artemio Franchi scrisse
un articolo
per il "Guerino", un
articolo intitolato appunto
"Difendiamoci da soli". "Ci si è
resi conto - scriveva Franchi
quattro anni fa - che esiste un
nuovo tipo di violenza,
aggravata da premeditazione: c'è
gente che va allo stadio già
armata, già munita di oggetti e
di un certo spirito
aggressivo... È chiaro che
quando si parte da casa con
sbarre di ferro, biglie
d'acciaio, pistole lanciarazzi o
altre armi improprie, non si sa
se l'arbitro Tizio o Caio darà
il calcio di rigore a favore o a
sfavore della propria squadra,
ma si vuol comunque essere
pronti per tale evenienza, o si
vuole ad ogni costo sfogare la
rabbia, la violenza covata in
petto indipendentemente dagli
episodi della gara e dal
risultato della stessa". Parole
sante, alle quali Franchi faceva
seguire la valutazione più
drammatica: l'impotenza
dell’organizzazione calcistica
di fronte al "tifo organizzato".
I CLUB. "Parliamone - scriveva
Franchi - di questi benedetti
club: cominciamo col dire che le
società calcistiche, a questo
riguardo, hanno avuto la vista
un po' corta, se è vero che di
tal fenomeno hanno considerato
solo gli aspetti positivi,
trascurando gli aspetti negativi
di cui oggi si accorge". Seguiva
- in quell'articolo di quattro
anni fa - un appello alle varie
componenti del calcio, ai
dirigenti, ai giocatori, ai
tecnici, agli arbitri; anche ai
giornalisti. Un appello
evidentemente caduto nel vuoto,
se è vero che oggi, dopo la
tragedia, Franchi è costretto a
ripeterlo e a dire, pieno
d’amarezza: "Così si corre il
rischio di vedere compromessa
per sempre la credibilità del
calcio. L’episodio è
allucinante, inspiegabile.
Presidente: allucinante sì,
inspiegabile no. Lei che come
noi va per gli stadi d’Italia a
cercare due ore di svago, di
distensione, non può non avere
visto, mai, quei cartelli
infami, quegli striscioni
vergognosi che inneggiano alla
violenza, alla morte; lei che
legge i giornali, non può non
"avere registrato l’escalation
di violenza verbale negli scambi
di… battute fra i tesserati.
Eppure la Federazione e la Lega
nulla hanno fatto per bloccare
gli intemperanti e spezzare la
spirale d’odio che si allarga
ogni domenica sul capo di
migliaia di innocenti Vincenzo
Paparelli. E tutta l’Europa -
alla vigilia del torneo
dell’Ottanta - ci guarda, forse
sbalordita, certo preoccupata.
RIMEDI. Neanche questa volta
possiamo o pretendiamo dare
suggerimenti magicamente
efficaci, e tuttavia - certi di
non far torto a quegli
appassionati che sanno bene
quale veste esteriore dare al
loro "tifo" - ci permettiamo di
chiedere che dagli stadi
scompaiano tutte le scritte
inneggianti all’odio, tutte le
bandiere che di quest’odio sono
l’insegna, e che nei limiti del
possibile all’ingresso delle
arene sportive siano effettuati
quei controlli minimi ai quali
non potrà sfuggire un’arma come
quella che ha ucciso in un
pomeriggio di pace Vincenzo
Paparelli. Uno di noi.
30 ottobre
1979
Fonte: Il
Guerino Sportivo
© Fotografie:
Roma.corriere.it -
Il
Guerino Sportivo
Olimpico
davvero incontrollabile ?
di Giuseppe
Fedi
Le
perquisizioni si sono rivelate
insufficienti - Il materiale da
guerriglia introdotto nello
stadio durante la notte.
ROMA -
Decine e decine di razzi
nascosti sotto striscioni,
centinaia di spranghe, mattoni,
bottiglie incendiarie e no,
fionde con biglie in acciaio
infilate sotto le panchine:
fanno parte dell'arsenale
rimosso da polizia e carabinieri
prima di Roma-Lazio. Erano lì da
alcuni giorni, nascosti sulle
gradinate delle curve Nord e Sud
dalla teppaglia che, in nome di
una malintesa passione sportiva
sempre più spesso pilotata da
chi ha interesse a seminare
violenza e terrore, ha provocato
la tragedia che è costata la
vita a Vincenzo Paparelli. Al
secondo distretto in via
Ruffini, il dott. Marinelli, il
dirigente di polizia da cui
dipende il servizio d'ordine
pubblico dell'Olimpico, spiega
che da qualche settimana i
sopralluoghi compiuti prima
dell'incontro di calcio stanno
dando luogo a risultati
stupefacenti. Il teppismo
organizzato che sconvolge lo
stadio può godere di vantaggi
non indifferenti. Primo:
scavalcare i cancelli e i muri
di recinzione che dovrebbero
proteggere I’ Olimpico è un
gioco da ragazzi. Gli "incursori
notturni" che s'infilano nello
stadio per deporre il loro
materiale da guerriglia non
hanno che l'imbarazzo della
scelta. Qualsiasi punto, lungo
il perimetro di oltre un
chilometro del complesso
sportivo, non presenta
difficoltà in una zona,
oltretutto, quella sotto Monte
Mario, quasi sempre isolata.
Prima di Roma-Torino disputata
il 14 ottobre, la polizia ha
sequestrato numerose lastre di
marmo divelte alla curva Sud.
"Sono gli stessi tifosi -
spiegano al secondo distretto di
ps - che imbrattano di frasi
inneggianti all'odio verso l'una
o l'altra squadra i muri intorno
allo stadio. Gli "ultras Lazio",
"Brigate giallorosse", il
"Commando ultrà curva Sud"".
Nelle ultime settimane sono
riapparse, sempre più fitte,
scritte e simboli neofascisti,
fra cui uno di Avanguardia
nazionale. Hanno tracciato
persino la stella a cinque punte
delle Brigate rosse. Cancellarle
non serve. Il Comune giudica
antieconomici i lavori di
pulizia e poi è inutile: subito
dopo riappaiono, come è avvenuto
durante il recente incontro di
Coppa Davis. E la prevenzione ?
Di "oggetti contundenti", come
li scheda la questura, agenti e
carabinieri in servizio allo
stadio per il derby ne hanno
sequestrati a centinaia.
L'operazione di setacciamento e
le perquisizioni disposte
davanti ai cancelli
dell'Olimpico si sono però
rivelate ancora una volta
insufficienti ad arginare la
violenza. Per controllare uno
per uno le migliaia di
spettatori che riempiono i
settori più popolari dello
stadio occorrerebbe adottare le
tecniche usate negli aeroporti.
Ma il ricorso ai metal
detectors, i sofisticati
congegni che rivelano la
presenza di corpi metallici,
viene escluso sia per motivi
economici, dato l'alto costo che
comporterebbe l'installazione a
tutte le entrate del complesso,
sia per le difficoltà di
afflusso che comporterebbe
questa misura di controllo.
Negli episodi di violenza che
sconvolgono i pomeriggi sportivi
della capitale c'è un secondo
imputato, l'Olimpico. Lo stadio
è stato costruito per le
Olimpiadi del 1960 dopo una
lunghissima gestazione. Ma il
progetto risale a dieci anni
prima e risponde alle esigenze
di un complesso sportivo
realizzato soprattutto per gare
di atletica. È uno stadio nato
vecchio e del tutto inadeguato
alla situazione attuale. I
settori sono delimitati da
vetrate in materiale resinoso
facilmente scavalcabili e le
invasioni di massa dalle curve
alla tribuna Monte Mario o alla
Tevere avvengono quasi ogni
domenica. "Dovremmo mettere una
guardia ogni metro - confessa il
capitano Ferrari, da sei anni
responsabile della compagnia dei
carabinieri Trionfale. Prima
delle partite catechizzo gli
uomini del mio reparto
disponendoli nei punti
nevralgici dello stadio. Di più
non possiamo fare". Per
Roma-Lazio i militi della
Trionfale, cui si sono uniti
altri contingenti, hanno
lavorato ininterrottamente
vuotando buste e tascapani,
sequestrando aste di bandiere e
di striscioni che in pratica
erano pertiche e spranghe. Lo
stesso hanno fatto i poliziotti
del secondo distretto. Avrebbero
potuto chiudere i cancelli della
curva Sud dopo lo sparo del
razzo che ha ucciso Paparelli ?
Non sarebbe stato opportuno
impedire lo svolgimento della
partita ? La risposta delle
forze dell'ordine è negativa.
"Rischiavamo di provocare altri
scontri ancora più gravi fuori
dello stadio e di non poterli
controllare. Fra le soluzioni
possibili abbiamo scelto quella
che ci sembrava meno
pericolosa".
30 ottobre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografie:
L'Unità
Viola: "Lo
sport è estraneo al folle gesto
di un esaltato"
ROMA - La
Roma organizzava la partita e
proprio nei settori dove
normalmente siedono i tifosi
giallorossi era sistemata l'arma
micidiale che ha colpito ed
ucciso Vincenzo Paparelli. Tocca
quindi ai romanisti discutere
per primi i fattacci di
domenica. Non certo come
responsabili, perché nessuno può
accusare, ma come interessati a
trattare un avvenimento che ha
commosso tutta l'Italia sportiva
e non sportiva. Il presidente
della Roma, ing. Dino Viola, è
ancora scosso dal gesto e dalle
conseguenze che ne sono
derivate. Dice: "Penso al povero
caduto ed al terribile dolore
che sta sopportando la sua
famiglia". Viola continua: "E'
un avvenimento che disonora
tutti noi sportivi, anche se lo
sport è estraneo al gesto
inconsulto e riprovevole di un
esaltato". Viola ricorda ancora
i fatti che precedettero il
derby, e discute naturalmente
della opportunità della
effettuazione della gara,
nonostante fosse giunta notizia
che un tifoso era stato ucciso.
Il presidente dei giallorossi
ribatte: "Non spettava a noi
prendere una simile decisione.
Né poteva prenderla l'arbitro.
L'iniziativa doveva venire da
parte delle autorità. Ma forse i
responsabili dell'ordine
pubblico hanno fatto bene a non
pretendere la sospensione. Il
provvedimento avrebbe acuito una
tensione già molto grave". Far
sfollare settantamila tifosi in
quel clima poteva in effetti
essere pericoloso. Chiediamo a
Viola cosà dirà ai tifosi della
sua squadra. Viola è esplicito:
"Non posso credere che lo
sparatore sia un tifoso della
Roma. Non lo dico soltanto per
scarico di responsabilità, ma
per reale convinzione. A loro
dirò soltanto che se fossi certo
che l'episodio è stato
determinato da un tifoso della
Roma non solo darei le
dimissioni da presidente, ma mi
rifiuterei di essere ancora uno
di loro". Esecrazione
logicamente anche da parte dei
dirigenti della Lazio. Lenzini
non era presente al derby, ma è
stato informato subito dal
direttore sportivo Franco
Janich. Il presidente laziale
afferma: "Noi della Lazio siamo
coinvolti direttamente perché è
stato ucciso un nostro tifoso.
Ma io sarei egualmente
costernato se fosse successo ad
un simpatizzante della Roma.
Questo non è più sport, ma
teppismo, e noi dobbiamo fare di
tutto per buttare fuori dagli
stadi i teppisti". Ma gli
sportivi si chiedono: gli
avvenimenti di domenica avranno
un seguito federale ?
Probabilmente no, e - se ci
saranno - saranno decisioni di
proporzioni modeste. Il giudice
sportivo non può che deliberare
in base al rapporto
dell'arbitro, ed il dott. D'Elia
non era ancora giunto allo
stadio al momento dei fatti.
Potrebbe ricordare nel suo
scritto le voci raccolte, ma nel
calcio i "relata refero" non
hanno valore. Piuttosto ci sarà
da decidere una sanzione a
carico della Roma per il razzo
illuminante che ha sfiorato
l'arbitro poco prima dell'inizio
della gara, ed anche a carico
della Lazio per l'ostruzionismo
dei tifosi nel non voler
ritornare i palloni. g. acc.
30 ottobre
1979
Fonte: La Stampa
© Fotografia:
Corriere dello Sport
Intervista
con i presidenti dei club
giallorosso e biancazzurro
(37.500 tifosi)
"Non è uno
sportivo, ma un provocatore"
di Mario
Bianchini
ROMA - Un
senso di profondo sbigottimento
si è diffuso fra le tifoserie
organizzate di Roma e Lazio in
seguito al tragico episodio
accaduto domenica allo stadio
Olimpico. Abbiamo ascoltato Aldo
Sbaffo, presidente del centro
coordinamento dei club
giallorossi e Gino Camiglieri,
presidente dei club
biancoazzurri, per tentare di
mettere maggiormente a fuoco la
triste vicenda con persone che
vivono a stretto contatto con i
tifosi. I due hanno concordato
su un aspetto inquietante del
tifo all'Olimpico, affermano con
sicurezza, attraverso dati in
loro possesso, che da tempo, fra
gli appassionati del calcio
capitolino, si è insinuato un
tipo di violenza di colorazione
politica. Le due organizzazioni
contano migliaia di iscritti (la
Roma 130 club con 30 mila
associati, la Lazio 75 club con
7500 associati). Ma come mai
l'autore del delitto, nonostante
la stretta opera di sorveglianza
degli incaricati dei club, ha
potuto agire senza che nessuno
si accorgesse del suo gesto
criminoso ? "Noi controlliamo
gran parte della curva Sud, che
è la più calda - ha dichiarato
Sbaffo - ma non possiamo
arrivare in ogni angolo del
settore. Stiamo tuttavia
collaborando con le autorità e
penso che si sia già ottenuto
qualche
risultato concreto".
Infatti, pare che si sia giunti
all'identificazione del presunto
responsabile, Giovanni Fiorillo,
e dell'amico che lo avrebbe
spalleggiato, (Omissis),
attraverso testimonianze di
associati alla organizzazione
romanista. "Posso assicurare -
ha aggiunto Sbaffo - che i due
non sono iscritti in alcuno dei
nostri club". Sbaffo ha tenuto
anche a chiarire che certe
scritte sugli striscioni, spesso
offensive o macabre, non
appartengono all'associazione di
tifosi giallorossi. "Abbiamo
tuttavia istituito un dialogo -
ha aggiunto - con le frange
estremiste, che invitiamo a
comportarsi in maniera civile.
Li conosciamo. Lo sparatore non
è uno di loro". Non avete
pensato di farvi promotori per
una sospensione della partita ?
"A caldo eravamo propensi a
suggerire di non far disputare
l'incontro, ma ragionando con
più calma pensiamo che sia stato
meglio così. Si sarebbe corso il
pericolo di far entrare in
contatto, prima che gli animi si
stemperassero, le due fazioni,
con tutti i gravissimi rischi
che ne sarebbero scaturiti.
Siamo tutti vicini alla famiglia
dello scomparso". Sull'argomento
degli striscioni provocatori
(domenica uno di questi, che
conteneva una scritta offensiva
contro Rocca, ha fatto esplodere
l'assurda violenza), è
intervenuto pure il presidente
dei club biancoazzurri,
Camiglieri, declinando ogni
responsabilità
dell'organizzazione. "Noi
esponiamo 75 striscioni - ha
detto Camiglieri - di cui
assumiamo piena responsabilità.
Tutti gli altri non hanno niente
in comune con i tifosi
organizzati". Secondo lei quale
potrebbe essere stata la molla
che ha spinto il criminale a
sparare ? "Innanzi tutto dico
che non si tratta di uno
sportivo, ma di un individuo
uscito da casa con uno strumento
da usare per provocare qualcosa
di grave". Camiglieri ha avuto
espressioni durissime nei
confronti delle persone che
avevano l'autorità per non far
disputare la gara. "Hanno
prevalso gli interessi del
Totocalcio, della società, di
fronte ai quali la vita umana
non vale nulla. Davanti al morto
è continuato lo spettacolo come
se nulla fosse accaduto. In
qualsiasi manifestazione di
altre discipline sportive, ci si
sarebbe comportati
diversamente". Sull'esistenza
dei club dei tifosi, è
intervenuto ieri Santarini, il
capitano della Roma, il quale ha
affermato che questi sono utili
per togliere, ad esempio, un
ragazzo dalla strada, per
offrirgli la possibilità di
stare insieme con la gente. "Ma
se in queste organizzazioni - ha
concluso il giocatore - riescono
ad introdursi individui che
mettono in pericolo la vita del
calcio, io penso che sia
opportuno procedere al loro
scioglimento".
30 ottobre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografie:
L'Unità
Indagini
della squadra mobile
L'arma del
crimine un razzo da marina
ROMA - Si
può acquistare per 15 mila lire
il congegno esplosivo con cui
Giovanni Fiorillo avrebbe
lanciato ieri pomeriggio, con la
complicità di altri tifosi del
suo "commando" di "ultras
giallorossi", il micidiale razzo
della lunghezza di venti
centimetri che ha colpito al
volto il meccanico Vincenzo
Paparelli uccidendolo sul colpo.
La vendita, a quanto pare,
avviene, quasi senza particolari
formalità e in assenza di
controlli, in tutti i negozi di
articoli per la pesca e per la
nautica da diporto. Si tratta,
come hanno precisato le indagini
della squadra mobile, non del
meccanismo lancia-razzi
fabbricato da una ditta di
Colleferro e che si trova in
vendita nelle armerie, ma del
"razzo a paracadute" per
segnalazioni nautiche, marca
"Saturno", costruito da una
ditta di Bergamo. Il "razzo a
paracadute Saturno" si compone
di un cilindro metallico di
circa 40 centimetri protetto da
una rivestitura isolante alla
cui estremità inferiore si trova
una manopola contenente una
carica esplosiva che si innesca
strappando un anello simile a
quello delle bombe a mano. La
deflagrazione fa esplodere per
"simpatia" un'altra piccola
carica contenuta nel proiettile,
e cioè il razzo vero e proprio
collocato nel tubo di lancio, a
somiglianza di quanto avviene
nel caricamento dei bazooka. La
gittata di questi lancia razzi è
notevole e sfiora il chilometro
e mezzo: regolando "l'alzo",
come per un vero e proprio
cannoncino, si può indirizzare
il lancio nella direzione e
all'altezza voluta. Da quanto
hanno potuto accertare le
indagini, il Fiorillo e i suoi
complici avrebbero manovrato
proprio il primo lancio
orizzontalmente e lungo l'asse
del campo con l'intenzione di
colpire, sul versante opposto
dello stadio, lo striscione che
i tifosi laziali avevano
innalzato con slogans contro la
squadra romanista. Il "commando"
di Fiorillo sarebbe riuscito ad
introdurre nello stadio quattro
di questi micidiali ordigni,
nonostante i controlli di
sorveglianza della Roma e quelli
di polizia e carabinieri. La
decisione di portare i
lanciarazzi alla partita era
scaturita da un piccolo
"vertice" che il gruppo di
supporters giallorossi
capeggiato dal Fiorillo aveva
tenuto il sabato mattina nei
pressi di piazza Vittorio.
Quando, dopo aver lanciato in
rapida successione i tre razzi,
(uno finito sugli spalti della
curva nord, non contro lo
striscione biancazzurro ma in
mezzo alla gente, e gli altri
due oltre il muro di cinta dello
stadio), Fiorillo e i suoi amici
si sono resi conto, anche se non
pienamente, della tragedia che
si era compiuta, si sono
immediatamente confusi tra la
folla dei tifosi giallorossi,
allontanandosi dal parterre. I
razzi inesplosi e i tubi di
lancio sono stati portati via,
nascosti sotto gli indumenti.
Uno degli ordigni è stato
recuperato dalla polizia su
indicazione di (Omissis),
lo studente che faceva parte del
"commando". Il lanciarazzi,
ancora intatto, non quello usato
per il lancio mortale, era stato
nascosto dietro l'intelaiatura
di metallo e legno che sovrasta
la curva sud e che sorregge il
tabellone delle formazioni e dei
risultati parziali
dell'incontro. Dall'esame
dell'ordigno, la polizia è
risalita al negozio che lo ha
venduto al Fiorillo o a qualcuno
dei suoi amici. Il negoziante è
stato rintracciato e
interrogato: dovrà, infatti,
chiarire con quali garanzie e
con quali precauzioni ha fornito
a dei ragazzi degli ordigni così
pericolosi, in grado di seminare
la morte se usati da mani
inesperte o peggio ancora
criminali.
30 ottobre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografia:
L'Unità
Mentre
proseguono le indagini sui
tragici fatti di domenica
all'Olimpico
"Vertice"
al Viminale si cerca un rimedio
alla violenza negli stadi
ROMA -
Conclusa la prima fase delle
indagini riguardanti l'omicidio
dell'Olimpico che ha portato
all'incriminazione dei presunti
responsabili, il sostituto
procuratore della Repubblica
dottor PaoIoni, il quale prima
di emettere i tre ordini di
cattura aveva ricevuto un
secondo e più dettagliato
rapporto d'indagine dalla
Squadra Mobile, si sta occupando
degli aspetti collaterali della
tragica vicenda. Il magistrato
deve stabilire tra l'altro se si
debba procedere d'ufficio contro
i componenti di gruppi di tifosi
violenti, i quali nel pomeriggio
di domenica scorsa allo Stadio
Olimpico avevano innalzato
cartelli e striscioni con i
quali si provocava e si incitava
alla violenza. Il magistrato,
inoltre, svolgerà accertamenti
per stabilire se da parte dei
servizi d'ordine e di vigilanza
agli ingressi dello stadio sia
stata commessa qualche omissione
che abbia facilitato il
passaggio di strumenti o ordigni
atti a offendere. Il procuratore
capo della Repubblica di Roma,
prima che il sostituto
procuratore dottor Paoloni
firmasse i tre ordini di cattura
nei confronti di Fiorillo,
(Omissis) e (Omissis) per omicidio
volontario in concorso tra loro,
aveva affermato a proposito del
reato da contestare ai tre
ragazzi "tutte le ipotesi di
reato sono possibili, ma quella
che per il momento viene tenuta
presente è quella di omicidio
volontario, considerando che il
presunto responsabile
dell'omicidio era al corrente
del potere lesivo dell'ordigno e
considerando che volontariamente
tale ordigno è stato adoperato.
C'è stata la coscienza - ha
concluso De Matteo - di
adoperare un meccanismo
micidiale". Oggi intanto, si
svolgerà al ministero degli
Interni, convocato dal ministro
Rognoni, un vertice per
esaminare la situazione e
l'entità del fenomeno violenza
negli stadi e studiare eventuali
misure da adottare. Vi
parteciperanno i presidenti del
Coni e delle Federazioni
sportive, rappresentanti dei
ministeri interessati, il
comandante dei carabinieri e il
capo della polizia. Ieri,
infine, è stata eseguita
l'autopsia di Vincenzo
Paparelli. Nella cavità
cerebrale della vittima è stata
trovata dal perito settore della
carica espulsa dal razzo sparato
da Giovanni Fiorillo, nonché
lembi di un paracadute delle
dimensioni di centimetri 25x25.
È stato altresì recuperato
materiale bruciacchiato e sono
stati trovati residui di
plastica. Tutti questi elementi
- hanno osservato gli
investigatori della Squadra
mobile - confermano che
l'ordigno che ha colpito
Paparelli era un razzo a
paracadute per segnalazioni
nautiche simile a quelli
sequestrati all'armiere Romolo
Piccionetti, arrestato l'altra
sera e accusato soltanto della
vendita abusiva dei razzi.
PESCARA - La Questura di
Pescara, impegnata da domenica
sera nelle indagini sul delitto
Paparelli, continua a cercare il
diciottenne Giovanni Fiorillo,
che secondo voci si sarebbe
diretto nella città abruzzese
per visitare una ragazza. Alla
polizia non è stata fornita,
tuttavia, alcuna Indicazione
circa l'identità della ragazza,
che in passato sarebbe stata
fidanzata del ricercato. Le
indagini si sono orientate in
due direzioni: gli ambienti
extraparlamentari di sinistra e
l'ambiente dei romanisti, che
sono un centinaio in città. Si è
appreso che una comitiva di
accesi tifosi della Roma si è
recata all'Olimpico domenica,
per assistere a Roma-Lazio, e
che alcuni portavano degli
striscioni con scritte. I tifosi
sono stati visti alla stazione
ferroviaria di Pescara. Le
ricerche, comunque, non hanno
dato finora alcun esito
positivo.
31 ottobre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografia: L'Unità
Appello di
Lovati ai tifosi delle due
squadre
"Onorate
insieme Paparelli"
ROMA - Lo
Stadio Olimpico riapre i
cancelli, dopo l'assurda
tragedia di domenica che è
costata la vita al meccanico
Vincenzo Paparelli, in un clima
di tristezza. La vendita dei
biglietti procede a rilento, ben
lontana dalle precedenti
edizioni di Lazio-Juventus.
Mancano le centinaia di
richieste di tifosi bianconeri
che in altre circostanze si
accumulavano sui tavoli
dell'ufficio organizzazione.
Anche il tempo, grigio e freddo,
sembra essersi allineato alla
circostanza. Tuttavia si spera
che con le prime battute della
partita ritorni, almeno in
parte, il clima festoso delle
domeniche del campionato.
L'allenatore Lovati ha lanciato
un appello, rivolto in
particolare ai sostenitori della
Juventus, invitandoli senza
alcun timore a venire numerosi
allo stadio: "Sarà un grosso
piacere vederli accanto ai
nostri tifosi - ha commentato il
tecnico - sarà un passo
importante verso il ritorno ad
una convivenza civile negli
stadi". Ci si aspetta una
giornata calmissima. Tuttavia la
Questura ha ritenuto opportuno
predisporre una serie di misure
di sicurezza. Il contingente
delle forze dell'ordine sarà
notevolmente rafforzato. Gli
autobus dell'Alar saranno
scortati dalle Volanti. Ieri
pomeriggio la Lazio ha ricevuto
un telegramma della Lega con cui
viene invitata la società (come
tutte le altre d'Italia) ad
impedire l'accesso di striscioni
di qualsiasi natura. I cancelli,
rigorosamente controllati,
verranno aperti alle 11.30, ma
prima, verso le 9, verrà
effettuato un accurato
sopralluogo all'interno e
all'esterno dello stadio. Con le
forze dell'ordine collaboreranno
circa 400 iscritti ai clubs
laziali che ieri hanno tenuto
una assemblea alla presenza di
Lenzini. Sono stati invitati i
tifosi laziali e juventini a
riunirsi numerosi negli spalti
per onorare nel modo migliore la
memoria dello scomparso. "La
prima reazione sarà
profondamente emotiva - ha
dichiarato il general manager
Franco Janich - come quando, ad
esemplo, ci si trova di fronte
ad un grave incidente
automobilistico. Per I primi
venti chilometri tutti procedono
con prudenza. Sta a noi trovare
il modo di ripristinare un clima
di serenità". Come in tutti gli
stadi, anche all'Olimpico verrà
osservato un minuto di
raccoglimento che nello stesso
luogo della tragedia avrà un
sapore tutto particolare di
riflessione. m.b.
4 novembre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografie:
Sslaziofans.it - Laziowiki.org
Una
giornata allo stadio dove è
morto Vincenzo Paparelli
Olimpico,
fiori e un posto vuoto
di Giorgio
Viglino
Nella curva
Nord, il punto della tragedia è
stato lasciato libero e
delimitato da bandiere laziali -
La cronaca di una domenica
diversa sugli spalti e fuori
dell'impianto romano.
ROMA - Da
una settimana si parlava di pace
e serenità negli stadi, e Roma
per solennizzare l'avvenimento
non ha trovato di meglio che
assistere a un pestaggio in
piena regola di un arbitro
siciliano nel sabato calcistico
che l'Almas concede a settimane
alterne con i suoi incontri
della serie C2, campionato
nazionale quindi con giocatori
semiprofessionisti. Il campo di
Sant'Anna, nella zona operaia di
San Giovanni, non è certo
l'Olimpico dei razzi, ma quei
coltelli che i tifosi della
Casertana brandivano
minacciosamente non facevano
minor danno. Brutto avvio,
brutta vigilia se volete, per
Lazio-Juventus che riportava
sulle gradinate i tifosi romani
colpiti direttamente dalla
tragedia scoppiata il giorno del
derby, quei laziali che sono
mediamente più contenuti dei
romanisti, ma che pure hanno
frange estremiste ben
consistenti e di chiara matrice
politica. Nella generale
convinzione che nulla sarebbe
successo, l'episodio dell'Almas
aveva fatto breccia e c'era
tensione fra gli addetti ai
lavori che dalla prima mattinata
presidiavano lo stadio. La Lazio
aveva mobilitato un numero quasi
doppio rispetto al consueto di
controllori e li aveva convocati
fin dalle prime ore del mattino
quando una tramontana a folate
rendeva assai meno tiepido il
bel sole autunnale. Le forze
dell'ordine arrivavano invece in
tempo limite per allestire
cordoni di perquisizione a
campione all'interno dei
cancelli, dopo una corsa ad
inseguimento tra il convoglio
grigio azzurro della polizia
(primo al traguardo) e quello
blu scuro dei carabinieri. I
cancelli si aprivano con ritardo
ma non c'era folla, soltanto
gruppetti di ragazzi provenienti
dalle zone più lontane della
città e preoccupati di
assicurarsi un posto buono.
Pescavo nel gruppo un paio di
giovanissimi, Guglielmo Marrese
e Ruggero Crinelli, studenti
sedicenni arrivati da Cinecittà.
Rendo in sintesi i loro
pensieri: "Quello che è morto
poverino ? È un peccato, ma
c'era bisogno d'arrivare al
morto per capire che lo stadio è
una polveriera ?
|
Oggi si
sono passati la parola, staranno
buoni, ma quanto può durare ?
Per questo noi siamo venuti,
siamo certi che non si corrono
guai. Attorno allo stadio hanno
lanciato nei giorni scorsi la
campagna pulizia, una mano di
bianco sulle scritte e graffiti
di tante domeniche calcistiche,
che s'erano unite a quelle
fasciste di un tempo "Mussolini
bandisce la battaglia del grano"
e simili. Soltanto che
nell'approssimazione di questi
giorni passati all'insegna del
volemose bene, anche l'opera
pittorica è stata lasciata a
discrezione dell'autore che
quindi a seconda del proprio
personale senso della misura ha
sbaffato di bianco non solo i
marmi ma pure il muro rosso dei
palazzi del Coni, oppure ha
lasciato intatte frasi del tipo
"Abbasso Cordova" (tanto gioca
ad Avellino), "Toro Merda" (ma
c'è la Juventus). Ed a proposito
di legami politici con
l'estremismo sportivo, eccoci
all'interno dello stadio, al
centro della curva nord dove
scritte successive, risposte da
una domenica all'altra, sono
rimaste e testimoniano di
reciproche conoscenze. La prima
battuta è romanista "Vi abbiamo
rotto tutte le bandiere -
brigate giallorosse". Quindi la
replica laziale: "Se siete
veramente fascisti ridateci
almeno lo striscione
Guerriglieri". Poco più in là
sventola una bandierina della
Lazio, un'altra è appoggiata sul
sedile insieme a qualche mazzo
di fiori. È il punto esatto dove
s'è accasciato al suolo Vincenzo
Paparelli. È mezzogiorno, il
vento s'è calmato, e vicino a
quelle due bandiere, a quella
sorta di altarino, vengono a
sedersi una cinquantina di
ragazzetti organizzati da un
club (indipendente sottolinea
l'accompagnatore) di Nettuno. Il
biglietto l'ha offerto la Lazio,
il viaggio in pullman i
dirigenti del club. Hanno tutti
l'aria un po' smarrita; uno
biondino sui dodici anni dice a
voce bassa: "Io mi sento i
brividi. Di morire così proprio
non ne ho voglia". Torno
all'esterno. Di fronte al numero
civico 35 del viale dei
Discoboli i carabinieri
continuano a pescare nel mucchio
i "sospetti" da palpare alla
meglio. Dice un inserviente
della Lazio che vuol solo essere
definito Mario: "Quest'oggi
hanno deciso di star calmi.
Altrimenti entrano senza niente,
poi si fanno passar tutto
l'armamentario attraverso i
buchi delle reti". La gente
arriva alla spicciolata, attorno
allo stadio dei marmi i patiti
del jogging continuano a
corricchiare, contro i muri
dell'Auditorium Rai qualche
ragazzo tenta un'imitazione del
tennis. Sono le 14. Gli sportivi
seduti stanno quasi tutti al
loro posto. Nella curva nord c'è
una fettina libera, una striscia
delimitata da bandiere
bianco-azzurre che scende dal
posto del povero Paparelli fino
alla balaustra. Fiori dal campo
verso l'alto. Il minuto di
raccoglimento. Il grido un po'
stanco a parti invertite "Lazio"
per i tifosi bianconeri, "Juve"
per quelli laziali. Tanta
retorica, pochi propositi
veramente buoni pur nel generale
comportamento "esemplare", ma
uno slancio vero, quando
qualcuno quasi per caso ha
scandito "Vincenzo, Vincenzo"
subito seguito in coro da tutti.
Dopo, incitamenti asettici dagli
spalti e comportamento da
educande in campo. Ma, come
dicevano Guglielmo e Ruggero,
fin quando dura ?
5 novembre
1979
Fonte:
Stampa Sera
© Fotografie:
Sslaziomuseum.com - L'Unità
Formula a
squadre miste, per evitare
incidenti
Sarà un
derby mascherato il Roma-Lazio
pro Paparelli
ROMA - Roma
e Lazio sono decise ad onorare
la memoria di Vincenzo
Paparelli, vittima della
tragedia avvenuta all'Olimpico,
con un atto concreto verso la
famiglia dello scomparso. Il
ventilato derby amichevole fra
le due squadre, proposto dal
presidente della Roma ing.
Viola, si disputerà domenica 18
novembre in occasione della
sosta del campionato. L'incasso
sarà interamente devoluto alla
moglie e ai figli di Paparelli.
Raggiunto l'accordo definitivo
fra i presidenti dei due clubs
Viola e Lenzini, i segretari
Moggi e Janich stanno mettendo a
punto i dettagli organizzativi
della partita. Innanzitutto è
stato stabilito il principio che
le squadre scenderanno in campo
in formazioni miste. Oltre ad
accrescere l'interesse del
pubblico per la singolare
novità, esiste anche un problema
di prudenza. Insomma si vuole
evitare, a pochi giorni dal
luttuoso episodio che i tifosi
si ritrovino sugli spalti divisi
in due fazioni. Al momento
sembra prevalere l'idea di una
formula suggestiva, che dovrebbe
richiamare l'interesse del
grosso pubblico, invitando fra
l'altro, a fornire un segno
tangibile della sua solidarietà
verso la famiglia dell'operaio
ucciso. Una squadra dovrebbe
essere composta da giocatori di
Roma e Lazio nati nella capitale
oppure in provincia, che
assumerà la denominazione di
"Romalazio" e sarà guidata in
panchina da Lovati. L'altra,
comprendente gli atleti
provenienti dalle varie regioni
del Paese, si chiamerà "Resto
d'Italia" e sarà diretta da
Liedholm. Si cominciano già ad
abbozzare le formazioni che fra
gli esempi più interessanti
vedranno lo scambio di ruoli fra
i due centravanti Pruzzo e
Giordano. Nell'insieme le due
squadre risultano bene
equilibrate. Potrebbe anche
scapparci un discreto spettacolo
sul piano tecnico. in. b.
8 novembre
1979
Fonte: La
Stampa
© Fotografia: Il
Guerin Sportivo
Di fronte
due "miste" Roma-Lazio con
l'incasso che andrà alla vedova
di Vincenzo Paparelli
All'Olimpico si gioca per
ricordare il tifoso ucciso
di Mario
Bianchini
ROMA -
Dirigenti, giocatori, tifosi di
Roma e Lazio, si ritrovano allo
stadio Olimpico dove la tragedia
accaduta il 28 ottobre prima del
derby, sembra ancora
riecheggiare con il suo carico
di dolore e di assurdità. Molti
ricordano, con una stretta al
cuore, la luce sinistra di quel
razzo omicida che sibilando andò
a conficcarsi nel capo di
Vincenzo Paparelli uccidendolo.
Il calcio capitolino vuole
cancellare, almeno in parte, la
macchia di vergogna, che
tuttavia non intacca la
coscienza dei veri sportivi, con
una partecipazione di
solidarietà che non abbia solo
un significato teorico, ma
soprattutto consenta di
realizzare un concreto aiuto
economico alla famiglia di
Vincenzo Paparelli. Si gioca
quindi un altro derby, inedito,
singolare per certi aspetti sul
piano tecnico. Non è questo che
conta. Si è cercato di trovare
la formula più suggestiva per
offrire uno spettacolo
interessante, che frutti nello
stesso tempo un cospicuo incasso
da devolvere alla vedova e ai
figli della vittima. Le buone
intenzioni ci sono tutte.
"Acquistate il biglietto,
regalatelo se non volete venire
allo stadio". È questo lo slogan
del derby che verrà disputato
con squadre miste: "Romani"
contro "Forestieri". Intorno
all'avvenimento sono sorte
numerose iniziative sulla spinta
emotiva delle cause che l'hanno
generato. Gli stessi giocatori
pagheranno il biglietto di
ingresso. Il Coni ha concesso
gratuitamente l'uso del campo;
la lega non pretenderà alcuna
percentuale. I tre milioni delle
tv private per la ripresa
dell'incontro, saranno versati
alla famiglia Paparelli. Tutto
il personale in servizio allo
stadio, compresi medici,
infermieri, autisti di
ambulanze, presteranno la loro
opera gratis. È confermato che
prima della gara i giocatori
delle due squadre, guidati da
Liedholm e Lovati, consumeranno
insieme la colazione. Migliaia
di fiori, distribuiti fra gli
spettatori, completeranno la
giornata della riconciliazione
fra le opposte tifoserie. Il
presidente della Roma Viola, ha
commentato con poche parole,
proprio per sgombrare il campo
da una retorica che stonerebbe,
il significato di questo derby:
"E’ un gesto umanitario, ma deve
fornire anche l'esatta
interpretazione del senso dello
sport". Sul piano tecnico non
mancano le curiosità che
dovrebbero alimentare
l'interesse del pubblico. I
"romani", guidati da Lovati,
presentano un attacco che vede
Giordano accanto a suggeritori
come D'Amico, Di Bartolomei e
Bruno Conti. Gli "stranieri" di
Liedholm replicano con
Garlaschelli, Viola e Pruzzo.
Pure le retrovie sembrano ben
assortite. Potrebbe scapparci
anche una bella partita
considerando che i giocatori non
saranno condizionati dalla
battaglia domenicale dei due
punti da conquistare. Ad evitare
ogni riferimento ai tradizionali
colori sociali, le due squadre
vestiranno maglie bianche e
verdi. I capitani saranno Rocca
per "Roma-Lazio" e Viola per il
"resto d'Italia". Per
l'occasione è stato invitato un
arbitro di prestigio: Gianfranco
Menegali, anche lui di Roma. A
chi ha pronosticato un
"risultato già combinato" ha
risposto categoricamente Lovati:
"Ve ne accorgerete sul campo".
Il trainer conta anche sul tifo
che probabilmente sarà tutto,
per la "sua" squadra "romana de
Roma".
18 novembre
1979
Fonte: La Stampa
© Fotografie:
It.wikipedia.org - Il Messaggero
- Sport.sky.it - L'Unità
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