I razzi, di tipo
Saturno, acquistati dagli ultras
con una colletta
Fiorillo, cattura
imminente
di Mario Bianchini
ROMA - Lo sgomento di
una intera città per la tragedia
dell'Olimpico, è stato in parte
attenuato dall'individuazione
del presunto assassino, Giovanni
Fiorillo, e dall'arresto di uno
dei complici, (Omissis).
Nella gente, anche quella che
non partecipa attivamente alla
vita sportiva, non ci sono
sentimenti di vendetta o di
rancore. Ma solo un senso di
sollievo in una società
angustiata da violenze di ogni
genere che spesso, nonostante il
prodigarsi delle autorità di
polizia, rimangono impunite.
All'annuncio che era stata fatta
piena luce sul delitto, la
signora Vanda Del Pinto,
consorte del giovane ucciso,
Vincenzo Paparelli, è scoppiata
in lacrime. Ripeteva tra i
singhiozzi: "Mi ha distrutto la
vita. Non è possibile che si
arrivi a tanta malvagità. Io
capisco quella povera madre. Le
nostre pene si uniscono, sono
uguali. Io e Vincenzo eravamo
felici, non facevamo del male a
nessuno. Siamo andati insieme
allo stadio per trascorrere un
pomeriggio diverso. Non deve
succedere più una tragedia così
grande". Il fratello del povero
Vincenzo ha saputo solo dire con
voce rauca di pianto: "Non mi
importa più niente. Non metterò
più piede in uno stadio di
calcio, un luogo che solo in
teoria assicura poche ore di
svago". Intanto il capo della
squadra mobile dottor Ciccone,
oltre ad aver scoperto con i
suoi uomini il presunto
sparatore e il suo amico, sta
proseguendo le indagini che
tendono a far luce sulla
posizione di altri teppisti. "È
stato un lavoro lungo e metodico
- ha dichiarato il funzionario -
attraverso la testimonianza di
molte persone siamo riusciti a
ricomporre il mosaico che in un
primo tempo sembrava
impossibile". Intanto le
questure di tutta Italia stanno
cercando Giovanni Fiorillo. La
sua cattura dovrebbe essere
imminente. A meno che non trovi compiacevoli ripari presso
l’organizzazione che si fregia
allo stadio di un sinistro
cartello con la scritta "Ultrà
Roma" accanto a un teschio e la
folgore. Forse, come hanno
affermato escludendo ogni ombra
di dubbio i capi dei tifosi
organizzati, l’estremismo
politico si è insinuato fra gli
sportivi. È un inquietante
quesito che dovrebbe indurre le
autorità a rivedere
completamente i programmi di
ordine pubblico concertati per
fronteggiare folle di
appassionati, che magari si
sfogano fra loro con qualche
ceffone, mai arrivato però al
delitto feroce, come avvenuto
domenica scorsa. La
ricostruzione dell'assurdo
episodio è ormai abbastanza
circostanziata. Subito dopo la
vicenda drammatica di domenica
pomeriggio il capo della Mobile
Ciccone, in collaborazione con
il dirigente del secondo
distretto di polizia e con altri
funzionari, ha dato via alle
indagini coordinate dal
magistrato inquirente dott.
Paoloni. Circa 200 tifosi della
curva sud sono stati
rintracciati a tempo di record
(altri erano stati fermati nel
corso degli incidenti). Tre
fermati erano sottoposti alla
prova del guanto di paraffina.
Con il trascorrere delle ore le
ricerche sono state accentrate
su alcuni giovani facenti parte
del "commando ultrà
giallorosso", che solitamente
durante le partite della Roma si
attesta alla balconata della
curva sud. Sono ragazzi che per
lo più abitano tra piazza
Vittorio e colle Oppio, con
tanto di tessera (come l'aveva
(Omissis) del "Commando ultrà
curva sud". Due di questi, come
si è detto, sono stati subito
identificati: Giovanni Fiorillo,
di cui non si è trovata traccia
ed (Omissis), che è stato fermato.
Lo stesso (Omissis), dopo un
primo tentativo di respingere le
accuse, ha raccontato tutto e
anzi ha collaborato con gli
investigatori. Così si è appreso
che il gruppo di giovani tifosi
si era riunito sabato mattina
per organizzare i
"festeggiamenti" da fare
all'indomani allo stadio. Con
una colletta è stata raccolta
una certa somma necessaria per
l'acquisto di quattro razzi tipo
"Saturno" che costano 15 mila
lire ciascuno. Il ragazzo ha
ricostruito le sequenze
drammatiche del pomeriggio di
sangue. Dopo le ingiurie a Rocca
gridate dagli spalti laziali e
lo striscione con la scritta
contro il giocatore, è stato
deciso di sparare i razzi. Il
primo è partito con traiettoria
orizzontale: quello che ha poi
raggiunto al viso Vincenzo
Paparelli. Gli altri due sono
stati esplosi a parabola per cui
sono finiti fuori dell'Olimpico,
un quarto ordigno, dopo gli
incidenti, è stato buttato nella
intercapedine esterna della
curva sud dove ieri è stato
trovato dalla polizia nel corso
di una ricerca effettuata alla
presenza dello stesso (Omissis).
Il venditore degli ordigni è
stato rintracciato dalla
polizia: è Romolo Piccionetti,
di 52 anni, con negozio di armi
e articoli per la pesca, in
piazza dell'Emporio. Qui la
polizia ha trovato altri sei
razzi uguali e quelli acquistati
dai ragazzi. L'uomo è stato
arrestato per irregolarità nella
licenza. L'accusa precisa è di
"detenzione di articoli
esplodenti", il che significa o
che il Piccionetti non aveva
proprio la licenza per vendere
quei razzi o che ne teneva in
numero superiore a quello
previsto dalla licenza stessa.
In serata l'uomo è stato
tradotto a Regina Coeli. Mentre
le autorità sportive si
preparano ad un convegno
annunciato dal presidente della
Federcalcio Franchi di tutte le
forze interessate a
salvaguardare la vita del calcio
e il ministro dell'Interno
Rognoni promuove una analoga
iniziativa, le tifoserie di Roma
e Lazio si accingono alla grande
rappacificazione nel clima
giusto, fra veri sportivi.
Domenica 18 novembre, in
occasione della sosta del
campionato, verrà disputato
all'Olimpico un derby fra le due
squadre. L'incasso sarà devoluto
alla famiglia Paparelli. L'idea
è partita dal presidente della
Roma, Viola. Il sindaco di Roma,
Petroselli, l'ha proposta
ufficialmente ieri sera ai
massimi esponenti di Roma e
Lazio che hanno accettato. È
stato già deciso che per
l'occasione (e forse per sempre)
verranno eliminati tutti gli
striscioni di sapore
provocatorio.
30 ottobre 1979
Fonte: Stampa Sera
© Fotografia: L'Unità
L'inchiesta per i
tragici fatti di Roma
Una perizia balistica
ROMA - La magistratura
romana che prosegue
nell'inchiesta sull'uccisione di
Vincenzo Paparelli, avvenuta
domenica scorsa allo stadio
Olimpico, ha affidato una
perizia balistica ed una medico
legale rispettivamente al dott.
Antonio Ugolini ed al prof.
Marcello Meriggi. Il sostituto
procuratore Giacomo Paoloni
chiede loro di compiere una
indagine tecnica tutt'altro che
facile: ricostruire con
precisione la traiettoria del
razzo da segnalazione nautica,
tenendo presenti le reciproche
posizioni dello sparatore, che
si trovava nella "curva sud"
occupata dai tifosi romanisti e
della vittima, che se ne stava
con la moglie nella "curva nord"
tra i sostenitori laziali. I
periti dovranno inoltre
stabilire con esattezza quali
erano le condizioni atmosferiche
al momento della tragedia oltre
a fornire in dettaglio tutte le
caratteristiche del razzo.
Dovranno spiegarne la natura e
la potenzialità, ma soprattutto
la distanza raggiungibile con
una particolare inclinazione di
tiro e la forza viva residua che
può sprigionare al culmine della
sua traiettoria. I tecnici
designati hanno chiesto ed
ottenuto 60 giorni di tempo per
presentare al giudice le loro
relazioni conclusive. Senza
esito, ancora, le ricerche di
Gianni Fiorillo e di (Omissis), i due "ultrà" della
"curva sud".
5 novembre 1979
Fonte: Stampa Sera
© Fotografia: Sport.sky.it
Si fa vivo il ragazzo
dell’Olimpico
"Non ho sparato io il
razzo omicida"
ROMA - Giovanni
Fiorilli, il diciottenne tifoso
della Roma, ricercato dalla
polizia per l'uccisione di
Vincenzo Paparelli, due
domeniche or sono all'Olimpico,
si è fatto vivo con una lettera
pubblicata da "Il Tempo" e
indirizzata ai genitori.
Il ragazzo del "derby"
ammette d'aver assistito alla
partita in curva Sud, ma nega di
aver lanciato il razzo omicida:
"Sto vivendo un'esperienza che
non auguro nemmeno a un
laziale", dice. "Sono fuggito
perché troppi restano in galera
prima di essere dichiarati
innocenti". E' una lettera
chiusa in una busta affrancata e
che reca solo il timbro di
"Roma-Ferrovia". La polizia sta
indagando per accertare la
provenienza. Il padre del
Fiorilli ritiene autentico il
messaggio. "Sì, la lettera è
stata scritta da lui ma sotto
dettatura. Questa roba non è
farina sua. Giovanni non
scriverebbe mai così come si
legge qui: "Mi sono deciso ha
scrivere questa lettera, più per
un senso di responsabilità teso
a cercare di stabilire la
verità, che per un tentativo di
discolpa, di cui la mia
coscienza non ha bisogno, in
quanto totalmente estraneo
all'episodio addebitatomi". Suo
è il pensiero, certo, suo è
quell’ "ha" ma quelle frasi,
quei termini assolutamente no.
Sono di qualcuno che lo ha
aiutato a scrivere".
7 novembre 1979
Fonte: Stampa Sera
(Testo © Fotografia)
Sei mesi al negoziante
che vendeva i razzi cerne quelli
dell’Olimpico
Il diciottenne ricercato
per il tragico episodio ha
scritto a un giornale: "Sono
tifoso romanista ma non sono
stato io. Quello che soffro
adesso non lo auguro neppure a
un laziale".
ROMA - Il tribunale di
Roma ha condannato a sei mesi di
reclusione (Omissis),
proprietario di un negozio di
caccia e pesca in cui furono
sequestrati, durante le indagini
sul delitto dell'"Olimpico", sei
razzi per segnalazioni nautiche
simili a quello che il 28
ottobre, prima del derby
Roma-Lazio, uccise Vincenzo
Paparelli il quale si trovava
sulle gradinate della curva Nord
dello stadio. (Omissis),
rinviato a giudizio per
direttissima, sotto l'accusa di
vendita illegale di armi comuni
da sparo, ha ottenuto la
sospensione condizionale della
pena ed è stato scarcerato dopo
dieci giorni di detenzione. Ai
giudici ha detto di non aver mai
sospettato che fosse necessaria
una specifica autorizzazione per
la vendita dei razzi, custoditi
per oltre un anno nel suo
negozio. "Non sapevo che fossero
illegali: - ha aggiunto
(Omissis) - per chiunque
possieda una barca da pesca,
anche di piccole dimensioni,
sono obbligatori. Li ho
consegnati spontaneamente agli
agenti. Spesso li ho regalati a
molti dei miei clienti". Il
pubblico ministero, Roberto
Vecchioni, al termine della sua
breve requisitoria, aveva
chiesto la condanna
dell'imputato a dieci mesi di
reclusione. Gli avvocati della
difesa, Giffoni e Aricò, hanno
sollecitato l'assoluzione del
commerciante perché il fatto non
è previsto dalla legge come
reato, mettendo inoltre in
risalto la buona fede e la
indubbia ambiguità delle
disposizioni legislative sul
commercio di strumenti per
segnalazioni nautiche. Il
tribunale, dopo una lunga
permanenza in camera di
consiglio, ha accolto
parzialmente le tesi della
difesa. Ha derubricato
l'originaria imputazione e ha
ritenuto il commerciante
responsabile di vendita abusiva
di materiale esplodente, un
reato contravvenzionale per il
quale ha inflitto a (Omissis)
sei mesi di arresto. Il
negoziante ha sempre negato di
aver venduto quei tipi di razzi
nei giorni che precedettero la
partita di calcio. Si registra
nel frattempo, un fatto nuovo
nella tragica vicenda che
precedette il derby capitolino.
Il presunto lanciatore del razzo
mortale, Giovanni Fiorillo, 18
anni, si è fatto vivo inviando
una lettera al quotidiano romano
II Tempo. Si tratta di un
foglietto scritto in carattere
stampatello, chiuso in una busta
affrancata che reca il timbro
postale di Roma-Ferrovia. La
lettera è piena di correzioni e
di grossolani errori di
ortografia che contrastano in
maniera sconcertante con il suo
contenuto, in cui si tirano in
ballo gli ideali traditi dei
giovani e spunti filosofici sul
futuro incerto delle nuove
generazioni. Ma Fiorillo,
soprattutto, respinge le accuse
che gli vengono mosse: "Sono
innocente - afferma fra l'altro
il ragazzo - sono un acceso
romanista perché nella passione
per lo sport trovo l'unico
ideale che è possibile trovare
in questa Italia che nulla offre
ai giovani. Sono fuggito perché
troppi sono rimasti in galera
per mesi prima che fossero
dichiarati innocenti. Non sono
un assassino anche se la stampa
sì è scatenata contro di me. Ero
in curva Sud dove tanti razzi,
fumogeni, petardi furono
lanciati quel giorno. Ma io non
so neppure da che parte si
lancino. Sono solo, braccato
come un criminale, la vita mi
sta mostrando un suo nuovo
volto. Evitare di mostrarsi in
pubblico, non parlare con
nessuno, dormire dove capita,
mangiare quello che si trova, è
una esperienza che non auguro
neppure ad un laziale". Questa
frase, che rivela un assurdo
sistema di valori, sembra
indicare che i concetti sono di
Fiorillo, espressi però sotto
dettatura di qualcuno. Anche i
genitori del ragazzo non hanno
il minimo dubbio. Fanno capire
che probabilmente il loro figlio
sa chi ha sparato ma "piuttosto
che parlare - aggiunge la madre
signora Candida - è capace di
farsi vent’anni". L'ipotesi
dell'omertà sembra assai
fragile. La polizia e il
magistrato sono certi di aver
accumulato le prove sufficienti.
È stato spiccato il mandato di
cattura con la pesante accusa di
omicidio volontario per
Fiorillo, i due presunti
complici (Omissis) ed (Omissis). quest'ultimo in
stato di detenzione. Sulla
vicenda pesa una serie di
inquietanti interrogativi. Chi
protegge il ragazzo, lo nasconde
e gli suggerisce di scrivere una
lettera "culturale", costellata
di errori che sembrano costruiti
ad arte per apparire credibili ?
8 novembre 1979
Fonte: La Stampa
Richiamava la tragedia
avvenuta nel derby Roma-Lazio
Striscione "scagiona" il
giovane accusato della morte di
Paparelli
di Mario Bianchini
ROMA - Dal giorno della
tragedia dell'Olimpico, che
costò la vita a Vincenzo
Paparelli prima del derby
Roma-Lazio, è tornata ieri a
riaffacciarsi per la prima volta
fra la folla dello stadio
romano, l'ombra inquietante di
quell'episodio. È accaduto prima
del confronto con il Napoli,
quando sullo stesso settore
della curva Sud da dove fu
lanciato il razzo mortale, è
apparso un enorme striscione: a
lettere cubitali di color rosso
c'era scritto: "Enrico è
innocente". "La frase si
riferiva al giovane (Omissis) tuttora in carcere
perché sospettato di aver
partecipato all'azione
criminosa. Il presunto
lanciatore del proiettile
Giovanni Fiorillo e l'altro
presunto complice (Omissis), sono ancora latitanti.
Il capo del secondo distretto di
polizia, dott. Marinelli, ha
spiegato più tardi i motivi che
hanno indotto le forze
dell'ordine a non intervenire
per rimuovere lo striscione:
"Intorno a quella scritta poco
opportuna, ma che tuttavia non
presentava estremi di reato - ha
dichiarato il funzionario di
polizia - c'era un gruppo
consistente di alcune centinaia
di giovani. L'intera curva era
molto affollata. Una nostra
iniziativa, con impiego
massiccio di uomini, avrebbe
rischiato di creare gravi
incidenti. Abbiamo preferito
scegliere un'altra via, cioè
avviare una indagine per
l'identificazione degli autori
del gesto. Riferirò tutto al
magistrato". L'occasione ha
fornito lo spunto per chiedere
al dott. Marinelli notizie sulle
ricerche dei latitanti. La gente
spesso si chiede dove si
nascondono Fiorillo e (Omissis),
probabilmente protetti dal
cerchio dell'omertà e di amici
compiacenti. Nel clima emotivo
che si creò subito dopo la
tragedia, era convinzione
generale che i due giovani
sarebbero caduti assai presto
nella rete della polizia. Invece
non se ne è saputo più nulla:
"Si sono volatizzati - è stata
la risposta del dirigente del
secondo distretto - noi
continuiamo a cercarli". In
occasione del derby Roma-Napoli,
sono stati notevolmente
rafforzati i servizi d'ordine e
di prevenzione. Tre napoletani
sono stati arrestati perché
trovati in possesso di biglietti
da diecimila lire falsificati.
Sono stati sequestrati un
coltello e un certo quantitativo
di fuochi d'artificio. In curva
Nord dove era assiepato un
gruppo di tifosi partenopei con
bandiere e striscioni, verso la
fine della gara è stato inviato
un contingente di carabinieri
per evitare che le due parti
venissero a contatto. Si è
notato un grosso sbandamento. Si
temeva che fossero accaduti
incidenti. Invece lo stesso
dott. Marinelli ha tenuto a
sottolineare la maturità del
pubblico che si era allontanato
in perfetta calma, collaborando
e rendendo più agevole il
compito delle forze dell'ordine.
4 febbraio 1980
Fonte: Stampa Sera
© Fotografia: Almanaccogiallorosso.it
Da quel giorno la mia
vita è stata un inferno
di Gian Paolo Rossetti
(Lugano, Svizzera,
Novembre 1980) - L'appuntamento
con il latitante è per le cinque
del pomeriggio, in piazza del
municipio. Quando arrivo,
accompagnato dal collega Mario
Biasciucci dell'Occhio, lui è
già lì. "Come stai ?", gli
chiedo. "Male, grazie",
risponde. Però non ha l'aria
dell'individuo braccato, anche
se le polizie di tutta Europa,
in questo stesso momento, gli
stanno dando la caccia. Lui,
G.F., è l'ultrà romanista che il
28 ottobre del 1979, allo stadio
Olimpico, uccise con un razzo
per le segnalazioni marine il
tifoso laziale Vincenzo
Paparelli. È sereno, disteso,
quasi disinvolto. "Andiamoci a
bere un caffè", dice. "Poi vi
racconterò tutto". Indossa un
paio di jeans sdruciti,
stivaletti a punta scalcagnati e
un maglione che fanno a pugni
con la camicia rossa della
Cerrel, elegantissima e
acquistata a Roma, in una
boutique, quando ancora non
doveva nascondersi. "Adesso non
potrei permettermela" aggiunge
guardandomi con gli occhi
socchiusi per il fumo della
sigaretta. "Non ho una lira".
È
duro vivere da latitante ?
"Altro che se è duro.
Devi sempre correre, scappare,
diffidare di tutti e di tutto.
Ogni persona che incontri può
essere un poliziotto. Per
questo, ho deciso di farla
finita. Tra venti giorni, un
mese al massimo, mi costituirò,
tornerò in Italia e affronterò
il processo. Non ce la faccio
più a tirare avanti così, sono a
tocchi. Ho già contattato i miei
avvocati, G.A. e P.V., per farmi
consigliare. In fondo ho solo 19
anni e, anche se mi
condanneranno, potrò ancora
rifarmi una vita".
L'uomo che hai ammazzato ne
aveva 33. Ci hai mai pensato ?
"Cristo, se ci ho pensato. Non
ho dormito la notte per il
rimorso, questo è stato un anno
d'inferno, il peggiore anno
della mia vita".
Parlando, siamo arrivati
davanti a un bar che tutti, qui
a Lugano, chiamano "Caffè del
Federale" perché tra la sua
clientela, un tempo, c'erano
parecchi neofascisti italiani in
fuga. Proprio lì, a quel tavolo
d'angolo, Marco Pozzan
(notoriamente amico di Freda e
Ventura) rilasciò la prima
intervista dalla clandestinità e
Angelo Angeli, detto "golosone"
per la sua passione per i Baci
Perugina e il tritolo, riceveva
gli amici sanbabilini e i
"colleghi" della S.A.M, Squadre
d'Azione Mussolini. La domanda è
inevitabile.
Come
mai ci hai dato appuntamento in
questo posto ? Chi te l'ha
suggerito ? "Nessuno, non
sforzarti per capire, perché
tanto arriveresti a conclusioni
sbagliate. Non sapevo che i
fascisti pascolavano qui,
insomma non sono un "nero" se è
questo che vuoi sapere, non ho
alcun interesse per la politica.
Caso mai sono giallorosso, la
mia unica fede è la Roma".
Anche adesso, dopo tutto quello
che è successo ? "Sì !".
Dove
hai trascorso questo anno di
latitanza ? "In giro,
facendo una vita infame e
modesta. Ho tirato a campare".
Chi
ti ha dato i soldi per
sopravvivere ? Sì, insomma, chi
ti ha aiutato ? La vedova di
Vincenzo Paparelli ha detto in
un'intervista che c'è qualcuno
che ti protegge, che finanzia la
tua fuga. "No, io so'
disgraziato, non ho santi in
paradiso. Per mantenermi ho
dovuto lavorare a giornata. Ho
fatto il lavapiatti,
l'idraulico, il meccanico".
Come
facevi a farti assumere ?
"Dicevo di avere fame".
Hai
mai temuto di venire scoperto ?
"Un'infinità di volte. La prima
mi capitò subito dopo la
disgrazia. Ero alla macchia da
una decina di giorni. Presi un
treno per tornare a Roma e mi
trovai in uno scompartimento di
seconda classe con diversi
viaggiatori. Uno di loro era un
poliziotto in borghese, lo capii
dai discorsi. A un certo punto
si mise a leggere il giornale.
Con la coda dell'occhio vidi che
stava guardando la mia
fotografia e lo sentii
esclamare: "Se mi capitasse tra
le mani questo tipo qui, gli
metterei la pistola in bocca e
lo menerei pure". Per paura che
mi riconoscesse, mi buttai una
rivista in faccia e rimasi così
per tutto il viaggio, facendo
finta di dormire. Non ho mai
pregato come quella volta. Anche
di recente per poco non mi è
venuto un colpo. Stavo
rientrando nel mio rifugio,
quando ho sentito una voce che
diceva: "Givanotto...". Mi sono
girato e ho visto un gendarme
che correva verso di me.
"Stavolta è proprio finita" ho
mormorato. Invece voleva solo un
fiammifero. Gli ho regalato
l'accendino dalla gioia quando
me ne sono reso conto".
|
I
vecchi amici ti sono rimasti
vicino ? "No, mi hanno
abbandonato. Non c'è stato un
cane che sia andato da mia madre
a chiedere notizie. Perfino la
ragazza mi ha piantato. Ha 18
anni. Non ho più avuto il
coraggio di cercarla da quello
stramaledetto giorno".
Che
cosa rammenti di quel pomeriggio
? "Tutto. Le grida della
folla, il rumore del razzo...".
Come
te lo eri procurato ? "In
un negozio, dove sennò ? Il
giorno prima del derby,
approfittando del fatto che ero
di riposo, mi sono trovato con i
soliti amici. C'erano M.A., E.M.
e altri".
Tutti tifosi della Roma ?
"Bè, dire tifosi è poco. Noi
ciavemo er core giallorosso,
Pruzzo è il nostro Dio e
Liedholm il suo profeta...".
Che
cosa avete fatto ?
"Abbiamo studiato un programma
per sostenere la squadra
l'indomani".
Risultato ? "Siamo andati
a comprare dei botti per fare un
po’ di casino. Nel primo negozio
non c'era niente che facesse al
caso nostro, ma nel secondo ci
hanno fatto vedere dei razzi a
luce rossa. "Sono pericolosi ?"
abbiamo chiesto. "No", ci ha
risposto il proprietario. "Se li
sparate orizzontali, a 50 metri
si apre il paracadute e potete
raccoglierli con una mano". Se
non ci avesse detto così non li
avremmo presi, siamo stati
truffati, insomma. Oltretutto le
istruzioni erano scritte in
inglese e nessuno di noi capisce
questa lingua. Soltanto dopo
abbiamo saputo che si trattava
di residuati di magazzino, che
non si trovavano neppure più in
commercio. Con 50mila lire ne
abbiamo presi tre".
Chi
vi ha dato quei soldi ? La Roma
? "Tutto sudore nostro.
Ce li siamo procurati da soli.
Noi del Commando Ultrà Curva Sud
siamo sempre stati
autosufficienti".
Che
cos'è il "commando ultrà curva
sud" ? "È il fior fiore
dei tifosi romanisti...".
Dei
più scatenati, visto che il
vostro stemma è un teschio con
una folgore ? "Macché
scatenati, noi ci agitavamo solo
per rincuorare la Roma. Sono i
"trascinatori" quelli che fanno
casino. Loro sono dei
delinquenti, armano anche i
bambini. Noi abbiamo sempre
usato bengala innocui".
La
società favoriva la vostra
attività ? "Non ci ha mai
aiutato più di tanto. Ci dava i
biglietti omaggio del servizio
d'ordine e ci metteva a
disposizione il magazzino".
Bel
servizio d'ordine ! Nel
magazzino custodivate i razzi.
Allora sono le società a
favorire la violenza…
"No, la Società non c'entra. Il
magazzino ce lo dava per le
bandiere. Certo che ogni tanto
qualcuno ci nascondeva anche i
botti. Con i biglietti del
servizio d'ordine, difatti, si
passava dallo stesso cancello
"E" da cui entrava il personale
dello stadio. Non c'erano
controlli. Quel giorno, ad
esempio, i razzi me li ha
portati dentro uno della Roma
due ore prima dell'inizio. Io
ero fuori con quelli del
controllo".
Poi
che cos'è accaduto ? "I
laziali si davano un gran
daffare e così abbiamo pensato
di controbatterli. Mi sono
ritrovato in mano il primo razzo
e l'ho acceso, ma ho dovuto
agitarlo perché non partiva. A
forza di muoverlo mi è sfuggito
di mano, era la prima volta che
lanciavo un ordigno simile.
Subito dopo ho cercato di
accenderne un altro, ma si è
sprigionato un fumo densissimo.
Nella nebbia ho visto la folla
ondeggiare dalla parte dei
laziali, nient'altro".
Non
ti sei accorto di aver ucciso un
uomo ? "No, l'ho saputo
dalla radio e dagli altoparlanti
del campo".
Allora che hai fatto ?
"Sono rimasto al mio posto a
vedere la partita. Speravo che
non fosse il mio, quel razzo
maledetto. Verso la fine del
primo tempo, però ho notato che
i compagni mi guardavano in modo
strano e ho cominciato ad
allarmarmi. Appena hanno aperto
i cancelli dello stadio me la
sono squagliata. Mica poteva
restare lì con scritto assassino
in fronte".
Questa è la prima volta che
ammetti di aver lanciato il
razzo omicida. Se non sbaglio,
in passato hai scritto una
lettera a un giornale negando
tutto. "Non sapevo più
cosa fare per discolparmi, avevo
perso la testa. Quel giorno non
volevo fare del male a nessuno,
tanto è vero che giravo a viso
scoperto, senza fazzoletto sul
volto come fanno gli ultrà
quando decidono di menare le
mani. Non sono mai stato
violento. Certo, qualche volta
mi sono picchiato con i laziali,
ma tutto è finito lì. Ho sempre
avuto paura di prenderle. Anche
da bambino ero sottomesso a
tutti. Nella mia zona mi
chiamavano "pollacchione" e non
mi rispettava nessuno".
Eri
già romanista a quell'epoca ?
"Tifavo per la prima in
classifica che era la Juventus.
Poi ho scoperto la Roma e me ne
sono innamorato. Ho cominciato
ad andare allo stadio ad otto
anni con mia sorella N. A 13
anni ho cominciato a lavorare
perché non avevo più voglia di
studiare. Con i primi guadagni
mi sono comprato un abbonamento
per la Curva Sud".
Torniamo alla tua fuga.
"C'è poco da dire. Quando i
compagni, che sono rimasti allo
stadio fino all'ultimo, mi hanno
confermato che la polizia mi
cercava per l'assassinio di quel
tizio me la sono squagliata.
Prima però ho telefonato a casa,
a mia madre, dicendole che
partivo per Pescara".
Non
le hai detto altro ? "E
che so' scemo ? Mica potevo
dirle "ho ammazzato uno".
Sarebbe svenuta al telefono".
Avevi molto denaro con te ?
"Duecentomila lire, tanto è vero
che ho dovuto chiedere
ospitalità a un amico. La sera
dopo mi sono spostato, poi ho
cominciato a vagare da un paese
all'altro. Sono stato anche
all'estero...".
Come
viaggiavi ? "In treno o
con l'autostop. La polizia
trascura gli autostoppisti, ha
altro da fare".
Adesso come trascorri le tue
giornate ? "Lavorando qua
e là. La sera non esco mai, non
vado neppure al cinema per paura
che mi fermino per chiedere i
documenti".
Hai
più visto i tuoi genitori ?
"No, ed è questa la cosa
che mi dispiace di più.
Oltretutto io contribuivo al
bilancio familiare. Prendevo
50mila lire alla settimana e le
versavo quasi tutte in casa.
Papà è un saldatore disoccupato,
da solo non ce la fa a mandare
avanti la famiglia".
Davi
tutto a lui ? "Sì. Pensa
che gli amici mi avevano
soprannominato "Tzigano" perché,
per non sporcare il vestito
buono, andavo allo stadio
conciato come uno straccione".
Sei
più tornato a vedere una partita
? "No, mi è sempre
mancato il coraggio. Ho paura di
tradirmi per l'emozione. Ma un
giorno ci ritornerò. Magari
andrò in tribuna, non nella
curva sud".
Ti
sei pentito di quello che hai
fatto ? "Se vedessi un
ragazzo con dei razzi in mano
glieli farei ingoiare. Mi sono
rovinato la vita per quella
robaccia".
A
dire il vero te l'eri già
rovinata prima. Avevi già avuto
altri guai con la giustizia.
"Quali guai ? Le mie sono
sempre state stupidaggini. Ho
preso 4 mesi per uno scippo, ma
non avevo una lira. E da piccolo
mi sono fatto pescare mentre
giocavo dentro una macchina
rubata da altri. Tutto qui".
Cosa
farai dopo esserti costituito ?
"Scriverò una bella
lettera alla moglie e ai figli
di Paparelli per chiedere il
loro perdono".
Speri che te lo riconoscano ?
"Sì. Quel disgraziato è morto,
ma sono disgraziato anch'io che
continuo a vivere con questo
peso sulla coscienza".
Hai
paura di andare in galera ?
"No. Ho paura di uscire.
Sono sicuro che i laziali non
dimenticheranno ciò che è
accaduto e, prima o poi,
verranno a cercarmi per
pareggiare il conto. Si è
trattato di una disgrazia,
maledizione, non di un delitto".
L'intervista è finita, prima di
andarsene G.F. si dà una
spolverata agli stivaletti a
punta, da bullo di periferia che
balla il liscio. "Presto
ci rivediamo a Roma", dice. "Sto
preparandomi per "L'ultimo
Tango".
Novembre 1980
Fonte: Oggi
(Settimanale)
© Fotografie: L'Unità -
Lastampa.it -
Sport.sky.it
NDR: Si ringrazia
Asromaultras.it per l'articolo
di repertorio ("Giallorossi" -
dicembre 1980).
Fuggito un anno fa dopo
aver ucciso con un razzo uno
spettatore
Il ragazzo omicida
dell'Olimpico a Lugano: "Voglio
costituirmi"
LUGANO - "Ho lanciato io
il razzo, ma non sono un
assassino. Sono stufo di
scappare e di nascondermi: tra
un mese mi costituirò. Non ho
mai dormito per il rimorso".
Giovanni Fiorillo, il giovane
tifoso romanista ricercato per
l'omicidio di Vincenzo Paparelli
colpito da un razzo sparato
dalla "curva Sud" dell'Olimpico
durante il derby Roma-Lazio del
28 ottobre dell'anno scorso, ha
ammesso per la prima volta la
sua responsabilità, in una
intervista al settimanale
"Oggi". Ha aggiunto che si
costituirà in vista del
processo, in programma per la
primavera prossima, che lo vede
imputato insieme a (Omissis) e
(Omissis). Fiorillo ha "vuotato
il sacco" a Lugano, dove si è
rifugiato dopo lunghe
peregrinazioni, negando di
essere stato aiutato nella sua
latitanza da tifosi romanisti.
"I primi mesi sono stati duri -
ha raccontato. Sono state
giornate piene di angoscia. Di
notte viaggiavo sui treni, di
giorno facevo l'autostop. Sono
stato a Milano, Genova, mi sono
sempre e continuamente spostato,
anche all'estero. Poi, ho
trovato un lavoro e una casa".
"Qualche volta - continua -
quando sentivo alle spalle il
rumore di una macchina che
"sgommava" sull'asfalto, mi
dicevo: ecco è la polizia, sono
i carabinieri, mi arrestano". Di
quel tragico sabato, la prima
"partita col morto", Giovanni
Fiorillo racconta che, dopo aver
acquistato con (Omissis) e
(Omissis) i tre razzi da
segnalazione nautica per 50 mila
lire, li introdussero allo
stadio con l'aiuto di un addetto
della Roma, attraverso il
cancello riservato al personale.
Il negoziante gli aveva
assicurato che i razzi non erano
pericolosi. "Dopo aver sparato
il primo colpo - ha detto - ho
visto un movimento della folla;
non potevo però immaginare di
aver colpito un uomo. Le persone
che si trovavano vicino a me
hanno visto che avevo difficoltà
a far partire il razzo che
puntavo in alto e fui costretto
ad agitarlo. Seppi dagli
altoparlanti e poi dalla radio
quello che era successo e rimasi
tremante sul posto fino alla
fine". Era una partita che si
annunciava calda, in una
stagione di scontri e violenze
che aveva investito i maggiori
stadi italiani. Ad un'ora
dall'inizio del derby,
l'Olimpico contava già 60 mila
spettatori e la "curva Sud"
ribolliva di tifosi romanisti.
Da qui, improvviso, partì il
razzo che dopo una traiettoria
di 300 metri raggiunse il lato
opposto, colpendo in pieno viso
Vincenzo Paparelli, 33 anni, due
figli. Invano soccorso dalla
moglie Vanda che gli sedeva
accanto, morì poco dopo
sull'ambulanza.
18 novembre 1980
Fonte: Stampa Sera
Lo
spettatore morto all'Olimpico
durante la partita Roma Lazio
Si è costituito il
giovane tifoso che uccise con un
razzo allo stadio
ROMA - Si è costituito
ieri mattina il giovane tifoso
della Roma che nell'ottobre del
79 provocò, con un razzo, la
morte di un altro spettatore
poco prima dell'inizio del derby
Roma-Lazio. Giovanni Fiorillo,
19 anni, si è consegnato nelle
mani degli agenti della squadra
mobile accompagnato dai
genitori, Giacomo e Candida
Capriotti, e da tre legali, gli
avvocati Arcangeli, Vitale e
Traldi. Davanti ai funzionari,
che lo hanno interrogato per
diverse ore, il giovane ha
ricostruito la storia della sua
latitanza. Per quattordici mesi,
ha raccontato, è stato costretto
a vivere di espedienti
accettando vari ed umili
mestieri, costretto
continuamente a nascondere la
propria identità. Per questo
motivo, conversando
successivamente con alcuni
cronisti, Fiorillo ha anche
inviato le sue scuse ai datori
di lavoro che inconsapevolmente
lo aiutarono durante i mesi
della lunga latitanza.
All'identificazione di quello
che le cronache dell’epoca
definirono il "killer
dell'Olimpico", si giunse in
brevissimo tempo grazie alla
testimonianza di alcuni
spettatori. Tutto accadde pochi
minuti prima dell'inizio della
partita. Con l'aiuto di due
compagni, Fiorillo sparò uno dei
quattro razzi antigrandine che
aveva portato con sé allo
stadio. Ma quello che voleva
essere un pur discutibile atto
di tifoseria verso la propria
squadra si risolse in
un'irreparabile tragedia. Il
razzo, micidiale e di dimensioni
notevoli, si diresse verso la
curva opposta, tradizionalmente
occupata dai tifosi laziali, e
colpì in pieno un giovane
meccanico, Vincenzo Paparelli,
di 38 anni, che quel giorno era
andato allo stadio con la
moglie. Fu la stessa donna a
soccorrere per prima il marito
ma ormai non c'era più nulla da
fare: il razzo lo aveva colpito
in un occhio e nello scoppio gli
aveva devastato il volto.
L'arbitro D'Elia fu subito
avvertito e - secondo quanto
dichiarò in seguito - decise di
far iniziare lo stesso
l'incontro per evitare ulteriori
incidenti. Ignari e all'oscuro
di tutto vennero invece tenuti i
calciatori: solo alla fine
dell'incontro qualcuno disse
loro che un tifoso della Lazio
era rimasto ucciso. La gara era
terminata 1-1. Nei giorni
seguenti l'incidente
dell'Olimpico scatenò molte
polemiche e ripropose in termini
tragici il problema della
violenza negli stadi.
Sull'argomento vi fu anche una
severa presa di posizione da
parte delle autorità politiche:
dal ministro dell'Interno,
Rognoni, a quello del turismo,
D'Arezzo: dell'episodio
parlarono anche Evangelisti,
Valitutti ed il sindaco di Roma,
Petroselli. Le indagini
portarono ai primi accertamenti.
Pochi giorni dopo venne
arrestato uno studente di 18
anni, (Omissis), con
l'accusa di "concorso in
omicidio". Con lui finì in
carcere anche l'armiere che
fornì i micidiali razzi. Dalle
loro testimonianze la polizia
risalì all'identificazione di
Fiorillo, ma quando gli agenti
si recarono nella sua abitazione
di piazza Vittorio per
arrestarlo, si accorsero che
aveva fatto perdere le proprie
tracce. Su di lui, in Questura,
c'era però un fascicolo
abbastanza consistente: nel
settembre 75 fu arrestato per
furto aggravato, nell'ottobre 76
finì in galera per scippo, nel
maggio del '79 fu fermato nei
pressi di Milano mentre si
trovava in compagnia di alcuni
extraparlamentari di sinistra.
Ora Giovanni Fiorillo dovrà
rispondere dinanzi ai giudici di
omicidio preterintenzionale, r.
c.
26 gennaio 1981
Fonte: Stampa Sera
© Fotografia:
Lastampa.it
Si è costituito l'altro
giorno a Roma dopo 14 mesi di
latitanza
Altre aggravanti per il
giovane che uccise col razzo
all'Olimpico
Il giudice gli contesta
di aver agito "per faziosità
sportiva" - Con Fiorillo, 19
anni, alcuni imputati debbono
rispondere, come lui, di
omicidio preterintenzionale.
ROMA - La scelta di
Giovanni Fiorillo, 19 anni, il
presunto uccisore (allo stadio
Olimpico) di Vincenzo Paparelli
costituitosi domenica dopo 14
mesi di latitanza, aveva finora
evitato una lunga carcerazione
preventiva. Adesso, essendosi
presentato spontaneamente,
presenzierà al processo, che si
svolgerà al più presto dinanzi
alla prima sezione della corte
d'assise di Roma. In più
Fiorillo si è premunito anche
contro una nuova, possibile
accusa, quella di renitenza alla
leva: in questi giorni, infatti,
tutti i suoi coetanei
riceveranno le
cartoline-precetto, ed è ovvio
che il presunto omicida
dell'Olimpico non potrà
rispondere alla chiamata perché
detenuto. Con la sua scelta, il
giovane ha ottenuto anche un
altro risultato: poiché da tempo
si è conclusa l'istruttoria (con
la revoca del primo ordine di
cattura per omicidio volontario,
e il rinvio a giudizio con
un'accusa meno grave, quella di
omicidio preterintenzionale che
è rivolta a chi colpisce per
ferire e, senza volerlo,
uccide), Fiorillo eviterà gli
interrogatori da parte del
pubblico ministero: è lo stesso
che, all'indomani della tragedia
dell'Olimpico, aveva formulato
nei suoi confronti
un'imputazione da tutti ritenuta
eccessivamente dura. Con
l'inizio del processo il giovane
potrà dunque spiegare
direttamente al presidente della
corte d'assise, il dottor
Severino Santiapichi, come
andarono le cose quel pomeriggio
di ottobre di due anni fa, poco
prima dell'inizio del "derby"
Roma-Lazio. Con lui compariranno
come imputati altre otto
persone. Due, (Omissis) e
(Omissis) (il primo in
libertà provvisoria ed il
secondo latitante) devono
rispondere della stessa
imputazione, poiché avevano
aiutato quel pomeriggio Giovanni
Fiorillo a far partire il
micidiale razzo. Dice infatti
l'ordinanza di rinvio a
giudizio, depositata il 6
dicembre scorso dal giudice
istruttore Enzo Rivellese, che i
giovani "con atto diretto a
percuotere e procurare lesioni
personali", fecero esplodere
"dalla curva sud in direzione
degli spettatori occupanti
l'opposto settore della curva
nord, un razzo esplodente di
forma cilindrica e della
lunghezza di circa 30 cm.
cagionando la morte di Paparelli
Vincenzo". All'omicidio, secondo
il giudice, va aggiunta
un'aggravante: quella di avere
"agito per futili motivi,
determinati da faziosità
inerente a passione sportiva".
|
Vale a dire, in caso di
condanna, che la pena potrebbe
arrivare fino a 24 anni di
reclusione. I giovani, inoltre,
devono rispondere di detenzione
e porto illegale di ordigni
esplosivi. Imputato di concorso
nell'omicidio è anche (Omissis), gestore di un negozio di
motonautica, il quale secondo il
giudice istruttore avrebbe
"cooperato a cagionare la morte
del tifoso laziale per colpa:
cioè per imprudenza, negligenza
e inosservanza di norme di legge
consistita nell'aver venduto ai
tre alcuni razzi da segnalazione
nautica, strumenti compresi.
Oggetti che sono considerati tra
le armi da sparo". Ma il
processo d'assise avrà anche
altri risvolti di notevole
interesse. Il giudice
istruttore, infatti, non si è
limitato ai presunti
responsabili diretti
dell'omicidio. Con la sua
ordinanza, ha rinviato a
giudizio anche tre impiegati
dello stadio Olimpico, accusati
di "abuso di ufficio". La loro
colpa, secondo il giudice,
consiste nel fatto di "aver
consentito a privati e ad
associazioni sportive
calcistiche della Roma e della
Lazio, l'uso di locali - per il
deposito di striscioni, sbarre
ed altri oggetti che, nel corso
delle partite, potevano
trasformarsi in armi improprie.
Gli accusati, tutti dipendenti
dello stadio, sono (Omissis),
(Omissis) e (Omissis). Gli ultimi due
imputati dovranno rispondere
invece di accuse minori:
(Omissis), altro "ultrà"
romanista, di possesso e
trasporto di sei lanciarazzi, e
(Omissis), di minacce e
porto d'armi improprie.
Quest'ultimo, secondo alcune
testimonianze, impedì a Maurizio
Marzoni, un componente del
servizio d'ordine della Roma, di
avvicinarsi al luogo da cui il
razzo era partito e di
identificare, dunque, il gruppo
degli sparatori. (Omissis)
arrivò perfino a minacciare
Marzoni con una spranga di
ferro. In attesa che tutto
questo abbia inizio. Fiorillo è
in carcere: la sua deposizione,
al processo, sarà interessante
anche per chiarire come il
giovane, disoccupato e figlio di
un fruttivendolo, ha trascorso
questi lunghi mesi di latitanza,
dove ha trovato rifugio, di
quali aiuti ha potuto
avvantaggiarsi. Ai funzionari di
polizia, finora, ha detto solo
di aver vagato di città in
città, lavorando come lavapiatti
in alcuni ristoranti. Ma un
giornalista, pochi mesi fa, lo
aveva intervistato a Lugano: fu
in quell'occasione che per la
prima volta, dopo tante lettere
scritte ai giornali per
proclamare la sua innocenza,
Fiorillo ammise di aver sparato
quel razzo, sia pure senza
alcuna intenzione di uccidere.
r. con.
27 gennaio 1981
Fonte: La Stampa
© Fotografia:
Storiedicalcio.altervista.org - Il Messaggero
Ricercato per omicidio
era militare da 10 mesi
"Latitante" con
stellette. È (Omissis)
coinvolto nella tragedia dello
stadio Olimpico dove un tifoso
morì colpito da un razzo - Si è
costituito.
ROMA - Secondo la
questura di Roma era
"irreperibile su tutto il
territorio della Repubblica".
Invece (Omissis), 20 anni,
ricercato perché coinvolto
nell'omicidio del tifoso
Vincenzo Paparelli allo Stadio
Olimpico nell'ottobre 1979, in
questi ultimi dieci mesi faceva
indisturbato il servizio
militare. Ieri, in licenza a
Roma, si è costituito alla
stazione dei carabinieri dell’Eur, raccontando a un
maresciallo stupefatto la sua
sorprendente vicenda. (Omissis)
era l'unico dei tre giovani
accusati per la morte di
Paparelli (ucciso da un razzo
sparato da una curva all'altra
dello stadio) ad essere ancora
in libertà. Da tempo in carcere
sono gli altri due: il
"tiratore" Giovanni Fiorillo ed
(Omissis). (Omissis) fu il
finanziatore dell'operazione.
Per alcuni mesi il giovane
rimase in latitanza. Poi scattò
la precettazione per il servizio
di leva e Marco, per evitare il
reato di diserzione, si presentò
regolarmente a Caserta dov'era
destinato. Per dieci mesi ha
vissuto con il cuore in gola,
aspettandosi l'arresto da un
momento all'altro. Fu trasferito
a Trani, al Genio Pionieri, e in
novembre si offerse volontario
nelle zone terremotate. Nei
giorni scorsi ha saputo che il
processo contro i suoi compagni
e lui stesso è stato fissato per
il 15 giugno. Ha consultato un
avvocato e ha deciso di
costituirsi: "Conoscendo le
lungaggini dell'istruttoria - ha
spiegato - non volevo essere
privato della libertà".
28 maggio 1981
Fonte: Stampa Sera
© Fotografia: Sport.sky.it
Morì, colpito da un
razzo, il tifoso Vincenzo
Paparelli, 30 anni, due figli
Roma: tre giovani sul
banco d'accusa per l'omicidio
allo stadio Olimpico
di Giorgio Viglino
Il tragico episodio
accadde il 27 ottobre 79,
durante l'incontro di calcio
Roma-Lazio - Dalla curva Sud fu
sparato il micidiale ordigno che
colpì la vittima alla testa.
ROMA - Tre ragazzi poco
più che ventenni sono comparsi
ieri, davanti alla prima sezione
della Corte d'assise, per
rispondere dell'omicidio di
Vincenzo Paparelli, ucciso il 28
ottobre del '79, da un razzo
sparato dalla gradinata opposta
dello stadio Olimpico.
Paparelli, 30 anni, padre di due
figli, era un tifoso laziale, ma
non apparteneva ai club
organizzati né tantomeno ai
cosiddetti "ultrà", autentiche
squadracce d'assalto che in
quell'autunno vantavano le
proprie gesta. Dalla curva Sud,
quella riservata per tradizione
ai romanisti, e proprio dal
settore dove campeggiava uno
striscione "Commandos", partì il
micidiale razzo lungo 30 cm che
andò a conficcarsi nell'occhio
sinistro di Vincenzo Paparelli.
Al panico che subito si diffuse
nella curva Nord, fece
riscontro, dalla parte opposta,
una serie di baruffe: erano gli
amici dello sparatore che
impedivano al servizio d'ordine
della Roma di trovare il
responsabile. Dopo il luttuoso
fatto, scomparvero da tutti gli
stadi d'Italia le insegne di
questi tifosi irresponsabili, e
per un certo periodo di tempo
vennero intensificati i
controlli in modo da impedire
l'introduzione, all'interno dei
campi calcistici, di armi
improprie, ma anche di armi
quali erano appunto i razzi del
tipo usato per commettere
l'omicidio. L'opera di bonifica
è durata assai poco, e proprio
sabato - alla vigilia
dell'apertura di questo processo
- è morta una ragazza rimasta
ustionata a S. Benedetto del
Tronto la domenica precedente,
in seguito all'incendio
sviluppatosi sulle gradinate
dopo la caduta di un razzo. A
giudizio per la morte di
Vincenzo Paparelli sono stati
rinviati tre giovani accusati di
omicidio preterintenzionale, e
altri sei ai quali vengono
imputati reati minori. Il
sostituto procuratore Paoloni
aveva chiesto il rinvio a
giudizio di (Omissis),
(Omissis) e Giovanni
Fiorillo con la ben più grave
imputazione di omicidio
volontario, ma il giudice
istruttore Rivellese l'aveva
derubricata in
preterintenzionale. Ieri
mattina, in apertura di udienza,
il dott. Paoloni, che svolge
pure il ruolo di pubblico
ministero, ha riproposto alla
Corte la mutazione del capo
d'accusa, chiedendo in via
subordinata il rinvio degli atti
alla Corte Costituzionale, al
fine di dirimere il contrasto.
La richiesta è stata respinta in
entrambe le formulazioni, e il
processo è iniziato
regolarmente. Ai tre ragazzi
viene imputato l'omicidio, anche
se ovviamente uno solo è stato
lo sparatore. (Omissis) venne
arrestato dopo pochi giorni dal
fatto, fece il nome dei due
compagni e venne rilasciato in
libertà provvisoria. Fiorillo,
indicato come l'autore materiale
del fatto, rimase latitante fino
al dicembre scorso, dopo aver
vissuto in diversi Paesi
europei. (Omissis) si è
costituito ad aprile: era
militare, ma alla polizia
giudiziaria risultava
irreperibile. Tanto Fiorillo che
(Omissis) compaiono in giudizio
in stato di detenzione.
(Omissis), che è stato
interrogato per tutta la durata
della prima udienza, dopo che
erano state esaurite le
formalità, è considerato teste
molto importante da parte della
pubblica accusa. Ieri mattina ha
confermato l'interrogatorio reso
in istruttoria, ma il presidente
Santiapichi ha voluto
approfondire il ruolo di
favoreggiamento operato
dall'esterno: in primo luogo il
club definito "Commandos", e in
secondo luogo la Roma Calcio,
che questi club favoriva non
soltanto con biglietti di
ingresso gratuiti.
Dall'interrogatorio
dell'imputato si è appreso
infatti che lui e i suoi
compagni potevano entrare allo
stadio alle 9, quando non era
ancora in atto il controllo di
polizia. Tra timidezza e
reticenza, l'imputato è stato
più volte ripreso dal presidente
Santiapichi che ha mostrato di
non gradire affatto le troppe
lacune nella memoria del
ragazzo. I tre imputati maggiori
si sono presentati in aula con
un atteggiamento mite e
remissivo; ma assai meno quieti
di loro erano una dozzina di
amici che seguivano il
dibattimento. Hanno resistito
per un paio d'ore sul filo
dell'espulsione, poi sono stati
allontanati.
16 giugno 1981
Fonte: La Stampa
© Fotografia: L'Unità
Processo Paparelli: agli
atti un singolare documento
La società sportiva Roma
rimborsò un artificiere ?
di Giorgio Viglino
(Dal nostro inviato
speciale) ROMA - C'è molto caldo
a Roma, ma a Palazzo di
giustizia, per la particolare
conformazione della costruzione,
la temperatura è veramente
insopportabile nelle aule.
Deciso ad accelerare i tempi,
pronto a sacrificare i
pomeriggi, il presidente
Santiapichi. della prima sezione
della corte d'assise che giudica
gli imputati del processo
Paparelli, s'è visto costretto
ieri ad alcune sospensioni fuori
programma. L'impianto di aria
condizionata, guastatosi la
scorsa estate tanto da
determinare un arresto
anticipato del servizio, viene
riparato in questi giorni e
forse riprenderà a funzionare la
settimana prossima. Il programma
del processo Paparelli si
allunga e prevede per questa
mattina nuovi interrogatori dei
testi (ne restano una
quindicina), quindi il rinvio
alla prossima settimana dopo la
pausa elettorale collegata alle
amministrative in programma a
Roma. Ieri è stato ultimato
l'interrogatorio degli imputati
minori ed è iniziato quello dei
testi, ma l'elemento di maggiore
importanza è un documento
presentato dall'avvocato Manzo,
difensore di (Omissis), che
è stato allegato agli atti. Si
tratta di una singolare nota
spese globale sottoscritta da
vari presidenti dei club di
sostenitori romanisti ed
indirizzata alla associazione
sportiva Roma. Insieme con
numerose altre voci figurano le
seguenti: "...mano d'opera
artificiere, compreso biglietto
partita, lire 42.000; - numero
60 fumogeni lire 60.000". La
nota è riferita al derby
precedente a quello in cui
accadde il fatto, e porta la
data del 19 marzo 1979. Questo
nuovo elemento di prova aggrava
fortemente la posizione della
società sportiva, ma né i
dirigenti, né il direttore
sportivo, avvocato Raule, hanno
voluto dare la versione della
società circa i rapporti
intercorrenti con i club di
tifosi, compresi i più fanatici.
L'avvocato Raule si è limitato a
dichiarare: "Noi seguiamo il
processo con piena fiducia negli
organi giudicanti e non vogliamo
in alcun modo interferire.
D'altro canto vorrei che non si
dimenticasse come per nostra
iniziativa si sia giocata una
partita e l'incasso di 60
milioni sia stato interamente
versato alla vedova". La parte
civile rappresentata
dall'avvocato Pietro d'Ovidio,
che tutela gli interessi di
tutti i familiari di Paparelli,
non ha nascosto fin dall'inizio
l'intenzione di procedere, a
giudizio penale concluso, sul
piano civile nei confronti della
"Roma" stessa. In sede
processuale sono stati ascoltati
i tre imputati dipendenti del
Coni, (Omissis).
Concordemente hanno affermato
d'aver consegnato come d'uso le
chiavi dei locali ai capi della
tifoseria delle due squadre
trattandosi di un derby. A loro
dire era perfettamente normale
questa procedura e non toccava a
nessuno di essi ispezionare i
magazzini per vedere che cosa
contenessero. La vedova di
Vincenzo Paparelli, Vanda del
Pinto, ha deposto per circa
un'ora. Dopo aver riepilogato
con evidente sofferenza i fatti,
la signora Vanda ha spiegato con
dettagli precisi il particolare
dello striscione provocatorio
che potrebbe aver dato origine
al tiro al bersaglio dalla parte
opposta. I tifosi laziali
facevano comparire ogni tanto
uno striscione. "Roma Olocausta", e, pochi attimi
prima dell'arrivo del proiettile
mortale, la scritta sovrastava
proprio Paparelli. Se il
proiettile fosse stato sparato
in direzione di quel bersaglio,
verrebbero a cadere le confuse
giustificazioni del Fiorillo che
ha sostenuto di non aver saputo
bene indirizzare il tubo
lanciarazzi. Citato dalla difesa
di (Omissis) è comparso però un
altro testimone che asserisce
d'aver visto quello stesso
striscione a parecchi metri di
distanza dal punto in cui sedeva
Paparelli.
18 giugno 1981
Fonte: La Stampa
© Fotografia: Sport.sky.it
Entro oggi la sentenza
di Roma sul razzo mortale
all'Olimpico
Il tribunale deve
decidere sulle richieste del
p.m. da 12 a 15 anni.
ROMA - Con le repliche
del Pubblico Ministero e dei
difensori si conclude oggi a
Roma il processo contro i tre
giovani che un anno fa,
esplodendo un razzo dalle
gradinate dello stadio Olimpico
durante il derby Roma-Lazio,
provocarono l'atroce morte di un
tifoso, Vincenzo Paparelli. Le
ultime udienze sono state
interamente dedicate alle
arringhe della difesa: gli
avvocati hanno tutti insistito
sull'elemento di accidentalità
che, a loro giudizio, è stato
determinante nella tragedia
dello stadio romano. Dei tre
maggiori imputati, Giovanni
Fiorillo (rimasto a lungo
latitante), (Omissis) ed
(Omissis) nessuno - hanno
sottolineato i difensori - aveva
l'intenzione di uccidere: ai tre
giovani, soprattutto, sarebbe
mancata una esatta nozione della
pericolosità del razzo di
segnalazione che erano riusciti
a portare fin sulle gradinate.
Analoghe le tesi degli avvocati
di altri imputati, che sono
rimasti coinvolti nella vicenda
per aver venduto il razzo o per
aver consentito che l'ordigno
venisse nascosto per alcuni
giorni in magazzini di proprietà
della società sportiva "Roma".
Per questi reati, che resero
possibile l'omicidio, sono
imputati (Omissis), il
commerciante che vendette i
razzi: due funzionari del Coni,
(Omissis), il
presidente dei club laziali,
(Omissis), e (Omissis), un
tifoso romanista più volte al
centro di disordini. Per tutti
gli imputati, le richieste del
Pubblico Ministero sono state
particolarmente dure: quindici
anni e sei mesi di reclusione a
Giovanni Fiorillo e (Omissis): dodici a
(Omissis) (e
solo perché quest'ultimo
all'epoca dei fatti era
minorenne). Partendo dalla
convinzione che nella vicenda è
risultata determinante la comune
volontà di colpire gli
"avversari", nata nel clima di
violenza degli stadi, il
magistrato ha chiesto cinque
anni di reclusione anche per il
commerciante, un anno ciascuno
per i funzionari del Coni, tre
per il tifoso romanista e un
anno e mezzo per il presidente
dei clubs laziali. La sentenza è
attesa oggi.
3 luglio 1981
Fonte: La Stampa
© Fotografia: L'Unità
Sul dramma del "derby"
all'Olimpico l'attesa sentenza
del tribunale
Roma: tre condanne a 4 e
5 anni per il tifoso ucciso da
un razzo
I principali imputati: Fiorillo,
(Omissis) e (Omissis)
riconosciuti colpevoli di
omicidio colposo - Il Pm,
sostenendo la tesi dell'omicidio
preterintenzionale, aveva
chiesto 15 e 12 anni.
(Dalla redazione romana)
ROMA - Colpevoli di omicidio
colposo. Così ha deciso il
tribunale di Roma, dopo cinque
ore di camera di consiglio, per
i tre principali imputati del
dramma avvenuto all'Olimpico, il
27 ottobre '79, quando durante
il derby Roma-Lazio un tifoso,
Vincenzo Paparelli, venne ucciso
da un razzo rudimentale. I
giudici hanno inflitto cinque
anni e quattro mesi ciascuno a
Fiorillo e (Omissis), e quattro
anni e sei mesi a (Omissis),
disattendendo la tesi
dell'omicidio preterintenzionale
sostenuta dalla pubblica accusa.
Ecco le altre condanne:
(Omissis),
due anni e quattro mesi (uno per
concorso in omicidio colposo e
un anno e quattro mesi per la
vendita dei razzi), (Omissis) un
anno e sei mesi; (Omissis) un
anno. (Omissis), (Omissis) e
(Omissis)
sono stati assolti perché il
fatto non sussiste. Le richieste
del p.m. erano state dure: il
Sostituto Procuratore Paoloni,
che guidò le indagini fin dal
primo momento, aveva chiesto 15
anni e sei mesi per Giovanni
Fiorillo e (Omissis),
accusato di aver esploso il
razzo micidiale; 12 per
(Omissis), che al momento della
tragedia non era ancora
maggiorenne. Per una serie di
imputati minori erano state
chieste pene altrettanto severe,
allo scopo di "punire" con una
sentenza esemplare il clima di
violenza che vige ormai da anni
negli stadi, soprattutto quando
si svolgono partite attese e
determinanti. "La borsa
contenente i tre razzi venne
depositata davanti a un cancello
dello stadio la domenica
mattina. Facevamo sempre così:
il materiale da impiegare per il
tifo veniva accumulato presso un
cancello,
dove
sarebbero passati a ritirarlo
quelli che avevano il permesso
di entrare liberamente nello
stadio, senza sottoporsi a
controlli". Così aveva detto,
nella seconda udienza del
processo, Giovanni Fiorillo,
l'imputato che per lunghi mesi
era riuscito a evitare
l'arresto, anche grazie a
complicità che le indagini non
sono riuscite a chiarire. I
motivi che indussero i tre
ragazzi a procurarsi i razzi
furono spiegati da un altro
imputato, (Omissis):
"Correva voce che i laziali si
preparavano a lanciare nel corso
della partita alcuni razzi
potentissimi e noi non volevamo
essere da meno". Certo è che per
quel derby Roma-Lazio si erano
dati appuntamento allo stadio
tutte le componenti più
facinorose e violente. Nel corso
delle udienze i giovani imputati
spesso si sono contraddetti fra
loro. Ci sono stati momenti di
profonda tensione, soprattutto
quando sono stati ricordati i
minuti che seguirono la tragica
sparatoria. "Fu un fatto molto
drammatico - ha detto (Omissis) -
e quando capimmo che era
avvenuto qualcosa di grave
cercammo di fare sparire il
materiale, il tubo usato per il
lancio, la pistola lanciarazzi e
un altro ordigno rimasto.
Buttammo tutto dentro una
toilette dello stadio". In quel
momento Vincenzo Paparelli,
trent'anni, padre di due figli,
era ormai moribondo. Il razzo,
lungo 30 centimetri, gli si era
conficcato nell'occhio sinistro.
Nella curva Nord, la folla in
preda al panico rendeva quasi
impossibili i primi soccorsi. In
quella Sud, invece, un gruppo di
amici dei tre sparatori impediva
al servizio d'ordine di
individuarli e arrestarli. Dopo
il fatto, in tutti gli stadi
furono proibiti le insegne e gli
slogans più estremistici. I
controlli vennero rafforzati. Ma
le precauzioni durarono poco:
alla vigilia dell'apertura del
processo per l'uccisione di
Paparelli, morì a San Benedetto
del Tronto una ragazza ustionata
da un razzo su una gradinata.
Dopo la fuga dall'Olimpico,
Fiorillo e i suoi amici fecero
perdere le tracce. (Omissis)
però, arrestato pochi giorni
dopo e portato in questura,
confessò pur cercando di
addossare agli altri le colpe
principali. Fu rilasciato in
libertà provvisoria. Fiorillo
invece rimase latitante fino al
dicembre scorso: quindici mesi
vissuti in diverse città. "Ho
lavorato - disse allora ai
cronisti - ho fatto i mestieri
più umili, lavavo i piatti,
facevo il ragazzo di bottega.
Sono stato anche in Svizzera,
dove mi intervistarono e dissi
che volevo costituirmi. Ero
terrorizzato, avevo paura che mi
scoprissero". Parlò anche di
quella domenica allo stadio.
Sostenne, come ha fatto durante
tutto il processo, che si trattò
di una "disgrazia" : "Il razzo è
partito all'improvviso in
orizzontale mentre lo stavo
innescando. Non volevo colpire
nessuno. Quando ho saputo che
era morta una persona mi sono
disperato". Per costituirsi,
Fiorillo, ben consigliato, aveva
aspettato che il suo reato
venisse derubricato da omicidio
volontario in
preterintenzionale.
4 luglio 1981
Fonte: La Stampa
© Fotografia: L'Unità
Due condanne per il
tifoso ucciso allo stadio
ROMA - Riconosciuti
responsabili di omicidio
preterintenzionale sono stati
condannati a sei anni e dieci
mesi di carcere Giovanni
Fiorillo e (Omissis), i due
giovani tifosi della "Roma" che,
il 28 ottobre di cinque anni fa,
allo stadio Olimpico, poco prima
dell'incontro tra le due squadre
romane, spararono un razzo che
uccise il meccanico Vincenzo
Paparelli. I giudici della corte
d'assise d'appello hanno
totalmente riformato la sentenza
di primo grado grazie alla quale
i due imputati, considerati
responsabili di omicidio
colposo, tornarono in libertà,
perché condannati a pene lievi.
31 marzo 1984
Fonte: La Stampa
© Fotografie: Ultraslazio.it -
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