PASSEGGIATA NEL KAOS
- Marisa Amato e Vincenzo
D’Ingeo passeggiano tranquilli
in centro, sotto gli eleganti
portici di Piazza San Carlo,
dopo aver cenato in un locale
della zona gustandosi una
farinata. Pensionati e in buona
salute, innamorati dei loro 4
nipotini ma non del calcio,
ignari sono capitati nel posto
sbagliato al momento sbagliato
quando la calca furiosa della
folla in preda al panico di un
presunto attentato li travolge
all’altezza di Via Santa Teresa.
Entrambi restano feriti molto
gravemente dalla valanga umana e
dal calpestio patito. La figlia
della coppia, Viviana, riceve la
telefonata dal padre che le
biascica: "Vieni qui, sto
morendo. Non trovo più la
mamma". Abitando in via
Lagrange, a poche centinaia di
metri dalla piazza, si fionda
per strada e lo raggiunge:
"Scavalcavo bottiglie rotte e
feriti, in giro non c'era
nemmeno un agente. Saremo stati
un'ora ad aspettare, poi è
arrivata un'ambulanza e ci è
passata davanti senza fermarsi.
Dicevano di essere stati
chiamati per un'emergenza in
piazza San Carlo. Stessa scena
poco dopo, con un'altra
ambulanza. Papà si sentiva
schiacciato, sveniva. A un certo
punto lo abbiamo caricato su una
camionetta della polizia, con
tanto di sedia presa dal bar San
Carlo. Lo abbiamo portato in
ospedale. Non c'era alcuna
priorità nell'assistenza ai
feriti, nessuno criterio". Suo
fratello Danilo è, intanto, con
lo zio ed altri parenti alla
ricerca della mamma: "Abbiamo
controllato tutti i presidi
medici allestiti sul posto, poi
gli ospedali. Giravamo con la
sua foto e chiedevamo se
qualcuno l'avesse vista. Ancora
non sapevamo che mamma non
sarebbe comunque stata
riconoscibile per come era stata
ridotta. Solo alcune ore più
tardi abbiamo scoperto in quale
ospedale era". Erano ricoverati
in ospedali differenti: la
signora in rianimazione alle
Molinette, suo marito al San
Giovanni Bosco. Marisa (63 anni)
patisce le conseguenze di un
trauma vertebro-midollare,
pessime le condizioni generali
anche di Vincenzo (66 anni) che
"restano critiche" e per cui i
medici non sciolgono la prognosi
nonostante abbia già subito due
interventi ai polmoni e una
tracheotomia.
VIVIANA e DANILO
- La situazione è drammatica. I
figli, preoccupatissimi,
lanciano un accorato appello, in
particolare rivolto alle
istituzioni del luogo: "Non
lasciateci soli !". Con il
passare delle ore le condizioni
della madre svelano il tragico:
"sono recentemente apparse più
gravi rispetto alle valutazioni
mediche iniziali", spiegano
affranti riferendo che "una
lesione riscontrata a livello
della colonna cervicale ha reso
necessari due interventi
chirurgici, all'esito dei quali
è stato evidenziato un possibile
danno permanente al tronco e
agli arti". Dunque, per la
signora la paralisi totale degli
arti superiori e inferiori. La
conferma "solo nei prossimi
giorni a fronte della
stabilizzazione delle condizioni
della paziente" sostengono i
sanitari. Viviana e Danilo non
demordono e dichiarano alla
stampa: "Ma è solo un'ipotesi, i
medici non hanno ancora sciolto
la prognosi e noi non abbiamo
perso la speranza. Non sappiamo
cosa succederà ai nostri
genitori, i medici ci dicono che
ci vorrà tanto tempo. Abbiamo
entrambi un lavoro, ma abbiamo
bisogno di aiuto. Le
istituzioni, dalla sindaca
Appendino al ministro Minniti,
ci sono molto vicini. Ci
chiamano ci scrivono ci vogliono
vedere e se li chiamiamo sono
sempre pronti ad ascoltarci. Ci
auguriamo che tutto questo
continui anche in futuro". Anche
se Viviana, poi, critica
l’organizzazione della
manifestazione: "Non c'era
sicurezza in piazza, è un
aspetto che è mancato
completamente. Se i soccorsi
fossero arrivati più in fretta,
le condizioni dei miei genitori
sarebbero meno gravi. Ne sono
certa". Rincara la dose, Danilo:
"Chiunque fosse lì ha visto che
qualcosa non ha funzionato.
C'era gente con le bottiglie di
birra persino negli ospedali.
Abbiamo visto scene che non ci
saremo mai aspettati". A chi
chiede loro della opportunità di
svolgere i festeggiamenti
patronali rispondono: "Non si è
ancora capito cosa è successo
quella sera. Ci vuole una pausa,
forse è sbagliato fare la festa.
Bisogna aprire una riflessione
più profonda. È successo
qualcosa di troppo grande quella
sera". Di certo c’è soltanto che
il futuro riserverà anche a loro
un percorso a ostacoli: "Entrambi abbiamo un lavoro e
non possiamo permetterci di
perderlo. I nostri genitori
hanno bisogno di assistenza, di
persone che li aiutino. Dovremo
pensare ad adattare le nostre
auto e le case alle loro
condizioni. Non riusciamo a
immaginare il dopo. Sappiamo
solo che ci servirà aiuto".
Quello offerto dai legali dello
studio Grande Stevens sarà
proprio in quest’ottica
fondamentale. Nei giorni a
seguire non intendono abbassare
minimamente l’attenzione dei
media sulle criticità e
comunicano aggiornamenti sulle
condizioni dei genitori: "Le
situazioni restano critiche,
nostra madre è in prognosi
riservata e non ci hanno ancora
detto quello che sarà. Ma le
autorità sono state molto
presenti e si sono fatte sentire
spesso. Gli interventi,
comunque, sono andati
tecnicamente bene. Ora vogliamo
che resti viva questa
solidarietà perché ci serve
concretamente e non solo
umanamente. Le indagini ? A noi
interessa curare al meglio i
nostri genitori. Quello che farà
la magistratura, il Comune di
Torino e le cause al momento non
ci sfiorano lontanamente".
A CASA -
Nonostante le ripetute
complicanze Vincenzo D’Ingeo
riesce a riassorbire la
problematica polmonare e nel
mese di luglio viene dimesso dal
San Giovanni Bosco, facendo
ritorno a casa per la
convalescenza assistita. Dicono
i figli: "Papà ha avuto un
recupero lampo, che ha
meravigliato anche i medici"…
Ritornando ai fatti: "Mio papà,
quando racconta quel momento,
ricorda solo di essere stato
calpestato da una massa di
persone, schiacciato
ripetutamente a terra. Non
riusciva a rialzarsi. Poi lui e
mamma hanno perso i sensi"… In
clinica Marisa Amato, nonostante
abbia un quadro clinico molto
compromesso, qualche settimana
prima di natale registra un
videomessaggio che rivela la sua
solida tempra. Poi, a un anno
dalla tragedia, scrive sulla sua
pagina social: "Un periodo
lungo, colmo di sofferenza e di
fatica... Fisica e mentale. Oggi
più che mai conosco il valore
della famiglia in ogni
sfumatura... Parenti, amici,
conoscenti, compagni di vita
ricomparsi dopo anni, e poi voi,
voi della rete... Non meno
importanti degli altri. Tutto
questo calore costante e
ininterrotto ha fatto sì che
anche nei periodi più bui di
questo percorso mi abbia dato
quel pizzico di lucidità per far
sì che tornassi ad ascoltare il
mio istinto di sopravvivenza.
Voglio tornare a casa e vivere,
seppur in modo diverso, la mia
quotidianità fuori da queste
mura tristi di quello che è
l'ospedale, sempre e comunque
con la speranza di migliorare
questa mia condizione". Verrà
accontentata e fa ritorno per
qualche ora dalla sua famiglia,
sebbene in condizioni
irreversibili d’immobilità che
la costringono alla sedia a
rotelle per tetraplegici. Il
primo pranzo a casa con i propri
cari è una emozione fortissima,
tanto da condividerlo su
Facebook con un post: "Anche se
solo per alcune ore, con una
fatica incredibile mia e della
mia famiglia, ho pranzato con le
persone che amo nel salone della
nostra casa". Poi il ritorno al
reparto di Unità Spinale del
Cto, attrezzato al meglio per
questa prima fase più delicata
del recupero possibile. "È
sorprendente come riesca a
sorridere a tutti quando vanno a
trovarla", dice Danilo. Dopo un
lungo periodo di degenza tornerà
nella sua abitazione con
l’amorevole assistenza dei suoi
cari.
L’ASSOCIAZIONE
- Avevano già creato una
pagina facebook ad hoc
("Aiutiamo Marisa Amato") ma ora
i figli costituiscono una onlus
a nome della madre per
raccogliere fondi di solidarietà
in favore delle sue onerose cure
mediche necessarie per
garantirle una esistenza
dignitosa. La chiamano "I Sogni
di Nonna Marisa" e viene
supportata da altre
associazioni, fra le quali
spicca "Quelli di… Via
Filadelfia", fondata da Beppe
Franzo con alcuni tifosi della
curva juventina, da sempre in
prima linea non soltanto per il
sostegno alla squadra
bianconera, ma soprattutto per
la solidarietà sociale. E’ di
nuovo natale quando alcuni
calciatori delle due squadre
torinesi contribuiscono
generosamente alla causa. La
sostiene con affetto anche
Claudio Marchisio. L’ex
calciatore della Juventus scrive
così nel suo profilo social: "Durante le feste si sente
parlare spesso di generosità. A
volte mi chiedo cosa significhi
davvero essere generosi. Era il
3 giugno 2017, c’era la finale
di Champions League tra Juventus
e Real Madrid anche se il calcio
questa volta non c’entra. Marisa
insieme al marito stava
passeggiando nei pressi di
piazza San Carlo, quando
all’improvviso una folla in
preda al panico, in fuga dalla
piazza, li ha investiti. A causa
dei traumi subiti oggi Marisa è
paralizzata. Credo che da un
gioco del destino così crudele
possano nascere sentimenti di
rabbia, sfiducia e frustrazione,
invece Marisa non solo non si è
arresa ma ha deciso di fondare
@ISognidiNonnaMarisaOnlus con
l’obiettivo di aiutare persone
che soffrono di disabilità
motoria. In questo Natale,
Marisa e la sua storia mi hanno
regalato la miglior definizione
di generosità che potessi
aspettarmi". Proprio per volontà
di Marisa una parte dei
contributi raccolti
finanzieranno un complesso
intervento chirurgico per un
bambino di 12 anni con problemi
motori.
LA PRIMA UDIENZA
- Non soltanto solidarietà, ma
anche giustizia. Con questo
spirito Marisa Amato aveva
partecipato di persona
all’udienza preliminare del
processo alle cariche
istituzionali nell’ottobre
scorso. Assistita dall'avvocato
Nicola Menardo dello studio
legale Grande Stevens e
trasportata da un’autombulanza,
si era presentata in carrozzina
nell’aula bunker del processo,
alla periferia di Torino (lo
stesso utilizzato per i
dibattimenti di mafia e
terrorismo). In un messaggio
messo agli atti della
magistratura aveva scritto: "Il
23 ottobre 2018 è una data che
corrisponde a 507 giorni di vita
inaccettabile, fitta di
sofferenza, dolore, mio e dei
miei cari. Non credo nei
miracoli ma dal 3 giugno 2017
non desidero altro che
migliorare questa situazione
terribile. Pretendo però di
avere la possibilità per
tentarle tutte, vivendo ogni
giorno dignitosamente e
soprattutto di non dover gravare
anche economicamente sui miei
figli. Anche oggi in tribunale
noi quattro uniti !". La sua
costituzione di parte civile
pesa come un macigno, da un
punto di vista etico, sulle
difese. Purtroppo questa sarà
anche la sua prima e ultima
volta in tribunale. In passato,
Pablo Trincia, in un servizio
televisivo per la trasmissione "Le Iene", aveva raccolto la
testimonianza della signora
Marisa dal letto di ospedale al
Cto: "Farò di tutto per
riprendere la mia vita in modo
dignitoso. Non mi arrendo e
spero di farcela". Ritornando
indietro all’incidente: "In
quell’istante la folla si è
girata e ci ha travolto tutti e
due… Ho cercato di resistere
perché volevo rialzarmi, ma poi
non ce l’ho fatta. Mi sono detta
ora muoio e mi sono lasciata
andare. Da quel momento non mi
ricordo più nulla… Mi sentivo
soffocare… Mi dicevano di
muovere le dita, ma io non
riuscivo. E poi ho realizzato
che non sentivo neanche le
gambe"… Ma non cedendo mai alla
disperazione: "Trovo la forza
nella mia famiglia, spero che i
miei nipoti possano presto
sentire la mia voce… Non dico
accarezzarli, anche se è quello
che desidero in questo momento".
LA NASCITA AL CIELO
- A gennaio il suo cielo
precipita. Mercoledì 23.01.2019
serie complicazioni nel suo
stato di salute preoccupano i
familiari che l’accompagnano al
Pronto Soccorso del Cto di
Torino. Marisa, pur comprendendo
di ora in ora d’essere in serio
pericolo di vita, resta
perfettamente lucida e serena
davanti ai propri cari attorno
al suo capezzale. Un versamento
pleurico è stato immediatamente
drenato, ma è trasferita in
Terapia Intensiva per
"un'infezione alle vie urinarie
che le ha provocato una grave
disfunzione polmonare". Lei,
comprendendo molto bene la
situazione, con educazione si
rivolge al dirigente del reparto
per le ultime volontà. Il Dott.
Maurizio Berardino, quindi, le
rende note a tutti: "ha espresso
con lucidità e fermezza la
volontà che la terapia,
soprattutto il supporto
respiratorio, non prevedesse
mezzi invasivi come
l'intubazione tracheale o la
tracheotomia, qualora la
ventilazione non invasiva non
risultasse sufficiente, pur
avendo ben chiaro che questa
decisione avrebbe potuto
portarla ad un peggioramento
fatale". Pur aggravandosi non
vuole perdere coscienza fino
all’ultimo. È sorretta con
discreti risultati da una
ventilazione non invasiva, ma,
poi, si aggrava per un brusco
cedimento cardiovascolare. Sono
le otto di mattina del 25
gennaio 2019 quando Marisa perde
definitivamente conoscenza.
Un’ora e un quarto dopo, all’età
di 65 anni, insegnandoci una
piccola lezione di vita sulla
dignità degli ultimi istanti,
"attorniata dai familiari" si
congeda dalla terra per la
nascita al cielo. Il dottor
Berardino spiegherà: "è stato un
cedimento cardiovascolare brusco
a causare la morte. Il cuore ha
ceduto a un aumento di lavoro
dato dalla sua difficoltà
respiratoria favorita da una
infezione urinaria. Quello che è
accaduto è una catena di eventi
che si succedono e che vanno a
incidere sulle debolezze che il
paziente ha… È rimasta lucida
sino alla fine e ha chiesto lei
che nel caso di peggioramento
non ci fosse accanimento
terapeutico ma non è quella
decisione la causa della morte,
è stato il cuore, perché erano
due giorni che stava facendo un
lavoro superiore alla sua
riserva funzionale. Fino a
questa mattina alle 8 la
paziente è rimasta lucida e in
contatto e i valori delle prime
analisi della mattina erano non
i migliori ma ancora
accettabili".
LA FAMIGLIA
- Viviana rilascia all’Ansa le
sue prime parole nel lutto: "È
stata dura, molto dura. È stato
impegnativo per tutti, abbiamo
trascorso un periodo difficile,
complicato. Ripenserò sempre a
questi momenti così pesanti, ma
lo farò con la consapevolezza
che abbiamo fatto tutto ciò che
potevamo per aiutare la mamma.
Quando vuoi bene a una persona,
qualunque sacrificio non pesa.
Mia madre è stata grande. Adesso
sarà un altro periodo
complicato, ma oggi è il giorno
in cui prevale la disperazione".
Danilo, invece, in un filo di
voce: "Era ricoverata al Cto da
martedì, ormai le forze avevano
abbandonato del tutto mia madre.
Lei ha sempre lottato, ci ha
sempre creduto, non si è mai
persa d’animo. E anche quando ha
lasciato l’ospedale, ed è
tornata con noi a casa, ha
continuato a crederci. Lo ha
fatto fino alla fine. Le parole
lasciano il tempo che trovano.
Siamo addolorati, tristi. È
inevitabile. Ma sappiamo che ce
l’abbiamo messa tutta. Mamma,
però, era stanca. Tanto stanca.
Ce l’ha messa tutta, non le si
può rimproverare nulla. Ma alla
fine la stanchezza ha prevalso".
Sul padre Vincenzo, aggiunge: "Sta reagendo come chiunque
subisca un lutto così grave.
Dopo tanti mesi di fatica e
sofferenza arriva anche un po’
di rabbia per non avercela
fatta. La volontà di uscire da
quest’incubo c’era, c’è sempre
stata. Da parte di tutti, di
tutta la famiglia. Non c’è stato
un attimo di tregua. Siamo
sempre stati tutti uniti, vicini
gli uni agli altri. Abbiamo
combattuto anche noi con lei. La
nostra è una famiglia unita. Lo
sapevo, non ho mai avuto dubbi.
Pensavo che fosse perfetta e
questa tragedia me lo ha
confermato. Mia madre si è
sempre raccomandata che
andassimo tutti d’accordo, che
non ci fossero problemi o
attriti tra me e mia sorella,
tra noi e i nonni, gli zii e i
cugini. La nostra famiglia unita
è l’immagine che voglio portare
con me ogni volta che penserò a
questa indescrivibile tragedia".
Fuori alla clinica, ancora una
dichiarazione d’impegno di
Danilo: "Continueremo la sua
battaglia. Quella che aveva
iniziato con la onlus "I sogni
di nonna Marisa" per aiutare
tutti coloro che soffrono di
disabilità motorie. È sempre
stata una donna forte, che non
si dava mai per vinta. Negli
ultimi giorni, però, era stanca
per quei miglioramenti che non
arrivavano. Sentiva che il suo
corpo era fragile e, in qualche
modo, ci aveva preparati a
questo momento".
LE REAZIONI
- Chiara Appendino, a nome della
città, esprime pubblicamente il
suo pensiero: "Appresa la
notizia del decesso di Marisa
Amato questa mattina al CTO, la
Sindaca Appendino, a nome della
Città di Torino, esprime
profondo dolore e sincera
vicinanza ai familiari in questo
difficile momento". Proclama il
lutto cittadino per il giorno
dei funerali.
In
una nota si aggiungono gli altri
consiglieri comunali della
maggioranza: "Come Gruppo
Consiliare del Movimento Cinque
Stelle ci uniamo al cordoglio
della sindaca e della Città di
Torino per la scomparsa di
Marisa Amato. Esprimiamo
vicinanza alla famiglia e a
tutti i suoi cari".
All’opposizione, il capogruppo
del Pd in consiglio comunale,
Stefano Lo Russo tuona: "Siamo
vicini ai familiari che in
questi lunghi mesi di sofferenza
hanno sempre mostrato una
compostezza esemplare. La Città
ha oggi più che mai bisogno di
verità. Ha bisogno di conoscere
chi sono i responsabili dei
fatti accaduti quella tragica
notte. Chi non ha lavorato come
avrebbe dovuto per garantire la
sicurezza, chi colpevolmente non
ha svolto il suo dovere, chi
banalmente ha sottovalutato
rischi e pericoli. Auspichiamo
che il processo che sta per
partire sui fatti di quella
tragica notte arrivi con rigore
e rapidità all’individuazione
dei colpevoli, anche solo per
rendere giustizia a chi oggi non
c’è più e all’intera Città di
Torino. Ma anche per evitare che
tragedie simili possano
ripetersi". Maurizio Marrone e
Augusta Montaruli (Fratelli
d’Italia) parlano di "una ferita
ancora sanguinante nel cuore di
Torino".
GLI ACCERTAMENTI
- La procura di
Torino dispone l'autopsia sulla
salma per escludere malattie
congenite e giudicare
correlabili col decesso le
lesioni riportate sul corpo il 3
giugno 2017. Di conseguenza a 19
mesi dalla scomparsa di Erika
Pioletti il quadro giudiziario
per gli indagati sui fatti di
piazza San Carlo si aggraverà
ulteriormente, aggiungendo un
secondo capo d'imputazione per
omicidio colposo. Persino i
giovinastri della banda del
peperoncino, per voce del
proprio avvocato, dichiarano di
essere "dispiaciuti e tristi per
ciò che è accaduto… Ancor di più
dopo la terribile notizia" e che
"risponderemo alle domande dei
giudici… Con assoluta
sincerità".
Prima delle esequie, sono
indagati una quindicina di
medici sui protocolli di
diagnosi e soccorso messi in
atto sulla paziente all’arrivo
nei nosocomi. Aperto dal
Procuratore Vincenzo Pacileo un
fascicolo di accertamento per i
medici dell'ospedale Maria
Vittoria e delle Molinette, al
fine di stabilire, con la
consulenza forense di due
specialisti, se la tetraparesi
della donna potesse essere
causata da loro approssimazione
nella fase di primo soccorso,
per non averle diagnosticato e
trattato per tempo la lussazione
vertebrale che l’ha resa
tetraplegica. Sarà l’esame
autoptico in presenza di tutti i
legali (Consulente della Procura
e della famiglia della vittima,
nonché eventuali periti di parte
nominati dalle difese) a fornire
le risposte basilari per
l’inchiesta. Riepilogando
brevemente i fatti: Marisa
giunge all’ospedale Maria
Vittoria con alcune fratture
causate dall’investimento del
fiume in piena di folla nel
panico. Sottoposta alla Tac, il
primo gruppo di medici non
rileva la lesione alle vertebre.
Nel caos generale dei soccorsi,
la signora viene trasferita alle
Molinette dove anche il secondo
team sanitario non si accorge
del trauma gravissimo già in
corso. Indubbiamente c’è
l’omissione del primo referto,
ma aggravata dalla nuova
"imperizia diagnostica" loro
contestata. Pertanto, muovendo
gambe e braccia, le viene
sfilato il collare che
inconsapevolmente trattiene la
lesione della colonna
vertebrale. Due giorni dopo
sopraggiungono la paralisi agli
arti e le complicanze polmonari.
Per la cronaca già archiviata
dal Gup Vitelli una precedente
indagine in merito ad una
manovra di intubazione errata
della donna non trascritta sulla
cartella clinica… L’autopsia
eseguita dal medico legale
Fabrizio Bison sgombra ogni
dubbio sulla remota possibilità
che la signora fosse già affetta
da malattie congenite,
attribuendo il decesso alle
ferite riportate in piazza San
Carlo il 3 giugno 2017 come
conseguenza dei noti misfatti.
Pertanto la morte di Marisa
aggrava l’imputazione nei
procedimenti in svolgimento.
I FUNERALI
- Il 6.02.2019 dentro la
chiesa di Santa Rita a Torino,
gremita di persone, si svolgono
alle 11.00 i funerali di Marisa.
Come previsto dall’ordinanza
dell’Appendino le bandiere sono
esposte per tutto il giorno a
mezz’asta sugli edifici di enti
pubblici e privati, scuole di
ogni ordine e grado. Sospese le
feste e le manifestazioni
musicali all’aperto. La città,
la Sindaca, l'assessore
regionale alla Cultura Antonella
Parigi e le autorità si
stringono attorno ai familiari
durante le esequie. Un lungo
abbraccio stringe Chiara
Appendino, in lacrime, a
Viviana, Danilo e Vincenzo
D'Ingeo. Numerose le corone di
fiori sul posto. Si notano
quella della Città di Torino,
della Juventus Football Club e
del Comitato "Per non
dimenticare Heysel" di Reggio
Emilia. Don Roberto Zoccalli,
officiante del rito e parroco
della comunità, legge durante
l’omelia una preghiera inviata
dall’Arcivescovo di Torino,
Cesare Nosiglia: "Il Signore
susciti, in chi ha determinato
con il suo comportamento la
tragedia di piazza San Carlo, un
sussulto di dignità e di rimorso
delle coscienze. Un sussulto che
sfoci nell’assunzione delle
proprie responsabilità,
riconosciute davanti alla
giustizia umana che è condizione
necessaria per ottenere la
misericordia di Dio". Poi
aggiunge di suo: "Una preghiera,
quella dell’arcivescovo, anche
per la nostra città ferita. La
morte di Marisa susciti in ogni
suo cittadino responsabilità
della cosa civile e un forte
impegno di ripresa morale
fondata sui valori cristiani e
civili". E nel riprendere coglie
un pensiero della nipotina di 6
anni della signora: "C’è
tristezza e dolore, ma non ci
sia disperazione. Oggi, con i
famigliari di Marisa, ci poniamo
questa domanda: perché Gesù fa
accadere queste cose ? La
risposta arriva dalla nipotina
di Marisa: la nonna è andata via
perché ci ha insegnato tutto
quello che doveva insegnarci.
Marisa ci ha insegnato a essere
attenti agli altri. L’ha fatto
anche sulla sedia, quando
avrebbe potuto pensare solo a sé
stessa. Marisa ci consegna
questo tesoro, a tutti noi,
nella tragedia che ha colpito
questa città". Un po’ meno
riconcilianti le parole del
fratello della vittima,
Francesco Amato, raccolte dal
cronista, fuori alla chiesa: "Io
un po’ di rabbia ce l’ho, lei
quella parola non l’ha mai
conosciuta. Marisa è stata
sempre altruista e a volte non
l’ho condivisa totalmente. La
presenza della sindaca Appendino
? Ai miei nipoti ha fatto
piacere, io condivido le parole
dell’arcivescovo Nosiglia.
Ognuno in famiglia può avere
reazioni diverse, io rispetto i
miei nipoti, ma sono più cinico.
Forse dovremmo fare tesoro delle
parole dell’arcivescovo.
Perdonare tutto ? Ci proverò".
Profondamente commosso Vincenzo
D’Ingeo, il marito, con in
braccio una delle amate
nipotine, mette in fila
pensieri: "Non mi aspettavo
tutta questa gente… Mi è
dispiaciuto vederla soffrire…
Sono felice che oggi sia venuta
la sindaca Appendino: è sempre
stata presente ed è venuta a
trovarci in ospedale". A lui fa
eco la promessa dei suoi figli:
"Porteremo avanti tutto quello
che nostra madre ha fatto in
questo anno e mezzo. Ci ha
voluto trasmettere la sua
forza"... "Vedere la sindaca
Appendino ci ha fatto piacere,
ora speriamo che l'associazione
"I sogni di nonna Marisa", che
abbiamo voluto insieme a mia
mamma vada avanti"…
In chiesa c’era anche
Thomas, il ragazzino sulla sedia
a rotelle che grazie
all'associazione voluta da
Marisa potrà sottoporsi ad un
delicato intervento alle gambe.
La ricorda così: "Era una
persona di una simpatia
incredibile. L'avevo vista pochi
giorni prima e quando ho sentito
in radio che era morta non ci
potevo credere. Mi è venuto un
magone incredibile"… Riproposta
la richiesta dell’associazione
dei tifosi bianconeri "Quelli
di… via Filadelfia": "Chiediamo
alla sindaca di onorare le
figure di Marisa Amato ed Erika
Pioletti. In assenza di un
riscontro a breve,
interpreteremo tale silenzio
come la non volontà da parte
della sua Giunta di onorare la
memoria delle due donne".
L’ERRORE DEI MEDICI
- Alla fine di settembre le
conclusioni della perizia,
disposta dal giudice di Torino
Stefano Vitelli, determinano con
certezza assoluta che la signora
Amato giunse al primo nosocomio
"Maria Vittoria" con una
microfrattura composta cervicale
visibile dalla Tac, trascurata
dal radiologo e purtroppo non
trascritta nel primo referto. La
struttura la definì una
"microfrattura cervicale di
entità limitata e nell’assenza
di altri segni correlabili alla
gravità della patologia". È pur
vero che la paziente
evidenziasse altre gravi lesioni
ben più vistose, tra cui uno
schiacciamento sternale e
facciale, alle quali i medici
diedero la massima priorità
nell’urgenza. Nel seguente
trasferimento alle Molinette
anche gli altri sanitari
coinvolti nel soccorso, ignari
della presenza della lesione
alla colonna vertebrale non
certificata, commisero a loro
volta l’errore di non
riscontrarla, pur operando
correttamente e tempestivamente
il trattamento chirurgico degli
altri traumi segnalati dal Maria
Vittoria. Le cause della morte
della signora Marisa sarebbero,
quindi, da riferirsi certamente
alle complicanze della
tetraplegia sopraggiunta nelle
ore successive al secondo
ricovero, causata dal fatale e
colpevole ritardo delle 2 équipe
mediche nella scoperta della
frattura cervicale. Davanti ad
una grave e duplice omissione
come questa si oppongono le
uniche ragioni della difesa: la
drammatica complessità delle
condizioni generali di salute
della paziente e il carico
straordinario di lavoro che il
personale medico e paramedico
dovette affrontare
nell’emergenza sanitaria. Il
pubblico ministero Vincenzo
Pacileo, in base alle
conclusioni del Gup, iscrive nel
registro degli indagati 15
medici contestando il reato di
"omicidio colposo da
responsabilità medica". A occhio
e croce per tredici di loro si
procederà all’archiviazione del
caso, non per i due radiologi
degli ospedali torinesi per i
quali nel giugno 2020 è chiesto
il rinvio a giudizio a
conclusione delle indagini. La
motivazione per entrambi è che "concorrevano a cagionare la
morte avvenuta per shock
settico, favorita dalla
condizione di tetraplegia e
dall’essere rimasta forzatamente
a letto". L’avvocato difensore
del primo medico dichiara: "Riteniamo di riuscire a
dimostrare, già in sede di
udienza preliminare che quella
disgraziata notte non vi erano
all’ospedale Maria Vittoria le
condizioni oggettive per rendere
una prestazione più attenta a
causa dell’enorme afflusso di
pazienti che si verificò. Il
dottor Rusciano fece tutto
quello che, in quel contesto,
era umanamente possibile".
L'UDIENZA PRELIMINARE
-
In maggio 2020
nell’udienza preliminare si
stabilisce che un solo radiologo
prestava servizio al pronto
soccorso dell’Ospedale in corso
Tassoni, la sera del 3 giugno
2017. Marisa è arrivata in
ambulanza tra i primi feriti, in
"condizioni gravissime" e
sottoposta immediatamente ad una
"Tac total body" per analizzarne
le fratture. L’esame è durato
per mezzora mentre la struttura
si affollava di tanti altri
feriti. Lo specialista ha dovuto
refertare 150 esami diagnostici,
di cui almeno un terzo, durante
l’osservazione della tremila
immagini della Tac alla paziente
tra cui sono sfuggite
all’identificazione le 15 nelle
quali era visibile la piccola
frattura cervicale composta
(senza gonfiore o edemi) che
causerà la lesione midollare e
la sua tetraplegia. È proprio
questa eccezionale mole di
lavoro che potrebbe scagionare i
medici. Le difese la rivendicano
come giustificazione plausibile
al giudice "in un contesto
soggettivo difficile, con un
numero di pazienti dieci volte
superiore a quello della
settimana prima o di quella
dopo" per cui non fu possibile
"l'inesigibilità di un
comportamento da parte dei
radiologi diverso da quello che
hanno tenuto" e per cui la
colpa, eventualmente accertata,
dovrebbe considerarsi "imperizia
lieve", non punibile penalmente.
Qualcosa di molto analogo al
recente "scudo penale" che ha
protetto durante l’emergenza
Covid i sanitari oberati da un
numero sproporzionato di
pazienti da assistere con
scarsità di personale e mezzi.
Il gup prende tempo per decidere
sul rinvio a giudizio o sul
proscioglimento degli imputati.
Nuova udienza il 31 maggio.
3 giugno 2017
Fonti:
Torino.repubblica.it - La
Repubblica - Lastampa.it -
It.blastingnews.com - Fanpage.it
- Adnkronos.com - Torinoggi.it -
Iene.mediaset.it - Cronacaqui.it
- Nuovasocieta.it - Cisiamo.info
-
© Fotografie:
Fanpage.it
-
Torino.corriere.it
MARISA AMATO
Una Mamma,
Una Nonna, Una Vera Guerriera
di Marie Biondini
Voglio raccontarvi la storia di
una mamma, una nonna e una
famiglia straordinaria. Del
coraggio e della forza con la
quale lottano da mesi e
dell’amore che li unisce, un
amore unico e speciale. Mamma
coraggio, mamma guerriera,
Marisa è la mamma di Viviana una
delle mie amiche più care. Una
donna super speciale che ha
avuto la sfortuna di trovarsi
nel posto sbagliato al momento
sbagliato (Torino, Piazza San
Carlo, 3 giugno 2017, finale
Champions League) e questo ha
distrutto la sua vita e quella
della sua famiglia. Poteva
succedere a chiunque, il fatto
che sia la mamma di una mia
carissima amica, mi ha toccato
profondamente. Una nonna non
presente, di più ! Sempre pronta
ad aiutare i figli e sempre
disponibile con i 4 piccoli
nipoti che accudisce e cresce
con amore e dedizione aiutando i
figli quando sono al lavoro.
Pensate che col marito ha
recentemente cambiato casa per
avvicinarsi alla scuola delle
nipotine e poter aiutare
Viviana. Sempre allegra,
sorridente e soprattutto tanto
dolce, sono gli aggettivi che mi
vengono in mente quando penso a
lei. Adora follemente i bambini
e anche con i miei figli ha un
approccio dolcissimo !
Ed ecco che Marisa Amato si
ritrova a passeggiare per via XX
settembre a Torino dopo aver
mangiato la solita farinata del
sabato sera con l’adorato marito
Vincenzo, proprio la sera della
finale di Champions League il 3
giugno scorso. E proprio per
controllare il risultato della
partita che si avvicinano al
maxischermo; una pura curiosità
visto che non sono assolutamente
tifosi e la mamma non conosce
nemmeno le regole del calcio. Il
tempo di sentirsi dire "Mari
andiamo stanno perdendo", che
parte il boato e la folla fugge
all’impazzata. Invano prova ad
afferrare il braccio della
moglie con l’idea di mettersi al
riparo dietro la piglia… (non
avercela fatta è il suo più
grande rimorso). Riesce
fortunatamente ad avvisare la
figlia Viviana di quanto
accaduto con una telefonata. Lei
era a letto con la sua famiglia
quando sente il boato e l’inizio
di quel rumore stridulo e
freddo, il rumore del vetro
!
Vive quei momenti di terrore
dalla finestra chiusa con la
bimba piccola stretta al collo.
Il tempo di inviare un messaggio
a tutti per rassicurarli che su
sky tg 24 parlano di un falso
allarme attentato e sente
un’ondata di urla; urla e pianti
della gente che avendo perso le
scarpe cerca di scappare a piedi
nudi calpestando i vetri rotti a
terra. Il padre la chiama e con
un filo di voce riesce a dire: "Chicca sto morendo, vieni
subito, voglio vederti, perdo
sangue ovunque, non riesco a
respirare". Lei pensa ad uno
scherzo a seguito del suo
messaggio, ma poi la voce di uno
sconosciuto la porta alla
realtà: "Viviana corri più che
puoi, tuo padre sta morendo !".
Non posso immaginare cosa capiti
nella testa di chi sente queste
parole, so solo che ha corso
all’impazzata per raggiungere il
padre. Le si presenta
un’immagine che mai più potrà
cancellare: il papà seduto su
una sedia di plastica con
camicia strappata, insanguinata
e volto irriconoscibile con
sangue che usciva da occhi e
naso che con un filo di voce
continuava a dire "sto morendo,
sto morendo, vai a cercare la
mamma" tenendo stretta la mano
tremante. Viene poi trasferito
al pronto soccorso a bordo di
una camionetta della polizia
insieme ad altri feriti, ci
vogliono 3 tentativi per trovare
posto, a seguito dell’incidente
tutti gli ospedali sono
intasati.
Nel frattempo il
fratello Danilo, avvisato anche
lui telefonicamente dal padre
scappa letteralmente di casa
senza dire praticamente niente
alla moglie e agli amici che
aveva ospitato a casa proprio in
occasione della partita. Con
loro prende l’auto e corre
direttamente verso il centro
città. Lo scenario in piazza è
drammatico: sangue ovunque,
scarpe, un manto di vetri, di
sciarpe e bandiere bianconere…
Qualcuno iniziava a mettere in
fila tutte le scarpe spaiate in
modo da permettere magari a
qualcuno di recuperarle… Un
passeggino era letteralmente
spezzato e spiaccicato per
terra… Faceva fatica a camminare
sui vetri. Appurato che Viviana
si stesse occupando del papà
inizia la ricerca disperata
della mamma. Assieme agli amici
controlla tutti i punti raccolta
dei feriti, guarda per terra le
facce di tutti le persone
sdraiate o appoggiate ai muri…
Ferma ogni carabiniere,
poliziotto e vigile del fuoco
che avesse un foglio in mano con
scritti i nomi dei feriti che in
teoria erano già stati portati
via. Le telefonate agli ospedali
davano sempre gli stessi esiti:
"non sappiamo i nomi delle
persone arrivate qui in pronto
soccorso… È un delirio… Richiami
tra un’ora". "Non ricordo quanto
siamo stati lì a cercare mamma;
fatto sta che ad un certo punto
abbiamo ritenuto fosse più utile
spostarci nei singoli ospedali.
Ma ovunque stesse scene, sangue
ovunque, code lunghissime di
attesa di feriti con qualche
taglio, confusione in
accettazione e sempre esito
negativo". Viviana e suo
fratello Danilo troveranno la
mamma alle 2 di notte, distesa
su di una barella,
irriconoscibile, il viso
completamente insanguinato e
gonfio. Senza rendersene conto
Marisa si era ritrovata a terra
calpestata dalla folla impazzita
e terrorizzata. Fatica a
respirare, perde i sensi e viene
soccorsa da alcuni ragazzi fino
a quando viene portata
all’Ospedale Maria Vittoria,
dove fortunatamente riprende i
sensi e riesce a dettare il
numero di telefono del genero ad
un’infermiera. Le condizioni
sono critiche ed inizia il
calvario. Su consiglio del
medico di guardia viene
trasferita all’ospedale Le
Molinette per un delicato
intervento al torace, per
prevenire un infarto, un ictus o
qualcosa di ancora più
irreparabile. Scampato il primo
intervento iniziano a riempirla
di fili, tubi per drenaggi ai
polmoni per farla respirare e
restano in attesa del chirurgo
maxillo facciale per valutare le
presunte fratture multiple al
viso. Col passare delle ore la
situazione non migliora, anzi
sopraggiungono ulteriori
problemi respiratori ad
aggravare una diagnosi al limite
del sopportabile, dolorosa, no
forse di più, tremenda: una
lesione midollare importante le
sta impedendo di respirare
nonostante l’ausilio dei
macchinari. Subisce due
interventi alle vertebre
cervicali ed una tracheotomia
per togliere il tubo dalla gola
che le sta causando decubito e
dolori atroci. Dopodiché
iniziano i test medici per
valutare l’entità della lesione
alla colonna cervicale; i
movimenti sono limitati al collo
purtroppo !
Nel frattempo il marito Vincenzo
è ricoverato con codice rosso:
entrambi i polmoni perforati,
difficoltà respiratorie e
rischio di emorragie interne,
frattura in 5 punti della
clavicola destra, frattura di
tutte le costole, trauma cranico
e ferita al sopracciglio
dell’occhio destro. Insomma un
quadro clinico non proprio
idilliaco ! La sua lucidità ha
sconvolto molto di più i medici
dei famigliari ma per fortuna
non hanno sottovalutato la
situazione. Dopo due giorni di
rianimazione viene trasferito in
reparto dove ahimè la situazione
riprecipita a causa dei polmoni.
Urge un intervento per ripulire
i polmoni da un’emorragia, il
chirurgo lo presenta come un
breve intervento di 1 ora e
mezza, invece le ore di attesa
diventano 3,4,5,6,7 e 8; una
complicazione allunga
drasticamente i tempi; il primo
quadro dell’anestesista spaventa
nuovamente tutti. Non sanno se
il polmone si riprenderà e se
riuscirà a superare
l’intervento. A Viviana e Danilo
crolla nuovamente il mondo
addosso potendo esserne solo
spettatori… Che orribile
sensazione l’impotenza ! È forte
papà Vincenzo, stupisce tutti
reagendo con tutto sé stesso, ma
nonostante i suoi sforzi un
secondo intervento di
tracheotomia si rende
necessario, e così anche lui non
parlerà per un po’. Segue la
trafila di togli e metti i
drenaggi ad entrambi i polmoni
che piano piano si sistemano,
riprende la nutrizione,
ricomincia a parlare, si rimette
in piedi e ricomincia a
muoversi. Nel giro di un mesetto
viene dimesso, a turno i figli
lo aiutano a vestirsi la
mattina, gli preparano da
mangiare e lo medicano. Dopo
circa un mese, fortunatamente,
gli viene permesso di andare a
trovare la sua amata moglie
Marisa. Solo in quel momento
viene realmente informato dello
stato di salute della moglie. I
figli hanno preferito aspettare
che si riprendesse per non
creargli ulteriori difficoltà.
Io vengo a sapere dell’accaduto
leggendo alcune frasi pubblicate
da Viviana sul suo profilo
Facebook. La contatto e mi
racconta di questa tragedia.
Piango. Non con lei ovviamente,
ha già abbastanza pensieri,
manco pure io a rincarare la
dose… Piango perché poteva
toccare a chiunque.
Perché
la diagnosi nella migliore delle
ipotesi è una paralisi dal collo
in giù. Perché nessuno merita di
vivere così. Perché mi sento una
cacca per aver appena fatto un
capriccio per una bella borsa,
idiozia pura ! Perché, quando
meno te l’aspetti e la vita
sembra essere perfetta può
succedere un patatrac che
capovolge tutto ! Tutti i tuoi
piani, viaggi, scuola, famiglia,
tutto ! Viviana riesce a non
dormire per 36 ore filate. Il
suo unico pensiero è stare con
la mamma. Lasciate le bambine in
buone mani, con papà e zii,
trascorre tutto il tempo a
fianco della mamma. La diagnosi
è terribile e il suo pensiero
più grande è che riesca a
comunicare per decidere come
affrontare la vita.
Passano i giorni, le settimane,
i mesi. Dopo due mesi i polmoni
iniziano piano piano a
ripulirsi, la deglutizione
sembra dare un minimo di
possibilità che possa forse un
giorno tornare a mangiare
masticando. Subentrano
fortissime emicranie per le
quali, dopo vari tentativi,
trovano una pozione magica !
L’entusiasmo viene subito
smorzato dall’inizio di nausee
fortissime. Trascorrono circa 4
settimane e i medici le
impongono di mangiare pasti
completi per evitare
l’intervento di PEG (un sondino
inserito direttamente nello
stomaco per la nutrizione). Nel
frattempo Marisa arriva a 40 kg,
troppo pochi per poter
continuare ad assumere tutti i
farmaci necessari a disfunzioni
renali, intestinali, emicranie,
nausea, insonnia e dolori vari.
Marisa è forte e anche in questo
frangente lo dimostra. Inizia ad
ingerire grandi quantità di
cibo; neanche nella sua miglior
forma fisica sarebbe riuscita a
mangiare così tanto. In poche
settimane le viene tolto il
sondino del naso che apportava
integratori e si normalizza la
problematica legata
all’alimentazione. Finalmente il
primario, Dott. Bernardino
(splendida persona a cui Marisa
sente di dover un abbraccio per
averle ridato un pezzo di vita)
dà il benestare per il
trasferimento all’unità spinale.
Sono quasi trascorsi 4 mesi da
quella sera. Nonostante i
disturbi e le nausee Marisa
continua imperterrita a mangiare
facendo sforzi pazzeschi, i
pranzi durano circa un’ora,
bocconi piccolissimi che mastica
a lungo e fatica a deglutire.
Inizia la riabilitazione per
poter parlare pochi minuti al
giorno. Fino ad oggi aveva
comunicato con l’ausilio di un
tabellone, posando gli occhi
sulle lettere per formare
parole, frasi. Inizia a parlare
con un filo di voce, un
progresso atteso da mesi.
Purtroppo per quanto riguarda la
parte motoria non ci sono
progressi, la paralisi resta a
livello del collo. Ancora una
volta Marisa stupisce tutti… Un
lunedì mattina mentre la figlia
Viviana si accinge ad entrare
nella stessa stanza rimane
immobile sull’uscio: la mamma
era seduta di fronte su una
carrozzina per tetraplegici,
bella dritta col busto ed un
sorriso splendido ! "Per quanto
mi fossi sempre preparata prima
di entrare in stanza quel giorno
non ero pronta abbastanza… La
commozione è stata inevitabile
ed assolutamente incontrollabile
!". Mi racconta. La mamma la
lasciò sfogare qualche secondo
ma ci tenne a precisare che non
si trattava di un progresso ma
solo di un percorso. "Erano mesi
che vedevo mia madre in un letto
di ospedale con il viso
sofferente… Come avrei potuto
non reagire in quel modo ?!? Per
fortuna ho voluto dirglielo
perché comprendesse che anche se
a lei la mia reazione di gioia
sembrava così ingiustificata,
non lo era ! E così sono
riuscita a coinvolgerla nella
mia emozione !!".
Oggi i progressi sono arrivati
fino ad avere una buona
autonomia respiratoria senza
ventilatore e a parlare per
alcune ore durante la giornata.
Mi sento poco con Viviana, la
penso spesso e mi manca. Mi
manca trascorrere del tempo con
lei, le bambine alle quali
Olivia è molto legata. Discorsi
spensierati sui look, regali,
giochi e vacanze. Quando penso a
lei, seduta con dedizione a
fianco della madre mi sento in
colpa. In colpa per la mia
felicità per la gioia con la
quale condivido la mia vita voi
bambini, i viaggi. Che gran
donna la mia amica. Figlia di
una guerriera che sta lottando
con tutta sé stessa. Non si
perdono d’animo sono presenti,
tutti. Che esempio di amore
infinito. Alcuni giorni fa LE
IENE ha mandato in onda
un servizio
sui fatti accaduti a Torino in
piazza San Carlo e con mia
grande sorpresa ho visto nonna
Marisa parlare con coraggio
della sua esperienza. Sentirla
parlare è stata la cosa più
bella ! Ero rimasta
all’estate quando non emetteva
suoni e comunicava posando lo
sguardo su un tabellone con
lettere.
Sentire la sua grande
forza nonostante il filo di voce
è stata un’emozione fortissima.
Il suo coraggio, donna coraggio,
mi ha spinta a voler parlare di
lei, di loro; una famiglia così
unita, così speciale. Nei
prossimi giorni avranno un
incontro con il medico curante
di Marisa, tutti insieme,
Viviana, il fratello Danilo e
papà Vincenzo. "L’intento è di
metterci di fronte alla dura
realtà più di quanto pensiamo di
esserci già dentro... Il
percorso riabilitativo comprende
tutto il nucleo familiare, tutti
noi che staremo vicino a mamma
dovremo saper sopperire a tutte
le esigenze, necessità ma
soprattutto saper fare tutto
anche se non avremo mai la
specializzazione da infermieri o
fisioterapisti. Ci insegneranno
a riconoscere i segnali di
innalzamenti pressori,
intasamenti vescicali, spostarla
dal letto alla sedia a rotelle,
cambiarla, pulirla. Purtroppo
l’Asl ci fornirà un supporto
minimo e sarà quindi necessario
chiedere ulteriore aiuto
infermieristico professionale
privato al quale noi famiglia
dovremo garantire assolutamente
la presenza in appoggio,
considerando che è e sarà una
persona invalida con necessità
di assistenza 24h/24. Ahimè
questi pazienti stanno nella
stessa posizione per alcune ore
e si sporcano rischiando piaghe
da decubito che sono una delle
prime cause di morte dei
pazienti tetraplegici (quelli
che considererei fortunati
perché raggiungono una sorta di
stato di stabilità clinica).
Insomma, papà non potrà più
permettersi di prendersi una
influenza ed io e mio fratello
saremo fondamentali seppur
sempre solo di supporto perché
papà resti in sé, non crolli e
faccia di tutto per trovare una
nuova vita con mamma". I
bambini, i suoi nipotini adorati
che ha sempre accudito con amore
e passione, invece, non ha
ancora potuto vederli. È ancora
troppo debole e poi nei pazienti
intubati il rischio è troppo
alto per poter stare a contatto
con bambini. L’obiettivo è
sperare che possa tappare
completamente la tracheotomia
(anche se è staccata dal
respiratore ha comunque una
valvola aperta). Il loro sogno è
che per Natale si possano
finalmente riabbracciare tutti
(anche se virtualmente).
Ci sono amicizie che vanno e
vengono quando hai figli tutto
cambia. E poi ci sono conoscenze
che si rafforzano fino a
diventare amicizie VERE e forti.
Magari non ci pensi però lo sai,
lo senti. Quando ad una di
queste succede qualcosa di
tragico ti tocca il cuore
profondamente. Ti voglio bene
AMICA MIA. Cara Viviana, ti
ringrazio per avermi permesso di
condividere questa tragica
storia triste che racconta di
paura, dolore, ma soprattutto di
un amore vero e forte, più di
tutto e tutti.
Con profonda ammirazione.
Marie
9 novembre 2017
Fonte:
Easymomswissmade.com
© Fotografie: Torino.repubblica.it
- Cisiamo.info - Facebook -
Easymomswissmade.com
Marisa hai Amato
di Domenico Laudadio
Parole, quasi una
lettera dedicata alla Signora
Marisa Amato, scomparsa ieri per
complicanze causate dalle
gravissime lesioni riportate
nella folle calca del 3 giugno
2017 durante la proiezione della
finale di Champions League della
Juventus sul maxi schermo in
piazza San Carlo a Torino.
Arduo intessere le trame di
parole in un elogio funebre
senza ricomporre immagini di
retorica in frasi abusate dalla
prammatica. Rischiosa l’impresa,
magari di un arazzo già noto da
fare e disfare… La signora
Marisa Amato proprio non le
merita ora che è già oltre il
lessico e il dolore, oggi che
possiamo scriverle tutta la
nostra gratitudine e ammirazione
per averci insegnato a lottare
innanzi al limite e a morire
senza rinunciare fino all’ultimo
atto ad un respiro affrancato
dai tubi. Ora che potremo
tranquillamente scriverle da
tifosi, da cittadini, da figli,
in barba ai fronzoli stucchevoli
dei convenevoli, alternando il
tu alla parola mamma, perché di
una madre si è trattato in
questa luminosa scia che ha
illuminato per la via una
famiglia da Beinasco a Torino.
Cara Marisa, questa solenne
lezione, impartita dalla forza
con la quale hai affrontato
nella sofferenza il sortilegio
di una condanna fatale
all’infermità, buggerandola con
il tuo imperturbabile sorriso, è
patrimonio dell’umanità. Certo,
non illudiamoci, il tesoro più
prezioso lo conserveranno per
sempre e gelosamente Vincenzo
con Danilo e Viviana nello
scrigno delle memorie più care.
Blindato a quanti morbosamente
vorrebbero sperperarlo senza
paravento sui social, in
furbesche trasmissioni
strappalacrime o sulle righe
scarne del
"chi-dove-come-quando" dei
cronisti. Sacro, è giusto,
inviolabile così… A noi resterà
in eredità la tua speranza che
il calcio unisca anche le sponde
opposte nella piena del Po e
l’onta per come tu abbia pagato
salatissimo il conto alla
ventura maledetta di una Coppa,
di una squadra e di uno sport
che neanche amavi, al gesto
infame di 4 delinquentelli, alla
dissennata organizzazione della
festa nel salotto buono del
popolo. Soltanto poco tempo fa,
ostaggio di un’ambulanza, avevi
voluto essere presente in aula
anche tu al processo per
costituirti dalla parte della
civiltà contraria ai barbari ed
a chi non li ha preventivamente
disarmati, ma soprattutto
difronte a chi ignorò che in
argini saldi e canali sgombri
poteva defluire anche l’oceano.
La tua dignità abbia effetti
miracolosi, un mantra etico che
risuoni limpido nelle coscienze
di chi si assume responsabilità
civili e in chi le osteggia,
dentro a quanti vacillano
sull’orlo
dell’autocommiserazione ed al
bullo che li dileggia,
nell’animo affranto di chi
riesce a malapena a sopravvivere
sbarcando il lunario esattamente
come in quello di chi ne dovrà
rendere conto all’altro mondo.
Ma adesso mi taccio, Signora,
non voglio più trattenerla in
queste righe del tutto
arbitrarie di confidenza… Mia
Cara Marisa, per lei che ha
combattuto la buona battaglia,
anche se non ha vinto, ora è
tempo di pace.
6 febbraio 2019
Fonte:
Giulemanidallajuve.com
© Fotografia:
Ilmessaggero.it
DOPO DUE ANNI Vittoria
per i familiari
Una targa per Erika
Pioletti e Marisa Amato
Via libera alla targa
per ricordare la tragedia di
Piazza San Carlo e le sue due
vittime innocenti.
Sono passati quasi due anni dal
quel 3 giugno 2017 in piazza San
Carlo. Torino ricorda ancora le
urla, l'immensa folla che sbatte
su sé stessa e la conta delle
vittime di quella tragica notte,
quando sul maxi schermo veniva
proiettata la finale della
Champions League tra Juve e
Real. E affinché il monito di
quei fatti rimanga indelebile
nelle menti di chi passa di lì,
ieri è stato ufficializzato il
via libera per installare una
targa commemorativa per Erika
Pioletti e Marisa Amato, le due
donne che persero la vita a
causa dalla folla impazzita. Il
consenso all'unanimità della
Commissione toponomastica è
arrivato dopo la richiesta
dell'Associazione Quelli... di
via Filadelfia. Erika Pioletti,
38 anni, era andata a vedere la
partita assieme al fidanzato ed
è morta una decina di giorni
dopo a causa dello
schiacciamento della cassa
toracica. Stesso destino fatale,
eppure con una storia diversa da
raccontare, per Marisa Amato, 65
anni. Quella sera era in locale
di una delle vie parallele a
mangiare la farinata con il
marito. È rimasta tetraplegica
fino al 25 gennaio 2019, data
della scomparsa. "Ovviamente
siamo onorati di questo gesto
simbolico della città. Il
ringraziamento più grande va
fatto però a Beppe Pranzo e alla
sua associazione "Quelli... di
Via Filadelfia" che per primi si
sono mossi per l'apposizione
della targa. E un gesto che non
ci farà tornare indietro ma
almeno ci assicura che mia
mamma, Erika e tutti i feriti di
quella notte non verranno
dimenticati", spiega Danilo
D’ingeo, uno dei figli di Marisa
Amato. E prosegue: "Per quanto
riguarda il punto di vista
personale la targa manterrà vivo
in noi famigliari il ricordo e
il grande cuore che ha avuto in
questi mesi di sofferenza mia
mamma". Ma i famigliari della
vittima non si sono fermati per
via della tragedia che li ha
colpiti. Infatti, "in questi
mesi abbiamo anche dato vita ad
una ONLUS, I sogni di nonna
Marisa, cominciando ad
impegnarci nel sociale per dare
un aiuto concreto alle persone
che ne hanno bisogno, anche se
partendo dal piccolo. Abbiamo
già portato a termine alcune
raccolte fondi e recentemente
abbiamo donato un apparecchio
all'unità spinale del Cto. Lo
stesso reparto dove era
ricoverata mia mamma. Crediamo
sia il modo migliore per onorare
il suo ricordo e fare qualcosa
per chi ha bisogno", conclude
D'Ingeo. Presto la targa farà
parte di quella grande memoria
storica composta dai monumenti e
dalle targhe affisse sui muri di
Torino. Un primo passo, tra la
certezza che a causare il panico
fu la banda dello spray al
peperoncino nell'intento
razziare gli spettatori della
partita. E le responsabilità dei
funzionari pubblici su cui
ancora molti si interrogano.
Infatti, cosa è andato storto
durante quella fatidica notte è
ad oggi materia del processo in
corso. (C. Nan - E.
Cigolini)
15 maggio 2019
Fonte: Il Giornale del
Piemonte e della Liguria
© Fotografia:
Torino.repubblica.it
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