La maledizione
dalle grandi orecchie
di Domenico Laudadio
La maledizione del sangue
che lega la Coppa dei Campioni alla Juventus segna
una nuova scia nella storia del club torinese durante
la sera del 3 giugno 2017. Questa volta lo scenario
tragico non è lo stadio, come avvenuto 32 anni prima
nel fatiscente catino dell’Heyzel di Bruxelles,
ma Piazza San Carlo, cuore planimetrico nella mappa
di Torino, dove per tradizione storica si aggregano
le persone nella celebrazione festosa di eventi
culturali e sportivi. Proprio qui è stato montato
il maxi schermo per la telecronaca della finale
di Champions League che impegnerà a Cardiff la Juventus
nella difficile impresa contro il Real Madrid di
Cristiano Ronaldo. Circa 30 mila persone confluiranno
in questa sede, alcune migliaia provenienti da tutta
Italia. Già in prima mattinata centinaia di tifosi
si posizionano strategicamente davanti allo schermo,
affrontando il caldo e l’arsura. Occasione più che
ghiotta di spaccio per venditori di bibite, abusivi
e non, sufficientemente tollerati dai vigili urbani.
È calata la sera e già prima della trasmissione
della partita la gente calpesta un mare magnum di
bottiglie di plastica, rifiuti e cocci di vetro.
L’alcool e la tensione per una partita ormai avviata
mestamente verso la china della settima sconfitta
in finale di Champions per la Juventus ottenebra
i riflessi e la lucidità emotiva della folla, delusa
e malinconica. All’improvviso, però, avviene in
piazza qualcosa che ad oggi ancora non trova una
identificazione certa nelle testimonianze dei presenti.
Si è raccontato di un botto violento, probabilmente
a causa della caduta di una grata della metropolitana,
di sostante urticanti diffuse dall'impianto di aerazione
del parcheggio sotterraneo, oppure della presunta
esplosione di un petardo, di un urlo di terrore
o frutto di una burla idiota. O, magari, la malefica
combinazione di due fra questi fattori ? Al di là
dell’incipit tremens, qualunque ne sia la causa
e la provenienza, il deus panico è stato il solo
padrone in campo e ha spostato in poche manciate
di migliaia di persone come un’onda ribelle a travolgere
ogni cosa, a proiettare sagome fuori di testa schizzate
via dal terrore. Psicosi collettiva di un attentato
dell’Isis… Superfluo dire che sarebbe il primo in
Italia e che di fatto sia frutto soltanto della
loro immaginazione. Accade. È come se lo fosse…
Scene apocalittiche di una follia comune che produce
masse di corpi allo sbando e lascia al suolo il
drammatico scenario come di un combattimento: 1527
feriti nel tentativo maldestro, ostruito e andato
a male di fuga. Una guerra, della psiche. Alcuni
fra loro sono molto gravi, una giovane donna è in
fin di vita. Viene da Domodossola, si chiama Erika
Pioletti, non una tifosa di calcio, ma schierata
in piazza soltanto per amore del suo fidanzato,
tifoso juventino, per fargli un regalo nel giorno
del suo compleanno, nonostante il timore e qualche
presentimento confidato ai suoi cari il giorno prima.
È entrata subito in coma e nonostante un intervento
chirurgico dei medici vi resta per molti giorni.
Morirà 12 giorni dopo in ospedale, al "Giovanni
Bosco" di Torino, il 15 giugno 2017. Il giorno dopo
il caos esplodono le polemiche e si avviano puntualmente
le indagini della magistratura che non risparmiano
Sindaco e Autorità del capoluogo piemontese. Viene
aperto subito un fascicolo per "lesioni personali"
che in seguito alla morte di Erika vedrà aggiunto
un secondo per "omicidio colposo". Nel guado di
speculazioni di ogni sorta e di sciacallaggio politico
avanzano le indagini della procura verso la verità.
In esame la causa originaria della psicosi collettiva
ed eventuali omissioni o imperfezioni nel piano
dell’ordine pubblico e della sicurezza nella manifestazione.
Il giorno dopo il caos esplodono le polemiche e
si avviano puntualmente le indagini della magistratura
che non risparmiano Sindaco e Autorità del capoluogo
piemontese. Viene aperto subito un fascicolo per
"lesioni personali" che in seguito alla morte di
Erika vedrà aggiunto un secondo per "omicidio colposo".
Nel guado di speculazioni di ogni sorta e di sciacallaggio
politico avanzano le indagini della procura verso
la verità. In esame la causa originaria della psicosi
collettiva ed eventuali omissioni o imperfezioni
nel piano dell’ordine pubblico e della sicurezza
nella manifestazione. In realtà l’inchiesta si sdoppierà
in due binari della giustizia: uno incentrato sui
fatti avvenuti all’interno della piazza, l’altro
sulle responsabilità a monte delle istituzioni e
degli enti organizzatori, ma a corollario delle
indagini della magistratura fioccheranno le richieste
di risarcimento di centinaia di persone. Il resto
della storia è oramai nota, trascritta in queste
pagine…
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
© Fotografia:
Ansa.it
Appendino: riflettiamo
sui nostri errori
Il messaggio della
sindaca a una settimana di distanza dai fatti di
piazza San Carlo.
"Care
cittadine e cari cittadini,
a distanza di una settimana
dai fatti di piazza San Carlo, desidero fermarmi
e scrivervi alcune parole.
Voglio farlo perché
parlando a voi parlo anche a me stessa e, dopo sette
giorni di frastuono, sento il bisogno di prendermi
qualche minuto per un momento di riflessione. Con
il pensiero a quello che è successo, ma lo sguardo
a quello che accadrà.
Nella vita di ognuno
di noi, dove tutto corre maledettamente veloce,
forse non c’è mai sufficiente tempo per fermarsi
e riflettere.
Basta chiederlo a chi
era in piazza quella sera. A chi, dal nulla, si
è sentito travolgere, a chi ha dovuto fare i conti
con il sangue, a chi non trovava più i suoi cari
e anche a chi, in preda al panico, ha involontariamente
calpestato qualcun altro e tutt’ora ne avverte il
senso di colpa.
Penso agli sguardi
di quelle decine di persone ferite che ho incontrato
negli ospedali della nostra città.
I feriti di sabato
scorso non sono solo quelli contati: ad essere ferita
è un’intera città che per la prima volta ha conosciuto
su sé stessa gli effetti di un clima di instabilità
globale e crescente incertezza, pur in assenza di
un evento terroristico.
Gli attentati che in
questi ultimi anni hanno colpito civili innocenti,
da Bruxelles a Parigi, da Londra a Nizza, ma purtroppo
anche molti altri, hanno piano piano instillato
un clima di costante paura che, come abbiamo visto
sabato scorso, accompagna silente la nostra quotidianità.
Torino, però, si è
anche scoperta unita, in quello spirito di comunità
che, da cittadina ancor prima che da sindaca, ritrovo
ogni giorno tra i torinesi.
Parlando con i feriti,
con le tante persone che in maniera diretta o indiretta
hanno vissuto quei tragici momenti, leggendo decine
e decine di racconti, nei pochi momenti che sono
riuscita a ritagliarmi per farlo, quello che ho
visto, immediatamente dopo la paura, è stata la
solidarietà.
Per ogni persona a
terra ce n’erano due che la rialzavano. Per ogni
ferito c’era uno sconosciuto che lo medicava o lo
proteggeva. Per ogni grido di paura c’è stata una
voce a tranquillizzare.
Quando succedono queste
cose ti senti comunque una responsabilità addosso,
questo è inevitabile, che ha a che fare con la serenità
dei tuoi concittadini più che con la paura.
Un sindaco, però, rappresenta
un’intera comunità e deve essere pronto ad assumersi
anche responsabilità che vanno al di là del ruolo
che ricopre. Per questo, a nome mio, di tutta l’Amministrazione
e della Comunità che rappresento - a prescindere
dalle eventuali responsabilità civili e penali di
ognuno - desidero porgere le mie scuse a tutte le
persone coinvolte.
Oggi, ai torinesi, credo
interessi più di tutto che le Istituzioni lavorino
per individuare queste responsabilità e, soprattutto,
che facciano in modo che questi fatti non si verifichino
mai più. Siamo tutti al lavoro su entrambi i fronti.
Torino è a un punto
di svolta.
La sicurezza sarà una
priorità ancora più forte. In questi giorni ho parlato
con il Prefetto Saccone e con il Questore Sanna.
Gli incontri con i dirigenti della Polizia Municipale
sono quotidiani e tutti insieme stiamo lavorando
per garantire che i numerosi eventi della Città
di Torino possano essere vissuti serenamente da
ognuno di noi.
Col contributo di tutti,
diventeremo un modello per tutte le altre Città
in tema di pubblica sicurezza, anche se saremo chiamati
a fare dei piccoli sacrifici, a dotarci di un po’
più di pazienza, a cambiare qualche nostra abitudine.
Con orgoglio, oggi,
posso dire che in quei momenti difficili Torino
è stata più che mai Torino, e per questo vorrei
ringraziarvi.
La nostra città continuerà
a vivere nei suoi eventi e nei suoi incontri, dalle
piazze gremite alle chitarre al Valentino, dalle
corse al Ruffini alle passeggiate in via Garibaldi.
A testa alta, con i
sorrisi in volto e i tramonti negli occhi. Più forti
di prima".
Chiara Appendino
13 Giugno 2017
Fonte: Lastampa.it
© Fotografie:
Uefa.com
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