Momenti di Terrore in
Piazza San Carlo:
la testimonianza di un
futuro Infermiere
di Simone Gussoni
In
occasione della finale di
Champions League che ha visto
affrontarsi Juventus e Real
Madrid decine di migliaia di
persone si sono radunati in
piazza San Carlo, a Torino. I
tifosi presenti hanno vissuto
attimi di puro terrore quando,
In seguito ad un forte boato
generato dal cedimento di una
ringhiera, molti juventini hanno
creduto di trovarsi di fronte
alla scena di un tanto temuto
attentato terroristico. La folla
in preda al panico ha iniziato a
correre, molti presenti sono
stati spintonati cadendo a terra
e venendo successivamente
calpestati. Marco Schifano,
studente palermitano che
frequenta il terzo anno del
corso di Laurea in
Infermieristica presso
l’Università del Sacro Cuore
(sede San Filippo Neri) racconta
la propria disavventura. Il
giovane presente in piazza, ha
ricordato quei momenti in
un’intervista per Nurse Times.
Benvenuto Marco, puoi
descrivere il momento che ha
generato il panico ?
"Un momento di panico e follia
pura. Poco dopo il gol del 3-1
del Real Madrid, l’intera platea
di tifosi rimase in silenzio.
Durante quei pochi secondi di
assenza di rumore, abbiamo
iniziato a sentire tremare la
terra, un boato come se ci fosse
un terremoto. Successivamente ho
visto una mandria di persone
spostarsi verso di me
spingendosi a vicenda. Capire
cosa stesse succedendo era quasi
impossibile. La prima cosa a cui
ho pensato è stato un possibile
attentato, quindi scappare era
d’obbligo. La massa di gente mi
ha trasportato contro la mia
volontà e subito dopo mi sono
trovato a terra. Ho temuto di
non potermi rialzare più e di
finire schiacciato dalla folla
contro un pavimento pieno di
schegge di vetro proveniente
dalle bottiglie di birra rotte.
Sono riuscito a rialzarmi ed ho
iniziato a correre da solo,
senza sapere che fine avessero
fatto i miei amici. Durante la
corsa mi sono accorto di avere
una ferita alla base pollice che
si estendeva fino al palmo della
mano, profonda circa 1 cm, con
un vaso sanguigno lesionato che
schizzava sangue un po’ ovunque.
La città era in delirio. Penso
di aver visto la morte con i
miei occhi a soli 21 anni !".
Come giudicheresti
l’organizzazione dei servizi di
emergenza territoriale ?
"Le vie adiacenti alla piazza
erano piene di persone che
scappavano in ogni direzione.
L’organizzazione dei servizi
territoriali secondo me è stata
pessima. In una piazza che ha
accolto più di 20.000 persone il
punto di primo soccorso era
formato da 2-3 ambulanze
concentrate dietro il maxi
schermo. La maggior parte del
personale era composto da
volontari del soccorso privi di
qualsiasi formazione sanitaria.
Erano presenti solo un paio di
Medici ed Infermieri. Le persone
(compreso me) che hanno temuto
per un attentato con esplosioni
e che sono rimaste anche
seriamente ferite, non potevano
rimanere lì ad aspettare per
ore, facendo interminabili code,
per essere medicati o soccorsi.
Non erano presenti né ambulanze,
né altri mezzi di trasporto che
permettessero di raggiungere un
pronto soccorso".
Come hai raggiunto il
Pronto Soccorso ?
"Sono scappato dalla piazza per
via della paura che potesse
esplodere qualcosa o che fossero
presenti altri potenziali
kamikaze. I Carabinieri ed i
Vigili del Fuoco mi hanno
invitato a raggiungere
autonomamente il Pronto
Soccorso. Nessuno è riuscito a
riportare l’ordine pubblico né
tanto meno ci ha provato. Non
conoscendo la città di Torino mi
sono avventurato a piedi alla
ricerca di un ospedale. Ho
raggiunto l’NH Hotel dove,
entrato per chiedere
informazioni, sono stato
soccorso e medicato dalla
receptionist. Vista l’importante
ferita che presentavo si è
offerta personalmente di
accompagnarmi in auto al Pronto
Soccorso. Non smetterò mai di
ringraziare questa persona".
Cosa è successo
all’arrivo in Pronto Soccorso ?
"Giunto presso il presidio
ospedaliero Humanitas Gradenigo
ho trovato una fila
interminabile di feriti. Molte
persone con piccole escoriazioni
erano in attesa di essere
visitati. Erano presenti una
marea di codici bianchi. Almeno
50 persone erano in attesa del
Triage e circa 150 attendevano
di essere visitati dal medico.
Mi hanno assegnato un codice
giallo e mi hanno fatto
accomodare in sala B. Mi hanno
medicato ed un medico ha
valutato la componente nervosa e
tendinea e successivamente
suturato. Una sutura molto
approssimativa ma non potevo
chiedere di meglio vista
l’affluenza ed il carico di
lavoro. Mi hanno somministrato
un anestetico locale e suturato
velocemente. Mi hanno
somministrato immunoglobuline e
antitetanica. Molti pazienti
avevano bisogno di essere
suturati, proprio come me. Il
personale si lamentava
platealmente non avendo potuto
smontare dal proprio turno a
causa dell’elevato numero di
feriti".
Come giudichi
l’organizzazione del sistema dei
soccorsi territoriali ?
"Sinceramente non lo conosco a
sufficienza per poter giudicare.
È stata la prima volta che ne ho
avuto bisogno. In questa
situazione, non posso che
giudicarlo molto scadente !
Impossibile trovare un primo
soccorso con 3 unità concentrate
dietro al maxi-schermo con
20.000-25.000 persone. La verità
è che l’intero sistema sanitario
a mio parere non è assolutamente
pronto ad agire in situazioni
del genere. Occorre addestrare
gli operatori tramite corsi
specifici per saper gestire con
assoluta calma queste
situazioni. Mi è sembrato che
gli operatori che avevo davanti
avessero molta più paura di me.
In Pronto Soccorso ho trovato
del personale furibondo ma allo
stesso tempo molto competente.
Infermieri furiosi perché alcuni
avevano finito il turno e,
mentre aspettavano il cambio,
sono stati obbligati a rimanere
ad aiutare. Le dichiarazioni
udite dai miei futuri colleghi
arrabbiati che invocavano
l’arrivo dei reperibili
rappresentano una sconfitta per
la nostra professione a mio
parere. Però ripeto, alla fine
tutti gli operatori hanno svolto
un egregio lavoro. Le criticità
maggiori erano presenti nel
punto di primo soccorso. Ho
trovato operatori in preda al
panico e alla paura, forse
perché le unità erano pochissime
e quindi erano quasi impotenti
davanti a questa "strage" di
feriti".
Ringraziamo Marco Schifano per
aver voluto condividere una
brutta esperienza che, anche
grazie alla professionalità di
molti Infermieri e Medici, non
ha visto alcuna vittima,
nonostante alcuni casi gravi
siano ancora in prognosi
riservata.
4 giugno 2017
Fonte: Nursetimes.org
© Fotografie: Corriere.it -
Nursetimes.org
Il racconto dell’albese
Marco Recenti della
tragica notte in piazza
San Carlo a Torino
di Bruno Murialdo
TORINO
- Marco Recenti di Alba,
studente ventiquattrenne al
Politecnico di Torino si trovava
sabato 3 giugno in piazza San
Carlo per seguire la finale di
Champions League Juventus-Real
Madrid, quando il panico ha
invaso la piazza. Il ragazzo si
è ferito cadendo su dei cocci di
bottiglia, fortunatamente non in
modo grave, ha visto una marea
di persone terrorizzate correre
e racconta quello che ha
vissuto.
Marco, come è cominciata
la giornata ?
"Quando siamo arrivati in piazza
San Carlo nel tardo pomeriggio
c’era un ottimo servizio
d’ordine, ci avevano controllato
nel migliore dei modi, uno per
uno, nessuno poteva entrare con
contenitori di vetro o simili. I
controlli pareva funzionassero,
non c’era motivo di
preoccupazione".
Quando siete entrati è
vero che avete notato molti
venditori di bevande abusivi ?
"Quello che ci ha stupiti era la
quantità di venditori che
smerciavano birra e acqua
minerale. La piazza era
completamente piena, penso
intorno alla cinquantamila
persone. Eravamo abituati a
vedere questi venditori ad altre
manifestazioni, ma quel giorno
speravo non ci fossero.
Volevamo passare un
pomeriggio di festa, se dopo
c’era da festeggiare bene,
altrimenti pazienza".
Si dice che molti
avessero ferite dovute ai cocci
di bottiglia sparsi ovunque, è
vero ? "Le
bottiglie dopo averle consumate
molti le gettavano per terra, il
risultato è stato drammatico:
molte persone sono cadute sui
frammenti procurandosi delle
ferite gravi. C’erano anche
tantissimi bambini e molti
stranieri che erano venuti per
vedere la finale e per godersi
una serata di festa".
Poi cosa è successo ?
"A dire il vero non si sa cosa
sia successo, la piazza era
piena di gente, c’era qualche
tifoso con i fumogeni e molti
cori, ma nulla che potesse
preoccupare più di tanto. Subito
dopo che era stato segnato il
tre a uno per il Real Madrid,
abbiamo sentito un rumore
fortissimo e una marea di
persone che veniva verso di noi;
per istinto ho preso il mio
zainetto per terra, a quel punto
sono stato travolto perdendo di
vista i miei amici. Sono caduto
addosso ad altri, cercavo di
tenere la testa alzata per non
rimanere sotto, ho sentito un
forte dolore alla schiena a alle
mani, non so come ho fatto ma
sono risuscito ad arrivare sotto
i portici e ad aggrapparmi a
delle persone che mi hanno
aiutato. Intorno a me molti
altri sanguinavo e urlavano di
dolore, io per l’agitazione e la
paura sentivo che stavo per
perdere sensi. Mi hanno aiutato
finché non sono riuscito a
riprendermi e raggiungere con
l’aiuto dei vigili del fuoco
l’ospedale".
Hai sentito spari o
esplosioni ?
"No, assolutamente nulla, anzi
tra la gente molti gridavano che
non era successo niente; ho
subito pensato a un camion
vedendo la gente correre tutta
verso un’unica direzione. Ho
purtroppo intravisto il bambino
cinese che era stato travolto,
era a due passi da dove mi
trovavo, ho visto trasportarlo
via e tentare di fargli il
massaggio cardiaco. Questa era
la situazione, fortunatamente mi
sono salvato con qualche ferita
ma poteva andare molto peggio".
5 giugno 2017
Fonte: Gazzettadalba.it
(Testo © Fotografia)
L'inferno di Piazza San
Carlo, la testimonianza di
Alessia:
"Pensavo di rimanere lì
sotto e pregavo"
di Mirko Di Natale
Sabato
sera, quando è scoppiato
l'inferno in Piazza San Carlo,
non ha neanche fatto in tempo ad
accorgersi cosa stava accadendo
che si è ritrovata travolta
dalla calca. Lei è Alessia
Domenino, 23 anni, studentessa
all'Università di Torino. Lei,
grande tifosa juventina, è una
delle 1527 persone rimaste
ferite nel salotto di Torino,
sabato sera, mentre assisteva
alla finale di Champions League
in uno dei maxi-schermi
predisposti dal Comune.
Tuttojuve.com ha raccolto la sua
testimonianza e le sue immagini.
Una sera di festa e di
sport si è trasformata in pochi
attimi in incubo e disperazione.
Ci puoi ricostruire cosa è
accaduto ? "Mi
stavo guardando la partita,
tranquillamente, con i miei
amici e poco dopo il terzo gol
del Real, così all'improvviso,
ho solo visto una mandria di
persone venire nella mia
direzione e, in un attimo, mi
sono ritrovata a terra,
schiacciata da altre persone.
Pensavo davvero di rimanere lì
sotto e pregavo che prima o poi
tutto questo potesse finire.
Tutti che urlavano. Per fortuna,
qualcuno, poi, mi ha tirata su e
me la sono cavata con poco:
qualche graffio, un po' di pelle
sbucciata e qualche botta presa
qua e là. Rispetto ad altri, mi
è ancora andata di lusso. Mi
sono ritrovata nella piazza, a
pochi passi dai portici, da
sola, non riuscivo a trovare i
miei amici, né tantomeno
chiamarli, causa rete intasata.
C'era gente che piangeva, che
urlava nomi di amici, figli,
fidanzati, tutti feriti. Chi
ancora correva di qua e di là.
Alla fine, sono riuscita a
rintracciarli e ci siamo
rifugiati al bar San Carlo".
Il panico e la paura ha
preso il sopravvento. Avete
davvero temuto il peggio ?
"Fino a quel momento è stato
tutto tranquillo. Dalla mia
posizione non ho sentito
pressoché nulla, ho, appunto,
solo visto un fiume di gente
venire verso di me. Pensavo ci
fosse stata qualche rappresaglia
e la polizia avesse iniziato a
caricare. Sinceramente, non sono
andata a pensare subito ad un
attentato, proprio perché non ho
né visto, né sentito niente. Con
un fuggi fuggi così generale,
poi, non sapevo neanche io a
cosa pensare, ero sicura che
stesse accadendo qualcosa di più
grave. Ma non capivo cosa".
L'organizzazione di
questo evento è stata aspramente
criticata. Cosa ci puoi dire a
riguardo ? "Non
posso far altro che confermare.
Già solo per entrare nella
piazza, c'erano delle transenne
con un piccolo spiraglio, che
nemmeno in due si riusciva
passare. Inoltre, non era
permesso l'ingresso di bottiglie
di vetro e a terra, in ogni
spazio libero, c'erano 2, 3, 4
bottiglie o addirittura degli
assembramenti. Per la questione
sicurezza anche, non ne
parliamo. Troppe, troppe
persone. Se qualcuno, al centro
della piazza, si fosse sentito
male ? Come sarebbe stato
raggiunto ? E in quanto tempo ?
Poi, controlli inesistenti e
polizia poco presente, almeno,
quando sono arrivata io, era
così".
Un domani riprenderesti
in considerazione l'idea di
guardare in un luogo affollato
la tua squadra del cuore ?
"Io sono sempre stata una
persona non da luoghi affollati,
per un qualsiasi evento. Questa
volta, i miei amici mi hanno
convinta ad andare con loro.
Sinceramente, a prescindere
dall'accaduto, la prossima
volta, me ne sto a casa, come ho
sempre fatto. Si trovassero
soluzioni alternative, come ha
fatto il Real, aprendo lo
stadio, posso essere la prima ad
andare, ma in piazza, così,
evito".
5 giugno 2017
Fonte: Tuttojuve.com
© Fotografia: Ansa.it
"Un petardo scambiato
per bomba
E il mio ristorante
diventa un ospedale"
di Massimo Numa
TORINO
- Eleonora Lancellotti ha 29
anni e la notte della Champions
non la dimenticherà mai. Per
Torino è stato un drammatico
test, su cosa davvero potrebbe
accadere in caso di un "vero"
attentato di matrice islamica.
Lei ha una funzione direttiva in
un locale del centro, uno dei
pochi che non ha abbassato le
serrando quando la folla in
fuga, compresi i feriti, ha
cercato scampo lontano il già
possibile da piazza San Carlo.
Cosa ricorda ?
"Tutto. Per la prima
volta ho letto negli occhi delle
persone la paura, quella vera.
Stavo guardando la partita,
mentre lavoravo, poi abbiamo
visto correre decine di persone,
alcune piangevano, molti erano
feriti. Gli abbiamo soccorsi
come abbiamo potuto, con i kit
delle medicazioni, c’era un
ragazzo con una ferita profonda
in una gamba, una ragazza
correva senza scarpe, aveva i
piedi trafitti da frammenti di
vetro, ancora incastrati nelle
calze. Temevano di essere
inseguiti dai terroristi… Un
altro ragazzo è caduto in mezzo
alla strada, non riusciva più a
muovere la testa e lì è rimasto
a lungo, sino a quando non siamo
intervenuti noi. Ci dicevano che
c’era stato un attentato in
piazza, dell’Isis, chi aveva
sentito esplosioni nella rampa
dei parcheggi, chi raccontava di
fumo e di gente ferita rimasta a
terra schiacciata dalla folla.
Sono stati minuti terribili,
mentre cercavano di metterci in
contatto via telefono con il
112…
Soccorsi lenti ?
"Subito sì. Poi sono arrivati
nel locale vigili urbani e
polizia e hanno finalmente
coordinato loro le operazioni,
qui è arrivata dopo molto tempo
un’ambulanza da Lanzo… Abbiamo
soccorso una settantina di
persone, credo. Una ragazza
aveva perso di vista una sua
amica, era disperata. Avevano
ancora paura. Perso tutto,
portafogli, telefoni, documenti,
chi è passato in piazza passata
l’emergenza ha rubato il più
possibile, e questo è un altro
aspetto tristissimo. Ci hanno
raccontato che alcuni
ristoratori, quando li hanno
visti arrivare trafelati in
cerca di un rifugio hanno
abbassato le serrande per non
accoglierli, non so se sia vero
o no, ma se lo fosse non è stato
un gesto altruista o coraggioso,
noi non abbiamo fatto niente di
eroico, solo umana solidarietà,
dopo siamo andati a fare un giro
nella piazza e s’è capito
cos’era successo, se non dovevo
lavorare forse ci sarei stata
anch’io tra i tifosi".
Cosa le hanno raccontato
i feriti ? "In
piazza c’erano moltissime
bottiglie e si domandavano come
avessero fatto ad entrare, in
varchi così stretti, i
contenitori di bibite e birre,
quando c’erano i metal detector
con la polizia, che c’era
tensione anche prima della
partita, con gente che litigava,
con le bottiglie già in mano.
Hanno sentito una forte
esplosione nelle rampe del
parcheggio e questo, secondo
alcuni, ha scatenato il panico.
Un petardo scambiato per una
bomba… Poi un rapidissimo
passaparola sull’attentato.
Correvano verso di noi, con i
vestiti strappati, pieni di
sangue, chiedevano dov’era la
stazione di Porta Susa, dove
nascondersi. Una notte da
incubo".
6 giugno 2017
Fonte: Lastampa.it
© Fotografia:
Repubblica.it
Il presidio medico nella
piazza: "Mancavano le transenne
per proteggerci"
di Federico Genta
L’unità di soccorso
dell’Ordine di San Giovanni:
avevamo chiesto un cordone di
polizia.
TORINO
- "Avevamo chiesto transenne
intorno a tutta la postazione
medica e un presidio di polizia.
Invece, eravamo indifesi in
mezzo alla gente. E quando la
massa di persone è iniziata a
muoversi, ci ha investito
distruggendo tutto". Federico
Villata è il presidente
dell’unità di soccorso
dell’Ordine di San Giovanni, che
sabato sera, era presente in
piazza San Carlo con una tenda
attrezzata, due ambulanze e
quattro squadre a piedi.
Troppo pochi ?
"Troppo vicini alla folla.
Circondati. Eravamo nello stesso
punto, sul lato di via Roma,
anche per l’ultima finale, nel
2015. Ecco perché, ricordandoci
dell’esperienza passata, avevamo
chiesto maggiore assistenza".
Vi è stata negata ?
"Non c’erano nemmeno abbastanza
transenne per circondare il
presidio: pare fossero esaurite.
E del resto sarebbero servite a
poco. Anche noi abbiamo
avvertito un boato, poi la terra
sembrava si fosse messa a
tremare".
Poi cosa è successo ?
"Quando si è sparsa la voce che
poteva essere esplosa una bomba,
è scoppiato il panico. I
colleghi hanno fatto appena in
tempo a uscire dalla tenda che è
stata schiacciata. C’erano
tifosi ovunque, anche sui tetti
delle ambulanze".
A quel punto, per voi il
lavoro doveva ancora iniziare...
"Abbiamo fatto tutto il
possibile. Grazie ad alcuni
volontari della Protezione
Civile, siamo riusciti a
sistemare il presidio. Abbiamo
così iniziato a separare i
feriti lievi da quelli più
gravi. Parliamo di centinaia di
persone. C’era una confusione e
una tensione incredibile.
Proprio perché non c’era un
cordone di sicurezza".
Lei cosa ha fatto ?
"Ero già al telefono con
il centralino del 118: quando la
tenda è crollata è saltata anche
la linea. Una volta
ripristinata, ho avvisato della
maxi emergenza e chiesto
l’intervento delle ambulanze del
118. Anche queste sono arrivate
che con un certo ritardo per i
problemi di viabilità attorno
alla piazza".
Chi erano i vostri
riferimenti ?
"Il piano sanitario era stato
approvato dal 118. La gestione
dello spazio e le richieste di
maggiore protezione, invece, le
avevamo girate a Turismo Torino.
La scelta di raddoppiare il
nostro personale, rispetto a due
anni fa, è stata nostra. Poi,
quando è scoppiata l’emergenza,
eravamo in contatto direttamente
con il gabinetto della
Prefettura".
6 giugno 2017
Fonte: Lastampa.it
© Fotografia:
Torinoggi.it
"Chiedo scusa perché non
ho previsto il pericolo
dall’interno della piazza"
di Giuseppe Bottero
Il prefetto Saccone: i
piani di maxi-emergenza sono
scattati. Adesso faremo
esercitazioni coinvolgendo la
città.
TORINO
- "Un conto sono gli
accertamenti che dovrà fare la
procura, altro è la verifica di
ciò che non è andato per il
verso giusto. Io sono il
responsabile generale
dell’ordine e della sicurezza
pubblica e quindi rientro tra le
persone che devono chiedere
scusa. Però guardando al futuro,
e imparando da questa lezione
così dura. In questo momento non
si sa che cosa abbia innescato
il panico, perché alla base c’è
un "non fatto" che rende il
tutto ancora più difficile da
prevedere e da gestire".
Renato Saccone, prefetto
di Torino, ha il volto di chi,
nell’ultima settimana, ha
dormito pochissimo, inseguito
dalle immagini di piazza San
Carlo. "Lo
confesso, appena arrivato lì ho
pensato al cinema Statuto".
Al rogo che,
trentaquattro anni fa, ha ferito
la città per sempre. L’impatto
di quello che è successo sabato
- nonostante non si contino
morti - è destinato ad essere
molto simile.
"Il 3 giugno è uno spartiacque.
C’è un prima e un dopo. Per
Torino, ma anche per l’Italia. E
lo dimostra la direttiva che ha
appena inviato il capo della
polizia Gabrielli".
Prefetto Saccone,
partiamo dal prima. Chi ha
sbagliato ?
"Il compito di stabilire
le eventuali responsabilità
tocca alla magistratura. Noi,
seguendo lo standard sulla
tutela di un luogo aperto che si
è affinato sempre più negli
ultimi mesi, avevamo messo in
campo un’attenta attività
preparatoria, un passaggio in
comitato tecnico, un sopralluogo
della commissione di vigilanza
con una serie di prescrizioni
ulteriori rispetto al passato,
un piano di emergenza, uno
sanitario validato. Tutto
questo, seppure nel rispetto
delle norme tecniche, si è
rivelato assolutamente
insufficiente".
Chi era in piazza quella
sera racconta di una gestione
dell’emergenza non adeguata.
Perché ?
"In verità non c’è stato
molto di estemporaneo. Sono
scattati i piani di
maxi-emergenza, di servizio di
soccorso sanitario, con dodici
ospedali allertati e con
l’insieme dei soccorsi attivato.
Il punto è un altro. Piazza San
Carlo non è solo un salotto, ma
il luogo dove ci sono stati
eventi da quarantamila persone:
noi abbiamo adottato tutte le
misure che servono a proteggerla
dall’attacco esterno, come se
fosse un fortino. Però non
abbiamo previsto che
dall’interno si potesse creare
una situazione così pericolosa".
La piazza era un tappeto
di bottiglie, la maggior parte
dei tifosi si è ferita così.
Come è possibile che gli abusivi
non siano stati fermati ?
"C’era un pubblico compatto,
omogeneo, giovane, abituato agli
eventi. Questo non ha fatto
scattare il ragionamento sul
vetro, che tendenzialmente,
viene collegato alla possibilità
di scontri, o di fazioni, quando
le bottiglie diventano un
possibile strumento offensivo.
Questo ragionamento non regge
più".
Allora cosa bisogna fare
? "Come indicato
dal ministro Marco Minniti e
previsto dalla direttiva
Gabrielli, bisogna andare oltre
nel coordinamento, attraverso
una grande collaborazione con
Comune, Protezione civile,
organizzatori degli eventi.
Questo presuppone un maggiore
impiego di steward, con una
visione degli spazi più
riquadrata".
Dunque non vedremo più
piazza San Carlo piena di gente
? "Bisogna
valutare luogo per luogo, evento
per evento. L’essenziale è che
ciascun settore conosca la
propria via di fuga. Questo
significa anche una grande cura
sulle comunicazioni, prima e
durante l’evento".
A Torino le
comunicazioni sono mancate ?
"Veramente una
prescrizione della Commissione,
rispettata, prevedeva un
microfono con capacità di
amplificazione per dare
comunicazioni. È stato usato per
poco tempo, poi è stato
travolto, dunque le
comunicazioni vanno
necessariamente potenziate".
Dopo il 3 giugno, gli
eventi in piazza continueranno ?
A Torino tra poco ci sarà la
festa San Giovanni, con migliaia
di persone in strada per i
fuochi d’artificio...
"Io sono dell’idea che Torino
non possa fare a meno della
piazza. Oggi però dobbiamo
ripensare quali eventi siano
compatibili con quei luoghi e
come organizzarli".
Qual è la prima mossa ?
"Ho adottato un provvedimento
che questo fine settimana, al
Salone dell’Auto al parco del
Valentino, vieta la vendita e
l’uso delle bottiglie in vetro
con controlli mirati".
Come si possono
coinvolgere i cittadini ?
"Abbiamo sempre fatto
esercitazioni virtuali, forse è
il caso di immaginarle
coinvolgendo la gente. Mi
piacerebbe che tutta la città
partecipasse a questa
riflessione. Lo dico per
guardare al futuro. Noi dobbiamo
mettere in campo tutta la nostra
migliore scienza e
organizzazione".
9 giugno 2017
Fonte: Lastampa.it
© Fotografie: Lastampa.it -
Torino.corriere.it
"Un’ondata umana ci
travolgeva, ho sentito il rumore
della morte"
di Elisa Cappelli
Viterbo - Il racconto di
Stefano Morzetti che si trovava
a Torino durante il caos del 3
giugno durante la finale di
Champions - Un falso allarme
attentato che ha provocato circa
1400 feriti.
Viterbo
- 35 anni, viterbese, sposato,
parrucchiere di successo e
grande tifoso della Juve. Si
chiama Stefano Morzetti e c’era
anche lui quel maledetto 3
giugno in piazza San Carlo a
Torino. Era la finale di
Champions, giorno in cui la Juve
si trovava a Cardiff a sfidare
il Real Madrid. Lui, come molti
altri tifosi, quel biglietto non
se lo poteva permettere, e
quindi aveva deciso di vedere
sul maxischermo in piazza S.
Carlo la partita insieme ai suoi
amici e a tanti tifosi come lui.
Una giornata iniziata con
allegria che poi si è
trasformata in tragedia.
Dapprima la voce di un
attentato, poi il falso allarme,
ma il panico era già esploso e
la gente in trappola in piazza
si è letteralmente calpestata.
Oltre 1400 feriti. La dinamica
dell’accaduto è ancora al vaglio
degli inquirenti.
Ci racconta come è
andata il 3 giugno ?
"Per me doveva essere un giorno
di festa perché sono andato con
i miei amici a vedere la
Juventus, sono tifoso come
tanti, non avevo la
disponibilità di soldi per poter
andare a Cardiff e allora ho
deciso di andare a Torino per
stare più vicino a tutti i
tifosi. Siamo entrati in piazza
intorno alle 15 ma c’era già
qualcosa che non funzionava, i
controlli non funzionavano".
Cioè ?
"Sono entrato una prima volta in
piazza e non c’era il
filtraggio, poi sono tornato in
macchina perché mi sono
dimenticato una cosa, verso le
17 sono rientrato in piazza e ho
trovato la polizia, ma tutti
quelli che erano già dentro non
erano passati attraverso il
filtraggio. Poi ho visto la
partita e dopo il primo gol
della Juventus non mi sono
sentito più sicuro perché
comunque i tifosi hanno iniziato
ad esultare e io mi sono trovato
a 50 metri dagli amici. Quindi
ho chiesto loro di spostarci
dalla parte centrale alla fine
del primo tempo perché non mi
sentivo sicuro".
Cos’è successo dopo ?
"Al secondo tempo perdevamo e
sul 3 a 1, erano circa le 22.15,
senza preavviso ho girato gli
occhi verso sinistra e ho visto
un’onda umana che ci travolgeva.
Ho chiesto di correre, ma non
abbiamo fatto in tempo a
scappare e ci hanno scaraventato
a terra, sono rimasto sepolto
per terra, non riuscivo più a
tirarmi su a causa della tanta
gente che avevo sopra.
C’è stato un momento in
cui ho iniziato a chiamare mia
madre perché stavo per morire,
non ce la facevo più a
rialzarmi, non riuscivo a
respirare a causa del peso della
gente sopra di me, non dipendeva
più da me".
Come ha fatto a
liberarsi ? "Ad
un certo punto, non so se sia
stata l’adrenalina, mi sono
detto: "No, non posso morire,
devo cercare un modo di tirarmi
fuori". Così ho pensato di
togliermi le scarpe perché
magari riuscivo a far scivolare
meglio i piedi e a rialzarmi.
Così è stato. Sono riuscito a
togliermele con i piedi e a quel
punto sono riuscito a rialzarmi.
Ho visto gli amici ancora a
terra, ho provato a liberarli ma
c’è stata un’altra scarica di
gente che mi è venuta addosso e
a quel punto non sono riuscito a
vedere più nessuno. Sono fuggito
e molta gente che stava lì ha
gridato: "Correte perché c’è
stato un attentato e stanno
sparando addosso alla gente".
Sono corso fuori piazza San
Carlo per circa 300/400 metri,
mi sono messo dietro a un
secchione dell’immondizia, ero
tutto sporco di sangue che
nemmeno era il mio, era della
gente che mi sono ritrovato
addosso che era piena di tagli".
Poi cosa ha fatto ?
"A quel punto ho chiamato mia
moglie a casa, le ho raccontato
tutto e le ho chiesto di
spiegarmi cosa fosse successo.
Io non ci stavo capendo più
nulla, ero rimasto solo al
centro di Torino, scalzo. Il
tutto si è amplificato perché in
concomitanza c’era stato
l’attentato a Londra. C’è stata
una terza ondata di gente che
continuava a correre quindi io
mi sono rialzato e ho continuato
a correre. Mi sono ritrovato in
un posto così lontano a Torino
che lì non era nemmeno arrivata
la notizia di piazza S. Carlo,
c’era gente che, infatti, stata
tranquillamente al ristorante a
cenare. È stata un’immagine
strana: io tutto pieno di sangue
e la gente che cenava
normalmente. Dopo una mezz’ora
mia moglie tramite un notiziario
in tv mi raccontava in diretta
quello che stava succedendo, mi
ha detto: "Guarda torna giù
perché sembra sia tutto in
sicurezza". Sono tornato giù,
sono rimasto un’oretta da solo,
poi ho ritrovato tutti i miei
amici e abbiamo iniziato a
cercare i miei effetti
personali, ma ho perso tutto:
zaino, portafoglio, bancomat,
carta di credito. Solo la
patente è stata ritrovata dalla
questura di Torino che me l’ha
spedita. Ho trovato in piazza un
paio di scarpe di un’altra
persona e me le sono messe".
Siete ripartiti subito o
siete rimasti lì ?
"Gli altri non si erano persi
niente e fortunatamente nel
pomeriggio avevo chiesto a uno
dei miei amici di tenermi le
chiavi della macchina. Poi loro
hanno pagato l’albergo, abbiamo
dormito lì e siamo ripartiti la
domenica".
Siete stati fortunati…
"Siamo stati miracolati.
A vedere tutte le immagini in tv
e pensare di essere usciti
illesi da tutto ciò è stato un
miracolo. Tutt’ora sono
traumatizzato, dormo poco perché
mi ricordo quello che io chiamo
il rumore della morte. Perché
quando mi sono girato e ho visto
la folla ho sentito come il
fruscio di un microfono che
funziona male e ho visto tutta
la piazza che ci veniva addosso.
L’ho chiamato così perché,
appena mi sono girato non ho
fatto nemmeno in tempo a fare
nulla, ho solo detto "Correte,
correte" e poi il disastro. Ero
convinto di morire perché a quel
punto la mia vita non dipendeva
più da me ma dagli altri. Oggi
ormai c’è la fobia degli
attentati, quando ci sono 30mila
persone che hanno paura non
dipende più da te. Magari un
maggiore filtraggio avrebbe
limitato i feriti ma ci
sarebbero comunque stati. Non
credo sia molto sicuro ad
esempio andare oggi a un
concerto, anche se non c’è un
attentato. Dieci anni fa se
fosse scoppiato un petardo la
gente sarebbe rimasta in piazza,
adesso non è più così".
14 giugno 2017
Fonte: Tusciaweb.it
© Fotografie:
Cdn.calciomercato - Tusciaweb.it
Torino, Piazza San
Carlo: ragazza travolta non
ce la farà.
Il legale dei
feriti: "Verità e giustizia"
di Eugenio Palazzini
Torino, 15 giu - La tragica
serata in Piazza San Carlo
per la finale di Champions
League, dopo i 1500 feriti,
è purtroppo destinata a far
contare anche un morto.
Erika Pioletti, 38enne
ricoverata dal 3 giugno
all’ospedale San Giovanni
Bosco per un infarto,
secondo i medici non ce la
farà: "Gli esami neurologici
rivelano un danno troppo
grave". Abbiamo intervistato
l’avv. Gino Arnone, dottore
di ricerca all’Università
degli Studi di Torino e
direttore scientifico del
portale dannoallapersona.it.
Esercita la professione
presso lo Studio Legale
Ambrosio&Commodo di Torino.
È il legale di alcuni
feriti, tra cui il piccolo
Kevin, di Piazza San Carlo.
Specializzato in
risarcimento del danno alla
persona tra Italia e Stati
Uniti, è autore di
monografie sulla tematica
risarcitoria. Membro del
comitato scientifico
dell’associazione
Medico-Legale Melchiorre
Gioia, si è inoltre occupato
di alcuni tra i principali
disastri della recente
storia giudiziaria.
Avvocato, cosa è
successo esattamente quella
sera in Piazza San Carlo ? "E’ ancora presto per dirlo:
inizialmente si parlava di
procurato allarme ad opera
di un folle, poi dello
scoppio di un potente
petardo, infine parrebbe che
il boato che alcuni
testimoni hanno sentito
provenisse dal rombo di un
motore del parcheggio
interrato proprio sotto alla
piazza. Insomma le cause
sono ancora da accertare".
La definirebbe
isteria collettiva ? "La risposta è no. Non
parlerei di isteria
collettiva ma di una
generale impreparazione ed
omissione in misure di
prevenzione e sicurezza ed
in tal senso depongono le
scuse formulate tanto dal
Prefetto, Renato Sacconi,
quanto dal Sindaco Chiara
Appendino. I testimoni
raccontano infatti del caos
più totale come pure di una
eccessiva presenza di
persone nella piazza. In
questo senso, la scelta di
posizionare un solo
maxischermo all’inizio della
Piazza (anziché due come
nelle precedenti occasioni)
ha favorito la
concentrazione di una massa
incredibile di persone in
uno spazio contenuto con
praticamente nessuna via di
fuga considerando che la
piazza era per buona parte
transennata. Vi erano enormi
difficoltà nello spostamento
delle persone anche solo di
pochi centimetri. Alcuni
hanno dichiarato persino che
si aspettavano che
succedesse qualcosa da un
momento all’altro e che in
generale si sentivano
soffocare. Si respirava
un’aria surreale. Altri
hanno rievocato, essendo
stati presenti
sopravvissuti, la tragedia
dell’Heysel".
Ed i venditori
abusivi ?
"Si tratta di un fatto
increscioso. I testimoni
riferiscono della presenza
di numerosi venditori
abusivi in Piazza San Carlo,
entrati sfuggendo ai
controlli, parrebbe
introducendosi nel
parcheggio posto sotto alla
piazza e quindi sbucando
come talpe dentro alla
piazza, eludendo qualsiasi
controllo. Certo è invece
che questi hanno venduto
abusivamente migliaia e
migliaia di bottiglie di
birra in vetro sui cui poi
hanno finito per tagliarsi
la maggior parte dei 1527
danneggiati ricoverati nei
pronto soccorso di tutta la
città".
Lei è il legale
anche di altri feriti di
Piazza San Carlo, come
stanno ?
"È vero, assistiamo numerosi
danneggiati. Il piccolo
Kelvin per fortuna è uscito
dalla situazione di
emergenza ed è potuto
finalmente tornare
all’affetto dei suoi cari
anche se il percorso di
riabilitazione sarà lungo ed
il minore è ancora scosso
come lo sono del resto i
genitori. Molti altri invece
sono ancora ricoverati in
condizioni critiche. L.S.,
mamma di 41 anni, ha subito
la frattura di 8 costole,
frattura dei malleoli delle
caviglie, lesioni polmonari,
lesioni ai timpani ed
emorragia bi-oculare: si
tratta di lesioni causate
dai pestoni della folla in
fuga. Mi sono commosso
quanto mi è stato riferito
che nell’occorso questa
mamma ha perso la figlia di
11 anni che è stata poi
ritrovata in lacrime con gli
occhi interessati da
emorragia da schiacciamento
3 ore dopo in Piazza
Solferino, a notevole
distanza quindi dalla Piazza
San Carlo, letteralmente
trascinata dal fiume di
persone. M.M., di 27 anni,
invece, come tantissimi
altri ha subito lesioni da
taglio con la lesione di
nervi e tendini della mano
con il rischio di perdere la
mobilità delle dita. È stato
operato d’urgenza e ci sia
augura una completa
guarigione. Impressionate
notare il numero degli
affidamenti da parte delle
strutture sanitarie di molti
danneggiati alle Strutture
Complesse di Psicologia e
Psichiatria, il che conferma
la natura disastrosa del
fenomeno. Chi c’era non può
dimenticare".
Erika Pioletti, la
ragazza che è stata colpita
da infarto da schiacciamento
in Piazza San Carlo, secondo
le fonti mediche non ce la
farà. "Preferisco non commentare,
sembra un incubo. Non voglio
crederci. La morte di una
concittadina darebbe tutto
un altro tono ad una
situazione già gravissima".
Cosa chiedono adesso
i familiari dei feriti da
lei assistiti ?
"Verità e giustizia. I
torinesi sono gente
composta, che non urla ma
che pretende che chi sbaglia
debba pagare fino all’ultimo
centesimo. È giusto che
ricevano il risarcimento
integrale previsto dalle
tabelle attualmente vigenti
e che regolano il
risarcimento del danno alla
persona. Ogni danneggiato
tuttavia ha un danno diverso
e per la maggior parte dei
feriti le lesioni sono
ancora in corso di
guarigione. Allo stato non è
possibile parlare di cifre".
15 Giugno 2017
Fonte:
Ilprimatonazionale.it
© Fotografia: Genova24
"Amo la musica ma non
torno è ancora troppo
vivo il ricordo di
quella notte di sangue"
di Erica Di Blasi
"Non tornerò in piazza
San Carlo per MiTo. Il 3 giugno
ero lì vicino e ho ancora
davanti agli occhi quelle
immagini terribili".
Federica Loffreda, 33
anni, lavora per un'azienda
francese. È abituata a girare il
mondo e non si è mai persa
un'edizione di MiTo. Questa
volta però non se la sente. La
sera del 3 giugno era anche lei
in centro ?
"Sì per fortuna non proprio in
piazza San Carlo. Sono andata a
trovare una mia amica in un bar
lì vicino. Abbiamo guardato
insieme la partita. Sembrava
tutto tranquillo, ma poi sono
arrivate tutte quelle persone.
Gridavano tutti che c'era stato
un attentato, che sparavano in
piazza. Erano feriti: avevano
tagli sulle braccia, sulle gambe
e anche in viso. Abbiamo pensato
davvero che ci fosse un attacco
terroristico".
Cosa avete fatto ?
"Eravamo terrorizzati. La
ragazza che era con me ha avuto
la prontezza di far entrare le
persone ferite e poi ha subito
tirato giù la serranda. Siamo
rimasti lì così a lungo, senza
sapere che cosa stesse davvero
succedendo là fuori. Sentivamo
la gente urlare e delle persone
correre. I ragazzi che abbiamo
soccorso erano senza scarpe:
tutti ricoperti di sangue.
Abbiamo preso dell'acqua
ossigenata e delle garze, in
modo che potessero almeno
tamponare le ferite".
Quanto tempo è passato
prima che la situazione tornasse
alla normalità ?
"Almeno una quarantina di
minuti. Abbiamo provato a
riaprire la serranda, con molta
cautela, per capire cosa c'era
fuori. Sono arrivati altri
giovani: anche loro sotto choc,
con i vestiti strappati. Si
erano fatti male per via del
vetro. In sottofondo c'erano
solo sirene. È stato terribile
non sapere quello che stava
succedendo".
Non se la sente di
tornare in piazza San Carlo ?
"Sinceramente no. Ho paura che
possa accadere di nuovo qualcosa
di simile. Ho partecipato a
tutte le scorse edizioni, ma
questa volta resterò a casa. Non
mi sento più al sicuro. In parte
è dovuto a come vengono
organizzati questi eventi:
almeno in passato c'è stata
davvero troppa leggerezza. In
parte ai drammi che purtroppo
continuano a verificarsi in
occasione di eventi simili nelle
principali città europee".
2 settembre 2017
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Lastampa.it
TORINO
Piazza San Carlo, verso il
23 Ottobre
Il
3 Giugno 2017 è una data che
verrà ricordata in tutta
Torino e non solo. È il
giorno della finale di
Champions League: si
affrontavano Juventus e Real
Madrid, ma nella piazza
storica di Torino, piazza
San Carlo, davanti al
maxischermo è accaduto
l’inimmaginabile: una
ventata di terrore che ha
travolto presenti e lasciato
per terra migliaia di feriti
ed una vittima. Secondo gli
investigatori a scatenare il
caos quel giorno fu
l’utilizzo di spray
urticanti da parte di una
gang di giovani nordafricani
che, nel tentativo di
scippare i tifosi, avrebbero
seminando il panico. I
componenti della banda sono
finiti in manette e verranno
processati per diversi capi
d’accusa. Ma il 23 ottobre
inizia un altro processo per
la morte di Erika Pioletti e
il ferimento di oltre 1500,
vittime di quella tragica
serata, che vede al banco
degli imputati Chiara
Appendino, l’ex questore di
Torino Angelo Sanna, l’ex
capo di gabinetto Paolo
Giordana, il dirigente
comunale Paolo Lubbia e
altre undici persone.
Appendino e gli altri sono
accusati di disastro,
lesioni e omicidio colposo,
reati figli dell’inchiesta
sulle modalità con cui fu
organizzato e gestito
l’evento di piazza San
Carlo. La tesi della
Procura, confortata da una
consulenza tecnica
dell’architetto Mauro
Esposito, è che la serata in
piazza non fu organizzata in
maniera ottimale e avrebbe
dovuto essere annullata.
Come detto il 23 ottobre ci
svolgerà a porte chiuse,
nell’aula bunker del carcere
"Lorusso-Cutugno", l’udienza
preliminare. Di questo
procedimento abbiamo parlato
con l’avvocato Federico
Depetris, difensore di
alcuni che restarono feriti
in piazza San Carlo il 3
giugno.
Cosa accadrà
all’udienza del 23 ottobre,
la prima del processo per i
fatti di piazza San Carlo ?
"L’udienza preliminare del
23 ottobre aprirà uno dei
processi più importanti che
saranno celebrati nel 2018 e
2019. Non credo che ci
saranno particolari colpi di
scena, soprattutto in questa
fase. Ho l’impressione che
gli imputati vorranno
giocarsi tutte le loro carte
nel procedimento ordinario e
quindi non credo assisteremo
a patteggiamenti o a
richieste di riti
abbreviati. In ogni caso si
tratterà di un processo
complicato nel quale vedremo
all’opera, sia tra le fila
dei difensori degli imputati
che tra quelle delle persone
offese, alcuni dei migliori
avvocati penalisti del Foro
di Torino".
Lei che assiste
alcune vittime di piazza San
Carlo, che strategia pensa
adotteranno le persone
danneggiate in questo
processo ?
"Innanzitutto posso dire che
io personalmente condivido
pressoché integralmente
l’impianto accusatorio della
Procura, la quale peraltro
ha svolto un lavoro di
indagine monumentale. Chi
delle persone offese si
costituirà parte civile lo
farà per vedersi risarciti i
danni subiti e per vedere
condannate tutte quelle
persone, e sono veramente
molte, che hanno commesso
degli errori imperdonabili".
Quali errori non
possono essere scusati agli
imputati ?
"In
generale, studiando gli atti
dell’attività di indagine,
si può notare una totale
negligenza, che non esiterei
a chiamare sciatteria,
nell’organizzare la
proiezione della finale
Juventus - Real Madrid. Il
piano di emergenza era pieno
di refusi ed era senza
dubbio il frutto di un
maldestro copia e incolla
effettuato da piani di
emergenza precedenti. La
scelta, poi, di allestire la
piazza trasformandola in un
"recinto", dove 40.000
persone si sono ammassate
l’una sull’altra è stata una
follia. Le vie di fuga erano
insufficienti, non erano
segnalate e comunque non
erano in grado di consentire
l’esodo delle persone che di
fatto rimasero intrappolate
nella piazza. Come poi è
emerso sin dai primi momenti
non era nemmeno stato
nominato un responsabile per
la sicurezza. Un’omissione
gravissima".
Quali sono le
responsabilità della sindaca
Chiara Appendino ?
"Anche su questo condivido
l’impianto accusatorio. Le
omissioni e negligenze della
prima cittadina sono state
numerose. Non scusabili.
Sono curioso di vedere che
atteggiamento difensivo
assumerà la sindaca nel
processo. Una cosa però
trovo assolutamente
imperdonabile ad Appendino:
l’aver lasciato i suoi
funzionari sguarniti di
direttive. In piazza San
Carlo la sera del 3 giugno
2017, proprio durante il
diffondersi del panico, è
avvenuto infatti un fatto
incredibile: gli
organizzatori dell’evento,
il Comune e TTP, non erano
presenti con i loro vertici
apicali o con loro delegati.
Gli operanti della Polizia,
durante le ondate di panico,
parrebbe che abbiano cercato
gli organizzatori per
invitarli a comunicare al
pubblico di mantenere la
calma, ma non trovarono
nessuno. Non c’era nessuno
che gestisse la piazza
quella sera".
Nei racconti dei
suoi assistiti cos’è che
l’ha impressionata di più ?
"I
miei clienti sono tutti
stati travolti dalla calca e
ripetutamente calpestati.
Tutti mi hanno raccontato di
aver pensato di stare per
morire. Una sensazione
terribile da cui non si
riprenderanno mai. Per mesi
e mesi i miei clienti non
sono riusciti a recarsi in
luoghi affollati perché
anche solo salire su di un
semplice tram causava loro
attacchi di panico. I miei
clienti hanno avuto disturbi
del sonno e sono stati
costretti a ricorrere agli
psicoterapeuti per provare a
superare il trauma".
Nei giorni
immediatamente successivi ai
fatti di piazza San Carlo
iniziò a montare la polemica
per l’assenza di copertura
assicurativa per l’evento
del 3 giugno 2017.
Arriveranno i risarcimenti
per i feriti dalle
assicurazioni del Comune e
di Turismo Torino ?
"Dare una risposta a questa
domanda è prematuro. Ad oggi
non mi risulta che le
assicurazioni abbiano
risarcito i danni. Per
quanto però a mia conoscenza
diretta, le posso dire che
nonostante sia passato più
di un anno da quando ho
inviato le diffide al Comune
e a Turismo Torino e
Provincia, nessuno dei
predetti enti o delle loro
compagnie di assicurazioni
ha formulato una proposta
risarcitoria. Questo è anche
uno dei motivi per cui oltre
a difendere alcune persone
che intendono partecipare
attivamente al processo
penale che si aprirà il 23
ottobre, ho anche già
introdotto un’azione civile
per conto di un’altra mia
assistita. Ritengo, infatti,
che ci siano tutti i
presupposti affinché il
Comune di Torino e TTP
possano essere condannati a
risarcire i danni".
9 ottobre 2018
Fonte:
Nuovasocieta.it
© Fotografia:
Democratica.it
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