È il 22
giugno 2018 quando la Procura di
Torino, rappresentata dai pm
Antonio Rinaudo e Vincenzo
Pacileo, chiede il rinvio a
giudizio per 15 indagati sul
disastro di Piazza San Carlo
2017. Scrivono fra le
motivazioni che "in cooperazione
colposa" hanno "cagionato la
morte per arresto cardiaco di
Erika Pioletti, nonché lesioni
personali anche gravi e
gravissime" ad altri (1.526)
tifosi in piazza San Carlo. In
cima alla lista il primo
cittadino del capoluogo
piemontese Chiara Appendino, con
un’accusa spaventosa solo a
pronunciarsi: omicidio, lesioni
e disastro colposi i reati
ipotizzati… Seguono altri nomi
eccellenti fra cui l'ex
questore, Angelo Sanna e il suo
capo di gabinetto Michele Mollo,
l'ex capo di gabinetto della
sindaca Paolo Giordana, il
direttore del suolo pubblico
Paolo Lubbia, il dirigente del
Commissariato Centro Alberto
Bonzano, il presidente di
"Turismo Torino" (l’ente
organizzatore) Maurizio
Montagnese e il dirigente Danilo
Bessone. Seguono la dipendente
comunale Chiara Bobbio e altri
con ruoli tecnici fra i quali
l’architetto del progetto
d’allestimento del palco per il
maxi schermo Enrico Bertoletti
insieme a Roberto Dosio, Dario
Longhin, Franco Negroni,
Pasquale Piro, Marco Sgarbi. Per
il prefetto Renato Saccone (e
altri sei) chiesta
l'archiviazione, ma alcuni
legali di parte civile hanno
opposto il loro ricorso che
verrà discusso in settembre.
Accusa annunciata. Inefficace,
dunque, il memoriale consegnato
ai magistrati da parte della
difesa. I legali Chiappero e
Cairo dichiarano pubblicamente:
"Noi pensavamo, e tuttora
pensiamo, che Appendino dovesse
essere prosciolta. Lo ribadiremo
all'udienza preliminare". Nella
fase istruttoria sul fascicolo
d’indagine che la riguardava
(chiuso l’11 aprile) si
identificavano almeno nove
passaggi in cui risultava
chiamata dalle responsabilità
del ruolo, a causa delle gravi
lacune organizzative e delle
gravissime conseguenze scaturite
in piazza il 3 giugno 2017. Una
serata infausta pianificata in
così scarso tempo (4 giorni) con
un budget striminzito e una
contagiosa approssimazione di
fondo fra le istituzioni,
direttori e funzionari, apparati
di controllo nella progettualità
dell’evento e gestione
dell’emergenza. Anche sulla base
della perizia tecnica
dell'architetto Mauro Esposito,
secondo i pubblici ministeri da
regolamento e buon senso
avrebbero dovuto annullarlo.
Mentre il compito di fissare la
data dell'udienza preliminare
nell’aula bunker del carcere
"Lorusso-Cutugno" (rigorosamente
a porte chiuse il 23 ottobre)
spetta al Gup Maria Francesca
Abenavoli, non mancano gli
attacchi politici al sindaco
grillino dalle opposizioni.
Sostiene Marco Racca
dell’estrema destra (Casapound):
"Una volta dicevano che qualora
fossero stati indagati si
sarebbero dimessi. Poi hanno
detto "aspettiamo l'esito delle
indagini". Ora che andrà a
processo diventeranno
garantisti, cosa tra l'altro
giusta in uno stato di diritto.
Però la strage rimane e avrebbe
dovuto dimettersi
immediatamente". Di certo è una
brutta tegola pesante
sull’amministrazione già molto
difficoltosa e contrastata della
città. La difendono i compagni
del movimento, fra gli altri il
ministro Toninelli: "Chiara è di
specchiata moralità, no
problem". Lei stessa si
autodefinisce "serena a pronta a
collaborare". 356 le persone
coinvolte nel procedimento in
qualità di "parte civile", a
causa di traumi fisici e
psicologici causati dagli
accadimenti della serata. Il 16
luglio, due dirigenti di
pubblica sicurezza indagati per
i fatti, Michele Mollo (Capo di
Gabinetto Questura) e Alberto
Bonzano (Capo Commissariato
Centro) vengono trasferiti in
altra sede per "riorganizzazione
interna", su disposizione del
nuovo questore Francesco
Messina. Sorpresi i loro
colleghi locali che dichiarano:
"È la batosta finale, dopo un
anno di angoscia, per due uomini
che hanno creduto profondamente
nelle istituzioni e,
soprattutto, nel sistema Torino.
Nella capacità della città di
fare sinergia per affrontare
criticità e grandi eventi. Un
sistema che li ha traditi a
sorpresa". I due poliziotti,
piemontesi e laureati in
giurisprudenza, vivono con
angoscia l’accusa di
"responsabili" della sciagura.
Tanta la delusione. I più vicini
a loro li descrivono
"profondamente avviliti" e il
pensiero comune alla maggior
parte degli agenti e dei
dirigenti di Pubblica Sicurezza
di Torino è che fosse "una
disgrazia che non poteva essere
evitata". Il 4 settembre,
davanti al gup Irene Gallesio,
verrà discusso in udienza il
ricorso per l’archiviazione del
Prefetto e di altri sei
indagati, membri della
Commissione di vigilanza (il
comandante vicario della polizia
municipale Ivo Berti, Raffaele
De Caro dell’Asl, Fulvio Trucano
esperto di impianti elettrici,
Giorgio Villani del Comune,
Marco Trivellin e Valter Pirillo
della Direzione opere pubbliche
del Settore Tecnico della
Regione). Il documento di 21
pagine è stato redatto
dall’avvocato Caterina Biafora,
a nome di 49 parti offese. Si
oppone alla decisione della
magistratura, utilizzando un
riferimento al rogo del 13
febbraio 1983 presso il Cinema
"Statuto" (64 morti), in
particolare alla sentenza romana
di Cassazione del 9/8/1990 che
sancì il "diritto-dovere di
ciascun membro di una
Commissione di vigilanza di
informarsi su ogni aspetto
concernente la sicurezza" e a
quella "fattispecie di incendio
di locale adibito a cinema con
conseguente morte di molte
persone". Nel ricorso l’avvocato
Biafora sottolinea le
responsabilità di "costoro che
erano tenuti a esercitare le
loro funzioni in ragione
dell’obiettivo di garantire la
sicurezza e l’incolumità delle
persone partecipanti a una
manifestazione pubblica di
massa". Tutti responsabili e
nello stesso modo in quanto "le
responsabilità di ciascun membro
non possono limitarsi
all’apporto tecnico
singolarmente prestato, ma vanno
rapportate in ragione
dell’operato tout court
compiuto. Nel caso di specie la
sicurezza pubblica è stata
inevitabilmente lesa e se ci
fosse stato un intervento dei
membri della Commissione
provinciale di vigilanza, anche
di uno solo, non si sarebbero
verificate la morte di Erika
Pioletti e le numerose vittime.
Il piccolo cinese juventino lo
ricordiamo tutti". Anche nella
sentenza del Cinema Statuto si
leggeva che "ciascuno dei membri
ha il potere-dovere d’informarsi
su ogni aspetto concernente la
sicurezza e l’igiene del locale
di pubblico spettacolo, e di
richiedere che gli altri
componenti si attivino
analogamente". Proprio in virtù
di questo passaggio della
Cassazione l’avvocato chiede
"come si può, quindi, escludere
la responsabilità dei membri
della Commissione se nessuno di
loro, evidentemente, non si è in
alcun modo informato ?".
Sull’altro fronte, invece,
mentre si avvicina la data
dell’udienza preliminare di
ottobre è il tribunale del
Riesame ad alleggerire un po’ il
carico accusatorio che grava
sulla Sindaca e gli altri 14
indagati. Nelle motivazioni del
17 luglio con le quali
confermano l’omicidio
preterintenzionale per i giovani
imputati, i giudici sostengono
"la sussistenza di un nesso
causale" tra la rapina con lo
spray commessa dai cinque
marocchini e "la morte di Erika
Pioletti". Tendono a
ridimensionare le "condotte
omissive degli organizzatori
dell’evento" che "rappresentano
solamente una delle componenti
fattuali che hanno contribuito a
determinare il decesso della
donna". È "la condotta
predatoria" della banda che
"assume una posizione preminente
dal momento che la stessa ha
innescato la catena causale
(ossia la fuga scomposta della
folla) che ha condotto Pioletti
alla morte". Sebbene divise da
tempi e metodi investigativi
differenti i processi
s’intersecano nella sostanza dei
fatti e l’equilibrio al momento
pende sul lato dei marocchini
che hanno causato il caos.
Nel testo del tribunale
i giudici Rossella La Gatta,
Loretta Bianco e Giulia Caveglia
definiscono che la morte di
Erika "si è verificata per il
sommarsi di varie cause, tra le
quali la condotta predatoria
assume una posizione
preminente", ha "innescato la
catena di cause" della tragedia.
"Presunte condotte omissive
operano in unione con la
condotta nella serie di cause
che contribuiscono a
determinare", non con "rilevanza
causale assorbente sul
verificarsi dell’evento". Le
"cause sopravvenute o
preesistenti non sono del tutto
indipendenti dalla condotta"
(dei rapinatori) e "per sé sole
sufficienti a determinare
l’evento". Un assist non di poco
conto per le difese che
cavalcheranno certamente questa
"posizione preminente" dei
"predoni" che volevano "fare
serata", scaricando su di essi
le responsabilità dei più gravi
capi d’imputazione loro
contestati.
© Fotografie:
Laleggepertutti.it -
Quotidiano.net
LA PRIMA UDIENZA
- Sedici mesi e 20 giorni dopo
la tragedia, il 23 ottobre 2018,
nell’aula bunker del carcere
"Lorusso e Cutugno" delle
Vallette, normalmente dedicata
ai procedimenti contro
terroristi, No Tav e
‘ndranghetisti, esponenti della
criminalità organizzata e
mafiosi, prende avvio l'udienza
preliminare del processo. Ad
esigere un risarcimento ci sono
350 querelanti. Tra questi Fabio
Martinoli, il compagno di Erika
Pioletti, ma non altri familiari
della vittima. Al vaglio di
eventuali eccezioni della difesa
245 parti civili più quella
dell’Adicon (associazione in
difesa dei consumatori). In coda
davanti ai cancelli della
struttura in corso Regina
Margherita 540 proprio alcuni di
questi attendono di accedere
all’aula. Molti di loro arrivano
da fuori Torino e portano ancora
i segni fisici e psicologici del
danno subito a causa della
pessima organizzazione della
sicurezza nella serata in
piazza. In pochi rivendicano
danni gravi per migliaia di
euro, moltissimi hanno
presentato referti per piccole
lesioni, tagli o fratture. La
maggior parte di loro dichiara
anche danni psicologici da
stress. Tra questi anche
Alessandro Bovero, 55 anni, con
una lussazione alla spalla: "Mi
sono ritrovato per terra,
sembravano un branco di cavalli
che correvano. Accanto a me
c'era Erika Pioletti, l'ho vista
andare contro il portone, poi è
finita per terra e ha sbattuto
la faccia. Oggi soffro di
attacchi di panico e sono in
cura da uno psicologo. Queste
cose non dovrebbero capitare,
chiederò i danni al Comune. Io
fui salvato da un ragazzo che mi
prese da terra e mi appoggiò
contro un muro. Altrimenti avrei
fatto la fine della povera
signora Pioletti che era a pochi
passi da me… L'organizzazione
non c'era. Io per allontanarmi
fui costretto a scavalcare delle
transenne che erano allacciate
insieme. E di forze dell'ordine
ne vidi poche. Fu un vero
disastro. Ho ancora degli
attacchi di panico. Sulla
metropolitana, se è piena, non
salgo. E nei centri commerciali,
se c'è folla, non entro". Tra i
feriti gravissimi, la signora
Marisa Amato, 64enne, rimasta
tetraplegica sulla sedia a
rotelle, arrivata in aula a
bordo di un'auto medica e
assistita dai familiari e dal
suo legale. Compromessa
significativamente l’immagine
dell’amministrazione comunale
che paga per la superficialità
dei suoi funzionari chiamati a
vario titolo nei ruoli della
organizzazione e gestione
dell’evento. Stona l’assenza
della sindaca Appendino,
l’imputata "eccellente" (difesa
dai legali Luigi Chiappero e
Maria Turco) chiamata a
rispondere assieme ad altre 14
persone per i capi d’imputazione
dei pm Antonio Rinaudo e
Vincenzo Pacileo: "disastro,
lesioni e omicidio colposo". Di
quelli solo il funzionario dei
vigili del Fuoco Dario Longhin e
Pasquale Piro della commissione
di vigilanza della prefettura
sono presenti in aula. Gli
imputati si affidano ai migliori
avvocati sulla piazza che hanno
discusso una linea difensiva
comune. Duro il commento di uno
dei legali di parte civile,
Davide Sanna: "Profonda
tristezza… Questa mattina mi ha
colpito vedere una signora in
carrozzella, ma non la sindaca.
Da cittadino, e non solo come
avvocato di parte civile, avrei
gradito che fosse in aula.
Magari a testa alta. Senza paura
né del processo né delle accuse.
Non ci si può proporre come i
paladini del nuovo e poi, alla
prima occasione, non presentarsi
nemmeno. Lo trovo poco
rispettoso". Il gup Maria
Francesca Abenavoli aggiorna
l’udienza rinviandola al 30
novembre, riservandosi entro
quella data di esaminare e
accogliere ufficialmente le
costituzioni di parte civile
ritenute valide. Nonostante gli
appelli delle difese le
compagnie assicurative fanno
muro contro le richieste di
avviare una prima trattativa con
i feriti che potrebbero
ritirarsi, se soddisfatti, dal
processo. In assenza di tali
accordi già il 30 novembre le
parti civili potrebbero
rivalersi sui "responsabili
civili", quelle istituzioni che
risponderebbero economicamente
dei danni provocati: Comune,
Agenzia Turismo Torino,
Questura, Ministero
dell’Interno, addirittura la
Juventus. Resta il dubbio per i
giudici sull’accorpamento con il
processo "bis" della banda dello
spray al peperoncino. Nel codice
di procedura penale sarebbe
previsto, con il rischio certo
per i 15 imputati di finire
davanti alla corte d’Assise e
alla giuria popolare, prevalendo
sempre la corte del reato più
grave… Facoltà degli avvocati
delle parti civili o della
Procura richiedere, dunque, un
maxi-processo mentre nelle
prossime sedute per gli imputati
sarà possibile richiedere il
patteggiamento o un giudizio
abbreviato (risarcimenti delle
compagnie delle assicurazioni
permettendo). Col beneplacito
della Procura chi ha la fedina
penale pulita potrebbe ricevere
una condanna inferiore ai due
anni con la sospensione
condizionale della pena, senza
conseguenze per l’attività
professionale. Altra questione
il capo d’imputazione per prima
cittadina e altri funzionari che
non fa alcun riferimento al
panico, causa "non accertata",
ma principale dell’evento.
Secondo i difensori, grande
lacuna nel capo d’accusa:
tenteranno di difenderli,
scaricando sull’azione
imprevedibile dei rapinatori la
responsabilità (accusati di
omicidio preterintenzionale,
lesioni e rapine, generando due
ondate di panico). Attesa anche
per la decisione del tribunale
in merito all’archiviazione
della posizione dell'ex prefetto
Renato Saccone e degli altri
indagati. Bagarre politica in
Consiglio Comunale per la
richiesta dell'opposizione
affinché il Comune si
costituisca come parte civile.
Secca replica della capogruppo
del M5S, Valentina Sganga, nel
dibattimento accesosi in sala
rossa: "La tragedia di piazza
San Carlo è una vicenda che ha
segnato Torino, i torinesi e gli
italiani. Alla vigilia
dell'udienza preliminare usarla
per battaglie politiche, come
sta cercando di fare una parte
delle opposizioni, è
inaccettabile".
LE NUOVE UDIENZE
- Alla ripresa delle udienze
preliminari si costituiscono
altre 40 parti civili. Si
aggiungono alle 300 che il Gup
ha ammesso al processo. La
battaglia legale non conosce
esclusione di colpi. Così, in
apertura, Claudio Strata,
l’avvocato difensore del
viceprefetto Dosio, scaricando
le responsabilità su
organizzatori e gestori della
manifestazione sostiene: "non
hanno letto le 19 prescrizioni
impartite dalla commissione
provinciale di vigilanza".
Secondo lui, il suo cliente
"operò in modo diligente"
presiedendo la commissione e
incalza: "Ci contestano
l’inadeguatezza o l’inefficacia
di alcune prescrizioni. Ma il
vero problema è che nessuno le
lesse, a cominciare dagli
operatori del Comune e di
Turismo Torino". Poi vira
sull’Amiat, l’azienda pubblica
di igiene ambientale "che non è
stata chiamata in causa" poiché
"non rimosse dalla piazza le
bottiglie in vetro nonostante le
ripetute sollecitazioni della
Questura". La Procura ribatte in
merito che, dato l’affollamento
straordinario, fu impossibile
pulire la piazza in serata.
Innocentista anche la posizione
espressa dal difensore di
Alberto Bonzano, dirigente di
Polizia responsabile dell’ordine
pubblico in piazza, secondo il
quale l’assistito non avrebbe
potuto sospendere l'evento di
cui non poteva rispondere per le
condizioni di sicurezza
programmate. Nel marzo 2019 il
giudice Maria Francesca
Abenavoli respinge al mittente
una istanza di nullità delle
richieste di rinvio a giudizio
presentata dalle difese della
sindaca e degli altri 14
imputati per i quali conferma
integralmente il capo delle
accuse della Procura per
"disastro, lesioni e omicidio
colposo" in relazione alle
carenze organizzative della
manifestazione del 3 giugno 2017
in piazza San Carlo a Torino. Il
cavillo dei legali si fonda sul
vizio per un ritardo nel
deposito degli atti relativi al
procedimento contro i ragazzi
della "banda dello spray",
rigettato dal Gup perché
inchiodabili in ogni caso dalle
responsabilità sulla prevenzione
e sulla sicurezza. La seduta
viene aggiornata al 27 giugno
per dare un po’ di tempo alle
trattative per gli indennizzi
fra le compagnie di
assicurazione e le parti lese.
Avrà luogo trasferendosi nella
maxi-aula "Casalbore" del
Palazzo di Giustizia a Torino.
Nel mese di ottobre, 853 giorni
dopo la tragedia, il processo
entra nella sua fase cruciale,
concludendo la fase preliminare
e stabilendo i termini
definitivi del dibattimento che
dal 22 novembre aprirà la
discussione vera e propria delle
parti. Sarà proprio in quella
occasione che i rinviati a
giudizio potranno manifestare
l’intenzione di un
patteggiamento, del rito
abbreviato o se continuare ad
affidarsi al giudizio della
Corte d'Assise. Intanto,
accertata la legittimità di 269
richieste di risarcimento, si
definiscono i rimborsi dovuti
dalle assicurazioni: 143 le
posizioni assodate (65 di Unipol
e 78 di Reale Mutua) per conto
del Comune e di Turismo Torino
che ottengono in cambio il
ritiro della querela e la revoca
alla costituzione di parte
civile. Le compagnie, da par
loro, cercheranno, a condanna
definitiva, un’azione legale di
rivalsa ("regresso") sul
Ministero dell’Interno per farsi
restituire i rimborsi…
"UN FATTO NUOVO"
- Il 22 novembre in aula si
presenta anche l’ex Questore
Sanna e comunica alla stampa:
"Quello di oggi è un passaggio
processuale importante". La
contestazione più grave fatta
agli amministratori ("non è
stato acquisito il parere
obbligatorio e vincolante della
commissione provinciale di
vigilanza") è del pm Pacileo. Va
ad integrare i capi di accusa
già noti alla sindaca Appendino,
Paolo Giordana, Chiara Bobbio e
Paolo Lubbia: "Quella sera
piazza San Carlo avrebbe dovuto
essere vuota: la manifestazione
per la finale di Champions
League Juventus-Real Madrid non
avrebbe dovuto svolgersi. E la
sindaca Chiara Appendino avrebbe
dovuto interrompere o annullare
l’evento, perché le
autorizzazioni non erano a
norma". Con particolare
riferimento al mancato uso degli
steward a presidio delle
transenne removibili e degli
accessi al parcheggio
sotterraneo e alla piazza,
l’accusa grava anche sui vertici
della Questura (Questore Angelo
Sanna e gli altri dirigenti:
Michele Mollo, Alberto Bonzano,
Pasquale Piro). "Un fatto nuovo"
secondo le difese che muta lo
scenario accusatorio e inficia
le scelte dei riti procedurali
per gli imputati. Pertanto
chiedono al Giudice un rinvio
dell’udienza per "procedere a
una nuova notifica dell’atto di
conclusione delle indagini".
L’Abenavoli respinge la
richiesta, pur concedendo del
tempo per la scelta degli
imputati fino all’udienza del 10
dicembre. Saranno raccolte il 29
novembre, invece, spontanee
dichiarazioni da parte del vice
questore Bonzano e del vice
prefetto Roberto Dosio sui
fatti. Sul fronte meramente
risarcitorio, l’avvocatessa
Caterina Biafora, assistente
legale di 60 feriti, intanto
sostiene: "Ci sono ragazzi che
per salvarsi hanno calpestato
altra gente e che ancora adesso
si portano dietro quei traumi.
Il disturbo post-traumatico da
stress non deve essere valutato
necessariamente da uno
psichiatra, è sufficiente la
consulenza di uno psicologo".
Dall’altra parte, il legale di
Unipol Sai, Pietro Obert,
ribatte: "I danni finora
riconosciuti riguardano solo le
lesioni, per quelli da stress
post-traumatico ad oggi ci sono
solo degli incarichi finalizzati
a valutarne la sussistenza".
SCARICABARILE
- A gamba tesa
l’intervento del Capo della
Polizia, Franco Gabrielli, sulla
questio: "La cosa più avvilente
che è avvenuta in piazza San
Carlo a Torino, al di là della
morte di una persona e del
ferimento di oltre 1500, è stato
lo spettacolo di soggetti che
hanno scaricato l’uno sull’altro
le responsabilità che dovevano
essere tenute in quella vicenda.
Da un punto di vista del
messaggio che diamo ai nostri
cittadini, allorquando pubblici
funzionari o pubbliche
amministrazioni praticano lo
sport dello scaricabarile, è una
delle modalità con la quale si
alimenta quello che considero
oggi il male peggiore del nostro
Paese: la perdita di credibilità
delle istituzioni. Se ci fosse
stata prima la famigerata
circolare Gabrielli
l’individuazione delle
responsabilità avrebbe reso
anche più semplice il lavoro
della magistratura, che altro
non fa che cercare le
responsabilità. Se queste sono
confuse e non si capisce chi
deve fare cosa diventa tutto più
complicato e la mia
preoccupazione non è solo
l’accertamento della verità, che
è importante, ma anche il
messaggio che si dà ai
cittadini".
LE PRIME ARCHIVIAZIONI
- Alla ripresa dell’udienza, in
dicembre, il gip Irene Gallesio
stralcia alcune posizioni,
respingendo il ricorso
dell'Unione Nazionale
Consumatori che assiste 40
feriti: "Le risultanze
investigative portano a
concordare con le argomentazioni
e le conclusioni dei pubblici
ministeri esposte nella
richiesta di archiviazione. E
non risulta smentita la
circostanza secondo la quale il
prefetto non venne informato né
dalla questura, né dall'ente
organizzatore che quest'ultimo,
nonostante le espresse
richieste, non avrebbe
predisposto alcun servizio di
stewarding presso gli accessi di
Piazza San Carlo, lasciando di
fatto tutti gli aspetti relativi
ai controlli in mano alla
questura". Dunque, "i componenti
della commissione di vigilanza
non hanno tutti le stesse
responsabilità". Escono così di
scena definitivamente l'ex
prefetto Renato Saccone, il vice
comandante della polizia
municipale Ivo Berti e altri
cinque componenti della
commissione di vigilanza che
avevano autorizzato la
manifestazione, così come già
deciso dalla procura.
GLI ALTRI RITI
- Si avanzano le richieste per i
riti ai quali si è scelto di
sottoporsi. Patteggiamento
accolto per Danilo Bessone,
direttore di Turismo Torino, il
quale concorda con la Procura un
anno e sei mesi di carcere, con
la sospensione condizionale
della pena. Rito abbreviato per
l’Appendino, Giordana,
Montagnese e Bertoletti che
andranno a processo il 21
febbraio. A loro, in un secondo
tempo, si aggiunge anche l’ex
Questore Sanna. Per tutti gli
altri prosegue l’udienza davanti
al Gup. Nella richiesta del
rinvio a giudizio il Pm Pacileo
scriveva: "La ragione di fondo
dei tragici eventi del 3 giugno
deve essere ricercata innanzi
tutto nella frettolosità (pur
avendo la Sindaca "tweettato"
che i preparativi erano in corso
da "settimane" per garantire
sicurezza e ordine) e nella
superficialità
dell’organizzazione da parte di
tutti gli attori a vario titolo
coinvolti e inoltre nella
mancanza di effettivo, efficace
e intelligente coordinamento tra
essi. Inoltre ciascuno di
costoro non ha interpretato
l’adempimento dei propri compiti
in maniera rigorosa, oculata e
attenta, permettendo che si
desse corso a una catena di
errori, inesorabile nella sua
disastrosa sequela, affidandosi
e non fidandosi di quanto altri
aveva predisposto".
TUTTI CONTRO TUTTI
- Proprio nello stile
stigmatizzato da Gabrielli
("avvilente scaricabarile") le
Istituzioni si sono fatte la
guerra per schivare la spada di
Damocle della Giustizia.
Prefettura e Questura attaccano
in forza dei loro argomenti il
Comune e l’Ente organizzatore
(Turismo Torino) addebitando
loro inadempienze e
superficialità gestionali. Una
battaglia di strali fra legali
con i soggetti di Palazzo Civico
sotto un durissimo attacco. Si
era compreso già mesi prima
nell’intervento di Claudio
Strata, il difensore del
viceprefetto Roberto Dosio che a
suo parere "operò in modo
diligente": "Ci contestano
l’inadeguatezza o l’inefficacia
di alcune prescrizioni. Ma il
vero problema è che nessuno le
lesse, a cominciare dagli
operatori del Comune e di
Turismo Torino". E riguardo al
controllo sul rispetto delle
prescrizioni della commissione
precisa che "la norma che
introdusse l’obbligo di verifica
fu introdotta solo il 28 luglio
2017". Nella difesa di Bonzano
gli fece eco la Questura che si
ritenne "perfetta" nella
gestione della sicurezza,
secondo le linee impartite per
la serata e che rimandò le
lacune nell’organizzazione al
Comune e al suo ente satellite.
Ciò nonostante si dispone il
rinvio a giudizio per nove
imputati, tra funzionari e
dirigenti di comune, questura e
prefettura di Torino con rito
ordinario in Corte d’Assise.
L’udienza è fissata per il 25
giugno 2020 davanti ad un
collegio composto da giudici
togati e giudici popolari come
nei casi di terrorismo.
© Fotografia:
Lastampa.it -
Sport.tiscali.it
RITO ABBREVIATO (PRIMA UDIENZA
e RINVIO x COVID) -
In febbraio, invece, parte il
procedimento con rito abbreviato
per la Sindaca, l’ex Questore
Sanna e altri tre funzionari
comunali. La sentenza potrebbe
essere emessa già in luglio.
Ancora una ventina le parti
civili non soddisfatte in
essere. Nel gennaio 2019 era
mancata la signora Marisa Amato,
rimasta tetraplegica. In seguito
agli accertamenti medico legali
ci si attende la rubricazione
nel capo d’accusa anche di
questo altro caso come omicidio
colposo. La pandemia del virus
covid-19 che blocca l’Italia
intera in marzo interrompe anche
l’attività giudiziaria e si
rinviano di conseguenza tutte le
udienze ad altra data da
destinarsi. A maggio giunge la
notizia che la Città di Torino
non si costituirà parte civile
nel processo sui fatti di piazza
San Carlo. Respinta con 21 voti
contrari e 8 favorevoli la
mozione presentata dai
capigruppo del centro-sinistra
in minoranza.
RITO ABBREVIATO
(MEMORIALI IMPUTATI)
- Con la ripresa delle
attività giudiziarie in autunno,
a novembre è la Sindaca
Appendino, rispondendo al reato
di "omicidio colposo, disastro e
lesioni", a dover raccontare al
giudice in una deposizione
spontanea la propria versione
sulla tragedia. Fra le
dichiarazioni rese pubbliche in
udienza (come da nota pubblicata
dal Palazzo Civico) ha esordito
riferendo al giudice di aver
ritenuto doveroso presentarsi in
ossequio alla carica che ricopre
e alle sue personali
disposizioni. Spicca la triste e
onorevole riflessione: "Il
dolore per quanto accaduto
quella notte è ancora vivo e lo
porto con me. E lo porta con sé
non solo ogni persona
direttamente coinvolta, con i
suoi famigliari, ma un’intera
comunità. In quel dolore,
tuttavia, Torino è stata capace
di unirsi, di stringersi attorno
alle persone che erano in quella
piazza e di darsi la forza per
andare avanti. Essere qui, oggi,
per far luce sui fatti,
ricercare la verità, definire
ogni responsabilità, credo sia
il modo migliore per restituire
alla nostra comunità quanto ad
essa dovuto dalle Istituzioni".
Per quanto riguarda le
contestazioni l’Appendino ha
puntualizzato che tempi, norme
ed autorizzazioni della
manifestazione fossero "in
regola". Il suo ex capo di
gabinetto, Giordana, ribadisce:
"nel mio ruolo non potevo in
alcun modo fermare o rendere
meno gravi gli eventi".
Supportato dal suo avvocato
difensore Luigi Chiappero che
sostiene: "Per una
manifestazione di quella portata
è chiaro che un sindaco o un
amministratore non possono
occuparsi di tutto in prima
persona. In un apparato
organizzativo così complesso,
gli incarichi sono ben distinti
e definiti". Tanti gli aspetti
contrari alla posizione
difensiva, fra tutti la presenza
delle numerose transenne
perimetrali posizionate intorno
alla piazza, ostacolo drammatico
per la folla allo sbando nel
panico. L’architetto Bartoletti
nel merito si smarca dalle
responsabilità affermando: "Nel
mio progetto non ne avevo
previste così tante e lo
dimostrano i miei disegni
originali". Amarezza nelle
parole del Questore Sanna: "Si
sta male. In quarant’anni di
servizio ho gestito tanti eventi
complessi e delicati sotto ogni
punto di vista e non ci sono mai
stati problemi. Poi arrivo a
Torino e subito succede una cosa
come questa. È chiaro che si sta
male, malissimo. Qualcuno ha
commesso errori ? Non sta a me
deciderlo, ma al giudice". Il
pubblico ministero Vincenzo
Pacileo al termine delle
deposizioni rende noto: "La
prossima udienza è in programma
il 20 novembre, oggi ci sono
state solo dichiarazioni
spontanee, ma non mi pare ci
siano novità radicali. Sono
state fatte delle
puntualizzazioni da parte degli
imputati, dichiarazioni su cui
bisogna riflettere, ma non c’è
uno stravolgimento della linea
difensiva". La sentenza è
prevista nel 2021.
RITO ABBREVIATO
(L’ACCUSA) -
Alla ripresa del processo, in
novembre, formulata la richiesta
di condanna per "disastro,
lesioni e omicidio colposo" per
i 5 imputati che hanno richiesto
il rito abbreviato: Sindaca
(Chiara Appendino) - l’ex
Questore di Torino (Angelo
Sanna) - il presidente dell’ente
"Turismo Torino" (Maurizio
Montagnese) - l’ex capo di
gabinetto del Comune (Paolo
Giordana) e l’architetto
progettista dell’allestimento in
piazza (Enrico Bertoletti).
Queste le richieste proposte dal
Procuratore Pacileo: 3 anni e
sei mesi a Bertoletti, 2 anni a
Giordana, un anno e 8 mesi ad
Appendino e Sanna, un anno e 7
mesi a Montagnese. La tesi
accusatoria è radicata sulle
negligenze organizzative degli
imputati, le quali causarono
fatalmente carenti misure di
sicurezza nell’allestimento
della piazza. Più di tutte:
l’aggravante delle transenne che
blindarono l’area ostruendo
vitali vie di fuga e l’errore
tecnico amministrativo nella
concessione dell’autorizzazione
alla manifestazione prima "che
fosse stato preventivamente
acquisito il parere obbligatorio
e vincolante della Commissione
Provinciale di Vigilanza come
previsto dal Tulps e necessario
a verificare le condizioni di
sicurezza per l’incolumità
pubblica". Per questo
l’Appendino "ometteva di
prendere provvedimenti e dare
disposizioni affinché lo
spettacolo non si tenesse o
fosse interrotto"… Ed al tuonare
del Pubblico Ministero, non
mancano fulmini e saette delle
parti civili. Il legale di 22
soggetti lesi, Caterina Biafora,
avanza una provvisionale
complessiva di un milione di
euro. Fra i clienti tutelati dal
legale anche i familiari di
Anthony Bucci, scomparso il 23
gennaio 2020, per il quale sono
in corso accertamenti che
comprovino eventualmente
l’aggravamento di una sua
patologia con le lesioni patite
la sera del 3 giugno 2017.
RITO ABBREVIATO (LA
DIFESA) - Il 16
dicembre, invece, lo spazio ai
legali della difesa durante la
nuova udienza. A riguardo delle
responsabilità della Sindaca
Chiara Appendino (secondo il
Pubblico Ministero "non ebbe
solo un ruolo politico ma anche
gestionale") i legali
rivendicano l’esistenza di "una
differenza tra un organo di
indirizzo politico come quello
del primo cittadino e l’organo
della dirigenza che si occupa di
mettere in pratica indicazioni e
richieste". Luigi Chiappero ha
evocato la metafora del "cigno
nero", paradigma per singoli e
collettività
dell’imprevedibilità di un
evento drammatico che a volte
stravolge le vite degli esseri
umani. Quanto accaduto la sera
del 3 giugno 2017 a Torino non
era evitabile da nessun
comportamento di sindaca e
questore… Preciserà a proposito
della sua arringa anche alla
stampa: "Oggi in aula ho parlato
del cigno nero, credo ci siano
ancora al mondo fenomeni
imprevedibili e credo
soprattutto, quando non si
conosce la causa del fatto
imprevedibile come in questo
caso, non si possa pretendere da
nessuno un comportamento tale da
evitare quello che è capitato.
Sono assolutamente convinto che
sia stata una disgrazia e anche
se sindaco e questura avessero
fatto meglio nulla sarebbe
cambiato. Si può anche prevedere
la rapina, ma quando si scatena
il panico, che è imprevedibile,
non si può fare nulla. L’unica
cosa sarebbe stata vietare gli
eventi. Quelle quattro transenne
in piazza San Carlo possono aver
fatto male a qualcuno, ma la
gente se crede ci sia un
attentato cerca un cortile, un
portico e non uno spazio aperto.
Posso mettere tutti i cartelli e
le vie di fuga che voglio, ma se
si scatena il panico non c’è
nulla da fare". Ora non resta
che attendere le decisioni
finali del giudice.
RITO ABBREVIATO (LA
SENTENZA) -
All’inizio del 2021, puntale
giunge l’attesa sentenza della
Giudice Abenavoli. Il 27 gennaio
Chiara Appendino e gli altri
quattro imputati sono condannati
tutti alla medesima pena di un
anno e sei mesi di reclusione.
Ancora in aula, la prima
cittadina, visibilmente
amareggiata, commenta a caldo il
giudizio ricevuto pubblicando un
pensiero sui social: "Il dolore
per quanto accaduto quella notte
è ancora vivo e lo porterò
sempre con me. Con la stessa
sincerità vorrei aggiungere
ancora una cosa: a questi
sentimenti, oggi, si somma anche
una sensazione di amarezza.
Perché se è vero che la carica
istituzionale che ricopro
comporta indubbiamente delle
responsabilità, alle quali non
ho alcuna intenzione di
sottrarmi, è altrettanto vero
che oggi devo rispondere, in
quanto sindaca, di fatti
scatenati da un gesto folle di
una banda di rapinatori. Proprio
sul difficile ruolo dei sindaci,
sui rischi e sulle
responsabilità a cui sono
esposti, forse andrebbe aperta
una sana discussione". Giunge la
solidarietà di altri sindaci, in
primis quello della città di
Bari, Antonio Decaro, Presidente
dell’Anci che stigmatizza:
"Siamo capri espiatori".
L’avvocato Luigi Chiappero
replica ai mezzi d’informazione
la sua tesi: "Siamo abituati a
rispettare le sentenze, questa è
una situazione che accettiamo un
po' con fatica perché la sindaca
ha dato un patrocinio a una
manifestazione, punto. Credo ci
siano delle responsabilità che
sono vere in alcuni casi e ci
sono delle responsabilità che
sono di posizione in altre, e la
responsabilità di posizione non
è tanto di ordine penalistico ma
di altri ordini. Non capisco,
quindi perché ci sia tanta corsa
a voler fare il sindaco che
diventa credo il mestiere più
pericoloso in assoluto, perché
non credo giusto che un fatto
che lo stesso consulente ha
detto imprevedibile almeno nella
prima reazione debba essere
pagato da chi ha deciso, con un
atto politico, che una
manifestazione si poteva fare.
Nessuna responsabilità secondo
me deve ricadere sul sindaco in
questi casi, per com'era questo
processo però leggeremo le
motivazioni della sentenza, come
sempre la criticheremo e
aspetteremo il giudizio dei
giudici di appello.
Personalmente penso che vi sono
dei fatti rispetto ai quali
trovare una responsabilità può
essere pericoloso perché ci sono
dei fatti che sono
imprevedibili. Il panico che si
è generato da quella situazione
è sicuramente un panico
imprevedibile, nessuno l'aveva
previsto, non c'è una circolare
emanata dagli organi competenti
che parlasse di evacuazione".
RITO ABBREVIATO
(SENTENZA: LE REAZIONI)
- Sul fronte dei familiari delle
vittime questa sentenza non
porta alcun sollievo. Diranno i
figli della sig.ra Amato,
Valeria e Danilo D’Ingeo
fondatori della onlus in sua
memoria "I sogni di Nonna
Marisa": "La sentenza di oggi
non ci restituisce nostra madre
e non fa scomparire la
sofferenza, fisica e
psicologica, da lei patita.
Questa sentenza non cancella il
dolore e non colma la sua
assenza, né oggi né domani".
Amare le conclusioni del
fidanzato di Erika Pioletti: "Aspettavo proprio di sapere
come sarebbe andata. Un anno e
mezzo: si bruciano la
condizionale e per loro cosa
cambia ? Non succede niente. Non
so quanto abbiano capito davvero
di quello che è accaduto: ognuno
ha la sua coscienza e a quella
deve rispondere. Se ce l’ha".
Sul fronte politico la sentenza
è occasione per rincarare la
dose da parte dell’opposizione.
Enzo Liardo (Fratelli d’Italia):
"A prescindere dalla sentenza di
oggi, trovo vergognoso che la
giunta Appendino non abbia
ancora posato la targa per
ricordare le vittime di Piazza
San Carlo. Non penso per
coscienza sporca, opto più
sull’incapacità amministrativa.
Nel giugno del 2019 Appendino
aveva annunciato una targa per
Erika Pioletti e Marisa Amato,
ma ad oggi non se ne hanno più
notizie. Quasi come se si
volesse operare una "rimozione"
della tragedia dalla memoria dei
torinesi. Un luogo tangibile in
cui ricordare è però necessario.
In caso di vittoria alle
elezioni comunali, sarò in prima
fila affinché il centrodestra
possa dare il giusto onore a chi
perse la vita in quella notte
maledetta".
RITO ABBREVIATO
(SENTENZA: LE MOTIVAZIONI)
"Frutto di un
approccio frettoloso, imprudente
e negligente, trascurando di
assicurare il dovuto rilievo
anche nella fase di formazione
della decisione agli aspetti
connessi alla sicurezza… Evento
prevedibile… Avrebbe potuto e
dovuto essere preso in attenta
considerazione con l’adozione di
tutte le misure idonee a
evitarlo o, comunque, a
contrastarne le conseguenze
dannose nel miglior modo
possibile... Era prevedile che
in un assembramento di migliaia
di persone che si accalcano in
uno spazio confinato possa
accadere un qualunque
avvenimento, naturalistico o
antropico, atto a innescare una
prima scintilla di panico, in
altre parole a cagionare una
reazione angosciata e scomposta
della folla ? La risposta è
indiscutibilmente positiva…
Infatti sono tantissime le
possibili cause scatenanti un
focolaio, magari non visibile a
tutti e apparentemente innocuo,
dallo scoppio di un petardo a
una rissa, a un grido di
procurato allarme lanciato per
scherzo, per fare solo alcuni
esempi. E ciò anche a
prescindere dall’ipotetica
infiltrazione, ben possibile, in
mezzo a tanta gente, malgrado
gli attenti controlli, di
soggetti ancora più pericolosi,
quali terroristi o squilibrati…
A maggior ragione il rischio di
una particolare sensibilità
della folla e del pericolo di
una sua reazione scomposta di
fronte a qualsiasi, anche
minimo, evento scatenante era
ancor più prevedibile proprio
dopo gli ultimi attentati
terroristici" che "si erano
verificati in occasione di
manifestazioni partecipate da un
gran numero di spettatori e che
non erano noti solo alle forze
dell’ordine… Non pare pertanto
nel caso specifico si possa
mettere in dubbio la possibilità
di prevedere un evento del tipo
di quello verificatosi, posto
che tale possibilità di
previsione prescinde dalla causa
scatenante (nel nostro caso lo
spray spruzzato dai rapinatori)
che è giuridicamente
indifferente ed avrebbe potuto
manifestarsi in concreto sotto
forme diverse". Sono alcune
delle parole "macigno" scritte
dal Giudice Mariafrancesca
Abenavoli nelle motivazioni
della sentenza di condanna a 18
mesi di reclusione ("disastro,
omicidio e lesioni colpose") per
Sindaca, Questore e altri tre
funzionari (capo di gabinetto,
presidente di Turismo Torino e
progettista della
manifestazione) pubblicate nel
maggio 2021. Primarie
responsabilità della sindaca
implicite in base ad un decreto
legislativo del 2000 che assegna
ai primi cittadini funzione di
tutela della incolumità
pubblica. L’Appendino, inoltre,
secondo il Gup ha "commissionato" l’evento in
piazza disinteressandosi di "tutti gli aspetti operativi" e
trasferendo una "traccia troppo
rigida" da svolgere agli
amministratori comunali: "La
sindaca, decidendo di proiettare
in piazza San Carlo la finale di
Champions League, ha chiesto
all'amministrazione e
all'organizzatore di operare in
condizioni la cui criticità era
evidente, disinteressandosi poi
di tutti gli aspetti
operativi... Appendino designa
per l'organizzazione dell'evento
Turismo Torino e Provincia, ente
strumentale della Città, che
agiva in nome e per conto della
stessa, omettendo di considerare
che il tempo a disposizione per
organizzare la manifestazione,
di soli quattro giorni, non
avrebbe consentito
un'organizzazione meditata,
completa ed efficiente,
particolarmente sotto il profilo
della sicurezza per la
incolumità pubblica".
© Fotografia:
Targatocn.it -
Ilfattoquotidiano.it
PROCESSO CORTE DI ASSISE
(PRIME UDIENZE)
- In concomitanza con
l’anniversario della tragedia si
stabilisce che in ottobre 2020
ci sarà la prima udienza del
processo davanti alla prima
sezione della Corte d’Assise di
Torino, presieduta dal giudice
Alessandra Salvadori. Per
l’occasione si ritornerà
nell’aula bunker delle Vallette,
data l’emergenza sanitaria in
atto per la pandemia. Le aule
del Tribunale torinese sono
troppo piccole per adeguarsi
alle stringenti misure di
prevenzione pandemia: "il numero
delle parti e delle persone
offese induce a ritenere
impossibile il rispetto delle
misure volte a contrastare il
rischio di contagio da Covid" e
"considerato il numero elevato
delle persone offese (105) e
tenuto conto della particolare
situazione epidemiologica la
notifica del decreto per le vie
ordinarie appare difficile e
comunque impraticabile con
modalità che garantiscano il
minimo rischio di contagio,
quindi si dispongono i pubblici
annunzi". Infatti già il 25
giugno (data inizialmente
prevista) il provvedimento era
stato appeso all’ingresso del
Tribunale "sì che qualunque
persona interessata che dovesse
presentarsi per prendere parte
all’udienza possa venire a
conoscenza, unitamente al rinvio
della stessa, della nuova data e
dell’aula in cui si terrà". Alle
Vallette, il 1 ottobre 2020, si
aprono ufficialmente le sessioni
del processo con la lettura del
lungo elenco delle parti civili.
In sette si sono aggiunte alle
altre 50 ancora costituite che
non hanno trovato un accordo
soddisfacente con le
assicurazioni (ma secondo i
giudici soltanto per uno dei
capi di accusa). Sono 9 gli
imputati (fra cui il
viceprefetto Roberto Dosio e i
dirigenti del Comune e della
Questura) giudicati con il rito
ordinario dalla Corte di Assise
con l'accusa di omicidio colposo
che sfileranno davanti ad una
giuria popolare. Mentre la
Sindaca ha preferito il rito
abbreviato. Turismo Torino e
Provincia hanno chiesto di
essere esclusi come responsabili
civili poiché dei loro
funzionari accusati uno ha
scelto il rito abbreviato e
l’altro il patteggiamento. Il 19
ottobre il capo della polizia,
Franco Gabrielli, è "ammesso con
riserva" dalla Corte d'Assise in
qualità di testimone.
L’audizione è stata richiesta
dai difensori di 9 degli
imputati, come spiegato
dall'avvocato Roberto De Sensi:
"Gabrielli è da tutti
riconosciuto come uno dei
massimi esperti in materia di
pubblica sicurezza anche sotto
il profilo amministrativo. Il
suo contributo sarà importante.
Ma non si tratta solo di
spiegare quali erano le norme in
vigore e i contenuti delle
circolari che il Capo della
polizia aveva diramato proprio
in quel periodo. A noi interessa
il contesto storico in cui
inquadrare la vicenda, con
particolare riguardo alla
funzione della Commissione
Provinciale di Vigilanza non
solo di Torino, ma di tutte le
altre città italiane". Nell’aula
testimonieranno, oltre ad un
ispettore della Digos, il marito
della sig.ra Amato e il compagno
di Erika Pioletti. Non tardano
attimi di commozione.
PROCESSO CORTE DI ASSISE
(NUOVI ATTI) -
L’11 dicembre 2020, a sorpresa,
alcuni nuovi atti, frutto
d’investigazione dell’accusa
nelle indagini dei mesi
precedenti, sono allegati a
verbale nel processo per i 9
dirigenti di Comune e Questura,
così come per quello degli altri
5 che hanno optato per il rito
abbreviato. Nel dibattimento
dirà il Pm Pacileo: "Ho
rinvenuto una cartellina dove ci
sono degli atti relativi a
questo procedimento che erano
rimasti lì perché irrilevanti… I
documenti sono a disposizione
nella mia segreteria per
l’interesse delle difese... Un
dvd contenente le comunicazioni
radio delle chiamate di soccorso
al 112, con una breve
annotazione delle Digos che dice
che non sono rilevanti. E lo
dice la Digos… Copie di dati
informatici dei pc e dei
telefonini di Paolo Giordana e
di Chiara Bobbio… Un hard disk
che raccoglie dati informatici".
Questo è considerato un vero e
proprio colpo basso dalle
difese, ai limiti della
regolarità, tanto è vero che
alcuni legali, sulla base di una
sentenza della Cassazione,
sollevano l’eccezione di nullità
dell’intero processo poiché
questi atti non sono mai stati
loro resi noti, né depositati
nel fascicolo d’indagine
primario e anche altri difensori
richiedono "i termini per
esaminare i documenti,
riservandosi eccezioni". Il gup
Abenavoli aggiorna, pertanto,
all’ 11 gennaio la prossima
udienza per dare il tempo di
acquisire ed esaminare la
documentazione.
PROCESSO CORTE DI ASSISE
(LA PERIZIA) -
Nel febbraio 2021, ascoltato
come perito sulle carenze della
manifestazione, Fabio Sbattella,
docente universitario di
"psicologia delle emergenze",
proietta in aula un filmato
sugli incidenti esponendo le
dotte conclusioni in merito. Con
riferimento al manuale per la
sicurezza delle Olimpiadi di
Torino ("Safety Torino 2006:
manuale per la
formazione-informazione della
workforce") sostiene che "dal
punto di vista del controllo
della folla" fosse "molto più
completo dei piani predisposti
per la serata in Piazza San
Carlo". Nel manuale "olimpico"
una parte era dedicata alla
comunicazione alla folla in
situazioni d'emergenza. Invece
il 3 giugno sera "c'era un
impianto audio, ed era
funzionante, ma durante l'evento
critico nessuno disse alcunché.
Il maxischermo, anzi, continuò a
raccontare la partita di calcio
fra Juventus e Real Madrid.
Questa discrasia contribuì a
disorientare le persone. Creò
una percezione di assurdità".
Una sensazione testimoniata
anche da un funzionario
dell’Amiat, Giovanni
Scancarello, in servizio quella
sera: "Ci sono notti in cui
ancora ci dormo. È un film che
mi passa sovente davanti agli
occhi… La folla mi è venuta
incontro. I primi scansarono le
transenne, gli altri, a
centinaia, ci caddero contro.
Una ragazza gravemente ferita al
volto mi prese la mano urlando
"mi aiuti, mi aiuti". Un agente
in divisa estrasse la pistola e
cercò di guardare oltre la massa
di gente per capire cosa fosse
successo. A quel punto mi
allontanai per cercare i miei
colleghi".
PROCESSO CORTE DI ASSISE
(FAMILIARI MARISA AMATO)
- Depongono in
aula anche i due figli della
vittima Marisa Amato: (Danilo
D’Ingeo) "Ero a casa a
Orbassano. Mio padre mi ha
chiamato, ha detto che stava
morendo e aveva bisogno di me.
Mi sono precipitato in piazza:
lui non c’era più. Lo avevano
portato al San Giovanni Bosco.
Non riuscivamo a trovare mia
madre"… (Viviana D’Ingeo)
"All’inizio sembrava lui quello
più grave, perché aveva subìto
la perforazione dei polmoni. È
stato un mese in terapia
intensiva, quando è uscito
dall’ospedale avrebbe avuto
bisogno della riabilitazione, ma
voleva stare accanto a nostra
madre... Fino all’ultimo la
mamma ha sperato che la scienza
potesse aiutarla. Voleva vedere
crescere i nipoti: era
innamorata di loro… (Danilo
D’Ingeo) "Per mia madre il
ritorno a casa è stato molto
difficile. Nel 2018 abbiamo
costituito una onlus per aiutare
lei e tutti coloro che si
trovano nella sua stessa
condizione. Il tempo era poco,
ma abbiamo fatto progetti grazie
a una raccolta fondi. Mamma era
contenta, si sentiva più utile e
concreta. Ancora oggi ci sono
progetti in corso: doneremo a
un’associazione un automezzo per
trasportare disabili".
PROCESSO CORTE DI ASSISE
(IMPUTATI) - In
marzo l’imputata Chiara Bobbio
davanti al giudice nell'Aula
Magna del Palazzo di Giustizia
di Torino palesa la sua
innocenza per i capi
d’imputazione chiarendo i limiti
nella propria attività
dirigenziale in seno
all’amministrazione comunale:
"Io dovevo solo obbedire. Sono
un'impiegata amministrativa e di
capienza della piazza e
questioni tecniche non so nulla.
Non spettava a me intervenire e
nemmeno per il vetro, non mi
occupo di ordinanze e non mi
occupo del rilascio di
provvedimenti di nessun tipo.
Ero solo il trait d'union con
altri uffici. Ero lì dalla
mattina alla sera per mio
divertimento, perché c'erano le
televisioni di tutto il mondo e
ho dato una mano volontariamente
ai colleghi dell'ufficio stampa
per compilare i pass… Nello
spazio riservato alla stampa,
dando le spalle alla gente. Poi
ho sentito il boato della folla,
mi sono girata e ho visto che
tutti scappavano urlando che
c'era una bomba, così ho
scavalcato la transenna e sono
fuggita verso Porta Nuova. Solo
in un secondo momento sono
tornata in piazza". Sulla stessa
onda Paolo Lubbia, Direttore del
settore finanza del Comune di
Torino che ricorda al Pm di
essersi limitato esclusivamente
alla concessione per
l'occupazione del suolo
pubblico: "Le questioni relative
alla sicurezza non rientrano
nelle mie competenze… Nessuno mi
ha mai riferito di un progetto
di sicurezza per piazza San
Carlo e non ho mai visto tale
progetto. Non ho le competenze
per valutarlo… Il 3 giugno non
ero in servizio".
Fonti: Ansa.it - Torinoggi.it -
Ilsole24ore.com - Avvenire.it -
Ilfoglio.it - Adnkronos.com -
Ilfattoquotidiano.it -
Torino.corriere.it
-Cronachemaceratesi.it - Bdtorino.eu -
Torino.repubblica.it -
Fanpage.it -
Torino.diariodelweb.it -
Lastampa.it -
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- Giornalelavoce.it -
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© Fotografia:
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