La tragedia segreta del
Luzhniki
di Marco Regazzoni
La tragedia più grande
della storia del calcio
sovietico. Il 20 ottobre 1982
allo stadio Luzhniki di Mosca
persero la vita 66 tifosi (ma la
cifra non ufficiale è almeno
300), travolti dalla calca
all’uscita dalla tribuna C dopo
il match tra lo Spartak e gli
olandesi dell’Haarlem.
Tra le
sciagure avvenute all’interno di
uno stadio, quella dell’Heysel
del 29 maggio 1985, con i suoi
39 morti, è senza dubbio la più
dolorosa per la memoria di noi
italiani. La ricordiamo come la
strage sportiva per antonomasia,
dimenticandoci forse di altre
tragedie verificatesi fuori dai
nostri confini: come quella di
Bradford, sempre nel 1985, dove
trovarono la morte 56 persone, o
quella dell’Hillsborough di
Sheffield, quattro anni più
tardi, con le sue novantasei
vite spezzate, per non parlare
di quanto avvenuto a Bastia, in
Corsica, nel 1992 o in Guatemala
nel 1996. Ma c’è una strage, che
storicamente precede quelle
appena citate, venuta alla luce
solo molti anni dopo, per via
dei tentativi di insabbiamento
delle autorità locali: accadde a
Mosca, il 20 ottobre 1982.
Nell’ottobre 1982 l’Unione
Sovietica, così come il proprio
vetusto e malandato leader
Leonid Breznev, si trovava in
condizioni di salute
estremamente precarie. L’embargo
americano, attuato per
ritorsione all’invasione
dell’Afghanistan del 1980, il
ritardo accumulato nella corsa
alla tecnologia, la corruzione
ormai endemica e la crisi del
modello socialista agli occhi
dell’opinione pubblica mondiale
stavano portando l’Unione
Sovietica a chiudersi sempre più
in sé stessa. Mikhail Gorbaciov,
la glasnost’ e la perestrojka
saranno ancora di là da venire,
e la cronaca interna continuerà
a restare custodita
ermeticamente all’interno dei
confini per altri cinque anni
almeno. È il periodo in cui
l’impero sovietico volge ormai
al tramonto, ma la gerontocrazia
abbarbicata al potere non ne è
ancora cosciente, e dalla
fortezza del Cremlino sembra
guardare compiaciuta a un mondo
immaginario. Addirittura la
salute del segretario del PCUS,
Breznev, è coperta da una coltre
di omertà. E nelle rare
apparizioni ufficiali il leader
morente viene retto in piedi
artificialmente dalle guardie
del corpo, mentre l’agenzia TASS
e la Pravda cercano di
tranquillizzare l’opinione
pubblica, affermando che la
causa della sua debilitazione è
dovuta solo a un banale
"raffreddore". Infatti in quel
periodo non sono assolutamente
accettati episodi che
potrebbero, in qualunque
maniera, gettare cattiva luce
sull’Unione Sovietica o
trasmettere segnali di
debolezza, e la cosiddetta
disinformacija è utilizzata a
piene mani non solo per
nascondere il male incurabile di
Breznev, ma in generale per
occultare le reali condizioni
del paese. L’imperativo vigente
impone che nessuna tragedia
possa essere divulgata, e la
materia sportiva non fa
eccezione. Così quel 20 ottobre
1982, allo Stadio Centrale
Lenin, che due anni prima aveva
ospitato le olimpiadi, si gioca
una partita valida per l’andata
dei sedicesimi di finale della
Coppa Uefa. Si trovano di fronte
i padroni di casa dello Spartak
Mosca, che nel turno precedente
avevano eliminato a sorpresa
l’Arsenal, e gli olandesi
dell’HFC Haarlem, che nei
trentaduesimi di finale avevano
avuto la meglio sui belgi del
Gent. Lo Spartak, il cui nome
trae origine da Spartaco, il
leader ante litteram della
rivolta degli schiavi
nell’antica Roma, è la squadra
del popolo per eccellenza,
contrapposta ai militari della
CSKA, ai poliziotti della Dinamo
e ai ferrovieri della Lokomotiv.
Le sue partite attirano grandi
folle fin dagli anni ruggenti
dei fratelli Starostin, e anche
quella sera, nonostante i dieci
gradi sotto zero del freddo
autunno moscovita, sono presenti
comunque oltre 15mila tifosi ad
assistere alla partita, tra i
quali un centinaio di coraggiosi
supporter olandesi. Gli
spettatori vengono concentrati
unicamente sulla Tribuna Est,
anche perché buona parte delle
gradinate dell’impianto, che ha
una capienza massima di 80mila
persone, è ricoperta da uno
spesso strato di ghiaccio.
|
Un
gol di Edgar Gess, discreta
mezzapunta della squadra di
casa, è uno dei pochissimi lampi
in una partita indubbiamente
condizionata dalle condizioni
atmosferiche proibitive. Quando
mancano ormai pochi minuti al
termine di un match trascorso
senza troppi sussulti, una buona
parte dei tifosi inizia a
defluire dalle tribune,
prestando attenzione alle rampe
e agli scalini ghiacciati. E
proprio durante quelle battute
finali, il difensore Sergei
Shvetsov realizza il definitivo
2-0: "Non avrei mai voluto
segnare quel gol", dirà più
tardi il giocatore russo, perché
quel gol segna l’inizio della
tragedia. Gli spettatori
fuoriusciti in precedenza
tentano di rientrare in tribuna,
avendo sentito il boato di
quelli rimasti sugli spalti: ma
la polizia fa muro, bloccando i
tifosi che cercano di rientrare
all’interno dell’impianto e
comprimendoli probabilmente
nell’unico tunnel di uscita
lasciato aperto. Il
"probabilmente" è d’obbligo,
perché nessun rapporto ufficiale
attendibile ha fatto mai
chiarezza sulla dinamica dei
fatti. La calca che si genera fa
sì che molte persone rimangano
schiacciate, mentre alcune tra
le poche riuscite a tornare
sugli spalti sono vittime del
fondo ghiacciato. Attoniti,
alcuni spettatori sulle tribune
sentono grida strazianti, vedono
la folla in preda al panico,
finché dopo qualche
interminabile minuto, le prime
ambulanze cominciano a
convergere verso lo stadio. Gli
uomini della milizia non hanno
ordini, non sanno cosa devono
fare, e il loro comportamento
aggrava pesantemente la
situazione. Secondo alcune
testimonianze i poliziotti
avrebbero deciso di far
fuoriuscire i tifosi da un unico
tunnel per poter individuare
quei sostenitori che, durante il
match, avevano inveito contro di
loro, aggiungendo alle parole il
lancio di gelide palle di neve.
Le squadre, una volta rientrate
negli spogliatoi, non possono
immaginare la gravità della
situazione. I giocatori
dell’Haarlem, come ricorda
ancora oggi il capitano Martin
Haar, sono costretti dalla
milizia a lasciare
immediatamente l’impianto, senza
nessuna spiegazione. Stessa
situazione per quelli dello
Spartak, che non vengono
informati di nulla. Alcuni
poliziotti, unitamente ai
funzionari dello stadio, si
prodigano per salvare più
persone possibile. Ma la maggior
parte di loro, in mancanza di
ordini, resta incredibilmente
inerte. Il giorno dopo, il
quotidiano "Il Vespro di Mosca",
riporta in modo molto generico
di "qualche incidente che ha
comportato lesioni ad alcuni
tifosi", guardandosi bene
dall’entrare nei dettagli.
|
Gradualmente, l’inchiesta sul
disastro ordinata da Jurii
Andropov, una volta diventato
segretario del PCUS succedendo a
Breznev, ammette che in quella
tragica serata rimasero uccise
67 persone. In realtà, fonti non
ufficiali parlano di almeno 300
spettatori che persero la vita
in quella calca infernale. Ma le
autorità sovietiche hanno
insabbiato per anni i reali
numeri della vicenda, ed ancora
oggi gli storici faticano a
ricostruire le effettive
proporzioni della strage. Sembra
che addirittura alcuni
funzionari, su ordine diretto
del Cremlino, si misero a
compilare falsi certificati di
morte, in modo tale che i
decessi di molti spettatori
venissero "spostati" in altri
luoghi ed in altre circostanze.
Andrej Chesnokov, ex tennista
sovietico e testimone oculare di
quella sera, afferma di "aver
contato tanti cadaveri da
poterci riempire due campi da
tennis". Come troppo spesso
accade, i processi "ufficiali"
cercano di individuare un capro
espiatorio: nel caso specifico,
è un certo Panchickhin, il
custode dell’impianto, ad essere
ritenuto a torto il principale
responsabile della tragedia.
Verrà condannato a 18 mesi di
lavori forzati. Per anni, sui
quotidiani sovietici si faranno
solo vaghe allusioni al disastro
del Luzhniki (l’attuale nome
dello stadio Lenin), con qualche
frammento di verità che inizierà
ad emergere soltanto dopo il
crollo dell’URSS. E solamente
nel 1990 si permette la
costruzione di un monumento
commemorativo all’esterno
dell’impianto. Ma ancora oggi
nessun responsabile di alto
livello ha chiesto scusa per
questa tragedia. Il 20 ottobre
2007, venticinque anni dopo il
sanguinoso massacro, gli ex
giocatori delle squadre
coinvolte si sono ritrovati al
Luzhniki per una partita
amichevole, ma soprattutto per
commemorare tutte le vittime
(non si sa ancora il loro numero
esatto) di uno dei tanti fatti
drammatici, riemersi dagli
abissi della censura solo dopo
il crollo del regime sovietico.
22 aprile 2010
Fonti: Sportvintage.it -
Storiedicalcio.altervista.org
Stadio Luzhniki di
Mosca, tragedia e bugie
di Sebastiano Di Paolo
Oltre
un trentennio dopo la sciagura
allo stadio Luzhniki di Mosca,
la Russia del dopo dissoluzione
non ha ancora riferito il numero
preciso delle vittime. Se ne
ipotizzano circa 300, mentre le
autorità russe hanno sempre
cercato di nascondere i dati di
quella carneficina e gli storici
faticano a restituire alla
verità i nomi e le cifre di
quella partita finita in
tragedia. Secondo alcune fonti,
pare che le autorità del
Cremlino abbiano addirittura
predisposto la falsificazione
dei certificati di morte, per
dirottare su cause estranee ai
fatti di Mosca, le ragioni della
scomparsa di alcune persone. I
funzionari russi potrebbero aver
cambiato persino il volto della
morte, per evitare che
rivelazioni scomode e
imbarazzanti potessero
ritorcersi contro la reputazione
del regime. Ufficialmente, Jurii
Andropov, segretario del PCUS,
succeduto a Breznev, comunicò
che 67 persone persero la vita
alla fine della partita di
calcio tra lo Spartak Mosca e
gli olandesi dell’Haarlem, gara
disputata allo stadio Luzhniki
di Mosca. La comunicazione,
molto probabilmente spoglia di
dettagli importanti, arrivò dopo
che la stessa stampa russa aveva
diffuso notizie superficiali
sull’accaduto. Il 20 ottobre del
1982, nello stadio che una volta
era intitolato a Lenin, dopo il
fischio finale della partita tra
Spartak Mosca e Haarlem, un
numero imprecisato di persone
perde la vita schiacciato dalla
calca all’uscita della tribuna,
settore C. Il secondo goal dei
padroni di casa, allo scadere di
gioco, richiama l’improvvisa
attenzione dei numerosi
spettatori che avevano iniziato
ad abbandonare lo stadio, anche
a causa delle condizioni
atmosferiche di quei freddi
sedicesimi di finale di Coppa
UEFA. Il gol di Shvetsov, che
successivamente dichiarerà di
essersi pentito d’averlo
segnato, scatena l’esultanza dei
presenti sulle tribune, mentre
quelli già fuori cercano di
rientrare, trovando però
l’ostacolo dei militari che ne
impediscono il rientro. Lo
spazio tra l’uscita e gli
ingressi è troppo piccolo e vi
restano stipate un numero troppo
alto di persone per essere
sopportato. La folla schiaccia
la folla, e l’unica via di sfogo
possibile resta chiusa a causa
dell’impedimento dei soldati. Ai
militari non arrivano ordini, e,
non sapendo come comportarsi,
restano inerti ad assistere alla
consumazione di una tragedia che
sarà svelata soltanto
successivamente, anche agli
stessi calciatori di Spartak e
Haarlem, che lasceranno gli
spogliatoi senza che qualcuno li
informi dell’accaduto. Alcuni
poliziotti, secondo diverse
testimonianze, cercano di
aiutare i tifosi rimasti
incastrati nella ressa, altri
invece, in preda alla paura e
all’indecisione, non sanno come
comportarsi. Sono i primi anni
’80 dell’Unione sovietica, la
Russia di Breznev, l’ultimo
dittatore russo. L’uomo dei
numerosi interventi militari,
della Ostpolitik, degli
interventi in Africa e
dell’Afghanistan, del nepotismo
e della corruzione. L’uomo del
bacio a Honecker, segretario del
comitato centrale del partito
socialista della Germania est.
Gli anni ’80 sono quelli del
progressivo disfacimento
dell’Unione sovietica, al quale
Breznev non assisterà, perché
morirà nel 1982. Ma il suo quasi
ventennio di guida politica sarà
l’ultima conferma di una delle
due facce del dopoguerra. Lo
smarrimento di quegli anni si
trasferisce pure nella tragedia
dello stadio Luzhniki, quando,
secondo fonti attendibili, più
di 300 persone muoiono
schiacciate da una ressa che nel
lutto dei giorni e degli anni
successivi consegna alla cronaca
un numero minore di vittime,
onde ridurre maldestramente
l’entità e l’imbarazzo
dell’accaduto per un governo
ritenuto responsabile di
un’organizzazione della
sicurezza rigidamente
militarizzata e poco efficace.
Del resto, lo ha scritto pure
Dostoevskij nei "Demoni", che
"Per rendere la verità più
verosimile, bisogna
assolutamente mescolarvi un po’
di menzogna".
13 giugno 2013
Fonte: Spazionapoli.it
I morti segreti del
Luzhniki
"Il 20 ottobre 1982,
dopo un match giocato alla Grand
Sports Arena, mentre gli
spettatori uscivano, a causa del
movimento della folla c’è stato
un incidente. Ci sono stati dei
feriti. Le circostanze
dell’incidente sono tutt’ora
oggetto d’investigazione".
Così,
nella sezione delle brevi, il
piccolo quotidiano locale
Vechernyaya Moskva, descriveva
quello che era accaduto il
giorno prima al Central Lenin
Stadium. Incidente. E feriti. Fu
l’unico che dette notizia di ciò
che, agli occhi dei lettori,
poteva essere al massimo una
notiziola. Del resto ai tempi i
media russi, parlando della
salute dell’anziano, e a tratti
agonizzante, Leonid Breznev la
definivano "vittima di un
semplice raffreddore". Niente di
strano dunque nel fatto che ciò
che sette anni più tardi sarebbe
stata classificata come una
delle più grandi tragedie dello
sport sovietico, venisse ridotta
a semplice notizia o, peggio
tacitata. La strategica
disinformacija agisce su radio,
televisioni e giornali: la fede
nella solidità dell’Unione è e
deve restare intatta. Del resto,
perdìo, due anni prima quello
stadio ha ospitato le Olimpiadi
(quelle del grande boicottaggio)
e non è certo un campetto di
periferia. È anche la casa del
glorioso Spartak Mosca di
Nikolaj Sarostin (e della nobile
decaduta Torpedo Mosca), che
quel giorno si trova a giocarsi
i sedicesimi di Uefa contro gli
olandesi dell’HFC Haarlem. E poi
si sa, in un campionato
calcistico fatto di ferrovieri,
ufficiali e marinai, la squadra
del popolo piace. Si chiama come
lo schiavo che capeggiò la
sfortunata rivolta contro gli
odiati romani, e piace. E attira
gente, anche quando ci sono
dieci gradi sottozero, che a
quelle latitudini del resto son
bazzecole. E infatti sono ben
15000 i tifosi allo stadio, di
cui cento ospiti, tutti
concentrati nelle Tribune Ovest,
in minor parte, ed Est, le
uniche i cui spalti non sono
coperti da letali lastre di
ghiaccio, dunque praticabili.
Poche emozioni, una rete della
mezzapunta di casa, Edgar Gess e
negli ultimi minuti un copione
già visto: gioco stantio, freddo
che morde e pubblico,
soprattutto della Est, che
lentamente inizia a defluire
verso l’uscita, l’unica aperta,
pare (non ci sono rapporti
ufficiali). La folla è tanta e
le scale sono strette, troppo
strette. Secondo le
testimonianze, una giovane donna
inciampa e cade, creando un
beffardo ed assassino effetto
domino. Le scale sono ripide,
chi è in cima spinge e non vede,
chi è nel mezzo spinge ed
incespica, chi è in fondo resta
schiacciato dalla calca. Ma il
dramma ancora non si è
consumato, ed attende la rete di
Sergej Shvetsov: il difensore
moscovita segna il definitivo
2-0, coloro che sono rimasti
sugli spalti esultano, quelli
che stavano uscendo dallo stadio
si voltano. Pare, di nuovo, che
tramite l’unico claustrofobico
tunnel accessibile molti
cerchino di rientrare nella
tribuna, ma la polizia fa muro,
di fronte ad una folla che
spinge nel senso opposto. Le
scale forse collassano, non si
sa. Chi era in campo non si
accorge di niente: la milizia, a
partita finita, costringe gli
atleti ad abbandonare
l’impianto. Le ambulanze tardano
e molti poliziotti, sembra,
senza ordini restano
incredibilmente inerti. Alla
fine, anche se fonti non
ufficiali parlano di 300
vittime, i morti accertati
saranno 66 i quali, per i due
terzi ragazzi nemmeno
maggiorenni; 61 i feriti, di cui
21 gravi. Le salme, non troppo
curiosamente, vengono portate in
diversi obitori cittadini e
seppellite dodici giorni dopo in
cimiteri differenti, pare, per
evitare la costruzione di un
monumento "rivelatore" sul luogo
della tragedia. E, negli anni
successivi, alla fine di Ottobre
nessuno avrebbe giocato al
Luzhniki: sembra per lo stato
del manto erboso, forse per
evitare manifestazioni e
pellegrinaggi. Cala il silenzio,
si moltiplicano i "forse" e le
voci: i media, come rito
tacciono, i funzionari di
partito, sembra, tramite falsi
certificati di morte "spostano"
le vittime in altri posti.
L’indagine c’è, bugiarda e
leggera come usa quando qualcosa
imbarazza il potere: anni dopo
colui che se ne occupa,
Aleksandr Shpeyer, in piena
glasnost verrà smentito e
discusso, ma mai incriminato.
Tutti parlano di incidente,
fatalità, caso. Anche gli organi
d’informazione, pur consci
d’essere agli sgoccioli: il
trafiletto della Vechernyaya
Moskva venne ripreso dall’ANSA e
due giorni dopo La Stampa sbatté
a sorpresa la tragedia in prima
pagina, grazie a fonti tuttora
sconosciute. Pur sottovalutando
il numero dei morti, molti
giornali occidentali ripresero
la notizia, scontrandosi però
con l’oppressivo silenzio dei
colleghi sovietici, che sarebbe
durato fino al 1989, quando il
Sovetsky Sport citò il disastro
di Luzhniki in una lista di
tragedie simili. Le autorità,
dopo un patetico palleggio di
responsabilità e smentite,
furono costrette a confermare il
numero delle vittime, tutt’oggi
altalenante, come il resto della
vicenda. Solo dieci anni dopo,
nel 1992, un monumento è stato
eretto sul luogo del disastro:
tardivo, morboso e non in grado
di scusare, perdonare e
dimenticare il silenzio di
regime sui morti del Luzhniki.
15 aprile 2014
Fonte:
Miramilano.wordpress.com
20 ottobre, la
tragedia allo Stadio Lenin
di Mosca
di
Daniele Errera
Il 20 ottobre 1982 furono 66 i morti allo Stadio
Lenin di Mosca, durante il
match tra Spartak e Haarlem.
Da qualche parte
lessi che i giocatori della
Juventus non si accorsero di
niente all’Heysel.
Riguardatevi l’esultanza di
Platini. Sì, c’erano stati
qualche scontro, è vero. Ma
era normale al tempo quando
giocavi contro le inglesi.
Specialmente col tifo del
Liverpool, che si presentava
coi terribili hooligans. È
per questo che non mi
stupiscono le parole dei
giocatori dell’Haarlem F.C.
Era il 20 ottobre 1982.
"Appena finita la partita
siamo stati costretti dalla
milizia a lasciare subito
gli spogliatoi. Ma nessuno
ci ha detto quel che stava
succedendo", raccontò il
capitano degli olandesi,
Martin Haar. Avrebbe poi
rincarato la dose il
portiere Metgod: "Ci hanno
detto di uscire
immediatamente. Quando siamo
usciti dallo stadio abbiamo
visto che per le strade
circolavano molte ambulanze
a sirene spiegate. Pensavamo
fosse successo qualcosa in
giro per la città, non certo
allo stadio. Abbiamo saputo
dell’accaduto solo quando
siamo tornati in Olanda".
Mosca, 20 ottobre 1982,
sedicesimi di finale di
Coppa UEFA 1982-1983. Siamo
nell’Unione Sovietica,
durante il riacutizzarsi
della Guerra Fredda. Leonid
Breznev è l’anziano capo di
un URSS ormai in decadenza.
Allo stadio Lenin è di scena
Spartak Mosca contro gli
olandesi dell’Haarlem, la
prima squadra di Gullit. Il
giovane gigante dalle
treccine non c’è. Si è
trasferito in estate al
Feyenoord. Tra i russi e gli
olandesi (che poi nel 2010
scioglieranno il club) si
gioca l’andata in un freddo
ottobre moscovita. La
partita dice poco, finisce
2-0 per i padroni di casa,
che poi passeranno il turno
con un facile 1-3 al
ritorno. Quello che succede
verso la fine del match ha
del tragico, del drammatico.
Parte del pubblico viene
sistemato in un’unica ala
dello stadio, un’ala con
un’unica via d’uscita. Parte
della folla decide di
scemare prima della fine
della partita, quando il 2-0
arriva proprio all’ultimo
minuto (rete di Shvetsov).
La calca dei festeggiamenti
si mischia con quella di chi
voleva uscire. La polizia
impedì di tornare in curva e
fu così che cominciarono i
tafferugli sulle scale.
Queste crollarono e fu così
che la tragedia fu fatta. Si
parla di 66 morti. Alcune
fonti dicono di oltre 300. È
un dramma totale. Morti e
tanti feriti. Fatto sta che
ancora oggi non si sa come
andò precisamente. Al
processo in Russia fu
condannato il custode appena
assunto, Yuri Panchikhin. Un
processo farsa, secondo
molti. Ma le famiglie
chiedono ancora la verità ed
è giusto ricordare e
denunciare. Perché questa
come tante altre tragedie
del genere non accadano più
in futuro.
20
ottobre 2017
Fonte:
Lagiornatasportiva.it
|
Mosca
Morti e feriti a Mosca
(quanti?) dopo la gara
Spartak-Haarlem
MOSCA - Alcuni
spettatori sono rimasti feriti,
forse ci sono stati dei morti,
mercoledì sera nel gigantesco
stadio "Lenin" al termine della
partita di calcio di Coppa Uefa
tra lo Spartak di Mosca e gli
olandesi dell'Haarlem.
Dell'incidente dà notizia il
giornale della sera della
capitale sovietica. "Ci sono
state vittime e un'inchiesta è
in corso sulle circostanze
dell'accaduto" la parola usata
in russo può far pensare sia a
morti sia a feriti). Stando alla
"Vecernaya Moskva" l'incidente è
dovuto a "una violazione
dell'ordine di smistamento dei
flussi umani". Alla partita
assistevano quindicimila
persone. Ci sarebbe stata una
ressa al momento dell'uscita:
una donna sarebbe caduta e
sarebbe quindi stata travolta
dalla folla.
22 ottobre 1982
Fonte: Stampa Sera
Grave incidente alla
fine della partita tra Spartak
di Mosca e olandesi dell'Haarlem
Caos allo stadio Lenin:
feriti, forse morti
MOSCA - Decine di
feriti, forse anche qualche
morto (tre, affermano fonti
giornalistiche olandesi) sono il
bilancio di un grave incidente
avvenuto mercoledì sera allo
stadio Lenin, subito dopo il
fischio di chiusura della
partita Spartak-Haarlem,
valevole per la Coppa Uefa e
vinta dai sovietici per 2-0.
L'unica conferma ufficiale -
poche righe sul quotidiano della
sera Vechernaja Moskva - sembra
escludere che si sia trattato di
un episodio di violenza fra
tifosi, sebbene quelli dello
Spartak (per lo più adolescenti)
siano considerati fra i più
chiassosi e indisciplinati. Sul
giornale si legge infatti, sotto
il titolino "incidente"
pubblicato su una colonna, e nel
linguaggio burocratico tanto
caro ai mass-media sovietici,
che il fatto è avvenuto "in
seguito a una violazione
dell'ordine di smistamento dei
flussi umani". In altre parole,
a quanto par di capire, è stata
la ressa all'uscita dello stadio
a causare l'incidente. Secondo
testimoni oculari, si è visto un
cospicuo numero di poliziotti
correre verso un angolo delle
gradinate mentre i 15 mila
spettatori defluivano dallo
stadio. Secondo altri - ma è
finora mancata qualsiasi
conferma ufficiale - una donna
sarebbe caduta, scivolando sulle
scalette e provocando una
valanga umana. Il panico avrebbe
fatto il resto. Di certo si sa
che numerose ambulanze hanno
fatto la spola con lo stadio e
che i feriti sono stati portati
in due diversi ospedali della
città: un numero non
indifferente, quindi. Si è
affacciata anche l'ipotesi del
crollo di una barriera o
addirittura di una scala:
sarebbe suffragata, secondo
alcuni, dalla decisione di far
disputare domani la partita
Spartak Mosca-Dinamo Tbilisi non
allo stadio Lenin, come era in
programma, ma allo stadio della
Dinamo Mosca. L'annuncio, senza
commenti né spiegazioni, è stato
dato dal quotidiano Sovetskij
Sport. Non è eccezionale un
trasferimento di questo genere,
soprattutto nella stagione
invernale, quando il pubblico
diventa meno numeroso e può
quindi essere raccolto in uno
stadio più piccolo. Mosca è
ormai sotto la neve: proprio
mercoledì sera, durante la
partita, ne era caduta una
discreta quantità. Sul bilancio
dell'incidente la Vechernaja
Moskva (Mosca Sera) si limita a
precisare che "ci sono vittime".
Usa la parola postradajushe, che
può indicare tanto morti quanto
feriti; si osserva a questo
proposito che, se l'incidente
non fosse stato mortale, si
sarebbe usato un termine più
preciso per "feriti", e cioè
ranenye. E questo sembrerebbe
confermare la versione data dai
giornalisti olandesi, venuti a
Mosca al seguito dello Haarlem,
i quali parlano di tre morti e
60 feriti. Essi precisano che,
sebbene gli spettatori fossero
soltanto 15 mila, erano
raggruppati in un settore delle
gradinate dotato soltanto di due
uscite. La "violazione
dell'ordine di smistamento" è
stata fatale. Ma, "è in corso
un'inchiesta".
23 ottobre 1982
Fonte: La Stampa
L'incidente alla fine di
una partita di Coppa Uefa
Allo stadio Lenin di
Mosca i morti furono oltre
settanta
MOSCA - Nell'incidente
del 20 ottobre allo stadio
"Lenin" di Mosca i morti sono
stati decine - sembra 72 - e i
feriti almeno 150, molti dei
quali in gravi condizioni.
Ufficialmente si è parlato, sin
dal primo giorno, di alcune
"vittime", senza nemmeno
precisare se si trattasse di
morti o feriti, ma col tempo le
concordanti notizie raccolte da
varie fonti ufficiose hanno reso
progressivamente più grave il
bilancio della disgrazia. Quella
sera, allo stadio usato per le
Olimpiadi del 1980, erano
presenti circa 15 mila
spettatori - tutti concentrati
in un solo settore delle
gradinate - per assistere alla
partita tra lo "Spartak" di
Mosca e la squadra olandese
dell'"Haarlem". La folla aveva
già cominciato ad abbandonare lo
stadio quando, proprio
all'ultimo minuto, la squadra
sovietica segnò una rete,
provocando un improvviso
riflusso di pubblico che si
scontrò con coloro che stavano
uscendo. La confusione fu
accresciuta dall'intervento di
un gruppo di poliziotti che
cercavano di fermare alcuni
disturbatori, apparentemente
ubriachi, e nel pigia-pigia che
ne seguì si spezzarono entrambe
le balaustre laterali di una
delle scale che portano alle
tribune dello stadio. A decine -
hanno riferito le fonti - gli
spettatori caddero da vari metri
d'altezza gli uni sugli altri e
nella maggior parte dei cadaveri
è stato poi riscontrato lo
sfondamento della cassa toracica
o delle ossa del cranio. Unica
notizia della disgrazia apparsa
sulla stampa di Mosca è stato un
trafiletto di tre righe nelle
pagine interne di un giornale
della sera in cui si parlava di
un "incidente" che aveva causato
"vittime" per una "violazione
nell'ordine di smistamento dei
flussi umani". La parola russa
tradotta con "vittime" può
significare indifferentemente
morti o feriti.
5 novembre 1982
Fonte: La Stampa
Quando a Mosca nel 1982
morirono cento tifosi
MOSCA - Cento tifosi
sovietici sono morti il primo
ottobre 1982 nello stadio
Lujniki di Mosca durante una
partita di coppa Uefa tra la
squadra sovietica Spartak e la
squadra olandese Haarlem. Lo ha
reso noto ai lettori sovietici
per la prima volta ieri un
settimanale sportivo, che ha
elencato una lista di incidenti
avvenuti negli ultimi anni negli
stadi. All' epoca dell’incidente
infatti nessuno in Urss aveva
dato la notizia della tragedia
dello stadio Lujniki, originata,
a quanto sembra, da uno scontro
tra i tifosi e la polizia. Il
giornale non riporta la dinamica
dei disordini, ma racconta le
urla dei cento supporter
calpestati mentre cercavano di
fuggire dagli unici due ingressi
aperti al pubblico. Nell'
articolo sono anche citati i
disordini causati sempre dai
supporter della Spartak sabato
scorso nello stadio della
capitale ucraina di Kiev.
19 aprile 1989
Fonte: La Repubblica
Urss, la strage nascosta
MOSCA - Almeno
trecentoquaranta morti,
schiacciati e soffocati nella
più grande tragedia mai avvenuta
in uno stadio di calcio. Questo
è il bilancio, ancora incerto e
forse destinato a crescere, di
un assurdo incidente che
coinvolse gli spettatori allo
stadio Loujniki di Mosca,
durante il match di coppa Uefa
fra lo Spartak e gli olandesi
dell’Haarlem nell' ottobre del
1982. Un incidente dovuto all'
assurdo comportamento delle
forze dell’ordine che spinsero
la folla verso l’unica uscita
della tribuna su cui erano
accalcati oltre 10.000
spettatori, provocando una
strage. Gli avvenimenti
risalgono al 20 ottobre del 1982
e solo la nuova politica
gorbacioviana ha permesso di
ricostruirne giorno dopo giorno
i particolari, grazie agli
articoli del giornale sovietico
Sovietsky Sport. La ressa
mortale si creò a 20 secondi
dalla fine del match, quando
Sergei Shvetsov attaccante dello
Spartak segnò il gol della
vittoria. In quel momento, molti
dei tifosi, che già si erano
avviati verso l’unica uscita
aperta, si riversarono indietro
per accorrere a festeggiare.
Inevitabile lo scontro con
l’opposta corrente di
spettatori, a loro volta spinti
verso l’uscita da un ferreo
cordone di polizia, frettolosa
di evacuare lo stadio. Fu il
caos nello stadio. Corpi che si
ammassavano su corpi, lamenti,
grida, urla, imprecazioni.
Uomini, donne, bambini e ragazzi
travolti in un unico mostruoso
ammasso, calpestati a morte,
soffocati in pochi minuti, senza
che da parte delle forze
dell’ordine si facesse qualcosa
per frenare l’eccidio. Alla fine
centinaia di persone rimasero
sulle gradinate esanimi. Non
avrei mai creduto che segnare un
gol mi sarebbe dispiaciuto
tanto, ha commentato poi
Shvetsov, amaramente. E, dopo la
tragedia, l’atteggiamento
assurdo della polizia che ha
fatto di tutto perché la notizia
dell’incidente non si
diffondesse. Fino ad impedire ai
parenti dei morti di
avvicinarsi. In quel giorno
funesto - dice il giornale
sovietico - non solo furono
uccisi padri e figli, gli uni
sugli altri, ma fu cancellato
ogni e qualsiasi ricordo di
loro, come se non fossero mai
esistiti. In un primo momento le
autorità sovietiche cercarono di
attribuire l’accaduto ai tifosi
olandesi. Successivamente
l’ordine tassativo fu coprire e
nascondere. Fu formato
immediatamente un cordone di
polizia impenetrabile, chiuso lo
stadio e lasciati addirittura i
corpi delle vittime all' interno
dell’impianto per due settimane.
Un testimone oculare racconta di
aver visto centinaia di morti
stesi sul terreno di gioco. I
parenti delle vittime hanno
detto di essere stati accanto ai
loro cari solo pochi minuti e in
presenza della polizia. La
notizia della tragedia era già
stata diffusa dal giornale
sovietico Sovietsky Sport nell'
aprile scorso, al tempo della
tragedia di Sheffield, senza
particolari. Per averne di più
il giornale, infatti, ha
invitato eventuali
lettori-testimoni a farsi vivi e
a fornire dettagli. Sono
arrivate moltissime
segnalazioni: ognuno aveva una
storia da raccontare su quello
stadio. Lo stadio Loujniki è
rimasto a lungo chiuso nelle
settimane dopo l’eccidio.
Ufficialmente per il terreno
impraticabile. In realtà, dice
il giornale sovietico, il
provvedimento servì ad impedire
che amici e conoscenti
portassero sul posto fiori in
memoria delle vittime. Un
incidente analogo, secondo il
giornale sovietico, era avvenuto
qualche tempo prima allo stadio
del ghiaccio, dopo una partita
di hockey fra Urss e Canada.
Anche in quel caso molti
spettatori furono schiacciati
nel tentativo di uscire.
9 luglio 1989
Fonte: La Repubblica
LA STORIA
Una partita
commemorativa per le 134 vittime
Spartak-Haarlem per
ricordare morti mai riconosciuti
di Giulia Zonca
TRAGEDIA INSABBIATA -
Venticinque anni fa, il disastro
al Lenin Stadium. La Russia ha
mentito sul numero dei caduti.
Non esiste ancora un
numero di morti ufficiale, ma da
ieri esiste una partita
commemorativa per la più grossa
tragedia successa in un campo di
calcio e non è l'Heysel. Pochi
sanno che si è visto persino di
peggio e per motivi ancora più
idioti: Spartak Mosca-Haarlem
partita di Coppa Uefa giocata il
20 ottobre 1982 è finita in un
massacro. A Mosca diluviava,
pochi biglietti venduti e stadio
non perfettamente in regola, la
maggioranza del pubblico è stato
ammassato in una sola tribuna,
10 mila persone che a cinque
minuti dalla fine, con lo
Spartak in vantaggio di un gol e
il termometro troppo sotto lo
zero, hanno iniziato a uscire.
Solo che i russi hanno
raddoppiato, la gente ha provato
a rientrare, la porta era una
sola e il flusso contrario
incontrollabile. La polizia ha
preso il panico per violenza e
ha tentato di chiudere anche
l'unica via di fuga incastrando
la massa che ha perso la testa.
Il giorno dopo non c'era traccia
della notizia, è passata una
settimana prima che un singolo
giornale, Vechernyaya Moskva
riportasse stringate frasi sul
crollo di una scala che "avrebbe
ucciso alcuni tifosi": 66 per il
governo russo, 134 per chi si è
preso la briga di passare anni a
contarli. Andrei Chesnokov, ex
tennista, allora spettatore,
raccontò subito che aveva visto
"tanti cadaveri da poterci
coprire due campi da tennis", ma
non lo ascoltarono, anzi il
processo aperto nel 1983 si
chiuse in pochi mesi con un solo
colpevole, Panchikhin, gestore
dello stadio condannato a 18
mesi di lavori forzati.
Nonostante le testimonianze, la
militsiya, le forze dell'ordine
dell'Unione Sovietica venne
completamente stralciata
dall'inchiesta. Nel 1989 una
commissione indipendente e non
riconosciuta certificò il numero
reale di vittime: 134. Non
esistono in realtà, per anni le
autorità' moscovite hanno
vietato le partite in ottobre
per proibire celebrazioni, mazzi
di fiori o proteste. Lo stadio
Lenin ha cancellato il ricordo e
solo quando è diventato Luzhniki
stadium ha ammesso un monumento
nel piazzale. Ora che è più che
a norma, unico impianto con erba
sintetica a essere considerato
dall'Uefa, pronto a ospitare la
finale di Champions League 2008,
si apre anche a un'amichevole
commemorativa. L'organizzatore è
un giornalista olandese, Edwin
Struis, presente la notte del 20
ottobre 1982, non ha mai
digerito il fatto di aver saputo
la verità solo molto tempo dopo.
Ha chiamato i dirigenti dello
Spartak e dell'Haarlem e ieri ha
annunciato che tutti insieme
stanno lavorando per giocare
proprio nella data esatta che
scandisce i 25 anni, tre giorni
dopo la gara di qualificazione
agli Europei Russia-Inghilterra,
subito prima dell'incontro di
campionato Spartak-Fk Moscow.
Serve ufficialità per omaggiare
quello che si voleva nascondere.
Ora esiste una fondazione che si
occupa anche dei parenti delle
vittime, To Russia with Love, ne
fanno parte Guus Hiddink,
tecnico della nazionale russa e
Ruud Gullit che lasciò l'Haarlem
per il Feyenoord proprio nel
1982.
24 febbraio 2007
Fonte: La Stampa
Ecco come avvenne il
massacro di Mosca
Esattamente 26 anni fa,
il 20 ottobre del 1982, al Lenin
Stadium di Mosca (oggi Luzhniki
Stadium), teatro dell'incontro
d’andata dei sedicesimi di
finale di Coppa Uefa tra gli
olandesi dell'HFC Haarlem e i
russi dello Spartak Mosca,
morirono 67 tifosi (secondo le
fonti ufficiali), 360 secondo
gli organi di stampa. Dato
l’esiguo numero di spettatori, i
tifosi russi furono riuniti
nell’East Stand, dotato di una
sola via d’uscita. A pochi
minuti dal triplice fischio
finale, con lo Spartak in
vantaggio per 1-0, molti tifosi
stavano già sfollando quando il
secondo gol russo, firmato da
Sergei Shvetsov scatenò
l’inferno a causa degli scontri
tra coloro che stavano
abbandonando lo stadio e coloro
che volevano rientrare
nell’impianto. Una fatalità
secondo le autorità russe cui i
parenti delle vittime non danno
credito. "Abbiamo l’impressione
che la polizia concepisca gli
stadi come luoghi di assoluto
silenzio, quasi fossero
cimiteri. Ci rifiutiamo di
essere trattati come bestiame" -
questa la macabra premonizione
di una delle vittime. La sua
denuncia, raccolta in una
lettera, è svelata alle
telecamere di ESPN Classic dalla
madre Raisa Viktorova. Ad
alimentare i sospetti interviene
anche Sergei Toporov,
giornalista del quotidiano
sportivo Soviet Sport: "Ancora
oggi non sappiamo a quanto
ammonta il bilancio delle
vittime. Tutti i documenti che
potevano fare luce sulle
proporzioni del disastro sono
stati distrutti: i documenti
delle ambulanze, della milizia e
degli ospedali. Sappiamo con
certezza che molti dei tifosi
dello Spartak, presenti allo
stadio quel giorno, venivano da
fuori Mosca. I loro certificati
di morte riportano un’altra
causa e un altro luogo di
decesso". Testimoni oculari del
tentativo di insabbiare la
verità furono gli stessi
giocatori in campo quella sera.
Martin Haar, capitano dell’HFC
Haarlem, rivela: "Appena finita
la partita siamo stati costretti
dalla milizia a lasciare subito
gli spogliatoi. Ma nessuno ci ha
detto quel che stava
succedendo". Anche il compagno
di squadra, il portiere Edward
Metgod è sulla stessa lunghezza
d’onda: "Ci hanno detto di
uscire immediatamente. Quando
siamo usciti dallo stadio
abbiamo visto che per le strade
circolavano molte ambulanze a
sirene spiegate. Pensavamo fosse
successo qualcosa in giro per la
città, non certo allo stadio.
Abbiamo saputo dell’accaduto
solo quando siamo tornati in
Olanda".
20 ottobre 2008
Fonte: Sport.Sky.it
Nel 1982 al Luzhniki un
massacro mai chiarito
di Sebastiano Vernazza
Spartak-Haarlem: 67
vittime ufficiali. Ma la strage
fu taciuta dal regime.
DAL NOSTRO INVIATO MOSCA
- L' Heysel prima dell’Heysel.
Una palude di menzogne,
omissioni e verità negate.
Mosca, ottobre 1982: decine di
morti allo stadio Lenin, poi
ristrutturato, denominato
Luzhniki e premiato dall' Uefa
con la qualifica di impianto a
cinque stelle. Storia sepolta
alla velocità della luce, perché
nel 1982 Mosca era la capitale
dell’Unione Sovietica e i
sovietici non brillavano per
trasparenza dell’informazione.
Cronache da un mondo diviso in
due, Occidente ed Oriente. A
Ovest l’America, a Est il
comunismo. I fatti certi - Il 20
ottobre 1982 allo stadio Lenin -
che stasera ospita l’Inter - lo
Spartak Mosca affrontò gli
olandesi dell’Haarlem, partita
valida per i sedicesimi di Coppa
Uefa. Verso la fine lo Spartak
segnò il gol del 2-0 e sulle
tribune si scatenò una calca
pazzesca, sul genere di quella
che tre anni più tardi, a
Bruxelles, avrebbe ucciso 39
tifosi juventini all' Heysel,
per la finale di Coppa Campioni
col Liverpool. Contraddittorio
il bilancio dei morti dello
stadio Lenin. Fonti ufficiali
parlarono di 67 vittime, quel
poco di stampa libera che c' era
in Urss ne contò 360. Qualcuno
si spinse a 400. Le due versioni
- Le autorità sovietiche
spiegarono che la strage si
consumò a causa del secondo gol.
Molti spettatori erano già
usciti o stavano uscendo quando
il boato dei rimasti li fece
ritornare sui propri passi. Da
qui confusione e gente a terra.
Panico, calpestio degli uni
sugli altri, schiacciamento di
corpi, morte. Lo stadio
Lenin/Luzhniki può contenere 80
mila spettatori, ma sulle
tribune, per Spartak-Haarlem, c'
erano 15 mila persone.
Concentrate in un unico settore,
la tribuna Est, però possibile
che in un impianto così grande
si sia scatenato il pandemonio
per così poco, per una rete di
relativa importanza ? Brandelli
di verità sono affiorati col
tempo, come pezzi di una nave
affondata. Testimoni hanno
raccontato che durante la
partita i tifosi dello Spartak
insultarono poliziotti e
ufficiali in servizio. Lo
Spartak era (è ?) la squadra
ribelle per definizione, la sua
storia parla di giocatori
deportati in Siberia. Quel 20
ottobre si sbeffeggiarono gli
agenti per dissentire dal
regime. E la polizia, a sentire
alcuni sopravvissuti, si
vendicò: fece defluire il
pubblico da un’unica uscita, per
individuare e punire i
contestatori. La situazione
sfuggì di mano, si arrivò al
massacro. Il documentario "Il
disastro di Mosca": così si
intitola il documentario che
ricostruisce la vicenda
dell’"Heysel sommerso". Ogni
tanto passa su Espn Classic,
canale 216 di Sky. Si può
ascoltare la versione di Martin
Haar, nel 1982 capitano
dell’Haarlem: "Finita la
partita, la polizia ci costrinse
a lasciare subito gli
spogliatoi, senza spiegarci
perché". Furono falsificati
certificati di morte, di molte
vittime si scrisse che erano
decedute altrove. Il custode
dell’impianto spedito ai lavori
forzati. Distorsioni. Poi la
perestrojka di Gorbaciov e il
riconoscimento della strage.
6 aprile 2010
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Trent’anni dalla
"Tragedia Segreta" del Luzhniki
Sono passati trent’anni
dalla tragedia più grande della
storia del calcio sovietico e
russo. Il 20 ottobre del 1982
allo stadio Luzhniki di Mosca
(allora "Lenin") persero la vita
66 tifosi (ma la cifra non
ufficiale è 350), travolti dalla
calca all’uscita dalla tribuna C
dopo il fischio finale
dell’incontro tra lo Spartak e
gli olandesi dell’Haarlem.
1982, 20 ottobre.
L’Italia del calcio è da poco
Campione del mondo per la terza
volta, ed il calcio sovietico
non si difende male: al
"Mundial" spagnolo l’Unione
Sovietica del "colonnello"
Lobanovsky approda al secondo
girone, eliminata solo dal
Brasile. L’Unione Sovietica di
Breznev invece è quasi al
capolinea, il leader malato si
sarebbe spento da lì a poche
settimane dai tragici fatti di
quella fredda sera moscovita.
Freddo, già, come in pieno
inverno. La temperatura era di
-8° e nei giorni precedenti la
partita la neve aveva ricoperto
le tribune dello stadio, privo
di copertura. Così ad assistere
Spartak Mosca-HFC Haarlem,
Sedicesimi di finale di coppa
UEFA, accorsero solo 16 mila
tifosi, tra cui un centinaio di
ospiti. Una goccia, in un’arena
da 100 mila posti. Le autorità
allora decisero che a sistemare
gli spettatori bastavano le due
tribune centrali - le uniche
pulite alla bene e meglio - e la
maggior parte di essi (12 mila
circa) trovò posto sulle
gradinate del settore est (C),
il più vicino alla fermata della
metropolitana. Sul campo la
partita scivola via veloce. Al
16° del primo tempo i padroni di
casa trovano il gol con Edgar
Gees e col passare dei minuti la
supremazia tecnica dello Spartak
ed il freddo congelano ogni
tentativo di rimonta degli
olandesi. Con la vittoria in
tasca il primo pensiero dei
tifosi, soprattutto di quelli
più giovani, diventa raggiungere
la metro, e tornare a casa al
più presto. Centinaia di persone
decidono quindi di abbandonare
la tribuna C, sferzata dal vento
gelido, e si avviano anzitempo
verso l’uscita. L’uscita però è
una sola, l’unica aperta dalla
polizia per i tifosi russi della
"C": una scalinata larga qualche
metro che col passare dei minuti
si trasforma in una trappola
mortale. La gente defluisce
lentamente, spinge, si accalca.
All’ 85° minuto lo Spartak
raddoppia: su calcio d’angolo
dalla destra il colpo di testa
di Sergey Shvetsov si insacca
alle spalle del portiere
dell’Haarlem. È il gol del 2-0.
Il gol che "era meglio se non
l’avessi mai segnato", come
dichiarerà che a molti anni di
distanza lo stesso Shvetsov. Il
boato dello stadio richiama
dentro i tifosi che erano quasi
usciti. L’ondata di chi vuole
rientrare si scontra contro il
muro di chi sta uscendo. Non ci
si muove. Scoppia il panico. Il
parapetto della scala d’uscita
cede, decine di persone cadono,
altre rimangono schiacciate
nella calca, o calpestate dalla
folla. La mattanza si consuma
nel buio, le urla di dolore
rimbombano nel tunnel, la
polizia non interviene.
Aleksandr Prosvetov allora era
un ragazzino qualunque,
innamorato dei colori
rosso-bianchi, e quella sera
andò al "Luzhniki" a sostenere
lo Spartak.
|
Oggi è un
giornalista di Sport Express, e
ricorda così quegli attimi:
Oscurità, scalini scivolosi,
sotto il peso della gente la
struttura della scala si piegò
su sé stessa. A me andò bene. Io
ero lontano dall’uscita, ma
sentivo le urla, capii subito
che stava succedendo qualcosa di
terribile. Che cosa successe
veramente, quella sera non lo
seppe nessuno. L’indomani
soltanto il quotidiano
Vechernaya Moskva, pubblicò uno
scarno trafiletto, in linea con
i tempi che furono: "Ieri, 20
ottobre 1982, dopo la partita di
calcio allo stadio centrale
"Lenin", durante l’uscita degli
spettatori, a causa di una
violazione dell’ordine di
movimento delle persone, ha
avuto luogo un incidente. Ci
sono dei feriti. Sono in corso
le indagini per appurare la
dinamica dei fatti". Il Regime
sovietico insabbiò la tragedia
del Luzhniki per anni. Solo
durante la Glasnost emerse la
verità, o almeno una parte di
essa. Quella dell’inchiesta
istituzionale, che accertò 66
decessi e condannò il custode
dello stadio a 18 mesi di lavori
forzati. E quella, diversa, dei
parenti delle vittime e dei
testimoni oculari, che il 20
ottobre del 1982 sopravvissero.
Uno di loro era il sedicenne
Andrej Chesnokov, stella del
tennis russo dei primi anni ’90,
che raccontò così la sua
esperienza: "La gente cadeva
dagli scalini ghiacciati,
trascinando a terra i vicini,
come fossero pedine di un
domino. Per salvarmi scavalcai
il parapetto e "nuotai" sui
corpi che giacevano gli uni
sopra gli altri. Alcuni alzavano
le mani, chiedevano aiuto. Però
non riuscivano a muoversi. Io
trascinai con me un ragazzino
più piccolo e lo portai ad
un’ambulanza. Ma era già morto.
Andando via vidi che
nell’antistadio i cadaveri erano
centinaia". Trent’anni dopo il
Luzhniki è un’arena modello,
cinque stelle Uefa, e due
restauri in programma nei
prossimi anni, per ospitare i
mondiali di atletica del 2013 e
quelli di calcio del 2018. Ai
caduti del Luzhniki è dedicata
una stele apposta vicino
all’ingresso del settore B, la
curva dei tifosi dello Spartak.
Il permesso per erigerla fu
concesso solo nel ’92, a dieci
anni dalla tragedia. Nel 2007 il
venticinquesimo anniversario
venne ricordato con una partita
tra lo Spartak e l’Haarlem nelle
formazioni di allora. Finì 2-1,
e l’incasso venne destinato ai
famigliari delle vittime, che
hanno creato la fondazione
20-10-1982, per tenere accesa la
memoria della tragedia di
trent’anni fa. Oggi, 20 ottobre
2012, nel complesso del Luzhniki
non si terrà nessuna
manifestazione commemorativa, il
parco ospita "La Giornata dello
Sport" organizzata dalla polizia
municipale di Mosca.
19 ottobre 2012
Fonte: Sputniknews.com
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