Ventuno
i morti di cui sette giocatori
Cade l'aereo del
"Manchester United" la migliore
squadra inglese di calcio
di Massimo Conti
L'apparecchio si è
schiantato contro una casa dopo
il decollo - Per due volte la
partenza non era riuscita:
nevicava e i motori non erano in
ordine - Tra le vittime il
famoso centravanti Taylor e l'ex
portiere Swift, che giocò a
Torino nel '48 - l feriti sono
22 - La squadra tornava in
patria dopo aver giocato a
Belgrado una partita di Coppa
Europa.
(Dal nostro inviato
speciale) Monaco, 6 febbraio. Il
bimotore che riportava in
Inghilterra il Manchester
United, la più famosa squadra
britannica di calcio, si è
schiantato oggi pomeriggio
subito dopo il decollo sopra una
casa ai margini della pista
dell’aeroporto di Monaco e si è
incendiato. Erano a bordo
dell'apparecchio quarantaquattro
persone, trentotto passeggeri e
sei componenti dell'equipaggio.
I morti sono ventuno: tra di
essi, sette dei diciassette
calciatori che il Manchester
United si era portato a Belgrado
per l'incontro di Coppa Europa
disputato ieri con la Stella
Rossa e finito in parità, tre a
tre. La sciagura è avvenuta
sotto la neve, alle ore 16 e
quattro minuti. L'apparecchio,
un bimotore "Elizabethan" della
BEA, era stato noleggiato
appositamente per riportare in
patria i calciatori britannici.
Ma non aveva i motori in ordine.
Il pilota aveva tentato già due
volte il decollo, e la manovra
non gli era riuscita. I
meccanici avevano controllato
minuziosamente ogni particolare
senza scoprire alcun guasto.
Dopo la seconda verifica qualche
passeggero dette segni di
nervosismo. La signora Lukic,
moglie di un diplomatico
jugoslavo a Londra, sembrò lì,
lì per rinunciare al viaggio.
"Io non ho paura - disse. Non è
per me, ma per il mio
figlioletto. Ha soltanto
ventidue mesi". Si lasciò
convincere a rimanere sull'aereo
per le insistenze di altri
passeggeri. Al terzo tentativo
tutti i viaggiatori furono
invitati, com'è consuetudine non
sempre rispettata, ad allacciare
le cinture di sicurezza e
l'hostess controllò che
l'operazione fosse stata
compiuta. L'aereo sembrò
staccarsi agevolmente dalla
pista. Ma stentò a prendere
quota. Testimoni oculari hanno
riferito
che l'apparecchio urtò
col carrello la chioma degli
alberi di un vivaio proprio al
fondo della pista e precipitò
col muso su una casa abitata da
quattro persone. Lo stabile fu
quasi demolito. Poi l'aereo
scivolò, privo d'ali e di un
motore che fu visto schizzar via
in fiamme, sopra una baracca di
legno poco distante. Non esplose
ma la benzina prese subito fuoco
uscendo dai serbatoi e appiccò
le fiamme alla casa
semidiroccata, alla capanna,
alla fusoliera. Gran parte delle
vittime morirono carbonizzate
per quell'inutile precauzione
delle cinture di sicurezza:
imprigionate tra le corde,
stordite dal fumo e dalle
ferite, non ebbero la forza o il
tempo di liberarsi prima che le
fiamme arrivassero ai sedili.
Alcune delle salme sono
irriconoscibili per le ustioni.
La comitiva del Manchester
United comprendeva, oltre ai
diciassette giocatori, il
manager Matt Busby, gli
accompagnatori Thomas Curry, W.
Satinoff e W. Crickmer, oltre ad
un gruppo di giornalisti che
aveva seguito la squadra nei
suoi ultimi viaggi in Europa.
Uno di costoro, Peter Howard,
redattore del Daily Mail, è tra
gli scampati al disastro e
stasera ha trasmesso il servizio
al suo giornale. È morto invece
all'ospedale, mentre era in sala
chirurgica, Frank Victor Swift,
l'ex-portiere della nazionale di
calcio britannica che nel 48
sconfisse gli azzurri allo
Stadio Comunale di Torino per
quattro a zero, e che ora si era
dato al giornalismo. Swift aveva
43 anni ed era una figura caratteristica. Gli italiani lo
ricorderanno certamente
nell'incontro di Torino: lungo,
interminabile nel suo maglione
giallo, capace di afferrare il
pallone con una sola delle sue
mani enormi. L'elenco dei
giocatori del Manchester United
comprenderà i portieri Harry
Gregg e Ray Wood, i terzini Bill
Foulkes, Roger Byrne e Geoffrey
Bent, i mediani Edward Colman,
Mark Jones, Jackie Blanchflower,
Duncan Edwards, gli attaccanti
Ken Morgans, John Berry, Bobby
Charlton, William Whelan, Tommy
Taylor, Dennis Viollet, Albert
Scanlon e David Pegg. Di essi
sono morti il celebre
centravanti Taylor, il giocatore
più costoso d'Inghilterra, il
terzino Byrne, capitano della
nazionale britannica, Geoffrey
Bent, Edward Colman, Mark Jones,
William Whelan e David Pegg.
Tutti gli altri sono ricoverati
all'ospedale di Isar insieme con
il manager Busby. Risultano
nello stesso ospedale Edward
Ellyard, del Daily Mail, Nebosja
Tomaschevitz, del dipartimento
consolare jugoslavo, George
Rodgers, Kenneth Gordon Raymond,
Eleanor Miklos, André Macdonald,
oltre a tre componenti
dell'equipaggio: il comandante
James Thain e le hostess
Margaret Bellis e Rosemary
Cheverton. Peter Howard è stato
rilasciato dopo una sommaria
medicazione e si è messo subito
al lavoro per trasmettere il
servizio al suo giornale. Egli
ha raccontato ai colleghi
tedeschi che lo hanno assediato
all'ospedale le varie fasi
dell'incidente, con una
freddezza e precisione
impressionanti. La sua versione
non si discosta di molto dal
racconto dei testi oculari, se
si eccettua l’"impressione", che
Howard definisce del tutto
personale, che l'apparecchio non
si sia staccato dalla pista
neanche di un metro e sia andato
a cozzare contro la casa alla
stessa maniera di un'auto senza
freni. "Ci eravamo fermati a
Monaco per fare rifornimento di
benzina - racconta il
giornalista. Riuscito vano un
primo tentativo di decollo,
siamo stati informati che i
motori non funzionavano bene.
L'apparecchio è stato allora
rimorchiato fuori della pista
per una ispezione ai motori e
quindi riportato in posizione di
volo dopo minuziosi controlli.
Ma neppure il secondo tentativo
di decollo doveva riuscire. I
motori seguitavano a non andar
bene. L'aereo veniva di nuovo
ripreso a rimorchio, riportato
indietro e sottoposto a nuovo
controllo. I meccanici hanno
ispezionato e provato,
concludendo che tutto era ormai
a posto. Per la terza volta
siamo tornati sulla pista del
decollo. L'apparecchio stavolta
ha cominciato a rullare ed ha
raggiunto ad un certo momento la
velocità massima a terra, ma
evidentemente i motori non hanno
fornito la potenza necessaria
per sostenere l'aereo in aria.
La mia impressione è che il
bimotore non si sia nemmeno
staccato dalla pista. Io l'ho
visto lasciare la striscia di
cemento e continuare dritto
verso i campi posti
immediatamente di là dalla
pista. Ad un certo momento
abbiamo avvertito un urto
tremendo. La coda si è
disintegrata. Frammenti
dell'apparecchio sono stati
lanciati sui campi per un raggio
di 150 metri. Alcune parti
dell'aereo hanno colpito un
piccolo edificio proprio
all'estremità del campo. Poi non
ho visto che fiamme. Non so come
sia ancora vivo. Sono saltato da
quell'inferno e sono scappato
via, inseguito da urla e
pianti". La sciagura, benché
terribile, avrebbe potuto avere
più gravi proporzioni se i
vigili del fuoco e le squadre di
soccorso non fossero giunte
tempestivamente sul posto. La
vicinanza all’aeroporto ha
favorito le operazioni. Molti
passeggeri storditi dal fumo o
svenuti per le ferite sono stati
liberati dalle cinture di
sicurezza prima che le fiamme
raggiungessero le loro poltrone:
il comandante dell'apparecchio,
cap. James Thain, è stato
salvato da un vigile che ha
abbattuto a colpi d'ascia la
cabina di pilotaggio in cui era
rimasto prigioniero, circondato
dal fuoco e incapace di
muoversi. Il cap. Thain non è il
solo dell’equipaggio scampato al
disastro; mancano all'appello,
su sei persone, il marconista e
un cameriere di bordo. La
inchiesta sarà probabilmente
agevolata dalla deposizione del
comandante, che potrà indicare
se l'aereo non si levò che di
pochi metri dalla pista per un
guasto ai motori o per
l'inefficienza dell’apparecchio
troppo carico. L'Elizabethan è
un bimotore costruito dalla
"Airspeed Ltd", che fa parte
del gruppo De Havilland; dispone
di due motori Bristol-Centaurus,
può trasportare 49 passeggeri e
la sua fusoliera è tutta di
metallo. La sua velocità massima
è di 40 miglia all'ora, circa
450 chilometri. La B.E.A.
acquistò 20 Elizabethan nel
1952, che sono ora rimpiazzati
via via con i nuovi Viscounts.
Dei dieci giocatori del
Manchester United che figurano
tra i superstiti, soltanto
quattro hanno potuto lasciare
questa sera gli ospedali:
Scanlon, Blanchflower, Foulkes e
Gregg. Le condizioni degli altri
sono gravi o gravissime, come
quelle del manager Matt Busby.
Alcuni hanno dovuto subire
operazioni complicate e sono
sempre in pericolo di vita. Le
gravissime ustioni non hanno
consentito immediatamente ai
medici di identificare tutti i
feriti. Il riconoscimento è
stato infine possibile grazie ad
un programma illustrato della
partita Stella Rossa-Manchester
United" che uno dei giocatori
aveva in tasca. Tra gli altri
passeggeri feriti, la più grave
è la signora Lukic, di 24 anni,
che ha riportato la frattura del
cranio e di un gomito; il suo
figlioletto è seriamente
ustionato agli occhi e si teme
perderà la vista.
7 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Il manager Busby ed i
calciatori Edwards e Barry nella
camera ad ossigeno.
Disperata lotta dei
medici di Monaco per strappare
alla morte i tre feriti gravi
di Gigi Boccacini
Ventun passeggeri, tra
cui sette giocatori, deceduti -
Alle 16 e 3 minuti la tragedia -
Una commissione d'inchiesta -
Paurosa avventura di una
famiglia abitante vicino
all'aeroporto.
Monaco, venerdì sera. 4
maggio 1949 -6 febbraio 1958: lo
stesso, tragico destino ha
avvinto nella morte due celebri
squadre di football, il Torino e
il Manchester United. Monaco
presentava stanotte l'identico
aspetto di Torino, un tardo
pomeriggio di nove anni fa. Alla
stazione gli strilloni si
vedevano strappar di mano i
giornali appena usciti; con gli
operai che si accalcavano a
prendere i primi treni del
mattino, tutta una folla in
strano e stridente contrasto,
uomini in smoking, eleganti
signore in abiti da sera che
uscivano dai veglioni di
carnevale. Tipi in maschera, nei
più ridicoli abbigliamenti; e,
con le lacrime agli occhi, le
notizie venivano lette
febbrilmente, si cercavano con
ansia particolari nuovi, si
voleva sapere come era avvenuta
la sciagura, si voleva conoscere
il numero ed i nomi dei morti.
Nella confusione, poche
informazioni esatte, in un primo
tempo i morti parevano ventotto
poi nel cuore della notte, in
due rate, è venuto un comunicato
che ha carattere quasi
ufficiale. I morti sono ventuno.
Eccone i nomi: Byrne
(calciatore), capitano del
Manchester; Jones (calciatore);
Colman (calciatore); Whelan
(calciatore); Currie
(accompagnatore); Jackson
(giornalista); Ledbrooke
(giornalista); Davies
(giornalista); Thompson
(giornalista); Rose
(giornalista); Follows
(giornalista); Miklos (agente di
cambio); Cable (cameriere di
bordo); Crickmer (segretario,
del Club); Satinov, (dirigente
del Manchester); Tommy Taylor
(il famoso centroavanti); Bene
(calciatore); Pegg (Calciatore);
Clark, (giornalista). L'elenco
si allunga di un nome, quello di
Swift, l'ex portiere della
nazionale britannica. È morto
nel Krankenhaus sulla riva
destra dell’Iser, il più grande
ospedale di Monaco, poche ore
dopo il suo ricovero. Le sue
condizioni erano tali che i
medici nemmeno hanno potuto
tentare un intervento
operatorio. Stamattina alle 6
siamo stati in questa clinica. I
feriti gravi sono cinque, tre
gravissimi. Li abbiamo scorti
sotto le tendine a ossigeno, il
volto martoriato, quasi
sfigurati. I tre "gravissimi"
sono il manager Busby ed i
calciatori Edwards e Barry. I
dottori non si pronunziano;
allargano le mani in un gesto di
rassegnazione e di speranza. È
una lotta tra la vita e la
morte, una lotta disperata che
dura ormai da ore, minuto per
minuto. Jackie Blanchflower è
anch'egli nello stesso ospedale:
è ferito, ma il suo stato sembra
non destare preoccupazioni; e
altrettanto dicasi degli altri
ricoverati, i quali insieme con
chi è stato medicato e già
dimesso, raggiungono in
complesso, la cifra di ventitré.
In pericolo pero - ripetiamo -
solo Busby, Edward e Barry.
Sulle cause del disastro da
parte ufficiale domina il
riserbo più stretto, imposto
dalle circostanze. Siamo andati
all’aeroporto di Riem dove si è
svolto l'incidente fatale. Erano
le 4 e le strade si andavano
ricoprendo di una fittissima
coltre di neve. L'apparecchio
della morte è là, oltre il bordo
del campo: la carlinga e il
motore di destra sono ancora
attaccati insieme, il motore di
sinistra con le eliche contorte
è cento metri distante. Nella
luce fredda di alcuni riflettori
e di qualche torcia un silenzio
che agghiaccia. Tutt'intorno la
massa dei rottami. Qualche
misero resto coperto da ampi
teloni, il ricordo di Superga
preme sul cuore. Nessun dato
finora è stato fornito
dall'autorità. Ma è stato
ugualmente possibile ricostruire
con discreta esattezza le fasi
del disastro. Il velivolo sul
quale avevano preso posto
quarantaquattro persone, sei
dell'equipaggio e trentotto
passeggeri, aveva tentato di
levarsi in volo, si era alzato
da terra, ma era presto tornato
indietro. Aveva effettualo un
secondo tentativo ugualmente
senza buoni risultati. Nevicava,
ma lo stato della pista era
buono, la neve formava uno
strato più sottile di un
centimetro. L'apparecchio
apparteneva, alla "British
European Airways". Si trattava
di un bimotore fabbricato dalla
De Havilland, del tipo
Elizabethan, un bimotore che la
Società del Manchester aveva
noleggiato per la trasferta
jugoslava e nel quale avevano
trovato posto anche alcuni
passeggeri occasionali. Il
personale dell'aeroporto deve
essere di opinione concorde: il
rombo dei motori pareva
rivelare, qualche imperfezione,
anche se la notizia,
logicamente, deve essere accolta
con riserbo assoluto.
L’aeroplano, come ebbe ripreso
terra per la seconda volta, si
porto di nuovo in direzione di
volo e partì. Dice la torre di
controllo che erano, in quel
momento, le sedici e tre minuti.
L'apparecchio, aumentando la
velocità, percorse la pista
intera senza alzarsi. Qualche
metro sull'erba. Il distacco.
Poi l'apparecchio sradica un
paio di alberi, con l’ala
sinistra urta contro una casa di
pietra, una casa di proprietà
del signor Ernst Berger,
giardiniere. Un boato, uno
scoppio, una fiammata. La
tragedia. I pompieri del
servizio di sorveglianza si
lanciarono perso il luogo del
sinistro. Lo spettacolo era
tremendo. Bruciava il velivolo,
bruciava la casa del signor
Berger nella quale una cameriera
riusciva miracolosamente, da
sola, a trarsi in zona di
sicurezza; bruciava una capanna
facile preda del fuoco. Tra le
fiamme, i vigili intravidero una
donna che urlava. Era uscita
dalla capanna e, disperatamente,
chiedeva che fossero salvati i
suoi quattro figli. I pompieri
entrarono nel fuoco, i bimbi
erano già fuori, nei loro occhi
sbarrati si specchiava il
terrore dell'orribile
spettacolo. E qualcuno si
muoveva tra i rottami
dell’apparecchio. Pare fosse una
delle due hostess. Si lanciò in
fuori, cadde a terra stordita.
Attimi di panico nella lotta per
cercare di portare aiuto. Da
Monaco erano giunti altri
pompieri, erano giunte ambulanze
inviate dopo il disastro. In
primo dalla Croce Rossa e dagli
ospedali. Lo stridore delle loro
sirene aveva gettato l'allarme,
la città ormai "sapeva". Il
borgomastro signor Bieber e il
capo della polizia signor Heigl
erano sul posto a dirigere i
soccorsi. Le fiamme vennero in
breve tempo domate e il disastro
apparve ancora più spaventoso.
Sei salme bruciate e
irriconoscibili furono
ricomposte sul nudo terreno,
coperto di neve e di ghiaccio.
A
chi appartenevano ? Le necessità
dell'ora non permettevano pietà,
non c'era tempo. Bisognava
aiutare i feriti, cercare di
salvare le vite che più erano in
pericolo. Perché dei 44
passeggeri non tutti erano
morti. I primi accertamenti
parlavano anzi di ventotto
"scomparsi". Sei persone,
invece, dovevano essere
sicuramente vive, addirittura
illese. Per altri dieci, in quel
momento, vi era l’interrogativo
angoscioso. Le cliniche di
Monaco ospitavano i feriti,
mentre gli uffici della BEA,
diretti dal signor Rother,
incominciavano a ricevere le
prime telefonate
dall'Inghilterra. Diceva il
rappresentante della società di
navigazione: "Non è ancora
possibile accertare le cause
della sciagura". E confermava il
numero delle persone che erano a
bordo: 38 passeggeri e sei
uomini di equipaggio. Sul campo
d'aviazione si ripeteva la scena
immensamente triste del cimitero
di Torino nel rinnovarsi di un
destino tremendo. Allora si
ricomponevano i corpi straziati
degli atleti in maglia granata,
campioni d'Italia, dei
dirigenti, dei giornalisti
Casalbore, Cavallero e Tosatti,
del Cortina massaggiatore e
amico di tutti. Adesso la sorte
aveva colpito un'altra squadra
di calcio, un'altra squadra
illustre, il Manchester United,
campione d'Inghilterra, una
compagine che valeva
complessivamente (valutazione
sportiva, naturalmente) 250 mila
sterline, circa mezzo miliardo
di lire. Tornava da Belgrado,
dove mercoledì aveva pareggiato
(3 - 3) contro la Stella Rossa,
nei quarti di finale della Coppa
dei Campioni, tornava a casa
sicura dell'ammissione alle
semifinali. Dovevamo essere
felici, l'avventura si stava
concludendo bene, poche ore di
volo e poi Londra avrebbe
segnato lo "stop" del lungo
viaggio. Lo spigolo di una casa
di pietra, laggiù, in fondo al
campo, la fiammata, lo schianto,
la fine. Erano i "Busby babies",
i ragazzi di Busby, il manager.
Avevano vinto lo scorso anno il
titolo inglese e avevano perso
in finale nel maggio del '51 la
Coppa - uno a due - contro
l'Aston Villa, ed era stata una
partita epica, eccezionale,
persino la Regina si era
entusiasmata. Attualmente il
Manchester era al terzo posto.
Incalzare dei ricordi nella
ricerca della tragica realtà.
Chi c'era nella fusoliera
dell'apparecchio ? Due portieri:
Gregg e Wood; tre terzini:
Foulkes, Byrne e Bent; quattro
mediani: Colman, Jones, Jackie
Blanchflower ed Edwards; otto
attaccanti: Morgans, Berry,
Charlton, Whelan, Taylor,
Viollet, Scanlon e Pegg. Un
complesso di atleti di
prim'ordine. Byrne, Edwards e
Taylor nazionali nelle "casacche
bianche" d'Inghilterra; Gregg e
Blanchflower nazionali
nell'Irlanda del Nord, già
avversari degli azzurri. Quasi
tutti potevano vantarsi di
essere in predicato per
allinearsi ai prossimi
campionati del mondo. Uno
squadrone, ecco che cosa era il
Manchester United. E stringeva
il cuore la sorte di Gregg. Vi
ricordate, il portiere che giocò
contro l'Italia a Belfast la
prima gara, nel famoso due a
due; vi ricordate il portiere
che per la nebbia non riuscì a
raggiungere il campo, nel giorno
della ripetizione del match ?
Con i giocatori, il giornalista
Frank Swift, redattore del News
of the World. Swift non è un
nome nuovo. È lui, è proprio lui
il n. 1 della compagine inglese
che a Torino ci inflisse il più
solenne dei 1 a 0, nel 1948. Un
uomo lungo lungo, che pareva non
dovesse finir più; infilato in
un maglione color giallo
canarino. E uno strano modo di
parare: allungava le sue mani di
gigante, bloccava la palla con
una sicurezza sbalorditiva. In
pochi giorni s'era fatta una
celebrità, in casa nostra.
Quando gli avevano detto dei
premi di partita dei calciatori
italiani, non ci aveva voluto
credere. S'era messo a ridere,
come a una battuta di spirito:
vediamo ancora le sue spalle
scosse al tremore di una
irrefrenabile risata. Smesso il
mestiere di calciatore, era
passato al giornalismo. Una
carriera breve, finita in un
lettino di un ospedale di
Monaco. Gli scampati sono tutti
nell'albergo Stachus. Da Londra
è giunta intanto una commissione
di inchiesta della BEA con il
presidente lord Douglas.
7 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
L'articolo telefonato da
Peter Howard al "Daily Mail"
Tutto pareva andare a
pezzi
"Quando il fracasso
cessò giravo su me stesso come
un pupazzo meccanico impazzito.
- Gregg gridò: "Diamoci da fare.
Rientrammo nella carlinga ed i
feriti furono aiutati. Chi è
morto non si è accorto di
nulla".
(Nostro servizio
particolare) Londra, venerdì
sera. Il fotografo-giornalista
Peter Howard si trovava assieme
ad altri colleghi inglesi a
bordo dell’Elizabethan
fracassatasi a Monaco. Sedeva
nella prima fila di sinistra,
poco distante dal portiere
Gregg. Nella sciagura si salvò,
in modo che egli stesso
definisce miracoloso. Fu
trasportato all'ospedale di
Monaco e, dopo una medicazione
sollecita, dimesso. Howard,
prima di lutto, adempì al suo
dovere di giornalista e stese
per il Daily Mail questo
racconto altamente drammatico:
"Nevicava quando atterrammo a
Monaco, ci dirigemmo al
ristorante per bere qualche cosa
e poi tornammo all'apparecchio.
L'ultima persona del nostro
gruppo a parlare con
l'Inghilterra, prima di salire
sull'aereo che doveva poi
fracassarsi, fu un "reporter"
del gruppo Kemsley, Il cui nome
è Alf Clarke. Alf andò al
telefono dell'aeroporto e si
mise in comunicazione con
l'ufficio del suo giornale a
Manchester". "Siamo a Monaco -
disse - ritardati da un guasto
al motore. Nevica
abbondantemente e non sappiamo
se riusciremo a decollare entro
questa sera". Vi fu poi una
pausa: evidentemente il
giornalista era corso fuori per
vedere se l'aeroplano fosse
stato riportato sulla linea di
partenza. Ritornò al telefono,
scambiò ancora alcune parole.
Poi esclamò: "Attendete ancora
un momento. Mi devono dire
qualche cosa". Quindi vi gridò:
"Mi hanno annunciato in questo
momento che partiamo subito. Vi
saluto. Fra qualche ora sarò in
Inghilterra. Devo correre se no
l'aereo parte senza di me".
Clarke raggiunse il bimotore.
Ora figura nell'elenco dei
morti. Quando, con tutti a
bordo, il pilota tentò di
decollare vi fu un piccolo guaio
al motore ed egli dovette
fermarsi. Il pilota tentò di
alzarsi in volo una seconda
volta. "Anche in questo caso il
pilota non sembrò soddisfatto
del modo in cui funzionavano i
motori e tornò pertanto
all'inizio della pista per farli
verificare. Fu al terzo decollo
che avvenne il disastro.
Eravamo, credo, quasi al termine
della pista di involo, appena
appena sollevati dal suolo. Ad
un tratto mi accorsi che
l'aeroplano si stava spezzando.
Sentii il mio sedile alzarsi in
aria e piegarsi verso l'avanti.
Tutto sembrava stesse andando a
pezzi. I sedili incominciarono a
rompersi. Tutto parve
polverizzarsi. Ebbi la
sensazione di un breve ma
violento rullio e una quantità
di oggetti diversi cominciarono
a precipitare sul mio capo. Non
ci fu il tempo per pensare.
Nella cabina il silenzio era
assoluto, nessuno era in grado
di parlare, di gridare, forse
tutti - come me - trattenevano
il flato. Si è trattato di un
attimo, ma mi parve un'eternità.
Non riesco a ricordare se vi fu
un'esplosione. Certo si scatenò
un boato. "Quando il fracasso
cessò e la cabina finalmente si
immobilizzò ero talmente
stordito che giravo su me stesso
come un pupazzo meccanico
impazzito. Trovammo una falla
tra i rottami e ci facemmo
strada. Appena uscito il mio
primo impulso fu - lo confesso -
quello di correr via, ero
terrorizzato. Ma riuscii, non so
come a controllarmi". "Harry
Gregg, il portiere
gridava:
"Forza ragazzi, diamoci da
fare", quelle grida ci
spronarono all'azione: Gregg,
Tedd Ellyard (altro fotografo del "Daily Hall") le due
hostesses, l'operatore radio e
io stesso tornammo entro la
fusoliera. C'era una confusione
terribile: era come se l'aereo
fosse stato preso tra mani
gigantesche, squassato a lungo e
quindi gettato al suolo. "Ebbi
l'impressione che i più
fortunati fossero stati quelli
che sedevano nella parte
anteriore dell'apparecchio.
Sorte migliore ancora ebbero i
passeggeri che sedevano nei
posti rivolti verso la coda.
Vidi il capitano Thain prendere
un estintore e cominciare a
dirigerne il getto sui piccoli
focolai di incendio. Non riesco
proprio a ricordare come ho
potuto resistere allo spettacolo
spaventoso che avevo davanti a
me. Come vorrei dirvi che ho
soltanto sognato - come vorrei
segnalarvi che la tragedia non è
così grave - purtroppo è invece
gravissima. Unica consolazione,
ma si può chiamare consolazione
? Tutto è durato pochi istanti,
certo chi è morto non ha
sofferto e non si è accorto di
morire. Tra quelli che erano in
condizioni di capire, nessuno si
è fatto prendere dal panico:
dobbiamo essere orgogliosi
dell'"United".
Peter Howard
7 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
Angoscia delle mogli che
aspettavano
Un aereo noleggiato
dalla direzione della società di
calcio porterà a Monaco i
familiari dei sopravvissuti.
Londra, venerdì sera. Le
famiglie dei giocatori hanno
appreso la notizia del disastro
con fulminea celerità. Sono
stati momenti terribili. Alcune
mogli erano già all'aeroporto di
Manchester in attesa
dell'apparecchio e sono state
informate dell'accaduto da un
funzionario della B.E.A. Sono
stati momenti drammatici. La
Direzione della squadra ha
telefonato la notizia agli altri
congiunti, con la preghiera di
non mettersi in comunicazione
per il momento con Monaco perché
l'afflusso di chiamate avrebbe
congestionato le linee e causato
ritardi. Ebbe così inizio la
lunga, angosciosa, terribile
attesa. I familiari che per
primi ricevettero notizie
rassicuranti, si recarono dalle
spose meno fortunate e, con
loro, rimasero in attesa fino a
quando una telefonata non
disperse le ansie o confermò i
timori. Più tardi, verso sera,
quando le autorità tedesche
segnalarono che la situazione si
era fatta più chiara le famiglie
dei sopravvissuti si posero in
contatto telefonico diretto con
i loro cari. Qualche sposa è già
partita in aereo per la città
tedesca e oggi uno speciale
aereo, noleggiato dalla
Direzione del Manchester United
porterà a Monaco un altro
scaglione di familiari. I
giornalisti inglesi, spesso
indiscreti e importuni, si sono
mostrati consci della tragedia;
non hanno assillato con
richieste di fotografie o
dichiarazioni i congiunti delle
vittime, ma hanno rispettato il
loro dolore e il loro desiderio
di silenzio e solitudine. Tutti
i giornali inglesi dedicano
largo spazio alla sciagura di
Monaco. In un editoriale di
prima pagina il "Daily Mail"
scrive: "Questo è un giorno nero
per Manchester per il Calcio e
per gli inglesi. Il colpo è
duro: troppo duro". Dopo aver
ricordato la sciagura di
Superga, il Daily Mail si chiede
se non si dovrebbe evitare di
raggruppare su di uno stesso
aereo tante persone di un’unica
categoria come ad esempio
squadre di calcio ed importanti
delegazioni politiche. Il Daily
Express dedicherà a Monaco tre
intere pagine alla sciagura di
Monaco di Baviera. "Non era solo
in Inghilterra che il loro nome
aveva un suono magico", scrive
il giornale. "Erano degli
ambasciatori. In molte piccole
località dell'Europa dove non si
parla inglese, volti si
rischiaravano a due nomi:
Winston Churchill e Manchester
United". Peter Wilson, il più
autorevole giornalista sportivo
del "Daily Mirror", il più
popolare giornale londinese,
scrive: "Questo è il giorno più
nero dello sport inglese. La più
grande squadra di calcio inglese
dalla fine della guerra è stata
decimata in trenta secondi, di
orrore e di inenarrabile
tragedia". "Il Calcio inglese ha
subito il più grave disastro
della sua storia", scrive John
CamKin del "News Chronicle". Il
giornalista aggiunge che per un
certo tempo il Manchester United
dovrà cessare di esistere come
squadra e che le conseguenze
saranno gravissime per il calcio
inglese.
7 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
Come a Superga
di Vittorio Pozzo
Come a Superga. Il
pensiero ricorre subito alla
sciagura di Superga, una
sciagura, il cui ricordo,
malgrado i dieci anni o poco
meno decorsi, è rimasto vivo ed
intatto nella memoria di tutti
noi. Allora, il dolore nostro
trovò espressione nella quasi
incredibile constatazione che
"era morto il Torino", ora, alla
nostra costernazione diamo
sfogo, esclamando che è stato
ferito a morte il Manchester
United. Analogia delle
circostanze: Campione d'Italia
il Torino, Campione
d'Inghilterra il Manchester
United, una decina di Nazionali
nell'un gruppo, quasi
altrettanti nell'altro, un
pomeriggio di intemperie, quasi
di tempesta nell'un caso e
nell'altro, ambe le squadre
colpite mentre fanno ritorno da
una lunga trasferta all'estero,
ed infine, quasi identica la
bandiera delle due squadre:
granata quella del Torino,
rossoscura quella del
Manchester. La sorte, da quando
si serve degli aerei per le sue
nefaste imprese, ha dichiarato
guerra ai calciatori di grido.
Li trova riuniti, l'uno attorno
all'altro nel ristretto spazio
di un apparecchio, e, con un
colpo solo, fa strage di tutti.
Sono tali le proporzioni della
sciagura, quando essa avviene,
che, ai tempi del Campionato del
mondo in Brasile, si era parlato
dell'opportunità di non fare
viaggiare mai una intera
compagine in uno stesso aereo,
ma di suddividere il rischio ed
i pericoli, servendosi di
velivoli diversi. Nel caso
attuale, data la natura speciale
della trasferta, non era parso
opportuno di ricorrere a misure
speciali, nemmeno ad un uomo
prudente e cauto per la sua
natura, come Matt Busby, lo
scozzese "manager" della
squadra. Si trattava della Coppa
dei Campioni, la prova di
recente istituzione fra le
compagini Campioni dell'anno
precedente nei diversi Paesi
d'Europa. La manifestazione
piace in Inghilterra. Essa
garantisce della qualità dei
contendenti e, disputandosi le
gare in notturna, è apportatrice
di buoni incassi. Il Manchester
United era stato l'anno scorso
eliminato nel corso delle
Semifinali, dal Real Club de
Madrid, la squadra di Di
Stefano, che doveva poi vincere
il torneo. Questa volta l'unità
del Nord dell'Inghilterra, era
tornata a farsi avanti. Aveva
battuto in casa propria la
Stella Rossa, di Belgrado,
Campione della Jugoslavia, la
sera precedente alla partita di
Belfast che doveva decretare la
nostra eliminazione dal
Campionato del Mondo. Proprio la
gara di quella sera, e la nebbia
sopravvenuta poi nella notte,
dovevano impedire al portiere
irlandese, del Manchester, Harry
Gregg di venire ad allinearsi
contro gli Azzurri. Vincitori di
stretta misura sul proprio
terreno, per gli inglesi sarebbe
stato sufficiente un risultato
di parità nell'incontro di
ritorno a Belgrado, allo scopo
di proseguire nel torneo. Ed un
risultato di parità essi infatti
ottenevano effettivamente nella
capitale jugoslava: chiudevano
il primo tempo con un tre a
zero, poi si facevano
raggiungere dagli avversari, ma
si fermavano sul tre a tre. Fu
nel viaggio di ritorno, dopo di
avere atterrato a Monaco di
Baviera, e mentre stavano
spiccando il volo per tornare a
casa, che li colse la sciagura.
Avevano fretta di rientrare ai
patrii lari, perché, proprio sul
loro terreno, li attendeva per
sabato pomeriggio l'incontro più
importante di tutta la stagione,
quello col Wolverhampton
Wanderer - i cosiddetti Wolves,
i "Lupi" - che stanno in testa
alla classifica, comandati da
Billy Wright, capitano della
Nazionale Inglese. Un incontro
che, con ogni probabilità, verrà
ora rinviato ad altra occasione,
in segno di lutto, nonché per la
impossibilità dei padroni di
casa di mettere in campo la
propria squadra. Per gli inglesi
sarebbe stato del resto una
impresa tutt'altro che fuori del
comune, quella di disputare due
incontri di grande importanza,
su due centri lontanissimi, a
così breve distanza di tempo
l'uno dall'altro. Le notizie che
sull'avvenimento sono pervenute
nella nostra città nella serata
e nelle prime ore della notte si
sono, in certi punti,
contrapposte. Esse sono, per
esempio, alquanto imprecise sul
numero e sul nome dei morti.
Torino ha una sua sensibilità
speciale per disgrazie del
genere, e la notizia che più ha
colpito il cuore degli sportivi
nostri, è stata quella della
morte di Frank Swift, il
portiere della Nazionale inglese
che aveva battuto gli Azzurri
per quattro reti a zero, al
nostro Stadio, dieci anni or
sono. Era un gigante - più alto
ancora di John Charles, per
qualche centimetro - ed il suo
modo di agire gli aveva
cattivato simpatie generali. Fu
dato dapprima come estratto vivo
dall'apparecchio: il suo
trapasso avvenne all'ospedale.
Passato ad una industria
alimentare in un primo tempo, si
era convertito da poco al
giornalismo: scriveva per il
News of the World. Morti sono
con lui, e direttamente
nell'aereo, il terzino sinistro
Roger Byrne ed il centro avanti
Tommy Taylor, ambedue Nazionali
d'Inghilterra delle ultime
infornate, ambedue sicuri
partecipanti al torneo dei
Campionati del Mondo in Svezia.
E salvi sono, come per un
miracolo i due irlandesi del
Nord, il cui nome fu fatto tante
volte, nello scorso mese di
gennaio, in occasione della
partita di Belfast, il portiere
Harry Gregg - recentemente
passato al Manchester United dal
Doncaster - ed il centromediano
Jackie Blanchflower, che si
diceva dovesse cambiare di
Società. Se questa era veramente
l'intenzione del mediano
irlandese, la morte del suo
rivale, Jones, taglia, ora corto
ad ogni diceria. Era irta di
altri Nazionali, la formazione
attuale del Manchester United.
Il suo direttore e factotum
stesso, Matt Busby, aveva
giuocato per la Scozia. È
talmente abile ed esperto il
Busby, che la sua Società, oltre
alla sua squadra, passava per
una delle meglio amministrate e
meglio condotte di tutto il
Regno Unito. Aveva vinto il
Campionato della Lega Inglese la
scorsa stagione. Ad impedirgli
di vincere anche la Coppa
d'Inghilterra, era stata
un’altra conoscenza nostra,
l'ala sinistra Mac Parland,
l'irlandese, che nella Finale a
Wembley mando all'ospedale il
portiere Wood, nazionale
d'Inghilterra lui pure, ed
uscito fortunosamente indenne
dal disastro di ieri.
Manchester, città nota in tutto
il mondo per la sua potenza
industriale, è pure una
roccaforte del giuoco del
calcio. Il suo nome passerà ora
alla storia dello sport,
associato a quello della città
nostra, in segno di due sciagure
similari. Gli inglesi furono
pieni di sensibilità e di
comprensione per noi e per il
nostro dolore, il giorno della
sciagura di Superga. Noi
proponiamo che nelle partite del
campionato nostro di domenica
prossima, si osservi, su ogni
campo, un minuto di silenzio,
che esprima tutta la commozione
e la solidarietà degli sportivi
nostri, per un lutto che è
internazionale !
7 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Era la squadra inglese
più ammirata
di Riccardo Aragno
Sembrava destinata a
vincere il campionato e la Coppa
di Gran Bretagna - Era formata
da giovani scelti da un tecnico
di gran valore: Matt Busby, che
è rimasto ferito.
(Dal nostro
corrispondente) Londra, 6
febbraio. La tragedia che ha
colpito oggi il mondo del calcio
inglese è straordinariamente
simile a quella che colpì il
calcio italiano il 4 maggio 1949
quando l'aereo che portava la
squadra del Torino di ritorno da
Lisbona precipitò a Superga. La
squadra del Manchester United
occupava nel calcio inglese una
posizione unica. Aveva grandi
possibilità di vincere il
campionato nazionale, grandi
probabilità di giungere - e di
vincere - alla partita più
importante dell'anno, quella in
cui allo stadio di Wembley viene
messa in palio la Coppa. Era una
squadra di giovani, che nei
prossimi dieci anni avrebbe
certamente potuto continuare le
glorie sportive degli ultimi
dieci. Era, in altre parole, la
squadra più amata, più ammirata
e più temuta di Gran Bretagna.
Soltanto sabato aveva sconfitto
l'Arsenal al campo di Highbury.
La notizia della tragedia giunse
a Londra questo pomeriggio alle
15,54 seguita immediatamente da
un primo messaggio di speranza:
"Alcuni dei passeggeri sono
scampati alla morte". A
quell'ora il pubblico degli
appassionati del Manchester
United stava facendo la coda al
campo dell'Old Trafford, a
Manchester, per assicurarsi i
biglietti per la partita di
sabato, che il Manchester United
avrebbe dovuto giuocare contro
il Sheffield Wednesday. Al
botteghino era il signor Bragg e
quando i cronisti gli chiesero
come mai la vendita continuasse
egli rispose che non aveva
ricevuto ordine di
interromperla. Egli non aveva
neppure ricevuto l'ordine di
informare il pubblico di quanto
il segretario del club aveva
appreso poco prima per telefono.
A mano a mano che la notizia
comincio a diffondersi il club
fu inondato di telefonate. Sotto
la guida di Matt Busby, che è
rimasto gravemente ferito nella
sciagura, il Manchester United
era indubbiamente, la più grande
squadra di football di Gran
Bretagna da almeno dodici anni.
Le maglie rosse hanno vinto il
campionato per quattro volte e
due volte la coppa
dell'Associazione del Football.
Il club fu fondato nel 1885
dagli impiegati delle ferrovie
del Lancashire e dello York
shire e in un primo tempo era
chiamato Newton Heath, dal campo
nel quale giuocava abitualmente
le sue partite. Prima
dell'ultima guerra era stato per
varie stagioni in prima o in
seconda divisione; ma fu la
direzione di Matt Busby che
portò il Manchester United in
primissimo piano con la
creazione di una squadra
interamente di giovani. Il club
non aveva esitato a comprare
anche parecchi giocatori. Tommy
Taylor, il centravanti, fu
pagato 25 mila sterline e
altrettanto il portiere Harry
Gregg. Anche ieri il Manchester
United sembrava destinato a
successi anche più grandi: per
la seconda volta, come l'anno
scorso, era entrato nelle
semifinali del campionato
europeo. Matt Busby, uno dei più
grandi direttori di squadra di
Gran Bretagna, è stato
recentemente oggetto di uno
speciale programma della B.B.C.
nel quale viene raccontata in
dettaglio la vita di un
individuo. Vi parteciparono
molte personalità dello sport
inglese, e anche alcuni membri
della squadra di football che
egli portò in Italia durante la
guerra. La televisione aveva
fatto venire apposta dal Canada
la sua vecchia nonna, che
raccontò di avergli comperato il
primo paio di scarpe da
football. Il direttore del
Chelsea, una delle grandi
squadre nazionali, ha detto
piangendo: "Io non so che dire.
Questa è la più grande tragedia
che sia accaduta nel calcio
inglese. Era una squadra amica,
tutti le volevano bene". Trainer
del Manchester United non aveva
potuto recarsi a Belgrado con la
squadra "perché è anche
direttore della squadra
nazionale del Galles, che ha
giuocato ieri la partita contro
Israele. Tornato da Cardiff,
questo pomeriggio egli si è
recato direttamente alla sede
del Manchester United, senza
sapere nulla del disastro. Fu
accolto dal vicesegretario del
circolo che aveva appreso la
notizia tre quarti d'ora prima
dalla compagnia aerea per
telefono. "La cosa è tanto
terribile, ha detto, che non ci
si può credere. Pare
impossibile". Quando un cronista
gli fece osservare che avrebbe
potuto trovarsi anche lui a
bordo dell'aeroplano, mormoro:
"Sì, certo, in un certo senso
sono stato fortunato". Fino alla
scorsa settimana egli aveva
sempre accompagnato la squadra,
che viaggiava sempre in aereo.
La associazione britannica del
calcio aveva dato il permesso
ufficiale alle sue squadre di
usare l'aereo per spostarsi da
un campo all'altro soltanto nel
marzo scorso. Fino ad allora i
giocatori viaggiavano in treno o
in autopullman. Il Manchester
United era assicurato per circa
220 mila sterline, press’ a poco
400 milioni di lire italiane. Un
cronista chiese al
vice-segretario del Circolo se
sabato si sarebbe svolta la
partita con il Wolverhampton.
"Non abbiamo discusso di niente,
ancora - ha detto il signor
Murphy - non sappiamo niente.
Non c'è niente da sapere". A
bordo dell'aeroplano poi vi
erano anche parecchi famosi
giornalisti sportivi inglesi e
soprattutto di Manchester.
Domani sera si sarebbe dovuto
svolgere a Manchester il ballo
dei giornalisti e alcuni di
quelli inviati speciali
avrebbero dovuto prendervi
parte. I parenti dei giocatori,
dei giornalisti e dei funzionari
che si trovavano a bordo
dell'aeroplano, sono stati oggi
raccolti a Manchester dalle loro
case, con automobili e
accompagnati in una sala
dell'aeroporto, dove essi
pensavano di aspettare l'arrivo
dell'aeroplano. I funzionari
della BEA ebbero l'incarico di
dar loro la notizia del
disastro. Poi tutti furono
accompagnati in automobile o in
tassì affittati appositamente
dalla BEA alle rispettive
abitazioni. Fra questi vi era la
moglie di Matt Busby. Era
all'aeroporto ad aspettare la
squadra anche uno dei più vecchi
sostenitori, il signor Joe
Hartley, di 78 anni, che ha
sempre mandato un regalo di
nozze - da trentanove anni in
qua - ai giocatori che si
sposavano. II segretario della
Foot-Ball League, Alan
Hardacker, ha detto che "questa
tragedia tocca tutti coloro che
amano il foot-ball, dovunque
venga giocato. Intanto un
esperto del Ministero
dell'Aeronautica è stato inviato
immediatamente a Monaco per
iniziare una inchiesta. Un altro
esperto è stato mandato dalla
BEA, che aveva affittato
l'aeroplano. Verso sera, quando
ancora mancavano notizie
dettagliate sugli scampati e
sulla identità delle vittime,
cominciò il flusso dei messaggi
che dà una idea del cordoglio
nazionale. "La città di
Manchester è da questa sera in
lutto", ha detto il sindaco
della città. Il pranzo annuale
dei giornalisti è stato
disdetto, e gli sportelli della
biglietteria del campo di Old
Strafford furono ufficialmente
chiusi. Il signor Winterbotton,
direttore della squadra
nazionale inglese, intervistato
questa sera dalla B.B.C, ha
detto che la tragedia avrà
certamente un effetto sulla
composizione della squadra
nazionale inglese, della quale
facevano parte parecchi
giocatori del Manchester United.
Il Ministero dei Trasporti e
dell'Aviazione civile ha
dichiarato questa sera che la
regina ha inviato al ministro
Watkinson un messaggio che dice:
"Sono profondamente addolorata
dalla notizia dell'incidente
occorso all'aeroplano che
portava i giocatori del
Manchester United e alcuni
giornalisti di ritorno da
Belgrado. Vi prego di esprimere
la simpatia mia e di mio marito
ai parenti di coloro che hanno
perduto la vita, e a coloro che
sono stati feriti". Un messaggio
identico è stato inviato dalla
regina Elisabetta al sindaco di
Manchester. Il sindaco ha
trasmesso un messaggio per
radio, e il presidente del
Circolo Manchester United
parlando alla televisione ha
espresso "la più profonda
simpatia e condoglianze alle
mogli, alle innamorate, e ai
parenti di coloro che sono stati
vittime dell'incidente". Uno dei
deputati di Manchester, Sir
Robert Cary, ha dichiarato: "Io
e tutti i miei colleghi alla
Camera dei Comuni siamo
profondamente turbati e
addolorati dalla notizia del
disastro. Tutte le disgrazie
aeree sono tragiche, ma un
incidente nel quale perdono la
vita tanti giovani sportivi,
tutti benvoluti e seguiti
dall'intero Paese, sembra avere
un carattere tragico del tutto
unico". Sabato pomeriggio, prima
della partita abituale (la
domenica non si gioca in
Inghilterra) tutto le squadre
faranno due minuti di silenzio
per le vittime del disastro.
7 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Sono scampati alla morte
i passeggeri della parte
anteriore
di Gigi Boccacini
Il muso dell'apparecchio
è quasi intatto - Il portiere
Gregg, svenuto per l'urto, si
svegliò sentendo urlare:
"Togliti di lì, l'aereo scoppia
!".
(Dal nostro inviato
speciale) Monaco, 7 febbraio. Su
Monaco da ventiquattro ore
imperversa una tormenta di
violenza eccezionale. Un
chilometro più in là del margine
che delimita il campo di
aviazione di Riem, la carcassa
dell'apparecchio della BEA,
schiantatosi ieri durante il
terzo tentativo di decollo, va
lentamente coprendosi di neve.
La parte anteriore del velivolo
ha subito solo lievi danni,
l'ala e il motore di destra
fanno ancora corpo unico con la
fusoliera, il motore di
sinistra, invece, è staccato, la
forza dell'urto lo ha fatto
volare a una cinquantina di
metri. La coda dell'apparecchio
è sbriciolata, solo il timone
con la bandiera britannica è
intatto. La carlinga presenta
uno squarcio. Si vedono,
nell'interno dell'apparecchio,
bagagli ridotti in frantumi.
Tutto è rotto, fracassato,
sconvolto; ma un piccolo
telefono di bordo, nero e
lucido, pare pronto a funzionare
ancora. E su un pezzo di valigia
che sporge in fuori, occhieggia
una carta da gioco, l'asso di
cuori. Una commissione
d'inchiesta è al lavoro per
accertare le cause della
sciagura, ma nessun risultato
della delicata indagine è ancora
venuto ufficialmente alla luce.
Di ufficiale ci sono solo due
elenchi, quello delle persone a
bordo (44 in tutto) e quello dei
morti, che sono ventuno, sette
calciatori del Manchester
United, quattro dirigenti della
società, otto giornalisti, un
membro dell'equipaggio e un
agente di cambio che, con ogni
probabilità, aveva trovato posto
all'ultimo momento sull'aereo
che il Club britannico aveva
noleggiato per il ritorno da
Belgrado. L'ufficio di Monaco
della BEA ha confermato i nomi
delle vittime: due terzini:
Byrne e Bent; due mediani:
Colman e Jones; tre attaccanti:
il famoso Taylor, Pegg e Whelan.
Poi l'allenatore Currie, i
consiglieri Whalley e Satinov,
il segretario Crickman: otto
giornalisti: Swift, Jackson,
Ledbrook, Davies, Thompson,
Rose, Follows e Clarke, tre dei
quali del Daily Mail. Infine il
signor Miklos, agente di cambio,
e Cable, lo steward di bordo.
Nella clinica dove si è spento
Swift sono i feriti, tredici
persone delle ventitré scampate
miracolosamente al disastro.
Stamane all'alba due giovani
dottoresse ci hanno accompagnato
al quinto piano, dove in piccole
stanze sono i quattro feriti più
gravi. Attraverso le tendine a
ossigeno abbiamo scorto quattro
volti rosi dallo strazio della
febbre e del dolore. Uno ce
n'era, - il calciatore Berry, ci
è parso - che si lamentava da
stringere il cuore. Gli altri
due, il mediano Edwards e Matt
Busby, il manager, giacevano
inanimati. La vita di Busby e di
Berry sembra legata ad un filo.
Gli altri feriti, tra i quali
Jacky Blanchflower, non sono, a
detta dei medici, in pericolo di
vita. E ci sono anche dei
passeggeri illesi, i giocatori
Gregg, portiere dell'Irlanda del
Nord, e il terzino Foulkes, un
paio di giornalisti e buona
parte dell'equipaggio. Li ha
salvati la loro posizione
nell'interno del velivolo. Erano
avanti, nella cabina di comando,
o subito alle sue spalle. E
l'apparecchio, nella parte
anteriore, è quasi intatto. Per
questo, solo per questo, il
numero delle vittime è
relativamente limitato. Abbiamo
incontrato alla
conferenza-stampa del comandante
Thain due dei superstiti, il
giornalista Peter Howard e il
giocatore Gregg. "Viaggiavo con
le spalle rivolte alla cabina di
comando - racconta Gregg - ed
ero assolutamente tranquillo. Ho
avvertito un urto violentissimo
e sono svenuto. Quando ho
ripreso i sensi, ho sentito una
voce che urlava: "Togliti,
togliti, l'aereo scoppia !".
Ancora stordito ho fatto venti
metri a carponi ma sono subito
tornato indietro. C'era altra
gente da salvare ".
8 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Conferenza stampa
dell’equipaggio dell’Elizabethan
Il primo pilota Thain
parla del tragico decollo
di Gigi Boccacini
Quando tentò la terza
partenza l’equipaggio ebbe il
"via libera" da un ingegnere -
Stazionarie le condizioni di
Busby, Edwards e Berry - Esame
dei motori per troncare le voci
di sabotaggio.
(Da uno dei nostri
inviati). Monaco, sabato sera.
La tragedia del Manchester
United piano piano si allontana
nel tempo. Le salme dei 21
passeggeri deceduti nel disastro
di giovedì pomeriggio partiranno
probabilmente oggi per
l'Inghilterra: qui a Monaco
restano i feriti, le cui
condizioni sono sempre
stazionarie; qui a Monaco resta
la doppia commissione
d'inchiesta. Berry, Edwards e
Matt Busby che lottano per non
morire, Busby - il manager - a
torso nudo sul lettino
d'ospedale che sembra piccolo
per lui, Busby con una mano
letteralmente a pezzi; Edwards
che quasi rantola tanto il suo
respiro è affannoso; Berry che
si lamenta, prima con la voce
sottile di un bimbo, poi con
l'urlo agghiacciante dell'uomo
che spasima. Dal quinto piano
d'una clinica a una stanzetta
d'albergo. Conferenza stampa dei
sopravvissuti. Due uomini e due
donne che cercano d'essere
indifferenti di fronte allo
sguardo curioso, spietato, di
tanti occhi che li scrutano.
Sono Thain, il primo pilota, il
comandante del velivolo che s’è
schiacciato al suolo, Rodgers,
il radiotelegrafista, Margaret
Bellis e Rosemary Cheveston, le
due hostesses. I giornalisti si
informano dell'età.
"Trentasette" risponde Thain,
"trentacinque", brontola
Rodgers, "venticinque" cinguetta
la Cheveston, la Bellis si copre
di un velo di rossore:
"trentasette", mormora a fil di
voce. Forse son tanti per una
hostess. I quattro si siedono su
un divano, i fotografi li
sottopongono a cento pose
diverse. I quattro non sono
feriti, lamentano qualche
graffio qua e là, devono rendere
conto perché gli altri sono
morti e loro no, perché la
fortuna è stata loro alleata.
Sul tavolo c'è un quotidiano
spiegazzato con un cliché
dell'apparecchio dopo la
sciagura. Una parte del velivolo
è intatta. Qui stava il
personale di bordo ad eccezione
del cameriere, che era nella
carlinga a controllare le
cinture dei passeggeri. Il
cameriere è stato sollevato
nell'urto, è stramazzato in
terra, ucciso. Piloti,
telegrafisti e hostesses hanno
sentito il colpo dell'urto, ma
non hanno riportato danni, solo
il pilota in seconda ha avuto il
piede chiuso di scatto nella
lamiera che si era
accartocciata. Lo hanno liberato
per ultimo, prima toccava ai
passeggeri. Il comandante Thain
racconta con un tono staccato,
ma patetico. La sua voce non si
alza nemmeno quando dice che
dopo le due tentate partenze si
consultò con un ingegnere della
BEA e l'ingegnere gli diede il
via libera. Nessun atto di
accusa. Per poter presenziare
alla conferenza stampa i
giornalisti si erano impegnati a
non fare domande sulle cause o
sulle colpe del sinistro.
L'impegno bisogna rispettarlo.
Rodgers, il radiotelegrafista,
veste panni che non sembrano i
suoi. È a disagio ed è l’unico a
dimostrare chiaro e tondo come
nella circostanza proprio non ci
si trovi. Delle due hostesses,
la Cheveston pare persino troppo
allegra, troppo sorridente,
troppo elegante con
quell'attillata maglietta nera.
Ma, si capisce che l'allegria è
falsa, che la Cheveston cerca di
farsi coraggio come può. Lei ci
riesce, la Bellis no. La Bellis
scoppia a piangere, singhiozza
disperata, nessuno può calmarla.
La conferenza stampa finisce
nella commozione d'una donna che
ha visto la morte troppo da
vicino. Gira per l'aria la
parola "sabotaggio", Ci hanno
detto che un quotidiano
britannico l'ha adoperata
parlando della sciagura. Qui a
Monaco ci credono francamente in
pochi. La realtà cerca di
fornirsi di fantasia. Le tristi
esigenze della cronaca di ogni
giorno hanno già svuotato di
interesse umano la vicenda,
ventun morti appartengono ormai
al passato. Il presente è
costituito dall'inchiesta, ma
nessuno è in grado di affermare
qualcosa di certo ad eccezione
del fatto che è ben strano come
l'apparecchio sia lo stesso
partito dopo due tentativi
andati a vuoto e quando tutti,
anche i profani, si erano
accorti che il rombo del motore
non aveva il solito ritmo
possente. Le dichiarazioni degli
scampati insistono con usuale
calore sul medesimo tasto e c'è
da ritenere che non si tratti
d'un fenomeno collettivo, specie
quando le stesse cose sui motori
che parevano in condizioni non
perfette le afferma il
comandante Thain. Ma allora la
domanda si fa pressante, vuole
una risposta: "Perché il
bimotore della BEA ha preso
ugualmente il volo ?". E un
altro interrogativo incalza: "Di
chi è la colpa della decisione ?
Dell'ingegnere che ha dato via
libera oppure del pilota ?".
L'inchiesta, come ogni indagine
del genere, è ardua, forse sarà
anche povera di risultati. Ma
non guardiamo troppo in là,
restiamo all'enorme e gelida
clinica di Monaco dove due
dottoresse e un nugolo di
infermiere anche stanotte hanno
vegliato Berry, Edwards e Busby.
Abbiamo dato un colpo di
telefono all'alba e una voce ci
ha risposto testualmente:
"Sempre, lo stesso. Forse però
un pochino meglio". Sono già
troppi i morti perché altri
ancora se ne debbano aggiungere.
Per l'inchiesta intanto due sono
le commissioni nominate, una
tedesca e una inglese. Tanto per
incominciare, a quanto pubblica
stamane la Suddeutsche Zeitung,
la commissione tedesca avrebbe
permesso al capitano, Hans
Leicher un esame approfondito
dei motori per togliere
definitivamente di scena
l'ipotesi piuttosto improbabile
d'un sabotaggio.
8 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
L'allenatore Busby e i
giocatori Berry ed Edward" sono
in pericolo di vita
Il pilota dell'aereo del
"Manchester" racconta come
avvenne la sciagura
di Massimo Conti
"Vidi un lampo
attraverso il finestrino: tolsi
il gas, ma era troppo tardi,, -
Dopo due revisioni ai motori, i
meccanici dissero che "tutto era
in ordine,,: ma sembra certo che
il disastro fu dovuto ad
un'avaria - L'arrivo dei parenti
delle vittime a Monaco - Già
iniziata l'inchiesta.
(Dal nostro inviato
speciale) Monaco, 7 febbraio.
Non capita di frequente che i
protagonisti d'una sciagura
aerea possano raccontare la loro
disavventura e descrivere i
brevissimi ma spaventosi attimi
che seguono lo schianto del
velivolo contro il suolo. Il
raro caso si è dato nella
catastrofe di Monaco. E dal
racconto dei superstiti - 23
persone delle 44 che volavano
con il bimotore britannico
Elizabethan - è scaturita una
testimonianza viva, di grande
interesse umano. Lasciamo
ricostruire al comandante
dell'apparecchio, James Thain,
il testimone più autorevole, le
fasi della tragedia. Sin dal
primo momento, mentre il
velivolo, arrivato poco prima da
Belgrado, stava per decollare
dall'aeroporto centrale di
Monaco, il comandante si accorse
che il rombo dei motori non era
del tutto "normale". L'aereo
fece marcia indietro e subì una
rapida ispezione dei meccanici:
"Tutto a posto", disse
l'ingegnere di servizio. Di
nuovo, il velivolo tornò sulla
pista, pronto a decollare; ma
anche stavolta l'orecchio
finissimo del comandante percepì
qualche irregolarità. I
meccanici si arrampicarono sulle
ali e, osservato un piccolo
difetto al motore - non si sa di
preciso di quale si trattasse -
si misero all'opera per
eliminarlo. Dopo un buon quarto
d'ora, l'ingegnere che dirigeva
i lavori dette il suo benestare
"Potete partire tranquilli",
disse. Il velivolo si slanciò
sulla pista per staccarsi
finalmente dal suolo: "Diedi
un'occhiata al finestrino della
cabina battuto da una bufera di
neve - ha raccontato il
comandante Thain nel corso dì
una conferenza-stampa - e vidi
un lampo giallastro.
Istintivamente tolsi il gas ai
motori ma era troppo tardi".
L'aereo, che a quanto sembra
aveva appena staccato le ruote
dalla pista di cemento, ricadde
pesantemente al suolo e, in
piena velocità, andò a cozzare
contro una piccola casa di
contadini al margine del campo,
che venne quasi sventrata. L'ala
destra del velivolo, staccatasi
con una parte della carlinga, fu
proiettata a parecchi metri di
distanza, fracassando e
incendiando un cascinale.
Nessuno degli abitanti delle due
casupole ha riportato però la
più lieve ferita. I due
contadini della prima casa si
trovavano in quel momento in
cantina; quelli del cascinale -
due donne e tre bambini - sono
rimasti anch'essi illesi. Dai
rottami del velivolo guizzarono
le prime fiamme che poi lo
avvilupparono completamente. Il
comandante Thain continua così
il suo racconto: "Vidi il
capitano Reyment ferito e
imprigionato fra le lamiere
contorte dell'apparecchio (fu
poi necessario tagliarle con la
fiamma ossidrica per districare
una gamba che vi era rimasta
imprigionata). Il telegrafista e
due hostesses si lanciarono
fuori del finestrino della
piccola cucina di bordo, mentre
io afferravo un estintore
tentando di spegnere un
principio di
incendio. Ma le due
ragazze e il telegrafista
tornarono subito indietro,
prodigandosi nel soccorso dei
passeggeri". "Mi trovavo nella
neve alta senza le scarpe - ha
raccontato una delle hostesses,
Rosemarie Bellis, di 35 anni - e
sostenendomi alla mia compagna,
miss Cheveston, entrai
nuovamente nel velivolo
fracassato. Vidi uno spettacolo
che non dimenticherò più: parte
dei passeggeri erano legati
ancora alle loro cinture di
sicurezza, insanguinati, con
ferite orribili, specialmente
agli arti inferiori. Altri erano
stati sbalzati dai loro posti e
giacevano col cranio fracassato.
C'era una bambina di tre anni, figlia d'un diplomatico
jugoslavo, che annaspava in
quella confusione chiamando
disperatamente la madre. Anche
la piccola aveva il volto
insanguinato...". A questo punto
la bruna hostess non ha più
retto alla emozione e, davanti
ai giornalisti presenti alla
drammatica conferenza-stampa
tenuta in un albergo, è
scoppiata in singhiozzi: una
crisi di nervi. La ragazza è
stata accompagnata subito nella
sua stanza ed è intervenuto per
calmarla un medico. Miss Bellis
vola da undici anni ma
nonostante quanto è accaduto,
sembra non abbia intenzione,
come del resto la sua compagna,
di abbandonare il mestiere. La
morte ha ghermito quasi tutti i
passeggeri che si trovavano
sulla parte destra del velivolo,
quella cioè che si è staccata
nel violentissimo urto, e - caso
del tutto singolare - quelli che
si trovavano in coda, il posto
ritenuto "più sicuro" del
velivolo; ha risparmiato invece
quelli che si trovavano sulle
poltrone di sinistra e quelli in
testa all'aereo, che in genere
sono i primi a perire in caso di
sciagura. Morti e feriti vennero
estratti dalle "squadre di
soccorso attraverso un ampio
squarcio della carlinga, mentre
le fiamme già avvolgevano
l'intero apparecchio. Si è fatto
appena in tempo a tirar fuori i
feriti. Una parte dei cadaveri
sono rimasti così bruciati e
stasera era ancora in corso la
pietosa opera di riconoscimento.
Le salme sottratte al rogo
furono allineate attorno ai
resti del velivolo. Le
seppelliva lentamente la neve
fittissima che da 36 ore cade
ininterrottamente sulle regioni
centromeridionali della
Germania. Questa nevicata
eccezionale ha bloccato gran
parte del traffico ferroviario
tra Francoforte e Monaco. Alla
stazione ferroviaria di
Stoccarda, per esempio, squadre
di operai hanno lavorato tutta
la scorsa notte per liberare
dalla neve l'intero sistema di
scambi. Nella giornata di oggi i
treni hanno percorso la strada a
velocità ridotta con lunghe
soste ai bivi e alle stazioni.
Gli aeroporti di Francoforte
Monaco e Stoccarda sono stati
chiusi al traffico per l'intera
giornata essendo le piste
ghiacciate. Solo stasera la
Direzione dell’aeroporto di
Monaco ha autorizzato
l'atterraggio di due velivoli
provenienti dall'Inghilterra con
i parenti delle vittime.
L'attenzione dei numerosi
giornalisti, in gran parte
inglesi, arrivati a Monaco per
cogliere le ultime fasi della
tragedia, si è spostata sul
vasto ospedale "a destra
dell'Isar" - così si chiama -
dove sono stati ricoverati i
feriti. L'ospedale è uno dei più
moderni di Europa e si resta
colpiti appena entrati per il
suo aspetto simile ad una
elegante stazione ferroviaria;
porte e pareti in cristallo,
rivendite di giornali, generi di
conforto, dolciumi e fiori: e
soprattutto per l'aria
pulitissima senza odore di
medicinali che circola in
abbondanza nelle sale luminose
con pareti a mosaico e quadri.
Dietro a questa facciata di
serenità si è svolto stanotte e
anche stamane un lavoro
febbrile. Cinque sale operatorie
sono entrate in funzione per
tenere in vita i 23 feriti
alcuni dei quali hanno dovuto
subire fino a tre interventi
chirurgici. Otto dei feriti più
leggeri sono già ripartiti per
l'Inghilterra, tredici sono
ricoverati nell'ospedale e, fra
questi, cinque in condizioni
molto gravi compreso il secondo
pilota e il manager del
Manchester United, Matt Busby,
che si trova sotto la tenda
dell'ossigeno. Ci è stato
permesso di vedere per brevi
istanti i feriti tra cui si
trova uno dei migliori campioni
britannici, Duncan Edwards;
giacevano nei loro letti in
stato d'incoscienza sotto un
armamentario di tubi per la
trasfusione, canali per
l'ossigeno e altri strumenti.
Quasi tutti i feriti sono in
stato di choc. Gli fanno
continuamente iniezioni perché
possano sopportare i dolori
delle ferite e delle ustioni.
Per salvare alcuni feriti sono
stati necessari vasti trapianti
di pelle: moltissime le
trasfusioni e le
somministrazioni continue di
ossigeno. Anche la bambina del
diplomatico jugoslavo
Tomaschewitz di cui si è parlato
è in ospedale per ustioni al
volto. Il padre giace nella
stanza accanto. La mamma ha
riportato invece lievi ferite e
dopo che l'apparecchio si era
schiantato contro la casa fu
udita gridare: "Dove è la mia
bambina ?". A Monaco è arrivata
una gran quantità di gente che
dovrà appurare le cause e le
eventuali responsabilità della
sciagura: funzionari e tecnici
della Società britannica cui
apparteneva il velivolo - la
British European Airwais -
esperti aeronautici tedeschi,
funzionari di polizia, inviati
di Società assicuratrici. Come è
naturale, tutti hanno rifiutato
di rispondere alle domande dei
giornalisti troppo curiosi. Il
comandante del velivolo, Thain,
ha fatto sapere che non gli
caveranno una parola finché non
sarà stata compiuta l'inchiesta;
e così si sono regolati gli
altri. Escluso che la catastrofe
sia dovuta a sabotaggio (la
notizia è stata data da un
giornale inglese) pare non
esservi dubbio che si sia
trattato di avarie ai motori.
L’Elizabethan è un velivolo
giudicato un po' vecchio anche
se qualcuno assicura che sia
ancora ottimo; fatto sta che di
20 apparecchi di questo tipo in
servizio sulle linee britanniche
ne sono rimasti in circolazione
11; gli altri 9 sono stati
venduti. Qualcuno sostiene poi
che il bimotore non si sia
staccato affatto dal suolo
neanche di un metro. Così ha
detto anche un autista tedesco
che si trovava da quelle parti
al momento della disgrazia e che
afferma di avere visto una ruota
staccarsi dal carrello; la ruota
anzi avrebbe violentemente
colpito la sua automobile s'egli
non avesse accelerato in tempo.
8 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Condoglianze di Adenauer
di Massimo Conti
Due aeroplani hanno
trasportato a Monaco i familiari
delle vittime e dei feriti.
(Dal nostro inviato).
Monaco, sabato sera. Con due
velivoli della BEA, sono giunti
a Monaco i familiari delle
vittime della sciagura
aviatoria. Uno dei velivoli è
giunto da Londra e l'altro da
Manchester: i due piloti hanno
dovuto compiere un difficile
atterraggio sulla pista
ghiacciata del grande aerodromo.
I due aerei della BEA sono stati
gli unici che abbiano fatto
scalo a Monaco nelle ultime ore
perché l'aeroporto è chiuso al
traffico normale per via appunto
della neve e del ghiaccio. I
familiari delle vittime – una
quarantina di persone - hanno
preso alloggio in un grande
albergo della capitale bavarese,
e oggi alcuni di loro dovranno
assistere al "riconoscimento"
delle salme non ancora
identificate. Parte dei venti
cadaveri estratti dai rottami
del velivolo sono stati
sfigurati dalle fiamme e altri
cinque addirittura carbonizzati
(dicono i tecnici che la
temperatura del velivolo al
momento dell'incendio raggiunse
i tremila gradi). Pertanto si
dovrà tentare di identificarli
attraverso qualche oggetto o
brandelli di vestiti,
risparmiati dal fuoco. Vi sono
poi fra il gruppo delle quaranta
persone i familiari dei feriti
ricoverati in un grande moderno
ospedale di Monaco: e fra essi,
anche alcuni bambini. I medici
sperano che alcuni fra i
ricoverati siano oggi in
condizione di intrattenersi sia
pure per breve tempo con i
congiunti. Per cinque di essi
tuttavia lo si può escludere,
almeno per ora, dato che stanno
ancora combattendo contro la
morte. Fra questi è il "manager"
del "Manchester United", Matt
Busby, ancora sotto la tenda a
ossigeno. I medici non possono
dire quanti fra i feriti più
gravi potranno essere salvati.
Si prevede però che i tredici
dovranno restare all'ospedale di
Monaco per qualche settimana
prima di essere trasportati in
Inghilterra. Le indagini sulla
sciagura procedono frattanto
speditamente. Oggi gli esperti
tedeschi e inglesi si recheranno
nuovamente sul luogo del
disastro per esaminare i relitti
sepolti sotto cumuli di neve. Se
i tecnici dovessero stabilire
che il bimotore "Elizabethan"
non offre sufficienti garanzie
di sicurezza, la Società sarebbe
costretta a ritirare gli altri
dieci velivoli di questo tipo
ora in servizio su diverse
linee. Si può aggiungere, sempre
a questo proposito, che l'aereo
caduto era assicurato per 160
mila sterline. Anche gli uomini
del "Manchester United" e i loro
accompagnatori erano assicurati
per 10 mila sterline ciascuno.
Calcolando anche le
assicurazioni dei passeggeri, la
somma complessiva ora in giuoco,
tocca il mezzo milione di
sterline. A Monaco e a Londra
sono arrivati e continuano a
pervenire numerosi telegrammi di
cordoglio. Fra gli altri anche
il Cancelliere Adenauer che si
trova in villeggiatura a Vence,
nei dintorni di Nizza, ha
inviato un messaggio al
"premier" MacMillan.
8 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
Il centravanti della
Juventus giunto ieri in Italia
Commozione di John
Charles rientrato in aereo da
Londra
di Giulio Accatino
"Ero fraterno amico di
Taylor durante il servizio
militare. Mia non voleva
partissi, ma ho dovuto
rassicurarla, il lavoro di
calciatore mi richiamava a
Torino". Impressione tra gli
inglesi.
(Dal nostro inviato).
Malpensa, sabato sera. Giovedì
poco dopo le ore 16 Tommy
Taylor, amico fraterno di John
Charles, moriva nel disastro di
Monaco. Ieri, quasi alla stessa
ora il centravanti della
Juventus scendeva all'aeroporto
della Malpensa da un
quadrimotore che portava la
stessa sigla di quello di
Monaco: B.E.A. Evidentemente
emozionato e pallido in volto,
Charles ha posato per i
fotografi come vogliono le
consuetudini, ha stretto
calorosamente la mano
all'ufficiale pilota del
mastodontico apparecchio, ed ha
cercato con lo sguardo un volto
amico fra tanta confusione.
Aveva bisogno di un po' di pace.
"Erano tutti miei compagni - ci
ha detto con gli occhi gonfi - e
non nascondo che la notizia di
Monaco mi ha fatto piangere. Ho
saputo del disastro mentre ero
dai miei genitori a Swansea. I
giornali del pomeriggio però
portavano una brevissima
informazione della caduta
dell'aereo, mancavano però i
particolari. In città e in tutta
l'Inghilterra l'emozione era
grandissima: La B.B.C. con il
passare delle ore ha corredato
le prime comunicazioni elencando
i morti, i dispersi, i feriti
gravi. Sentivo ripetere quei
nomi con il cuore gonfio. Erano
tutti amici di lunga data,
qualcuno mi era particolarmente
caro". Tommy Taylor forse. "Che
tristezza pensarlo immobile
nella rigidità della morte. Ma
io lo voglio ricordare ragazzo
vivace, sbarazzino quasi, come
quando eravamo soldati assieme.
Due anni di vita comune, l'uno
per l'altro. Giocavamo nella
stessa squadra, lui mezz'ala
destra io centromediano. Giorni
felici che non potranno tornare
mai più". Il ricordo di Tommy
Taylor ha commosso Charles. Ha
bisogno di tacere qualche po',
sperando di nascondere un dolore
profondo, poi riprende: "In
Inghilterra la notizia ha
destato stupore e commozione.
Nessuno al momento vuol
ricercare le cause, ma
l'opinione pubblica attende
l'esito dell'Inchiesta in corso
sui motivi che hanno provocato
il disastro con la pratica
distruzione dell'intera squadra
del Manchester United. Fare
infatti che soltanto tre
giocatori potranno continuare
l'attività: Gregg, il portiere,
Charlton, la mezz'ala destra e
Foulkes, il mediano sinistro.
Così almeno si diceva a Londra
prima della mia partenza.
Naturalmente sono notizie
imprecise, e speriamo che
l'elenco debba allungarsi
ancora". Il Manchester United si
ritirerà dal campionato ? "Pare
di no. Allo stato attuale però
non so come la società possa
ricostruire in tutta fretta una
squadra in grado di giocare".
Superato ti primo momento di
commozione, comunque, si dovrà
pur ricominciare.
"Indubbiamente, ma è così
difficile rifare tutto da capo".
Charles scuote la testa, e tace.
Forse pensa alla mamma che ha
lasciato a Londra. "Non voleva
che partissi. Mi ha detto: John
non viaggiare più in aereo. Le
ho risposto: ma è venerdì e
domenica devo essere a Genova.
Non s'è convinta, ed ha pianto.
Con il cuore voleva che
partissi, ma con il cuore gonfio
sono corso sul quadrimotore, che
aveva già messo in moto le
eliche, ed ora eccomi qua".
Giocherai ? "Certamente ! È il
mio lavoro". Non aveva più nulla
da dire. Eravamo giunti a
Torino, e il bravo John ha
voluto fermarsi agli uffici
dell'Italcable: "Sono arrivato
bene". Mamma Charles ha già
avuto il tanto atteso
telegramma.
8 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
Prima inchiesta
dell'aviazione tedesca a Monaco
L'aereo del "Manchester"
cadde per le incrostazioni di
ghiaccio sulle ali ?
Sempre in gravi
condizioni l'allenatore Busby, i
giocatori Berry ed Edwards, e il
secondo pilota; fuori pericolo
gli altri feriti - Quattro
superstiti sono tornati a
Londra.
(Dal nostro inviato
speciale) Monaco, 8 febbraio. Le
avverse condizioni atmosferiche,
e in particolare le
incrostazioni di ghiaccio
formatesi sulle ali
dell'apparecchio mentre cadeva
una fitta nevicata, sono le
probabili cause della sciagura
di cui sono rimasti vittime a
Monaco sette calciatori del
"Manchester United". Lo afferma
questa sera un comunicato del
ministero dei Trasporti della
Germania occidentale in base ai
risultati dell'inchiesta,
preliminare condotta
dall'ufficio aereonautico
federale. L'indagine, secondo il
comunicato, ha stabilito che i
motori dell'aereo funzionavano
regolarmente e non avevano
subito nessuna avaria, il
decollo dell'apparecchio è stato
sospeso per due volte in quanto
il manometro di pressione dava
indicazioni anormali nonostante
i motori funzionassero
regolarmente. I tecnici hanno
ritenuto che i dati anormali
forniti dal manometro fossero
spiegabili con l'altezza
(rispetto al livello del mare)
alla quale si trova l'aeroporto
di Monaco. Per questa ragione il
comandante di volo
dell'"Elizabethan" ha dato
l'ordine definitivo di partenza.
Il rapporto conclude che è stata
probabilmente la deformazione
delle superfici portanti a causa
del ghiaccio formatosi sulle ali
ad impedire il decollo.
Nonostante il grave
inconveniente, la sciagura non
sarebbe tuttavia avvenuta se
l'aereo non avesse incontrato
sul suo cammino la casa situata
ai margini della pista. "Senza
quella casa - ha dichiarato il
direttore della British European
Airways Anthony Milward - tutto
si sarebbe risolto in un piccolo
incidente, e non ci sarebbero
stati feriti. Il bimotore, che
stentava a prendere quota,
sarebbe ricaduto al suolo
dall'altezza di un metro o poco
più". Dopo il comunicato delle
autorità tedesche e le opinioni
del direttore della BEA, è
cominciato oggi il
palleggiamento delle
responsabilità: sono in gioco le
cinquecentomila sterline (900
milioni di lire), che dovrebbero
pagare le società assicuratrici
alla BEA e alle famiglie delle
ventun vittime, oltre che ai
feriti. I familiari degli
sventurati passeggeri so no ora
a Monaco a piangere sulle bare,
o a pregare accanto ai letti
d'ospedale. Dei tredici feriti
alcuni non sanno ancora come se
la caveranno. Due di essi - il
manager del "Manchester United",
Matt Busby e il centrattacco
John Berry potrebbero morire da
un momento all'altro: questo è
il parere dei medici. Ancora non
hanno ripreso conoscenza e
vengono tenuti in vita con
ossigeno, trasfusioni e
iniezioni. Grave è anche il
mediano Edwards. Matt Busby è
vegliato dalla moglie, giunta
dalla Gran Bretagna con il
figlio. Serie sono anche le
condizioni del secondo pilota
Reyment, che era ai comandi del
bimotore al momento del decollo.
Gli altri feriti sono stati
dichiarati tutti fuori pericolo,
compreso Jackie Blanchflower. Un
medico ha detto oggi che essi
potranno riprendere a giocare
(non Edwards comunque, se pure
si salverà), ma non in questa
stagione. Dei ventitré
superstiti - sull'aereo,
ricordiamo, c'erano in tutto
quarantaquattro persone -
quattro sono già a Londra. Hanno
lasciato Monaco stamattina in
treno e in aereo: tra di essi,
Peter Howard e Edward Ellygard,
i due giornalisti del "Daily
Mail" che raccontarono la
tremenda avventura per i lettori
del loro giornale la sera stessa
della sciagura. All'ultimo
momento hanno invece rinunciato
al viaggio il portiere Gregg ed
il terzino Foulkes, i quali
hanno preferito rimanere accanto
ai compagni feriti. Entro domani
saranno finite le perizie
necroscopiche delle vittime.
Lunedì partiranno per Londra
altri due aerei che
trasporteranno ventun bare. m.
c.
9 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
A Manchester non s'è
giocato
Due minuti di silenzio
sui campi di calcio inglesi
(Dal nostro
corrispondente) Londra, 8
febbraio. Allo stadio del
Chelsea, oggi pomeriggio, le due
squadre sono entrate in campo
lentamente, a capo chino. I
giocatori avevano una banda nera
al braccio; l'avevano anche
l'arbitro e i guardialinee. Gli
atleti si schierarono dinnanzi
alle tribune e una voce solenne
dall'altoparlante annunzio che
"è per espresso desiderio del
Manchester United che quest'oggi
le partite di campionato vengono
giocate regolarmente". Poi la
voce invita i 40 mila spettatori
ad alzarsi in piedi e ad
osservare due minuti di silenzio
per le vittime del disastro di
Monaco. Lo stesso silenzio è
stato rispettato su ogni campo
di calcio di Gran Bretagna. A
Manchester, la città in lutto,
non si è però giocato. Domani in
tutte le chiese verranno
recitate preghiere. I tifosi del
"Manchester" si sono riuniti in
un albergo ed hanno deciso di
indire una riunione per cui
andranno al campo, pagheranno il
biglietto, ma anziché assistere
a una partita parteciperanno al
servizio religioso. I proventi
di questo incasso andranno alle
famiglie delle vittime. È stato
proposto anche di creare un
fondo per un letto di ospedale
al nome dei medici di Monaco che
hanno avuto cura dei feriti
inglesi. I tifosi hanno inviato
anche un telegramma al chirurgo
Maurer, dell'ospedale di Monaco
per ringraziarlo di quanto ha
fatto. Anche nei giornali di
Manchester è stato rispettato un
minuto di silenzio in memoria
dei giornalisti che hanno
perduto la vita nell'incidente.
I primi scampati sono arrivati
oggi in treno e in aereo a
Londra: hanno dichiarato che il
portiere Gregg è stato l'eroe
dei salvataggi compiuti dopo
l'incidente. r. a.
9 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
I caduti del
"Manchester" sono tornati in
Inghilterra
I funerali si
svolgeranno in forma privata -
Tra i feriti Berry è ancora
grave; Busby e Edwards sono
fuori pericolo.
(Dal nostro
corrispondente) Londra, 10
febbraio. L'aereo "Viscount",
inviato a Monaco dalla BEA per
prelevare le salme dei ventun
passeggeri periti nel disastro
dell'"Elizabethan", ha fatto
ritorno oggi a Londra col triste
carico. Al momento della
partenza tutte le bandiere
dell'aeroporto di Monaco
sventolavano a mezz’asta e 150
agenti di polizia erano
schierati davanti
all'apparecchio per rendere gli
onori militari alle vittime.
Diecine di corone di fiori erano
state deposte sui feretri e
nell'interno dell'aereo.
All'arrivo a Londra tutte le
bare sono state trasferite su un
altro apparecchio in partenza
per Manchester, ad eccezione di
una, quella del calciatore
Whelan, che sarà fatta
proseguire per Dublino. I
funerali dei giocatori del
"Manchester United" e dei
giornalisti che hanno perduto la
vita nel disastro si svolgeranno
in forma privata. Ma i segni del
cordoglio nazionale sono
continuati anche oggi, a
distanza ormai di vari giorni
dalla sciagura. I dirigenti
della squadra, nella
impossibilità di mettere insieme
un numero sufficiente di
giocatori per sabato pomeriggio,
hanno chiesto un rinvio
dell'incontro con il Sheffield
Wednesday, che è stato subito
accordato. Le condizioni dei
feriti ricoverati nell'ospedale
di Monaco sono migliorate, ad
eccezione dell'ala destra del
"Manchester" John Berry e del
secondo pilota dell'aereo
Kenneth Rayment, tuttora in
pericolo di vita. L'allenatore
della squadra, Matt Busby e il
mediano Duncan Edwards, hanno
ripreso conoscenza e i medici
ritengono che si salveranno
entrambi. Gli altri giocatori
sono già in via di guarigione,
compreso Jacky Blanchflower, e
dovrebbero essere dimessi la
prossima settimana. Nel primo
pomeriggio l'allenatore della
Nazionale di calcio tedesca,
Sepp Herberger, e il vice
presidente della Federazione di
calcio germanica, Hans Huber,
hanno fatto visita ai calciatori
feriti. Herberger ha fatto loro
l'augurio che possano presto
rimettersi e tornare a giocare.
Viollet gli ha detto: "Vi
conosco dalle fotografie dei
giornali. Faccio molti auguri
alla vostra squadra (per i
campionati del mondo) ma fate
attenzione all'Inghilterra".
Successivamente i due dirigenti
tedeschi hanno fatto visita a
Matt Busby, tuttora nella tenda
ad ossigeno. Busby ha
riconosciuto Herberger. Una
infermiera ha detto a Busby:
"Sono venuti per augurarvi una
pronta guarigione", al che
questi ha risposto "grazie", e
ha tirato fuori la mano dalla
tenda per stringerla ai due
tedeschi. r. a.
11 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
Corsa contro la morte
per salvare Edwards
di Leo Cattini
Affannosa ricerca di un
rene artificiale - Il prezioso
apparecchio è giunto da Friburgo
alle 10,40, quando il giocatore
era già in sala operatoria per
un intervento d'urgenza.
Monaco, mercoledì sera.
Una autoambulanza speciale ha
compiuto stanotte una disperata
corsa a tutta velocità da
Friburgo a Monaco per portare un
rene artificiale di cui è stata
fatta un'urgente richiesta per
salvare la vita del mediano
della squadra di calcio del
Manchester United, Duncan
Edwards. La corsa contro la
morte si è conclusa stamane alle
10,40 quando l'autoambulanza,
scortata dalle motociclette
della polizia con le sirene In
funzione, è giunta davanti
all'ospedale di Monaco, proprio
nel momento in cui, in sala
operatoria, i chirurghi stavano
compiendo un intervento in
extremis per tentare di salvare
la vita a Duncan Edwards. La
richiesta del rene artificiale
era stata fatta telefonicamente
stanotte ma inutilmente a
diverse città tra cui Vienna, da
parte di un rappresentante della
B.E.A., la società proprietaria
dell'aereo che si è infranto al
suolo a Monaco. Finalmente si è
potuto rintracciare il prezioso
apparecchio a Friburgo, cioè a
560 chilometri di distanza e la
corsa contro la morte è
cominciata. Un medico di
Friburgo - il dott. Sartorius -
ha seguito l'ambulanza con
un'auto speciale per occuparsi
personalmente della
trasposizione dell'organo. Il
dott. Sartorius ha detto che il
rene artificiale dovrà essere
collegato al sistema
circolatorio di Edwards per
circa sei ore per immettere due
litri e mezzo di nuovo sangue e
per consentire un continuo
lavaggio del sangue
preesistente. Mentre i medici
non possono pronunciarsi sulla
sorte di Edwards (ma sperano che
la sua giovane e forte fibra
possa resistere alla gravità del
male) notizie confortanti si
hanno sull'attaccante del
Manchester, John Berry e sul
secondo pilota dell'aereo,
Kenneth Rayment, le cui
condizioni sono migliorate
rispetto a ieri sera, pur
rimanendo sempre gravi. Anche lo
stato dell'allenatore Matt Busby
va continuamente migliorando.
12 febbraio 1958
Fonte: Stampa Sera
L'ultima vittima della
catastrofe aerea
È morto Duncan Edwards
uno dei più grandi giocatori
inglesi
Monaco. È morto Duncan
Edwards uno dei più grandi
giocatori inglesi. Dopo
alternative di speranze, e di
ansie protrattesi per 15 giorni,
durante i quali i sanitari
dell'ospedale di Monaco nulla
avevano lasciato d'intentato per
salvarlo, compresa la
applicazione d'un rene
artificiale, è spirato il
calciatore Duncan Edwards, che è
l'ottavo titolare che la squadra
inglese del "Manchester United"
ha perduto nella sciagura aerea
del 6 febbraio. Il calcio
britannico resta così privo
d'uno dei suoi elementi più
rappresentativi e amati dalle
folle, sia per l'altissima
qualità della sua classe che per
l'entusiasmo e l'applicazione
che poneva nel gioco. Era stato
diciotto volte nazionale, ed
aveva anche giocato a Bologna,
il 20 gennaio del 1954, nella
formazione "giovanile" inglese
che aveva incontrato la nostra
squadra "primavera" che vinse
l'incontro per 3 a 0. Debuttando
nella rappresentativa britannica
a soli 19 anni fu il più giovane
dei "nazionali" d'Inghilterra e
da allora la sua fama era sempre
stata in crescendo, anche per la
versatilità del suo gioco; aveva
infatti figurato
alternativamente sia quale
centro mediano, centravanti e
mediano laterale sinistro, che
era il suo ruolo particolare.
Tra la grande speranza del
calcio inglese è certamente il
più forte mediano laterale
britannico. Aveva disputato la
sua prima partita, conquistato
il "cap" di nazionale nel famoso
incontro in cui l'Inghilterra
sconfisse la Scozia per 7 a 2,
contribuendo efficacemente al
successo della squadra; e da
allora ebbe sempre il posto
nelle susseguenti partite
internazionali. Quale facente
parte dell'undici del
"Manchester United", nel quale
era l'uomo più popolare, aveva
giocato la scorsa stagione più
di cento matchs", sia di
campionato, che di Coppa e
amichevoli; era anche tra i
preferiti del famoso allenatore
del "club", Matt Busby, che
poteva vantarsi di averlo
scoperto, lanciato e
valorizzato. È mancato, dopo una
lunga agonia e atroci
sofferenze, alle 2,26 della
notte scorsa, dopo aver
accennato un lieve
miglioramento. La notizia della
sua scomparsa ha suscitato
grande impressione fra gli
sportivi di tutto il mondo che
si auguravano ardentemente di
poterlo annoverare fra gli
scampati. La sorte atroce non ha
invece voluto risparmiarlo. Un
aereo speciale, già giunto a
Monaco, riporterà quest'oggi la
salma di Edwards in Inghilterra,
ove gli saranno tributate
onoranze solenni. L'ambiente
calcistico di tutto il mondo, e
particolarmente quello italiano
che già ebbe a soffrire un
simile terribile lutto, si
inchina a questa nuova vittima
del disastro aereo di Monaco.
22 febbraio 1958
Fonte: La Stampa
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