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ISP. FILIPPO RACITI
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Ispettore Capo Filippo Raciti 2.02.2007 Le Indagini
   F. RACITI   Pagine della Memoria    Morire di Calcio    Superga 1949    Tragedia Ballarin 1981  
     
 

Per gli inquirenti catanesi è stato un attacco premeditato. Sono minorenni nove delle persone finite in manette.

Ispettore ucciso, 22 arrestati

Caccia all'uomo tra gli ultrà

I funerali di Raciti lunedì alle 17. Sarà presente Amato. Il presidente della squadra conferma: "Lascio il calcio".

ROMA - L'ipotesi di reato è omicidio volontario aggravato. Per ora a carico di ignoti. Ma la procura e le forze dell'ordine di Catania lavorano senza sosta per identificare i responsabili dell'uccisione dell'ispettore Filippo Raciti. Dal momento della tragedia sono stati arrestati 22 ultrà del Catania, nove dei quali sono minorenni. Lo stadio Massimino è stato sequestrato e nel tardo pomeriggio è scattata una vasta operazione di polizia negli ambienti dei tifosi organizzati. Le indagini. Gli inquirenti ritengono che Raciti sia rimasto vittima di un attacco premeditato alle forze dell'ordine. Il procuratore aggiunto di Catania Renato Papa ha spiegato che gli accertamenti mirano a identificare gli esponenti di "un gruppo criminale, formato anche da minorenni che assaltano le forze dell'ordine solo per il gusto di farlo". Insomma baby gang che si mimetizzano tra i tifosi solo per "allenarsi" alla guerriglia.  Digos e squadra mobile della Questura hanno interrogato testimoni, colleghi di Raciti, feriti. Hanno cercato tra i tifosi, o presunti tali, del Catania perché, sottolinea il pm Ignazio Fonzo, gli "ultras del Palermo sono estranei agli incidenti". Ad avvalorare la pista dell'attacco premeditato c'è il racconto di un collega di Raciti: "La scorsa settimana insieme a Filippo abbiamo deposto in un processo e per direttissima contro un ultrà che ha patteggiato la pena. Dopo la sentenza del giudice che lo ha condannato lo abbiamo visto lasciare il tribunale ridendogli in faccia...". E nel tardo pomeriggio oltre 400 poliziotti e carabinieri hanno dato inizio a una vera e propria caccia all'uomo, con perquisizioni mirate in casa di potenziali responsabili delle violenze. Le indagini passano anche dal sequestro dello stadio Massimino, che sarà "studiato da esperti per verificare se esistevano le condizioni minime per la sicurezza degli spettatori e delle forze dell'ordine". La dinamica dell'aggressione. Gli inquirenti hanno potuto ricostruire quanto accaduto nella strada antistante l'ingresso della curva nord. Raciti era con dei colleghi del reparto mobile impegnati a respingere i tifosi del Catania che volevano aggredire quelli del Palermo, appena entrati nello stadio. I poliziotti sono riusciti a bloccare un minorenne e ad arrestarlo: un agente ha accompagnato il ragazzo verso i cellulari, mentre Raciti è tornato nell'auto. A quel punto l'aggressione, forse una rappresaglia per la cattura di uno degli ultras. Un masso ha colpito Raciti allo sterno procurandogli una forte lesione alla gabbia toracica e ai polmoni, poi l'esplosione di una bomba carta e l'inalazione del fumo. È stata la somma di questi fattori a provocare un arresto cardiocircolatorio che si è rivelato fatale per l'ispettore. I funerali. Domani sarà effettuata l'autopsia sulla salma di Raciti. Poi, nel pomeriggio, nella caserma del decimo reparto mobile del capoluogo etneo sarà allestita la camera ardente. Le esequie di Raciti si svolgeranno lunedì alle 17, in cattedrale, contemporaneamente all'inizio della cerimonia per la processione della patrona Sant'Agata. Una processione che doveva essere festosa e che sarà segnata da lutto proclamato dal sindaco Umberto Scapagnini. Qualcuno a Catania voleva che la festa fosse revocata ma alla fine si è deciso di limitarla alle cerimonie religiose e di annullare tutto il resto, a cominciare dai fuochi d'artificio e dal concerto. Ai funerali dell'ispettore Raciti parteciperà il ministro dell'Interno Giuliano Amato. Il presidente Pulvirenti lascia. Come tutta la città, è sotto shock la squadra. Il presidente Nino Pulvirenti e l'amministratore delegato Pietro Lo Monaco hanno confermato oggi quanto aveva detto a caldo subito dopo la morte di Raciti: lasceranno il calcio. "Non ho dormito tutta la notte - ha affermato Pulvirenti - e ho deciso: lascio. Non lo farò immediatamente perché abbiamo degli obblighi da rispettare con dipendenti, calciatori e tifosi veri ma appena sarà possibile passerò la mano. Si è aperta una ferita che non si può rimarginare, non sono più disposto a continuare". Gli fa eco Lo Monaco: "Con il calcio ho chiuso. Quello che è accaduto ieri allontanerebbe chiunque da questo mondo".

3 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

© Fotografia: Raisport.rai

Premeditazione: volevano colpire Raciti

di Maurizio Nicita

Dal nostro inviato. CATANIA - Premeditazione. È il concetto che emerge dagli addetti ai lavori e dagli inquirenti impegnati nelle indagini per la morte dell’ispettore Filippo Raciti. Lo dicono, quasi lo urlano, i colleghi. Non si nasconde nemmeno il Procuratore aggiunto di Catania, Renato Papa che ieri mattina ha svolto con i colleghi sostituti Ignazio Fonzo e Andrea Bonanno - titolari anch' essi del fascicolo aperto per omicidio volontario a opera di ignoti - un sopralluogo allo stadio che è sotto sequestro. Mentre l’altro pm, Antonella Barreca, ha emanato ieri un totale di 22 arresti, 9 dei quali per minorenni. Questi non sono accusati di omicidio ma di violenze e aggressione a pubblico ufficiale, con capi d'accusa che potrebbero diventare ancora più pesanti se verrà considerata la devastazione. Intanto ieri pomeriggio blitz della Polizia nella sede del gruppo ultrà "A sostegno di una fede" nei pressi di piazza Dante, con alcuni ulteriori fermi. FATTI CHE SI RIPETONO Dice Papa: "Non è stato un problema di Catania contro Palermo, ma di certe persone contro la Polizia. Si tratta di azioni che hanno come obiettivo diretto quello di colpire le forze dell’ordine. Gente che non segue nemmeno cosa accade sul campo. Succede da tempo". Poi Papa aggiunge un concetto più forte: "Sulle violenze allo stadio la legge italiana è inadeguata, non ha sanzioni deterrenti. Chi è arrestato, se incensurato, viene subito dopo scarcerato. il tifoso che ottiene il rito abbreviato dopo la condanna, sospesa, esce subito. Occorre una normativa rigorosa come avviene all’estero. In più nel 2003 è stato abrogato un comma della legge che permetteva l’arresto dei diffidati recidivi, e di chi non si presentava alla firma: un grave atto di debolezza". LA DINAMICA Febbrile in Questura la visione dei filmati per individuare colpevoli da poter riconoscere e fermare in flagranza differita. Ma soprattutto uno, dall’interno, pochi attimi prima che Raciti venga colpito a morte: potrebbe essere decisivo per scovare l’omicida. Sono da poco passate le 20.30, la partita è appena finita ma gli scontri continuano. Sono cominciati alle 16, davanti alla curva nord, per l’insofferenza ai controlli di chi vuole entrare - e qualcuno ci riesce pure - senza biglietto. Poi l’escalation con lanci di sanitari, pezzi di muro, segnali stradali e ogni oggetto che sia possibile divellere dalla curva nord e dintorni, oltre a una serie incredibile di bombe carta: oltre cento. Dunque sono circa le 20.30 quando Raciti con il suo "Discovery" procede a passo lento e a portiere aperte per far da scudo a un drappello di colleghi a piedi che lo seguono. Il mezzo viene sottoposto a una raffica di oggetti lanciati da ogni parte: su dalla curva, ma anche frontalmente. L’ispettore viene colpito al petto da una grossa pietra e sta chiudendo la portiera del blindato quando una bomba carta gli esplode davanti ai piedi, l’effetto onda d’urto viene reso violentissimo dalla scocca dell’auto: i danni interni al corpo del poliziotto, che si accascia soccorso dai colleghi, risulteranno letali. Stamattina l’autopsia consentirà di appurare scientificamente le cause della morte. Il sostituto della Dda etnea, Ignazio Fonzo - già componente della Caf in Figc - non si sbilancia: "Aspettiamo per oggi una indicazione dai medici che effettueranno gli esami. Possiamo affermare, comunque, che negli scontri non c’è stato alcun coinvolgimento di tifosi rosanero, ma che sono stati opera solo di pseudo-sostenitori del Catania, delinquenti veri, con un’azione premeditata di particolare violenza, già vista purtroppo al Cibali. Parlare oggi di omicidio premeditato, però, è quantomeno prematuro". PARTICOLARI INQUIETANTI Sono successi in questa stagione. Dall’agguato teso nel derby col Messina, in settembre, quando gli ultrà etnei attirarono con un inganno i celerini in curva nord, ferendone diversi. Per continuare con i lanci di bombe carta "mirati" verso le forze dell’ordine durante Catania-Udinese del dicembre scorso: 67 le esplosioni, una delle quali ha rischiato di ferire mortalmente un poliziotto del reparto mobile, cui un petardo era finito nel colletto del giubbotto, dietro la nuca. Solo la prontezza e il coraggio di un collega ha evitato il peggio già allora: ha preso con una mano l’ordigno lanciandolo lontano un attimo prima dell’esplosione. E poi ancora un altro episodio che riguarda il povero Raciti, un esperto in questi servizi. L’ispettore a fine gennaio si era recato a Palermo per testimoniare in un processo contro un paio di ultrà del Catania, da lui direttamente riconosciuti responsabili - attraverso i filmati - di episodi di violenza nel derby di andata alla Favorita. Alla fine i due hanno patteggiato la pena, uscendo a piede libero dall’aula giudiziaria, sbeffeggiando Raciti. Quel fitto lancio di pietre e bombe carta verso di lui non è casuale per i colleghi che lo ritenevano un leader: Raciti era un obiettivo della curva, che da mesi canta l’odio contro le divise blu e il desiderio di vedere un poliziotto morto.

4 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Caccia all’ultrà assassino sfregiata l’immagine Sicilia

di Salvo Palazzolo

Una notte di violenza a Catania, dopo il derby, ha già travolto tutta la Sicilia. "Per l’immagine dell’Isola è stato peggio di uno tsunami", sostengono gli esperti di marketing: "Il danno quantificabile ammonta a 500 milioni di euro", è la stima offerta dalla società Meta Comunicazione, che ieri ha effettuato un sondaggio fra quaranta esperti di marketing e pubblicità. Solo il 14 per cento degli intervistati ritiene che il danno sarà limitato al mondo del calcio. Per il 55 per cento è l’intera Sicilia che ne risentirà. Anche se i tifosi palermitani non sono stati coinvolti: la ricostruzione effettuata dalla Procura di Catania esclude senza mezzi termini il coinvolgimento dei 489 supporter rosanero negli scontri di venerdì sera. "Quando sono avvenuti i disordini, a fine partita, i palermitani erano ancora tutti dentro lo stadio", spiega la polizia. Il lungo corteo di autobus dei rosanero è poi partito dal capoluogo etneo intorno a mezzanotte, scortato da un nutrito numero di agenti della questura di Palermo. Mentre a Catania polizia e carabinieri setacciano i club degli ultrà, dal centro storico al quartiere periferico di Librino (a fine serata il bilancio è di 22 arrestati), a caccia dell’assassino dell’ispettore Filippo Raciti, il caso travalica ormai il mondo del calcio. "Gli effetti di tanta violenza investiranno non solo l’immagine ma anche l’economia siciliana", sostiene la ricerca di Meta Comunicazione: "La perdita di immagine a livello internazionale rischia infatti di rappresentare un vero salasso per i prodotti siciliani, e naturalmente anche per il turismo". La conferma di tante preoccupazioni arriva dalla stampa estera: in Spagna, Francia e Inghilterra le prime pagine di molti giornali sono dedicate ai fatti di Sicilia. Anche il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, prevede contraccolpi pesanti: "E’ un giorno di lutto per tutti i siciliani. Piangiamo la vittima di una violenza insensata, che oltraggia lo sport ma anche un intero popolo". Il presidente dell’Assemblea regionale, Gianfranco Miccichè, non usa mezzi termini: "La Sicilia non ha perso soltanto un ragazzo di 38 anni, ma anche la faccia. Si fanno tanti sforzi per fare apparire la nostra terra per ciò che è realmente e poi un episodio come quello di Catania non fa che dare ragione a tutti quelli che ci denigrano". Rita Borsellino, leader dell’Unione, guarda avanti: "Mi auguro che si possa al più presto fare chiarezza su quanto è successo - dice - ma perché fatti come questo non si ripetano bisogna cercare la radice del problema, chiedersi da dove nasce tanta violenza e disagio sociale. La repressione da sola non basta". Una proposta la lanciano l’eurodeputato Giusto Catania e il senatore Santo Liotta, entrambi di Rifondazione comunista: "E’ arrivato il momento che le tifoserie delle squadre siciliane mettano definitivamente fine all’atavica rivalità che le contrappone. Devono scegliere di gemellarsi. È ormai un atto di civiltà necessario". Ma i sindacati dei poliziotti non sono più disposti ad aspettare. Un documento dai toni durissimi è stato firmato da sette sigle: Siulp, Siap, Silp, Consap, Fsp-Ugl, Coisp e Uilps. "Da tempo, e non solo nel capoluogo etneo, le organizzazioni sindacali della polizia di Stato hanno lanciato purtroppo inascoltate grida di allarme". I rappresentanti degli agenti puntano l’indice contro "gruppi di delinquenti che sfruttano l’anonimato della folla al solo fine di ingaggiare tafferugli e aggredire le forze dell’ordine, rimanendo impuniti". Proprio nei giorni scorsi i vertici della questura di Catania avevano tenuto incontri con i colleghi di Palermo per organizzare le misure di protezione attorno al derby. Ma a Catania la situazione è sfuggita di mano. Adesso la magistratura vuole accertare se lo stadio Massimino e la zona circostante siano dotati di tutte le strutture di sicurezza necessarie.

4 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

I risultati dell'autopsia modificano il corso delle indagini

Un agguato contro l’ispettore

Scatta il blitz, ventidue arrestati

di Francesco Viviano

CATANIA - Incidente oppure omicidio premeditato ? La seconda ipotesi, agghiacciante e crudele, è quella privilegiata. A mano a mano che passano le ore, si delineano i contorni criminali che hanno portato all’uccisione di Filippo Raciti. Venerdì sera qualcuno ha pensato che era il momento buono per vendicarsi con l’ispettore, per fargliela pagare e far passare quella morte come un tragico incidente. Il poliziotto infatti, che da anni conosceva volti e nomi della tifoseria violenta catanese, aveva testimoniato in un processo contro un ultrà del capoluogo etneo arrestato il 20 settembre scorso durante gli scontri tra tifosi dopo la partita d’andata Palermo-Catania (5 a 2 per i rosanero). Ed era stato proprio Raciti che aveva "accompagnato" i tifosi catanesi a Palermo a riconoscere uno dei facinorosi ribadendo due settimane fa le accuse contro l’ultrà catanese che è stato condannato con il patteggiamento della pena. Durante il processo erano state pronunciate parole di sfida da parte di alcuni tifosi presenti in aula contro il poliziotto. Se fosse questa la causa scatenante dell’uccisione dell’ispettore c’è da rabbrividire. Quel che è certo, così come affermano magistrati ed investigatori, venerdì sera fuori dallo stadio del Cibali è stato teso un vero e proprio agguato dagli ultrà catanesi alle forze dell’ordine. Che polizia e carabinieri fossero nel mirino della parte più violenta della tifoseria catanese, lo ha confermato il procuratore aggiunto di Catania, Renato Papa, che coordina l’indagine sui sanguinosi scontri dell’altro ieri: "Bisognava fare di più per proteggere gli uomini delle forze dell’ordine, per esempio usando gli idranti. Non capisco perché in Italia non lo si faccia". C’è stata sottovalutazione ? E perché la questura ha autorizzato i tifosi della Curva Sud (quella ritenuta buona) ad introdurre mortaretti e fuochi d’artificio che sono stati sparati poco prima e durante la partita per inneggiare a Sant' Agata, protettrice di Catania e che dava il via ai festeggiamenti della Santa ? Una "concessione" che ha fatto surriscaldare gli animi dei tifosi della Curva Nord. In questura sull’argomento, mentre il capo della polizia Gianni De Gennaro, porta il cordoglio ai familiari di Raciti, bocche cucite: "Le polemiche per adesso ci interessano poco" dice un investigatore. È stato ucciso uno dei nostri ed il nostro dovere e primo obiettivo è tentare di individuare ed arrestare chi lo ha ucciso e provocato gli incidenti. Gli ultrà non si sono scagliati contro i tifosi del Palermo, volevano noi. Qui è peggio che combattere i mafiosi e per svolgere questo servizio allo stadio prendiamo 12 euro in più, 12 euro...". Ventidue persone, e tra queste 9 minorenni, sono rinchiuse nel carcere di Piazza Lanza e nelle celle del centro per minori di via Raimondo Franchetti. Sarebbero tutti ultrà della tifoseria catanese, molti appartenenti all’Ucn (Ultrà Curva Nord), quello ritenuto più "caldo" e che respinge ogni accusa o responsabilità negli incidenti. "Quelli della Curva Nord erano tutti allo stadio e sugli spalti, prima che piovessero dal cielo i lacrimogeni - afferma Giorgio Terranova, 42 anni, avvocato - non era accaduto nulla. Poi il caos, molti non riuscivano a fuggire". Ieri ci sono state numerose perquisizioni: sono state trovate anche delle armi, sostengono gli inquirenti. Gli incidenti sono scoppiati in coincidenza dell’arrivo dei tifosi palermitani che sono riusciti a raggiungere lo stadio soltanto dieci minuti dopo l’inizio del secondo tempo. Un ritardo che in parte era stato programmato proprio per evitare incontri ravvicinati con i tifosi catanesi. Ma pare che i pullman con a bordo i tifosi palermitani abbiano sbagliato strada ed il ritardo ha superato quello programmato. All’arrivo dei palermitani, gli ultrà catanesi che erano rimasti appostati fuori dallo stadio hanno scatenato la loro furia contro i poliziotti sull’anello alle spalle della Curva Nord. All’inizio gli agenti erano riusciti a contenere l’avanzare dei teppisti, poi sono spuntati fuori bastoni, petardi, bombe incendiarie scagliati addosso agli agenti. Sono stati momenti di grande tensione e quando l’ispettore Raciti si è trovato nel mirino dei tifosi mentre il poliziotto aveva bloccato uno di loro, è stato colpito da una bomba carta che lo ha ammazzato.

4 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Tra i 29 arrestati anche figli di medici e di un poliziotto

Raciti ucciso da un corpo contundente

Migliaia di catanesi alla camera ardente. I funerali dell'ispettore saranno trasmessi in diretta su RaiUno.

ROMA - L'ispettore capo Filippo Raciti è morto per un'emorragia al fegato, ucciso non dall'esplosione di una bomba carta, come ipotizzato in un primo momento, ma da uno o più oggetti contundenti. L'esito dell'autopsia modifica lo scenario investigativo e, secondo gli inquirenti, allunga i tempi delle indagini. Indagini che hanno portato finora all'arresto di 29 persone, alcune delle quali minorenni, e che proseguono incessanti mentre migliaia di catanesi hanno reso omaggio alla salma di Raciti alla vigilia dei funerali. L'autopsia. L'esame della salma ha permesso di accertare che Raciti è morto per "trauma addominale e fratture multiple del fegato, compatibili con un colpo contundente di importante adeguatezza lesiva". In parole semplici l'ispettore è stato colpito da uno o più oggetti contundenti di grandi dimensioni che gli hanno spaccato il fegato procurandogli una ferita mortale. I risultati dell'esame autoptico modificano tra l'altro gli orari dell'aggressione sfociata nella morte di Raciti: non più tra le 20.31 e le 20.34 ma in un arco temporale più ampio perché il colpo mortale potrebbe essere stato inflitto all'ispettore capo anche mezz'ora prima. E in questo scenario perde quota l'ipotesi dell'agguato, della vendetta personale. L'inchiesta. I magistrati che coordinano le indagini prendono atto delle novità introdotte dall'esito dell'autopsia: "Ora - ammette il procuratore aggiunto Renato Papa - le indagini si fanno più difficili e perché dobbiamo esaminare un arco di tempo più ampio e dobbiamo andare a ritroso di almeno mezz'ora: l'impatto mortale è avvenuto tra poco prima delle 20 e le 20.34". Un arco temporale non coperto interamente da filmati e foto, il che significa che potrebbero non esserci immagini dell'aggressione. La vasta operazione condotta da polizia e carabinieri a partire da ieri pomeriggio, durante la quale sono state perquisite le sedi di quattro gruppi di ultras, ha portato all'arresto di altre sette persone e al sequestro di armi, petardi e bombe carta. Le persone arrestate finora sono quindi 29. Tra loro ci sono anche due figli di medici e un figlio di un poliziotto. E secondo la Direzione distrettuale antimafia gli ultras potrebbero "essere riforniti di droga e armi dalla criminalità organizzata". L'omaggio alla salma. Dopo l'autopsia il corpo di Raciti è stato composto e deposto in una bara avvolta nel tricolore. Il feretro è stato quindi trasferito nella camera ardente allestita nella sede del Reparto mobile della polizia dove in poche ore migliaia di catanesi hanno reso omaggio alla salma e hanno lasciato centinaia di mazzi di fiori e bigliettini. Nei messaggi dedicati all'ispettore ricorrenti parole come "Mi vergogno", "indignati" o "morte assurda". Accanto alla salma la vedova, Marisa Grasso, circondata da parenti e poliziotti, sempre composta nel suo dolore. Anche quando le è stata consegnata la lettera che il presidente del Consiglio Romano Prodi ha inviato a lei e ai figli, Fabiana e Alessio. Domani i funerali. Le esequie saranno celebrate domani alle 12 nella cattedrale, in contemporanea con il Pontificale della festa di Sant'Agata. La cerimonia sarà trasmessa in diretta su RaiUno. Per il governo sarà presente il ministro dell'Interno Giuliano Amato. Ci saranno poi il leader di An Gianfranco Fini e il presidente della Regione Salvatore Cuffaro. La città sotto shock. Catania è apparsa oggi come una città divisa: da una parte le migliaia di persone che esprimevano il proprio dolore e il proprio sdegno per quanto accaduto venerdì e dall'altra i festeggiamenti per la patrona Sant'Agata. Ad appena 500 metri dalla camera ardente di Raciti la fiera che porta il nome della protettrice della città è stata affollatissima per tutto il giorno. La festa prosegue, anche se in tono minore e con una forte preminenza degli eventi religiosi. Ma i fedeli sono divisi su questa scelta: chi si dice soddisfatto di questa decisione sostiene che "non si poteva punire un'intera città per l'atto di pochi delinquenti" mentre chi non condivide ritiene che bisognava sospendere tutto per rispetto a Raciti e per dare un segnale forte. Pulvirenti non lascerà. Il presidente del Catania ha deciso di non lasciare il calcio come invece aveva detto di voler fare subito dopo i tragici fatti di venerdì. "Avevo pensato di andare via - ha detto - ma sono arrivato alla conclusione che non bisogna darla vinta a questi teppisti. Il dg Lo Monaco e io restiamo ai vertici del Catania. Ci ha convinti la reazione della città".

4 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

L’ispettore ucciso con una spranga

In carcere anche il figlio di un agente

di Francesco Viviano

CATANIA - Poco prima di accasciarsi e morire l’ispettore di Polizia Filippo Raciti aveva arrestato un ultras catanese, AN, 26 anni, senza precedenti penali ma tifoso della Curva Nord dello stadio "Massimino" dove venerdì è scoppiato l’assalto ai poliziotti che è costata la vita a Raciti, 38 anni e padre di 2 figli. E, con N, "tra gli arrestati ci sono anche figli di persone perbene, insospettabili, tra di loro anche 2 figli di medici e uno di un poliziotto", ha affermato il procuratore aggiunto Renato Papa. La morte di Raciti sarebbe stata provocata da un colpo di spranga di ferro che lo ha raggiunto allo stomaco spappolandogli il fegato come ha accertato l’autopsia compiuta dal medico legale. Un’aggressione che sarebbe avvenuta intorno alle 20 all’esterno dello stadio, mezz'ora prima che l’ispettore venisse raggiunto dalla bomba carta lanciatagli da un altro tifoso, accasciandosi a causa degli effetti letali provocati dall’aggressione con la spranga di ferro. È questa la ricostruzione fatta nelle ultime ore dalla squadra mobile di Catania e dai magistrati che indagano sulla morte dell’ispettore e che rende ancora più difficile l’identificazione degli assassini. Difficoltà alle quali si aggiungono anche problemi di coordinamento sull’attività investigativa denunciati dal procuratore di Catania, D’Agata, che afferma d’esser "indignato" dal fatto che la "scena del crimine", la zona cioè dove l’ispettore Raciti è stato aggredito e ucciso, è stata "inquinata". "È inconcepibile che quella zona che doveva essere sequestrata per consentire rilievi tecnici e scientifici che sarebbero stati utili all’inchiesta, il giorno dopo sia stata occupata dalle bancarelle del mercatino settimanale. Perché è accaduto questo ?", mentre lo stadio, estraneo alla scena del crimine, è stato posto sotto sequestro dalla magistratura. "Forse prevale la logica di non scontentare nessuno", dice l’alto magistrato che apre nuove polemiche anche all’interno del suo ufficio e tra i magistrati che coordinano l’inchiesta ai quali s'è aggiunto anche un pm della direzione distrettuale antimafia per una presunta "ingerenza" della mafia nella vicenda. E in questa mancanza di coordinamento D’agata ci mette anche l’amministrazione comunale che, proprio per la logica di "non scontentare nessuno" ha consentito l’occupazione di quell’area alle bancarelle del mercatino rionale. "È la logica del consenso e del profitto, anche se spero che questo incidente sia stato provocato da una mancanza di coordinamento tra chi era deputato a prendere certe decisioni". E così ieri mattina quando sul posto sono giunti da Roma gli esperti della polizia scientifica non hanno trovato tracce degli scontri, nulla di utile, solo bucce di banane, resti di frutta marcia e immondizia. In mano agli inquirenti ci sono solo i filmati degli incidenti e i 29 arrestati, protagonisti degli scontri con la polizia e identificati proprio attraverso la visione dei filmati. E tra gli arrestati oltre a 9 minorenni, anche 4 senegalesi (che vendevano "bombe carta" dello stesso tipo usate dagli ultras) e molti pregiudicati appartenenti ai club più facinorosi della tifoseria catanese. Club e ritrovi che in questi due giorni sono stati individuati e perquisiti da polizia e carabinieri e dove è stato trovato un vero e proprio arsenale tipico della guerriglia ultras: mazze di baseball con i colori del Catania, una spada, una sciabola giapponese, proiettili, fucili, una piastra di protezione per giubbotto antiproiettile, stupefacenti. Ma la caccia agli assassini di Raciti continua. Da venerdì il capo della squadra mobile Giovanni Signer e i suoi uomini, sottoponendosi a turni massacranti, non hanno mai smesso di lavorare nel tentativo di trovare la pista giusta per identificare e arrestare chi ha partecipato all’agguato contro i poliziotti.

5 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Prima stordito poi colpito da un masso sul fegato

di Maurizio Nicita

Raciti è stato massacrato mentre era a terra per effetto delle bombe carta.

Dal nostro inviato. CATANIA - "Trauma addominale e frattura multipla del fegato compatibile con un corpo contundente di importante adeguatezza lesiva": è questo il primo risultato dell’autopsia effettuata dal dottor Ragazzi ieri mattina sul corpo del povero Filippo Raciti. Un responso (quello definitivo entro 60 giorni, per legge) che rende ancora più complicata la ricostruzione precisa della scena del delitto, perché secondo il primo parere del medico legale, Raciti ha potuto ricevere il colpo mortale in un momento diverso da quando si accascia e viene soccorso dai colleghi, fra le 20.31 e le 20.34. La bomba carta, e il fumo che ne consegue, hanno creato problemi di respirazione senza risultare letali come il colpo inferto all’addome, che lo ha portato alla morte dopo un’ora di agonia con vani tentativi di rianimazione in ospedale. COLPO MORTALE L’ultima ricostruzione dei fatti che trapela dagli ambienti investigativi della Questura è diversa dalle versioni ufficiali. Racconta della bomba carta esplosa ai piedi di Raciti che lo stordisce, a quel punto l’ispettore esce dal fuoristrada blindato, per non restare intossicato dai fumi, si accascia e viene colpito dal lancio di altri oggetti. È a questo punto che l’assassino si avvicina - a quanto pare - e scaglia da distanza ravvicinata una grossa pietra che colpisce in pieno addome la vittima causando la lesione letale al fegato. Se quest' ultima versione sarà confermata dalle indagini, nelle testimonianze dei colleghi presenti in quel punto durante gli scontri infernali, l’omicidio diventa ancora più efferato. Perché ci si accanisce su un corpo inerme, per dare il colpo di grazia e giustiziarlo. È invece un dato di fatto, confermato dal capo della squadra mobile Giovanni Signer, che sull’U-boot di Raciti, il giubbotto in dotazione ai celerini, non ci sono strappi o segni di un colpo all’addome. A creare ulteriore raccapriccio è la visione del fuoristrada blindato guidato dallo stesso Raciti: la fiancata sinistra, quella più esposta rispetto alla curva, presenta squarci alla carrozzeria che danno il senso della violenza cui sono stati sottoposte le forze dell’ordine. E se sulla premeditazione nel colpire proprio quell’ispettore, gli inquirenti appaiono scettici, c’è un collega che preferisce rimanere nell’anonimato che, ai microfoni di Sky, sostiene: "Filippo era uno dei bersagli, perché conosceva bene gli ultrà, che a loro volta sapevano come si muoveva". L’IMBARAZZO DEL MERCATINO Ieri da Roma sono arrivati i corpi speciali del Ris, la polizia scientifica: potranno lavorare all’interno dello stadio (sequestrato), ma ormai non avrà più efficacia il rilevamento sul luogo del delitto, dove sabato si è svolto l’abituale mercatino rionale. "Voglio pensare - dice stizzito il procuratore Vincenzo D’Agata - si sia trattato solo di una mancanza di coordinamento. Ma sinceramente il fatto che questo mercatino si sia svolto comunque mi ha disturbato". Rimane senza risposta il quesito sul perché non sia stata transennata e sequestrata la zona dove Raciti è stato colpito. CAPI D’ACCUSA Intanto si è conclusa a quota 29 (fra cui soggetti colpiti da Daspo, entrati comunque allo stadio) l’ondata di arresti legata alla flagranza, diretta o differita. Ora nel caso dai filmati e dalle indagini vengano riconosciuti altri soggetti, non si potrà procedere agli arresti perché reati come l’aggressione a pubblico ufficiale o lancio di oggetti pericolosi non prevedono pene superiori a quattro anni, quelle che consentono gli arresti fuori dalla flagranza. Per questo gli inquirenti stanno ragionando su ipotesi di reato più pesanti come la devastazione o addirittura reati associativi: "Stiamo valutando e non escludiamo nulla, ma su questo dobbiamo mantenere il riserbo" dice il procuratore aggiunto, Renato Papa. RESPONSABILITÀ POLITICHE Al di là della squalifica, gli inquirenti terranno a lungo sequestrato il Cibali, per capire dalla convenzione fra Comune e Calcio Catania le effettive responsabilità sul mancato adeguamento alla Legge Pisanu. E gli stessi magistrati non escludono responsabilità che potrebbero portare all’iscrizione nel registro degli indagati di qualche amministratore. SEQUESTRO VIDEO Intanto il pm Ignazio Fonzo ha dato mandato alle forze dell’ordine di sequestrare il video della trasmissione Controcampo di sabato sera, durante la quale è stata mandata in onda l’intervista di un ultrà catanese incappucciato: si cercherà di riconoscerlo. LA SFIDA È quella lanciata da tutti gli uomini di legge contro la criminalità in città. "Ora basta - esclama Signer - non daremo tregua a nessuno. Nemmeno a santi e Santapaola". Aggiunge Fonzo: "State tranquilli che arresteremo gli assassini. Perché questi ultrà fanno i leoni, ma quando vengono interrogati diventano agnellini".

5 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Venerdì sera era nella sala operativa quando ha saputo della morte del collega e dell'arresto del figlio.

Il padre poliziotto dell'ultrà fermato

"Che vergogna, era tra delinquenti"

di Francesco Viviano

Si è messo in licenza: "Ho dato tutto a questo lavoro il mondo mi è crollato addosso".

CATANIA - "Ho perso un collega e mio figlio adesso è in galera. Non è possibile, non è possibile", dice tra le lacrime a un suo amico poliziotto. Venerdì sera, l'ispettore (Omissis) era al lavoro nella sala operativa della questura. Stava seguendo minuto per minuto gli incidenti che hanno portato poi all'uccisione di Raciti. Più tardi ha saputo da un collega della Digos che tra gli ultras arrestati per gli incidenti c'era anche suo figlio, (Omissis), 29 anni. Adesso l'ispettore (Omissis) non si dà pace. È un poliziotto ed un padre distrutto. Distrutto dal dolore per la perdita di un collega e per un figlio accusato ed arrestato mentre picchiava altri poliziotti. Da venerdì sera si è messo in licenza. "Spero che mio figlio esca pulito da questa storia perché - ha detto l'ispettore (Omissis) a dei colleghi che non lo hanno abbandonato e che cercano di farlo uscire da questo incubo - non riuscirei a sopportare una vergogna del genere, non posso credere che anche lui era tra quei mascalzoni e delinquenti che hanno ammazzato uno dei nostri". Quella sera l'ispettore (Omissis) era di turno alla sala operativa con gli altri colleghi che ricevevano le richieste di aiuto e che segnalavano l'inferno che era scoppiato dentro e fuori lo stadio Massimino. E da quella sala l'ispettore (Omissis) comunicava gli ordini dei dirigenti che tentavano di controllare la situazione. Era sempre lì, dentro la sala operativa, quando altri colleghi hanno comunicato che l'ispettore Filippo Raciti era stato colpito e che era in fin di vita. Non sapeva ancora che anche suo figlio era in quel girone infernale, in quella battaglia scatenata dagli ultras catanesi per colpire deliberatamente i poliziotti. "Come potevo immaginare che là nel mezzo c'era anche mio figlio ? Non posso credere che abbia partecipato agli scontri. Ho dato la mia vita alla polizia e proprio adesso che sono a pochi anni dalla pensione mi cade improvvisamente il mondo addosso". In questura i suoi colleghi sono altrettanto addolorati. Proprio nell'ingresso della questura, sotto la lapide che ricorda i caduti della polizia, ci sono mazzi di fiori e messaggi di altri colleghi per l'ispettore Filippo Raciti. "Un papà con moglie e due bambini più fortunati" si è firmato un collega dell'ispettore ucciso. "(Omissis) è sempre stato un collega esemplare e capisco che in questo momento stia vivendo un momento terribile" dice un agente che indossa il saio bianco ed il basco nero dei devoti di Sant'Agata, venuto a controllare il suo turno per l'indomani. "È certamente terribile trovarsi in una situazione del genere, con un collega ucciso ed un figlio in carcere. (Omissis) è distrutto e per adesso non riesce neanche a venire in questura. Noi speriamo che suo figlio non abbia nulla a che fare con questa terribile tragedia ma se fosse responsabile è giusto che paghi. Anche l'ispettore (Omissis) si comporterebbe come noi, se di mezzo ci fosse un nostro figlio". (Omissis), separato da anni dalla moglie, si è rivolto ad un avvocato per "aiutare" quel figlio finito nei guai e per il quale il gip ieri ha convalidato l'arresto.

6 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

C’è il nome del poliziotto scampato

di Maurizio Nicita

Si chiama Giuseppe Cassisi. Colpito più volte mentre era a terra: salvato dai colleghi.

Dal nostro inviato. CATANIA - Dai verbali che in questi giorni confluiscono sulle scrivanie dei giudici etnei, emergono particolari raccapriccianti su quella maledetta sera del 2 febbraio. Perché se Filippo Raciti ha perso la vita, il collega Giuseppe Cassisi - sostituto commissario del reparto mobile della polizia di Stato - ha rischiato grosso ed è lui l’altro poliziotto che ha rischiato di morire nella notte ed è ancora ricoverato in ospedale per le gravi ferite riportate negli scontri. "Cassisi veniva colpito ripetutamente e violentemente mentre riversava a terra inerme" c’è scritto nei verbali. Ma in questo caso la prontezza dei colleghi e la buona stella del Cassisi ha evitato il peggio. AGGUATO E PESTAGGIO Le indagini su quest' altra gravissima aggressione hanno già portato ad alcuni arresti: non a caso GG (18) e DGSV (25) sono accusati anche di lesioni gravissime, procurate a quest' altra vittima. L’episodio è accaduto intorno alle 21 in via Ferrante Aporti, una strada che costeggia lo stadio dal lato curva sud. Qui alcuni poliziotti si sono ritrovati accerchiati e in minoranza rispetto a un folto gruppo di delinquenti e nella colluttazione Cassisi è finito a terra ed è stato pestato senza pietà. Comunque sia il celerino ha cercato di difendersi ed è riuscito a strappare dagli abiti di un aggressore un documento, risultato poi fondamentale per il riconoscimento. Solo un miracolo ha fatto sì che la tragedia di Sant' Agata non diventasse ancora più grave. Ora i colleghi attendono che il loro amico Giuseppe torni appena possibile fra loro, guarendo dai pesanti postumi. ma. ni.

7 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Sì, ho tirato sassi su quella volante pensavo a mio padre che fa lo sbirro

CATANIA - "Quando ho visto passare la volante della polizia ho perso la testa, non ho capito quello che facevo, è stato un gesto istintivo, vedevo in quei colori e in quelle divise la figura di mio padre poliziotto che con me non è mai stato troppo tenero...". Così (OMISSIS), 28 anni, muratore, sposato, padre di un bambino e figlio dell’ispettore di polizia (Omissis), ha provato a spiegare ai pm che cosa è scattato nella sua testa venerdì sera. E perché si è trovato in mezzo ad altri tifosi a lanciare contro i poliziotti grossi massi durante gli scontri allo stadio Massimino dove ha perso la vita il collega di suo padre, l’ispettore Filippo Raciti. (OMISSIS) è finito in galera con altri ultras catanesi protagonisti degli incidenti con le forze dell’ordine. "Ma io non sapevo quello che era accaduto - racconta - non sapevo che c’era stato quel macello, che era stato ammazzato un poliziotto". E quando i magistrati gli chiedono perché abbia preso a sassate con altri una volante della polizia sfondandone i vetri, il giovane racconta. "Quel pomeriggio ero andato allo stadio con altri amici. Avevo preso posto, come sempre in curva nord. Poi, quando sono arrivati allo stadio i palermitani ci sono stati degli incidenti, sugli spalti, soprattutto nel settore dove mi trovavo io. La polizia ha iniziato a lanciare lacrimogeni. A quel punto gli animi si sono surriscaldati e molti di noi si sono infuriati per quello che stava accadendo". Ma lei ha partecipato agli scontri ? chiedono i magistrati a (OMISSIS), difeso dall’avvocato Mario Brancato. "No - risponde lui - Avevo visto che fuori dallo stadio c'erano stati degli incidenti. Ma, a fatica, sono riuscito a tornare a piedi a casa". Alcune ore dopo, intorno alle 23, (Omissis) viene arrestato dopo avere lanciato grosse pietre ai poliziotti. "Io ero tornato allo stadio perché quando ero andato a casa avevo lasciato la mia automobile parcheggiata nei pressi dello stadio e non avevo potuto prenderla proprio a causa degli incidenti. In quel momento è passata la volante e ho perso la testa, eravamo arrabbiati perché ci avevano lanciato i lacrimogeni. Per terra c'erano delle grosse pietre e le abbiamo lanciate contro la volante". Il figlio dell’ispettore di polizia (Omissis) è ancora in carcere. Il gip ha confermato il suo arresto con l’accusa di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. "Faremo però ricorso al tribunale della libertà - annuncia l’avvocato Brancato - Il mio cliente ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a comportarsi in quel modo riconoscendo di avere sbagliato". (F.V.)

7 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

L'ispettore capo ucciso con il lavabo dei bagni

Il lancio in un video: un minorenne sotto torchio in Questura.

CATANIA - Pochi fotogrammi isolati da uno dei tanti filmati sugli scontri allo stadio visti e rivisti mille volte dagli esperti della polizia. Ritraggono un ultrà rossoazzurro che brandisce un pezzo di ferro, un grosso frammento del supporto di un lavabo divelto nei bagni del "Massimino", e lo scaglia contro un uomo in divisa: Filippo Raciti, ispettore capo del reparto mobile della questura di Catania, che viene colpito al fianco destro. Quelle scene fissano gli ultimi minuti di vita del poliziotto che, poco dopo, morirà in ospedale con il fegato spappolato, e la sagoma di colui che con ogni probabilità è il suo assassino. L’aggressore non ha un nome, ma nella serata di ieri un giovane è stato accompagnato in Questura per accertamenti. Gli inquirenti, che definiscono quei fotogrammi catturati dalle telecamere installate dentro e fuori dallo stadio "decisivi" per la soluzione del caso dell’omicidio di Filippo Raciti, però frenano: non c’è ancora alcuna certezza che si tratti della stessa persona. Una cosa è certa: nel video, il volto appare confuso al punto da rendere difficile l’identificazione, ma fra le mani degli inquirenti restano altri elementi per individuare l’ultrà, come la struttura fisica e, soprattutto, la foggia e il colore degli abiti. È questo il motivo per cui, a Catania, si sono messi al lavoro gli specialisti del Dac, il Dipartimento anticrimine centrale, che, con l’aiuto dei detective della questura, stanno spulciando migliaia di filmati girati la sera di venerdì dalle telecamere che riprendevano la curva nord in situazioni di maggiore calma, cioè nei momenti in cui la partita si svolgeva senza incidenti. La speranza, divenuta ormai quasi una certezza, è che altri fotogrammi di qualità migliore consentano di individuare senza ombra di dubbio l’ultrà mentre assiste al derby contro il Palermo. Gli investigatori sono ottimisti, l’identificazione potrebbe essere questione di pochi giorni. Il racconto di quella manciata di minuti, cinque o sei, che ha preceduto la morte del poliziotto fa accapponare la pelle. La ricostruzione della battaglia divampata il 2 febbraio è stata resa possibile dalle testimonianze dei colleghi dell’ispettore capo. È sera, mancano pochi minuti alle sette quando Raciti arriva davanti allo stadio. Fa parte del gruppo di agenti che scorta 10 pullman con 700 tifosi del Palermo. La partita è cominciata da un pezzo quando i supporter rosaneri si avviano verso i cancelli della tribuna degli ospiti. È a quel punto che avviene il primo assalto. Un gruppo di ultras catanesi si avventa contro i tifosi avversari lanciando sassi, ma i poliziotti e i carabinieri fanno da cuscinetto. Raciti è fra loro. Con alcuni colleghi tenta di respingere i catanesi che arretrano verso l’ingresso alla curva nord, distante poche decine di metri dalla tribuna degli ospiti. L’aria è ammorbata dal fumo dei lacrimogeni, a ridosso dello stadio si è formata una nebbia irrespirabile mentre pietre e bottiglie piovono sugli agenti. È a questo punto che, secondo i testimoni, c’è un altro assalto, o meglio un’"imboscata premeditata e studiata nei minimi dettagli". Altri teppisti, un centinaio, armati di spranghe e frammenti dei lavabi divelti nei bagni del "Massimino", sono in agguato e si avventano sugli uomini in divisa che stano varcando il cancello della curva nord. Raciti e i suoi compagni sono circondati, ma riescono a respingere il commando all’interno dello stadio. L’assalto sembra neutralizzato, i poliziotti guadagnano l’uscita e hanno un attimo di respiro. Poi gli uomini della questura, fra cui l’ispettore, tornano sui loro passi per verificare se gli ultras si stiano riorganizzando per tentare un’altra sortita. E sono questi gli ultimi istanti di vita di Filippo Raciti. Una decina di teppisti è appostata oltre il varco, i picchiatori sono pronti a entrare in azione ancora una volta. Raciti, che il quell’istante è isolato, viene aggredito da entrambi i lati. Uno degli ultras che si trovano alla sua destra lo colpisce con furia al fianco, quindi scappa verso gli spalti. Nonostante il dolore, Raciti riesce a guadagnare l’uscita. Si regge a malapena sulle gambe mentre, rivolto a un collega, mormora: "Sto male, mi sono fatto male". I compagni lo sorreggono, vogliono portarlo in un gippone parcheggiato lì vicino. Ma quando arrivano davanti al mezzo blindato, dalla parte alta della curva nord piovono bottiglie e due bomba carta, che esplodono fra i piedi dell’ispettore moribondo. L’ultimo atto di questa brutta storia si svolge all’ospedale di Catania. Quando arriva al pronto soccorso, Filippo è ormai in agonia: per tre ore i medici tenteranno di mantenerlo in vita, ma non ci riusciranno.

7 febbraio 2007

Fonte: Lastampa.it

È coinvolta anche la curva sud

di Maurizio Nicita

Non solo la nord: questo avvalora la tesi della non casualità degli scontri.

Dal nostro inviato. CATANIA - Le indagini in corso non escludono alcuna pista, nemmeno la matrice politica, visto che alcuni gruppi di ultrà rossoazzurri gravitano nel mondo dell’estrema destra, con aderenti anche al gruppo di Forza Nuova. Ma al momento sembrano più probabili i legami con la criminalità organizzata, che giustificano anche la presenza di un pubblico ministero della Dda (divisione distrettuale antimafia) fra gli inquirenti. VIDEO E SEQUESTRI I poliziotti della Squadra Mobile e della Digos, coordinati dai responsabili Giovanni Signer e Ferdinando Guarino, continuano senza soste l’attività investigativa, visionando ogni fotogramma dei filmati realizzati dalla polizia e anche da tv nazionali e private alla ricerca di un indizio preciso che possa far risalire ad altri responsabili degli scontri (34 finora gli arrestati, con provvedimenti già quasi tutti confermati dai giudici delle indagini preliminari) e soprattutto agli assassini di Filippo Raciti. Mentre si effettuano riscontri sulla notevole mole di materiale sequestrato in collaborazione con altre operazioni parallele realizzate dal nucleo operativo dei Carabinieri, guidate dal tenente colonnello Raffaele Modica. Il giubbotto che Raciti indossava è stato invece inviato alla scientifica di Roma, dove alcuni strumenti sofisticati dovranno raccogliere sull’U-boot in dotazione al reparto celere, tracce dei materiali dal quale poter desumere la natura dell’oggetto che ha colpito mortalmente l’ispettore di polizia, visto che ancora non è chiaro se sia stato una mazza, una spranga o una pietra. ANCHE LA CURVA SUD Da segnalare che fra gli arrestati ci sono anche componenti di gruppi ultrà della curva sud, che finora erano sembrati estranei alle violenze. E questo avvalora ancor di più la tesi della non casualità degli scontri. BLUFF VIA INTERNET Perde consistenza, invece, il filone d’inchiesta relativa ai blog su internet, sui quali si cercavano indizi utili per risalire ai responsabili del delitto. Alcuni messaggi (deliranti) monitorati dalla polizia postale, due dei quali parlavano di testimoni presenti all’aggressione, sono risultati non digitati dalla Sicilia. Così come è stata smentita l’esistenza di filmati sulla rete, relativi ai tragici scontri della sera del 2 febbraio attorno allo stadio Massimino.

7 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Cibali: tanti sospetti sul custode, mai un provvedimento

di Maurizio Nicita

Mannino sospeso dal Comune.

Dal nostro inviato. CATANIA - Nel ventre dello stadio Massimino sono custodite verità che potranno essere decisive nelle indagini per la morte di Filippo Raciti. Verità scomode perché coinvolgono responsabilità politiche e amministrative. Verità che dovrà scoprire l’indagine avviata dalla procura che ha portato al sequestro dello stesso impianto, custodito da un dipendente comunale arrestato lunedì con moglie e figlia per aggressione a pubblico ufficiale nella cui casa non potrà tornare (Omissis), l’altro figlio ultrà conclamato e già sottoposto a provvedimenti di diffida da stadio. "Ieri abbiamo provveduto a sequestrare anche l’abitazione" ha sottolineato il sostituto della Dda che si occupa dell’inchiesta, Ignazio Fonzo. Ma se il provvedimento è stato attaccato alla porta carraia, non c’è alcun sigillo alla porticina di servizio dal quale il custode può accedere a casa e non c’è alcun controllo. Mentre ora c’è una macchina di agenti municipali che vigila sulle tardive barriere poste nell’area del delitto. La stessa dove meno di dodici ore dopo l’omicidio c’era già un mercatino rionale. INTERROGATIVI SUL CUSTODE Il Comune di Catania ieri ha comunicato di aver sospeso il dipendente Luigi Mannino, con provvedimento della direzione del personale. C’è però da chiedersi perché lo stesso ufficio non abbia preso provvedimenti più volte richiesti in passato contro il Mannino. Perché al Comune non hanno mai dato seguito a una denuncia interna di oltre tre anni fa ? Allora è stato scoperto che le bollette telefoniche relative al numero in dotazione al custode, costavano migliaia di euro all’amministrazione. Nessuno gli chiese conto delle spese, nessuno ha adottato provvedimenti. E perché se il Mannino ha vinto un concorso interno, ottenendo mansioni superiori, non è stato trasferito ? Non è successo nemmeno quando è stato realizzato un impianto di videosorveglianza che non rendeva più indispensabile la presenza di un custode". Il sindaco Scapagnini si è limitato a scaricare barile: "Mannino è custode dall’89 e dal '97 è al Cibali per decisione della giunta Bianco". VIDEO E INTERCAPEDINI Proprio nei pressi dell’abitazione del custode è stata trovata una telecamera del circuito interno coperta da una busta di plastica e apre quesiti cui gli inquirenti dovranno trovare risposte: siamo sicuri che il sistema non sia stato manomesso per favorire l’intrusione di armi improprie ? Tra l’altro negli ambienti sotto il terreno di gioco, a livello degli spogliatoi, esiste una intercapedine contro l’umidità dove in passato è stato rinvenuto materiale lì nascosto. IL PRECEDENTE È il 9 novembre del 2003 la data del precedente derby col Palermo. Allora una soffiata all’ultimo momento consentì di scoprire che i paletti che costituivano l’inferriata per canalizzare il flusso all’interno della curva nord erano stati segati per trequarti, così che sarebbe bastato un calcio per staccarli e tramutarli in terribili spranghe. Venerdì potrebbe essere successo anche questo e proprio un’arma di quelle ha potuto uccidere Raciti.

7 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Ore contate per il killer, ripreso da una telecamera. Si cerca nell'estrema destra.

Poliziotto ucciso, la svolta da un filmato

Gli inquirenti: "Il cerchio si è ristretto"

di Francesco Viviano

Ricostruita l'aggressione di venerdì sera: gli ultrà erano armati di spranghe e bastoni.

CATANIA - C'è un fotogramma dove un ultrà catanese si scontra con l'ispettore Filippo Raciti ucciso venerdì scorso allo stadio. È una traccia importante che potrebbe portare all'identificazione dell'ultrà che ha aggredito con una mazza o una spranga di ferro l'ispettore Raciti. Si tratterebbe di un minorenne, il suo volto è parzialmente coperto ed è "compatibile" con uno degli ultimi nove fermati dalla squadra mobile ieri notte in un quartiere alla periferia di Catania, un ultrà già noto alle forze dell'ordine con precedenti specifici. "Ma quello non sono io", ha risposto il fermato agli investigatori che, davanti a quella "prova" speravano in una confessione che avrebbe potuto risolvere il caso. Ma così, fino a tarda notte, non è stato anche se gli investigatori sono convinti che proprio tra gli ultimi quattro fermati ci sarebbe il ragazzo che avrebbe colpito a morte il loro collega. Saranno comunque le prossime ore a stabilire se quel filmato potrebbe rappresentare la svolta delle indagini. Dunque "il cerchio si è ristretto" conferma un investigatore e l'assassino del poliziotto potrebbe avere le ore contate. Fino a tarda notte le luci degli uffici della squadra mobile dove i quattro minorenni sono stati portati erano ancora accese, segno questo che conferma l'ottimismo degli inquirenti che cercano teppisti anche negli ambienti di destra di Forza Nuova. "Ma allo stato attuale non c'è nessun fermo per omicidio", afferma il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catania, Ignazio Fonzo. Intanto gli inquirenti hanno ricostruito nei dettagli, grazie al rapporto di un poliziotto che era accanto a Raciti nel momento degli scontri, quel che è accaduto quella sera: "Filippo stava scortando con altri colleghi la colonna di tifosi del Palermo, circa 800 a bordo di una decina di pullman, e quando i tifosi rosanero sono stati fatti entrare allo stadio è cominciata la prima sassaiola. C'erano anche dei carabinieri che hanno lanciato dei lacrimogeni, nel frattempo dallo stadio erano usciti altri tifosi catanesi armati di spranghe e bastoni, col volto mascherato, e nel tentativo di farli rientrare Raciti ed altri colleghi si sono trovati tra due fuochi con i tifosi catanesi che attaccavano dallo stadio e dalla strada". Durante questa fase, quando Raciti è entrato all'interno dello stadio, da dietro una porta sono sbucati alcuni tifosi che lo hanno aggredito violentemente. "L'ispettore - racconta il poliziotto - si è accasciato e mentre lo stavamo soccorrendo hanno continuato a lanciarci bombe carta esplose vicinissime".

7 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Potrebbero essere vicine a una svolta le indagini sull'uccisione dell'ispettore di polizia grazie alla complessa analisi di foto e filmati della guerriglia urbana.

Morte Raciti, altri 7 arrestati

Forti sospetti su un minorenne

Gli investigatori avrebbero individuato un possibile colpevole. Il capo della squadra mobile: "Non ci sono ancora indagati".

CATANIA - Ottimisti ma ancora cauti, gli inquirenti che indagano sull'uccisione di Filippo Raciti, l'ispettore capo di Polizia morto venerdì scorso durante gli scontri allo stadio Massimino di Catania. Gli investigatori non escludono un'accelerazione giudiziaria. I sospetti si concentrano su un minorenne, che sarebbe stato fermato nel corso delle indagini, e la cui posizione si sarebbe successivamente aggravata, forse a tal punto da rendere possibile, nei suoi confronti, un provvedimento restrittivo, che sarebbe tuttavia ancora al vaglio dei magistrati. La svolta nelle indagini. Sarebbe arrivata dal confronto incrociato di filmati e foto della guerriglia che si è scatenata intorno allo stadio durante il derby Catania-Palermo. Il lavoro di ricerca, scatto per scatto, come in una cabina di regia, degli investigatori della squadra mobile e della digos della questura avrebbe portato all'individuazione di un possibile colpevole, un sospettato sul quale concentrare l'attenzione. Il rapporto all'esame dei magistrati. Un rapporto sul lavoro svolto sarebbe stato consegnato ai magistrati che coordinano l'inchiesta, quelli cioè della Direzione distrettuale antimafia e quelli della Procura della Repubblica del Tribunale per i minorenni. Nel tardo pomeriggio, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbe stato un incontro tra i magistrati delle due procure etnee, che hanno valutato gli esiti delle indagini. Adesso si attende una decisione che potrebbe scattare nelle prossime ore, al massimo domani. I magistrati devono decidere se confermare la tesi d'accusa della polizia, quindi emettere un provvedimento restrittivo, o chiedere un supplemento di indagini. Allo stato, comunque, non è stato emesso alcun provvedimento: "Non ci sono indagati per l'omicidio", insiste il capo della squadra mobile, Giovanni Signer. Il lavoro della Scientifica. Complesso il lavoro della polizia scientifica nel cercare di mettere insieme i fotogrammi dell'aggressione mortale. Le immagini girate all'esterno dello stadio non sono chiare. A renderle poco nitide, contribuiscono innanzitutto l'oscurità, che dà un colore rossastro di fondo a tutto il filmato, rendendo omogenei i dettagli. Poi, c'è anche l'effetto-nebbia di fumogeni e lacrimogeni. Gli aggressori, inoltre, hanno quasi tutti il volto parzialmente coperto o indossano un cappuccio sulla testa. Infine, le riprese sono effettuate con filmati "lenti", cioè costituite da scatti continui, con pause di pochi secondi, che tolgono fluidità all'azione. I controlli nella notte. Gli investigatori hanno esaminato al rallentatore le immagini fino a trovare quelle che potrebbero dare una svolta alle indagini, che proseguono in maniera incessante. La scorsa notte sono stati effettuati nuovi controlli, con perquisizioni e verifiche della posizione di alcune persone, culminate con il fermo di altri sette indagati per resistenza: cinque minorenni e due maggiorenni, compreso un esponente di Forza Nuova. Sono state inoltre accertate le dichiarazioni rese e gli alibi, mettendo tutto a confronto.

7 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Individuati grazie a un pentito. Un confidente: pronto un attentato contro la mobile.

Ispettore ucciso: due ultrà nel mirino decine di minorenni fermati

di Francesco Viviano

Le accuse formalizzate questa mattina. E intanto sale la tensione.

CATANIA - Per la polizia il caso è chiuso. A uccidere l'ispettore Filippo Raciti, venerdì scorso durante gli scontri allo stadio per Catania-Palermo, sarebbero stati due giovani ultras della curva nord. Gli ultimi dubbi sui nomi e i volti a cui la squadra mobile dava la caccia da sei giorni sarebbero caduti ieri notte, dopo un'altra lunga giornata di fermi, arresti e interrogatori. Stamattina le accuse contro i due ultras dovrebbero essere formalizzate in sede di convalida del fermo davanti al gip. I due farebbero parte di ambienti di estrema destra. L'omicidio avrebbe avuto pure un mandante: gli inquirenti sono convinti che a organizzare l'agguato sia stato un leader catanese di Forza Nuova, (Omissis), fermato ieri sera. Ieri mattina intanto, mentre negli uffici era in corso un viavai di poliziotti che accompagnavano giovani ultras catanesi prelevati durante la notte e all'alba, alla squadra mobile è arrivato un nuovo allarme. Un messaggio di morte che ha messo in allerta poliziotti della mobile e della Digos. Un confidente, da anni ritenuto attendibile, ha rivelato che un gruppo di ultras sta preparando un attentato con una bomba ("vera e non di carta") contro gli agenti. "Sono fuori di testa, dicono che state colpendo a destra e sinistra, che state consumando tanti "picciriddi" (bambini, ndr) - riferisce la fonte - e ve la vogliono fare pagare". L'informazione è stata riferita al capo della squadra mobile e subito dopo anche al questore. "Riteniamo che vogliano spaventarci - afferma un investigatore - ma sappiano che il nostro lavoro continuerà come e meglio di prima, indaghiamo sugli assassini del nostro collega come su qualunque altro omicidio". Indagini che potrebbero concludersi abbastanza presto se, come ritengono in questura, chi venerdì scorso ha ucciso l'ispettore di polizia Filippo Raciti durante gli scontri per Catania-Palermo sarebbe stato già individuato e si troverebbe già in stato di fermo. A dare una mano agli investigatori c'è anche un pentito, uno degli ultras fermati nelle ultime 48 ore che per ore è stato davanti ad un monitor dove gli uomini della mobile facevano scorrere le immagini dei filmati sulla guerriglia scoppiata all'esterno dello stadio nei momenti in cui è stato assassinato l'ispettore Raciti. Il pentito ha dato un nome ad ogni faccia che conosceva, ne ha spiegato le caratteristiche e rivelato i club di appartenenza. E tra questi ha indicato anche il principale sospettato, un ragazzo, che è stato ripreso dalle telecamere dello stadio proprio nel momento in cui l'ispettore Raciti veniva colpito a morte. Sempre lui ha indicato un altro esponente di primo piano che avrebbe partecipato agli incidenti, un personaggio già noto alle forze dell'ordine, (Omissis), capo ultras ed appartenente all'organizzazione di estrema destra Forza Nuova. Non è accusato di concorso in omicidio ma, come tutti gli altri fermati (ieri altri sette, che hanno portato il conto totale a quarantuno) di aggressione, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Molti degli ultras fermati avrebbero confessato di avere partecipato agli incidenti ma non a quello relativo allo scontro dove ha trovato la morte l'ispettore Raciti. Uno di loro, accompagnato in mattinata alla squadra mobile, è stato individuato mentre sugli spalti, con il megafono, gridava "celerini assassini". Ieri, salendo le scale degli uffici di polizia, un agente gli ha chiesto se avesse ancora voglia di definirli "sbirri ed assassini". Il pentito non ha invece saputo dare indicazioni su un altro singolare personaggio della curva nord, un vecchietto di circa 70 anni, che è stato ripreso dalle telecamere mentre lanciava pietre agli agenti che lo lasciavano passare e lo proteggevano anche per la sua età. Un insospettabile che, quando i poliziotti gli giravano le spalle, li colpiva indisturbato. "Lo conosco solo di vista - ha riferito il pentito - in trasferta non l'ho mai visto".

8 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Alcune fonti parlano di confessione ma il difensore smentisce.

Raciti, il ragazzo indagato ammette "Ho colpito con violenza un poliziotto"

"Il mio assistito conferma solo di aver partecipato agli scontri".

CATANIA – A.S, il ragazzo di 17 anni indagato per l'omicidio dell'ispettore capo Filippo Raciti, ha fatto una parziale confessione. La notizia è trapelata da fonti investigative e in questura ci sono state scene di giubilo. Ma è stata seguita a stretto giro di posta dalla smentita del difensore del giovane, l'avvocato Giuseppe Lipera: "Smentisco in maniera categorica e assoluta che il mio assistito abbia confessato. È una cosa che non sta né in cielo né in terra. È falso. Il mio assistito si limita a confermare di avere partecipato agli scontri con la polizia, ma non di avere ucciso alcuno". Secondo le fonti che hanno parlato di confessione, il ragazzo è crollato quando gli investigatori, nelle battute finali del lungo interrogatorio, gli hanno mostrato un fotogramma che ritrae un giovane a viso scoperto che con una parte di un lavabo colpisce a mo' di ariete l'ispettore Raciti: a quel punto tra le lacrime ha ammesso di essere lui la persona delle immagini. Da altre indiscrezioni emerge un quadro diverso, corrispondente a quello tracciato dall'avvocato Lipera. "Ho partecipato a una carica contro la polizia" e ho "colpito un agente con una sbarra di ferro spingendolo a mo' di ariete", ha ammesso A.S. a conclusione di un interrogatorio durato diverse ore davanti al sostituto procuratore Busacca. Il ragazzo ha anche confermato di "avere lanciato un pezzo di lamiera di ferro in aria" contro le forze dell'ordine. Ammissioni che per la procura chiudono le indagini perché ci sarebbe stato un solo scontro con protagonista l'ispettore Raciti e perché le immagini, secondo l'accusa, sono chiare. Tesi confutata dalla difesa, che parla, invece di fotogrammi confusi e di mancata identificazione del minorenne, che invece si riconosce lui stesso con certezza in altri filmati. Alla fine dell'interrogatorio A.S. è apparso provato e molto stanco ed è stato accompagnato in carcere in esecuzione dell'ordine di arresto disposto dal Gip Alessandra Chierego per violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Fino a stamattina la posizione del ragazzo, fermato due giorni fa, era quella di indagato per violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, reati per i quali è stato convalidato l'arresto. Oggi è stato indagato per omicidio volontario "in concorso con altri, allo stato ignoti". Accusa che potrebbe essere derubricata per motivi tecnici a omicidio preterintenzionale. A carico di A.S. c'è secondo gli inquirenti anche un'intercettazione ambientale effettuata con una microtelecamera, nel locale dove era trattenuto in stato di fermo assieme ad altri giovanissimi ultras. Alle domande sul suo coinvolgimento nella morte di Raciti, il diciassettenne avrebbe risposto con un cenno di assenso della testa dicendo: "Sì, sono stato io". Le intercettazioni sono state definite "assolutamente irrilevanti" dall'avvocato Lipera. Quando ha saputo di essere indagato per omicidio, al termine dell'udienza di convalida, il giovane è sbiancato in viso, si è alzato dalla sedia ed è andato di corsa verso i genitori, attoniti e sconvolti, che erano presenti: "Mamma, ti giuro - ha detto il ragazzo in lacrime - non sono stato io...". Secondo quanto riferito dal suo avvocato, durante l'interrogatorio "il ragazzo, che era andato allo stadio assieme a un bambino di dieci anni, ha detto di avere ricevuto molti colpi". Nato nel popolare rione di San Cristoforo, quartiere noto alle cronache cittadine perché considerato tra quelli ad alta densità criminale, il minorenne, studente del quarto anno di un istituto superiore, ha due grandi passioni: il rugby e il calcio. In passato era stato denunciato per rissa. Aveva aggredito un giovane che aveva fatto delle avances alla sua fidanzata. Ma l'indagine non ebbe seguito e il fascicolo fu archiviato. La sua famiglia è considerata "tranquilla" dagli investigatori. Il padre lavora in un'industria catanese, mentre la madre gestisce una bancarella di fiori davanti al cimitero di Catania. Nel frattempo nuovi elementi utili alle indagini sono arrivati da un confidente delle forze dell'ordine che ha rivelato che un gruppo di ultras catanesi stava preparando un attentato con una bomba contro gli agenti. Il pentito, che sarebbe uno dei fermati nelle ultime 48 ore, ha contribuito a individuare gli ultras durante gli scontri, rivelandone l'identità e i club di appartenenza. Sempre lui ha indicato tra i partecipanti agli scontri (Omissis), elemento di spicco dell'organizzazione di estrema destra Forza Nuova.

8 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Due minorenni alla prova del Dna

di Maurizio Nicita

Raciti potrebbe essere stato ucciso da un colpo di lavabo Sono sospettati due ragazzi: si attende l’esito di un esame.

Dal nostro inviato. CATANIA - Sono ore di fibrillazione in Questura e non solo. Si ha la sensazione che il cerchio stia per chiudersi intorno ai protagonisti, più d’uno, dell’aggressione che ha portato alla morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti. Ore decisive nelle quali sarà importante tenere i nervi saldi e sfruttare le professionalità per completare uno scenario accusatorio non semplice da far quadrare, visto l’intensità e la durata degli scontri a Cibali, cominciati con le prime avvisaglie alle 4 del pomeriggio e conclusisi in piena notte e tragicamente. Ma dalla Polizia arriva più di un sussurro che l’obiettivo sia davvero vicino e già stamattina ci potrebbero essere novità decisive. DUE MINORENNI Dei quattro fermati nella notte fra martedì e mercoledì, due sono stati già rilasciati, mentre sugli altri si accentrano le attenzioni degli uomini della Squadra Mobile e di quelli della Digos che, unitamente alla scientifica, hanno provveduto ad analizzare i filmati ed in particolare uno che concretamente mostra il povero Raciti accerchiato e colpito. Solo che quell’immagine è annebbiata dai fumogeni lanciati dagli stessi ultrà, che agivano a viso coperto. Dunque il riconoscimento appare complicato. In Questura speravano nella collaborazione e nel pentimento dei soggetti, ma finora è arrivata soltanto una ammissione di presenza allo stadio e nel teatro degli scontri, nulla più. NOTTE DECISIVA Ieri pomeriggio si è svolto a palazzo di giustizia, in piazza Giovanni Verga, un vertice fra i pm che seguono l’indagine - il procuratore aggiunto Renato Papa con i sostituti Ignazio Fonzo (della Dda) e Andrea Bonanno - e gli investigatori Giovanni Signer e Ferdinando Guarino, rispettivamente capo della Mobile e della Digos. Gli elementi a carico di questi due minorenni in stato di fermo ci sono, così come per qualche altro soggetto già arrestato. Nel senso che appare abbastanza chiara la loro presenza sulla scena del delitto, ma naturalmente occorre una prova inconfutabile che dà loro sia partito il corpo mortale perché sulla testa di questi delinquenti pesi il reato più grave: omicidio. Per questo saranno fondamentali queste ore per completare il quadro accusatorio. DINAMICA CHIARA Dopo le prime difficoltà, adesso sono più chiare agli inquirenti le ultime ore di vita del povero Raciti, giunto in quella maledetta viuzza alle spalle della curva nord per scortare il gruppo dei tifosi palermitani. Dunque sono le 19.15 quando, approfittando del fatto che i poliziotti sono impegnati su due fronti per controllare le tifoserie, gli ultrà del Catania cominciano ad attaccare pesantemente lanciando sanitari, sassi, spranghe e qualsiasi cosa dall’alto verso le forze dell’ordine. Una prima carica e qualche lacrimogeno sembra calmare la situazione. Raciti è la punta avanzata del suo drappello e controlla che tutto ritorni alla normalità. Ma è in questo momento, intorno alle 19.30, che scatta l’agguato a Raciti, che viene accerchiato da un gruppo di incappucciati (nascosto all’ingresso della curva) e colpito pesantemente con più oggetti. Quello che lo prende all’addome, all’altezza del fegato, sembra essere un pezzo di tubatura di un lavabo. I colpi, in particolare quello al fianco, è fortissimo, ma Raciti - che nel frattempo recupera la posizione fra i colleghi - stringe i denti e non chiede nemmeno di essere medicato. Passa circa un’ora quando, sempre nei pressi, l’ispettore capo diventa bersaglio di alcune bombe carta, una delle quali gli esplode vicinissima. A quel punto la resistenza fisica del povero poliziotto è alla fine e crolla, soccorso dai colleghi. Solo che il volto cianotico inizialmente fa pensare che il malore abbia origine dall’esplosione. A quel punto i soccorsi, per quanto tempestivi, non riescono a salvare un’altra vittima delle violenze negli stadi. DNA Una prova importante potrebbe arrivare da Roma, dove la Scientifica con mezzi sofisticati sta analizzando il giubbotto indossato da Raciti quella notte. Oltre a stabilire la natura dei materiali che hanno colpito l’ispettore, nella concitazione della colluttazione l’assassino potrebbe aver lasciato tracce del proprio dna. Se i riscontri incrociati fra i fermati delle ultime ore e i resoconti della Scientifica collimeranno, per l’omicida non ci sarebbe scampo.

8 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Abbonato e giocatore di rugby: ritratto di A.S, 17 anni

di Alessio D’Urso

Il padre: "Non è stato lui". I vicini: "Uno come tanti, non un criminale". Gli inquirenti: "Sconclusionato, immaturo".

CATANIA - Alle 17.10, ha confessato: "C' ero anch' io...". A mezzogiorno, accusato di omicidio volontario, era scoppiato in lacrime tra le braccia della mamma: "Ti giuro, non sono stato io ad ucciderlo...". Tremava, disperato: A.S, il 17enne indagato per il barbaro omicidio dell’Ispettore Capo Filippo Raciti, non ha retto alla pressione psicologica e ha fatto le prime ammissioni sulla folle notte di venerdì scorso. Era stato prelevato da casa, nel cuore del quartiere a rischio San Cristoforo (dove il povero Raciti aveva vissuto da ragazzo) martedì mattina: il giorno dopo i funerali del poliziotto ucciso. Telecamere, intercettazioni ambientali e interrogatori incrociati ne hanno aggravato il quadro probatorio. FELPE E SCRITTE Nella serata di Catania- Palermo il minorenne indossava una felpa sportiva: dalle immagini tratte dalle videocamere 21 e 22 dell’impianto a circuito chiuso dello stadio Massimino, l’incensurato A.S. entra ed esce da una porta laterale della curva Nord indossando al rovescio la sua felpa con cappuccio, perché non si riconoscesse la scritta sulle spalle. All’uscita dal tribunale dei minori di via Franchetti (nelle adiacenze del luogo dell’omicidio), la mamma contrariata ha reagito d’impeto alle prime domande dei giornalisti: "Avete preso un abbaglio, il nostro è un bravo ragazzo...". Il padre Roberto, baffi brizzolati e viso provato dalla tensione, ha aggiunto: "Mio figlio non è abituato a fare queste cose e dalle immagini non si vede niente, non è l’assassino: fosse stato lui sarei stato io il primo a dirlo". Accanto, l’avvocato difensore Giuseppe Lipera (che stamattina terrà una conferenza stampa). SKIZZATI Al "Passarello", appellativo che caratterizza alcune vie del quartiere San Cristoforo, A.S. viveva fino a martedì in uno palazzo di colore bianco con la vernice blu del portone usurata. "Una famiglia normale", dice un vicino di casa (che conosce bene A.S.): "Il padre è impiegato in una società di elettronica e arrotonda vendendo fiori nel negozio della mamma. La domenica lo puoi trovare davanti al cimitero di Catania. La madre del ragazzo è una casalinga. Che dire di A.S. ? Un ragazzo buono, il cervello di un bambino. È timido, si fa trascinare dagli amici. In passato, per una rissa in una discoteca (venne molestata la sua fidanzata, indagine poi archiviata, n.d.r.), era stato denunciato. Poi era stato diffidato dalla Polizia per qualche incidente allo stadio negli anni scorsi. Se i criminali sono questi, via...". Nella zona della casa di A.S. campeggia la scritta "Skizzati Ultras Catania": il minorenne vi faceva parte, "ma non era un gruppo organizzato - continua il vicino - quest' anno non c’era più nemmeno lo striscione in curva, sarebbe meglio definirla una comitiva di tifosi, nient' altro...". A 30 metri, su un muro, un inquietante "Polizia merda" balza subito agli occhi. TATUAGGIO "Qui ce l’hanno con le forze dell’ordine perché a questi ragazzi loro danno sempre manganellate gratuite. È quasi un pedaggio all’arrivo in curva Nord, ci provocano così...". "Ci vuole fegato per dire una cosa del genere", ribattono in Polizia indignati: "Ma a Raciti il fegato l’ha sbriciolato una piastra in metallo divelta da un bagno della curva...". Così rivelano le indagini. Lui, A.S, è stato a lungo torchiato e gli inquirenti ne tratteggiano questo profilo: "Sconclusionato, senza arte né parte, immaturo", un tatuaggio sul braccio destro raffigurante un elefante (simbolo di Catania, n.d.r.) su un piedistallo inclinato. Un poliziotto ha scherzato: "Sei così stupido che ti sei fatto rubare anche i soldi per il tatuaggio: te l’hanno fatto proprio male...". A.S, racconta l’avvocato Lipera, si era recato venerdì allo stadio con un amico di 10 anni portandosi dietro uno striscione con su scritto "Forza Catania": "È tifoso, è un abbonato di curva, un ragazzo come tanti". In serata, quando il questore di Catania Michele Capomacchia ha informato la famiglia Raciti sulle indagini, la vedova Marisa Grasso si è rammaricata per i 17 anni di A.S: il marito Filippo, in passato, le aveva espresso la sua amarezza per la giovane età delle gang da stadio. IN MISCHIA Iscritto all’istituto tecnico paritario Valdisavoia di Catania, a 50 metri dallo stadio Massimino, A.S. aiutava la nonna nel negozio di fiori. Il minorenne, rivelano gli amici di via Poulet, è un appassionato di rugby: si allenava al San Maria Goretti, tempio della palla ovale catanese, dove l’Amatori Catania ha scritto belle pagine di sport. Alto un metro e 70, tozzo e butterato in viso, il giovane viene considerato nel quartiere un tipo "inoffensivo". Già. La sua ultima meta non verrà ricordata. Il padre: "Non è stato lui". I vicini: "Uno come tanti, non un criminale". Gli inquirenti dicono: "Sconclusionato, immaturo".

9 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

È vero, ho colpito un poliziotto

di Francesco Viviano

CATANIA - L’accusa è pesante. Omicidio. Omicidio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, morto venerdì scorso durante gli scontri allo stadio con gli ultras catanesi. E l’ultrà che lo avrebbe colpito, insieme ad altri ancora non identificati, sarebbe un ragazzo di 17 anni, ripreso da una telecamera mentre, all’uscita dello stadio, con una sbarra di ferro colpisce alcuni agenti di polizia in mezzo ai quali c’è anche Filippo Raciti. Fino a ieri mattina il giovane ultrà catanese era accusato, come tanti altri, di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, aggressione e danneggiamenti. La svolta nell’inchiesta giunge in prima mattinata, mentre l’indagato è ancora sotto interrogatorio per le accuse più lievi. Il capo della squadra mobile, Giovanni Signer, con un altro funzionario si reca presso il tribunale dei minorenni con una busta ed un video. Il video contiene le immagini catturate nella tragica serata di venerdì: vi si vede un ragazzo grande e grosso che insieme ad altri colpisce con un telaio di ferro prelevato dal lavandino del gabinetto dello stadio un gruppo di poliziotti. Sarebbe stato proprio quello il momento in cui, secondo l’accusa, l’ispettore Raciti avrebbe ricevuto quel colpo terribile che gli ha spappolato la milza uccidendolo. Concluso il primo interrogatorio per rispondere delle accuse più lievi, l’avvocato difensore del giovane ultrà viene richiamato dal tribunale dei minori: la posizione del suo assistito si è aggravata. Ora il giovane è indagato per omicidio. E quando ha inizio il nuovo interrogatorio il ragazzo in un primo momento nega, nega ogni cosa. Poi, davanti alle contestazioni sempre più evidenti, a quel filmato che lo ritrae con una sbarra di ferro in mano, è costretto ad ammettere: "Ho partecipato a uno scontro contro la polizia. Ho colpito un agente con una sbarra di ferro spingendola a mo' di ariete. Ma non l’ho ucciso". Gli inquirenti, però, non hanno dubbi. A colpire Filippo Raciti sarebbe stato proprio il diciassettenne insieme ad altri ultras i cui volti non hanno ancora un nome e un cognome. L’avvocato difensore, dal canto suo, sostiene che le prove fino ad ora fornite dalla Procura non consentono di affermare che ad uccidere Raciti sia stato il suo assistito. In quelle immagini, sostiene il legale, il giovane ora accusato di omicidio non viene ripreso mentre ha un contatto diretto con l’ispettore, ma con altri poliziotti. Inoltre il video non sarebbe sufficientemente chiaro per potere affermare che a colpire mortalmente Raciti sia stato il giovane tifoso catanese ora finito in carcere. Ma gli inquirenti insistono, e lasciano intendere che altre prove potrebbero essere presto raccolte per sciogliere ogni dubbio ed individuare gli altri responsabili. Quando l’accusa gli viene formalmente contestato, il ragazzo abbraccia la madre e in lacrime le dice: "Mamma, ti giuro, non sono stato io". In carcere, oltre a lui, rimangono ancora gran parte degli arrestati nelle retate dei giorni scorsi. Tra questi anche uno dei leader di Forza Nuova a Catania, (Omissis).

9 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Con un disegno i magistrati hanno spiegato la dinamica dell'aggressione. "Il giovane si è riconosciuto in quello che brandisce il pezzo di metallo".

Catania, ricostruito l'agguato a Raciti

Il padre dell'indagato accusa la polizia

Il legale e il genitore del ragazzo smentiscono che abbia fatto ammissioni. "Vittima di linciaggio mediatico. Se vogliono il colpevole, devono cercare se c'è".

CATANIA - "Abbiamo ammissioni corpose e suggestive che presto verificheremo per la formulazione dell'ipotesi di reato". Il procuratore della Repubblica per i minori di Catania, Gaspare La Rosa, ribadisce in conferenza stampa le accuse nei confronti del diciassettenne indagato per l'omicidio dell'ispettore Filippo Raciti. Il giovane "si è riconosciuto nel soggetto che brandisce il pezzo di metallo - aggiunge La Rosa - tutto porta alla conclusione, anche sulla base delle ammissioni, che sia stato lui a spingere l'agente". Ma se la Procura è convinta che a colpire Raciti sia stato il giovane fermato (arrestato, al momento, con l'accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, suffragata da un filmato e da intercettazioni ambientali), il legale e il padre del ragazzo smentiscono categoricamente che il giovane abbia confessato di aver colpito l'ispettore di polizia, pur ammettendo che, insieme ad altri, tirò in aria un oggetto di metallo, ma non lo usò, precisano, come ariete contro Raciti. E il padre del diciassettenne accusa la polizia di aver scatenato gli incidenti, a suo avviso "legati ai lanci di lacrimogeni da parte delle forze dell'ordine". "Mi sento di difendere quei ragazzi che erano allo stadio in quella situazione - ha affermato l'uomo - una cosa voluta dalla polizia che non si può permettere di lanciare lacrimogeni contro le persone". Dalle indagini, ha detto il procuratore aggiunto di Catania, Renato Papa, emerge che all'interno dello stadio "Massimino" c'erano persone che si organizzavano per attaccare le forze dell'ordine. Manca il fotogramma dello scontro che ha portato alla morte dell'ispettore, ma la ricostruzione della polizia scientifica accusa il giovane. "Noi - ha ribadito Papa - siamo fermamente convinti del quadro probatorio". E nel corso della conferenza stampa, i magistrati hanno mostrato un disegno, a colori, su un foglio formato A4, che raffigura i poliziotti e gli ultras mentre stanno per iniziare gli scontri nella curva Nord dello stadio. Con il disegno, la scientifica ha spiegato la dinamica dello scontro tra il diciassettenne indagato e Raciti. La ricostruzione si basa sulle riprese, dall'alto, di una telecamera a circuito chiuso collocata sull'anello della curva Nord dello stadio, all'altezza della porta d'ingresso e di uscita. Prima degli scontri, spiegano i magistrati, si nota che all'interno dello stadio "c'è un gruppo di persone che si sta organizzando per attaccare la polizia". Fra gli agenti disegnati, Raciti sarebbe quello più vicino alla porta. A tenere in collegamento gli ultras con i complici all'esterno, ci sarebbe un messaggero che porta il segnale d'attacco entrando al "Massimino". Prima della guerriglia, continuano i magistrati, qualcuno stacca il pezzo di alluminio che sorregge il lavabo di un bagno dello stadio, e lo poggia per terra, davanti alla porta del "Massimino". Un giovane - che per l'accusa è il diciassettenne indagato - lo brandisce e va verso la polizia. Manca il fotogramma dello scontro, ma per gli investigatori "l'impatto è logico e consequenziale" tra l'ultrà e Raciti. La polizia individua l'ispettore capo con certezza dal casco opaco che indossava, dai gradi azzurri che aveva sulle spalline e dal fatto che era l'unico a non indossare i parastinchi. "La nostra ricostruzione - ha detto Papa - è rigorosamente logica". Intanto la famiglia difende il ragazzo. Il padre sostiene che è "vittima di un linciaggio mediatico", e parla del figlio come di "un capro espiatorio": "Se vogliono il colpevole - dice - devono cercare se c'è". Questa mattina ad Acireale (Catania) si è svolto un corteo in memoria dell'ispettore ucciso. In prima fila, la vedova Marisa con i figli. "Uno stupido, un incosciente che mi ha tolto il papà. Non ha avuto sensibilità per niente e mi ha spezzato il cuore", ha detto Fabiana Raciti parlando del giovane indagato per l'omicidio del padre. Dal canto suo, la signora Marisa Grasso ha rivolto un ringraziamento e un appello ai ragazzi "di tutta Italia, di tutto il mondo": "Aiutatemi a cambiare le cose. Impegniamoci a cambiare... Siete voi che dovete cambiare".

9 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Omicidio Raciti

C’è un indagato è minorenne

di Maurizio Nicita

Il ragazzo ammette: "Ho colpito un poliziotto". La vittima, prima di morire: "Cercate quello grosso".

Dal nostro inviato. CATANIA - È stato lo stesso Filippo Raciti a suggerire ai colleghi la soluzione del caso relativo al proprio omicidio. Incredibile a dirsi ma in quelle fasi concitate, quando negli scontri l’ispettore di polizia viene colpito al fegato da una lastra di ferro di un lavabo - alle 19.30 circa di venerdì scorso - si rende conto di aver subito una botta pesante, anche se non può sapere che risulterà mortale. A quel punto si mette a cercare il suo aggressore, sale anche in cima alla curva, poi ridiscende e a un collega accanto dice: "Cerchiamo quello grosso". Questo ha consentito di selezionare i filmati della scientifica, fino a trovare il fotogramma giusto, dove si vede Raciti e altri colleghi attaccati da un gruppetto di ultrà fra i quali è stato riconosciuto A.S, 17 anni, tarchiato e grassoccio, che da ieri è indagato per omicidio, dopo che il suo arresto è stato convalidato per aggressione e resistenza a pubblico ufficiale dal gip Alessandra Chierego. L’ACCUSA Ora il pm per i minori, Angelo Busacca, dopo l’interrogatorio di garanzia di ieri pomeriggio, sta valutando se derubricare il capo d’accusa da: "omicidio volontario in concorso con ignoti" a "omicidio preterintenzionale", cioè quando si vuole colpire per provocare una percossa e invece si determina la morte della persona colpita. NOTTE DI LAVORO Ha il viso stanco per la notte in bianco il capo della Mobile, Giovanni Signer, quando ieri mattina arriva al tribunale dei minori di via Franchetti, a poche centinaia di metri dallo stadio e dal luogo del delitto. Porta con sé gli ultimi elementi che per i poliziotti inchiodano A. S. Lo stesso Signer con il capo della sezione omicidi, Antonio Salvago, e la responsabile della polizia scientifica, Giusy Neri parteciperà nel pomeriggio all’interrogatorio davanti al pm per illustrare i passaggi che hanno permesso di risalire al minorenne quale indagato per l’omicidio. Accusa che il diretto interessato, scoppiando a piangere nelle braccia della mamma, scopre a mezzogiorno circa. PRIME AMMISSIONI Il ragazzo, assistito dall’avvocato Giuseppe Lipera, quando viene messo di fronte al filmato decisivo per gli inquirenti della questura, ammette di aver preso parte alle violenze. "Ho partecipato a uno scontro contro la polizia". Poi l’aspetto più grave: "Avevo in mano quel pezzo di ferro e ho colpito un poliziotto, non volevo uccidere". Secondo quanto trapela dal tribunale dei minori è questa la frase più rilevante dell’interrogatorio protrattosi per oltre due ore e mezza. Così il minorenne avrebbe finito per confermare la tesi accusatoria ammettendo anche, a quanto pare, di aver strappato dai bagni della curva Nord dello stadio una lastra di ferro, sostegno di un lavabo: quello che secondo la polizia è l’arma del delitto, raccolta dagli inquirenti il mattino successivo (nonostante il famoso mercatino) del peso di circa cinque chili e mezzo e che attualmente è a disposizione della scientifica. Per la procura minorile un interrogatorio soddisfacente che conferma il quadro formulato dall’accusa e inchioda alle sue gravi responsabilità A.S. Per la difesa non c’è assolutamente ammissione di colpevolezza. "Il ragazzo - sostiene il legale Lipera - ha detto solo di aver partecipato agli scontri con la polizia, ma nega di aver aggredito Raciti. Si è riconosciuto in alcuni fotogrammi, ma si tratta di immagini in cui non appare l’ispettore. Si vede un capannello di tifosi che si scontrano con un drappello di poliziotti, difficile decifrare, impossibile per noi valutare responsabilità precise da questo video. La lastra di ferro, poi, si vede per terra, dopo essere stata lanciata, ma è tutto da verificare se quella è stata l’arma che ha ucciso il povero Raciti e chi sia stata a lanciarla". L’avvocato ci tiene a sottolineare: "Non credo si arrivi al rinvio a giudizio per omicidio, ma nel caso non ricorreremo al rito abbreviato perché siamo convinti dell’innocenza del ragazzo". INTERCETTAZIONI AMBIENTALI Fra gli elementi raccolti dalla Polizia ci sono anche delle intercettazioni video e audio realizzate in una sala d’aspetto della Questura, dove A. S. - dopo il fermo di martedì mattina - era stato lasciato volutamente con un altro suo coetaneo accusato di aver partecipato agli scontri. Quest' ultimo chiede al primo se è stato lui ad uccidere Raciti e l’altro risponde di sì con evidente segno di assenso con la testa. Per Lipera: "Si tratta di intercettazioni assolutamente irrilevanti". SONNO TRANQUILLO Poco dopo le 18, quando l’interrogatorio è concluso e il minorenne viene tradotto nella Sezione dedicata del carcere di Bicocca, lascia il tribunale dei minori anche il capo della Mobile, Signer: "Non posso commentare, perché c’è il segreto istruttorio. Stamattina eravamo convinti di aver messo nelle mani della magistratura un quadro completo e definito di quanto accaduto a Filippo Raciti, frutto di parecchie notti insonni di duro lavoro. Non posso fare commenti su come si è svolto l’interrogatorio, ma posso dire che finalmente potrò dormire tranquillamente, sicuro che tutti i miei uomini hanno dato il massimo per scoprire la verità".

9 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

"Mio figlio non c'entra. La polizia se l’è cercata"

di Maurizio Nicita

Il padre del minore: "Hanno sparato i lacrimogeni e la gente è scappata. Certe cose succedono negli stadi".

Dal nostro inviato CATANIA - È il colpo a sorpresa che l’avvocato difensore, Giuseppe Lipera, riserva ai media. Roberto S. papà del 17enne indagato per l’omicidio di Filippo Raciti entra nel saloncino adibito per la conferenza stampa allestita nello studio legale, con l’enfasi degli ospiti d’onore "ecco a voi...". Elegante, faccia stanca per il sonno mancato, esordisce ringraziando tutti "per l’attenzione che mi dedicate anche perché ho letto tante cose ingiuste scritte sul conto della mia famiglia. Mia moglie è casalinga e non ha negozi di fiori. Mio figlio è solo un grande tifoso del Catania e nella politica non c'entra proprio niente. Nello striscione che ha portato allo stadio c’era solo la scritta "Catania". Nient' altro. E alla signora Raciti dico che da quello che ho visto non è mio figlio il responsabile. Mi dispiace quello che è successo". Cosa si vede nel filmato che l’accusa porta come prova ? "È all’interno dello stadio, perché fuori mio figlio non c’è mai negli scontri. Ma non si capisce niente. Si vedono una decina di ragazzi, ma se è responsabile mio figlio lo sono almeno in 500. Non esiste che ha qualcosa per le mani. Bisogna trovare un responsabile. Se c’è". Un poliziotto è morto. E poi gli scontri ci sono stati per ore. Li avrà visti in tv ? "Sì, in diretta. E so che dalla curva avevano sparato i mortaretti a festa per Sant' Agata. Poi la Polizia l’ha voluta: ha sparato i lacrimogeni e la gente è scappata. Preoccupato ho chiamato mio figlio: "Papà tutto a posto, mangio un panino e torno". Poi ? "Martedì pomeriggio arrivano dei poliziotti gentili, chiedono di dare un’occhiata in casa e poi mettono tutto sotto sopra. Cercano anche una felpa con la scritta "Champion", mia moglie gliela consegna. Portano via il ragazzo e mi preoccupo, perché in questo caso si sa come fa la Polizia "coppa e o' cacciri". Botte e in carcere. Chiamo subito l’avvocato per capire. Ma io so che mio figlio non ha fatto niente. Lui è solo tifoso e segue il Catania anche in trasferta perché grazie a me se lo può permettere". Lasciamo da parte l’accusa di tentato omicidio. Ma suo figlio ha preso parte agli scontri, lo ha anche ammesso. Come padre e come catanese cosa sente di dire ? "Sono cose che succedono negli stadi, da tutte le parti. Però devo dire che non ho potuto dormire dopo aver sentito delle dichiarazioni dell’onorevole Enzo Bianco che ha buttato fango su Catania dicendo che dietro la curva nord c’è la mafia e la politica. Certe cose anche se ci sono non si dicono !".

10 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

"Voglio la mamma, mi manca"

di Maurizio Nicita

La solitudine di A.S, il minore coinvolto nell’uccisione di Raciti. Tanti gli elementi per gli inquirenti.

Dal nostro inviato. CATANIA - "Voglio la mamma, mi manca". Solo nella sua cella nel carcere minorile di Bicocca, a pochi passi dall’aeroporto A. S. vorrebbe volare via, ma le sbarre sono un’ossessione. E allora il ragazzo trova conforto nell’avvocato Giuseppe Lipera: "Non sono stato io ad ammazzarlo e se lei mi dice che posso stare tranquillo. Allora io sono sereno. Ditelo alla mamma". L’abbraccio madre-figlio, giovedì a mezzogiorno subito dopo la contestazione dell’omicidio, è stato il momento più drammatico per questa famiglia normale. Però non può passare in secondo piano il dramma della famiglia Raciti, privata di Filippo. IL GIUBBOTTO Sul fronte indagini ulteriori novità potranno arrivare da Roma, dove alla Scientifica sono custoditi il giubbotto indossato dall’ispettore capo e la lastra di alluminio della lunghezza di un metro e venti e del peso di 5,6 chili, ritenuta dagli inquirenti l’arma del delitto. C’è una macchia bianca sul fianco destro del giubbotto: potrebbe essere il calcinaccio del lavabo spaccato per strappare la lastra, in quel caso si avrebbe la certezza che si tratta dell’oggetto contundente che ha spaccato il fegato del poliziotto. "Raciti si accascia perché la sua respirazione è resa difficoltosa proprio dall’emorragia al peritoneo. Una casistica che si riscontra anche in incidenti stradali dove la vittima torna a casa convinto di non aver nulla e poi muore" - spiega il procuratore aggiunto, Renato Papa. INQUIRENTI SICURI Il titolare dell’inchiesta afferma: "Sono fermamente convinto della colpevolezza del minorenne indagato. Esistono prove certe che portano a un quadro chiaro". Si aggancia al discorso il procuratore dei minori, Gaspare La Rosa: "Ammissioni corpose e significative che stiamo verificando anche per la configurazione dell’ipotesi di reato". L’interrogatorio al minorenne di giovedì pomeriggio è stato registrato e non ancora sbobinato. Ma La Rosa spiega: "L’indagato si è riconosciuto nel soggetto che brandisce in mano il pezzo di metallo che raccoglie da terra. Anche sulla base delle ammissioni è lui che ha spinto l’ispettore". Entrambe le procure ammettono però che non esiste un’immagine dello scontro reale. Le riprese filmate dalle telecamere 21 e 22 del sistema di videosorveglianza dello stadio "si riferiscono a un secondo prima e a uno dopo l’impatto, perché in quell’attimo - sottolinea Papa - l’immagine è coperta dal muro di recinzione della curva nord. Ma è un dettaglio marginale perché è rigorosamente logico l’impatto". DIFESA ALL’ATTACCO Ieri sono iniziate le schermaglie processuali e non a caso l’avvocato difensore Giuseppe Lipera convoca una conferenza stampa, un’ora prima dell’accusa. "Non ha mai reso alcuna confessione - arringa il legale del 17enne A. S. Il ragazzo ha ammesso di avere lanciato, insieme ad altri che dice di non conoscere, un pezzo di metallo in aria, come si vede dal filmato. Ma questa lastra finisce per terra sollevando la polvere, dunque non colpisce Raciti. Non c’è stato alcun contatto ma è stato il magistrato a chiedere: "hai spinto a mo' di ariete ?" e non c’è stata risposta positiva del ragazzo". Emerge però che durante l’interrogatorio il ragazzo abbia un po' cambiato versione, impappinandosi. RESPONSABILITÀ STADIO Ieri la procura ha provveduto a togliere i sigilli nella parte che riguarda gli uffici comunali e nel campetto d’allenamento, il cosiddetto "Cibalino", dove nella prossima settimana potrà riprendere la scuola calcio con centinaia di bambini. Papa aggiunge: "Ci sono troppe cose, sotto gli occhi di tutti, che non hanno funzionato. Dalla troppa gente sugli spalti al mancato rispetto della legge Pisanu. Possono configurarsi responsabilità anche penali, da collegare ai fatti di violenza avvenuti. Abbiamo nominato un consulente, l’ingegner Aiello, che ci aiuterà a valutare gli aspetti tecnici".

10 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Raciti, il 17enne indagato: "Sono sereno"

Il padre: "Togliere le indagini alla polizia"

Prosegue il lavoro degli inquirenti, mentre il giovane continua a dirsi innocente. Gli ultrà avrebbero teso una vera e propria trappola contro le forze dell'ordine.

CATANIA - Era una vera e propria trappola, quella organizzata per dare l'assalto ai poliziotti. Sulla ricerca degli autori dell'agguato si concentrano gli sforzi degli inquirenti che indagano sulla morte dell'ispettore capo Filippo Raciti, ucciso la sera di venerdì 2 febbraio durante gli scontri allo stadio "Massimino" di Catania. Mentre emergono nuovi dettagli sulla ricostruzione che i magistrati stanno facendo di quella serata, parla per la prima volta il diciassettenne indagato, che si professa innocente. Mentre il padre chiede che ad occuparsi delle indagini non sia più la polizia. "Non l'ho ucciso io". È il legale Giuseppe Lipera a rivelare una dichiarazione di A.S, il diciassettenne indagato nell'ambito delle indagini per l'uccisione di Filippo Raciti. "Sono sereno, non sono stato io a uccidere l'ispettore, e lei mi ha detto che, se sono innocente, devo stare tranquillo" ha detto il giovane al suo avvocato. E in un'intervista alla Stampa, ha raccontato che aspetta "la tv in cella, voglio sapere tutto quello che si dice di me, non voglio perdere un solo telegiornale". Una professione di innocenza preceduta, nei giorni scorsi, dalle dichiarazioni sia dello stesso Lipera che del padre del diciassettenne. L'uomo, ieri, aveva nuovamente difeso "i ragazzi che erano allo stadio" definendo gli scontri "una cosa voluta dalla polizia". Il padre: "Togliete le indagini alla polizia". Il genitore del 17enne, intanto, ha inoltrato alla Procura generale di Catania la richiesta di avocare l'inchiesta: si chiede che la magistratura deleghi ai carabinieri o alla Guardia di finanza le indagini per opportunità, visto che non c'è più la necessità di atti urgenti e che la vittima era un appartenente alla polizia di Stato che attualmente svolge le indagini. Il medico legale Giuseppe Caruso è stato nominato perito di parte dalla famiglia del ragazzo: dovrà accertare le cause del decesso di Raciti. Una trappola contro la polizia. Un fumogeno lanciato contro gli agenti da un giovane ultrà, che esce dallo stadio per poi rientrare in curva Nord. Potrebbe essere questo, secondo gli investigatori, il segnale che ha dato il via all'attacco, premeditato, alle forze dell'ordine durante Catania-Palermo. Secondo questa ipotesi, il giovane, ancora non identificato, avrebbe gettato il fumogeno per farsi inseguire dalla polizia fin dentro la curva Nord del "Massimino", dove un gruppo di ultrà era pronto allo scontro. È quanto emerge dallo schema disegnato dalla Procura di Catania: un piano predefinito, dunque a un attacco volontario contro la polizia. Proseguono le indagini per individuare le persone che facevano parte del gruppo che ha assalito Raciti. Nei loro confronti il reato ipotizzato è di concorso in omicidio volontario. Nuove scritte contro Raciti. Una nuova scritta contro l'ispettore capo ucciso venerdì scorso è stata trovata su un muro della stazione ferroviaria di Genova-Quarto. Ignoti hanno scritto "Yo Filippo Raciti" su una delle pareti interne alla stazione ferroviaria con uno spray nero. Secondo quanto spiegato dai poliziotti della Digos intervenuti sul posto insieme ai tecnici della scientifica, indicazioni per trovare i responsabili potrebbero arrivare dal filmato della telecamera dello scalo ferroviario. I fotogrammi sono già al vaglio degli investigatori.

10 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Attacco organizzato contro la polizia

di Francesco Viviano

CATANIA - "Sono sereno, avvocato, sono tranquillo perché non ho ammazzato nessuno. L’unica cosa che mi manca è mia madre". Rinchiuso da ieri nel carcere minorile di Bicocca in una cella assieme ad altri ultrà catanesi arrestati per gli incidenti di venerdì 2 febbraio durante la partita Catania-Palermo, il 17enne accusato di avere colpito a morte l’ispettore di Polizia Filippo Raciti, continua a negare. "C'ero anch' io, ma non ho ammazzato nessuno" ripete mentre magistrati ed investigatori non hanno dubbi sulla responsabilità del minorenne. "Con le prove di cui disponiamo siamo fermamente convinti della colpevolezza del minorenne indagato. Poi dovrà decidere un giudice" - ha affermato il procuratore aggiunto della Repubblica di Catania, Renato Papa, mostrando ai giornalisti un disegno della polizia Scientifica dove si ricostruisce il momento dello scontro mortale tra i tifosi e la polizia. E aggiunge: "Dalle indagini emerge che dall’interno dello stadio c'erano persone che si organizzavano per attaccare le forze dell’ordine, questo è palese. Ora procediamo per diverse ipotesi di reato e riteniamo di poter individuare i correi che con il minorenne hanno ucciso l’ispettore". Per l’accusa le registrazioni televisive sugli scontri sono "inequivocabili". In quelle immagini si vede chiaramente il diciassettenne arrestato, affermano i magistrati, che hanno in mano un pezzo di telaio di metallo che usa come un ariete per sfondare il muro di poliziotti che bloccano una porta d’uscita. E tra quei poliziotti c’era anche l’ispettore Raciti, riconoscibilissimo perché indossava un casco particolare della polizia che si era portato da Genova dove aveva svolto servizio durante il G8. L’immagine dell’impatto tra l’accusato ed i poliziotti però non c’è. "Il muro di cinta ha impedito alla telecamera - spiegano i magistrati - di riprendere il momento dell’impatto". "Prove", quelle dell’accusa, che non dimostrano nulla, afferma l’avvocato Liperi, difensore del ragazzo. "Il ragazzo - dice il legale - ha ammesso di avere lanciato, insieme ad altri, un pezzo di metallo in aria, come si vede benissimo dal filmato e non c’è stato alcun contatto". Ed anche il padre del ragazzo assicura che il figlio è innocente sostenendo che quegli incidenti allo stadio Massimino sono stati provocati dal lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine. Una quarantina in tutto lanciati su ordine di un funzionario di polizia quando gli ultrà avrebbero attaccato con pietre, spranghe ed altri oggetti contundenti poliziotti e carabinieri. "Voglio dire alla signora Raciti che mio figlio non c'entra con queste cose". Non la pensano così gli investigatori convinti della responsabilità del minorenne individuato senza nessun contributo di "Cosa nostra" che aveva fatto sapere che era disposta a "collaborare" consegnando il responsabile nel caso in cui l’avessero individuato loro. Una "collaborazione" non certo disinteressata. Da venerdì 2 febbraio, Catania è stata sotto pressione: in questi giorni neanche una rapina è stata compiuta in città. E tra i danneggiati dalla chiusura dello stadio, ci sono anche quelli che lavorano all’interno della curva nord, quella degli ultrà: lì chioschi per la vendita di bibite sono gestiti dal fratello di un mafioso.

10 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Catania, tradito da una felpa l’ultrà accusato d’omicidio

di Francesco Viviano

CATANIA - Una felpa con il cappuccio e la scritta "Champion" ha tradito l’ultrà catanese, A.S, il giovane arrestato e indagato per l’omicidio dell’ispettore di polizia, Filippo Raciti, morto venerdì 2 febbraio durante gli scontri allo stadio dove si giocava il derby Catania-Palermo. Il volto del diciassettenne, con indosso la felpa, era stato ripreso dalle telecamere interne dello stadio mentre con un telaio di ferro pesante cinque chili si scagliava contro Raciti. Ma quel volto non aveva un nome. Gli investigatori della squadra mobile lo hanno identificato dopo due notti passate a visionare i filmati degli ultrà durante gli incontri del Catania in casa ed in trasferta. Ed è stato durante la trasferta del Catania a Bergamo, due domeniche fa, che gli investigatori hanno ritrovato quel volto e quella felpa indossata dall’ultrà catanese, che prima dell’ingresso nello stadio bergamasco era stato identificato e fotografato. Gli inquirenti hanno comparato la foto con quella ripresa allo stadio di Palermo ed hanno scoperto che apparteneva al minorenne poi arrestato. "Se non fosse stato per quella felpa e la foto a Bergamo - dice un investigatore - sarebbe stato difficile identificarlo perché fino ad allora non era stato riconosciuto da nessuno". E un altro colpo di fortuna ha consentito agli investigatori di ritrovare il telaio di metallo utilizzato dall’ultrà per uccidere l’ispettore di Polizia. Il giorno dopo gli scontri, infatti, l’amministrazione comunale aveva consentito lo svolgimento del settimanale mercatino rionale proprio nei luoghi della cosiddetta "scena del crimine", che era stata ripulita dai netturbini del Comune. Era sparito tutto, pietre, bastoni, tutto. Il telaio di ferro però non era finito in un cassonetto perché gli ultrà lo avevano nascosto dietro un muretto nei pressi dello stadio. Se non si fosse trovata l’arma del delitto le indagini sarebbero diventate più complicate. "Per fortuna le cose sono andate diversamente - afferma un magistrato - ed abbiamo ricostruito, con l’ausilio delle immagini, cosa è accaduto venerdì scorso allo stadio". In una immagine si vede chiaramente il giovane mentre tiene con tutte e due le mani il telaio di ferro utilizzato come lancia e si scaglia contro i poliziotti. Una prova certa, anche se il suo avvocato, Giuseppe Lipera, afferma invece che quel telaio è sì nelle mani dal suo assistito, ma viene lanciato per aria. Intanto la ricerca degli altri complici continua. Da intercettazioni ambientali registrate subito dopo l’incidente allo stadio è emerso che gli ultrà avevano programmato da giorni l’agguato contro i poliziotti. "Il bordello era stato organizzato bene - dice un ultrà ad un suo amico - la guerra doveva cominciare con l’attacco ai palermitani poi è finita a schifo, con quello e gli altri in galera". Dalle intercettazioni è anche emerso che il "gruppo di fuoco" è composto da non più di una cinquantina "tifosi" ai quali della partita poco importa. Il padre e il legale del ragazzo però continuano a ripetere che il giovane sarebbe estraneo al delitto e che quelle "prove" sono molto deboli. Hanno poi annunciato che presenteranno una richiesta al procuratore generale di Catania, Giovanni Tinebra, di avocazione dell’inchiesta, e che le indagini vengano tolte alla squadra mobile e affidate ai carabinieri o alla guardia di Finanza, dato che la vittima era un poliziotto. Una mossa, questa, che si intreccia ad un clima già rovente di polemiche interne alla procura della Repubblica catanese, perché ci sia un maggior coordinamento tra gli uffici che si occupano dell’inchiesta.

11 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Ci sarebbe un tentato omicidio

di Maurizio Nicita

A Catania si fa più delicata la posizione di (Omissis), arrestato per l’aggressione a Cassisi. In vista nuovi arresti Intanto, si aggrava anche la situazione del minorenne accusato per la morte di Raciti. "10, 100, 1000 Raciti": è la scritta apparsa ieri pomeriggio sul muro di una scalinata nei pressi del centro storico di Pordenone. Accanto, slogan contro le forze dell’ordine.

Dal nostro inviato. CATANIA - Pugno duro e pene pesanti. È questo lo scenario che si prospetta dopo i tragici fatti del 2 febbraio. Delle 30 e passa persone attualmente detenute, ce ne sono due che rischiano condanne oltre i dieci anni di galera. Uno è il minorenne di San Cristoforo, A.S, accusato di omicidio, la cui posizione si fa più grave per via dell’intercettazione ambientale, ma ce n'è un altro che presto potrebbe veder cambiare in tentato omicidio il proprio capo d’accusa: si tratta di (Omissis). Ma andiamo per ordine, partendo dall’uccisione dell’ispettore di polizia, Filippo Raciti. MINORENNE CONSAPEVOLE Dalla famosa C.n.r. (comunicazione di notizia di reato) presentata dalla Polizia giovedì scorso emergono particolari sull’intercettazione ambientale che aggravano le responsabilità. Dal dialogo avuto con un altro arrestato in una sala della Questura, emerge la consapevolezza del 17enne sull’accaduto ("La fine del mondo. Abbi u cuntattu cche vaddia", cioè confida di aver avuto il contatto con le guardie e poi ammette: "Non immaginavo che moriva"). Queste frasi incastrerebbero il giovane, ma la difesa non è convinta della valenza di questa intercettazione, che non è stata mostrata durante l’interrogatorio di giovedì. Intanto l’avvocato Giuseppe Lipera, che difende l’indagato per l’omicidio di Raciti, ha depositato alla Procura per i minorenni del tribunale di Catania la nomina di un perito di parte: il medico legale Giuseppe Caruso. Inoltre lo stesso avvocato ha preannunciato una istanza che sarà presentata domani al procuratore generale di Catania, Giovanni Tinebra, chiedendo di avocare a sé l’indagine, perché "un coordinamento fra procure mi sembra opportuno - spiega Lipera -. E poi non mi pare sia molto lineare che il procuratore aggiunto, Renato Papa, si sia espresso sulla colpevolezza di un minore, di competenza di un’altra procura". E ancora la difesa richiede di delegare le investigazioni ai Carabinieri o alla Guardia di Finanza per opportunità dato che la vittima era un poliziotto. Strategie, in attesa che la prossima settimana il pm dei minori, Angelo Busacca, depositi la richiesta di custodia cautelare in carcere, decidendo il tipo di reato per omicidio da contestare ad A.S. TENTATO OMICIDIO Si fa più pesante la posizione anche di (Omissis), 24 anni, pregiudicato, già sottoposto a Daspo nel 2004. Venne arrestato la stessa notte degli scontri, mentre dormiva tranquillamente a casa come se nulla fosse. È lui che ha aggredito, insieme ad altri, il sostituto commissario di Polizia Giuseppe Cassisi, ancora ricoverato in ospedale per via di un ematoma al cervello. Lo stesso Cassisi, finendo per terra, strappò il portafogli col documento al Sottile, il che diventa una prova schiacciante. Il fatto che Cassisi, inerme per terra, sia stato ripetutamente colpito senza casco, subendo anche il lancio di un motorino, ha portato la procura a riflettere se integrare i capi d’accusa in tentato omicidio, oltre a quelli già contestati. DEVASTAZIONE Non si ferma l’attività investigativa e dopo la prima ondata di arresti (41) per la prossima settimana si preparano nuovi provvedimenti restrittivi, appena sarà possibile riconoscere dai filmati nuovi soggetti, visto che i partecipanti agli scontri sono oltre 700. Come ha spiegato il procuratore aggiunto Papa, il reato che sarà contestato sarà quello di devastazione che, prevedendo pene fra gli 8 e i 15 anni, consente gli arresti.

11 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Per Cassisi anche un infarto

di Maurizio Nicita

Ora il suo aggressore rischia l’incriminazione per tentato omicidio.

Dal nostro inviato. CATANIA - La Polizia inoltrerà oggi alla Procura i referti medici relativi al sostituto commissario Giuseppe Cassisi, colpito in un agguato particolarmente violento negli scontri del 2 febbraio. Il poliziotto, che nella colluttazione perse il casco ma riuscì a strappare il portafogli con i documenti a uno degli aggressori, oltre ad aver riportato un fortissimo trauma cranico con ematoma al cervello, è stato colpito da infarto. Solo nello scorso fine settimana il Cassisi ha potuto far rientro a casa, con almeno un mese di prognosi per la guarigione. E proprio dai referti medici gli inquirenti potranno decidere se incriminare per tentato omicidio il (Omissis) (quello che aveva perso il portafogli) e altri protagonisti di questo episodio svoltosi su via Fava, all’angolo con via Ferrante Aporti, dal lato della sud. BILANCIO Alla fine sono stati 84 gli uomini delle forze dell’ordine rimasti feriti nella guerriglia organizzata dagli ultrà e che ha portato alla morte di Filippo Raciti. Proseguono le indagini, di concerto fra le procure e oggi arriverà probabilmente la formalizzazione della seconda richiesta di custodia cautelare per il minorenne A.S. Il pm Angelo Busacca appare intenzionato a contestare il reato di omicidio preterintenzionale. Anche se gli inquirenti sperano presto di poter individuare altri soggetti del gruppetto che ha assalito Raciti, fra i quali c'erano sicuramente alcuni maggiorenni.

14 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Il minorenne si difende così

"Ho tirato ad altezza gambe"

CATANIA - Reso noto l’interrogatorio del minorenne accusato di aver ucciso l’ispettore di polizia Filippo Raciti, durante i disordini di Catania-Palermo. Il 17enne ammette di "avere preso e lanciato", poi preciserà "scaraventato", a "metà altezza" cioè "verso le gambe", un lamierino ma spiega di "non avere colpito nessuno perché loro (gli agenti di polizia, ndr) si sono allargati. Non volevo ammazzare. Il lamierino l’ho gettato all’altezza delle gambe, in quel modo si faceva soltanto qualche graffio o ematoma". Alla contestazione del pm se avesse usato a mo' di ariete il pezzo di ferro l’indagato replica: "Io l’ho spinto soltanto una volta e poi mi sono allontanato".

16 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

"Delitto Raciti

È omicidio volontario del minorenne"

di Maurizio Nicita

Custodia cautelare richiesta dalla Procura. L’ultrà A.S. rischia un minimo di 14 anni.

A undici giorni dall’incriminazione per omicidio del 17enne A.S, la Procura della Repubblica per i minorenni di Catania ha depositato ieri pomeriggio una richiesta di ordinanza di custodia cautelare per omicidio volontario dell’ispettore capo di Polizia Filippo Raciti, morto durante gli scontri nel derby del 2 febbraio. LA RICHIESTA PIÙ DURA Dopo aver ponderato ogni aspetto delle indagini e sulle risultanze dell’interrogatorio all’indagato di giovedì 8 febbraio, il procuratore Gaspare La Rosa (che ha controfirmato la richiesta) e il sostituto Angelo Busacca hanno scelto il reato più pesante da contestare al giovane di San Cristoforo, ex rugbista. La prima idea era stata quella dell’omicidio in concorso, poi si era parlato di "preterintenzionale" (art. 584 del codice penale), invece contestare il "volontario" (art. 575) significa che sul minorenne pende una condanna che va da un minimo di 14 anni contro i 7 del "preterintenzionale", visto che le pene per i minori sono diminuite di un terzo rispetto ai maggiorenni. NELLE MANI DEL GIP Su questa seconda ordinanza di custodia cautelare dovrà decidere il giudice minorile per le indagini preliminari Alessandra Chierego, lo stesso che l’8 febbraio emanò la prima ordinanza, per resistenza e aggressione a pubblico ufficiale: quella che tiene A. S. attualmente in carcere. Tutto questo perché il fascicolo nei confronti dell’indagato è unico. La Chierego avrà bisogno di qualche giorno per decidere, il tempo per consultare l’intero impianto accusatorio messo su fra le indagini (con intercettazioni ambientali) della Polizia e l’interrogatorio della Procura dell’8 febbraio, nel quale il ragazzo rispose alle domande degli inquirenti. INTERCETTAZIONI In quel drammatico pomeriggio, durante il quale il minorenne scoppiò a piangere nelle braccia della mamma prima di essere tradotto nel carcere di Bicocca, A. S. ammise di aver partecipato agli scontri e di aver preso da terra la lastra metallica ritenuta l’arma dell’omicidio, ma pur impappinandosi non ci fu una confessione completa. Più probanti, per gli inquirenti, le riprese in questura durante le quali A. S. discutendo con un altro fermato minorenne annuiva sul fatto di aver colpito Raciti. RIGETTO Intanto la Procura Generale di Catania - coordinata da Giovanni Tinebra - ha rigettato "perché non esistono i presupposti", la richiesta avanzata dall’avvocato Lipera, difensore di A.S, per l’avocazione delle due inchieste delle procure della Repubblica distrettuale e per i minorenni. Nella richiesta si sosteneva la sovrapposizione tra i magistrati delle due procure e inoltre si chiedeva il trasferimento delle indagini dalla Polizia a Carabinieri o Guardia di Finanza per motivi di opportunità. L’avvocato Lipera, che ieri ha presentato istanza di scarcerazione sul primo arresto del giovane, attende ora l’emissione di questa seconda ordinanza che gli consentirà di conoscere il contenuto dell’intero fascicolo.

20 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Ordine di arresto per l’ultrà catanese

CATANIA - Si aggrava la posizione del ragazzo di 17 anni accusato di avere avuto un ruolo nella morte dell’ispettore capo Filippo Raciti. La Procura per i minori di Catania ha depositato una richiesta di ordinanza di custodia cautelare per omicidio volontario nei suoi confronti. A vagliarla sarà il gip Alessandra Chierego, lo stesso giudice che ha disposto l’arresto del diciassettenne per resistenza a pubblico ufficiale. Un contributo di 420.000 euro sarà consegnato oggi dal presidente della Lega Calcio Matarrese alla vedova di Filippo Raciti.

20 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Raciti, solo un ultrà resta in carcere

Polemica dopo il Tribunale della libertà

Per gli indagati una conferma di arresto, cinque domiciliari e un obbligo di firma. La Procura: "Una decisione che desta stupore". Probabile il ricorso in Cassazione.

CATANIA - Un ordine di carcerazione confermato, gli altri trasformati: cinque in arresti domiciliari, uno in obbligo di firma giornaliero. Sono le decisioni odierne del Tribunale della libertà di Catania riguardati l'inchiesta sugli scontri nel derby Catania - Palermo del 2 febbraio scorso, nei quali perse la vita l'ispettore capo di polizia Filippo Raciti. La decisione è stata accolta dalla Procura della Repubblica distrettuale con un certo "stupore", provocato dalla "discordanza di valutazione rispetto alle decisioni del Tribunale del riesame per minorenni" che aveva confermato cinque arresti su sette. La Procura starebbe per questo valutando l'ipotesi di ricorrere in Cassazione contro la decisione del Tribunale del riesame e di avanzare richiesta di giudizio immediato per gli indagati.

21 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Catania, tornano a casa in cinque

di Maurizio Nicita

Il tribunale del riesame concede i domiciliari agli arrestati dopo i tragici fatti di Sant’ Agata. Il procuratore Papa: "Ricorreremo in Cassazione". La polizia protesta.

Tutti a casa, o quasi. A meno di tre settimane dai tragici fatti di Catania che hanno portato alla morte l’ispettore capo di polizia, Filippo Raciti e provocato il ferimento di 84 persone fra le forze dell’ordine, i protagonisti di quegli scontri se ne stanno tornando tranquillamente a casa. Il tribunale del riesame - presieduto da Roberto Passalacqua, giudici Maria Paola Cosentino e Antonio Giuttari - nei ricorsi sinora affrontati ha infatti deciso di scarcerare 5 degli arrestati per gli scontri del 2 febbraio (4 assegnati ai "domiciliari", uno alla firma quotidiana), confermando il carcere solo per (Omissis), in quanto pregiudicato per danneggiamento aggravato. Si ripete una scena già vista. Dure le reazioni che arrivano dai sindacati di polizia e soprattutto dalla Procura di Catania. RICORSO IN CASSAZIONE Lo annuncia per i provvedimenti del Riesame, il procuratore aggiunto Renato Papa: "Rispettiamo le sentenze dei giudici, pur non condividendole e le impugneremo davanti al supremo collegio. Notiamo che c’è una discordanza di valutazione rispetto alle decisioni del Tribunale del riesame per minorenni che ha confermato 5 arresti su 7. Leggiamo nei provvedimenti, che ci si è basati solo sul mancato pericolo di inquinamento delle prove, dimenticando il pericolo di reiterazione di reato, evidente in soggetti così violenti. Sì, dovranno restare ai domiciliari, ma queste sono misure che si concedono a vecchi e malati non a soggetti pericolosi. Il problema nostro è che sulla carta poniamo accuse che prevedono fino a 5 anni di pena, ma in Inghilterra con gli hooligan la deterrenza l’ha prodotta una certezza della pena: non elevata ma che si sconti subito". PERICOLOSO ? MA NON A CASA Colpisce, fra gli altri, la motivazione per la misura che riguarda (Omissis), nonostante si scriva nell’ordinanza: "individuato come uno dei numerosi soggetti che, dopo aver lanciato pietre, oggetti metallici, bottiglie di vetro e altro contro un nucleo di polizia, dopo aver fatto cadere per terra il commissario Cassisi Giuseppe (che ha rischiato la vita, ndr), si accanivano contro il predetto, colpendolo con calci e pugni". E si conclude: "Il grado di pericolosità sociale dello stesso appare pertanto significativo, ma tenuto conto dell’incensuratezza e dall’assenza di pendenza, si ritiene che la relativa esigenza possa essere salvaguardata anche con gli arresti domiciliari". LE REAZIONI Sottolinea Giovanni Nicotra, presidente della Uil-polizia: "Certi provvedimenti ormai purtroppo non ci stupiscono, perché costantemente vediamo scarcerati i delinquenti che assicuriamo alla giustizia. Si sa che i domiciliari non possono avere un controllo ferreo in una città come Catania dove i problemi di ordine pubblico sono costanti nel tempo e crescenti nel numero di reati. E vorrei sottolineare che le carceri non si svuotano con indulti, ma con la certezza della pena". Aggiunge il segretario del Siulp, Oronzo Cosi: "C’è bisogno di costruire una nuova architettura normativa basata su un concetto essenziale: esiste un nuovo tipo di criminalità organizzata, quella espressa da alcune tifoserie ultrà, che ha come fine il lucro e che ha come strumento l’esercizio della violenza e della devastazione sui campi di calcio e sui territori ad essi collegati".

22 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Già finito il pugno di ferro a Catania scarcerati 6 ultrà

di Fulvio Bianchi

ROMA - In carcere sono rimasti meno di venti giorni e così ieri, fra le polemiche, sono stati mandati a casa sei dei sette ultrà che erano stati arrestati il 2 febbraio scorso dopo gli scontri scoppiati al termine di Catania-Palermo. Un venerdì tragico, con la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti. Addio pugno duro, solo un tifoso rimane in carcere. Cinque sono finiti ai domiciliari e un altro è stato rimesso in libertà con l’obbligo della firma: lo ha stabilito il tribunale del riesame. Decisione, questa, che ha stupito non poco la Procura catanese: tanto che sta valutando se presentare ricorso in Cassazione e di avanzare richiesta di giudizio immediato per gli indagati. Il tribunale del riesame per i minorenni ha invece confermato la misura cautelare in carcere per cinque dei sette ragazzi fermati dopo gli scontri. Per l’omicidio Raciti, al momento, c’è un solo indagato, un diciassettenne che resta in carcere. Nei prossimi giorni il Gip dovrà esaminare la richiesta di misura cautelare. Intanto a Bologna il giudice monocratico ha rigettato la richiesta di patteggiamento per (Omissis), l’artigiano che sabato scorso aveva lanciato un seggiolino in campo. Il pm e la difesa avevano raggiunto un accordo di condanna a 7 mesi con sospensione della pena. Il processo per direttissima si terrà oggi e il tifoso rossoblù, primo arrestato dopo il decreto Amato, rischia un anno. In Lucania primo arresto di un tifoso: aveva accesso un fumogeno in uno stadio. In Campania, invece, sospesi ultimamente ben 12 club dilettantistici dal Comitato Regionale. Pugno durissimo, quindi. Per ordine del presidente Carlo Tavecchio. Il giudice sportivo ha anche cancellato un club di calcio a cinque (Futsal San Giuseppe) per gravi violenze, come anticipato ieri da Repubblica. Al Senato il vicecapo vicario della polizia, Antonio Manganelli, ha lanciato l’allarme: "Una volta il nemico comune degli ultrà era l’arbitro. Adesso è il poliziotto". Come si è visto, purtroppo a Catania. "Il decreto Amato, quindi, è un segnale importante di svolta". Anche perché, sempre secondo Manganelli, "in Italia ci sono 487 club di tifosi, il 20% dei quali hanno qualche legame con formazioni estremiste. Si tratta di 20mila persone, iscritte a club che hanno qualche appartenenza nell’antagonismo estremo, alcune delle quali di matrice anarco-insurrezionalista. I gruppi organizzati più forti cacciano i meno forti dalle curve". Tempo fa era stato lo stesso Sisde a lanciare l’allarme-infiltrazioni. "La mafia però non cerca consenso negli stadi - ha concluso Manganelli - ma a Catania in curva ci sono frange di estrema destra". Oggi riunione dell’Osservatorio del Viminale: il dottor Felice Ferlizzi e il suo staff dovranno esaminare la situazione stadi. Quattro o cinque sono pronti a riaprire (Firenze, Livorno, Empoli, Bergamo, Lecce mentre ad Ascoli litigano Comune e club). Da fissare gli orari del turno infrasettimanale di mercoledì 28 febbraio: di pomeriggio, per motivi di ordine pubblico, si potrebbe giocare anche Samp-Atalanta oltre a Lazio-Catania, Siena-Livorno e Reggina-Fiorentina. Le altre, di notte.

22 febbraio 2007

Fonte: La Repubblica

Gli arrestati sono vecchie conoscenze della polizia di Catania. Avevano partecipato anche agli scontri di Catania-Cagliari.

Raciti, fermati altri due ultras

"Incastrati grazie alle telecamere"

Molotov a Castellammare di Stabia, si giocherà a porte chiuse. La partita sarà trasmessa in diretta dalla Rai a Napoli e Avellino.

CATANIA - Nuovi arresti a Catania. La Digos e la polizia di stato hanno fatto scattare i provvedimenti restrittivi nei confronti di due fratelli, (Omissis), nell'ambito delle indagini sui disordini del 2 febbraio scorso, quando fu ucciso l'ispettore capo di polizia Filippo Raciti. Il fermo dei fratelli (Omissis) porta a 42 il numero di ultras arrestati dalle forze dell'ordine. Di questi, però, solamente sette rimangono agli arresti domiciliari e uno ha l'obbligo di firma quotidiani in un ufficio della polizia. Le persone denunciate a piede libero sono ancora 25. Gli (Omissis) sono vecchie conoscenze della questura catanese: in passato (Omissis) è stato denunciato per danneggiamento, violenza privata, lanci di materiale pericoloso, lesioni personali volontarie, porto di oggetti per offendere, furto e rissa. E anche (Omissis) ha a carico una denuncia per lancio di materiale esplodente. Adesso i due ragazzi, di 24 e 19 anni, sono stati identificati grazie alle riprese delle videocamere della polizia scientifica. I filmati mostrano i due fratelli partecipare attivamente ai disordini che hanno portato alla morte di Raciti, lanciando bombe carta, pietre e altri oggetti contro le forze dell'ordine. I due sono accusati anche di aver partecipato agli scontri durante la partita Catania-Cagliari del 21 gennaio scorso. Castellammare. Porte chiuse anche per la serie C. Il prefetto di Napoli Alessandro Pansa ha disposto che la gara tra Juve Stabia ed Avellino in programma domani pomeriggio allo stadio "Romeo Menti" di Castellammare di Stabia, venga giocata senza pubblico. La disposizione arriva in seguito al ritrovamento, avvenuto giovedì mattina, di quattro bottiglie molotov e di un messaggio minatorio che minacciava di far fare alla tifoseria avellinese "la fine di Raciti". Ieri, il sindaco di Castellammare, Salvatore Vozza, aveva chiesto un rinvio del match per aggiornare le misure di sicurezza dello stadio. Il prefetto ha preferito le porte chiuse, ma ha disposto con un'ordinanza che la partita sia trasmessa in diretta dalla RaiTre per le province di Napoli e di Avellino.

24 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Il Cibali riapre Il minorenne resta in carcere

di Maurizio Nicita

CATANIA - Ieri il tribunale del riesame dei minori di Catania ha convalidato il provvedimento di arresto per resistenza aggravata disposto dal Gip Alessandra Chierego nei confronti del 17enne A.S, indagato anche per l’uccisione dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti. Il provvedimento non riguarda l’omicidio per il quale è ancora pendente una richiesta di ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dai pm Angelo Busacca e Silvia Vassallo, davanti al Gip che non ha ancora adottato alcun provvedimento. L’avvocato difensore del minore, Giuseppe Lipera, ha proposto ricorso in Cassazione per il minore che dal 6 febbraio è detenuto nel carcere di Bicocca e ha ammesso di aver preso parte agli scontri, ma non di avere ucciso il poliziotto. CURVA NORD Se ieri la procura ha dissequestrato lo stadio (la relazione del tecnico Aiello sottolinea irregolarità di Comune e del Catania sulla gestione dell’impianto), lo stesso ufficio dedicato ai minori ha provveduto al sequestro della sola curva nord, il luogo del delitto dove presto potrebbe svolgersi un incidente probatorio. Curiosità: il tribunale del riesame ha assegnato agli arresti domiciliari Luigi Mannino, custode del Cibali, insieme a moglie e figlia (avevano aggredito e minacciato i poliziotti, anche con i cani), ma non sono tornati nell’abitazione all’interno dell’impianto, rimasta chiusa.

28 febbraio 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Raciti, ordine di arresto del Gip

Omicidio volontario per il 17enne

Il giudice accoglie la richiesta della Procura ed emette l'ordinanza. Il ragazzo si dice innocente: "Avevo un pezzo di metallo ma non ho ucciso".

CATANIA - Da resistenza a pubblico ufficiale a omicidio volontario. Il diciassettenne già in prigione per i disordini scoppiati un mese fa durante il derby Catania-Palermo, da oggi è ufficialmente accusato anche dell'assassinio dell'ispettore di Polizia Filippo Raciti. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dei minori di Catania, Alessandra Chierego, accogliendo la richiesta della Procura, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare per omicidio volontario in concorso con altri, nei confronti del diciassettenne indagato per l'uccisione dell'ispettore Raciti. Il provvedimento è stato notificato in carcere al ragazzo. Ieri il Tribunale del riesame aveva respinto la richiesta di scarcerazione presentata dal legale del minorenne, l'avvocato Giuseppe Lipera, che ha preannunciato ricorso in Cassazione. Il diciassettenne era detenuto per resistenza a pubblico ufficiale, ma da oggi è in carcere anche per l'accusa di omicidio volontario. Lui continua a dichiararsi innocente, ammettendo soltanto di aver partecipato agli scontri del 2 febbraio scorso durante il derby Catania-Palermo. Ma c'è un filmato che incastrerebbe il minorenne. Sono le immagini di un gruppo di giovanissimi che, dentro lo stadio, si organizzano per attaccare la Polizia. Manca il fotogramma dello scontro che ha portato alla morte dell'ispettore, ma la ricostruzione della scientifica sembra non lasciare scampo al giovane. Prima della guerriglia, qualcuno stacca il pezzo di alluminio che sorregge il lavabo di un bagno dello stadio e lo poggia per terra, davanti a una delle grandi porte d'ingresso del "Massimino". Ai giudici il ragazzo ha ammesso di aver brandito quel pezzo di metallo e di averlo usato per spingere "come un ariete" i poliziotti, ma nega di aver colpito per uccidere. Per gli investigatori, invece, "l'impatto tra l'ultrà e Raciti è consequenziale. La nostra ricostruzione - ha detto il procuratore aggiunto di Catania Renato Papa - è rigorosamente logica".

28 febbraio 2007

Fonte: Repubblica.it

Raciti, il minorenne ora rischia grosso

di Alessio D’Urso

Si aggrava la posizione del tifoso accusato della morte dell’ispettore capo: è omicidio volontario. La vedova del poliziotto ai giovani che lo ricordano: "Questa è la sua Catania".

CATANIA - Omicidio volontario in concorso. È la gravissima accusa per cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Catania, Alessandra Chierego, accogliendo la richiesta della Procura, ha emesso ieri l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di A.S, il 17enne indagato per l’uccisione dell’ispettore capo Filippo Raciti. Il provvedimento è stato notificato in carcere al minorenne dalla squadra mobile della questura di Catania. IN CARCERE A.S. era già detenuto per resistenza a pubblico ufficiale, ma da ieri la sua posizione si è ulteriormente aggravata dopo la seconda pesante contestazione del gip. Il provvedimento restrittivo era stato sollecitato dal procuratore della Repubblica per i Minorenni Gaspare La Rosa e dai sostituti Angelo Busacca e Silvia Vassallo. L’indagato si è sempre dichiarato innocente, ammettendo soltanto di aver partecipato agli scontri del 2 febbraio durante il derby Catania-Palermo e di essere presente sulla scena che gli investigatori ritengono sia quella del delitto: la porta d’ingresso della Curva Nord del Massimino. Il 17enne fu fermato dalla polizia i giorni seguenti agli scontri per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, perché riconosciuto dagli investigatori in alcuni dei filmati dei disordini in possesso della Scientifica. Il fascicolo della nuova accusa è stato integrato anche da prove documentarie. LA DIFESA L’avvocato del 17enne indagato, Giuseppe Lipera, ha diffuso ieri una nota in cui "dissente totalmente dal teorema accusatorio proposto dalla Procura della Repubblica e allo stato avallato dal gip. I difensori, preso atto allo stato soltanto del contenuto del provvedimento, dichiarano espressamente che, nei modi e termini di legge, proporranno formale istanza di riesame al Tribunale della Libertà competente, ritenendo sin d’ora che l’ordinanza applicativa della misura cautelare è ingiusta ed errata. Il ragazzo respinge in maniera assoluta l’accusa e continua a protestare la sua innocenza rispetto alla morte dell’Ispettore Raciti". UNA SQUADRA E sono 11 i minorenni ancora detenuti per resistenza aggravata nell’ambito delle indagini per gli scontri del 2 febbraio: l’ha sottolineato ieri il procuratore della Repubblica per i Minorenni di Catania La Rosa rilevando che i provvedimenti sono passati al vaglio del Tribunale del Riesame che li ha convalidati, mentre ad altri due indagati i giudici hanno concesso ad uno gli arresti domiciliari e all’altro la permanenza in una comunità. COMMEMORAZIONI Domani, ad un mese dalla tragica fine di Raciti, verrà celebrata in Cattedrale ad Acireale (dove vive la famiglia del poliziotto) una messa di suffragio alle 10.30. Subito dopo un corteo si muoverà dal comune acese e, idealmente, raggiungerà il Massimino, teatro degli scontri. Ieri sera oltre 200 persone hanno ricordato l’Ispettore davanti al X Reparto Mobile catanese. Marisa Grasso, moglie del poliziotto ucciso, ha detto ai giovani: "Grazie ragazzi, insieme vinceremo: questa è la Catania di mio marito".

1 marzo 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Caso Raciti, per il diciassettenne l’accusa è di omicidio volontario

CATANIA - Ora è accusato di omicidio il giovane diciassettenne indagato per l’uccisione dell’ispettore Filippo Raciti. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Catania, Alessandra Chierego, ha emesso infatti un’ordinanza di custodia cautelare per omicidio volontario in concorso nei confronti del minore. Il provvedimento è stato notificato in carcere al ragazzo dalla Squadra Mobile della Questura di Catania. Il diciassettenne era detenuto per resistenza a pubblico ufficiale, ma da ieri è in carcere con l’accusa di omicidio volontario dopo la contestazione che gli è stata mossa dal Gip. Il provvedimento restrittivo era stato sollecitato dal procuratore della Repubblica per i minorenni Gaspare La Rosa, e dai sostituti Angelo Busacca e Silvia Vassallo. L’indagato si è sempre dichiarato innocente, ammettendo soltanto di avere partecipato agli scontri che si sono verificati il 2 febbraio scorso durante il derby Catania-Palermo. (m.g.)

1 marzo 2007

Fonte: La Repubblica

Raciti, il diciassettenne al gip

"Non parlo, tanto non mi credete"

Catania, interrogatorio di garanzia per il ragazzo arrestato per la morte del poliziotto. Ma lui si avvale della facoltà di non rispondere: "Non prendete in considerazione le mie tesi".

CATANIA - "Io continuo a professarmi innocente, ma è inutile parlare perché nell'ordinanza ho letto che non avete preso in considerazione le mie tesi a discolpa. Allora preferisco avvalermi della facoltà di non rispondere". È quanto dichiarato ai magistrati dal 17enne accusato di avere provocato la morte dell'ispettore capo di polizia Filippo Raciti. A riferirlo è il suo avvocato, l'avvocato Giuseppe Lipera, nel giorno in cui era previsto l'interrogatorio di garanzia nella Sezione minorile nel carcere di Bicocca. Presente anche il padre. Ad ascoltare il giovane il gip Alessandra Chierego e i pm Angelo Busacca e Silvia Vassallo. Il minore doveva spiegare ai magistrati le sue responsabilità in ordine ai disordini del 2 febbraio, in occasione del derby Catania-Palermo. Lo scorso 27 febbraio il Tribunale del Riesame aveva respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali del giovane, convalidando l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violenza e resistenza a pubblico ufficiale firmata dal Gip Alessandra Chierego. Il legale ha già deciso di ricorrere in Cassazione contro questa decisione, sottolineando "la disparità di valutazione con il Tribunale del riesame ordinario che per i giovani maggiorenni incensurati ha disposto gli arresti domiciliari o l'immediato rilascio".

3 marzo 2007

Fonte: Repubblica.it

Omicidio Raciti, è scontro tra pm e difesa

ROMA - La mancanza dei fotogrammi del momento in cui è stato colpito Filippo Raciti, le incongruenze temporali tra l’arrivo allo stadio del poliziotto e il suo ferimento, i dati dell’esame medico secondo cui tra il ferimento e lo choc emorragico che hanno portato alla morte dell’ispettore sono passati al massimo 20 minuti. Sono i punti essenziali della richiesta di scarcerazione presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera per il suo assistito, il 17enne accusato dell’omicidio dell’ispettore di polizia ucciso a Catania il 2 febbraio scorso negli incidenti durante il derby con il Palermo. Il difensore, in conferenza stampa a Roma, ha proposto una tesi alternativa a quella sostenuta dalla Procura per i minorenni: a provocare le ferite al fegato che hanno poi causato il decesso di Raciti, potrebbe non essere stato un colpo inferto con una barra di ferro, ma il violento impatto con uno sportello di un’auto della polizia. La ricostruzione della difesa è stata anticipata da l’Espresso, domani in edicola. La tesi degli avvocati sarà sottoposta al gip Alessandra Chierego, che in passato, convalidando l’arresto, aveva già ritenuto i video delle telecamere dello stadio compatibili con la ricostruzione della procura. E il pm da parte sua afferma che l’ipotesi che l’ispettore Raciti sia morto per "fuoco amico" come ipotizzato dai legali del diciassettenne è stata vagliata, verificata e esclusa. Intanto la Cassazione ricorda che è vietato esporre simboli fascisti o razzisti allo stadio: confermata la decisione del gip di Roma contro un giovane che durante una partita Roma - Livorno ha esibito una bandiera con Mussolini.

9 marzo 2007

Fonte: La Repubblica

Un poliziotto sconvolge le indagini

Forse Raciti ucciso da una camionetta

ROMA - Filippo Raciti potrebbe essere morto per una manovra errata dell’autista della camionetta della polizia. La rivelazione dell’Espresso oggi in edicola potrebbe far nuova luce sull’uccisione dell’ispettore capo durante gli scontri di Catania-Palermo del 2 febbraio scorso. La ricostruzione è basata sull’interrogatorio di un agente scelto, S.L, 46 anni, secondo il quale la morte di Raciti sarebbero avvenuta alle 20.30, quindi più di un’ora dopo il contatto con gli ultras del Catania, dopo che l’uomo era sceso dal Discovery. Dopo aver letto i nuovi verbali, gli avvocati dell’unico indagato, A.S, arrestato pochi giorni dopo gli scontri e accusato di omicidio, sosterranno l’ipotesi avanzata dal settimanale oggi in edicola.

6 aprile 2007

Fonte: La Repubblica

Discovery fatale. Come è morto l'ispettore Filippo Raciti a Catania ?

di Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina

Una camionetta della polizia in retromarcia. Un urto. Poi l'ispettore si accascia. Dal verbale di un agente forse una nuova verità sulla tragedia di Catania.

Il Discovery della polizia si muove in retromarcia per sfuggire all'inferno di pietre, fumo e bombe carta scatenato dagli ultras catanesi. Poi, un botto improvviso sulla vettura. In quel momento l'ispettore Filippo Raciti si porta le mani alla testa e si accascia. Due colleghi lo adagiano nel sedile posteriore del fuoristrada; l'ispettore si lamenta dal dolore e non riesce a respirare. Potrebbe essere in questo racconto, nel verbale redatto il 5 febbraio scorso alla squadra mobile di Catania, la soluzione del "caso Raciti'', l'ispettore di polizia morto dopo gli scontri con i tifosi durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio. A raccontare è l'autista del fuoristrada, l'agente scelto S.L, 46 anni. È lui che ricostruisce dettagliatamente quella giornata di follia: dall'arrivo dei pullman con i tifosi del Palermo sino agli ultimi momenti di Raciti. Il passaggio più importante del verbale va collocato intorno alle 20,30. Più di un'ora dopo il presunto contatto con gli ultras di fronte al cancello della curva Nord e a partita appena conclusa, mentre fuori dallo stadio continua la guerriglia. Rivela S.L: "In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l'abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall'auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un'esplosione, e sceso anch'io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l'autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull'autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra". Raciti viene adagiato sul sedile e soccorso da un medico della polizia. L'ispettore muore per la manovra imprudente di un collega alla guida del Discovery ? A ipotizzarlo, dopo avere letto il verbale, è adesso la difesa dell'unico indagato, il minorenne A.S. arrestato pochi giorni dopo gli scontri, e accusato dell'omicidio. Scrive il medico Giuseppe Caruso, nella consulenza di parte: le fratture delle quattro costole dell'ispettore e le sue lesioni al fegato sono compatibili, "con abbondante verosimiglianza, con il bordo dello sportello di un fuoristrada o dello spigolo posteriore di un identico autoveicolo". Si potrebbe ribaltare dunque lo scenario proposto dalla polizia e dal pm della Procura presso il Tribunale per i minorenni, Angelo Busacca, che accusano il giovane di avere scagliato, con altri, un pezzo di lamiera contro un gruppo di agenti, tra cui Raciti, che tentavano di proteggere i tifosi del Palermo. Un gesto compiuto, come testimoniano le riprese video, tra le 19,04 e le 19,09. La partita giudiziaria ora si gioca sul terreno medico-legale. A sostegno della nuova richiesta di scarcerazione per mancanza di indizi del minorenne gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco hanno depositato la consulenza di Caruso che demolisce le considerazioni del medico-legale del pm, Giuseppe Ragazzi. "La frattura delle coste, a maggior ragione quando le coste fratturate sono diverse", scrive Caruso, "comporta dolori lancinanti e difficoltà respiratorie immediate e non consentono, a chiunque, lo svolgimento delle normali attività fisiche". Come ha fatto Raciti, dunque, si chiedono i difensori, a fronteggiare gli ultras catanesi, dalle 19,08 sino alle 20,20, con quattro costole fratturate e un'emorragia al fegato senza avvertire dolori ? La risposta è affidata a una nuova consulenza medico-legale collegiale, che gli avvocati hanno chiesto al gip Alessandra Chierego, con "esperti di chiara fama, non escludendo l'ipotesi di dovere chiedere la riesumazione del corpo dell'ispettore". Oltretutto Raciti, dopo le 19.08, ha continuato il suo lavoro senza problemi, come testimonia il suo collega Lazzaro: "Mentre eravamo in macchina non ho sentito Raciti lamentare dolori o malessere". Dopo due mesi di indagini della polizia di Catania ora il caso Raciti è affidato ai carabinieri del Ris di Parma: i risultati della nuova perizia si conosceranno entro un paio di mesi.

6 aprile 2007

Fonte: Ariannaeditrice.it

L'avvocato Lipera rivela la presenza di due perizie con esiti opposti. "Potremmo anche chiedere la riesumazione del cadavere" dice il legale.

"Una nuova perizia sul corpo di Raciti"

La chiede la difesa del minorenne indagato

Intanto spunta un nuovo filmato che confermerebbe la ricostruzione degli investigatori.

CATANIA - Potrebbe essere riesumato il cadavere di Filippo Raciti, il commissario ucciso a Catania la sera del 2 febbraio durante gli incidenti della partita Palermo-Catania. L'ipotesi è stata ventilata dalla difesa di A.S., il minorenne unico indagato dell'uccisione del poliziotto, perché esistono due perizie medico legali che dicono cose opposte e contrastanti. "Se c’è bisogno, certo, sarà riesumato anche il cadavere. Perché no ? Il medico del pm dice una cosa, il nostro ne dice un'altra. Ma noi non abbiamo dubbi su come siano andate le cose" - dichiara Giuseppe Lipera in un'intervista al sito Affariitaliani.it. Non c’è pace attorno a Filippo Raciti. Lipera rivela che venerdì due ufficiali del Ris di Parma sono scesi a Catania e sono stati allo stadio "Massimino" per prelevare un oggetto del tutto simile a quello che, secondo l'accusa, sarebbe stato scagliato addosso al 38enne poliziotto provocandogli la frattura di quattro costole e lo spappolamento del fegato. Lesioni risultate poi letali. "Quel pezzo di lamiera è una sfoglia, si solleva con un dito, non avrebbe fatto del male e tantomeno ammazzato neanche un bambino - sottolinea ancora Lipera. I carabinieri di Parma che oggi sono venuti qui non hanno detto nulla, ma ora non possiamo che attendere la loro perizia per l'udienza del 3 maggio. Quando ci sarà la verifica dell'incidente probatorio". Intanto spunta un nuovo filmato di quella tragica serata al "Massimino". Tra il girato di Antenna Sicilia tv, la polizia ha trovato alcune sequenze che riguardano proprio il poliziotto. Le immagini sono da collocare intorno alle 20.15, poco più di un'ora dopo il presunto scontro con i tifosi nella porta d'ingresso della curva Nord del Massimino, e 18 minuti prima del presunto impatto che il poliziotto avrebbe avuto con lo stesso Discovery. Si vede Filippo Raciti in piedi, sul Discovery, aggrappato con una mano sullo sportello anteriore destro, che è aperto, e con l'altra sul tetto del veicolo che procede lentamente da piazza Spedini in via D'Emanuele mentre intorno allo stadio ci sono scenari da guerriglia urbana. L'ispettore scende dall'auto di servizio, fa pochi passi camminando a fianco del Discovery, trascinando vistosamente la gamba destra e mostrando una netta sofferenza al fianco. Poi risale a bordo della vettura, si siede e chiude lo sportello. La tempistica, secondo gli investigatori, permetterebbe di stabilire che Raciti era già ferito al fegato alle 20.15, e questo escluderebbe il fuoco amico e confermerebbe invece, sostengono dalla polizia, l'impatto in curva Nord con i tifosi.

14 aprile 2007

Fonte: Repubblica.it

Raciti, un nuovo video riapre il giallo

di Michela Giuffrida

CATANIA - A due mesi e mezzo dalla morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti spunta un nuovo video girato durante gli scontri del derby Catania-Palermo. E la schermaglia tra accusa e difesa si fa ancora più serrata tra ricorsi, nuove perizie e colpi di scena che, di volta in volta, vanno a favore dell’accusa, che sostiene che ad uccidere Raciti sarebbe stato il pezzo di lamiera divelta da un sottolavello lanciato dal diciassettenne che è tuttora in carcere accusato di omicidio, o danno ragione agli avvocati difensori del ragazzo che ora chiedono la riesumazione del cadavere e che sostengono che Raciti sarebbe morto per le lesioni riportate nell’impatto con un Discovery della polizia che faceva "girandola" fuori dallo stadio per disperdere gli ultras. Nel nuovo video che la squadra mobile della questura di Catania ha fornito ora alla procura della Repubblica per i minorenni si vede Raciti in piedi, sul Discovery della polizia, aggrappato con una mano sullo sportello anteriore destro, che è aperto, e con l’altra sul tetto del veicolo che procede lentamente mentre intorno allo stadio ci sono scenari da guerriglia urbana. L’ispettore - si nota poi nel video - scende dall’auto di servizio e cammina a fianco del Discovery trascinando vistosamente la gamba destra, mostrando una evidente sofferenza al fianco destro. Dopo Raciti risale a bordo della vettura, si siede e chiude lo sportello. Quei fotogrammi, filmati dall’emittente privata Antenna Sicilia, sono stati girati alle 20.15, cioè circa un’ora dopo lo scontro con i tifosi alla porta d’ingresso della curva Nord del Massimino. Dunque dopo le sequenze di guerriglia filmate dal primo video inserito agli atti dell’inchiesta proprio quello che, secondo la procura, inchioderebbe il 17enne accusato di omicidio e nel quale si vede il ragazzo che scaglia al di là dell’ingresso della curva il pezzo di sottolavello metallico. Il nuovo video insomma permetterebbe di stabilire che Raciti era già ferito al fegato alle 20.15 e questo, di conseguenza, escluderebbe la morte causata da "fuoco amico", cioè dal presunto impatto con il Discovery della polizia che sarebbe avvenuto 18 minuti dopo, alle 20.33, come emerge dalla testimonianza fornita dopo gli incidenti da un collega di Raciti. Per gli avvocati difensori del diciassettenne il nuovo video non prova nulla dato che, per il medico legale Giuseppe Caruso, l’ispettore Raciti non avrebbe potuto resistere oltre 10-20 minuti dopo il colpo che gli è stato fatale. "Agli atti dell’inchiesta c’è un filmato nel quale, alle 19.10, l’ispettore Raciti carica, correndo e con il manganello in mano. Come avrebbe potuto - chiede Giuseppe Lipera, difensore del diciassettenne - se 3 minuti prima Raciti aveva subito la frattura del fegato e di quattro costole ?". Tutto si gioca dunque sul filo dei minuti e sulle due perizie medico-legali che, per Lipera, "dicono cose opposte e contrastanti tra loro su cause, modalità e tempistica nel ferimento mortale". Per questo l’avvocato ieri è tornato a chiedere la riesumazione del cadavere di Raciti. "Perché no ? - afferma Lipera - trovandosi di fronte a due perizie di parte che pervengono a risultati e considerazioni opposte e del tutto incompatibili, il Gip avrebbe dovuto, con assoluto buon senso e ragionevolezza, accogliere l’istanza della difesa e dirimere un dissidio peritale del tutto insanabile con una nuova perizia medico collegiale". A Catania intanto un altro giovane, (Omissis), 24 anni - è stato arrestato per violenza a pubblico ufficiale, nell’ambito dei disordini del 2 febbraio scorso. All’ultrà non viene contestato l’omicidio, ma atti di violenza contro le forze dell’ordine.

15 aprile 2007

Fonte: La Repubblica

Dubbi "sull'arma" anche nella perizia dei Ris di Parma.

Raciti, il legale del 17enne indagato

"Non fu omicidio, ecco le prove"

L'avvocato del minorenne catanese, unico indagato per la morte dell'ispettore, ha mostrato la presunta arma del delitto: "Quel lavello non poteva uccidere".

CATANIA - I Ris di Parma esprimono consistenti dubbi sulla presunta "arma" che avrebbe ucciso l'ispettore Filippo Raciti durante gli scontri del 2 febbraio allo stadio Massimino di Catania durante il derby Catania-Palermo. "In tale quadro - scrivono nella perizia depositata questa mattina e resa subito nota dall'avvocato Giuseppe Lipera, legale del diciassettenne catanese, unico indagato per l'omicidio - e alla luce delle conclusioni medico-legali e dei filmati a disposizione, pur non potendo esprimersi per una diagnosi definitiva, l'ipotesi della inidoneità sembra riunire maggiori elementi di probabilità". L'arma in questione è un sottolavello che il giovane avrebbe lanciato contro Raciti. La perizia è stata letta dall'avvocato Lipera che ha convocato una conferenza stampa per fare il punto sulle indagini. "Il sottolavello con il quale sarebbe stato ferito mortalmente l'ispettore Filippo Raciti è inidoneo a procurare le lesioni che avrebbero causato il decesso dell'investigatore", ha affermato il legale del minorenne, invitando i giornalisti a "non parlare più di omicidio dell'ispettore Filippo Raciti, ma di morte del povero poliziotto perché - ha sostenuto - non si può parlare più di omicidio". A sostegno della sua ipotesi, l'avvocato Lipera ha mostrato un modello di sottolavello analogo a quello sul quale è in corso la perizia rilevando che "la flessibilità del lamierino non lo renderebbe idoneo a cagionare la ferita mortale subita da Raciti". Secondo il perito di parte, Francesco Privitera, nominato dalla difesa, infatti, "le conclusioni dell'accusa non sono suffragate né sostenute da elementi tecnici e scientifici sulla compatibilità" tra il sottolavello e la ferita cagionata a Raciti. Per gli esperti della difesa la perizia eseguita non "prende in considerazione la velocità e la forza" necessarie affinché il colpo sia letale né "la compatibilità con la natura, la tipologia e la conformazione delle lesioni rilevate" sulla vittima. Per questo lo studio Lipera chiede che "ci sia un ulteriore, scrupoloso, scientifico approfondimento per ottenere un totale accertamento della verità". L'avvocato ha anche annunciato di avere affidato una perizia necroscopica di parte a un luminare il cui nome sarà ufficializzato nei prossimi giorni. Il penalista ha ricordato anche i prossimi appuntamenti del caso giudiziario: il 28 maggio nel palazzo di giustizia per i minorenni di Catania ci sarà la fase finale dell'incidente probatorio disposto dal Giudice per le indagini preliminari Alessandra Chierego sul sottolavello e il 31 maggio il caso del diciassettenne approderà dinanzi la corte Cassazione che sarà chiamata a pronunciarsi riguardo la scarcerazione del giovane indagato.

25 maggio 2007

Fonte: Repubblica.it

Raciti fu investito da un’auto

di Salvo Palazzolo

CATANIA - "L’ispettore Filippo Raciti non può essere stato ucciso da un sottolavello. Quella violenta compressione sul suo torace si riscontra normalmente negli incidenti stradali". Irrompe il medico legale del caso Cogne, il professore Carlo Torre, nelle indagini sulla morte del sottufficiale di polizia stramazzato per terra durante i disordini della partita Catania-Palermo del 2 febbraio. E si schiera con la difesa del diciottenne indagato per omicidio. è lui il superconsulente a cui l’avvocato Giuseppe Lipera ha consegnato tutta la documentazione raccolta finora dall’indagine. Nella sua relazione Torre suggerisce: "La riesumazione del cadavere potrebbe aiutare nuovi accertamenti. La morte può essere stata causata da un urto violentissimo con una grandissima massa". La difesa rilancerà oggi con una conferenza stampa: "Quale auto ha colpito Raciti ?". Alla vigilia dell’incidente probatorio di lunedì, anche i carabinieri del Ris di Parma hanno depositato le loro conclusioni. E sembrano offrire altre ragioni ai legali del diciassettenne. A Cogne, i carabinieri del colonnello Garofano e il professore Torre si erano trovati su posizioni opposte. Adesso, sui fatti di Catania, sembrano avere gli stessi dubbi: "I dati analitici ottenuti - scrive il Ris - seppur suffragati da una approfondita sperimentazione, non ci consentono di stabilire con certezza scientifica se il sottolavello in sequestro possa essere stato l’oggetto che impattò violentemente l’ispettore capo Raciti". E ancora, in termini più perentori: "Alla luce delle conclusioni medico-legali e dei filmati a disposizione, pur non potendo esprimersi per una diagnosi definitiva, l’ipotesi dell’inidoneità sembra riunire maggiori elementi di probabilità". Il Ris ha esaminato sia il sottolavello che la giacca di goretex indossata dal sottufficiale. Resterebbero comunque due punti a favore della tesi della Procura: "L’attitudine del sottolavello a produrre dei tagli - annota il Ris - e la presenza, in corrispondenza del taglio evidenziato sulla giacca della vittima, di aggregati riconducibili all’acciaio e di tracce composizionalmente assimilabili a materiale murario dello stesso tipo di quelle evidenziate sul sottolavello e di quelle prelevate dalla parete del bagno dello stadio da cui fu divelto il sottolavello". Per i pm restano elementi importanti. Da palazzo di giustizia non arriva alcun commento ufficiale, ma da ambienti investigativi viene fatto notare che "l’esame del Ris non comprende altre importanti prove documentali e testimoniali", quelle che secondo la Procura comproverebbero la responsabilità del minore, così come ad oggi è stata ribadita da gip, tribunale del riesame e Cassazione.

26 maggio 2007

Fonte: La Repubblica

Raciti, la difesa ricusa due giudici

CATANIA - I legali del diciassettenne indagato per l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, morto il 2 febbraio scorso durante gli scontri del derby Catania-Palermo, hanno presentato un’istanza di ricusazione di due giudici del Tribunale per il riesame per i minorenni. Nella richiesta gli avvocati sottolineano che il presidente Emanuele Geraci e il giudice Emma Seminara si sono già espressi, respingendoli, su tre precedenti richieste di scarcerazione.

1 giugno 2007

Fonte: La Repubblica

Il gip: "Dubbi dalla perizia del Ris". Ma il ragazzo resta in prigione con l'accusa di rissa. "L'ipotesi che ad uccidere l'ispettore sia stato il 'fuoco amico" è esclusa".

Raciti, revocato ordine d'arresto per l'ultrà catanese minorenne

L'accusato piange in carcere: "Era ora, me lo aspettavo". Il legale della vedova: "Non cerchiamo un colpevole qualsiasi".

CATANIA - Il gip per i minori di Catania, Alessandra Chierego, ha revocato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di omicidio al 17enne indagato per l'uccisione dell'ispettore capo di polizia, Filippo Raciti, morto durante i disordini del derby Catania-Palermo del 2 febbraio. Il giovane, però, resta in carcere per il reato di rissa per il quale pure era stata richiesta, ma non concessa, la revoca del provvedimento. Il gip scrive che i "dubbi" avanzati dalla recente perizia del Ris fanno venire meno "la gravità degli indizi per giustificare la detenzione cautelare in carcere". "Dalla perizia dei carabinieri del Ris di Parma vengono introdotti elementi di dubbio che fanno sminuire la granicità del costrutto accusatorio" - scrive il gip. Che però esclude l'ipotesi del "fuoco amico" (in base alla quale fatale sarebbe stato piuttosto l'impatto con la jeep della polizia), tanto da rigettare l'ennesima richiesta di perizia medico-legale. Nei giorni scorsi gli uomini del Ris di Parma avevano trovato tracce di vernice blu (il colore del Discovery su cui Raciti era in servizio la sera del derby) sugli scarponi di Raciti. Una rivelazione che smentirebbe la tesi della Procura secondo la quale a uccidere il poliziotto sarebbe stato un colpo di un pezzo di un lavello impugnato dal minorenne in carcere: "Non c'è nessun elemento che la confermi" dice il Ris. Per esserne certi i militari "hanno persino colpito per 14 volte un manichino con un oggetto identico, ottenendo lo stesso risultato: se fosse stato un uomo, sarebbe rimasto vivo". Ed Enzo Trantino, il legale della vedova del poliziotto ucciso, dice: "Se ora il Gip ha deciso la scarcerazione dell'indagato significa che ricorrevano le condizioni per farlo. Noi restiamo in attesa non di un responsabile qualsiasi ma dell'autore o degli autori dei gravissimi fatti che hanno strappato un uomo alla famiglia, alla divisa e alla vita". E Giuseppe Lipera, il legale del minorenne, definisce la decisione del Gip "un atto di giustizia atteso da tempo". "Dopo avere letto il provvedimento - aggiunge Lipera - mi sembra di capire che un ruolo determinante sia stato quello della perizia dei Ris di Parma. Noi avevamo fatto rilevare che non vi erano filmati che ritraessero l'impatto; vi era certezza di un drappello di carabinieri e di poliziotti che dicevano di non averlo mai perso di vista, ma anche che sostenevano di non avere mai visto l'impatto. Adesso siamo più sereni". E lui, il minorenne accusato, ha pianto alla notizia: "Era ora, c'è voluto tanto tempo ma me lo spettavo". Poi la conferma di "avere capito di avere sbagliato, di avere commesso un errore gravissimo, ma soltanto per la passione del calcio". Quella passione che lo ha portato a esultare in carcere quando il Catania, vincendo con il Chievo a Bologna, ha conquistato la permanenza in Serie A: "Se la squadra fosse retrocessa - ha rivelato ai suoi legali il diciassettenne - non me lo sarei perdonato, perché sarebbe stata anche colpa mia".

4 giugno 2007

Fonte: Repubblica.it

E il giovane scoppia in lacrime

Voglio abbracciare mia madre

di Michele Giuffrida

CATANIA - "Avevo due soli desideri. Uno si è realizzato. Ora voglio che si realizzi l’altro: tornare a casa". Sorride e piange per la felicità, il diciassettenne accusato dell’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, dopo tante lacrime di disperazione e rabbia, versate in 4 mesi di carcere. È stata Grazia Coco, uno degli avvocati del suo collegio di difesa, ieri, intorno alle 13 a visitarlo nel carcere di Bicocca dove, poco prima, al ragazzo era stato notificato il provvedimento di revoca della custodia cautelare per l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti. "Era ora - le ha detto il giovane - c’è voluto tanto tempo ma io me lo aspettavo, lo sapevo, e voglio ringraziare questo giudice. Io ho sbagliato, certo - ha aggiunto il diciassettenne che ha ammesso di aver partecipato agli scontri del Massimino per la cui partecipazione sarà giudicato con il rito immediato il prossimo 5 luglio - ma è stata la passione per il calcio a spingermi, quella stessa passione che mi ha fatto pregare che il Catania non fosse retrocesso in B. Se fosse accaduto - dice il ragazzo - sarebbe stata anche colpa mia e non me lo sarei mai perdonato. Ma ora basta, ora fatemi riabbracciare la mia famiglia, mia madre che mi ha sempre incoraggiato a sperare e mio padre che per pagare le spese giudiziarie ha già ipotecato la nostra casa". Una speranza che potrebbe concretizzarsi presto se venisse accolta dal gip anche l’istanza di scarcerazione per il reato di resistenza aggravata che l’avvocato Giuseppe Lipera annuncia di voler ripresentare già stamattina motivandola ora con la disparità di trattamento rispetto agli altri minorenni che, accusati dello stesso reato dopo gli scontri del Massimino, sono già tornati liberi o sono agli arresti domiciliari. "Rinunceremo ad ogni altro ricorso pendente, anche in Cassazione - aggiunge Lipera - perché abbiamo trovato un giudice a Catania senza dover andare a Roma o a Berlino". Felice anche il padre del minorenne ancora in carcere: "Eravamo certi che sarebbe finita così perché sapevamo che nostro figlio era innocente. Sapevamo anche di avere a fianco un avvocato che aveva voglia di combattere per la ricerca della verità. Io e mia moglie adesso speriamo solo di vedere presto a casa mio figlio, libero da un’accusa che ci ha fatto vivere un incubo tremendo".

5 giugno 2007

Fonte: La Repubblica

Raciti, dolore e dubbi a un anno di distanza

di Francesco Viviano

San Giovanni la punta - Ieri mattina, quando è uscito dalla comunità che lo ospita, per andare al lavoro, era meno allegro del solito. Proprio un anno fa era stato filmato dalle telecamere dello stadio mentre si scontrava con i poliziotti durante il derby Catania-Palermo dove rimase ucciso l’agente Filippo Raciti. "Ma non l’ho ammazzato - ripete Antonio Speziale ai suoi compagni di comunità - lo scontro c’è stato, me ne sono pentito, ma sono sicuro che non lo abbiamo ucciso". Antonio, che all’epoca dei fatti era ancora minorenne, dall’estate scorsa vive agli arresti domiciliari in una piccola comunità di San Giovanni La Punta, un paese a 10 chilometri da Catania. Ha il divieto assoluto di parlare con i giornalisti. Ma con i suoi amici, altri nove ragazzi ospiti come lui di quel centro, può parlare. E con loro e con l’educatore che da mesi lo assiste, si sfoga. "Quest' esperienza mi ha distrutto - dice - e di calcio non ne voglio più sentire parlare; quando questa storia finirà, se riuscirò a dimostrare la mia innocenza, non metterò mai più piede in uno stadio anche se non ho mai dimenticato la mia squadra che ho seguito per anni, anche in trasferta...". Sia pure agli arresti domiciliari in comunità, Antonino Speziale ha il permesso di uscire la mattina per andare al lavoro, in una officina meccanica di San Giovanni La Punta. Fa mezza giornata. La mattina lo accompagna un educatore fino all’officina e poi alle 13 rientra nella comunità dove riprende a studiare. "Per fortuna - racconta ad un amico - sono riuscito ad impegnarmi, avevo perso l’anno scolastico a causa dell’incidente" (il suo arresto avvenuto pochi giorni dopo la morte di Filippo Raciti e con lui adesso è indagato a piede libero un altro ultras ndr) e sono riuscito a recuperare l’anno che avevo perso". La sua "classe" è all’interno della comunità dove è ospite anche un altro giovane agli arresti domiciliari. "Ma lui ha legato con tutti - fino ad ora racconta un dipendente della comunità - non ci ha creato problemi. Fa sport, gioca qualche volta a calcetto e studia...". Anche in paese dove ormai tutti sanno chi è Antonio Speziale è considerato un bravo ragazzo. "Certo solo lui può sapere la verità, solo lui può sapere se ha ucciso o meno quel povero poliziotto, ma qui, a San Giovanni La Punta, è sempre stato tranquillo" sostiene un anziano che sosta spesso vicino l’officina meccanica dove Antonio lavora. Ma quando era rinchiuso nel carcere dei minorenni di Catania il suo comportamento era stato valutato negativamente. "Era rissoso e tentava di imporsi con gli altri detenuti" - dicono le relazioni degli agenti di polizia penitenziaria consegnate alla magistratura che nei giorni scorsi ha ripristinato gli arresti domiciliari in comunità con l’accusa di omicidio. Prima lo era soltanto per resistenza aggravata a pubblico ufficiale. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giuseppe Lipera, ha sempre ipotizzato che Raciti sia morto per "fuoco amico", colpito cioè da una manovra in retromarcia di un Discovery della polizia. Una versione non ritenuta verosimile e scartata in più giudizi da Gip e Tribunale del riesame. Per l’accusa invece la morte di Raciti sarebbe stata provocata proprio al sottolavello in acciaio che Antonio Speziale usò come "ariete" per colpire i poliziotti che tentavano di bloccare gli ultras che volevano raggiungere la curva dei tifosi del Palermo. E lo testimonierebbe il filmato di una telecamera posizionata nella Curva Nord, dove avvennero gli incidenti. L’inchiesta per omicidio adesso è a un bivio: il 7 febbraio compie un anno e la Procura per i minorenni di Catania ha due possibilità: o chiude le indagini e chiede il rinvio a giudizio di Speziale, oppure chiede al Gip una proroga di alcuni mesi. La tempistica è diversa per la Procura distrettuale che ha iscritto il secondo sospetto nel registro degli indagati in tempi più recenti e non ha quindi bisogno di valutare l’ipotesi di chiedere eventuali proroghe. Antonio però continua a sostenere la sua innocenza così come il padre, operaio. "Grande dolore e rispetto per Filippo Raciti e la sua famiglia, ma mio figlio - dice Roberto Speziale - con la sua morte non c’entra niente. Penso sempre a quel giorno e farei qualunque cosa per potere tornare indietro per cambiare il corso del destino ma so che è inutile. Il dolore che provo è immenso: penso alla famiglia Raciti ma, inutile nasconderlo, anche alla mia, perché, lo ribadisco con certezza, mio figlio è innocente".

2 febbraio 2008

Fonte: La Repubblica

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