Per gli inquirenti
catanesi è stato un attacco
premeditato. Sono minorenni nove
delle persone finite in manette.
Ispettore ucciso, 22
arrestati
Caccia all'uomo tra gli
ultrà
I funerali di Raciti
lunedì alle 17. Sarà presente
Amato. Il presidente della
squadra conferma: "Lascio il
calcio".
ROMA - L'ipotesi di
reato è omicidio volontario
aggravato. Per ora a carico di
ignoti. Ma la procura e le forze
dell'ordine di Catania lavorano
senza sosta per identificare i
responsabili dell'uccisione
dell'ispettore Filippo Raciti.
Dal momento della tragedia sono
stati arrestati 22 ultrà del
Catania, nove dei quali sono
minorenni. Lo stadio Massimino è
stato sequestrato e nel tardo
pomeriggio è scattata una vasta
operazione di polizia negli
ambienti dei tifosi organizzati.
Le indagini. Gli inquirenti
ritengono che Raciti sia rimasto
vittima di un attacco
premeditato alle forze
dell'ordine. Il procuratore
aggiunto di Catania Renato Papa
ha spiegato che gli accertamenti
mirano a identificare gli
esponenti di "un gruppo
criminale, formato anche da
minorenni che assaltano le forze
dell'ordine solo per il gusto di
farlo". Insomma baby gang che si
mimetizzano tra i tifosi solo
per "allenarsi" alla guerriglia.
Digos
e squadra mobile della Questura
hanno interrogato testimoni,
colleghi di Raciti, feriti.
Hanno cercato tra i tifosi, o
presunti tali, del Catania
perché, sottolinea il pm Ignazio
Fonzo, gli "ultras del Palermo
sono estranei agli incidenti".
Ad avvalorare la pista
dell'attacco premeditato c'è il
racconto di un collega di
Raciti: "La scorsa settimana
insieme a Filippo abbiamo
deposto in un processo e per
direttissima contro un ultrà che
ha patteggiato la pena. Dopo la
sentenza del giudice che lo ha
condannato lo abbiamo visto
lasciare il tribunale ridendogli
in faccia...". E nel tardo
pomeriggio oltre 400 poliziotti
e carabinieri hanno dato inizio
a una vera e propria caccia
all'uomo, con perquisizioni
mirate in casa di potenziali
responsabili delle violenze. Le
indagini passano anche dal
sequestro dello stadio
Massimino, che sarà "studiato da
esperti per verificare se
esistevano le condizioni minime
per la sicurezza degli
spettatori e delle forze
dell'ordine". La dinamica
dell'aggressione. Gli inquirenti
hanno potuto ricostruire quanto
accaduto nella strada antistante
l'ingresso della curva nord.
Raciti era con dei colleghi del
reparto mobile impegnati a
respingere i tifosi del Catania
che volevano aggredire quelli
del Palermo, appena entrati
nello stadio. I poliziotti sono
riusciti a bloccare un minorenne
e ad arrestarlo: un agente ha
accompagnato il ragazzo verso i
cellulari, mentre Raciti è
tornato nell'auto. A quel punto
l'aggressione, forse una
rappresaglia per la cattura di
uno degli ultras. Un masso ha
colpito Raciti allo sterno
procurandogli una forte lesione
alla gabbia toracica e ai
polmoni, poi l'esplosione di una
bomba carta e l'inalazione del
fumo. È stata la somma di questi
fattori a provocare un arresto
cardiocircolatorio che si è
rivelato fatale per l'ispettore.
I funerali. Domani sarà
effettuata l'autopsia sulla
salma di Raciti. Poi, nel
pomeriggio, nella caserma del
decimo reparto mobile del
capoluogo etneo sarà allestita
la camera ardente. Le esequie di
Raciti si svolgeranno lunedì
alle 17, in cattedrale,
contemporaneamente all'inizio
della cerimonia per la
processione della patrona
Sant'Agata. Una processione che
doveva essere festosa e che sarà
segnata da lutto proclamato dal
sindaco Umberto Scapagnini.
Qualcuno a Catania voleva che la
festa fosse revocata ma alla
fine si è deciso di limitarla
alle cerimonie religiose e di
annullare tutto il resto, a
cominciare dai fuochi
d'artificio e dal concerto. Ai
funerali dell'ispettore Raciti
parteciperà il ministro
dell'Interno Giuliano Amato. Il
presidente Pulvirenti lascia.
Come tutta la città, è sotto
shock la squadra. Il presidente
Nino Pulvirenti e
l'amministratore delegato Pietro
Lo Monaco hanno confermato oggi
quanto aveva detto a caldo
subito dopo la morte di Raciti:
lasceranno il calcio. "Non ho
dormito tutta la notte - ha
affermato Pulvirenti - e ho
deciso: lascio. Non lo farò
immediatamente perché abbiamo
degli obblighi da rispettare con
dipendenti, calciatori e tifosi
veri ma appena sarà possibile
passerò la mano. Si è aperta una
ferita che non si può
rimarginare, non sono più
disposto a continuare". Gli fa
eco Lo Monaco: "Con il calcio ho
chiuso. Quello che è accaduto
ieri allontanerebbe chiunque da
questo mondo".
3 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia: Raisport.rai
Premeditazione: volevano
colpire Raciti
di Maurizio Nicita
Dal nostro inviato.
CATANIA - Premeditazione. È il
concetto che emerge dagli
addetti ai lavori e dagli
inquirenti impegnati nelle
indagini per la morte
dell’ispettore Filippo Raciti.
Lo dicono, quasi lo urlano, i
colleghi. Non si nasconde
nemmeno il Procuratore aggiunto
di Catania, Renato Papa che ieri
mattina ha svolto con i colleghi
sostituti Ignazio Fonzo e Andrea
Bonanno - titolari anch' essi
del fascicolo aperto per
omicidio volontario a opera di
ignoti - un sopralluogo allo
stadio che è sotto sequestro.
Mentre l’altro pm, Antonella
Barreca, ha emanato ieri un
totale di 22 arresti, 9 dei
quali per minorenni. Questi non
sono accusati di omicidio ma di
violenze e aggressione a
pubblico ufficiale, con capi
d'accusa che potrebbero
diventare ancora più pesanti se
verrà considerata la
devastazione. Intanto ieri
pomeriggio blitz della Polizia
nella sede del gruppo ultrà "A
sostegno di una fede" nei pressi
di piazza Dante, con alcuni
ulteriori fermi. FATTI CHE SI
RIPETONO Dice Papa: "Non è stato
un problema di Catania contro
Palermo, ma di certe persone
contro la Polizia. Si tratta di
azioni che hanno come obiettivo
diretto quello di colpire le
forze dell’ordine. Gente che non
segue nemmeno cosa accade sul
campo. Succede da tempo". Poi
Papa aggiunge un concetto più
forte: "Sulle violenze allo
stadio la legge italiana è
inadeguata, non ha sanzioni
deterrenti. Chi è arrestato, se
incensurato, viene subito dopo
scarcerato. il tifoso che
ottiene il rito abbreviato dopo
la condanna, sospesa, esce
subito. Occorre una normativa
rigorosa come avviene
all’estero. In più nel 2003 è
stato abrogato un comma della
legge che permetteva l’arresto
dei diffidati recidivi, e di chi
non si presentava alla firma: un
grave atto di debolezza". LA
DINAMICA Febbrile in Questura la
visione dei filmati per
individuare colpevoli da poter
riconoscere e fermare in
flagranza differita. Ma
soprattutto uno, dall’interno,
pochi attimi prima che Raciti
venga colpito a morte: potrebbe
essere decisivo per scovare
l’omicida. Sono da poco passate
le 20.30, la partita è appena
finita ma gli scontri
continuano. Sono cominciati alle
16, davanti alla curva nord, per
l’insofferenza ai controlli di
chi vuole entrare - e qualcuno
ci riesce pure - senza
biglietto. Poi l’escalation con
lanci di sanitari, pezzi di
muro, segnali stradali e ogni
oggetto che sia possibile
divellere dalla curva nord e
dintorni, oltre a una serie
incredibile di bombe carta:
oltre cento. Dunque sono circa
le 20.30 quando Raciti con il
suo "Discovery" procede a passo
lento e a portiere aperte per
far da scudo a un drappello di
colleghi a piedi che lo seguono.
Il mezzo viene sottoposto a una
raffica di oggetti lanciati da
ogni parte: su dalla curva, ma
anche frontalmente. L’ispettore
viene colpito al petto da una
grossa pietra e sta chiudendo la
portiera del blindato quando una
bomba carta gli esplode davanti
ai piedi, l’effetto onda d’urto
viene reso violentissimo dalla
scocca dell’auto: i danni
interni al corpo del poliziotto,
che si accascia soccorso dai
colleghi, risulteranno letali.
Stamattina l’autopsia consentirà
di appurare scientificamente le
cause della morte. Il sostituto
della Dda etnea, Ignazio Fonzo -
già componente della Caf in Figc
- non si sbilancia: "Aspettiamo
per oggi una indicazione dai
medici che effettueranno gli
esami. Possiamo affermare,
comunque, che negli scontri non
c’è stato alcun coinvolgimento
di tifosi rosanero, ma che sono
stati opera solo di
pseudo-sostenitori del Catania,
delinquenti veri, con un’azione
premeditata di particolare
violenza, già vista purtroppo al
Cibali. Parlare oggi di omicidio
premeditato, però, è quantomeno
prematuro". PARTICOLARI
INQUIETANTI Sono successi in
questa stagione. Dall’agguato
teso nel derby col Messina, in
settembre, quando gli ultrà
etnei attirarono con un inganno
i celerini in curva nord,
ferendone diversi. Per
continuare con i lanci di bombe
carta "mirati" verso le forze
dell’ordine durante
Catania-Udinese del dicembre
scorso: 67 le esplosioni, una
delle quali ha rischiato di
ferire mortalmente un poliziotto
del reparto mobile, cui un
petardo era finito nel colletto
del giubbotto, dietro la nuca.
Solo la prontezza e il coraggio
di un collega ha evitato il
peggio già allora: ha preso con
una mano l’ordigno lanciandolo
lontano un attimo prima
dell’esplosione. E poi ancora un
altro episodio che riguarda il
povero Raciti, un esperto in
questi servizi. L’ispettore a
fine gennaio si era recato a
Palermo per testimoniare in un
processo contro un paio di ultrà
del Catania, da lui direttamente
riconosciuti responsabili -
attraverso i filmati - di
episodi di violenza nel derby di
andata alla Favorita. Alla fine
i due hanno patteggiato la pena,
uscendo a piede libero dall’aula
giudiziaria, sbeffeggiando
Raciti. Quel fitto lancio di
pietre e bombe carta verso di
lui non è casuale per i colleghi
che lo ritenevano un leader:
Raciti era un obiettivo della
curva, che da mesi canta l’odio
contro le divise blu e il
desiderio di vedere un
poliziotto morto.
4 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Caccia all’ultrà
assassino sfregiata l’immagine
Sicilia
di Salvo Palazzolo
Una notte di violenza a
Catania, dopo il derby, ha già
travolto tutta la Sicilia. "Per
l’immagine dell’Isola è stato
peggio di uno tsunami",
sostengono gli esperti di
marketing: "Il danno
quantificabile ammonta a 500
milioni di euro", è la stima
offerta dalla società Meta
Comunicazione, che ieri ha
effettuato un sondaggio fra
quaranta esperti di marketing e
pubblicità. Solo il 14 per cento
degli intervistati ritiene che
il danno sarà limitato al mondo
del calcio. Per il 55 per cento
è l’intera Sicilia che ne
risentirà. Anche se i tifosi
palermitani non sono stati
coinvolti: la ricostruzione
effettuata dalla Procura di
Catania esclude senza mezzi
termini il coinvolgimento dei
489 supporter rosanero negli
scontri di venerdì sera. "Quando
sono avvenuti i disordini, a
fine partita, i palermitani
erano ancora tutti dentro lo
stadio", spiega la polizia. Il
lungo corteo di autobus dei
rosanero è poi partito dal
capoluogo etneo intorno a
mezzanotte, scortato da un
nutrito numero di agenti della
questura di Palermo. Mentre a
Catania polizia e carabinieri
setacciano i club degli ultrà,
dal centro storico al quartiere
periferico di Librino (a fine
serata il bilancio è di 22
arrestati), a caccia
dell’assassino dell’ispettore
Filippo Raciti, il caso
travalica ormai il mondo del
calcio. "Gli effetti di tanta
violenza investiranno non solo
l’immagine ma anche l’economia
siciliana", sostiene la ricerca
di Meta Comunicazione: "La
perdita di immagine a livello
internazionale rischia infatti
di rappresentare un vero salasso
per i prodotti siciliani, e
naturalmente anche per il
turismo". La conferma di tante
preoccupazioni arriva dalla
stampa estera: in Spagna,
Francia e Inghilterra le prime
pagine di molti giornali sono
dedicate ai fatti di Sicilia.
Anche il presidente della
Regione, Salvatore Cuffaro,
prevede contraccolpi pesanti:
"E’ un giorno di lutto per tutti
i siciliani. Piangiamo la
vittima di una violenza
insensata, che oltraggia lo
sport ma anche un intero
popolo". Il presidente
dell’Assemblea regionale,
Gianfranco Miccichè, non usa
mezzi termini: "La Sicilia non
ha perso soltanto un ragazzo di
38 anni, ma anche la faccia. Si
fanno tanti sforzi per fare
apparire la nostra terra per ciò
che è realmente e poi un
episodio come quello di Catania
non fa che dare ragione a tutti
quelli che ci denigrano". Rita
Borsellino, leader dell’Unione,
guarda avanti: "Mi auguro che si
possa al più presto fare
chiarezza su quanto è successo -
dice - ma perché fatti come
questo non si ripetano bisogna
cercare la radice del problema,
chiedersi da dove nasce tanta
violenza e disagio sociale. La
repressione da sola non basta".
Una proposta la lanciano
l’eurodeputato Giusto Catania e
il senatore Santo Liotta,
entrambi di Rifondazione
comunista: "E’ arrivato il
momento che le tifoserie delle
squadre siciliane mettano
definitivamente fine all’atavica
rivalità che le contrappone.
Devono scegliere di gemellarsi.
È ormai un atto di civiltà
necessario". Ma i sindacati dei
poliziotti non sono più disposti
ad aspettare. Un documento dai
toni durissimi è stato firmato
da sette sigle: Siulp, Siap,
Silp, Consap, Fsp-Ugl, Coisp e
Uilps. "Da tempo, e non solo nel
capoluogo etneo, le
organizzazioni sindacali della
polizia di Stato hanno lanciato
purtroppo inascoltate grida di
allarme". I rappresentanti degli
agenti puntano l’indice contro
"gruppi di delinquenti che
sfruttano l’anonimato della
folla al solo fine di ingaggiare
tafferugli e aggredire le forze
dell’ordine, rimanendo
impuniti". Proprio nei giorni
scorsi i vertici della questura
di Catania avevano tenuto
incontri con i colleghi di
Palermo per organizzare le
misure di protezione attorno al
derby. Ma a Catania la
situazione è sfuggita di mano.
Adesso la magistratura vuole
accertare se lo stadio Massimino
e la zona circostante siano
dotati di tutte le strutture di
sicurezza necessarie.
4 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
I risultati
dell'autopsia modificano il
corso delle indagini
Un agguato contro
l’ispettore
Scatta il blitz,
ventidue arrestati
di Francesco Viviano
CATANIA - Incidente
oppure omicidio premeditato ? La
seconda ipotesi, agghiacciante e
crudele, è quella privilegiata.
A mano a mano che passano le
ore, si delineano i contorni
criminali che hanno portato
all’uccisione di Filippo Raciti.
Venerdì sera qualcuno ha pensato
che era il momento buono per
vendicarsi con l’ispettore, per
fargliela pagare e far passare
quella morte come un tragico
incidente. Il poliziotto
infatti, che da anni conosceva
volti e nomi della tifoseria
violenta catanese, aveva
testimoniato in un processo
contro un ultrà del capoluogo
etneo arrestato il 20 settembre
scorso durante gli scontri tra
tifosi dopo la partita d’andata
Palermo-Catania (5 a 2 per i
rosanero). Ed era stato proprio
Raciti che aveva "accompagnato"
i tifosi catanesi a Palermo a
riconoscere uno dei facinorosi
ribadendo due settimane fa le
accuse contro l’ultrà catanese
che è stato condannato con il
patteggiamento della pena.
Durante il processo erano state
pronunciate parole di sfida da
parte di alcuni tifosi presenti
in aula contro il poliziotto. Se
fosse questa la causa scatenante
dell’uccisione dell’ispettore
c’è da rabbrividire. Quel che è
certo, così come affermano
magistrati ed investigatori,
venerdì sera fuori dallo stadio
del Cibali è stato teso un vero
e proprio agguato dagli ultrà
catanesi alle forze dell’ordine.
Che polizia e carabinieri
fossero nel mirino della parte
più violenta della tifoseria
catanese, lo ha confermato il
procuratore aggiunto di Catania,
Renato Papa, che coordina
l’indagine sui sanguinosi
scontri dell’altro ieri:
"Bisognava fare di più per
proteggere gli uomini delle
forze dell’ordine, per esempio
usando gli idranti. Non capisco
perché in Italia non lo si
faccia". C’è stata
sottovalutazione ? E perché la
questura ha autorizzato i tifosi
della Curva Sud (quella ritenuta
buona) ad introdurre mortaretti
e fuochi d’artificio che sono
stati sparati poco prima e
durante la partita per
inneggiare a Sant' Agata,
protettrice di Catania e che
dava il via ai festeggiamenti
della Santa ? Una "concessione"
che ha fatto surriscaldare gli
animi dei tifosi della Curva
Nord. In questura
sull’argomento, mentre il capo
della polizia Gianni De Gennaro,
porta il cordoglio ai familiari
di Raciti, bocche cucite: "Le
polemiche per adesso ci
interessano poco" dice un
investigatore. È stato ucciso
uno dei nostri ed il nostro
dovere e primo obiettivo è
tentare di individuare ed
arrestare chi lo ha ucciso e
provocato gli incidenti. Gli
ultrà non si sono scagliati
contro i tifosi del Palermo,
volevano noi. Qui è peggio che
combattere i mafiosi e per
svolgere questo servizio allo
stadio prendiamo 12 euro in più,
12 euro...". Ventidue persone, e
tra queste 9 minorenni, sono
rinchiuse nel carcere di Piazza
Lanza e nelle celle del centro
per minori di via Raimondo
Franchetti. Sarebbero tutti
ultrà della tifoseria catanese,
molti appartenenti all’Ucn
(Ultrà Curva Nord), quello
ritenuto più "caldo" e che
respinge ogni accusa o
responsabilità negli incidenti.
"Quelli della Curva Nord erano
tutti allo stadio e sugli
spalti, prima che piovessero dal
cielo i lacrimogeni - afferma
Giorgio Terranova, 42 anni,
avvocato - non era accaduto
nulla. Poi il caos, molti non
riuscivano a fuggire". Ieri ci
sono state numerose
perquisizioni: sono state
trovate anche delle armi,
sostengono gli inquirenti. Gli
incidenti sono scoppiati in
coincidenza dell’arrivo dei
tifosi palermitani che sono
riusciti a raggiungere lo stadio
soltanto dieci minuti dopo
l’inizio del secondo tempo. Un
ritardo che in parte era stato
programmato proprio per evitare
incontri ravvicinati con i
tifosi catanesi. Ma pare che i
pullman con a bordo i tifosi
palermitani abbiano sbagliato
strada ed il ritardo ha superato
quello programmato. All’arrivo
dei palermitani, gli ultrà
catanesi che erano rimasti
appostati fuori dallo stadio
hanno scatenato la loro furia
contro i poliziotti sull’anello
alle spalle della Curva Nord.
All’inizio gli agenti erano
riusciti a contenere l’avanzare
dei teppisti, poi sono spuntati
fuori bastoni, petardi, bombe
incendiarie scagliati addosso
agli agenti. Sono stati momenti
di grande tensione e quando
l’ispettore Raciti si è trovato
nel mirino dei tifosi mentre il
poliziotto aveva bloccato uno di
loro, è stato colpito da una
bomba carta che lo ha ammazzato.
4 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Tra i 29 arrestati anche
figli di medici e di un
poliziotto
Raciti ucciso da un
corpo contundente
Migliaia di catanesi
alla camera ardente. I funerali
dell'ispettore saranno trasmessi
in diretta su RaiUno.
ROMA - L'ispettore capo
Filippo Raciti è morto per
un'emorragia al fegato, ucciso
non dall'esplosione di una bomba
carta, come ipotizzato in un
primo momento, ma da uno o più
oggetti contundenti. L'esito
dell'autopsia modifica lo
scenario investigativo e,
secondo gli inquirenti, allunga
i tempi delle indagini. Indagini
che hanno portato finora
all'arresto di 29 persone,
alcune delle quali minorenni, e
che proseguono incessanti mentre
migliaia di catanesi hanno reso
omaggio alla salma di Raciti
alla vigilia dei funerali.
L'autopsia. L'esame della salma
ha permesso di accertare che
Raciti è morto per "trauma
addominale e fratture multiple
del fegato, compatibili con un
colpo contundente di importante
adeguatezza lesiva". In parole
semplici l'ispettore è stato
colpito da uno o più oggetti
contundenti di grandi dimensioni
che gli hanno spaccato il fegato
procurandogli una ferita
mortale. I risultati dell'esame
autoptico modificano tra l'altro
gli orari dell'aggressione
sfociata nella morte di Raciti:
non più tra le 20.31 e le 20.34
ma in un arco temporale più
ampio perché il colpo mortale
potrebbe essere stato inflitto
all'ispettore capo anche
mezz'ora prima. E in questo
scenario perde quota l'ipotesi
dell'agguato, della vendetta
personale. L'inchiesta. I
magistrati che coordinano le
indagini prendono atto delle
novità introdotte dall'esito
dell'autopsia: "Ora - ammette il
procuratore aggiunto Renato Papa
- le indagini si fanno più
difficili e perché dobbiamo
esaminare un arco di tempo più
ampio e dobbiamo andare a
ritroso di almeno mezz'ora:
l'impatto mortale è avvenuto tra
poco prima delle 20 e le 20.34".
Un arco temporale non coperto
interamente da filmati e foto,
il che significa che potrebbero
non esserci immagini
dell'aggressione. La vasta
operazione condotta da polizia e
carabinieri a partire da ieri
pomeriggio, durante la quale
sono state perquisite le sedi di
quattro gruppi di ultras, ha
portato all'arresto di altre
sette persone e al sequestro di
armi, petardi e bombe carta. Le
persone arrestate finora sono
quindi 29. Tra loro ci sono
anche due figli di medici e un
figlio di un poliziotto. E
secondo la Direzione
distrettuale antimafia gli
ultras potrebbero "essere
riforniti di droga e armi dalla
criminalità organizzata".
L'omaggio alla salma. Dopo
l'autopsia il corpo di Raciti è
stato composto e deposto in una
bara avvolta nel tricolore. Il
feretro è stato quindi
trasferito nella camera ardente
allestita nella sede del Reparto
mobile della polizia dove in
poche ore migliaia di catanesi
hanno reso omaggio alla salma e
hanno lasciato centinaia di
mazzi di fiori e bigliettini.
Nei messaggi dedicati
all'ispettore ricorrenti parole
come "Mi vergogno", "indignati"
o "morte assurda". Accanto alla
salma la vedova, Marisa Grasso,
circondata da parenti e
poliziotti, sempre composta nel
suo dolore. Anche quando le è
stata consegnata la lettera che
il presidente del Consiglio
Romano Prodi ha inviato a lei e
ai figli, Fabiana e Alessio.
Domani i funerali. Le esequie
saranno celebrate domani alle 12
nella cattedrale, in
contemporanea con il Pontificale
della festa di Sant'Agata. La
cerimonia sarà trasmessa in
diretta su RaiUno. Per il
governo sarà presente il
ministro dell'Interno Giuliano
Amato. Ci saranno poi il leader
di An Gianfranco Fini e il
presidente della Regione
Salvatore Cuffaro. La città
sotto shock. Catania è apparsa
oggi come una città divisa: da
una parte le migliaia di persone
che esprimevano il proprio
dolore e il proprio sdegno per
quanto accaduto venerdì e
dall'altra i festeggiamenti per
la patrona Sant'Agata. Ad appena
500 metri dalla camera ardente
di Raciti la fiera che porta il
nome della protettrice della
città è stata affollatissima per
tutto il giorno. La festa
prosegue, anche se in tono
minore e con una forte
preminenza degli eventi
religiosi. Ma i fedeli sono
divisi su questa scelta: chi si
dice soddisfatto di questa
decisione sostiene che "non si
poteva punire un'intera città
per l'atto di pochi delinquenti"
mentre chi non condivide ritiene
che bisognava sospendere tutto
per rispetto a Raciti e per dare
un segnale forte. Pulvirenti non
lascerà. Il presidente del
Catania ha deciso di non
lasciare il calcio come invece
aveva detto di voler fare subito
dopo i tragici fatti di venerdì.
"Avevo pensato di andare via -
ha detto - ma sono arrivato alla
conclusione che non bisogna
darla vinta a questi teppisti.
Il dg Lo Monaco e io restiamo ai
vertici del Catania. Ci ha
convinti la reazione della
città".
4 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
L’ispettore ucciso con
una spranga
In carcere anche il
figlio di un agente
di Francesco Viviano
CATANIA - Poco prima di
accasciarsi e morire l’ispettore
di Polizia Filippo Raciti aveva
arrestato un ultras catanese,
AN, 26 anni, senza precedenti
penali ma tifoso della Curva
Nord dello stadio "Massimino"
dove venerdì è scoppiato
l’assalto ai poliziotti che è
costata la vita a Raciti, 38
anni e padre di 2 figli. E, con
N, "tra gli arrestati ci sono
anche figli di persone perbene,
insospettabili, tra di loro
anche 2 figli di medici e uno di
un poliziotto", ha affermato il
procuratore aggiunto Renato
Papa. La morte di Raciti sarebbe
stata provocata da un colpo di
spranga di ferro che lo ha
raggiunto allo stomaco
spappolandogli il fegato come ha
accertato l’autopsia compiuta
dal medico legale.
Un’aggressione che sarebbe
avvenuta intorno alle 20
all’esterno dello stadio,
mezz'ora prima che l’ispettore
venisse raggiunto dalla bomba
carta lanciatagli da un altro
tifoso, accasciandosi a causa
degli effetti letali provocati
dall’aggressione con la spranga
di ferro. È questa la
ricostruzione fatta nelle ultime
ore dalla squadra mobile di
Catania e dai magistrati che
indagano sulla morte
dell’ispettore e che rende
ancora più difficile
l’identificazione degli
assassini. Difficoltà alle quali
si aggiungono anche problemi di
coordinamento sull’attività
investigativa denunciati dal
procuratore di Catania, D’Agata,
che afferma d’esser "indignato"
dal fatto che la "scena del
crimine", la zona cioè dove
l’ispettore Raciti è stato
aggredito e ucciso, è stata
"inquinata". "È inconcepibile
che quella zona che doveva
essere sequestrata per
consentire rilievi tecnici e
scientifici che sarebbero stati
utili all’inchiesta, il giorno
dopo sia stata occupata dalle
bancarelle del mercatino
settimanale. Perché è accaduto
questo ?", mentre lo stadio,
estraneo alla scena del crimine,
è stato posto sotto sequestro
dalla magistratura. "Forse
prevale la logica di non
scontentare nessuno", dice
l’alto magistrato che apre nuove
polemiche anche all’interno del
suo ufficio e tra i magistrati
che coordinano l’inchiesta ai
quali s'è aggiunto anche un pm
della direzione distrettuale
antimafia per una presunta
"ingerenza" della mafia nella
vicenda. E in questa mancanza di
coordinamento D’agata ci mette
anche l’amministrazione comunale
che, proprio per la logica di
"non scontentare nessuno" ha
consentito l’occupazione di
quell’area alle bancarelle del
mercatino rionale. "È la logica
del consenso e del profitto,
anche se spero che questo
incidente sia stato provocato da
una mancanza di coordinamento
tra chi era deputato a prendere
certe decisioni". E così ieri
mattina quando sul posto sono
giunti da Roma gli esperti della
polizia scientifica non hanno
trovato tracce degli scontri,
nulla di utile, solo bucce di
banane, resti di frutta marcia e
immondizia. In mano agli
inquirenti ci sono solo i
filmati degli incidenti e i 29
arrestati, protagonisti degli
scontri con la polizia e
identificati proprio attraverso
la visione dei filmati. E tra
gli arrestati oltre a 9
minorenni, anche 4 senegalesi
(che vendevano "bombe carta"
dello stesso tipo usate dagli
ultras) e molti pregiudicati
appartenenti ai club più
facinorosi della tifoseria
catanese. Club e ritrovi che in
questi due giorni sono stati
individuati e perquisiti da
polizia e carabinieri e dove è
stato trovato un vero e proprio
arsenale tipico della guerriglia
ultras: mazze di baseball con i
colori del Catania, una spada,
una sciabola giapponese,
proiettili, fucili, una piastra
di protezione per giubbotto
antiproiettile, stupefacenti. Ma
la caccia agli assassini di
Raciti continua. Da venerdì il
capo della squadra mobile
Giovanni Signer e i suoi uomini,
sottoponendosi a turni
massacranti, non hanno mai
smesso di lavorare nel tentativo
di trovare la pista giusta per
identificare e arrestare chi ha
partecipato all’agguato contro i
poliziotti.
5 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Prima stordito poi
colpito da un masso sul fegato
di Maurizio Nicita
Raciti è stato
massacrato mentre era a terra
per effetto delle bombe carta.
Dal nostro inviato.
CATANIA - "Trauma addominale e
frattura multipla del fegato
compatibile con un corpo
contundente di importante
adeguatezza lesiva": è questo il
primo risultato dell’autopsia
effettuata dal dottor Ragazzi
ieri mattina sul corpo del
povero Filippo Raciti. Un
responso (quello definitivo
entro 60 giorni, per legge) che
rende ancora più complicata la
ricostruzione precisa della
scena del delitto, perché
secondo il primo parere del
medico legale, Raciti ha potuto
ricevere il colpo mortale in un
momento diverso da quando si
accascia e viene soccorso dai
colleghi, fra le 20.31 e le
20.34. La bomba carta, e il fumo
che ne consegue, hanno creato
problemi di respirazione senza
risultare letali come il colpo
inferto all’addome, che lo ha
portato alla morte dopo un’ora
di agonia con vani tentativi di
rianimazione in ospedale. COLPO
MORTALE L’ultima ricostruzione
dei fatti che trapela dagli
ambienti investigativi della
Questura è diversa dalle
versioni ufficiali. Racconta
della bomba carta esplosa ai
piedi di Raciti che lo
stordisce, a quel punto
l’ispettore esce dal fuoristrada
blindato, per non restare
intossicato dai fumi, si
accascia e viene colpito dal
lancio di altri oggetti. È a
questo punto che l’assassino si
avvicina - a quanto pare - e
scaglia da distanza ravvicinata
una grossa pietra che colpisce
in pieno addome la vittima
causando la lesione letale al
fegato. Se quest' ultima
versione sarà confermata dalle
indagini, nelle testimonianze
dei colleghi presenti in quel
punto durante gli scontri
infernali, l’omicidio diventa
ancora più efferato. Perché ci
si accanisce su un corpo inerme,
per dare il colpo di grazia e
giustiziarlo. È invece un dato
di fatto, confermato dal capo
della squadra mobile Giovanni
Signer, che sull’U-boot di
Raciti, il giubbotto in
dotazione ai celerini, non ci
sono strappi o segni di un colpo
all’addome. A creare ulteriore
raccapriccio è la visione del
fuoristrada blindato guidato
dallo stesso Raciti: la fiancata
sinistra, quella più esposta
rispetto alla curva, presenta
squarci alla carrozzeria che
danno il senso della violenza
cui sono stati sottoposte le
forze dell’ordine. E se sulla
premeditazione nel colpire
proprio quell’ispettore, gli
inquirenti appaiono scettici,
c’è un collega che preferisce
rimanere nell’anonimato che, ai
microfoni di Sky, sostiene:
"Filippo era uno dei bersagli,
perché conosceva bene gli ultrà,
che a loro volta sapevano come
si muoveva". L’IMBARAZZO DEL
MERCATINO Ieri da Roma sono
arrivati i corpi speciali del
Ris, la polizia scientifica:
potranno lavorare all’interno
dello stadio (sequestrato), ma
ormai non avrà più efficacia il
rilevamento sul luogo del
delitto, dove sabato si è svolto
l’abituale mercatino rionale.
"Voglio pensare - dice stizzito
il procuratore Vincenzo D’Agata
- si sia trattato solo di una
mancanza di coordinamento. Ma
sinceramente il fatto che questo
mercatino si sia svolto comunque
mi ha disturbato". Rimane senza
risposta il quesito sul perché
non sia stata transennata e
sequestrata la zona dove Raciti
è stato colpito. CAPI D’ACCUSA
Intanto si è conclusa a quota 29
(fra cui soggetti colpiti da
Daspo, entrati comunque allo
stadio) l’ondata di arresti
legata alla flagranza, diretta o
differita. Ora nel caso dai
filmati e dalle indagini vengano
riconosciuti altri soggetti, non
si potrà procedere agli arresti
perché reati come l’aggressione
a pubblico ufficiale o lancio di
oggetti pericolosi non prevedono
pene superiori a quattro anni,
quelle che consentono gli
arresti fuori dalla flagranza.
Per questo gli inquirenti stanno
ragionando su ipotesi di reato
più pesanti come la devastazione
o addirittura reati associativi:
"Stiamo valutando e non
escludiamo nulla, ma su questo
dobbiamo mantenere il riserbo"
dice il procuratore aggiunto,
Renato Papa. RESPONSABILITÀ
POLITICHE Al di là della
squalifica, gli inquirenti
terranno a lungo sequestrato il
Cibali, per capire dalla
convenzione fra Comune e Calcio
Catania le effettive
responsabilità sul mancato
adeguamento alla Legge Pisanu. E
gli stessi magistrati non
escludono responsabilità che
potrebbero portare
all’iscrizione nel registro
degli indagati di qualche
amministratore. SEQUESTRO VIDEO
Intanto il pm Ignazio Fonzo ha
dato mandato alle forze
dell’ordine di sequestrare il
video della trasmissione
Controcampo di sabato sera,
durante la quale è stata mandata
in onda l’intervista di un ultrà
catanese incappucciato: si
cercherà di riconoscerlo. LA
SFIDA È quella lanciata da tutti
gli uomini di legge contro la
criminalità in città. "Ora basta
- esclama Signer - non daremo
tregua a nessuno. Nemmeno a
santi e Santapaola". Aggiunge
Fonzo: "State tranquilli che
arresteremo gli assassini.
Perché questi ultrà fanno i
leoni, ma quando vengono
interrogati diventano
agnellini".
5 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Venerdì sera era nella
sala operativa quando ha saputo
della morte del collega e
dell'arresto del figlio.
Il padre poliziotto
dell'ultrà fermato
"Che vergogna, era tra
delinquenti"
di Francesco Viviano
Si è messo in licenza:
"Ho dato tutto a questo lavoro
il mondo mi è crollato addosso".
CATANIA - "Ho perso un
collega e mio figlio adesso è in
galera. Non è possibile, non è
possibile", dice tra le lacrime
a un suo amico poliziotto.
Venerdì sera, l'ispettore
(Omissis) era al lavoro nella
sala operativa della questura.
Stava seguendo minuto per minuto
gli incidenti che hanno portato
poi all'uccisione di Raciti. Più
tardi ha saputo da un collega
della Digos che tra gli ultras
arrestati per gli incidenti
c'era anche suo figlio,
(Omissis), 29 anni. Adesso
l'ispettore (Omissis) non si dà
pace. È un poliziotto ed un
padre distrutto. Distrutto dal
dolore per la perdita di un
collega e per un figlio accusato
ed arrestato mentre picchiava
altri poliziotti. Da venerdì
sera si è messo in licenza.
"Spero che mio figlio esca
pulito da questa storia perché -
ha detto l'ispettore (Omissis) a
dei colleghi che non lo hanno
abbandonato e che cercano di
farlo uscire da questo incubo -
non riuscirei a sopportare una
vergogna del genere, non posso
credere che anche lui era tra
quei mascalzoni e delinquenti
che hanno ammazzato uno dei
nostri". Quella sera l'ispettore
(Omissis) era di turno alla sala
operativa con gli altri colleghi
che ricevevano le richieste di
aiuto e che segnalavano
l'inferno che era scoppiato
dentro e fuori lo stadio
Massimino. E da quella sala
l'ispettore (Omissis) comunicava
gli ordini dei dirigenti che
tentavano di controllare la
situazione. Era sempre lì,
dentro la sala operativa, quando
altri colleghi hanno comunicato
che l'ispettore Filippo Raciti
era stato colpito e che era in
fin di vita. Non sapeva ancora
che anche suo figlio era in quel
girone infernale, in quella
battaglia scatenata dagli ultras
catanesi per colpire
deliberatamente i poliziotti.
"Come potevo immaginare che là
nel mezzo c'era anche mio figlio
? Non posso credere che abbia
partecipato agli scontri. Ho
dato la mia vita alla polizia e
proprio adesso che sono a pochi
anni dalla pensione mi cade
improvvisamente il mondo
addosso". In questura i suoi
colleghi sono altrettanto
addolorati. Proprio
nell'ingresso della questura,
sotto la lapide che ricorda i
caduti della polizia, ci sono
mazzi di fiori e messaggi di
altri colleghi per l'ispettore
Filippo Raciti. "Un papà con
moglie e due bambini più
fortunati" si è firmato un
collega dell'ispettore ucciso.
"(Omissis) è sempre stato un
collega esemplare e capisco che
in questo momento stia vivendo
un momento terribile" dice un
agente che indossa il saio
bianco ed il basco nero dei
devoti di Sant'Agata, venuto a
controllare il suo turno per
l'indomani. "È certamente
terribile trovarsi in una
situazione del genere, con un
collega ucciso ed un figlio in
carcere. (Omissis) è distrutto e
per adesso non riesce neanche a
venire in questura. Noi speriamo
che suo figlio non abbia nulla a
che fare con questa terribile
tragedia ma se fosse
responsabile è giusto che paghi.
Anche l'ispettore (Omissis) si
comporterebbe come noi, se di
mezzo ci fosse un nostro
figlio". (Omissis), separato da
anni dalla moglie, si è rivolto
ad un avvocato per "aiutare"
quel figlio finito nei guai e
per il quale il gip ieri ha
convalidato l'arresto.
6 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
C’è il nome del
poliziotto scampato
di Maurizio Nicita
Si chiama Giuseppe
Cassisi. Colpito più volte
mentre era a terra: salvato dai
colleghi.
Dal nostro inviato.
CATANIA - Dai verbali che in
questi giorni confluiscono sulle
scrivanie dei giudici etnei,
emergono particolari
raccapriccianti su quella
maledetta sera del 2 febbraio.
Perché se Filippo Raciti ha
perso la vita, il collega
Giuseppe Cassisi - sostituto
commissario del reparto mobile
della polizia di Stato - ha
rischiato grosso ed è lui
l’altro poliziotto che ha
rischiato di morire nella notte
ed è ancora ricoverato in
ospedale per le gravi ferite
riportate negli scontri.
"Cassisi veniva colpito
ripetutamente e violentemente
mentre riversava a terra inerme"
c’è scritto nei verbali. Ma in
questo caso la prontezza dei
colleghi e la buona stella del
Cassisi ha evitato il peggio.
AGGUATO E PESTAGGIO Le indagini
su quest' altra gravissima
aggressione hanno già portato ad
alcuni arresti: non a caso GG
(18) e DGSV (25) sono accusati
anche di lesioni gravissime,
procurate a quest' altra
vittima. L’episodio è accaduto
intorno alle 21 in via Ferrante
Aporti, una strada che costeggia
lo stadio dal lato curva sud.
Qui alcuni poliziotti si sono
ritrovati accerchiati e in
minoranza rispetto a un folto
gruppo di delinquenti e nella
colluttazione Cassisi è finito a
terra ed è stato pestato senza
pietà. Comunque sia il celerino
ha cercato di difendersi ed è
riuscito a strappare dagli abiti
di un aggressore un documento,
risultato poi fondamentale per
il riconoscimento. Solo un
miracolo ha fatto sì che la
tragedia di Sant' Agata non
diventasse ancora più grave. Ora
i colleghi attendono che il loro
amico Giuseppe torni appena
possibile fra loro, guarendo dai
pesanti postumi. ma. ni.
7 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Sì, ho tirato sassi su
quella volante pensavo a mio
padre che fa lo sbirro
CATANIA - "Quando ho
visto passare la volante della
polizia ho perso la testa, non
ho capito quello che facevo, è
stato un gesto istintivo, vedevo
in quei colori e in quelle
divise la figura di mio padre
poliziotto che con me non è mai
stato troppo tenero...". Così
(OMISSIS), 28 anni, muratore,
sposato, padre di un bambino e
figlio dell’ispettore di polizia
(Omissis), ha provato a spiegare
ai pm che cosa è scattato nella
sua testa venerdì sera. E perché
si è trovato in mezzo ad altri
tifosi a lanciare contro i
poliziotti grossi massi durante
gli scontri allo stadio
Massimino dove ha perso la vita
il collega di suo padre,
l’ispettore Filippo Raciti.
(OMISSIS) è finito in galera con
altri ultras catanesi
protagonisti degli incidenti con
le forze dell’ordine. "Ma io non
sapevo quello che era accaduto -
racconta - non sapevo che c’era
stato quel macello, che era
stato ammazzato un poliziotto".
E quando i magistrati gli
chiedono perché abbia preso a
sassate con altri una volante
della polizia sfondandone i
vetri, il giovane racconta.
"Quel pomeriggio ero andato allo
stadio con altri amici. Avevo
preso posto, come sempre in
curva nord. Poi, quando sono
arrivati allo stadio i
palermitani ci sono stati degli
incidenti, sugli spalti,
soprattutto nel settore dove mi
trovavo io. La polizia ha
iniziato a lanciare lacrimogeni.
A quel punto gli animi si sono
surriscaldati e molti di noi si
sono infuriati per quello che
stava accadendo". Ma lei ha
partecipato agli scontri ?
chiedono i magistrati a
(OMISSIS), difeso dall’avvocato
Mario Brancato. "No - risponde
lui - Avevo visto che fuori
dallo stadio c'erano stati degli
incidenti. Ma, a fatica, sono
riuscito a tornare a piedi a
casa". Alcune ore dopo, intorno
alle 23, (Omissis) viene
arrestato dopo avere lanciato
grosse pietre ai poliziotti. "Io
ero tornato allo stadio perché
quando ero andato a casa avevo
lasciato la mia automobile
parcheggiata nei pressi dello
stadio e non avevo potuto
prenderla proprio a causa degli
incidenti. In quel momento è
passata la volante e ho perso la
testa, eravamo arrabbiati perché
ci avevano lanciato i
lacrimogeni. Per terra c'erano
delle grosse pietre e le abbiamo
lanciate contro la volante". Il
figlio dell’ispettore di polizia
(Omissis) è ancora in carcere.
Il gip ha confermato il suo
arresto con l’accusa di
danneggiamento e resistenza a
pubblico ufficiale. "Faremo però
ricorso al tribunale della
libertà - annuncia l’avvocato
Brancato - Il mio cliente ha
spiegato le motivazioni che lo
hanno spinto a comportarsi in
quel modo riconoscendo di avere
sbagliato". (F.V.)
7 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
L'ispettore capo ucciso
con il lavabo dei bagni
Il lancio in un video:
un minorenne sotto torchio in
Questura.
CATANIA - Pochi
fotogrammi isolati da uno dei
tanti filmati sugli scontri allo
stadio visti e rivisti mille
volte dagli esperti della
polizia. Ritraggono un ultrà
rossoazzurro che brandisce un
pezzo di ferro, un grosso
frammento del supporto di un
lavabo divelto nei bagni del
"Massimino", e lo scaglia contro
un uomo in divisa: Filippo
Raciti, ispettore capo del
reparto mobile della questura di
Catania, che viene colpito al
fianco destro. Quelle scene
fissano gli ultimi minuti di
vita del poliziotto che, poco
dopo, morirà in ospedale con il
fegato spappolato, e la sagoma
di colui che con ogni
probabilità è il suo assassino.
L’aggressore non ha un nome, ma
nella serata di ieri un giovane
è stato accompagnato in Questura
per accertamenti. Gli
inquirenti, che definiscono quei
fotogrammi catturati dalle
telecamere installate dentro e
fuori dallo stadio "decisivi"
per la soluzione del caso
dell’omicidio di Filippo Raciti,
però frenano: non c’è ancora
alcuna certezza che si tratti
della stessa persona. Una cosa è
certa: nel video, il volto
appare confuso al punto da
rendere difficile
l’identificazione, ma fra le
mani degli inquirenti restano
altri elementi per individuare
l’ultrà, come la struttura
fisica e, soprattutto, la foggia
e il colore degli abiti. È
questo il motivo per cui, a
Catania, si sono messi al lavoro
gli specialisti del Dac, il
Dipartimento anticrimine
centrale, che, con l’aiuto dei
detective della questura, stanno
spulciando migliaia di filmati
girati la sera di venerdì dalle
telecamere che riprendevano la
curva nord in situazioni di
maggiore calma, cioè nei momenti
in cui la partita si svolgeva
senza incidenti. La speranza,
divenuta ormai quasi una
certezza, è che altri fotogrammi
di qualità migliore consentano
di individuare senza ombra di
dubbio l’ultrà mentre assiste al
derby contro il Palermo. Gli
investigatori sono ottimisti,
l’identificazione potrebbe
essere questione di pochi
giorni. Il racconto di quella
manciata di minuti, cinque o
sei, che ha preceduto la morte
del poliziotto fa accapponare la
pelle. La ricostruzione della
battaglia divampata il 2
febbraio è stata resa possibile
dalle testimonianze dei colleghi
dell’ispettore capo. È sera,
mancano pochi minuti alle sette
quando Raciti arriva davanti
allo stadio. Fa parte del gruppo
di agenti che scorta 10 pullman
con 700 tifosi del Palermo. La
partita è cominciata da un pezzo
quando i supporter rosaneri si
avviano verso i cancelli della
tribuna degli ospiti. È a quel
punto che avviene il primo
assalto. Un gruppo di ultras
catanesi si avventa contro i
tifosi avversari lanciando
sassi, ma i poliziotti e i
carabinieri fanno da cuscinetto.
Raciti è fra loro. Con alcuni
colleghi tenta di respingere i
catanesi che arretrano verso
l’ingresso alla curva nord,
distante poche decine di metri
dalla tribuna degli ospiti.
L’aria è ammorbata dal fumo dei
lacrimogeni, a ridosso dello
stadio si è formata una nebbia
irrespirabile mentre pietre e
bottiglie piovono sugli agenti.
È a questo punto che, secondo i
testimoni, c’è un altro assalto,
o meglio un’"imboscata
premeditata e studiata nei
minimi dettagli". Altri
teppisti, un centinaio, armati
di spranghe e frammenti dei
lavabi divelti nei bagni del
"Massimino", sono in agguato e
si avventano sugli uomini in
divisa che stano varcando il
cancello della curva nord.
Raciti e i suoi compagni sono
circondati, ma riescono a
respingere il commando
all’interno dello stadio.
L’assalto sembra neutralizzato,
i poliziotti guadagnano l’uscita
e hanno un attimo di respiro.
Poi gli uomini della questura,
fra cui l’ispettore, tornano sui
loro passi per verificare se gli
ultras si stiano riorganizzando
per tentare un’altra sortita. E
sono questi gli ultimi istanti
di vita di Filippo Raciti. Una
decina di teppisti è appostata
oltre il varco, i picchiatori
sono pronti a entrare in azione
ancora una volta. Raciti, che il
quell’istante è isolato, viene
aggredito da entrambi i lati.
Uno degli ultras che si trovano
alla sua destra lo colpisce con
furia al fianco, quindi scappa
verso gli spalti. Nonostante il
dolore, Raciti riesce a
guadagnare l’uscita. Si regge a
malapena sulle gambe mentre,
rivolto a un collega, mormora:
"Sto male, mi sono fatto male".
I compagni lo sorreggono,
vogliono portarlo in un gippone
parcheggiato lì vicino. Ma
quando arrivano davanti al mezzo
blindato, dalla parte alta della
curva nord piovono bottiglie e
due bomba carta, che esplodono
fra i piedi dell’ispettore
moribondo. L’ultimo atto di
questa brutta storia si svolge
all’ospedale di Catania. Quando
arriva al pronto soccorso,
Filippo è ormai in agonia: per
tre ore i medici tenteranno di
mantenerlo in vita, ma non ci
riusciranno.
7 febbraio 2007
Fonte: Lastampa.it
È coinvolta anche la
curva sud
di Maurizio Nicita
Non solo la nord: questo
avvalora la tesi della non
casualità degli scontri.
Dal nostro inviato.
CATANIA - Le indagini in corso
non escludono alcuna pista,
nemmeno la matrice politica,
visto che alcuni gruppi di ultrà
rossoazzurri gravitano nel mondo
dell’estrema destra, con
aderenti anche al gruppo di
Forza Nuova. Ma al momento
sembrano più probabili i legami
con la criminalità organizzata,
che giustificano anche la
presenza di un pubblico
ministero della Dda (divisione
distrettuale antimafia) fra gli
inquirenti. VIDEO E SEQUESTRI I
poliziotti della Squadra Mobile
e della Digos, coordinati dai
responsabili Giovanni Signer e
Ferdinando Guarino, continuano
senza soste l’attività
investigativa, visionando ogni
fotogramma dei filmati
realizzati dalla polizia e anche
da tv nazionali e private alla
ricerca di un indizio preciso
che possa far risalire ad altri
responsabili degli scontri (34
finora gli arrestati, con
provvedimenti già quasi tutti
confermati dai giudici delle
indagini preliminari) e
soprattutto agli assassini di
Filippo Raciti. Mentre si
effettuano riscontri sulla
notevole mole di materiale
sequestrato in collaborazione
con altre operazioni parallele
realizzate dal nucleo operativo
dei Carabinieri, guidate dal
tenente colonnello Raffaele
Modica. Il giubbotto che Raciti
indossava è stato invece inviato
alla scientifica di Roma, dove
alcuni strumenti sofisticati
dovranno raccogliere sull’U-boot
in dotazione al reparto celere,
tracce dei materiali dal quale
poter desumere la natura
dell’oggetto che ha colpito
mortalmente l’ispettore di
polizia, visto che ancora non è
chiaro se sia stato una mazza,
una spranga o una pietra. ANCHE
LA CURVA SUD Da segnalare che
fra gli arrestati ci sono anche
componenti di gruppi ultrà della
curva sud, che finora erano
sembrati estranei alle violenze.
E questo avvalora ancor di più
la tesi della non casualità
degli scontri. BLUFF VIA
INTERNET Perde consistenza,
invece, il filone d’inchiesta
relativa ai blog su internet,
sui quali si cercavano indizi
utili per risalire ai
responsabili del delitto. Alcuni
messaggi (deliranti) monitorati
dalla polizia postale, due dei
quali parlavano di testimoni
presenti all’aggressione, sono
risultati non digitati dalla
Sicilia. Così come è stata
smentita l’esistenza di filmati
sulla rete, relativi ai tragici
scontri della sera del 2
febbraio attorno allo stadio
Massimino.
7 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Cibali: tanti sospetti
sul custode, mai un
provvedimento
di Maurizio Nicita
Mannino sospeso dal
Comune.
Dal nostro inviato.
CATANIA - Nel ventre dello
stadio Massimino sono custodite
verità che potranno essere
decisive nelle indagini per la
morte di Filippo Raciti. Verità
scomode perché coinvolgono
responsabilità politiche e
amministrative. Verità che dovrà
scoprire l’indagine avviata
dalla procura che ha portato al
sequestro dello stesso impianto,
custodito da un dipendente
comunale arrestato lunedì con
moglie e figlia per aggressione
a pubblico ufficiale nella cui
casa non potrà tornare (Omissis), l’altro figlio ultrà
conclamato e già sottoposto a
provvedimenti di diffida da
stadio. "Ieri abbiamo provveduto
a sequestrare anche
l’abitazione" ha sottolineato il
sostituto della Dda che si
occupa dell’inchiesta, Ignazio
Fonzo. Ma se il provvedimento è
stato attaccato alla porta
carraia, non c’è alcun sigillo
alla porticina di servizio dal
quale il custode può accedere a
casa e non c’è alcun controllo.
Mentre ora c’è una macchina di
agenti municipali che vigila
sulle tardive barriere poste
nell’area del delitto. La stessa
dove meno di dodici ore dopo
l’omicidio c’era già un
mercatino rionale. INTERROGATIVI
SUL CUSTODE Il Comune di Catania
ieri ha comunicato di aver
sospeso il dipendente Luigi
Mannino, con provvedimento della
direzione del personale. C’è
però da chiedersi perché lo
stesso ufficio non abbia preso
provvedimenti più volte
richiesti in passato contro il
Mannino. Perché al Comune non
hanno mai dato seguito a una
denuncia interna di oltre tre
anni fa ? Allora è stato
scoperto che le bollette
telefoniche relative al numero
in dotazione al custode,
costavano migliaia di euro
all’amministrazione. Nessuno gli
chiese conto delle spese,
nessuno ha adottato
provvedimenti. E perché se il
Mannino ha vinto un concorso
interno, ottenendo mansioni
superiori, non è stato
trasferito ? Non è successo
nemmeno quando è stato
realizzato un impianto di
videosorveglianza che non
rendeva più indispensabile la
presenza di un custode". Il
sindaco Scapagnini si è limitato
a scaricare barile: "Mannino è
custode dall’89 e dal '97 è al
Cibali per decisione della
giunta Bianco". VIDEO E
INTERCAPEDINI Proprio nei pressi
dell’abitazione del custode è
stata trovata una telecamera del
circuito interno coperta da una
busta di plastica e apre quesiti
cui gli inquirenti dovranno
trovare risposte: siamo sicuri
che il sistema non sia stato
manomesso per favorire
l’intrusione di armi improprie ?
Tra l’altro negli ambienti sotto
il terreno di gioco, a livello
degli spogliatoi, esiste una
intercapedine contro l’umidità
dove in passato è stato
rinvenuto materiale lì nascosto.
IL PRECEDENTE È il 9 novembre
del 2003 la data del precedente
derby col Palermo. Allora una
soffiata all’ultimo momento
consentì di scoprire che i
paletti che costituivano
l’inferriata per canalizzare il
flusso all’interno della curva
nord erano stati segati per
trequarti, così che sarebbe
bastato un calcio per staccarli
e tramutarli in terribili
spranghe. Venerdì potrebbe
essere successo anche questo e
proprio un’arma di quelle ha
potuto uccidere Raciti.
7 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Ore contate per il
killer, ripreso da una
telecamera. Si cerca
nell'estrema destra.
Poliziotto ucciso, la
svolta da un filmato
Gli inquirenti: "Il
cerchio si è ristretto"
di Francesco Viviano
Ricostruita
l'aggressione di venerdì sera:
gli ultrà erano armati di
spranghe e bastoni.
CATANIA - C'è un
fotogramma dove un ultrà
catanese si scontra con
l'ispettore Filippo Raciti
ucciso venerdì scorso allo
stadio. È una traccia importante
che potrebbe portare
all'identificazione dell'ultrà
che ha aggredito con una mazza o
una spranga di ferro l'ispettore
Raciti. Si tratterebbe di un
minorenne, il suo volto è
parzialmente coperto ed è
"compatibile" con uno degli
ultimi nove fermati dalla
squadra mobile ieri notte in un
quartiere alla periferia di
Catania, un ultrà già noto alle
forze dell'ordine con precedenti
specifici. "Ma quello non sono
io", ha risposto il fermato agli
investigatori che, davanti a
quella "prova" speravano in una
confessione che avrebbe potuto
risolvere il caso. Ma così, fino
a tarda notte, non è stato anche
se gli investigatori sono
convinti che proprio tra gli
ultimi quattro fermati ci
sarebbe il ragazzo che avrebbe
colpito a morte il loro collega.
Saranno comunque le prossime ore
a stabilire se quel filmato
potrebbe rappresentare la svolta
delle indagini. Dunque "il
cerchio si è ristretto" conferma
un investigatore e l'assassino
del poliziotto potrebbe avere le
ore contate. Fino a tarda notte
le luci degli uffici della
squadra mobile dove i quattro
minorenni sono stati portati
erano ancora accese, segno
questo che conferma l'ottimismo
degli inquirenti che cercano
teppisti anche negli ambienti di
destra di Forza Nuova. "Ma allo
stato attuale non c'è nessun
fermo per omicidio", afferma il
sostituto procuratore della
Direzione distrettuale antimafia
di Catania, Ignazio Fonzo.
Intanto gli inquirenti hanno
ricostruito nei dettagli, grazie
al rapporto di un poliziotto che
era accanto a Raciti nel momento
degli scontri, quel che è
accaduto quella sera: "Filippo
stava scortando con altri
colleghi la colonna di tifosi
del Palermo, circa 800 a bordo
di una decina di pullman, e
quando i tifosi rosanero sono
stati fatti entrare allo stadio
è cominciata la prima sassaiola.
C'erano anche dei carabinieri
che hanno lanciato dei
lacrimogeni, nel frattempo dallo
stadio erano usciti altri tifosi
catanesi armati di spranghe e
bastoni, col volto mascherato, e
nel tentativo di farli rientrare
Raciti ed altri colleghi si sono
trovati tra due fuochi con i
tifosi catanesi che attaccavano
dallo stadio e dalla strada".
Durante questa fase, quando
Raciti è entrato all'interno
dello stadio, da dietro una
porta sono sbucati alcuni tifosi
che lo hanno aggredito
violentemente. "L'ispettore -
racconta il poliziotto - si è
accasciato e mentre lo stavamo
soccorrendo hanno continuato a
lanciarci bombe carta esplose
vicinissime".
7 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Potrebbero essere vicine
a una svolta le indagini
sull'uccisione dell'ispettore di
polizia grazie alla complessa
analisi di foto e filmati della
guerriglia urbana.
Morte Raciti, altri 7
arrestati
Forti sospetti su un
minorenne
Gli investigatori
avrebbero individuato un
possibile colpevole. Il capo
della squadra mobile: "Non ci
sono ancora indagati".
CATANIA - Ottimisti ma
ancora cauti, gli inquirenti che
indagano sull'uccisione di
Filippo Raciti, l'ispettore capo
di Polizia morto venerdì scorso
durante gli scontri allo stadio
Massimino di Catania. Gli
investigatori non escludono
un'accelerazione giudiziaria. I
sospetti si concentrano su un
minorenne, che sarebbe stato
fermato nel corso delle
indagini, e la cui posizione si
sarebbe successivamente
aggravata, forse a tal punto da
rendere possibile, nei suoi
confronti, un provvedimento
restrittivo, che sarebbe
tuttavia ancora al vaglio dei
magistrati. La svolta nelle
indagini. Sarebbe arrivata dal
confronto incrociato di filmati
e foto della guerriglia che si è
scatenata intorno allo stadio
durante il derby
Catania-Palermo. Il lavoro di
ricerca, scatto per scatto, come
in una cabina di regia, degli
investigatori della squadra
mobile e della digos della
questura avrebbe portato
all'individuazione di un
possibile colpevole, un
sospettato sul quale concentrare
l'attenzione. Il rapporto
all'esame dei magistrati. Un
rapporto sul lavoro svolto
sarebbe stato consegnato ai
magistrati che coordinano
l'inchiesta, quelli cioè della
Direzione distrettuale antimafia
e quelli della Procura della
Repubblica del Tribunale per i
minorenni. Nel tardo pomeriggio,
secondo alcune indiscrezioni, ci
sarebbe stato un incontro tra i
magistrati delle due procure
etnee, che hanno valutato gli
esiti delle indagini. Adesso si
attende una decisione che
potrebbe scattare nelle prossime
ore, al massimo domani. I
magistrati devono decidere se
confermare la tesi d'accusa
della polizia, quindi emettere
un provvedimento restrittivo, o
chiedere un supplemento di
indagini. Allo stato, comunque,
non è stato emesso alcun
provvedimento: "Non ci sono
indagati per l'omicidio",
insiste il capo della squadra
mobile, Giovanni Signer. Il
lavoro della Scientifica.
Complesso il lavoro della
polizia scientifica nel cercare
di mettere insieme i fotogrammi
dell'aggressione mortale. Le
immagini girate all'esterno
dello stadio non sono chiare. A
renderle poco nitide,
contribuiscono innanzitutto
l'oscurità, che dà un colore
rossastro di fondo a tutto il
filmato, rendendo omogenei i
dettagli. Poi, c'è anche
l'effetto-nebbia di fumogeni e
lacrimogeni. Gli aggressori,
inoltre, hanno quasi tutti il
volto parzialmente coperto o
indossano un cappuccio sulla
testa. Infine, le riprese sono
effettuate con filmati "lenti",
cioè costituite da scatti
continui, con pause di pochi
secondi, che tolgono fluidità
all'azione. I controlli nella
notte. Gli investigatori hanno
esaminato al rallentatore le
immagini fino a trovare quelle
che potrebbero dare una svolta
alle indagini, che proseguono in
maniera incessante. La scorsa
notte sono stati effettuati
nuovi controlli, con
perquisizioni e verifiche della
posizione di alcune persone,
culminate con il fermo di altri
sette indagati per resistenza:
cinque minorenni e due
maggiorenni, compreso un
esponente di Forza Nuova. Sono
state inoltre accertate le
dichiarazioni rese e gli alibi,
mettendo tutto a confronto.
7 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Individuati grazie a un
pentito. Un confidente: pronto
un attentato contro la mobile.
Ispettore ucciso: due
ultrà nel mirino decine di
minorenni fermati
di Francesco Viviano
Le accuse formalizzate
questa mattina. E intanto sale
la tensione.
CATANIA - Per la polizia
il caso è chiuso. A uccidere
l'ispettore Filippo Raciti,
venerdì scorso durante gli
scontri allo stadio per
Catania-Palermo, sarebbero stati
due giovani ultras della curva
nord. Gli ultimi dubbi sui nomi
e i volti a cui la squadra
mobile dava la caccia da sei
giorni sarebbero caduti ieri
notte, dopo un'altra lunga
giornata di fermi, arresti e
interrogatori. Stamattina le
accuse contro i due ultras
dovrebbero essere formalizzate
in sede di convalida del fermo
davanti al gip. I due farebbero
parte di ambienti di estrema
destra. L'omicidio avrebbe avuto
pure un mandante: gli inquirenti
sono convinti che a organizzare
l'agguato sia stato un leader
catanese di Forza Nuova,
(Omissis), fermato ieri sera.
Ieri mattina intanto, mentre
negli uffici era in corso un
viavai di poliziotti che
accompagnavano giovani ultras
catanesi prelevati durante la
notte e all'alba, alla squadra
mobile è arrivato un nuovo
allarme. Un messaggio di morte
che ha messo in allerta
poliziotti della mobile e della
Digos. Un confidente, da anni
ritenuto attendibile, ha
rivelato che un gruppo di ultras
sta preparando un attentato con
una bomba ("vera e non di
carta") contro gli agenti. "Sono
fuori di testa, dicono che state
colpendo a destra e sinistra,
che state consumando tanti
"picciriddi" (bambini, ndr) -
riferisce la fonte - e ve la
vogliono fare pagare".
L'informazione è stata riferita
al capo della squadra mobile e
subito dopo anche al questore.
"Riteniamo che vogliano
spaventarci - afferma un
investigatore - ma sappiano che
il nostro lavoro continuerà come
e meglio di prima, indaghiamo
sugli assassini del nostro
collega come su qualunque altro
omicidio". Indagini che
potrebbero concludersi
abbastanza presto se, come
ritengono in questura, chi
venerdì scorso ha ucciso
l'ispettore di polizia Filippo
Raciti durante gli scontri per
Catania-Palermo sarebbe stato
già individuato e si troverebbe
già in stato di fermo. A dare
una mano agli investigatori c'è
anche un pentito, uno degli
ultras fermati nelle ultime 48
ore che per ore è stato davanti
ad un monitor dove gli uomini
della mobile facevano scorrere
le immagini dei filmati sulla
guerriglia scoppiata all'esterno
dello stadio nei momenti in cui
è stato assassinato l'ispettore
Raciti. Il pentito ha dato un
nome ad ogni faccia che
conosceva, ne ha spiegato le
caratteristiche e rivelato i
club di appartenenza. E tra
questi ha indicato anche il
principale sospettato, un
ragazzo, che è stato ripreso
dalle telecamere dello stadio
proprio nel momento in cui
l'ispettore Raciti veniva
colpito a morte. Sempre lui ha
indicato un altro esponente di
primo piano che avrebbe
partecipato agli incidenti, un
personaggio già noto alle forze
dell'ordine, (Omissis), capo
ultras ed appartenente
all'organizzazione di estrema
destra Forza Nuova. Non è
accusato di concorso in omicidio
ma, come tutti gli altri fermati
(ieri altri sette, che hanno
portato il conto totale a
quarantuno) di aggressione,
violenza e resistenza a pubblico
ufficiale. Molti degli ultras
fermati avrebbero confessato di
avere partecipato agli incidenti
ma non a quello relativo allo
scontro dove ha trovato la morte
l'ispettore Raciti. Uno di loro,
accompagnato in mattinata alla
squadra mobile, è stato
individuato mentre sugli spalti,
con il megafono, gridava
"celerini assassini". Ieri,
salendo le scale degli uffici di
polizia, un agente gli ha
chiesto se avesse ancora voglia
di definirli "sbirri ed
assassini". Il pentito non ha
invece saputo dare indicazioni
su un altro singolare
personaggio della curva nord, un
vecchietto di circa 70 anni, che
è stato ripreso dalle telecamere
mentre lanciava pietre agli
agenti che lo lasciavano passare
e lo proteggevano anche per la
sua età. Un insospettabile che,
quando i poliziotti gli giravano
le spalle, li colpiva
indisturbato. "Lo conosco solo
di vista - ha riferito il
pentito - in trasferta non l'ho
mai visto".
8 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Alcune fonti parlano di
confessione ma il difensore
smentisce.
Raciti, il ragazzo
indagato ammette "Ho colpito con
violenza un poliziotto"
"Il mio assistito
conferma solo di aver
partecipato agli scontri".
CATANIA – A.S, il
ragazzo di 17 anni indagato per
l'omicidio dell'ispettore capo
Filippo Raciti, ha fatto una
parziale confessione. La notizia
è trapelata da fonti
investigative e in questura ci
sono state scene di giubilo. Ma
è stata seguita a stretto giro
di posta dalla smentita del
difensore del giovane,
l'avvocato Giuseppe Lipera:
"Smentisco in maniera categorica
e assoluta che il mio assistito
abbia confessato. È una cosa che
non sta né in cielo né in terra.
È falso. Il mio assistito si
limita a confermare di avere
partecipato agli scontri con la
polizia, ma non di avere ucciso
alcuno". Secondo le fonti che
hanno parlato di confessione, il
ragazzo è crollato quando gli
investigatori, nelle battute
finali del lungo interrogatorio,
gli hanno mostrato un fotogramma
che ritrae un giovane a viso
scoperto che con una parte di un
lavabo colpisce a mo' di ariete
l'ispettore Raciti: a quel punto
tra le lacrime ha ammesso di
essere lui la persona delle
immagini. Da altre indiscrezioni
emerge un quadro diverso,
corrispondente a quello
tracciato dall'avvocato Lipera.
"Ho partecipato a una carica
contro la polizia" e ho "colpito
un agente con una sbarra di
ferro spingendolo a mo' di
ariete", ha ammesso A.S. a
conclusione di un interrogatorio
durato diverse ore davanti al
sostituto procuratore Busacca.
Il ragazzo ha anche confermato
di "avere lanciato un pezzo di
lamiera di ferro in aria" contro
le forze dell'ordine. Ammissioni
che per la procura chiudono le
indagini perché ci sarebbe stato
un solo scontro con protagonista
l'ispettore Raciti e perché le
immagini, secondo l'accusa, sono
chiare. Tesi confutata dalla
difesa, che parla, invece di
fotogrammi confusi e di mancata
identificazione del minorenne,
che invece si riconosce lui
stesso con certezza in altri
filmati. Alla fine
dell'interrogatorio A.S. è
apparso provato e molto stanco
ed è stato accompagnato in
carcere in esecuzione
dell'ordine di arresto disposto
dal Gip Alessandra Chierego per
violenza e resistenza aggravata
a pubblico ufficiale. Fino a
stamattina la posizione del
ragazzo, fermato due giorni fa,
era quella di indagato per
violenza e resistenza aggravata
a pubblico ufficiale, reati per
i quali è stato convalidato
l'arresto. Oggi è stato indagato
per omicidio volontario "in
concorso con altri, allo stato
ignoti". Accusa che potrebbe
essere derubricata per motivi
tecnici a omicidio
preterintenzionale. A carico di
A.S. c'è secondo gli inquirenti
anche un'intercettazione
ambientale effettuata con una
microtelecamera, nel locale dove
era trattenuto in stato di fermo
assieme ad altri giovanissimi
ultras. Alle domande sul suo
coinvolgimento nella morte di
Raciti, il diciassettenne
avrebbe risposto con un cenno di
assenso della testa dicendo:
"Sì, sono stato io". Le
intercettazioni sono state
definite "assolutamente
irrilevanti" dall'avvocato
Lipera. Quando ha saputo di
essere indagato per omicidio, al
termine dell'udienza di
convalida, il giovane è
sbiancato in viso, si è alzato
dalla sedia ed è andato di corsa
verso i genitori, attoniti e
sconvolti, che erano presenti:
"Mamma, ti giuro - ha detto il
ragazzo in lacrime - non sono
stato io...". Secondo quanto
riferito dal suo avvocato,
durante l'interrogatorio "il
ragazzo, che era andato allo
stadio assieme a un bambino di
dieci anni, ha detto di avere
ricevuto molti colpi". Nato nel
popolare rione di San
Cristoforo, quartiere noto alle
cronache cittadine perché
considerato tra quelli ad alta
densità criminale, il minorenne,
studente del quarto anno di un
istituto superiore, ha due
grandi passioni: il rugby e il
calcio. In passato era stato
denunciato per rissa. Aveva
aggredito un giovane che aveva
fatto delle avances alla sua
fidanzata. Ma l'indagine non
ebbe seguito e il fascicolo fu
archiviato. La sua famiglia è
considerata "tranquilla" dagli
investigatori. Il padre lavora
in un'industria catanese, mentre
la madre gestisce una bancarella
di fiori davanti al cimitero di
Catania. Nel frattempo nuovi
elementi utili alle indagini
sono arrivati da un confidente
delle forze dell'ordine che ha
rivelato che un gruppo di ultras
catanesi stava preparando un
attentato con una bomba contro
gli agenti. Il pentito, che
sarebbe uno dei fermati nelle
ultime 48 ore, ha contribuito a
individuare gli ultras durante
gli scontri, rivelandone
l'identità e i club di
appartenenza. Sempre lui ha
indicato tra i partecipanti agli
scontri (Omissis), elemento di
spicco dell'organizzazione di
estrema destra Forza Nuova.
8 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Due minorenni alla prova
del Dna
di Maurizio Nicita
Raciti potrebbe essere
stato ucciso da un colpo di
lavabo Sono sospettati due
ragazzi: si attende l’esito di
un esame.
Dal nostro inviato.
CATANIA - Sono ore di
fibrillazione in Questura e non
solo. Si ha la sensazione che il
cerchio stia per chiudersi
intorno ai protagonisti, più
d’uno, dell’aggressione che ha
portato alla morte
dell’ispettore di polizia
Filippo Raciti. Ore decisive
nelle quali sarà importante
tenere i nervi saldi e sfruttare
le professionalità per
completare uno scenario
accusatorio non semplice da far
quadrare, visto l’intensità e la
durata degli scontri a Cibali,
cominciati con le prime
avvisaglie alle 4 del pomeriggio
e conclusisi in piena notte e
tragicamente. Ma dalla Polizia
arriva più di un sussurro che
l’obiettivo sia davvero vicino e
già stamattina ci potrebbero
essere novità decisive. DUE
MINORENNI Dei quattro fermati
nella notte fra martedì e
mercoledì, due sono stati già
rilasciati, mentre sugli altri
si accentrano le attenzioni
degli uomini della Squadra
Mobile e di quelli della Digos
che, unitamente alla
scientifica, hanno provveduto ad
analizzare i filmati ed in
particolare uno che
concretamente mostra il povero
Raciti accerchiato e colpito.
Solo che quell’immagine è
annebbiata dai fumogeni lanciati
dagli stessi ultrà, che agivano
a viso coperto. Dunque il
riconoscimento appare
complicato. In Questura
speravano nella collaborazione e
nel pentimento dei soggetti, ma
finora è arrivata soltanto una
ammissione di presenza allo
stadio e nel teatro degli
scontri, nulla più. NOTTE
DECISIVA Ieri pomeriggio si è
svolto a palazzo di giustizia,
in piazza Giovanni Verga, un
vertice fra i pm che seguono
l’indagine - il procuratore
aggiunto Renato Papa con i
sostituti Ignazio Fonzo (della
Dda) e Andrea Bonanno - e gli
investigatori Giovanni Signer e
Ferdinando Guarino,
rispettivamente capo della
Mobile e della Digos. Gli
elementi a carico di questi due
minorenni in stato di fermo ci
sono, così come per qualche
altro soggetto già arrestato.
Nel senso che appare abbastanza
chiara la loro presenza sulla
scena del delitto, ma
naturalmente occorre una prova
inconfutabile che dà loro sia
partito il corpo mortale perché
sulla testa di questi
delinquenti pesi il reato più
grave: omicidio. Per questo
saranno fondamentali queste ore
per completare il quadro
accusatorio. DINAMICA CHIARA
Dopo le prime difficoltà, adesso
sono più chiare agli inquirenti
le ultime ore di vita del povero
Raciti, giunto in quella
maledetta viuzza alle spalle
della curva nord per scortare il
gruppo dei tifosi palermitani.
Dunque sono le 19.15 quando,
approfittando del fatto che i
poliziotti sono impegnati su due
fronti per controllare le
tifoserie, gli ultrà del Catania
cominciano ad attaccare
pesantemente lanciando sanitari,
sassi, spranghe e qualsiasi cosa
dall’alto verso le forze
dell’ordine. Una prima carica e
qualche lacrimogeno sembra
calmare la situazione. Raciti è
la punta avanzata del suo
drappello e controlla che tutto
ritorni alla normalità. Ma è in
questo momento, intorno alle
19.30, che scatta l’agguato a
Raciti, che viene accerchiato da
un gruppo di incappucciati
(nascosto all’ingresso della
curva) e colpito pesantemente
con più oggetti. Quello che lo
prende all’addome, all’altezza
del fegato, sembra essere un
pezzo di tubatura di un lavabo.
I colpi, in particolare quello
al fianco, è fortissimo, ma
Raciti - che nel frattempo
recupera la posizione fra i
colleghi - stringe i denti e non
chiede nemmeno di essere
medicato. Passa circa un’ora
quando, sempre nei pressi,
l’ispettore capo diventa
bersaglio di alcune bombe carta,
una delle quali gli esplode
vicinissima. A quel punto la
resistenza fisica del povero
poliziotto è alla fine e crolla,
soccorso dai colleghi. Solo che
il volto cianotico inizialmente
fa pensare che il malore abbia
origine dall’esplosione. A quel
punto i soccorsi, per quanto
tempestivi, non riescono a
salvare un’altra vittima delle
violenze negli stadi. DNA Una
prova importante potrebbe
arrivare da Roma, dove la
Scientifica con mezzi
sofisticati sta analizzando il
giubbotto indossato da Raciti
quella notte. Oltre a stabilire
la natura dei materiali che
hanno colpito l’ispettore, nella
concitazione della colluttazione
l’assassino potrebbe aver
lasciato tracce del proprio dna.
Se i riscontri incrociati fra i
fermati delle ultime ore e i
resoconti della Scientifica
collimeranno, per l’omicida non
ci sarebbe scampo.
8 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Abbonato e giocatore di
rugby: ritratto di A.S, 17 anni
di Alessio D’Urso
Il padre: "Non è stato
lui". I vicini: "Uno come tanti,
non un criminale". Gli
inquirenti: "Sconclusionato,
immaturo".
CATANIA - Alle 17.10, ha
confessato: "C' ero anch'
io...". A mezzogiorno, accusato
di omicidio volontario, era
scoppiato in lacrime tra le
braccia della mamma: "Ti giuro,
non sono stato io ad
ucciderlo...". Tremava,
disperato: A.S, il 17enne
indagato per il barbaro omicidio
dell’Ispettore Capo Filippo
Raciti, non ha retto alla
pressione psicologica e ha fatto
le prime ammissioni sulla folle
notte di venerdì scorso. Era
stato prelevato da casa, nel
cuore del quartiere a rischio
San Cristoforo (dove il povero
Raciti aveva vissuto da ragazzo)
martedì mattina: il giorno dopo
i funerali del poliziotto
ucciso. Telecamere,
intercettazioni ambientali e
interrogatori incrociati ne
hanno aggravato il quadro
probatorio. FELPE E SCRITTE
Nella serata di Catania- Palermo
il minorenne indossava una felpa
sportiva: dalle immagini tratte
dalle videocamere 21 e 22
dell’impianto a circuito chiuso
dello stadio Massimino,
l’incensurato A.S. entra ed esce
da una porta laterale della
curva Nord indossando al
rovescio la sua felpa con
cappuccio, perché non si
riconoscesse la scritta sulle
spalle. All’uscita dal tribunale
dei minori di via Franchetti
(nelle adiacenze del luogo
dell’omicidio), la mamma
contrariata ha reagito d’impeto
alle prime domande dei
giornalisti: "Avete preso un
abbaglio, il nostro è un bravo
ragazzo...". Il padre Roberto,
baffi brizzolati e viso provato
dalla tensione, ha aggiunto:
"Mio figlio non è abituato a
fare queste cose e dalle
immagini non si vede niente, non
è l’assassino: fosse stato lui
sarei stato io il primo a
dirlo". Accanto, l’avvocato
difensore Giuseppe Lipera (che
stamattina terrà una conferenza
stampa). SKIZZATI Al
"Passarello", appellativo che
caratterizza alcune vie del
quartiere San Cristoforo, A.S.
viveva fino a martedì in uno
palazzo di colore bianco con la
vernice blu del portone usurata.
"Una famiglia normale", dice un
vicino di casa (che conosce bene
A.S.): "Il padre è impiegato in
una società di elettronica e
arrotonda vendendo fiori nel
negozio della mamma. La domenica
lo puoi trovare davanti al
cimitero di Catania. La madre
del ragazzo è una casalinga. Che
dire di A.S. ? Un ragazzo buono,
il cervello di un bambino. È
timido, si fa trascinare dagli
amici. In passato, per una rissa
in una discoteca (venne
molestata la sua fidanzata,
indagine poi archiviata,
n.d.r.), era stato denunciato.
Poi era stato diffidato dalla
Polizia per qualche incidente
allo stadio negli anni scorsi.
Se i criminali sono questi,
via...". Nella zona della casa
di A.S. campeggia la scritta
"Skizzati Ultras Catania": il
minorenne vi faceva parte, "ma
non era un gruppo organizzato -
continua il vicino - quest' anno
non c’era più nemmeno lo
striscione in curva, sarebbe
meglio definirla una comitiva di
tifosi, nient' altro...". A 30
metri, su un muro, un
inquietante "Polizia merda"
balza subito agli occhi.
TATUAGGIO "Qui ce l’hanno con le
forze dell’ordine perché a
questi ragazzi loro danno sempre
manganellate gratuite. È quasi
un pedaggio all’arrivo in curva
Nord, ci provocano così...". "Ci
vuole fegato per dire una cosa
del genere", ribattono in
Polizia indignati: "Ma a Raciti
il fegato l’ha sbriciolato una
piastra in metallo divelta da un
bagno della curva...". Così
rivelano le indagini. Lui, A.S,
è stato a lungo torchiato e gli
inquirenti ne tratteggiano
questo profilo: "Sconclusionato,
senza arte né parte, immaturo",
un tatuaggio sul braccio destro
raffigurante un elefante
(simbolo di Catania, n.d.r.) su
un piedistallo inclinato. Un
poliziotto ha scherzato: "Sei
così stupido che ti sei fatto
rubare anche i soldi per il
tatuaggio: te l’hanno fatto
proprio male...". A.S, racconta
l’avvocato Lipera, si era recato
venerdì allo stadio con un amico
di 10 anni portandosi dietro uno
striscione con su scritto "Forza
Catania": "È tifoso, è un
abbonato di curva, un ragazzo
come tanti". In serata, quando
il questore di Catania Michele
Capomacchia ha informato la
famiglia Raciti sulle indagini,
la vedova Marisa Grasso si è
rammaricata per i 17 anni di
A.S: il marito Filippo, in
passato, le aveva espresso la
sua amarezza per la giovane età
delle gang da stadio. IN MISCHIA
Iscritto all’istituto tecnico
paritario Valdisavoia di
Catania, a 50 metri dallo stadio
Massimino, A.S. aiutava la nonna
nel negozio di fiori. Il
minorenne, rivelano gli amici di
via Poulet, è un appassionato di
rugby: si allenava al San Maria
Goretti, tempio della palla
ovale catanese, dove l’Amatori
Catania ha scritto belle pagine
di sport. Alto un metro e 70,
tozzo e butterato in viso, il
giovane viene considerato nel
quartiere un tipo "inoffensivo".
Già. La sua ultima meta non
verrà ricordata. Il padre: "Non
è stato lui". I vicini: "Uno
come tanti, non un criminale".
Gli inquirenti dicono:
"Sconclusionato, immaturo".
9 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
È vero, ho colpito un
poliziotto
di Francesco Viviano
CATANIA - L’accusa è
pesante. Omicidio. Omicidio
dell’ispettore di polizia
Filippo Raciti, morto venerdì
scorso durante gli scontri allo
stadio con gli ultras catanesi.
E l’ultrà che lo avrebbe
colpito, insieme ad altri ancora
non identificati, sarebbe un
ragazzo di 17 anni, ripreso da
una telecamera mentre,
all’uscita dello stadio, con una
sbarra di ferro colpisce alcuni
agenti di polizia in mezzo ai
quali c’è anche Filippo Raciti.
Fino a ieri mattina il giovane
ultrà catanese era accusato,
come tanti altri, di resistenza
a pubblico ufficiale, lesioni,
aggressione e danneggiamenti. La
svolta nell’inchiesta giunge in
prima mattinata, mentre
l’indagato è ancora sotto
interrogatorio per le accuse più
lievi. Il capo della squadra
mobile, Giovanni Signer, con un
altro funzionario si reca presso
il tribunale dei minorenni con
una busta ed un video. Il video
contiene le immagini catturate
nella tragica serata di venerdì:
vi si vede un ragazzo grande e
grosso che insieme ad altri
colpisce con un telaio di ferro
prelevato dal lavandino del
gabinetto dello stadio un gruppo
di poliziotti. Sarebbe stato
proprio quello il momento in
cui, secondo l’accusa,
l’ispettore Raciti avrebbe
ricevuto quel colpo terribile
che gli ha spappolato la milza
uccidendolo. Concluso il primo
interrogatorio per rispondere
delle accuse più lievi,
l’avvocato difensore del giovane
ultrà viene richiamato dal
tribunale dei minori: la
posizione del suo assistito si è
aggravata. Ora il giovane è
indagato per omicidio. E quando
ha inizio il nuovo
interrogatorio il ragazzo in un
primo momento nega, nega ogni
cosa. Poi, davanti alle
contestazioni sempre più
evidenti, a quel filmato che lo
ritrae con una sbarra di ferro
in mano, è costretto ad
ammettere: "Ho partecipato a uno
scontro contro la polizia. Ho
colpito un agente con una sbarra
di ferro spingendola a mo' di
ariete. Ma non l’ho ucciso". Gli
inquirenti, però, non hanno
dubbi. A colpire Filippo Raciti
sarebbe stato proprio il
diciassettenne insieme ad altri
ultras i cui volti non hanno
ancora un nome e un cognome.
L’avvocato difensore, dal canto
suo, sostiene che le prove fino
ad ora fornite dalla Procura non
consentono di affermare che ad
uccidere Raciti sia stato il suo
assistito. In quelle immagini,
sostiene il legale, il giovane
ora accusato di omicidio non
viene ripreso mentre ha un
contatto diretto con
l’ispettore, ma con altri
poliziotti. Inoltre il video non
sarebbe sufficientemente chiaro
per potere affermare che a
colpire mortalmente Raciti sia
stato il giovane tifoso catanese
ora finito in carcere. Ma gli
inquirenti insistono, e lasciano
intendere che altre prove
potrebbero essere presto
raccolte per sciogliere ogni
dubbio ed individuare gli altri
responsabili. Quando l’accusa
gli viene formalmente
contestato, il ragazzo abbraccia
la madre e in lacrime le dice:
"Mamma, ti giuro, non sono stato
io". In carcere, oltre a lui,
rimangono ancora gran parte
degli arrestati nelle retate dei
giorni scorsi. Tra questi anche
uno dei leader di Forza Nuova a
Catania, (Omissis).
9 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Con un disegno i
magistrati hanno spiegato la
dinamica dell'aggressione. "Il
giovane si è riconosciuto in
quello che brandisce il pezzo di
metallo".
Catania, ricostruito
l'agguato a Raciti
Il padre dell'indagato
accusa la polizia
Il legale e il genitore
del ragazzo smentiscono che
abbia fatto ammissioni. "Vittima
di linciaggio mediatico. Se
vogliono il colpevole, devono
cercare se c'è".
CATANIA - "Abbiamo
ammissioni corpose e suggestive
che presto verificheremo per la
formulazione dell'ipotesi di
reato". Il procuratore della
Repubblica per i minori di
Catania, Gaspare La Rosa,
ribadisce in conferenza stampa
le accuse nei confronti del
diciassettenne indagato per
l'omicidio dell'ispettore
Filippo Raciti. Il giovane "si è
riconosciuto nel soggetto che
brandisce il pezzo di metallo -
aggiunge La Rosa - tutto porta
alla conclusione, anche sulla
base delle ammissioni, che sia
stato lui a spingere l'agente".
Ma se la Procura è convinta che
a colpire Raciti sia stato il
giovane fermato (arrestato, al
momento, con l'accusa di
resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, suffragata da un
filmato e da intercettazioni
ambientali), il legale e il
padre del ragazzo smentiscono
categoricamente che il giovane
abbia confessato di aver colpito
l'ispettore di polizia, pur
ammettendo che, insieme ad
altri, tirò in aria un oggetto
di metallo, ma non lo usò,
precisano, come ariete contro
Raciti. E il padre del
diciassettenne accusa la polizia
di aver scatenato gli incidenti,
a suo avviso "legati ai lanci di
lacrimogeni da parte delle forze
dell'ordine". "Mi sento di
difendere quei ragazzi che erano
allo stadio in quella situazione
- ha affermato l'uomo - una cosa
voluta dalla polizia che non si
può permettere di lanciare
lacrimogeni contro le persone".
Dalle indagini, ha detto il
procuratore aggiunto di Catania,
Renato Papa, emerge che
all'interno dello stadio
"Massimino" c'erano persone che
si organizzavano per attaccare
le forze dell'ordine. Manca il
fotogramma dello scontro che ha
portato alla morte
dell'ispettore, ma la
ricostruzione della polizia
scientifica accusa il giovane.
"Noi - ha ribadito Papa - siamo
fermamente convinti del quadro
probatorio". E nel corso della
conferenza stampa, i magistrati
hanno mostrato un disegno, a
colori, su un foglio formato A4,
che raffigura i poliziotti e gli
ultras mentre stanno per
iniziare gli scontri nella curva
Nord dello stadio. Con il
disegno, la scientifica ha
spiegato la dinamica dello
scontro tra il diciassettenne
indagato e Raciti. La
ricostruzione si basa sulle
riprese, dall'alto, di una
telecamera a circuito chiuso
collocata sull'anello della
curva Nord dello stadio,
all'altezza della porta
d'ingresso e di uscita. Prima
degli scontri, spiegano i
magistrati, si nota che
all'interno dello stadio "c'è un
gruppo di persone che si sta
organizzando per attaccare la
polizia". Fra gli agenti
disegnati, Raciti sarebbe quello
più vicino alla porta. A tenere
in collegamento gli ultras con i
complici all'esterno, ci sarebbe
un messaggero che porta il
segnale d'attacco entrando al
"Massimino". Prima della
guerriglia, continuano i
magistrati, qualcuno stacca il
pezzo di alluminio che sorregge
il lavabo di un bagno dello
stadio, e lo poggia per terra,
davanti alla porta del
"Massimino". Un giovane - che
per l'accusa è il diciassettenne
indagato - lo brandisce e va
verso la polizia. Manca il
fotogramma dello scontro, ma per
gli investigatori "l'impatto è
logico e consequenziale" tra
l'ultrà e Raciti. La polizia
individua l'ispettore capo con
certezza dal casco opaco che
indossava, dai gradi azzurri che
aveva sulle spalline e dal fatto
che era l'unico a non indossare
i parastinchi. "La nostra
ricostruzione - ha detto Papa -
è rigorosamente logica". Intanto
la famiglia difende il ragazzo.
Il padre sostiene che è "vittima
di un linciaggio mediatico", e
parla del figlio come di "un
capro espiatorio": "Se vogliono
il colpevole - dice - devono
cercare se c'è". Questa mattina
ad Acireale (Catania) si è
svolto un corteo in memoria
dell'ispettore ucciso. In prima
fila, la vedova Marisa con i
figli. "Uno stupido, un
incosciente che mi ha tolto il
papà. Non ha avuto sensibilità
per niente e mi ha spezzato il
cuore", ha detto Fabiana Raciti
parlando del giovane indagato
per l'omicidio del padre. Dal
canto suo, la signora Marisa
Grasso ha rivolto un
ringraziamento e un appello ai
ragazzi "di tutta Italia, di
tutto il mondo": "Aiutatemi a
cambiare le cose. Impegniamoci a
cambiare... Siete voi che dovete
cambiare".
9 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Omicidio Raciti
C’è un indagato è
minorenne
di Maurizio Nicita
Il ragazzo ammette: "Ho
colpito un poliziotto". La
vittima, prima di morire:
"Cercate quello grosso".
Dal nostro inviato.
CATANIA - È stato lo stesso
Filippo Raciti a suggerire ai
colleghi la soluzione del caso
relativo al proprio omicidio.
Incredibile a dirsi ma in quelle
fasi concitate, quando negli
scontri l’ispettore di polizia
viene colpito al fegato da una
lastra di ferro di un lavabo -
alle 19.30 circa di venerdì
scorso - si rende conto di aver
subito una botta pesante, anche
se non può sapere che risulterà
mortale. A quel punto si mette a
cercare il suo aggressore, sale
anche in cima alla curva, poi
ridiscende e a un collega
accanto dice: "Cerchiamo quello
grosso". Questo ha consentito di
selezionare i filmati della
scientifica, fino a trovare il
fotogramma giusto, dove si vede
Raciti e altri colleghi
attaccati da un gruppetto di
ultrà fra i quali è stato
riconosciuto A.S, 17 anni,
tarchiato e grassoccio, che da
ieri è indagato per omicidio,
dopo che il suo arresto è stato
convalidato per aggressione e
resistenza a pubblico ufficiale
dal gip Alessandra Chierego.
L’ACCUSA Ora il pm per i minori,
Angelo Busacca, dopo
l’interrogatorio di garanzia di
ieri pomeriggio, sta valutando
se derubricare il capo d’accusa
da: "omicidio volontario in
concorso con ignoti" a "omicidio
preterintenzionale", cioè quando
si vuole colpire per provocare
una percossa e invece si
determina la morte della persona
colpita. NOTTE DI LAVORO Ha il
viso stanco per la notte in
bianco il capo della Mobile,
Giovanni Signer, quando ieri
mattina arriva al tribunale dei
minori di via Franchetti, a
poche centinaia di metri dallo
stadio e dal luogo del delitto.
Porta con sé gli ultimi elementi
che per i poliziotti inchiodano
A. S. Lo stesso Signer con il
capo della sezione omicidi,
Antonio Salvago, e la
responsabile della polizia
scientifica, Giusy Neri
parteciperà nel pomeriggio
all’interrogatorio davanti al pm
per illustrare i passaggi che
hanno permesso di risalire al
minorenne quale indagato per
l’omicidio. Accusa che il
diretto interessato, scoppiando
a piangere nelle braccia della
mamma, scopre a mezzogiorno
circa. PRIME AMMISSIONI Il
ragazzo, assistito dall’avvocato
Giuseppe Lipera, quando viene
messo di fronte al filmato
decisivo per gli inquirenti
della questura, ammette di aver
preso parte alle violenze. "Ho
partecipato a uno scontro contro
la polizia". Poi l’aspetto più
grave: "Avevo in mano quel pezzo
di ferro e ho colpito un
poliziotto, non volevo
uccidere". Secondo quanto
trapela dal tribunale dei minori
è questa la frase più rilevante
dell’interrogatorio protrattosi
per oltre due ore e mezza. Così
il minorenne avrebbe finito per
confermare la tesi accusatoria
ammettendo anche, a quanto pare,
di aver strappato dai bagni
della curva Nord dello stadio
una lastra di ferro, sostegno di
un lavabo: quello che secondo la
polizia è l’arma del delitto,
raccolta dagli inquirenti il
mattino successivo (nonostante
il famoso mercatino) del peso di
circa cinque chili e mezzo e che
attualmente è a disposizione
della scientifica. Per la
procura minorile un
interrogatorio soddisfacente che
conferma il quadro formulato
dall’accusa e inchioda alle sue
gravi responsabilità A.S. Per la
difesa non c’è assolutamente
ammissione di colpevolezza. "Il
ragazzo - sostiene il legale
Lipera - ha detto solo di aver
partecipato agli scontri con la
polizia, ma nega di aver
aggredito Raciti. Si è
riconosciuto in alcuni
fotogrammi, ma si tratta di
immagini in cui non appare
l’ispettore. Si vede un
capannello di tifosi che si
scontrano con un drappello di
poliziotti, difficile decifrare,
impossibile per noi valutare
responsabilità precise da questo
video. La lastra di ferro, poi,
si vede per terra, dopo essere
stata lanciata, ma è tutto da
verificare se quella è stata
l’arma che ha ucciso il povero
Raciti e chi sia stata a
lanciarla". L’avvocato ci tiene
a sottolineare: "Non credo si
arrivi al rinvio a giudizio per
omicidio, ma nel caso non
ricorreremo al rito abbreviato
perché siamo convinti
dell’innocenza del ragazzo".
INTERCETTAZIONI AMBIENTALI Fra
gli elementi raccolti dalla
Polizia ci sono anche delle
intercettazioni video e audio
realizzate in una sala d’aspetto
della Questura, dove A. S. -
dopo il fermo di martedì mattina
- era stato lasciato volutamente
con un altro suo coetaneo
accusato di aver partecipato
agli scontri. Quest' ultimo
chiede al primo se è stato lui
ad uccidere Raciti e l’altro
risponde di sì con evidente
segno di assenso con la testa.
Per Lipera: "Si tratta di
intercettazioni assolutamente
irrilevanti". SONNO TRANQUILLO
Poco dopo le 18, quando
l’interrogatorio è concluso e il
minorenne viene tradotto nella
Sezione dedicata del carcere di
Bicocca, lascia il tribunale dei
minori anche il capo della
Mobile, Signer: "Non posso
commentare, perché c’è il
segreto istruttorio. Stamattina
eravamo convinti di aver messo
nelle mani della magistratura un
quadro completo e definito di
quanto accaduto a Filippo
Raciti, frutto di parecchie
notti insonni di duro lavoro.
Non posso fare commenti su come
si è svolto l’interrogatorio, ma
posso dire che finalmente potrò
dormire tranquillamente, sicuro
che tutti i miei uomini hanno
dato il massimo per scoprire la
verità".
9 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
"Mio figlio non c'entra. La polizia se l’è
cercata"
di Maurizio Nicita
Il padre del minore:
"Hanno sparato i lacrimogeni e
la gente è scappata. Certe cose
succedono negli stadi".
Dal nostro inviato
CATANIA - È il colpo a sorpresa
che l’avvocato difensore,
Giuseppe Lipera, riserva ai
media. Roberto S. papà del
17enne indagato per l’omicidio
di Filippo Raciti entra nel
saloncino adibito per la
conferenza stampa allestita
nello studio legale, con
l’enfasi degli ospiti d’onore
"ecco a voi...". Elegante,
faccia stanca per il sonno
mancato, esordisce ringraziando
tutti "per l’attenzione che mi
dedicate anche perché ho letto
tante cose ingiuste scritte sul
conto della mia famiglia. Mia
moglie è casalinga e non ha
negozi di fiori. Mio figlio è
solo un grande tifoso del
Catania e nella politica non
c'entra proprio niente. Nello
striscione che ha portato allo
stadio c’era solo la scritta
"Catania". Nient' altro. E alla
signora Raciti dico che da
quello che ho visto non è mio
figlio il responsabile. Mi
dispiace quello che è successo".
Cosa si vede nel filmato che
l’accusa porta come prova ? "È
all’interno dello stadio, perché
fuori mio figlio non c’è mai
negli scontri. Ma non si capisce
niente. Si vedono una decina di
ragazzi, ma se è responsabile
mio figlio lo sono almeno in
500. Non esiste che ha qualcosa
per le mani. Bisogna trovare un
responsabile. Se c’è". Un
poliziotto è morto. E poi gli
scontri ci sono stati per ore.
Li avrà visti in tv ? "Sì, in
diretta. E so che dalla curva
avevano sparato i mortaretti a
festa per Sant' Agata. Poi la
Polizia l’ha voluta: ha sparato
i lacrimogeni e la gente è
scappata. Preoccupato ho
chiamato mio figlio: "Papà tutto
a posto, mangio un panino e
torno". Poi ? "Martedì
pomeriggio arrivano dei
poliziotti gentili, chiedono di
dare un’occhiata in casa e poi
mettono tutto sotto sopra.
Cercano anche una felpa con la
scritta "Champion", mia moglie
gliela consegna. Portano via il
ragazzo e mi preoccupo, perché
in questo caso si sa come fa la
Polizia "coppa e o' cacciri".
Botte e in carcere. Chiamo
subito l’avvocato per capire. Ma
io so che mio figlio non ha
fatto niente. Lui è solo tifoso
e segue il Catania anche in
trasferta perché grazie a me se
lo può permettere". Lasciamo da
parte l’accusa di tentato
omicidio. Ma suo figlio ha preso
parte agli scontri, lo ha anche
ammesso. Come padre e come
catanese cosa sente di dire ?
"Sono cose che succedono negli
stadi, da tutte le parti. Però
devo dire che non ho potuto
dormire dopo aver sentito delle
dichiarazioni dell’onorevole
Enzo Bianco che ha buttato fango
su Catania dicendo che dietro la
curva nord c’è la mafia e la
politica. Certe cose anche se ci
sono non si dicono !".
10 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
"Voglio la mamma, mi
manca"
di Maurizio Nicita
La solitudine di A.S, il
minore coinvolto nell’uccisione
di Raciti. Tanti gli elementi
per gli inquirenti.
Dal nostro inviato.
CATANIA - "Voglio la mamma, mi
manca". Solo nella sua cella nel
carcere minorile di Bicocca, a
pochi passi dall’aeroporto A. S.
vorrebbe volare via, ma le
sbarre sono un’ossessione. E
allora il ragazzo trova conforto
nell’avvocato Giuseppe Lipera:
"Non sono stato io ad ammazzarlo
e se lei mi dice che posso stare
tranquillo. Allora io sono
sereno. Ditelo alla mamma".
L’abbraccio madre-figlio,
giovedì a mezzogiorno subito
dopo la contestazione
dell’omicidio, è stato il
momento più drammatico per
questa famiglia normale. Però
non può passare in secondo piano
il dramma della famiglia Raciti,
privata di Filippo. IL GIUBBOTTO
Sul fronte indagini ulteriori
novità potranno arrivare da
Roma, dove alla Scientifica sono
custoditi il giubbotto indossato
dall’ispettore capo e la lastra
di alluminio della lunghezza di
un metro e venti e del peso di
5,6 chili, ritenuta dagli
inquirenti l’arma del delitto.
C’è una macchia bianca sul
fianco destro del giubbotto:
potrebbe essere il calcinaccio
del lavabo spaccato per
strappare la lastra, in quel
caso si avrebbe la certezza che
si tratta dell’oggetto
contundente che ha spaccato il
fegato del poliziotto. "Raciti
si accascia perché la sua
respirazione è resa difficoltosa
proprio dall’emorragia al
peritoneo. Una casistica che si
riscontra anche in incidenti
stradali dove la vittima torna a
casa convinto di non aver nulla
e poi muore" - spiega il
procuratore aggiunto, Renato
Papa. INQUIRENTI SICURI Il
titolare dell’inchiesta afferma:
"Sono fermamente convinto della
colpevolezza del minorenne
indagato. Esistono prove certe
che portano a un quadro chiaro".
Si aggancia al discorso il
procuratore dei minori, Gaspare
La Rosa: "Ammissioni corpose e
significative che stiamo
verificando anche per la
configurazione dell’ipotesi di
reato". L’interrogatorio al
minorenne di giovedì pomeriggio
è stato registrato e non ancora
sbobinato. Ma La Rosa spiega:
"L’indagato si è riconosciuto
nel soggetto che brandisce in
mano il pezzo di metallo che
raccoglie da terra. Anche sulla
base delle ammissioni è lui che
ha spinto l’ispettore". Entrambe
le procure ammettono però che
non esiste un’immagine dello
scontro reale. Le riprese
filmate dalle telecamere 21 e 22
del sistema di videosorveglianza
dello stadio "si riferiscono a
un secondo prima e a uno dopo
l’impatto, perché in
quell’attimo - sottolinea Papa -
l’immagine è coperta dal muro di
recinzione della curva nord. Ma
è un dettaglio marginale perché
è rigorosamente logico
l’impatto". DIFESA ALL’ATTACCO
Ieri sono iniziate le
schermaglie processuali e non a
caso l’avvocato difensore
Giuseppe Lipera convoca una
conferenza stampa, un’ora prima
dell’accusa. "Non ha mai reso
alcuna confessione - arringa il
legale del 17enne A. S. Il
ragazzo ha ammesso di avere
lanciato, insieme ad altri che
dice di non conoscere, un pezzo
di metallo in aria, come si vede
dal filmato. Ma questa lastra
finisce per terra sollevando la
polvere, dunque non colpisce
Raciti. Non c’è stato alcun
contatto ma è stato il
magistrato a chiedere: "hai
spinto a mo' di ariete ?" e non
c’è stata risposta positiva del
ragazzo". Emerge però che
durante l’interrogatorio il
ragazzo abbia un po' cambiato
versione, impappinandosi.
RESPONSABILITÀ STADIO Ieri la
procura ha provveduto a togliere
i sigilli nella parte che
riguarda gli uffici comunali e
nel campetto d’allenamento, il
cosiddetto "Cibalino", dove
nella prossima settimana potrà
riprendere la scuola calcio con
centinaia di bambini. Papa
aggiunge: "Ci sono troppe cose,
sotto gli occhi di tutti, che
non hanno funzionato. Dalla
troppa gente sugli spalti al
mancato rispetto della legge
Pisanu. Possono configurarsi
responsabilità anche penali, da
collegare ai fatti di violenza
avvenuti. Abbiamo nominato un
consulente, l’ingegner Aiello,
che ci aiuterà a valutare gli
aspetti tecnici".
10 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Raciti, il 17enne
indagato: "Sono sereno"
Il padre: "Togliere le
indagini alla polizia"
Prosegue il lavoro degli
inquirenti, mentre il giovane
continua a dirsi innocente. Gli
ultrà avrebbero teso una vera e
propria trappola contro le forze
dell'ordine.
CATANIA - Era una vera e
propria trappola, quella
organizzata per dare l'assalto
ai poliziotti. Sulla ricerca
degli autori dell'agguato si
concentrano gli sforzi degli
inquirenti che indagano sulla
morte dell'ispettore capo
Filippo Raciti, ucciso la sera
di venerdì 2 febbraio durante
gli scontri allo stadio
"Massimino" di Catania. Mentre
emergono nuovi dettagli sulla
ricostruzione che i magistrati
stanno facendo di quella serata,
parla per la prima volta il
diciassettenne indagato, che si
professa innocente. Mentre il
padre chiede che ad occuparsi
delle indagini non sia più la
polizia. "Non l'ho ucciso io". È
il legale Giuseppe Lipera a
rivelare una dichiarazione di
A.S, il diciassettenne indagato
nell'ambito delle indagini per
l'uccisione di Filippo Raciti.
"Sono sereno, non sono stato io
a uccidere l'ispettore, e lei mi
ha detto che, se sono innocente,
devo stare tranquillo" ha detto
il giovane al suo avvocato. E in
un'intervista alla Stampa, ha
raccontato che aspetta "la tv in
cella, voglio sapere tutto
quello che si dice di me, non
voglio perdere un solo
telegiornale". Una professione
di innocenza preceduta, nei
giorni scorsi, dalle
dichiarazioni sia dello stesso
Lipera che del padre del
diciassettenne. L'uomo, ieri,
aveva nuovamente difeso "i
ragazzi che erano allo stadio"
definendo gli scontri "una cosa
voluta dalla polizia". Il padre:
"Togliete le indagini alla
polizia". Il genitore del
17enne, intanto, ha inoltrato
alla Procura generale di Catania
la richiesta di avocare
l'inchiesta: si chiede che la
magistratura deleghi ai
carabinieri o alla Guardia di
finanza le indagini per
opportunità, visto che non c'è
più la necessità di atti urgenti
e che la vittima era un
appartenente alla polizia di
Stato che attualmente svolge le
indagini. Il medico legale
Giuseppe Caruso è stato nominato
perito di parte dalla famiglia
del ragazzo: dovrà accertare le
cause del decesso di Raciti. Una
trappola contro la polizia. Un
fumogeno lanciato contro gli
agenti da un giovane ultrà, che
esce dallo stadio per poi
rientrare in curva Nord.
Potrebbe essere questo, secondo
gli investigatori, il segnale
che ha dato il via all'attacco,
premeditato, alle forze
dell'ordine durante
Catania-Palermo. Secondo questa
ipotesi, il giovane, ancora non
identificato, avrebbe gettato il
fumogeno per farsi inseguire
dalla polizia fin dentro la
curva Nord del "Massimino", dove
un gruppo di ultrà era pronto
allo scontro. È quanto emerge
dallo schema disegnato dalla
Procura di Catania: un piano
predefinito, dunque a un attacco
volontario contro la polizia.
Proseguono le indagini per
individuare le persone che
facevano parte del gruppo che ha
assalito Raciti. Nei loro
confronti il reato ipotizzato è
di concorso in omicidio
volontario. Nuove scritte contro
Raciti. Una nuova scritta contro
l'ispettore capo ucciso venerdì
scorso è stata trovata su un
muro della stazione ferroviaria
di Genova-Quarto. Ignoti hanno
scritto "Yo Filippo Raciti" su
una delle pareti interne alla
stazione ferroviaria con uno
spray nero. Secondo quanto
spiegato dai poliziotti della
Digos intervenuti sul posto
insieme ai tecnici della
scientifica, indicazioni per
trovare i responsabili
potrebbero arrivare dal filmato
della telecamera dello scalo
ferroviario. I fotogrammi sono
già al vaglio degli
investigatori.
10 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Attacco organizzato
contro la polizia
di Francesco Viviano
CATANIA - "Sono sereno,
avvocato, sono tranquillo perché
non ho ammazzato nessuno.
L’unica cosa che mi manca è mia
madre". Rinchiuso da ieri nel
carcere minorile di Bicocca in
una cella assieme ad altri ultrà
catanesi arrestati per gli
incidenti di venerdì 2 febbraio
durante la partita
Catania-Palermo, il 17enne
accusato di avere colpito a
morte l’ispettore di Polizia
Filippo Raciti, continua a
negare. "C'ero anch' io, ma non
ho ammazzato nessuno" ripete
mentre magistrati ed
investigatori non hanno dubbi
sulla responsabilità del
minorenne. "Con le prove di cui
disponiamo siamo fermamente
convinti della colpevolezza del
minorenne indagato. Poi dovrà
decidere un giudice" - ha
affermato il procuratore
aggiunto della Repubblica di
Catania, Renato Papa, mostrando
ai giornalisti un disegno della
polizia Scientifica dove si
ricostruisce il momento dello
scontro mortale tra i tifosi e
la polizia. E aggiunge: "Dalle
indagini emerge che dall’interno
dello stadio c'erano persone che
si organizzavano per attaccare
le forze dell’ordine, questo è
palese. Ora procediamo per
diverse ipotesi di reato e
riteniamo di poter individuare i
correi che con il minorenne
hanno ucciso l’ispettore". Per
l’accusa le registrazioni
televisive sugli scontri sono
"inequivocabili". In quelle
immagini si vede chiaramente il
diciassettenne arrestato,
affermano i magistrati, che
hanno in mano un pezzo di telaio
di metallo che usa come un
ariete per sfondare il muro di
poliziotti che bloccano una
porta d’uscita. E tra quei
poliziotti c’era anche
l’ispettore Raciti,
riconoscibilissimo perché
indossava un casco particolare
della polizia che si era portato
da Genova dove aveva svolto
servizio durante il G8.
L’immagine dell’impatto tra
l’accusato ed i poliziotti però
non c’è. "Il muro di cinta ha
impedito alla telecamera -
spiegano i magistrati - di
riprendere il momento
dell’impatto". "Prove", quelle
dell’accusa, che non dimostrano
nulla, afferma l’avvocato
Liperi, difensore del ragazzo.
"Il ragazzo - dice il legale -
ha ammesso di avere lanciato,
insieme ad altri, un pezzo di
metallo in aria, come si vede
benissimo dal filmato e non c’è
stato alcun contatto". Ed anche
il padre del ragazzo assicura
che il figlio è innocente
sostenendo che quegli incidenti
allo stadio Massimino sono stati
provocati dal lancio di
lacrimogeni da parte delle forze
dell’ordine. Una quarantina in
tutto lanciati su ordine di un
funzionario di polizia quando
gli ultrà avrebbero attaccato
con pietre, spranghe ed altri
oggetti contundenti poliziotti e
carabinieri. "Voglio dire alla
signora Raciti che mio figlio
non c'entra con queste cose".
Non la pensano così gli
investigatori convinti della
responsabilità del minorenne
individuato senza nessun
contributo di "Cosa nostra" che
aveva fatto sapere che era
disposta a "collaborare"
consegnando il responsabile nel
caso in cui l’avessero
individuato loro. Una
"collaborazione" non certo
disinteressata. Da venerdì 2
febbraio, Catania è stata sotto
pressione: in questi giorni
neanche una rapina è stata
compiuta in città. E tra i
danneggiati dalla chiusura dello
stadio, ci sono anche quelli che
lavorano all’interno della curva
nord, quella degli ultrà: lì
chioschi per la vendita di
bibite sono gestiti dal fratello
di un mafioso.
10 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Catania, tradito da una
felpa l’ultrà accusato
d’omicidio
di Francesco Viviano
CATANIA - Una felpa con
il cappuccio e la scritta
"Champion" ha tradito l’ultrà
catanese, A.S, il giovane
arrestato e indagato per
l’omicidio dell’ispettore di
polizia, Filippo Raciti, morto
venerdì 2 febbraio durante gli
scontri allo stadio dove si
giocava il derby
Catania-Palermo. Il volto del
diciassettenne, con indosso la
felpa, era stato ripreso dalle
telecamere interne dello stadio
mentre con un telaio di ferro
pesante cinque chili si
scagliava contro Raciti. Ma quel
volto non aveva un nome. Gli
investigatori della squadra
mobile lo hanno identificato
dopo due notti passate a
visionare i filmati degli ultrà
durante gli incontri del Catania
in casa ed in trasferta. Ed è
stato durante la trasferta del
Catania a Bergamo, due domeniche
fa, che gli investigatori hanno
ritrovato quel volto e quella
felpa indossata dall’ultrà
catanese, che prima
dell’ingresso nello stadio
bergamasco era stato
identificato e fotografato. Gli
inquirenti hanno comparato la
foto con quella ripresa allo
stadio di Palermo ed hanno
scoperto che apparteneva al
minorenne poi arrestato. "Se non
fosse stato per quella felpa e
la foto a Bergamo - dice un
investigatore - sarebbe stato
difficile identificarlo perché
fino ad allora non era stato
riconosciuto da nessuno". E un
altro colpo di fortuna ha
consentito agli investigatori di
ritrovare il telaio di metallo
utilizzato dall’ultrà per
uccidere l’ispettore di Polizia.
Il giorno dopo gli scontri,
infatti, l’amministrazione
comunale aveva consentito lo
svolgimento del settimanale
mercatino rionale proprio nei
luoghi della cosiddetta "scena
del crimine", che era stata
ripulita dai netturbini del
Comune. Era sparito tutto,
pietre, bastoni, tutto. Il
telaio di ferro però non era
finito in un cassonetto perché
gli ultrà lo avevano nascosto
dietro un muretto nei pressi
dello stadio. Se non si fosse
trovata l’arma del delitto le
indagini sarebbero diventate più
complicate. "Per fortuna le cose
sono andate diversamente -
afferma un magistrato - ed
abbiamo ricostruito, con
l’ausilio delle immagini, cosa è
accaduto venerdì scorso allo
stadio". In una immagine si vede
chiaramente il giovane mentre
tiene con tutte e due le mani il
telaio di ferro utilizzato come
lancia e si scaglia contro i
poliziotti. Una prova certa,
anche se il suo avvocato,
Giuseppe Lipera, afferma invece
che quel telaio è sì nelle mani
dal suo assistito, ma viene
lanciato per aria. Intanto la
ricerca degli altri complici
continua. Da intercettazioni
ambientali registrate subito
dopo l’incidente allo stadio è
emerso che gli ultrà avevano
programmato da giorni l’agguato
contro i poliziotti. "Il
bordello era stato organizzato
bene - dice un ultrà ad un suo
amico - la guerra doveva
cominciare con l’attacco ai
palermitani poi è finita a
schifo, con quello e gli altri
in galera". Dalle
intercettazioni è anche emerso
che il "gruppo di fuoco" è
composto da non più di una
cinquantina "tifosi" ai quali
della partita poco importa. Il
padre e il legale del ragazzo
però continuano a ripetere che
il giovane sarebbe estraneo al
delitto e che quelle "prove"
sono molto deboli. Hanno poi
annunciato che presenteranno una
richiesta al procuratore
generale di Catania, Giovanni
Tinebra, di avocazione
dell’inchiesta, e che le
indagini vengano tolte alla
squadra mobile e affidate ai
carabinieri o alla guardia di
Finanza, dato che la vittima era
un poliziotto. Una mossa,
questa, che si intreccia ad un
clima già rovente di polemiche
interne alla procura della
Repubblica catanese, perché ci
sia un maggior coordinamento tra
gli uffici che si occupano
dell’inchiesta.
11 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Ci sarebbe un tentato
omicidio
di Maurizio Nicita
A Catania si fa più
delicata la posizione di
(Omissis), arrestato per
l’aggressione a Cassisi. In
vista nuovi arresti Intanto, si
aggrava anche la situazione del
minorenne accusato per la morte
di Raciti. "10, 100, 1000
Raciti": è la scritta apparsa
ieri pomeriggio sul muro di una
scalinata nei pressi del centro
storico di Pordenone. Accanto,
slogan contro le forze
dell’ordine.
Dal nostro inviato.
CATANIA - Pugno duro e pene
pesanti. È questo lo scenario
che si prospetta dopo i tragici
fatti del 2 febbraio. Delle 30 e
passa persone attualmente
detenute, ce ne sono due che
rischiano condanne oltre i dieci
anni di galera. Uno è il
minorenne di San Cristoforo,
A.S, accusato di omicidio, la
cui posizione si fa più grave
per via dell’intercettazione
ambientale, ma ce n'è un altro
che presto potrebbe veder
cambiare in tentato omicidio il
proprio capo d’accusa: si tratta
di (Omissis). Ma andiamo per
ordine, partendo dall’uccisione
dell’ispettore di polizia,
Filippo Raciti. MINORENNE
CONSAPEVOLE Dalla famosa C.n.r.
(comunicazione di notizia di
reato) presentata dalla Polizia
giovedì scorso emergono
particolari sull’intercettazione
ambientale che aggravano le
responsabilità. Dal dialogo
avuto con un altro arrestato in
una sala della Questura, emerge
la consapevolezza del 17enne
sull’accaduto ("La fine del
mondo. Abbi u cuntattu cche
vaddia", cioè confida di aver
avuto il contatto con le guardie
e poi ammette: "Non immaginavo
che moriva"). Queste frasi
incastrerebbero il giovane, ma
la difesa non è convinta della
valenza di questa
intercettazione, che non è stata
mostrata durante
l’interrogatorio di giovedì.
Intanto l’avvocato Giuseppe
Lipera, che difende l’indagato
per l’omicidio di Raciti, ha
depositato alla Procura per i
minorenni del tribunale di
Catania la nomina di un perito
di parte: il medico legale
Giuseppe Caruso. Inoltre lo
stesso avvocato ha preannunciato
una istanza che sarà presentata
domani al procuratore generale
di Catania, Giovanni Tinebra,
chiedendo di avocare a sé
l’indagine, perché "un
coordinamento fra procure mi
sembra opportuno - spiega Lipera
-. E poi non mi pare sia molto
lineare che il procuratore
aggiunto, Renato Papa, si sia
espresso sulla colpevolezza di
un minore, di competenza di
un’altra procura". E ancora la
difesa richiede di delegare le
investigazioni ai Carabinieri o
alla Guardia di Finanza per
opportunità dato che la vittima
era un poliziotto. Strategie, in
attesa che la prossima settimana
il pm dei minori, Angelo
Busacca, depositi la richiesta
di custodia cautelare in
carcere, decidendo il tipo di
reato per omicidio da contestare
ad A.S. TENTATO OMICIDIO Si fa
più pesante la posizione anche
di (Omissis), 24 anni,
pregiudicato, già sottoposto a
Daspo nel 2004. Venne arrestato
la stessa notte degli scontri,
mentre dormiva tranquillamente a
casa come se nulla fosse. È lui
che ha aggredito, insieme ad
altri, il sostituto commissario
di Polizia Giuseppe Cassisi,
ancora ricoverato in ospedale
per via di un ematoma al
cervello. Lo stesso Cassisi,
finendo per terra, strappò il
portafogli col documento al
Sottile, il che diventa una
prova schiacciante. Il fatto che
Cassisi, inerme per terra, sia
stato ripetutamente colpito
senza casco, subendo anche il
lancio di un motorino, ha
portato la procura a riflettere
se integrare i capi d’accusa in
tentato omicidio, oltre a quelli
già contestati. DEVASTAZIONE Non
si ferma l’attività
investigativa e dopo la prima
ondata di arresti (41) per la
prossima settimana si preparano
nuovi provvedimenti restrittivi,
appena sarà possibile
riconoscere dai filmati nuovi
soggetti, visto che i
partecipanti agli scontri sono
oltre 700. Come ha spiegato il
procuratore aggiunto Papa, il
reato che sarà contestato sarà
quello di devastazione che,
prevedendo pene fra gli 8 e i 15
anni, consente gli arresti.
11 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Per Cassisi anche un
infarto
di Maurizio Nicita
Ora il suo aggressore
rischia l’incriminazione per
tentato omicidio.
Dal nostro inviato.
CATANIA - La Polizia inoltrerà
oggi alla Procura i referti
medici relativi al sostituto
commissario Giuseppe Cassisi,
colpito in un agguato
particolarmente violento negli
scontri del 2 febbraio. Il
poliziotto, che nella
colluttazione perse il casco ma
riuscì a strappare il portafogli
con i documenti a uno degli
aggressori, oltre ad aver
riportato un fortissimo trauma
cranico con ematoma al cervello,
è stato colpito da infarto. Solo
nello scorso fine settimana il
Cassisi ha potuto far rientro a
casa, con almeno un mese di
prognosi per la guarigione. E
proprio dai referti medici gli
inquirenti potranno decidere se
incriminare per tentato omicidio
il (Omissis) (quello che aveva
perso il portafogli) e altri
protagonisti di questo episodio
svoltosi su via Fava, all’angolo
con via Ferrante Aporti, dal
lato della sud. BILANCIO Alla
fine sono stati 84 gli uomini
delle forze dell’ordine rimasti
feriti nella guerriglia
organizzata dagli ultrà e che ha
portato alla morte di Filippo
Raciti. Proseguono le indagini,
di concerto fra le procure e
oggi arriverà probabilmente la
formalizzazione della seconda
richiesta di custodia cautelare
per il minorenne A.S. Il pm
Angelo Busacca appare
intenzionato a contestare il
reato di omicidio
preterintenzionale. Anche se gli
inquirenti sperano presto di
poter individuare altri soggetti
del gruppetto che ha assalito
Raciti, fra i quali c'erano
sicuramente alcuni maggiorenni.
14 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Il minorenne si difende
così
"Ho tirato ad altezza
gambe"
CATANIA - Reso noto
l’interrogatorio del minorenne
accusato di aver ucciso
l’ispettore di polizia Filippo
Raciti, durante i disordini di
Catania-Palermo. Il 17enne
ammette di "avere preso e
lanciato", poi preciserà
"scaraventato", a "metà altezza"
cioè "verso le gambe", un
lamierino ma spiega di "non
avere colpito nessuno perché
loro (gli agenti di polizia,
ndr) si sono allargati. Non
volevo ammazzare. Il lamierino
l’ho gettato all’altezza delle
gambe, in quel modo si faceva
soltanto qualche graffio o
ematoma". Alla contestazione del
pm se avesse usato a mo' di
ariete il pezzo di ferro
l’indagato replica: "Io l’ho
spinto soltanto una volta e poi
mi sono allontanato".
16 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
"Delitto Raciti
È
omicidio volontario del
minorenne"
di Maurizio Nicita
Custodia cautelare
richiesta dalla Procura. L’ultrà
A.S. rischia un minimo di 14
anni.
A undici giorni
dall’incriminazione per omicidio
del 17enne A.S, la Procura della
Repubblica per i minorenni di
Catania ha depositato ieri
pomeriggio una richiesta di
ordinanza di custodia cautelare
per omicidio volontario
dell’ispettore capo di Polizia
Filippo Raciti, morto durante
gli scontri nel derby del 2
febbraio. LA RICHIESTA PIÙ DURA
Dopo aver ponderato ogni aspetto
delle indagini e sulle
risultanze dell’interrogatorio
all’indagato di giovedì 8
febbraio, il procuratore Gaspare
La Rosa (che ha controfirmato la
richiesta) e il sostituto Angelo
Busacca hanno scelto il reato
più pesante da contestare al
giovane di San Cristoforo, ex
rugbista. La prima idea era
stata quella dell’omicidio in
concorso, poi si era parlato di
"preterintenzionale" (art. 584
del codice penale), invece
contestare il "volontario" (art.
575) significa che sul minorenne
pende una condanna che va da un
minimo di 14 anni contro i 7 del
"preterintenzionale", visto che
le pene per i minori sono
diminuite di un terzo rispetto
ai maggiorenni. NELLE MANI DEL
GIP Su questa seconda ordinanza
di custodia cautelare dovrà
decidere il giudice minorile per
le indagini preliminari
Alessandra Chierego, lo stesso
che l’8 febbraio emanò la prima
ordinanza, per resistenza e
aggressione a pubblico
ufficiale: quella che tiene A.
S. attualmente in carcere. Tutto
questo perché il fascicolo nei
confronti dell’indagato è unico.
La Chierego avrà bisogno di
qualche giorno per decidere, il
tempo per consultare l’intero
impianto accusatorio messo su
fra le indagini (con
intercettazioni ambientali)
della Polizia e l’interrogatorio
della Procura dell’8 febbraio,
nel quale il ragazzo rispose
alle domande degli inquirenti.
INTERCETTAZIONI In quel
drammatico pomeriggio, durante
il quale il minorenne scoppiò a
piangere nelle braccia della
mamma prima di essere tradotto
nel carcere di Bicocca, A. S.
ammise di aver partecipato agli
scontri e di aver preso da terra
la lastra metallica ritenuta
l’arma dell’omicidio, ma pur
impappinandosi non ci fu una
confessione completa. Più
probanti, per gli inquirenti, le
riprese in questura durante le
quali A. S. discutendo con un
altro fermato minorenne annuiva
sul fatto di aver colpito
Raciti. RIGETTO Intanto la
Procura Generale di Catania -
coordinata da Giovanni Tinebra -
ha rigettato "perché non
esistono i presupposti", la
richiesta avanzata dall’avvocato
Lipera, difensore di A.S, per
l’avocazione delle due inchieste
delle procure della Repubblica
distrettuale e per i minorenni.
Nella richiesta si sosteneva la
sovrapposizione tra i magistrati
delle due procure e inoltre si
chiedeva il trasferimento delle
indagini dalla Polizia a
Carabinieri o Guardia di Finanza
per motivi di opportunità.
L’avvocato Lipera, che ieri ha
presentato istanza di
scarcerazione sul primo arresto
del giovane, attende ora
l’emissione di questa seconda
ordinanza che gli consentirà di
conoscere il contenuto
dell’intero fascicolo.
20 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Ordine di arresto per
l’ultrà catanese
CATANIA - Si aggrava la
posizione del ragazzo di 17 anni
accusato di avere avuto un ruolo
nella morte dell’ispettore capo
Filippo Raciti. La Procura per i
minori di Catania ha depositato
una richiesta di ordinanza di
custodia cautelare per omicidio
volontario nei suoi confronti. A
vagliarla sarà il gip Alessandra
Chierego, lo stesso giudice che
ha disposto l’arresto del
diciassettenne per resistenza a
pubblico ufficiale. Un
contributo di 420.000 euro sarà
consegnato oggi dal presidente
della Lega Calcio Matarrese alla
vedova di Filippo Raciti.
20 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Raciti, solo un ultrà
resta in carcere
Polemica dopo il
Tribunale della libertà
Per gli indagati una
conferma di arresto, cinque
domiciliari e un obbligo di
firma. La Procura: "Una
decisione che desta stupore".
Probabile il ricorso in
Cassazione.
CATANIA - Un ordine di
carcerazione confermato, gli
altri trasformati: cinque in
arresti domiciliari, uno in
obbligo di firma giornaliero.
Sono le decisioni odierne del
Tribunale della libertà di
Catania riguardati l'inchiesta
sugli scontri nel derby Catania
- Palermo del 2 febbraio scorso,
nei quali perse la vita
l'ispettore capo di polizia
Filippo Raciti. La decisione è
stata accolta dalla Procura
della Repubblica distrettuale
con un certo "stupore",
provocato dalla "discordanza di
valutazione rispetto alle
decisioni del Tribunale del
riesame per minorenni" che aveva
confermato cinque arresti su
sette. La Procura starebbe per
questo valutando l'ipotesi di
ricorrere in Cassazione contro
la decisione del Tribunale del
riesame e di avanzare richiesta
di giudizio immediato per gli
indagati.
21 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Catania, tornano a casa
in cinque
di Maurizio Nicita
Il tribunale del riesame
concede i domiciliari agli
arrestati dopo i tragici fatti
di Sant’ Agata. Il procuratore
Papa: "Ricorreremo in
Cassazione". La polizia
protesta.
Tutti a casa, o quasi. A
meno di tre settimane dai
tragici fatti di Catania che
hanno portato alla morte
l’ispettore capo di polizia,
Filippo Raciti e provocato il
ferimento di 84 persone fra le
forze dell’ordine, i
protagonisti di quegli scontri
se ne stanno tornando
tranquillamente a casa. Il
tribunale del riesame -
presieduto da Roberto
Passalacqua, giudici Maria Paola
Cosentino e Antonio Giuttari -
nei ricorsi sinora affrontati ha
infatti deciso di scarcerare 5
degli arrestati per gli scontri
del 2 febbraio (4 assegnati ai
"domiciliari", uno alla firma
quotidiana), confermando il
carcere solo per (Omissis), in
quanto pregiudicato per
danneggiamento aggravato. Si
ripete una scena già vista. Dure
le reazioni che arrivano dai
sindacati di polizia e
soprattutto dalla Procura di
Catania. RICORSO IN CASSAZIONE
Lo annuncia per i provvedimenti
del Riesame, il procuratore
aggiunto Renato Papa:
"Rispettiamo le sentenze dei
giudici, pur non condividendole
e le impugneremo davanti al
supremo collegio. Notiamo che
c’è una discordanza di
valutazione rispetto alle
decisioni del Tribunale del
riesame per minorenni che ha
confermato 5 arresti su 7.
Leggiamo nei provvedimenti, che
ci si è basati solo sul mancato
pericolo di inquinamento delle
prove, dimenticando il pericolo
di reiterazione di reato,
evidente in soggetti così
violenti. Sì, dovranno restare
ai domiciliari, ma queste sono
misure che si concedono a vecchi
e malati non a soggetti
pericolosi. Il problema nostro è
che sulla carta poniamo accuse
che prevedono fino a 5 anni di
pena, ma in Inghilterra con gli
hooligan la deterrenza l’ha
prodotta una certezza della
pena: non elevata ma che si
sconti subito". PERICOLOSO ? MA
NON A CASA Colpisce, fra gli
altri, la motivazione per la
misura che riguarda (Omissis),
nonostante si scriva
nell’ordinanza: "individuato
come uno dei numerosi soggetti
che, dopo aver lanciato pietre,
oggetti metallici, bottiglie di
vetro e altro contro un nucleo
di polizia, dopo aver fatto
cadere per terra il commissario
Cassisi Giuseppe (che ha
rischiato la vita, ndr), si
accanivano contro il predetto,
colpendolo con calci e pugni". E
si conclude: "Il grado di
pericolosità sociale dello
stesso appare pertanto
significativo, ma tenuto conto
dell’incensuratezza e
dall’assenza di pendenza, si
ritiene che la relativa esigenza
possa essere salvaguardata anche
con gli arresti domiciliari". LE
REAZIONI Sottolinea Giovanni
Nicotra, presidente della
Uil-polizia: "Certi
provvedimenti ormai purtroppo
non ci stupiscono, perché
costantemente vediamo scarcerati
i delinquenti che assicuriamo
alla giustizia. Si sa che i
domiciliari non possono avere un
controllo ferreo in una città
come Catania dove i problemi di
ordine pubblico sono costanti
nel tempo e crescenti nel numero
di reati. E vorrei sottolineare
che le carceri non si svuotano
con indulti, ma con la certezza
della pena". Aggiunge il
segretario del Siulp, Oronzo
Cosi: "C’è bisogno di costruire
una nuova architettura normativa
basata su un concetto
essenziale: esiste un nuovo tipo
di criminalità organizzata,
quella espressa da alcune
tifoserie ultrà, che ha come
fine il lucro e che ha come
strumento l’esercizio della
violenza e della devastazione
sui campi di calcio e sui
territori ad essi collegati".
22 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Già finito il pugno di
ferro a Catania scarcerati 6
ultrà
di Fulvio Bianchi
ROMA - In carcere sono
rimasti meno di venti giorni e
così ieri, fra le polemiche,
sono stati mandati a casa sei
dei sette ultrà che erano stati
arrestati il 2 febbraio scorso
dopo gli scontri scoppiati al
termine di Catania-Palermo. Un
venerdì tragico, con la morte
dell’ispettore di polizia
Filippo Raciti. Addio pugno
duro, solo un tifoso rimane in
carcere. Cinque sono finiti ai
domiciliari e un altro è stato
rimesso in libertà con l’obbligo
della firma: lo ha stabilito il
tribunale del riesame.
Decisione, questa, che ha
stupito non poco la Procura
catanese: tanto che sta
valutando se presentare ricorso
in Cassazione e di avanzare
richiesta di giudizio immediato
per gli indagati. Il tribunale
del riesame per i minorenni ha
invece confermato la misura
cautelare in carcere per cinque
dei sette ragazzi fermati dopo
gli scontri. Per l’omicidio
Raciti, al momento, c’è un solo
indagato, un diciassettenne che
resta in carcere. Nei prossimi
giorni il Gip dovrà esaminare la
richiesta di misura cautelare.
Intanto a Bologna il giudice
monocratico ha rigettato la
richiesta di patteggiamento per
(Omissis), l’artigiano che
sabato scorso aveva lanciato un
seggiolino in campo. Il pm e la
difesa avevano raggiunto un
accordo di condanna a 7 mesi con
sospensione della pena. Il
processo per direttissima si
terrà oggi e il tifoso rossoblù,
primo arrestato dopo il decreto
Amato, rischia un anno. In
Lucania primo arresto di un
tifoso: aveva accesso un
fumogeno in uno stadio. In
Campania, invece, sospesi
ultimamente ben 12 club
dilettantistici dal Comitato
Regionale. Pugno durissimo,
quindi. Per ordine del
presidente Carlo Tavecchio. Il
giudice sportivo ha anche
cancellato un club di calcio a
cinque (Futsal San Giuseppe) per
gravi violenze, come anticipato
ieri da Repubblica. Al Senato il
vicecapo vicario della polizia,
Antonio Manganelli, ha lanciato
l’allarme: "Una volta il nemico
comune degli ultrà era
l’arbitro. Adesso è il
poliziotto". Come si è visto,
purtroppo a Catania. "Il decreto
Amato, quindi, è un segnale
importante di svolta". Anche
perché, sempre secondo
Manganelli, "in Italia ci sono
487 club di tifosi, il 20% dei
quali hanno qualche legame con
formazioni estremiste. Si tratta
di 20mila persone, iscritte a
club che hanno qualche
appartenenza nell’antagonismo
estremo, alcune delle quali di
matrice
anarco-insurrezionalista. I
gruppi organizzati più forti
cacciano i meno forti dalle
curve". Tempo fa era stato lo
stesso Sisde a lanciare
l’allarme-infiltrazioni. "La
mafia però non cerca consenso
negli stadi - ha concluso
Manganelli - ma a Catania in
curva ci sono frange di estrema
destra". Oggi riunione
dell’Osservatorio del Viminale:
il dottor Felice Ferlizzi e il
suo staff dovranno esaminare la
situazione stadi. Quattro o
cinque sono pronti a riaprire
(Firenze, Livorno, Empoli,
Bergamo, Lecce mentre ad Ascoli
litigano Comune e club). Da
fissare gli orari del turno
infrasettimanale di mercoledì 28
febbraio: di pomeriggio, per
motivi di ordine pubblico, si
potrebbe giocare anche
Samp-Atalanta oltre a
Lazio-Catania, Siena-Livorno e
Reggina-Fiorentina. Le altre, di
notte.
22 febbraio 2007
Fonte: La Repubblica
Gli arrestati sono
vecchie conoscenze della polizia
di Catania. Avevano partecipato
anche agli scontri di
Catania-Cagliari.
Raciti, fermati altri
due ultras
"Incastrati grazie alle
telecamere"
Molotov a Castellammare
di Stabia, si giocherà a porte
chiuse. La partita sarà
trasmessa in diretta dalla Rai a
Napoli e Avellino.
CATANIA - Nuovi arresti
a Catania. La Digos e la polizia
di stato hanno fatto scattare i
provvedimenti restrittivi nei
confronti di due fratelli,
(Omissis), nell'ambito delle
indagini sui disordini del 2
febbraio scorso, quando fu
ucciso l'ispettore capo di
polizia Filippo Raciti. Il fermo
dei fratelli (Omissis) porta a
42 il numero di ultras arrestati
dalle forze dell'ordine. Di
questi, però, solamente sette
rimangono agli arresti
domiciliari e uno ha l'obbligo
di firma quotidiani in un
ufficio della polizia. Le
persone denunciate a piede
libero sono ancora 25. Gli
(Omissis) sono vecchie
conoscenze della questura
catanese: in passato (Omissis) è
stato denunciato per
danneggiamento, violenza
privata, lanci di materiale
pericoloso, lesioni personali
volontarie, porto di oggetti per
offendere, furto e rissa. E
anche (Omissis) ha a carico una
denuncia per lancio di materiale
esplodente. Adesso i due
ragazzi, di 24 e 19 anni, sono
stati identificati grazie alle
riprese delle videocamere della
polizia scientifica. I filmati
mostrano i due fratelli
partecipare attivamente ai
disordini che hanno portato alla
morte di Raciti, lanciando bombe
carta, pietre e altri oggetti
contro le forze dell'ordine. I
due sono accusati anche di aver
partecipato agli scontri durante
la partita Catania-Cagliari del
21 gennaio scorso.
Castellammare. Porte chiuse
anche per la serie C. Il
prefetto di Napoli Alessandro
Pansa ha disposto che la gara
tra Juve Stabia ed Avellino in
programma domani pomeriggio allo
stadio "Romeo Menti" di
Castellammare di Stabia, venga
giocata senza pubblico. La
disposizione arriva in seguito
al ritrovamento, avvenuto
giovedì mattina, di quattro
bottiglie molotov e di un
messaggio minatorio che
minacciava di far fare alla
tifoseria avellinese "la fine di
Raciti". Ieri, il sindaco di
Castellammare, Salvatore Vozza,
aveva chiesto un rinvio del
match per aggiornare le misure
di sicurezza dello stadio. Il
prefetto ha preferito le porte
chiuse, ma ha disposto con
un'ordinanza che la partita sia
trasmessa in diretta dalla
RaiTre per le province di Napoli
e di Avellino.
24 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Il Cibali riapre Il
minorenne resta in carcere
di Maurizio Nicita
CATANIA - Ieri il
tribunale del riesame dei minori
di Catania ha convalidato il
provvedimento di arresto per
resistenza aggravata disposto
dal Gip Alessandra Chierego nei
confronti del 17enne A.S,
indagato anche per l’uccisione
dell’ispettore capo di polizia
Filippo Raciti. Il provvedimento
non riguarda l’omicidio per il
quale è ancora pendente una
richiesta di ordinanza di
custodia cautelare in carcere,
emessa dai pm Angelo Busacca e
Silvia Vassallo, davanti al Gip
che non ha ancora adottato alcun
provvedimento. L’avvocato
difensore del minore, Giuseppe
Lipera, ha proposto ricorso in
Cassazione per il minore che dal
6 febbraio è detenuto nel
carcere di Bicocca e ha ammesso
di aver preso parte agli
scontri, ma non di avere ucciso
il poliziotto. CURVA NORD Se
ieri la procura ha
dissequestrato lo stadio (la
relazione del tecnico Aiello
sottolinea irregolarità di
Comune e del Catania sulla
gestione dell’impianto), lo
stesso ufficio dedicato ai
minori ha provveduto al
sequestro della sola curva nord,
il luogo del delitto dove presto
potrebbe svolgersi un incidente
probatorio. Curiosità: il
tribunale del riesame ha
assegnato agli arresti
domiciliari Luigi Mannino,
custode del Cibali, insieme a
moglie e figlia (avevano
aggredito e minacciato i
poliziotti, anche con i cani),
ma non sono tornati
nell’abitazione all’interno
dell’impianto, rimasta chiusa.
28 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Raciti, ordine di
arresto del Gip
Omicidio volontario per
il 17enne
Il giudice accoglie la
richiesta della Procura ed
emette l'ordinanza. Il ragazzo
si dice innocente: "Avevo un
pezzo di metallo ma non ho
ucciso".
CATANIA - Da resistenza
a pubblico ufficiale a omicidio
volontario. Il diciassettenne
già in prigione per i disordini
scoppiati un mese fa durante il
derby Catania-Palermo, da oggi è
ufficialmente accusato anche
dell'assassinio dell'ispettore
di Polizia Filippo Raciti. Il
giudice per le indagini
preliminari del Tribunale dei
minori di Catania, Alessandra
Chierego, accogliendo la
richiesta della Procura, ha
emesso un'ordinanza di custodia
cautelare per omicidio
volontario in concorso con
altri, nei confronti del
diciassettenne indagato per
l'uccisione dell'ispettore
Raciti. Il provvedimento è stato
notificato in carcere al
ragazzo. Ieri il Tribunale del
riesame aveva respinto la
richiesta di scarcerazione
presentata dal legale del
minorenne, l'avvocato Giuseppe
Lipera, che ha preannunciato
ricorso in Cassazione. Il
diciassettenne era detenuto per
resistenza a pubblico ufficiale,
ma da oggi è in carcere anche
per l'accusa di omicidio
volontario. Lui continua a
dichiararsi innocente,
ammettendo soltanto di aver
partecipato agli scontri del 2
febbraio scorso durante il derby
Catania-Palermo. Ma c'è un
filmato che incastrerebbe il
minorenne. Sono le immagini di
un gruppo di giovanissimi che,
dentro lo stadio, si organizzano
per attaccare la Polizia. Manca
il fotogramma dello scontro che
ha portato alla morte
dell'ispettore, ma la
ricostruzione della scientifica
sembra non lasciare scampo al
giovane. Prima della guerriglia,
qualcuno stacca il pezzo di
alluminio che sorregge il lavabo
di un bagno dello stadio e lo
poggia per terra, davanti a una
delle grandi porte d'ingresso
del "Massimino". Ai giudici il
ragazzo ha ammesso di aver
brandito quel pezzo di metallo e
di averlo usato per spingere
"come un ariete" i poliziotti,
ma nega di aver colpito per
uccidere. Per gli investigatori,
invece, "l'impatto tra l'ultrà e
Raciti è consequenziale. La
nostra ricostruzione - ha detto
il procuratore aggiunto di
Catania Renato Papa - è
rigorosamente logica".
28 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
Raciti, il minorenne ora
rischia grosso
di Alessio D’Urso
Si aggrava la posizione
del tifoso accusato della morte
dell’ispettore capo: è omicidio
volontario. La vedova del
poliziotto ai giovani che lo
ricordano: "Questa è la sua
Catania".
CATANIA - Omicidio
volontario in concorso. È la
gravissima accusa per cui il
giudice per le indagini
preliminari del Tribunale per i
minorenni di Catania, Alessandra
Chierego, accogliendo la
richiesta della Procura, ha
emesso ieri l’ordinanza di
custodia cautelare nei confronti
di A.S, il 17enne indagato per
l’uccisione dell’ispettore capo
Filippo Raciti. Il provvedimento
è stato notificato in carcere al
minorenne dalla squadra mobile
della questura di Catania. IN
CARCERE A.S. era già detenuto
per resistenza a pubblico
ufficiale, ma da ieri la sua
posizione si è ulteriormente
aggravata dopo la seconda
pesante contestazione del gip.
Il provvedimento restrittivo era
stato sollecitato dal
procuratore della Repubblica per
i Minorenni Gaspare La Rosa e
dai sostituti Angelo Busacca e
Silvia Vassallo. L’indagato si è
sempre dichiarato innocente,
ammettendo soltanto di aver
partecipato agli scontri del 2
febbraio durante il derby
Catania-Palermo e di essere
presente sulla scena che gli
investigatori ritengono sia
quella del delitto: la porta
d’ingresso della Curva Nord del
Massimino. Il 17enne fu fermato
dalla polizia i giorni seguenti
agli scontri per resistenza
aggravata a pubblico ufficiale,
perché riconosciuto dagli
investigatori in alcuni dei
filmati dei disordini in
possesso della Scientifica. Il
fascicolo della nuova accusa è
stato integrato anche da prove
documentarie. LA DIFESA
L’avvocato del 17enne indagato,
Giuseppe Lipera, ha diffuso ieri
una nota in cui "dissente
totalmente dal teorema
accusatorio proposto dalla
Procura della Repubblica e allo
stato avallato dal gip. I
difensori, preso atto allo stato
soltanto del contenuto del
provvedimento, dichiarano
espressamente che, nei modi e
termini di legge, proporranno
formale istanza di riesame al
Tribunale della Libertà
competente, ritenendo sin d’ora
che l’ordinanza applicativa
della misura cautelare è
ingiusta ed errata. Il ragazzo
respinge in maniera assoluta
l’accusa e continua a protestare
la sua innocenza rispetto alla
morte dell’Ispettore Raciti".
UNA SQUADRA E sono 11 i
minorenni ancora detenuti per
resistenza aggravata nell’ambito
delle indagini per gli scontri
del 2 febbraio: l’ha
sottolineato ieri il procuratore
della Repubblica per i Minorenni
di Catania La Rosa rilevando che
i provvedimenti sono passati al
vaglio del Tribunale del Riesame
che li ha convalidati, mentre ad
altri due indagati i giudici
hanno concesso ad uno gli
arresti domiciliari e all’altro
la permanenza in una comunità.
COMMEMORAZIONI Domani, ad un
mese dalla tragica fine di
Raciti, verrà celebrata in
Cattedrale ad Acireale (dove
vive la famiglia del poliziotto)
una messa di suffragio alle
10.30. Subito dopo un corteo si
muoverà dal comune acese e,
idealmente, raggiungerà il
Massimino, teatro degli scontri.
Ieri sera oltre 200 persone
hanno ricordato l’Ispettore
davanti al X Reparto Mobile
catanese. Marisa Grasso, moglie
del poliziotto ucciso, ha detto
ai giovani: "Grazie ragazzi,
insieme vinceremo: questa è la
Catania di mio marito".
1 marzo 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Caso Raciti, per il
diciassettenne l’accusa è di
omicidio volontario
CATANIA - Ora è accusato
di omicidio il giovane
diciassettenne indagato per
l’uccisione dell’ispettore
Filippo Raciti. Il giudice per
le indagini preliminari del
Tribunale per i minorenni di
Catania, Alessandra Chierego, ha
emesso infatti un’ordinanza di
custodia cautelare per omicidio
volontario in concorso nei
confronti del minore. Il
provvedimento è stato notificato
in carcere al ragazzo dalla
Squadra Mobile della Questura di
Catania. Il diciassettenne era
detenuto per resistenza a
pubblico ufficiale, ma da ieri è
in carcere con l’accusa di
omicidio volontario dopo la
contestazione che gli è stata
mossa dal Gip. Il provvedimento
restrittivo era stato
sollecitato dal procuratore
della Repubblica per i minorenni
Gaspare La Rosa, e dai sostituti
Angelo Busacca e Silvia
Vassallo. L’indagato si è sempre
dichiarato innocente, ammettendo
soltanto di avere partecipato
agli scontri che si sono
verificati il 2 febbraio scorso
durante il derby
Catania-Palermo. (m.g.)
1 marzo 2007
Fonte: La Repubblica
Raciti, il
diciassettenne al gip
"Non parlo, tanto non mi
credete"
Catania, interrogatorio
di garanzia per il ragazzo
arrestato per la morte del
poliziotto. Ma lui si avvale
della facoltà di non rispondere:
"Non prendete in considerazione
le mie tesi".
CATANIA - "Io continuo a
professarmi innocente, ma è
inutile parlare perché
nell'ordinanza ho letto che non
avete preso in considerazione le
mie tesi a discolpa. Allora
preferisco avvalermi della
facoltà di non rispondere". È
quanto dichiarato ai magistrati
dal 17enne accusato di avere
provocato la morte
dell'ispettore capo di polizia
Filippo Raciti. A riferirlo è il
suo avvocato, l'avvocato
Giuseppe Lipera, nel giorno in
cui era previsto
l'interrogatorio di garanzia
nella Sezione minorile nel
carcere di Bicocca. Presente
anche il padre. Ad ascoltare il
giovane il gip Alessandra
Chierego e i pm Angelo Busacca e
Silvia Vassallo. Il minore
doveva spiegare ai magistrati le
sue responsabilità in ordine ai
disordini del 2 febbraio, in
occasione del derby
Catania-Palermo. Lo scorso 27
febbraio il Tribunale del
Riesame aveva respinto la
richiesta di scarcerazione
avanzata dai legali del giovane,
convalidando l'ordinanza di
custodia cautelare in carcere
per violenza e resistenza a
pubblico ufficiale firmata dal
Gip Alessandra Chierego. Il
legale ha già deciso di
ricorrere in Cassazione contro
questa decisione, sottolineando
"la disparità di valutazione con
il Tribunale del riesame
ordinario che per i giovani
maggiorenni incensurati ha
disposto gli arresti domiciliari
o l'immediato rilascio".
3 marzo 2007
Fonte: Repubblica.it
Omicidio Raciti, è
scontro tra pm e difesa
ROMA - La mancanza dei
fotogrammi del momento in cui è
stato colpito Filippo Raciti, le
incongruenze temporali tra
l’arrivo allo stadio del
poliziotto e il suo ferimento, i
dati dell’esame medico secondo
cui tra il ferimento e lo choc
emorragico che hanno portato
alla morte dell’ispettore sono
passati al massimo 20 minuti.
Sono i punti essenziali della
richiesta di scarcerazione
presentata dall’avvocato
Giuseppe Lipera per il suo
assistito, il 17enne accusato
dell’omicidio dell’ispettore di
polizia ucciso a Catania il 2
febbraio scorso negli incidenti
durante il derby con il Palermo.
Il difensore, in conferenza
stampa a Roma, ha proposto una
tesi alternativa a quella
sostenuta dalla Procura per i
minorenni: a provocare le ferite
al fegato che hanno poi causato
il decesso di Raciti, potrebbe
non essere stato un colpo
inferto con una barra di ferro,
ma il violento impatto con uno
sportello di un’auto della
polizia. La ricostruzione della
difesa è stata anticipata da
l’Espresso, domani in edicola.
La tesi degli avvocati sarà
sottoposta al gip Alessandra
Chierego, che in passato,
convalidando l’arresto, aveva
già ritenuto i video delle
telecamere dello stadio
compatibili con la ricostruzione
della procura. E il pm da parte
sua afferma che l’ipotesi che
l’ispettore Raciti sia morto per
"fuoco amico" come ipotizzato
dai legali del diciassettenne è
stata vagliata, verificata e
esclusa. Intanto la Cassazione
ricorda che è vietato esporre
simboli fascisti o razzisti allo
stadio: confermata la decisione
del gip di Roma contro un
giovane che durante una partita
Roma - Livorno ha esibito una
bandiera con Mussolini.
9 marzo 2007
Fonte: La Repubblica
Un poliziotto sconvolge
le indagini
Forse Raciti ucciso da
una camionetta
ROMA - Filippo Raciti
potrebbe essere morto per una
manovra errata dell’autista
della camionetta della polizia.
La rivelazione dell’Espresso
oggi in edicola potrebbe far
nuova luce sull’uccisione
dell’ispettore capo durante gli
scontri di Catania-Palermo del 2
febbraio scorso. La
ricostruzione è basata
sull’interrogatorio di un agente
scelto, S.L, 46 anni, secondo il
quale la morte di Raciti
sarebbero avvenuta alle 20.30,
quindi più di un’ora dopo il
contatto con gli ultras del
Catania, dopo che l’uomo era
sceso dal Discovery. Dopo aver
letto i nuovi verbali, gli
avvocati dell’unico indagato,
A.S, arrestato pochi giorni dopo
gli scontri e accusato di
omicidio, sosterranno l’ipotesi
avanzata dal settimanale oggi in
edicola.
6 aprile 2007
Fonte: La Repubblica
Discovery fatale. Come è
morto l'ispettore Filippo Raciti
a Catania ?
di Giuseppe Lo Bianco e
Piero Messina
Una camionetta della
polizia in retromarcia. Un urto.
Poi l'ispettore si accascia. Dal
verbale di un agente forse una
nuova verità sulla tragedia di
Catania.
Il Discovery della
polizia si muove in retromarcia
per sfuggire all'inferno di
pietre, fumo e bombe carta
scatenato dagli ultras catanesi.
Poi, un botto improvviso sulla
vettura. In quel momento
l'ispettore Filippo Raciti si
porta le mani alla testa e si
accascia. Due colleghi lo
adagiano nel sedile posteriore
del fuoristrada; l'ispettore si
lamenta dal dolore e non riesce
a respirare. Potrebbe essere in
questo racconto, nel verbale
redatto il 5 febbraio scorso
alla squadra mobile di Catania,
la soluzione del "caso Raciti'',
l'ispettore di polizia morto
dopo gli scontri con i tifosi
durante il derby Catania-Palermo
del 2 febbraio. A raccontare è
l'autista del fuoristrada,
l'agente scelto S.L, 46 anni. È
lui che ricostruisce
dettagliatamente quella giornata
di follia: dall'arrivo dei
pullman con i tifosi del Palermo
sino agli ultimi momenti di
Raciti. Il passaggio più
importante del verbale va
collocato intorno alle 20,30.
Più di un'ora dopo il presunto
contatto con gli ultras di
fronte al cancello della curva
Nord e a partita appena
conclusa, mentre fuori dallo
stadio continua la guerriglia.
Rivela S.L: "In quel frangente
sono stati lanciati alcuni
fumogeni, uno dei quali è caduto
sotto la nostra autovettura
sprigionando un fumo denso che
in breve tempo ha invaso
l'abitacolo. Raciti ci ha
invitato a scendere dall'auto
per farla areare. Il primo a
scendere è stato Raciti. Proprio
in quel frangente ho sentito
un'esplosione, e sceso anch'io
dal mezzo ho chiuso gli
sportelli lasciati aperti sia da
Balsamo che dallo stesso Raciti
ma non mi sono assolutamente
avveduto dove loro si trovassero
poiché vi era troppo fumo.
Quindi, allo scopo di evitare
che l'autovettura potesse
prendere fuoco, mentre era in
corso un fitto lancio di oggetti
e si udivano i boati delle
esplosioni, chiudevo gli
sportelli e, innescata la
retromarcia, ho spostato il
Discovery di qualche metro. In
quel momento ho sentito una
botta sull'autovettura e ho
visto Raciti che si trovava alla
mia sinistra insieme a Balsamo
portarsi le mani alla testa. Ho
fermato il mezzo e ho visto un
paio di colleghi soccorrere
Raciti ed evitare che cadesse
per terra". Raciti viene
adagiato sul sedile e soccorso
da un medico della polizia.
L'ispettore muore per la manovra
imprudente di un collega alla
guida del Discovery ? A
ipotizzarlo, dopo avere letto il
verbale, è adesso la difesa
dell'unico indagato, il
minorenne A.S. arrestato pochi
giorni dopo gli scontri, e
accusato dell'omicidio. Scrive
il medico Giuseppe Caruso, nella
consulenza di parte: le fratture
delle quattro costole
dell'ispettore e le sue lesioni
al fegato sono compatibili, "con
abbondante verosimiglianza, con
il bordo dello sportello di un
fuoristrada o dello spigolo
posteriore di un identico
autoveicolo". Si potrebbe
ribaltare dunque lo scenario
proposto dalla polizia e dal pm
della Procura presso il
Tribunale per i minorenni,
Angelo Busacca, che accusano il
giovane di avere scagliato, con
altri, un pezzo di lamiera
contro un gruppo di agenti, tra
cui Raciti, che tentavano di
proteggere i tifosi del Palermo.
Un gesto compiuto, come
testimoniano le riprese video,
tra le 19,04 e le 19,09. La
partita giudiziaria ora si gioca
sul terreno medico-legale. A
sostegno della nuova richiesta
di scarcerazione per mancanza di
indizi del minorenne gli
avvocati Giuseppe Lipera e
Grazia Coco hanno depositato la
consulenza di Caruso che
demolisce le considerazioni del
medico-legale del pm, Giuseppe
Ragazzi. "La frattura delle
coste, a maggior ragione quando
le coste fratturate sono
diverse", scrive Caruso,
"comporta dolori lancinanti e
difficoltà respiratorie
immediate e non consentono, a
chiunque, lo svolgimento delle
normali attività fisiche". Come
ha fatto Raciti, dunque, si
chiedono i difensori, a
fronteggiare gli ultras
catanesi, dalle 19,08 sino alle
20,20, con quattro costole
fratturate e un'emorragia al
fegato senza avvertire dolori ?
La risposta è affidata a una
nuova consulenza medico-legale
collegiale, che gli avvocati
hanno chiesto al gip Alessandra
Chierego, con "esperti di chiara
fama, non escludendo l'ipotesi
di dovere chiedere la
riesumazione del corpo
dell'ispettore". Oltretutto
Raciti, dopo le 19.08, ha
continuato il suo lavoro senza
problemi, come testimonia il suo
collega Lazzaro: "Mentre eravamo
in macchina non ho sentito
Raciti lamentare dolori o
malessere". Dopo due mesi di
indagini della polizia di
Catania ora il caso Raciti è
affidato ai carabinieri del Ris
di Parma: i risultati della
nuova perizia si conosceranno
entro un paio di mesi.
6 aprile 2007
Fonte:
Ariannaeditrice.it
L'avvocato Lipera rivela
la presenza di due perizie con
esiti opposti. "Potremmo anche
chiedere la riesumazione del
cadavere" dice il legale.
"Una nuova perizia sul
corpo di Raciti"
La chiede la difesa del
minorenne indagato
Intanto spunta un nuovo
filmato che confermerebbe la
ricostruzione degli
investigatori.
CATANIA - Potrebbe
essere riesumato il cadavere di
Filippo Raciti, il commissario
ucciso a Catania la sera del 2
febbraio durante gli incidenti
della partita Palermo-Catania. L'ipotesi è stata
ventilata dalla difesa di A.S.,
il minorenne unico indagato
dell'uccisione del poliziotto,
perché esistono due perizie
medico legali che dicono cose
opposte e contrastanti. "Se c’è
bisogno, certo, sarà riesumato
anche il cadavere. Perché no ?
Il medico del pm dice una cosa,
il nostro ne dice un'altra. Ma
noi non abbiamo dubbi su come
siano andate le cose" - dichiara
Giuseppe Lipera in un'intervista
al sito Affariitaliani.it. Non
c’è pace attorno a Filippo
Raciti. Lipera rivela che
venerdì due ufficiali del Ris di
Parma sono scesi a Catania e
sono stati allo stadio
"Massimino" per prelevare un
oggetto del tutto simile a
quello che, secondo l'accusa,
sarebbe stato scagliato addosso
al 38enne poliziotto
provocandogli la frattura di
quattro costole e lo
spappolamento del fegato.
Lesioni risultate poi letali.
"Quel pezzo di lamiera è una
sfoglia, si solleva con un dito,
non avrebbe fatto del male e
tantomeno ammazzato neanche un
bambino - sottolinea ancora
Lipera. I carabinieri di Parma
che oggi sono venuti qui non
hanno detto nulla, ma ora non
possiamo che attendere la loro
perizia per l'udienza del 3
maggio. Quando ci sarà la
verifica dell'incidente
probatorio". Intanto spunta un
nuovo filmato di quella tragica
serata al "Massimino". Tra il
girato di Antenna Sicilia tv, la
polizia ha trovato alcune
sequenze che riguardano proprio
il poliziotto. Le immagini sono
da collocare intorno alle 20.15,
poco più di un'ora dopo il
presunto scontro con i tifosi
nella porta d'ingresso della
curva Nord del Massimino, e 18
minuti prima del presunto
impatto che il poliziotto
avrebbe avuto con lo stesso
Discovery. Si vede Filippo
Raciti in piedi, sul Discovery,
aggrappato con una mano sullo
sportello anteriore destro, che
è aperto, e con l'altra sul
tetto del veicolo che procede
lentamente da piazza Spedini in
via D'Emanuele mentre intorno
allo stadio ci sono scenari da
guerriglia urbana. L'ispettore
scende dall'auto di servizio, fa
pochi passi camminando a fianco
del Discovery, trascinando
vistosamente la gamba destra e
mostrando una netta sofferenza
al fianco. Poi risale a bordo
della vettura, si siede e chiude
lo sportello. La tempistica,
secondo gli investigatori,
permetterebbe di stabilire che
Raciti era già ferito al fegato
alle 20.15, e questo
escluderebbe il fuoco amico e
confermerebbe invece, sostengono
dalla polizia, l'impatto in
curva Nord con i tifosi.
14 aprile 2007
Fonte: Repubblica.it
Raciti, un nuovo video
riapre il giallo
di Michela Giuffrida
CATANIA - A due mesi e
mezzo dalla morte dell’ispettore
di polizia Filippo Raciti spunta
un nuovo video girato durante
gli scontri del derby
Catania-Palermo. E la
schermaglia tra accusa e difesa
si fa ancora più serrata tra
ricorsi, nuove perizie e colpi
di scena che, di volta in volta,
vanno a favore dell’accusa, che
sostiene che ad uccidere Raciti
sarebbe stato il pezzo di
lamiera divelta da un
sottolavello lanciato dal
diciassettenne che è tuttora in
carcere accusato di omicidio, o
danno ragione agli avvocati
difensori del ragazzo che ora
chiedono la riesumazione del
cadavere e che sostengono che
Raciti sarebbe morto per le
lesioni riportate nell’impatto
con un Discovery della polizia
che faceva "girandola" fuori
dallo stadio per disperdere gli
ultras. Nel nuovo video che la
squadra mobile della questura di
Catania ha fornito ora alla
procura della Repubblica per i
minorenni si vede Raciti in
piedi, sul Discovery della
polizia, aggrappato con una mano
sullo sportello anteriore
destro, che è aperto, e con
l’altra sul tetto del veicolo
che procede lentamente mentre
intorno allo stadio ci sono
scenari da guerriglia urbana.
L’ispettore - si nota poi nel
video - scende dall’auto di
servizio e cammina a fianco del
Discovery trascinando
vistosamente la gamba destra,
mostrando una evidente
sofferenza al fianco destro.
Dopo Raciti risale a bordo della
vettura, si siede e chiude lo
sportello. Quei fotogrammi,
filmati dall’emittente privata
Antenna Sicilia, sono stati
girati alle 20.15, cioè circa
un’ora dopo lo scontro con i
tifosi alla porta d’ingresso
della curva Nord del Massimino.
Dunque dopo le sequenze di
guerriglia filmate dal primo
video inserito agli atti
dell’inchiesta proprio quello
che, secondo la procura,
inchioderebbe il 17enne accusato
di omicidio e nel quale si vede
il ragazzo che scaglia al di là
dell’ingresso della curva il
pezzo di sottolavello metallico.
Il nuovo video insomma
permetterebbe di stabilire che
Raciti era già ferito al fegato
alle 20.15 e questo, di
conseguenza, escluderebbe la
morte causata da "fuoco amico",
cioè dal presunto impatto con il
Discovery della polizia che
sarebbe avvenuto 18 minuti dopo,
alle 20.33, come emerge dalla
testimonianza fornita dopo gli
incidenti da un collega di
Raciti. Per gli avvocati
difensori del diciassettenne il
nuovo video non prova nulla dato
che, per il medico legale
Giuseppe Caruso, l’ispettore
Raciti non avrebbe potuto
resistere oltre 10-20 minuti
dopo il colpo che gli è stato
fatale. "Agli atti
dell’inchiesta c’è un filmato
nel quale, alle 19.10,
l’ispettore Raciti carica,
correndo e con il manganello in
mano. Come avrebbe potuto -
chiede Giuseppe Lipera,
difensore del diciassettenne -
se 3 minuti prima Raciti aveva
subito la frattura del fegato e
di quattro costole ?". Tutto si
gioca dunque sul filo dei minuti
e sulle due perizie
medico-legali che, per Lipera,
"dicono cose opposte e
contrastanti tra loro su cause,
modalità e tempistica nel
ferimento mortale". Per questo
l’avvocato ieri è tornato a
chiedere la riesumazione del
cadavere di Raciti. "Perché no ?
- afferma Lipera - trovandosi di
fronte a due perizie di parte
che pervengono a risultati e
considerazioni opposte e del
tutto incompatibili, il Gip
avrebbe dovuto, con assoluto
buon senso e ragionevolezza,
accogliere l’istanza della
difesa e dirimere un dissidio
peritale del tutto insanabile
con una nuova perizia medico
collegiale". A Catania intanto
un altro giovane, (Omissis), 24
anni - è stato arrestato per
violenza a pubblico ufficiale,
nell’ambito dei disordini del 2
febbraio scorso. All’ultrà non
viene contestato l’omicidio, ma
atti di violenza contro le forze
dell’ordine.
15 aprile 2007
Fonte: La Repubblica
Dubbi "sull'arma" anche
nella perizia dei Ris di Parma.
Raciti, il legale del
17enne indagato
"Non fu omicidio, ecco
le prove"
L'avvocato del minorenne
catanese, unico indagato per la
morte dell'ispettore, ha
mostrato la presunta arma del
delitto: "Quel lavello non
poteva uccidere".
CATANIA - I Ris di Parma
esprimono consistenti dubbi
sulla presunta "arma" che
avrebbe ucciso l'ispettore
Filippo Raciti durante gli
scontri del 2 febbraio allo
stadio Massimino di Catania
durante il derby
Catania-Palermo. "In tale quadro
- scrivono nella perizia
depositata questa mattina e resa
subito nota dall'avvocato
Giuseppe Lipera, legale del
diciassettenne catanese, unico
indagato per l'omicidio - e alla
luce delle conclusioni
medico-legali e dei filmati a
disposizione, pur non potendo
esprimersi per una diagnosi
definitiva, l'ipotesi della
inidoneità sembra riunire
maggiori elementi di
probabilità". L'arma in
questione è un sottolavello che
il giovane avrebbe lanciato
contro Raciti. La perizia è
stata letta dall'avvocato Lipera
che ha convocato una conferenza
stampa per fare il punto sulle
indagini. "Il sottolavello con
il quale sarebbe stato ferito
mortalmente l'ispettore Filippo
Raciti è inidoneo a procurare le
lesioni che avrebbero causato il
decesso dell'investigatore", ha
affermato il legale del
minorenne, invitando i
giornalisti a "non parlare più
di omicidio dell'ispettore
Filippo Raciti, ma di morte del
povero poliziotto perché - ha
sostenuto - non si può parlare
più di omicidio". A sostegno
della sua ipotesi, l'avvocato
Lipera ha mostrato un modello di
sottolavello analogo a quello
sul quale è in corso la perizia
rilevando che "la flessibilità
del lamierino non lo renderebbe
idoneo a cagionare la ferita
mortale subita da Raciti".
Secondo il perito di parte,
Francesco Privitera, nominato
dalla difesa, infatti, "le
conclusioni dell'accusa non sono
suffragate né sostenute da
elementi tecnici e scientifici
sulla compatibilità" tra il
sottolavello e la ferita
cagionata a Raciti. Per gli
esperti della difesa la perizia
eseguita non "prende in
considerazione la velocità e la
forza" necessarie affinché il
colpo sia letale né "la
compatibilità con la natura, la
tipologia e la conformazione
delle lesioni rilevate" sulla
vittima. Per questo lo studio
Lipera chiede che "ci sia un
ulteriore, scrupoloso,
scientifico approfondimento per
ottenere un totale accertamento
della verità". L'avvocato ha
anche annunciato di avere
affidato una perizia
necroscopica di parte a un
luminare il cui nome sarà
ufficializzato nei prossimi
giorni. Il penalista ha
ricordato anche i prossimi
appuntamenti del caso
giudiziario: il 28 maggio nel
palazzo di giustizia per i
minorenni di Catania ci sarà la
fase finale dell'incidente
probatorio disposto dal Giudice
per le indagini preliminari
Alessandra Chierego sul
sottolavello e il 31 maggio il
caso del diciassettenne
approderà dinanzi la corte
Cassazione che sarà chiamata a
pronunciarsi riguardo la
scarcerazione del giovane
indagato.
25 maggio 2007
Fonte: Repubblica.it
Raciti fu investito da
un’auto
di Salvo Palazzolo
CATANIA - "L’ispettore
Filippo Raciti non può essere
stato ucciso da un sottolavello.
Quella violenta compressione sul
suo torace si riscontra
normalmente negli incidenti
stradali". Irrompe il medico
legale del caso Cogne, il
professore Carlo Torre, nelle
indagini sulla morte del
sottufficiale di polizia
stramazzato per terra durante i
disordini della partita
Catania-Palermo del 2 febbraio.
E si schiera con la difesa del
diciottenne indagato per
omicidio. è lui il
superconsulente a cui l’avvocato
Giuseppe Lipera ha consegnato
tutta la documentazione raccolta
finora dall’indagine. Nella sua
relazione Torre suggerisce: "La
riesumazione del cadavere
potrebbe aiutare nuovi
accertamenti. La morte può
essere stata causata da un urto
violentissimo con una
grandissima massa". La difesa
rilancerà oggi con una
conferenza stampa: "Quale auto
ha colpito Raciti ?". Alla
vigilia dell’incidente
probatorio di lunedì, anche i
carabinieri del Ris di Parma
hanno depositato le loro
conclusioni. E sembrano offrire
altre ragioni ai legali del
diciassettenne. A Cogne, i
carabinieri del colonnello
Garofano e il professore Torre
si erano trovati su posizioni
opposte. Adesso, sui fatti di
Catania, sembrano avere gli
stessi dubbi: "I dati analitici
ottenuti - scrive il Ris -
seppur suffragati da una
approfondita sperimentazione,
non ci consentono di stabilire
con certezza scientifica se il
sottolavello in sequestro possa
essere stato l’oggetto che
impattò violentemente
l’ispettore capo Raciti". E
ancora, in termini più
perentori: "Alla luce delle
conclusioni medico-legali e dei
filmati a disposizione, pur non
potendo esprimersi per una
diagnosi definitiva, l’ipotesi
dell’inidoneità sembra riunire
maggiori elementi di
probabilità". Il Ris ha
esaminato sia il sottolavello
che la giacca di goretex
indossata dal sottufficiale.
Resterebbero comunque due punti
a favore della tesi della
Procura: "L’attitudine del
sottolavello a produrre dei
tagli - annota il Ris - e la
presenza, in corrispondenza del
taglio evidenziato sulla giacca
della vittima, di aggregati
riconducibili all’acciaio e di
tracce composizionalmente
assimilabili a materiale murario
dello stesso tipo di quelle
evidenziate sul sottolavello e
di quelle prelevate dalla parete
del bagno dello stadio da cui fu
divelto il sottolavello". Per i
pm restano elementi importanti.
Da palazzo di giustizia non
arriva alcun commento ufficiale,
ma da ambienti investigativi
viene fatto notare che "l’esame
del Ris non comprende altre
importanti prove documentali e
testimoniali", quelle che
secondo la Procura
comproverebbero la
responsabilità del minore, così
come ad oggi è stata ribadita da
gip, tribunale del riesame e
Cassazione.
26 maggio 2007
Fonte: La Repubblica
Raciti, la difesa ricusa
due giudici
CATANIA - I legali del
diciassettenne indagato per
l’omicidio dell’ispettore
Filippo Raciti, morto il 2
febbraio scorso durante gli
scontri del derby
Catania-Palermo, hanno
presentato un’istanza di
ricusazione di due giudici del
Tribunale per il riesame per i
minorenni. Nella richiesta gli
avvocati sottolineano che il
presidente Emanuele Geraci e il
giudice Emma Seminara si sono
già espressi, respingendoli, su
tre precedenti richieste di
scarcerazione.
1 giugno 2007
Fonte: La Repubblica
Il gip: "Dubbi dalla
perizia del Ris". Ma il ragazzo
resta in prigione con l'accusa
di rissa. "L'ipotesi che ad
uccidere l'ispettore sia stato
il 'fuoco amico" è esclusa".
Raciti, revocato ordine
d'arresto per l'ultrà catanese
minorenne
L'accusato piange in
carcere: "Era ora, me lo
aspettavo". Il legale della
vedova: "Non cerchiamo un
colpevole qualsiasi".
CATANIA - Il gip per i
minori di Catania, Alessandra
Chierego, ha revocato
l'ordinanza di custodia
cautelare in carcere per il
reato di omicidio al 17enne
indagato per l'uccisione
dell'ispettore capo di polizia,
Filippo Raciti, morto durante i
disordini del derby
Catania-Palermo del 2 febbraio.
Il giovane, però, resta in
carcere per il reato di rissa
per il quale pure era stata
richiesta, ma non concessa, la
revoca del provvedimento. Il gip
scrive che i "dubbi" avanzati
dalla recente perizia del Ris
fanno venire meno "la gravità
degli indizi per giustificare la
detenzione cautelare in
carcere". "Dalla perizia dei
carabinieri del Ris di Parma
vengono introdotti elementi di
dubbio che fanno sminuire la
granicità del costrutto
accusatorio" - scrive il gip.
Che però esclude l'ipotesi del
"fuoco amico" (in base alla
quale fatale sarebbe stato
piuttosto l'impatto con la jeep
della polizia), tanto da
rigettare l'ennesima richiesta
di perizia medico-legale. Nei
giorni scorsi gli uomini del Ris
di Parma avevano trovato tracce
di vernice blu (il colore del
Discovery su cui Raciti era in
servizio la sera del derby)
sugli scarponi di Raciti. Una
rivelazione che smentirebbe la
tesi della Procura secondo la
quale a uccidere il poliziotto
sarebbe stato un colpo di un
pezzo di un lavello impugnato
dal minorenne in carcere: "Non
c'è nessun elemento che la
confermi" dice il Ris. Per
esserne certi i militari "hanno
persino colpito per 14 volte un
manichino con un oggetto
identico, ottenendo lo stesso
risultato: se fosse stato un
uomo, sarebbe rimasto vivo". Ed
Enzo Trantino, il legale della
vedova del poliziotto ucciso,
dice: "Se ora il Gip ha deciso
la scarcerazione dell'indagato
significa che ricorrevano le
condizioni per farlo. Noi
restiamo in attesa non di un
responsabile qualsiasi ma
dell'autore o degli autori dei
gravissimi fatti che hanno
strappato un uomo alla famiglia,
alla divisa e alla vita". E
Giuseppe Lipera, il legale del
minorenne, definisce la
decisione del Gip "un atto di
giustizia atteso da tempo".
"Dopo avere letto il
provvedimento - aggiunge Lipera
- mi sembra di capire che un
ruolo determinante sia stato
quello della perizia dei Ris di
Parma. Noi avevamo fatto
rilevare che non vi erano
filmati che ritraessero
l'impatto; vi era certezza di un
drappello di carabinieri e di
poliziotti che dicevano di non
averlo mai perso di vista, ma
anche che sostenevano di non
avere mai visto l'impatto.
Adesso siamo più sereni". E lui,
il minorenne accusato, ha pianto
alla notizia: "Era ora, c'è
voluto tanto tempo ma me lo
spettavo". Poi la conferma di
"avere capito di avere
sbagliato, di avere commesso un
errore gravissimo, ma soltanto
per la passione del calcio".
Quella passione che lo ha
portato a esultare in carcere
quando il Catania, vincendo con
il Chievo a Bologna, ha
conquistato la permanenza in
Serie A: "Se la squadra fosse
retrocessa - ha rivelato ai suoi
legali il diciassettenne - non
me lo sarei perdonato, perché
sarebbe stata anche colpa mia".
4 giugno 2007
Fonte: Repubblica.it
E il giovane scoppia in
lacrime
Voglio abbracciare mia
madre
di Michele Giuffrida
CATANIA - "Avevo due
soli desideri. Uno si è
realizzato. Ora voglio che si
realizzi l’altro: tornare a
casa". Sorride e piange per la
felicità, il diciassettenne
accusato dell’omicidio
dell’ispettore Filippo Raciti,
dopo tante lacrime di
disperazione e rabbia, versate
in 4 mesi di carcere. È stata
Grazia Coco, uno degli avvocati
del suo collegio di difesa,
ieri, intorno alle 13 a
visitarlo nel carcere di Bicocca
dove, poco prima, al ragazzo era
stato notificato il
provvedimento di revoca della
custodia cautelare per
l’omicidio dell’ispettore
Filippo Raciti. "Era ora - le ha
detto il giovane - c’è voluto
tanto tempo ma io me lo
aspettavo, lo sapevo, e voglio
ringraziare questo giudice. Io
ho sbagliato, certo - ha
aggiunto il diciassettenne che
ha ammesso di aver partecipato
agli scontri del Massimino per
la cui partecipazione sarà
giudicato con il rito immediato
il prossimo 5 luglio - ma è
stata la passione per il calcio
a spingermi, quella stessa
passione che mi ha fatto pregare
che il Catania non fosse
retrocesso in B. Se fosse
accaduto - dice il ragazzo -
sarebbe stata anche colpa mia e
non me lo sarei mai perdonato.
Ma ora basta, ora fatemi
riabbracciare la mia famiglia,
mia madre che mi ha sempre
incoraggiato a sperare e mio
padre che per pagare le spese
giudiziarie ha già ipotecato la
nostra casa". Una speranza che
potrebbe concretizzarsi presto
se venisse accolta dal gip anche
l’istanza di scarcerazione per
il reato di resistenza aggravata
che l’avvocato Giuseppe Lipera
annuncia di voler ripresentare
già stamattina motivandola ora
con la disparità di trattamento
rispetto agli altri minorenni
che, accusati dello stesso reato
dopo gli scontri del Massimino,
sono già tornati liberi o sono
agli arresti domiciliari.
"Rinunceremo ad ogni altro
ricorso pendente, anche in
Cassazione - aggiunge Lipera -
perché abbiamo trovato un
giudice a Catania senza dover
andare a Roma o a Berlino".
Felice anche il padre del
minorenne ancora in carcere:
"Eravamo certi che sarebbe
finita così perché sapevamo che
nostro figlio era innocente.
Sapevamo anche di avere a fianco
un avvocato che aveva voglia di
combattere per la ricerca della
verità. Io e mia moglie adesso
speriamo solo di vedere presto a
casa mio figlio, libero da
un’accusa che ci ha fatto vivere
un incubo tremendo".
5 giugno 2007
Fonte: La Repubblica
Raciti, dolore e dubbi a
un anno di distanza
di Francesco Viviano
San Giovanni la punta -
Ieri mattina, quando è uscito
dalla comunità che lo ospita,
per andare al lavoro, era meno
allegro del solito. Proprio un
anno fa era stato filmato dalle
telecamere dello stadio mentre
si scontrava con i poliziotti
durante il derby Catania-Palermo
dove rimase ucciso l’agente
Filippo Raciti. "Ma non l’ho
ammazzato - ripete Antonio
Speziale ai suoi compagni di
comunità - lo scontro c’è stato,
me ne sono pentito, ma sono
sicuro che non lo abbiamo
ucciso". Antonio, che all’epoca
dei fatti era ancora minorenne,
dall’estate scorsa vive agli
arresti domiciliari in una
piccola comunità di San Giovanni
La Punta, un paese a 10
chilometri da Catania. Ha il
divieto assoluto di parlare con
i giornalisti. Ma con i suoi
amici, altri nove ragazzi ospiti
come lui di quel centro, può
parlare. E con loro e con
l’educatore che da mesi lo
assiste, si sfoga. "Quest'
esperienza mi ha distrutto -
dice - e di calcio non ne voglio
più sentire parlare; quando
questa storia finirà, se
riuscirò a dimostrare la mia
innocenza, non metterò mai più
piede in uno stadio anche se non
ho mai dimenticato la mia
squadra che ho seguito per anni,
anche in trasferta...". Sia pure
agli arresti domiciliari in
comunità, Antonino Speziale ha
il permesso di uscire la mattina
per andare al lavoro, in una
officina meccanica di San
Giovanni La Punta. Fa mezza
giornata. La mattina lo
accompagna un educatore fino
all’officina e poi alle 13
rientra nella comunità dove
riprende a studiare. "Per
fortuna - racconta ad un amico -
sono riuscito ad impegnarmi,
avevo perso l’anno scolastico a
causa dell’incidente" (il suo
arresto avvenuto pochi giorni
dopo la morte di Filippo Raciti
e con lui adesso è indagato a
piede libero un altro ultras
ndr) e sono riuscito a
recuperare l’anno che avevo
perso". La sua "classe" è
all’interno della comunità dove
è ospite anche un altro giovane
agli arresti domiciliari. "Ma
lui ha legato con tutti - fino
ad ora racconta un dipendente
della comunità - non ci ha
creato problemi. Fa sport, gioca
qualche volta a calcetto e
studia...". Anche in paese dove
ormai tutti sanno chi è Antonio
Speziale è considerato un bravo
ragazzo. "Certo solo lui può
sapere la verità, solo lui può
sapere se ha ucciso o meno quel
povero poliziotto, ma qui, a San
Giovanni La Punta, è sempre
stato tranquillo" sostiene un
anziano che sosta spesso vicino
l’officina meccanica dove
Antonio lavora. Ma quando era
rinchiuso nel carcere dei
minorenni di Catania il suo
comportamento era stato valutato
negativamente. "Era rissoso e
tentava di imporsi con gli altri
detenuti" - dicono le relazioni
degli agenti di polizia
penitenziaria consegnate alla
magistratura che nei giorni
scorsi ha ripristinato gli
arresti domiciliari in comunità
con l’accusa di omicidio. Prima
lo era soltanto per resistenza
aggravata a pubblico ufficiale.
La difesa, sostenuta
dall’avvocato Giuseppe Lipera,
ha sempre ipotizzato che Raciti
sia morto per "fuoco amico",
colpito cioè da una manovra in
retromarcia di un Discovery
della polizia. Una versione non
ritenuta verosimile e scartata
in più giudizi da Gip e
Tribunale del riesame. Per
l’accusa invece la morte di
Raciti sarebbe stata provocata
proprio al sottolavello in
acciaio che Antonio Speziale usò
come "ariete" per colpire i
poliziotti che tentavano di
bloccare gli ultras che volevano
raggiungere la curva dei tifosi
del Palermo. E lo
testimonierebbe il filmato di
una telecamera posizionata nella
Curva Nord, dove avvennero gli
incidenti. L’inchiesta per
omicidio adesso è a un bivio: il
7 febbraio compie un anno e la
Procura per i minorenni di
Catania ha due possibilità: o
chiude le indagini e chiede il
rinvio a giudizio di Speziale,
oppure chiede al Gip una proroga
di alcuni mesi. La tempistica è
diversa per la Procura
distrettuale che ha iscritto il
secondo sospetto nel registro
degli indagati in tempi più
recenti e non ha quindi bisogno
di valutare l’ipotesi di
chiedere eventuali proroghe.
Antonio però continua a
sostenere la sua innocenza così
come il padre, operaio. "Grande
dolore e rispetto per Filippo
Raciti e la sua famiglia, ma mio
figlio - dice Roberto Speziale -
con la sua morte non c’entra
niente. Penso sempre a quel
giorno e farei qualunque cosa
per potere tornare indietro per
cambiare il corso del destino ma
so che è inutile. Il dolore che
provo è immenso: penso alla
famiglia Raciti ma, inutile
nasconderlo, anche alla mia,
perché, lo ribadisco con
certezza, mio figlio è
innocente".
2 febbraio 2008
Fonte: La
Repubblica
© Fotografia: Raisport.rai
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