Una vita dedicata al
servizio in prima linea
dagli stadi ai comizi e
alle manifestazioni
CATANIA
- Filippo Raciti era nato a
Catania e aveva 38 anni, una
moglie e due figli adolescenti,
Alessio e Fabiana. Quando a casa
è arrivata la notizia che era
stato ferito gravemente durante
il servizio allo stadio, il
padre ha avuto un malore. La
madre, invece, accompagnata da
alcuni colleghi del figlio ha
raggiunto l’ospedale Garibaldi
dove ha avuto modo solamente di
farsi spiegare dal dottor Sergio
Pintaudi, il primario, che non
c’era stato niente da fare.
All’ospedale, quell’uomo era
arrivato in condizioni
disperate, privo di sensi e in
crisi cardiocircolatoria.
Insieme a lei arriva anche la
figlia, sconvolta. In questura,
a Catania, Filippo Raciti aveva
cominciato proprio facendo il
servizio allo stadio e nelle
emergenze di ordine pubblico,
concerti, comizi,
manifestazioni. Era addestrato
ad affrontare situazioni del
genere. Al tempo era un
ausiliario in servizio di leva.
Poi aveva deciso di entrare in
polizia e dopo un po' era stato
spostato ad un incarico più
sedentario. Che non gli piaceva.
Così qualche mese fa la
richiesta di tornare al reparto
mobile ad occuparsi di stadi e
di ordine pubblico. Alla fine
l’amministrazione l’aveva
accontentato, trasferendolo, con
l’incarico di ispettore capo.
3
febbraio 2007
Fonte:
La Repubblica
© Fotografia: iltrovatore.it
L'ispettore Raciti
prestava servizio da vent'anni.
Il ricordo dei colleghi. Un
quotidiano raccoglie fondi per i
figli, dal Coni due borse di
studio.
Filippo, altruista e coraggioso
"Non
ha mai amato il calcio"
Era un volontario della
Croce Rossa. "Donate gli
organi". Il biglietto della
moglie: "Resterai sempre nei
nostri cuori".
CATANIA
- Quasi vent'anni di servizio
nella polizia, donatore di
organi, sangue, volontario della
Croce Rossa insieme alla moglie
e poliziotto coraggioso.
Colleghi ed amici descrivono
così Filippo Raciti, l'ispettore
di polizia di 38 anni ucciso
ieri sera durante gli scontri
che hanno insanguinato il derby
siciliano Catania-Palermo.
Coraggioso perché, come ricorda
Roberto, collega di lavoro e
amico, "era di un altruismo
unico che manifestava anche
quando non era in servizio.
Ricordo l'ultima alluvione che
ha colpito Catania quando
Filippo, pur non essendo in
servizio, non esitò ad
intervenire per salvare una
persona immobilizzata nella sua
casa vicino all'aeroporto". Oggi
pomeriggio la moglie Marisa
Grasso è tornata nello stadio
dove gli ultrà hanno ammazzato
il suo Filippo per deporre un
mazzo di fiori. "Resterai sempre
nei nostri cuori", le poche
parole scritte sul biglietto. Un
gesto toccante quello di Marisa,
protetta da alcuni colleghi del
marito che l'hanno abbracciata e
sostenuta mentre liberava un
pianto disperato. Una donna dal
carattere forte, che soffre in
silenzio, seduta per quasi tutto
il giorno accanto alla lastra di
marmo dell'obitorio in cui è
stato composto il corpo del
marito. Con lo sguardo fisso
verso il volto del suo amato
Filippo, accarezzandogli i
capelli, le mani giunte sul
petto. I genitori di Filippo
Raciti sono anziani. Entrambi,
seduti nella stanza
dell'obitorio, piangono il
figlio morto per una partita di
calcio. Il padre ogni tanto si
affaccia nel cortile all'aperto
con l'aria incredula di chi non
riesce a spiegarsi il motivo di
una tragedia assurda e senza un
perché. Non ha più lacrime la
sorella dell'ispettore, Giulia,
che fa fatica a parlare. La
sofferenza le stringe la gola e
il cuore: "Non ha alcuna
importanza - dice - chi sia
venuto qui a darci conforto,
perché tanto mio fratello è
morto. Da quel letto Filippo non
si alzerà più. Non è una cosa di
tutti i giorni perdere un
fratello, soprattutto in questo
modo...". Raciti aveva due
figli: una ragazza di quindici
anni, Fabiana, e un bimbo di
nove, Alessio. La figlia l'hanno
vista allontanarsi oggi
dall'ospedale sorretta da alcuni
parenti in preda alla
disperazione. Per lei e il
fratello due iniziative
importanti: il quotidiano La
Sicilia ha indetto una raccolta
fondi, mentre il Coni, fa sapere
il presidente Gianni Petrucci,
ha intenzione di istituire delle
borse di studio destinate a
loro. La moglie Marisa tra due
settimane avrebbe dovuto
sostenere l'esame per diventare
infermiera: era volontaria da
due anni insieme al marito. La
notizia della morte di Filippo
l'hanno saputa dalla
televisione. È sempre Roberto,
il poliziotto con cui Raciti
formava una coppia affiatata in
servizio e nella vita privata, a
confidarsi con la stampa: "A me
è arrivato un sms, la famiglia
l'ha saputo dalla tv. È una cosa
che non voglio neanche
commentare. Filippo era come
fratello per me, è stato il
padrino di mio figlio al
battesimo. Siamo entrambi
donatori di organi e sangue e ci
siamo occupati anche di problemi
di bambini soli. L'ultima volta
che l'ho visto è stato ieri, nel
pomeriggio. Mi ha dato il suo
foulard rosso - continua Roberto
- quello della divisa, dicendomi
di tenerlo perché secondo lui
tirava una brutta aria e avrei
potuto averne bisogno. Sembra
quasi una premonizione". E dire
che a Filippo "non interessava
il calcio. Non era il primo
derby che facevamo insieme. In
un derby fra Catania e Palermo -
aggiunge ancora Roberto - siamo
stati insieme ad un processo
contro un tifoso che ha
patteggiato". Salvatore Renda,
l'altro poliziotto ricoverato
ieri sera in seguito ai
tafferugli, ricorda quando
Raciti entrò in polizia nel
1988, trascorrendo gran parte
della sua carriera nel Reparto
mobile, tanto da essere uno
degli uomini di maggiore
esperienza. "Un uomo maturo più
della sua età" racconta Renda.
Parole di cordoglio per il
poliziotto deceduto arrivano
anche dal principe Emanuele
Filiberto di Savoia: "Ho deciso
di dedicare il mio viaggio a
Catania alla famiglia di Filippo
Raciti e a tutta la Polizia di
Stato. Desidero essere vicino a
loro in questo momento".
Emanuele Filiberto arriverà
domani a Catania, per esprimere
la solidarietà di Casa Savoia
alla famiglia di Raciti. In una
nota, la Casa reale esprime
anche il suo cordoglio verso
l'Istituto Nazionale per la
Guardia d'Onore alle Reali Tombe
del Pantheon, di cui Filippo
Raciti era membro.
3 febbraio 2007
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia: Ctsnotizie
Chi era Raciti:
Cavaliere dei Savoia e
volontario in Croce Rossa
di Alessio D’Urso
CATANIA
- Poliziotto e gentiluomo. Uno
di quei tipi zelanti, innamorato
del suo lavoro. Il mestiere
inteso come una missione.
Filippo Raciti se n' è andato in
silenzio, tra le braccia di un
collega a cui qualche istante
prima aveva sussurrato: "Non
preoccuparti, è tutto ok, ce la
faccio". Poi la deflagrazione
differita lo ha stroncato: prima
si è annerito in volto fino a
perdere conoscenza. Lui, Filippo
Raciti, originario di
Misterbianco e residente ad
Acireale, aveva perso la
passione per il calcio. Quel
gioco pieno di emozioni lo aveva
prima appassionato, "poi
nauseato per colpa di questi
bastardi", dicevano ieri notte i
suoi colleghi in lacrime. Aveva
chiesto e ottenuto il
trasferimento alla Squadra
Mobile in cui aveva preso
servizio il 27 gennaio scorso:
quasi un appuntamento col
destino. Che, beffardo, se l’è
portato. Il poliziotto senza
pistola, perché non avrebbe mai
voluto usarla, era impegnato nel
sociale. Accompagnava la moglie
Marisa, di cui era innamorato,
alla Croce Rossa di Acireale: il
volontariato era una prerogativa
di una famiglia modello. I figli
avevano imparato a rispettare il
prossimo e ad aiutarsi nei
momenti difficili. Una ragazza,
Fabiana, dolce e dedita allo
studio. Il piccolo Alessio
cresciuto tra mille attenzioni.
Tanti gli amici venuti a dargli
l’ultimo saluto increduli e
arrabbiati con quei codardi
senza volto. Raciti era "molto
vicino" a Casa Savoia. L’ha
rivelato ieri in serata il
principe Emanuele Filiberto. "Mi
rivolgo alla famiglia di Raciti
- ha detto il principe, che
stasera giungerà in città e si
tratterrà fino a martedì - per
significare la mia vicinanza ed
affetto". Raciti era Cavaliere
dell’Ordine al Merito di Savoia
e Guardia d’Onore alle Reali
Tombe del Pantheon.
3 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia: Poliziadistato.it -
Lasicilia.it
Filippo, amico della
gente
Era nato per aiutare
di Alessio D’Urso
Chi era l’ispettore
Raciti, caduto a Catania
Istruiva i giovani, salvò un
uomo dall’alluvione.
CATANIA
- Una fredda lastra di marmo.
Una foto tessera. Fiori. E la
malinconia di chi ricorda: una
vedova inconsolabile, una
ragazza, un bambino, due anziani
genitori segnati dalle rughe del
rimpianto. Quel che resta.
Inaccettabile: Filippo Raciti ha
il viso di un angelo troppo
bello e pulito per trovarsi in
una strada buia, in un venerdì
di follia, ucciso per mano di un
vigliacco tifoso che non ha
diritto di cittadinanza su
questo pianeta. Dev' essere
stato proprio per rispettare il
pudore della famiglia, ma molti
hanno glissato proprio sulla
squisitezza del viso di Filippo:
negli occhi dell’ispettore puoi
leggere una vita. E puoi provare
tanta rabbia, se quella vita è
stata, in effetti, strappata
senza un perché. ALTRUISTA - È
la vita di un ragazzo cresciuto
in fretta, senza vizi né
capricci. Lui, Filippo Raciti, è
sempre stato coerente con le sue
origini: aveva lasciato il
reparto della Mobile per passare
alla volante, ma poi aveva fatto
ritorno alla base il 29 gennaio
scorso. Amava l’azione, ma
l’azione intesa come opera
d’altruismo: in quel sentimento
realizzava sé stesso. "Anche
quando non era in servizio
aiutava chi aveva bisogno",
ricorda un collega in lacrime,
"durante l’ultima alluvione che
colpì Catania non esitò a
salvare una persona
immobilizzata nella sua casa".
Era fatto così. Offriva il suo
sangue alla Croce Rossa, aveva
già firmato per la donazione
degli organi. LA SQUADRA - I
colleghi lo ricordano con
immenso affetto, soprattutto
quelli a cui Filippo impartiva
lezioni di ordine pubblico.
Erano la fonte a cui si
abbeveravano i giovani in
divisa: lui li istruiva con
dedizione e cura, li formava
dall’alto della sua ventennale
esperienza in polizia. Si
chiamano Alessandro, Nico,
Roberto e non sanno darsi pace.
Al cellulare rispondono le
mogli: chiedono scusa, ma il
dolore dei mariti è troppo
forte. Era diventato un faro in
quella famiglia allargata che è
la questura di Catania, dove
tutti si sentono parte per il
tutto, dove il capo si fa
chiamare "Zio Turi", senza
inutili orpelli. Aveva una
squadra di dieci ragazzi,
Filippo. Nei fine settimana
facevano il servizio d’ordine
negli stadi: erano anche tifosi,
del Catania. E proprio
all’appuntamento col destino
l’Ispettore si è presentato con
coraggio: da Filippo Raciti. LA
FAMIGLIA - La vedova, Marisa
Grasso, casalinga, ieri era alle
19 allo stadio Massimino: ha
deposto un mazzo di fiori
all’ingresso della curva Nord e
vergato un bigliettino speciale
con su scritto "Resterai sempre
nei nostri cuori". Adesso è lì,
inconsolabile, e piange
disperata il marito con i figli
Fabiana e Alessio, dentro alla
camera mortuaria dell’ospedale
Garibaldi, dove ieri mattina le
autorità hanno salutato per
l’ultima volta un cittadino per
bene. E anche lei, Marisa, a cui
il presidente della Regione
Sicilia, Totò Cuffaro, ha
promesso un posto di lavoro,
sussurra solo qualche parola.
Sedata col Valium, avrà un duro
compito davanti a sé. Ed è
commovente il cordone umano di
colleghi e amici che le si è
stretto attorno. Ripetono i
colleghi di Filippo: "Siamo la
sua famiglia". CAVALIERE - "E
Filippo era un fratello per me -
conclude Roberto, un collega - è
stato il padrino di mio figlio
al battesimo. Venerdì pomeriggio
mi ha dato il suo foulard rosso
perché secondo lui tirava una
brutta aria e avrei potuto
averne bisogno...". Oggi è
prevista l’autopsia all’ospedale
Garibaldi, nel pomeriggio al X
reparto Mobile di Catania la
camera ardente, domani saranno
celebrati i funerali alle 17
alla cattedrale di piazza del
Duomo (presente il ministro
dell’Interno Giuliano Amato).
Ieri il Comune di Catania,
appresa la data del funerale, ha
proclamato tre giorni di lutto
cittadino. E oggi sarà in città
per esprimere solidarietà alla
famiglia il principe Emanuele
Filiberto, perché Filippo era
Cavaliere dell’Ordine al merito
di Savoia e Guardia d’onore alle
Reali Tombe del Pantheon. Ma,
soprattutto, Raciti, era un
amico della gente.
4 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello Sport
© Fotografia:
Poliziadistato.it
Raciti stava preparando
un’amichevole fra poliziotti e
ultrà
di Alessio D’Urso
Si sarebbe dovuta
giocare al Massimino in questi
giorni per sanare i rapporti con
la curva dopo il ferimento di
due agenti.
CATANIA
- Non si è mai giocata. Era, nei
progetti, una partita di
beneficenza dall’alto valore
simbolico. E si giocherà, un
giorno, senza Filippo Raciti. I
teppisti hanno infranto un
sogno. Era un pomeriggio di fine
novembre, quando il comandante
del X Reparto mobile di Catania,
Pietro Gambuzza, l’ispettore
capo barbaramente ucciso al
Massimino e il vicesindaco di
Catania Giuseppe Arena
s'incontrarono con altri agenti
nello studio del dentista
Antonio Marletta di corso
Sicilia. Motivo: organizzare una
partita amichevole tra
poliziotti e tifosi ultrà della
curva Nord, in seguito al grave
ferimento di due agenti prima
del derby Catania-Messina del 23
settembre nel settore dello
stadio incriminato dopo l’ultimo
tragico episodio di venerdì
scorso. DISTENSIONE - Le forze
dell’ordine e il vicesindaco
Arena, assessore con delega al
Catania, si erano incontrati per
cercare di stabilire un punto di
contatto con gli ultrà.
"Volevamo organizzare una
partita amichevole, o anche un
quadrangolare tra forze
dell’ordine, politici,
giornalisti e tifosi, con
qualche giocatore del Catania -
spiega il comandante Gambuzza.
Lo scopo era svelenire gli animi
e sanare la frattura
Polizia-ultrà dopo gli incidenti
in Catania-Messina. Sarebbe
stato il primo caso di una
partita del genere. L’ispettore
Raciti era con me perché aveva a
cuore il problema della violenza
allo stadio, lo viveva con gli
altri agenti tutte le domeniche.
E si rammaricava per la giovane
età dei teppisti, coetanei della
figlia. Ci incontrammo con Arena
per prendere accordi e
aspettavamo risposte dai gruppi
ultrà della curva. Io non ho mai
generalizzato e sono convinto
che i teppisti non rappresentino
tutti i tifosi del settore".
BENEFICENZA - La partita si
sarebbe dovuta giocare in questi
giorni, allo stadio Angelo
Massimino, "e l’incasso
dell’incontro sarebbe stato
devoluto in beneficenza ai
familiari dei due tifosi morti
durante la trasferta per
assistere alla sfida
Catania-Catanzaro, giocata a
Lecce, della scorsa stagione.
Peccato, non ci hanno dato il
tempo". In futuro il comandante
Gambuzza lavorerà per riavviare
i contatti con gli ultrà,
proprio come sperava Filippo
Raciti, "ma adesso è giusto
riflettere e aspettare".
All’ispettore capo morto negli
scontri con i teppisti il Comune
di Acireale, su iniziativa del
consigliere Alfio Di Grazia,
intitolerà presto una via del
centro storico.
11 febbraio 2007
Fonte: La Gazzetta dello Sport
© Fotografia: Mobmagazine.it -
Corriere.it
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