La storia del volo 764
della Surinam Airways
Il 7 giugno 1989 il volo
Surinam Airways 764 si schiantò
contro gli alberi in fase di
atterraggio. Perirono alcuni dei
migliori calciatori olandesi
originari di Suriname. E in quel
volo avrebbero dovuto esserci
anche Gullit, Rijkaard e Winter…
La
lista dei giocatori che dal
Suriname, il più piccolo paese
del Sud America, sono partiti
per l’Olanda, nel corso degli
anni, è tanto lunga da potersi
dire quasi infinita. Il numero
di coloro che "sono riusciti",
che hanno ottenuto un
trasferimento in Premier League,
in Serie A o nella Liga, è
sicuramente minore, ma da non
sottovalutare. Proviamo ad
immaginare se la nazionale
surinamense, che oggi conta
quasi tutti giocatori che
vestono la maglia del SV
Robinhood, la squadra più
vincente del paese, avesse avuto
a disposizione i vari Gullit,
Rijkaard, Winter, Hasselbaink,
Davids, Seedorf, Kluivert. Il
loro destino sarebbe stato
diverso ? Il volo 764 della
Surinam Airways, partito da
Amsterdam alle 23.25 del 6
giugno 1989, direzione
Paramaribo, capitale del
Suriname, era destinato a
riportare nel loro paese i
migliori giocatori surinamensi
partiti per trovare fortuna nel
calcio europeo. L’idea dei
Kleurlijk 11 (l’undici di
colore, in olandese) era venuta
a Sonny Hasnoe, assistente
sociale di Amsterdam, quartiere
Bijlmermeer, nella periferia a
sud-est della capitale olandese,
dove oggi sorge l’Amsterdam
Arena. Bijlmermeer, in seguito
all’indipendenza del Suriname,
divenne il punto di arrivo dei
tantissimi immigrati che
arrivavano dal centro America.
Il Borgomastro di Amsterdam lo
designò come futuro quartiere
popolare, collegato alla città
grazie alla Oostlijn (oggi linea
53 e 54 della metropolitana).
Hasnoe vedeva nel calcio uno dei
mezzi più efficaci per fare
uscire i giovani dal degrado che
caratterizzava la zona, per
liberarli dei fardelli chiamati
razzismo, droga e violenza. Una
serie di colloqui con i ragazzi,
il valido supporto degli
assistenti sociali ed una
capillare campagna di
informazione, realizzata a
braccetto con i club di
Eredivisie, Eerstedivisie e
delle serie inferiori, fecero sì
che il progetto di levare i
ragazzi della strada portasse,
giorno dopo giorno, sempre più
soddisfazioni. L’idea di Hasnoe,
che raccolse subito grandi
consensi, sia in Olanda che in
Suriname, era quella di
riportare, anche se solo per una
breve tournée, i più forti
giocatori surinamensi nel loro
paese d’origine. La squadra
doveva essere allenata da Nick
Stienstra, coach dell’RC
Heemstede che nutriva il
desiderio di portare le proprie
conoscenze, apprese in Olanda,
per garantire uno sviluppo del
calcio surinamense. Tra i
giocatori imbarcatisi sul volo
764 c’era Steve van Dorpel, la
perla del Bijlmer, attaccante
militante nel Volendam, ma in
orbita di mercato di altre
squadre, su tutte il Feyenoord,
partito per conoscere il padre.
La
lista degli altri 17 giocatori,
cui si devono aggiungere l’ex
portiere dell’Ajax, oggi
assistente di Ferrer sulla
panchina del Vitesse, Stanley
Menzo ed Hennie Meijer, partiti
con un volo precedente,
comprende, tra gli altri, Ruud
Degenaar, 25 anni, dell’Heracles
Almelo; Lloyd Doesburg, 29enne
riserva di Menzo nell’Ajax;
Jerry Haatrecht (fratello del
più noto Winston, militante
nell’Heerenveen) cresciuto nelle
giovanili con Gullit e Van
Basten, ma rimasto nel calcio
minore; Andro Knel, che a soli
21 anni aveva già alle spalle
una sessantina di presenze in
Eredivisie. Knel era un vero e
proprio idolo all'Het Kasteel,
campo dello Sparta Rotterdam. La
sua gentilezza e spontaneità
(viaggiava spesso in tram con i
tifosi oppure veniva avvistato
sui pattini mentre scorrazzava
per la città) lo fanno ricordare
ancora oggi. Il volo decollò
alle ore 23,25 del giorno 6
giugno da Amsterdam e si svolse
normalmente per tutto il
tragitto fino all’avvistamento
dell’aeroporto di destinazione.
Venti minuti prima del previsto
atterraggio l’equipaggio
ricevette il bollettino sulle
condizioni meteorologiche
sull’aeroporto Zanderij: "Vento
calmo, visibilità di 900 metri
con nebbia, temperatura 22°C,
punto di rugiada 22°C". Questo
bollettino colse di sorpresa
l’equipaggio che si aspettava i
6 chilometri di visibilità
comunicati in un precedente
bollettino; il comandante
autorizzò quindi l’uso (fuori
norma) del sistema ILS
confidando nel fatto che la
nebbia presente fosse solo un
banco temporaneo e che, una
volta in fase di atterraggio, la
visibilità sarebbe stata
sufficiente a una manovra a
vista: la pista era infatti
stata ben visibile durante tutto
il percorso di discesa verso
l’aeroporto. A questo punto la
torre di controllo autorizzò il
DC8 all’atterraggio con il
sistema VOR sulla pista 10 ma il
comandante attivò l’inaffidabile
sistema ILS e ordinò al secondo
di attivare il VOR per calcolare
la rotta di atterraggio. Durante
la fase dell’approccio il
secondo comunicò di vedere la
pista a ore 12, poi di vedere
"un po’ di nebbia" ma di
riconoscere ancora la pista; poi
l’aereo passò attraverso una
nube a strato e il comandante
chiese ripetutamente al secondo
di richiedere alla torre di
controllo l’accensione delle
luci di atterraggio della pista.
Il comandante provò a consultare
l’ILS che però non agganciò il
segnale relativo all’angolo di
planata da tenere; l’equipaggio
ricevette più volte l’allarme
"glide slope" ma esso fu
disattivato dal comandante che
stava volando più basso dei
limiti consentiti (260 piedi per
la navigazione ILS e 350 piedi
per la navigazione VOR); il
secondo comunicò a questo punto
"200 piedi". Poi dichiarò "150"
(piedi) e l’ingegnere di bordo
(al comandante) "tiralo su !".
Subito dopo il motore numero 2
urtò contro la cima di un
albero, l’ala destra colpì un
altro albero, l’aereo si imbarcò
e cadde al suolo capovolto,
spezzandosi, e prese fuoco. Le
ultime parole registrate nella
cabina di pilotaggio furono
dell’ingegnere di bordo: "That’s
it I’m dead" ("Ecco, sono
morto"). Dei 187 passeggeri ne
sopravvissero solo 11, tre dei
quali erano giocatori dei
Kleurlijk 11: Sigi Lens, Radjin
de Haan ed Edu Nandlal. In pochi
minuti, gran parte di una
generazione di giocatori
surinamensi cessò di esistere.
Ruud Gullit, Frank Rijkaard ed
Aron Winter ebbero la fortuna di
vedersi proibire il viaggio dai
loro club di appartenenza. Le
voci di corpi irriconoscibili
dopo il volo e dello
sciacallaggio che seguì
l’incidente scossero
profondamente l’opinione
pubblica olandese, incapace di
darsi una spiegazione
all’accaduto. Da allora, una
serie di stadi, tribune, trofei
o amichevoli sono stati
intitolati alle vittime
dell’incidente aereo, molti dei
quali hanno perso la vita senza
nemmeno aver mai visto il
proprio paese di origine.
Fonte:
Calcioolandese.blogspot.it
Lista
dei giocatori periti
nell’incidente: Ruud Degenaar
(25) Heracles Almelo - Lloyd
Doesburg (29) AFC Ajax - Steve
van Dorpel (23) FC Volendam -
Wendel Fräser (22) RBC
Roosendaal - Frits Goodings (25)
FC Wageningen - Jerry Haatrecht
(25) Neerlandia (Viaggiava al
posto del fratello Winston
Haatrecht impegnato con la sua
squadra, l’SC Heerenveen) -
Virgall Joemankhan (20)
Cercle Brugge KSV - Andro
Knel (21) NAC Breda - Ruben
Kogeldans (22) Willem II Tilburg
- Ortwin Linger (21) HFC Haarlem
(Deceduto tre giorni dopo
l’incidente per le ferite
riportate) - Fred Patrick (23)
PEC Zwolle - Andy Scharmin (21)
FC Twente - Elfried Veldman (23)
De Graafschap - Florian Vijent
(27) Telstar - Nick Stienstra
(33) RC Heemstede (Allenatore).
Fonte: Storiedicalcio.altervista.org
Surinam Airways 764
La tragica storia dei
Kleurrijk 11, selezione di
calciatori olandesi di origini
del Suriname.
Bijlmermeer è quello che si
potrebbe definire un quartiere
popolare. È staccato dalla città
di Amsterdam e si trova nella
zona cosiddetta Zuidoost, una
exclave a sud-est della capitale
olandese. Secondo alcuni è la
parte più degradata di
Amsterdam, secondo altri invece
la costruzione dell’Amsterdam
ArenA negli anni Novanta ha
aiutato il quartiere - lo
stadsdeel - ad accrescere la
propria fama visto che è
diventato il centro residenziale
di molti calciatori dell’Ajax.
Alla fine degli anni Ottanta
però Bijlmermeer, più
comunemente conosciuto come
Bijlmer, è un posto con una
nomea diversa: qui abitano molti
degli immigrati da Suriname,
storica colonia olandese, ma
soprattutto Bijlmer è sinonimo
di violenza e droga. Per non
parlare poi del razzismo,
imperante in questa zona della
città. Il razzismo si riscontra
anche e soprattutto nel calcio,
che è lo sport più praticato dei
ragazzi del quartiere. Sì, il
calcio, perché senza il Suriname
molti dei più grandi calciatori
della nazionale olandese non
avrebbero mai potuto vestire la
maglia degli oranje. E visto che
lo sport molto spesso viene
usato come motore sociale, ecco
che arriva l’idea del secolo,
Sonny Hasnoe si inventa i
Kleurrijk Elftal.
L’ORGANIZZATORE - Sonny Hasnoe
altri non è che un assistente
sociale che vive e lavora a
stretto contatto con
Bijlmermeer. Più che rimanere
estasiato dall’architettura
razionale e geometrica dello
stadsdeel, Hasnoe capisce che il
problema della mancata
integrazione tra gli immigrati e
gli indigeni è più grande di
quanto si pensi. Ogni giorno
Sonny ha a che fare con i
bambini disagiati del Bijlmer e
scopre che il calcio potrebbe in
qualche modo favorire il loro
ingresso nella società olandese.
Ha bisogno di un colpo di genio
e lo trova una sera del 1986
quando gli viene in mente di
avvicinare il calcio olandese e
quello surinamese: Hasnoe
organizza un’amichevole tra la
selezione dei giocatori oranje
più forti e ovviamente
provenienti dal Suriname e lo SV
Robinhood, squadra dal nome
abbastanza simbolico che arriva
da Paramaribo e milita nella
Surinaamse Hoofdklasse, l’élite
del calcio surinamese per quanto
sia giusto parlare di élite dato
che i calciatori migliori stanno
tutti nei Paesi Bassi. Il match
è un successo e il nome di Sonny
Hasnoe comincia a circolare non
solo per quanto riguarda la
lotta al razzismo e la spinta
all’integrazione ma anche in
ambito calcistico. L’assistente
sociale però ha in mente
qualcosa di molto più grande,
sempre per favorire il florido
gemellaggio Olanda-Suriname, e
quel qualcosa lo attua a metà
del 1989, ovviamente
inconsapevole della tragedia a
cui sta andando incontro.
I
GIOCATORI - L’idea è semplice:
Hasnoe collabora con la
Eerstedivisie e con la
Eredivisie - e anche con le
serie minori olandesi e alcuni
club stranieri - per riuscire a
mettere assieme i più forti
surinamesi d’Olanda e portarli
in una breve tournée nel mese di
giugno nel loro paese di
origine, per avvicinare ancora
di più la popolazione al calcio
e ai loro idoli. Il nome della
squadra non è poi così
originale, ma comunque fa colpo:
Kleurrijk 11, in inglese
Colourful 11, in italiano 11
Neri. Non è difficile trovare
calciatori forti, anzi. C’è Ruud
Rudy Degenaar, difensore
goleador dell’Heracles Almelo,
c’è il portiere titolare
dell’Ajax Stanley Menzo e ci
sono anche storie particolari.
Steve van Dorpel ad esempio è
nato a Amsterdam ma ha il cuore
a Paramaribo; sta per cambiare
il suo cognome in Esajas, che è
quello della madre, perché il
padre non lo ha mai visto e la
tournée coi Kleurlijk 11 è
l’occasione anche per ritrovare
le sue radici. Andro Knel invece
ha solamente 21 anni ma ha una
grande passione per il calcio,
per il calcio ma anche per Bob
Marley e Peter Tosh. Ha dei
lunghi rasta che si intonano
bene con la divisa biancorossa
dello Sparta Rotterdam - dove
gioca come centrocampista
offensivo - e lo rendono
simpatico non solamente ai
propri tifosi ma anche alla
gente del suo quartiere, dove
spesso lo vedono a parlottare
gentilmente con i fan mentre
magari indossa gli immancabili
pattini. Nick Stienstra e Jerry
Hartecht a Paramaribo ci sono
nati e tornano volentieri, il
primo come allenatore per
cercare di integrare le culture
calcistiche dei due paesi, il
secondo in sostituzione del
fratello Winston, impegnato con
l’Heerenveen. Non che si tratti
di un tappabuchi eh, Jerry a
calcio gioca eccome e da piccolo
tirava calci al pallone nella
solita piazza assieme a due
ragazzetti di nome Rudi e
Franklin Edmundo. Che poi
sarebbero Ruud Gullit e Frank
Rijkaard, i quali sono sì
surinamesi di origine e come
loro anche Brian Roy e Aron
Winter, ma i club di
appartenenza non danno loro
l’okay per partire con i
Kleurrijk 11.
L’EQUIPAGGIO - La selezione
degli olandesi-surinamesi parte
con due aerei distinti. Il primo
decolla il 5 giugno 1989 da
Amsterdam e a bordo ci sono
solamente Stanley Menzo, che ha
voluto fortemente partecipare
alla tournée anche contro il
parere dell’Ajax, e la punta del
Groningen Hennie Meijer, il
quale ancora non sa di dover
passare alla storia del calcio
giapponese segnando la prima
rete della J-League qualche anno
più tardi. Il secondo invece
prende il volo il giorno
seguente e deve compiere la
solita tratta da Schiphol
all’Aeroporto internazionale
Paramaribo-Zanderij. Il resto
dello staff dei Kleurrijk 11 è
tutto sul secondo aeroplano,
escluso Sonny Hasnoe che deve
rimanere in Olanda per lavoro;
nessuno di loro può saperlo ma
intorno al volo Surinam Airways
764 sono già nate molte
polemiche: il Douglas DC-8-60 su
cui tutti sono a bordo è già
stato protagonista di un lieve
incidente a Tocumen, Panama, ma
non ha riportato grossi danni,
inoltre il pilota designato
dalla Air Crew International
Inc. non gode di grande fama. Il
capitano è l’americano 66enne
Will Rogers, il cui curriculum
con la Surinam Airways non è per
niente di tutto rispetto visto
che in passato è stato coinvolto
in alcuni incidenti per cui la
linea aerea surinamese ha
chiesto di non averlo più sui
propri aeroplani. Niente da fare
però, la ACI è irremovibile e
Rogers piloterà l’aereo che alle
23.25 del 6 giugno 1989 si
stacca da terra a Amsterdam in
direzione Paramaribo, dove
dovrebbe arrivare alle 4.30 ora
locale.
IL VOLO
- Il volo fila via tranquillo
fino alle 4.10 circa, quando i
piloti avvistano la pista di
atterraggio di
Paramaribo-Zanderij. Sull’aereo
gran parte dei 178 passeggeri
sta dormendo; i Kleurrijk 11 in
realtà non sono undici ma
diciassette più l’allenatore e
si stanno preparando a vivere
un’esperienza di sole tre
partite ma che aiuterà di gran
lunga a sviluppare i concetti di
Hasnoe. A una ventina di minuti
dall’atterraggio, da Zanderij
arriva un bollettino che prende
di sprovvista il capitano e il
copilota: la visibilità non è
più di sei chilometri, ma di
novecento metri con nebbia.
Rogers pensa che la nebbia
presente sia solo un banco poco
prima di arrivare a destinazione
e quindi autorizza l’Instrument
landing system, il sistema di
atterraggio strumentale altresì
indicato come ILS. Dalla torre
di controllo indicano di
cambiare sistema e passare al
VOR, ma sull’aereo sembrano
voler fare di testa loro mentre
la nebbia non si dirada e la
pista si avvicina. Il VOR
dovrebbe indicare al pilota di
seguire una linea immaginaria
tracciata nel cielo e servirebbe
per calcolare la rotta di
atterraggio ma Rogers e il
copilota lo attivano troppo
tardi, proprio mentre sono
dentro una nube a strato.
L’equipaggio fa orecchie da
mercante all’allarme glide slope
lanciato dalla torre di
controllo - un allarme che
indica che si sta volando sotto
la traiettoria ILS - e lo
disattiva, dando inizio al caos.
Quando l’aereo giunge quasi a
centocinquanta piedi da terra
l’istruttore di volo ordina al
copilota di tirarlo su e quello
è il momento dell’impatto.
IL
FINALE - Il secondo motore del
Douglas DC-8-60 colpisce un
albero e l’aereo cambia
direzione andando a sbattere con
l’ala destra contro un secondo
albero. A quel punto il velivolo
si ribalta e cade a terra
capovolto, si spezza e inizia
quasi subito a prendere fuoco.
Nella notte di Paramaribo si
staglia un’immagine atroce, le
vampate che salgono dall’aereo
riverso vicino alla pista
d’atterraggio sono una delle
immagini più tremende della
storia del Suriname. Sul volo
Surinam Airways 764 al momento
dell’impatto sono presenti nove
membri dell’equipaggio e
centosettantotto civili,
diciotto dei quali calciatori.
Si salveranno solamente in
undici, tutti passeggeri. Tre di
questi fanno parte dei Kleurrijk
11: non ce l’ha fatta Ortwin
Linger, deceduto dopo tre giorni
di agonia, mentre sopravvivono
Edu Nandlal, Sigi Lens e Radjin
de Haan ma nessuno dei tre
tornerà più a giocare, i primi
due per fratture e rotture alle
vertebre, de Haan perché
diventato tetraplegico. Tra i
caduti troviamo anche la signora
Castelen e sua figlia,
rispettivamente madre e sorella
di Romeo Castelen, dieci
presenze e un gol con la
nazionale olandese tra il 2004 e
il 2007. Si spezza così una
generazione di calciatori, una
nidiata di talenti il cui unico
scopo era riallacciare i
rapporti con il loro paese di
origine o semplicemente per
portare un po’ di gioia a chi,
come loro o come i loro
genitori, era dovuto venir via
dal Suriname. Tra le altre cose
di quel volo rimane,
macabramente, una registrazione
dell’ingegnere di volo poco
prima dello schianto. Si sentono
infatti in maniera molto nitida
le seguenti parole: "That’s it
I’m dead".
15 aprile 2015
Fonte: Calcionews24.com
Perduti
di
Fabrizio Gabrielli
Ricordo
della Nazionale del Suriname
scomparsa in uno dei disastri
aerei meno conosciuti della
storia del calcio.
Paramaribo - Amsterdam -
Paramaribo. Il 6 settembre del
1989, in un’amichevole contro la
Danimarca, Stanley Menzo fa il
suo esordio con l’Olanda,
subentrando nel secondo tempo a
Hans van Breukelen, il portiere
titolare degli "Oranje" nella
trionfale cavalcata agli Europei
di appena un anno prima. Menzo è
uno dei tanti calciatori
olandesi originari del Suriname,
l’ex colonia divenuta
indipendente negli anni ’70, una
delle ultime a ottenere
l’indipendenza, oltretutto in
maniera contrastante. Non è tra
i più famosi, perché il legame
tra Paramaribo (capitale del
Suriname) e Amsterdam è
essenzialmente cristallizzato,
nell’immaginario collettivo, nei
nomi di Ruud Gullit, Frank
Rijkaard, Bryan Roy e Clarence
Seedorf. Menzo è stato uno dei
punti di forza dell’Ajax di
Cruijff che nel 1987 ha vinto la
Coppa delle Coppe, sconfiggendo
nella finale di Atene la
Lokomotive Lipsia: al termine di
quella partita Cruijff non si
era sperticato in elogi per
Marco van Basten, l’autore del
gol, ma aveva detto: "Stasera il
nostro giocatore più importante
è stato Stanley Menzo". In buona
sostanza, per il suo ruolo
fondamentale nel dare inizio
alle azioni, più che per le
garanzie che offrisse sulla
linea di porta. In occasione del
penalty dei danesi Menzo
intuisce la traiettoria, ma non
riesce a bloccare la palla. Nel
video si intravedono anche un
diciannovenne Bryan Roy e Aron
Winter, altri due uomini che in
un modo o nell’altro hanno molto
a che vedere con la storia che
sto per raccontare. Quando
Cruijff aveva preso le redini
dei Lancieri nel 1985, il suo
primo apporto tattico era stato
quello di forgiare la squadra
sul 3-4-3: la naturale
conseguenza del gioco totale
abbracciato dall’Ajax era la
necessaria trasformazione del
portiere in quello che oggi
definiremmo sweeper-keeper, e
che Simon Kuper riassume
efficacemente nella formula: "Un
calciatore di campo, ma con i
guanti". Stanley aveva
assimilato perfettamente quel
tipo di filosofia, aggiungendoci
un pizzico di sfrontatezza: non
si concedeva mai il lusso di
attendere staticamente la palla
nella sua aerea, la giocava
sempre molto rapidamente, come
se avesse le spine, anche di
prima, così da poter saltare
"fino a quattro avversari", come
ha ricordato Ronald Spelbos,
difensore centrale di
quell’Ajax. Nel suo calcio c’era
un’irriverenza che profumava di
Caribe. Prima che la parabola
della carriera di Menzo
cominciasse a farsi
pericolosamente calante, marcata
da errori grossolani a cavallo
tra il ’92 e il ’93, prima che
perdesse il posto a favore di
Edwin van der Sar, Stanley ha
racimolato 6 presenze con gli
"Oranje". Poche, in relazione al
peso specifico ricoperto nel
calcio olandese di metà anni
’80. Il fatto è che, con la
maglia della Nazionale, Menzo
appariva sempre nervoso, come se
non fosse a suo agio. Quando nel
1989 l’ha indossata per la prima
volta, peraltro, non erano
passati neppure tre mesi dal
giorno in cui era stato
vicinissimo a perdere la vita.
O, forse, in un certo senso
l’aveva persa di già.
Il più
grande disastro aereo nella
storia del Suriname. All’alba
del 7 giugno del 1989 il volo
PY764 della Surinam Airways si
era schiantato durante la fase
d’atterraggio nei pressi
dell’aeroporto Zanderij di
Paramaribo. Dei 187 passeggeri
che trasportava se ne erano
salvati soltanto 11, e un cane.
Tutti gli altri, più i 9 membri
dell’equipaggio, erano morti sul
colpo. Il velivolo annientato
dall’incidente era stato
ribattezzato, pochi mesi prima
del fatale atterraggio, Anthony
Nesty, in onore del nuotatore
che con grande sorpresa aveva
strappato agli Stati Uniti,
nella finale dei 100 metri
farfalla alle Olimpiadi di Seul,
la medaglia d’oro. Poco prima
dell’atterraggio, davanti al
PY764 si era parata una coltre
nebbiosa, riducendo la
visibilità a 900 metri. Will
Rogers, il capitano, che aveva
66 anni all’epoca, aveva deciso
di attivare il sistema di
atterraggio strumentale ILS,
fregandosene dei divieti (il
velivolo non aveva i permessi
adeguati per attivare questa
procedura) e degli indirizzi
della torre di controllo. Pochi
frangenti di secondo prima di
toccare terra un’ala aveva
urtato un albero: il velivolo si
era ribaltato, poi spezzato in
due, poi aveva preso fuoco. Le
ultime parole registrate dalla
scatola nera sono impietose e
struggenti, riportano la voce
del capitano mentre dice:
"That’s it. I’m dead". Su quel
volo c’era un’intera squadra di
calcio. Si facevano chiamare
Kleurrijk Elftal, che in
olandese significa "Undici
variopinto". Era composta da
calciatori, quasi tutti
professionisti, olandesi di
origine surinamese, non una vera
Nazionale, vedremo più avanti il
perché. Se l’alone di gloria
malinconica che avvolge il
Kleurrijk Elftal oggi non è pari
a quelle del Grande Torino, del
Manchester United o della
Nazionale dello Zambia, se a
Zanderij ’89 non riusciamo a
tributare la stessa memoria di
Superga ’49, Monaco ’58 o
Libreville ’93, in definitiva
dipende dal fatto che "l’Undici
variopinto" fosse composto da
calciatori non propriamente di
primo livello. Anche se non
possiamo davvero sapere quanto
forti sarebbero diventati:
dopotutto erano tutti giovani,
poco più che ventenni. Se su
quel volo ci fossero stati anche
Ruud Gullit, Clarence Seedorf,
Aron Winter, se ci fosse stato
Menzo, ricorderemmo con maggiore
costernazione il più grande
disastro aereo nella storia del
Suriname ? L’assenza dei nomi
eccellenti fatti sopra era
dovuta a un eccesso di egoismo
delle relative società di
appartenenza, che non vedevano
di buon occhio una trasferta
transoceanica durante il finale
di stagione. Perché se fosse
dipeso da loro, sarebbero
partiti per Paramaribo senza un
attimo di titubanza. L’unico dei
nomi noti che aveva deciso di
trasgredire il divieto dell’Ajax
è stato proprio Stanley Menzo.
Nel tentativo di fare contenti
gli uni e gli altri, l’Ajax e sé
stesso, la patria che l’aveva
adottato e le sue origini, pur
di onorare l’impegno preso con i
Kleurrijk Elftal, Menzo si è
rassegnato a non compiere la
traversata con i compagni, ma in
solitaria, su un altro volo
partito poche ore prima da
Amsterdam. Una fatalità che gli
ha salvato la vita. La tragedia
è avvenuta nel pieno dei
festeggiamenti per il centenario
della KNVB, la Federazione
Calcistica Nazionale Olandese,
che sono stati subito sospesi, e
neppure a un anno di distanza
dalla vittoria degli Europei di
Germania del 1988. Così come il
Grande Torino, il Manchester
United, lo Zambia dei fratelli
Bwalya stavano scrivendo (o
erano in procinto di farlo) la
storia del calcio, anche il
Kleurrijk Elftal stava per
compiere qualcosa di
formidabile. E con la carena
dell’Anthony Nesty è andata in
fiamme, oltre a un sogno, anche
una delle migliori generazioni
di calciatori creoli.
Un
volano per l’integrazione. Se
appeso a un capo c’è il
Suriname, all’estremo opposto
del cordone ombelicale del
Kleurrijk Elftal c’è il
quartiere di Bijlmermeer, nello
stadsdeel di Amsterdam-Zuidoost,
un’enclave a sud-est della
capitale olandese famosa per
essere stato, negli anni ’70 e
’80, una delle aree più
malfamate della città. Oggi,
dopo un processo di
gentrificazione massivo che ha
portato anche alla costruzione
della Amsterdam ArenA, lo stadio
dell’Ajax, è una tranquilla zona
residenziale in cui vivono molti
dei giocatori dei Lancieri.
Soprattutto, negli anni ’80 era
l’area in cui si concentrava
maggiormente la comunità
surinamese. In un contesto di
violenza, povertà e razzismo,
nel 1984 l’assistente sociale
Sonny Hasnoe (anch’egli
originario dell’ex colonia) ha
un’intuizione: lanciare una
serie di iniziative orientate
alla lotta contro la povertà del
paese d’origine, ma anche
finalizzate a una maggiore
integrazione tra immigrati e
autoctoni. Senza troppa
convinzione, ma con molto
entusiasmo, chiede ad alcuni
calciatori professionisti di
aiutarlo a dare una forma ai
suoi sogni: nel 1986 il
Kleurrijk Elftal fa la sua prima
uscita ufficiale affrontando,
all’Olimpico di Amsterdam, i
campioni del Suriname dello SV
Robin Hood. Le sfide incrociate
con le radici si ripeteranno, a
cadenza annuale, nel 1987 a
Hengelo, con la presenza di Ken
Monkou e Regi Blinker; e poi
ancora nel 1988 a Enschede,
sempre contro il Robin Hood.
L’allenatore dell’Undici
variopinto è Nick Stienstra, un
passato da calciatore proprio
con il Robin Hood: è il coach a
suggerire ad Hasnoe di provare
ad allargare gli orizzonti,
lanciare una sfida
controcorrente, sublime e
visionaria. Per il giugno ’89
Hasnoe riesce a organizzare un
torneo in Suriname che prevede
la partecipazione, oltre che
delle squadre protagoniste
dell’abituale sfida, di SV Boxel
e SV Transvaal. Per molti dei
calciatori che compongono la
rosa del Kleurrijk Elftal è la
prima, irripetibile occasione di
visitare il paese che è stato
dei padri. In un universo
parallelo Edgar Davids avrebbe
guidato la Nazionale del
Suriname alla prima storica
qualificazione ai Mondiali di
Francia ’98. Perché una squadra
composta da calciatori
surinamesi dovrebbe chiamarsi
"Undici variopinto" e non
essere, per esempio, la
Nazionale ufficiale del Suriname
? Per quale ragione prospetti
interessanti, che non hanno
saputo (o sono consapevoli che
mai potrebbero) ritagliarsi uno
spazio nella Nazionale "Oranje"
non sposano la causa del Paese
nel quale le loro radici
affondano vestendone i colori ?
Il Suriname, o Guyana Olandese,
è stato acquisito dagli olandesi
nel contesto di uno scambio di
possedimenti: gli inglesi
l’hanno ceduta in cambio di una
modesta città, qualche migliaio
di chilometri più a nord,
chiamata Nuova Amsterdam. Ha
ottenuto l’indipendenza, o forse
sarebbe più corretto dire che
gli è stata imposta
l’indipendenza, nel 1975: a
tutti i cittadini è stata data
l’opportunità di scegliere quale
cittadinanza vedersi
riconosciuta, quella olandese o
quella del Suriname.
Duecentomila persone su
quattrocentocinquantamila che
vivevano nella ex colonia hanno
deciso di trasferirsi in Europa,
come se quell’angolo
nordorientale di America del Sud
fosse maledetto, come se la
sfida di continuare a vivere
fuori contesto, in un continente
in cui la presenza ispanica è
egemonica, fosse decisamente
troppo dura da affrontare,
figuriamoci con le proprie gambe
e senza il supporto della Madre
Europa. Oggi la popolazione del
piccolo stato si aggira sulle
cinquecentoquarantamila persone,
mentre trecentomila olandesi
possono tracciare la loro linea
di discendenza fino a trovarsi a
posare il dito su quel
fazzoletto di terra al di là
dell’Atlantico. Un match della
Hoofdklasse, la massima serie
calcistica del piccolo paese
sudamericano. Osservando i
portieri in azione non viene
complicato pensare che uno come
Stanley Menzo avrebbe fatto
assai comodo. Il legame tra
calcio e Suriname è interessante
anche come caso di studio
culturale, perché esemplifica le
disparità tra Primo e Terzo
Mondo, il conflitto che gli
immigrati avvertono tra paese di
provenienza e paese d’adozione,
e anche la questione di come un
Paese relativamente piccolo
sappia produrre un così ingente
plotone di ottimi calciatori. A
questo punto, però, subentra un
ulteriore livello di
complicazione del discorso: come
dovrebbe porsi un calciatore di
origine surinamese cresciuto in
Olanda ? Il senso
d’appartenenza, e quello di
riconoscenza, quale piatto della
bilancia dovrebbe appesantire di
più ? Senza le infrastrutture,
l’organizzazione, i fondamentali
tecnici e tattici che formarsi
in una scuola calcistica
all’avanguardia come quella
"Oranje" ti dona, sarebbe stato
lo stesso giocatore ? A
risolvere la questione,
comunque, e anche in maniera
dirimente, è intervenuto il
Governo surinamese, che ha
postulato l’assurdo e per certi
versi autolesivo dettame in base
al quale qualsiasi cittadino che
al momento dell’indipendenza (o
successivamente) abbia scelto la
cittadinanza olandese è
interdetto dallo svolgere la sua
professione in Suriname. È per
questo che non solo i nomi di
spicco, ma neppure quei
calciatori di origine surinamese
che non sono così forti da
essere integrati nell’Olanda
potrebbero vestire la maglia
della Nazionale, appannaggio
invece, infatti, di modesti
amateurs che militano nella Lega
locale. Humphrey Mijnals è stato
il primo calciatore di origine
Surinamese a vestire la maglia
dell’Olanda. Tre partite in
totale, poi si lamentò del gioco
della Nazionale e finì fuori dal
gruppo. Disputò anche una
quarantina di match con la
Nazionale del Suriname, prima
che diventasse fuorilegge
giocare per entrambe le
rappresentative. Qui un
presentatore della tv di
Paramaribo cerca di fargli
ripetere una rovesciata
difensiva diventata famosa e
iconica del personaggio, vecchia
di cinquant’anni. Se il
Kleurrijk Elftal fosse riuscito
ad approdare in Suriname, se
avesse calcato quei campi
esotici circondati dalle palme,
forse non avrebbe raggiunto
soltanto lo scopo umanitario che
si era prefisso decidendo di
dispensare allegria e devolvere
gli incassi del pubblico pagante
in beneficienza. Il loro impatto
sarebbe potuto essere politico:
le forze governative avrebbero
potuto capire che forse era
tempo di allargare le maglie dei
divieti, aprire gradualmente
all’ottenimento facilitato della
doppia cittadinanza, e chissà
che di lì a dieci anni il
Suriname non avrebbe avuto una
Nazionale davvero competitiva,
magari qualificata al Mondiale.
Di contro, e con un po’ di
malizia, la trasferta dei role
models può essere interpretata
anche come uno spot per
l’integrazione in Olanda, una
specie di messaggio subliminale
che incentivasse all’abbandono
dell’ex colonia. Che sia
quest’aspetto potenziale a
rendere la tragedia di Zanderij
meno mitica delle altre ?
Una
generazione distrutta. Il
calciatore più affermato
scomparso nel disastro si
chiamava Andy Scharmin.
Stabilmente nella rosa
dell’Under-21 olandese, di cui
era stato anche capitano,
giocava con il Twente, era un
difensore di fascia, e fuori dal
campo aveva l’irruenza degli
adolescenti, uno spirito
giocoso. Una volta, si racconta,
dopo aver affrontato i pari
categoria della Germania Ovest,
prima di raggiungere gli spalti
per osservare la gara tra le
Nazionali maggiori gli venne in
mente di fare uno scherzo a
Beckenbauer: negli spogliatoi
trovò una divisa da bigliettaio,
la indossò e si piazzò
all’ingresso delle tribune.
Quando il Kaiser arrivò, Andy -
che parlava un tedesco fluente -
gli chiese di mostrargli il
biglietto, che ovviamente
Beckenbauer non aveva. Ci sono
molti resoconti di questa
storiella sul web, che di certo
è divertente, ma poco
verosimile: perché Beckenbauer,
che in quegli anni era CT della
Nazionale, sarebbe dovuto andare
in tribuna e non in panchina ?
Andy avrebbe dovuto partecipare,
con i giovani "Oranje", al
Torneo di Tolone nel giugno del
1989: ma sua madre non tornava
in Suriname da quarant’anni,
così come sua zia, e a lui era
sembrata una buona idea
aggregarsi ai Kleurrijk Elftal e
portare con sé le due donne.
Morirono tutti e tre. Uno dei
più promettenti, invece, era
Steve van Dorpel. Lo chiamavano
"la perla di Bijlmermeer", era
un attaccante del Volendam,
dotato di ottima tecnica, era
stato il miglior cannoniere
della sua squadra nell’ultimo
campionato. Aveva fatto
impazzire tutti con un gol di
tacco contro il Den Bosch, e si
parlava già di un potenziale
trasferimento al Roda JC. Negli
ultimi tempi aveva confidato
agli amici di voler cambiare il
suo cognome in Esajas, quello
della madre, perché non aveva
mai conosciuto di persona il
padre, ex calciatore in
Suriname, un portiere che aveva
difeso i pali del Robin Hood. Il
viaggio con l’Undici variopinto
gli era parsa l’ultima occasione
che aveva per darsi una chance e
scendere a patti col passato.
Mentre frequentava il secondo
anno delle superiori, ad Andro
Knel - un altro dei giovani
"dell’Undici variopinto" - venne
chiesto di stilare un collage su
sé stesso, un’autobiografia: è
una delle pochissime
testimonianze, insieme a una
manciata di foto, che ci restano
della sua giovane vita e si può
visionare per intero nel sito
dedicato alla sua memoria. Una
pagina, in particolare, colpisce
nel profondo: è quella in cui
esplicita i suoi amori
calcistici, dichiarando
ammirazione per Diego Maradona,
ma soprattutto, ridimensionando
le pretese, dove si definisce
successore di Frank Rijkaard e
Gerald Vanenburg. Le tifoserie
delle due squadre nelle quali ha
avuto comunque modo di giocare
nella sua pur breve carriera, il
NAC e lo Sparta Rotterdam, lo
ricordano con così tanta
nostalgia che ogni anno
disputano
una partita di
beneficienza in sua memoria. Non
esistono molte immagini di Andro
in azione: da quelle poche,
però, si intuisce come fosse
tecnicamente dotato, con una
buona garra, ma anche, in fondo,
un animo gentile. Il retroterra
culturale del Suriname è
profondamente influenzato da
reminiscenze animiste, ruota
intorno a concetti primitivi
come quelli dell’intuizione o
del destino. Nelle settimane
immediatamente precedenti il
viaggio, molti dei famigliari
ricordano che i calciatori del
Kleurrijk Elftal avevano
dimostrato sentimenti
contrastanti: da una parte erano
ansiosi di partire, ma
dall’altra avvertivano strani
presentimenti. Il giornalista
olandese Iwan Tol ha raccolto
una serie di testimonianze nel
suo libro Destination Zanderij:
la madre di Knel ricorda che
Andro, poco prima di partire,
avesse chiesto insistentemente
al patrigno la promessa che si
sarebbe preso cura di lei e
delle sue sorelle, casomai gli
fosse successo qualcosa. Le è
toccata la drammatica incombenza
di dover riconoscere il cadavere
del figlio da un paio di scarpe
da ginnastica che fuoriuscivano
dai sacchi in cui erano stati
avvolti i cadaveri, mentre le
telecamere riprendevano il
macabro scenario che era apparso
ai primi cronisti e
soccorritori. La moglie di Nick
Stienstra, l’allenatore, aveva
faticato a prendere sonno la
notte della partenza perché non
riusciva a togliersi dalla mente
l’immagine della figlioletta che
gli si era stretta alle gambe
implorandolo di non partire.
Jerry Haatrecht, una volta a
bordo, aveva chiesto a Edu
Nandlal di scambiarsi i posti
perché aveva voglia di vedere il
mare. Jerry, come suo fratello
Winnie, era cresciuto giocando
in strada a Balboaplein, con
amici che si chiamavano Frank e
Ruud Dil. Di lì si erano
trasferiti nelle giovanili
dell’Ajax, anche se per loro,
per i due fratelli, l’occasione
di crescita non si era
concretizzata appieno. Winnie
era riuscito a ritagliarsi una
carriera dignitosa con il Willem
II di Tilburg, l’Az di Alkmaar e
l’Heerenveen, la squadra per la
quale era tesserato nel 1989 e
che non gli diede il permesso di
partire. Jerry, invece, era
scivolato nel baratro del calcio
amatoriale: per questo
l’occasione di aggregarsi ai
Kleurrijk in sostituzione del
fratello l’aveva quasi fatto
sentire soddisfatto, arrivato.
Era felice soprattutto che sua
madre, che aveva appena vinto
una battaglia contro il cancro,
fosse orgogliosa di lui. Il
momento del ricordo di Jerry è
uno dei più toccanti dell’intera
cerimonia funebre in memoria dei
caduti nel disastro. Gullit e
Rijkaard sono visibilmente
commossi. Ruud dice: "L’unica
cosa, credo, che vorrei dire, è
una parola speciale per un
nostro amico, Jerry Haatrecht,
che all’ultimo momento ha deciso
di andare. Vorrei dire: Jerry,
se potessi sentirmi adesso: ti
vogliamo bene". Edu Nandlal,
invece, è uno dei soli tre
membri che sono sopravvissuti
all’ecatombe. Giocava con il
Vitesse, ma non è mai più
riuscito a calcare un campo di
gioco. Sigi Lens, del Fortuna
Sittard, lo zio del Jermain
passato anni più tardi per il
PSV, dovette abbandonare il
calcio non ancora trentenne,
così come Radjin de Haan. Quasi
tre mesi dopo il Kleurrijk
Elftal scese di nuovo in campo,
il 20 settembre, a Rotterdam,
contro l’Olanda. Finì 2-1 per
loro, e i festeggiamenti dopo le
reti non sembrano per nulla
fuori luogo. Per gli "Oranje"
segnò Ronnie Koeman con un
tiro-da-fuori-alla-Koeman; per
il Kleurrijk Elftal Hennie
Meijer con un pregevole spunto
personale e Frank Rijkaard. In
porta c’era anche Stanley Menzo.
Quale
futuro per il calcio del
Suriname ? L’esperienza del
Kleurrijk Elftal è idealmente
proseguita, come una fenice
rinata dalle sue ceneri, nel
progetto dei Suriprofs di
Stanley Menzo: tra il 1993 e il
2012 la selezione di calciatori
professionisti olandesi con
ascendenze surinamesi ha
giocato, ogni anno, una partita
di beneficienza all’Olimpico di
Amsterdam contro i campioni
della Serie B olandese. Il
capitano che calcia l’ultimo
rigore è Lorenzo Davids, cugino
di Edgar. Invece l’allenatore
non c’è bisogno di ricordare chi
sia, vero ? La Nazionale del
Suriname, attualmente, è al
181.esimo posto nel Ranking
mondiale della FIFA, tra Yemen e
Bangladesh. L’ultima vittoria
internazionale in gara ufficiale
è vecchia di tre anni, 7-1
contro Montserrat, ed è già
stata tagliata fuori dalla corsa
verso Russia 2018. Nella doppia
sfida contro il Nicaragua, dopo
aver perso per 1-0 in Centro
America, nella gara di ritorno è
passata in vantaggio al terzo
minuto, prima di subire la
rimonta dei nicaraguensi. La
Federcalcio, negli ultimi tempi,
ha dimostrato una certa
flessibilità nell’affrontare le
proprie idiosincrasie, e si sta
aprendo, dichiarandosi
possibilista, verso
un’eleggibilità di
professionisti originari del
Suriname, ma cresciuti in
Olanda. L’ex calciatore Dean
Gorré si sta spendendo molto per
la Surinaamse Voetbal Bond. "Per
me è molto impegnativo tracciare
e seguire ogni giocatore che
potenzialmente potrebbe giocare
per noi. Come potrete immaginare
ci sono così tante telefonate
fatte, guardiamo un sacco di
partite sulla tv satellitare e
spediamo i nostri scouts
ovunque. Ma già sappiamo quali
sono i nostri calciatori
migliori. Li abbiamo scovati,
quindi si tratta solo di
seguirli", ha dichiarato. "Ci
sono molti ottimi giocatori in
giro per l’Europa, sarebbe uno
spreco se non avessero occasione
di giocare a livello
internazionale". L’account
twitter @NatioSuriname ha
praticamente istituito un
osservatorio permanente sui
migliori potenziali giocatori di
un’ipotetica Nazionale dei
sogni, che viene aggiornata (o
almeno veniva, fino all’anno
scorso) su base settimanale.
L’ultimo tridente pubblicato
poteva contare su Misidjan del
Lugodorets, Slagveer
dell’Heerenveen e su Ricardo
Kishna della Lazio, all’epoca
all’Ajax. Né Misidjan, né
Slagveer, né Kishna hanno ancora
esordito con la Nazionale
"Oranje" maggiore. Se domattina
le leggi del calcio surinamese
cambiassero, e se i tre ne
avessero voglia, potrebbero
ancora essere in tempo per
scegliere di vestire la maglia
verde e rossa. Sarebbe bello e
utile per provare a scrivere,
finalmente, pagine di storia
vergate con frasi meno
malinconiche; in un certo senso
onorerebbero anche la memoria
del Kleurrijk Elftal.
8 ottobre 2015
Fonte: Ultimouomo.com
ALTRE FONTI :
WIKIPEDIA
THE GUARDIAN
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