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Ciro Esposito 3.05.2014 Testimonianze
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Agguato ai napoletani. I testimoni raccontano la dinamica

di Emanuela Mastrocinque

Dalle immagini estratte dai video girati da alcuni tifosi napoletani si vede con estrema chiarezza: sono in tre gli aggressori romanisti, con tanto di caschi neri e fumogeni a portata di mano. Tre e non uno, come annunciato dagli organi di stampa.

L’intera rissa, che ha coinvolto quattro giovani tifosi napoletani di cui uno che versa in condizioni molto gravi, è stata fedelmente ripresa dal telefono cellulare di un tifoso. Si sentono i colpi, quattro esplosi in rapida sequenza, e prima dei colpi si vede nitidamente l’ultrà romanista Daniele De Santis tirare petardi e sassi contro i rivali napoletani, innescando la guerriglia. Un agguato in piena regola. Gli investigatori continuano ad indagare per capire quale sia stata la dinamica che ha portato al ferimento dei tifosi azzurri nella serata di sabato sera, poco prima del fischio d’inizio di Fiorentina-Napoli, nelle immediate vicinanze dello Stadio Olimpico. Tv, giornali e organi di informazione sembrano non parlare d’altro, perché quello che è accaduto è qualcosa di serio oltre che molto grave. C’è chi rischia la vita, in ospedale, senza una reale e plausibile ragione, solo per essere andato allo stadio, solo per essere napoletano in terra romana. C’è chi dice che i tifosi napoletani abbiano in un certo senso provocato gli ultrà romanisti, sfilando con tanto di coro e striscioni di fronte al Village, noto punto di ritrovo dell’estrema destra legata al mondo romano delle Curve. C’è però anche un altro video che riprende chiaramente la scena, con un De Santis impazzito pronto a sparare e almeno altri due uomini al suo fianco. I video raccontano una versione sostanzialmente diversa da quella narrata ieri mattina dal questore di Roma Massimo Mazza che aveva dichiarato: "Si tratta di un pazzo solitario, se ci fosse stata un’azione organizzata l’avremmo vista. Quella era una zona dove non era prevedibile nessun tipo di incidente". Eppure le cose non stanno così. Intanto in queste frenetiche ore continuano a spuntare comunicati da parte degli Ultrà romanisti che, a cosa fatta, si dissociano dal De Santis definendolo un solitario, cane sciolto ! Eppure i collegamenti tra l’ex capo ultrà e gli ambienti del tifo ci sono, e sono soprattutto comprovati. Ilmattino.it riporta l‘intervista di uno dei protagonisti della vicenda, presente proprio durante la sparatoria: "Siamo usciti dal parcheggio. Ci hanno assalito, erano incappucciati o con caschi e passamontagna, ci hanno caricati e poi sono scappati. Erano in 6 o 7, sono usciti da una stradina privata con un cancello (il circolo Village), da lì hanno iniziato a lanciarci gli oggetti. Ci hanno tirato un agguato". Da qui la rissa e un’improvvisa caduta del De Santis che manda l’uomo in panico. Sembra proprio che questo momento sia fatale per l’ultrà che, vedendosi accerchiato, estrae una Beretta calibro 7,65 con matricola punzonata, e inizia a sparare. Quattro colpi. Che potevano essere molti di più se la pistola non si fosse inceppata. Intanto Ciro Esposito giace in prognosi riservata al Policlinico Gemelli di Roma, tra la vita e la morte, a nemmeno trent’anni. Sua madre ha dichiarato di aver già perdonato i colpevoli e grida al miracolo, perché Ciro ha aperto gli occhi, pur essendo ancora in grave pericolo di vita. Eppure nessuno sembra occuparsi di lui, tutti impegnati a parlare di Genny ‘a carogna, di Daspo, di tifo violento e di Ultrà, mentre Ciro combatte per non morire di calcio.

5 maggio 2014

Fonte: Vesuviolive.it

L'INCHIESTA

di Maria Elena Vincenzi e Carlo Bonini

ROMA - "Che è successo pe' davero ar chiosco ? Se fanno tutti i cazzi loro. E poi è ‘na vita che Gastone nun se vedeva in curva. Che te devo dì ? Forse se la sentiva calla. Magari era pippato. Forse s'è fatto girà er culo lì per lì. Lui e quelli che stavano co' lui. ‘Na cosa è certa. Se volevamo fa' ‘na tarantella co' quelle merde, nun la organizzavamo così". Il ragazzo della Sud è un tipo svelto. Conosce la curva del tifo giallorosso meglio di casa sua. Accredita e dunque conferma l'ipotesi che sabato pomeriggio, in viale di Tor di Quinto, la festa ai napoletani ha molto a che vedere con il "calcio", con l'odio delle curve. Epperò, che nella "premeditazione" non c'è stato "metodo". Meglio, che la faccenda riguarda "solo" Daniele De Santis e almeno tre compari che erano con lui, che con lui hanno verosimilmente progettato l'agguato (perché di questo si è trattato) e che la Digos cerca da domenica mattina. Del resto, le informazioni del ragazzino collimano come un calco con la ricostruzione - documentata in un'informativa della Digos alla Procura di Roma - della scena del tentato triplice omicidio di cui De Santis "Gastone" è accusato e per il quale è piantonato in una stanza del Policlinico Gemelli. Per una verità che all'osso suona così: sabato pomeriggio, "Gastone" voleva uccidere e non ha dunque sparato per difendersi. I napoletani verso cui ha fatto fuoco sono stati attirati in una trappola. Innescata da un lancio di fumogeni e chiusa da quattro colpi esplosi in sequenza da una Beretta 7,65 dalla matricola abrasa. Impugnata da "Gastone", come ha confermato ieri sera la prova dello "stub" sulla sua mano. E ancora: i napoletani, dopo quei colpi di pistola, hanno impugnato spranghe e manganelli per uccidere. Altro che "rissa". Sabato, qualcuno non doveva più rialzarsi. La sequenza, dunque. In viale di Tor di Quinto, al passaggio della colonna dei pullman che portano i tifosi del Napoli verso Ponte Milvio e gli ingressi della Curva Nord dell'Olimpico, dal budello di asfalto su cui affaccia il " Trifoglio ", il "circolo" frequentato da neonazi e da frange di destra della curva romanista e il cui bar è gestito da "Gastone", partono due fumogeni e forse un petardo in direzione del convoglio. I pullman sfilano mentre alcune delle macchine che "scortano" quel corteo, si fermano. Ne scende un gruppo di tifosi (tra loro, Ciro Esposito), che vedono distintamente "Gastone" e almeno tre uomini accanto a lui con dei caschi integrali. Abbozzano un inseguimento, che viene spento da quattro colpi di 7,65. Rimangono a terra in tre, fulminati come birilli. Ed è a questo punto che sangue chiama sangue. Le fila dei napoletani si gonfiano di una ventina di incappucciati armati di spranghe e manganelli azzurri. "Gastone", che pure ha il fisico di un orco, viene raggiunto nel vicolo e sopraffatto. Prima lo colpiscono ripetutamente alla testa fracassandogli le ossa craniche. Poi passano alle gambe. La destra viene praticamente maciullata, fin quasi a produrre il distacco del piede dalla tibia. I tre che sono con lui, lo abbandonano terrorizzati. Forse lo credono morto. Forse capiscono che restare significa fare la sua fine. Racconta ora la signora Franca, madre di De Santis, che suo figlio, "prima della partita" (quando non è dato sapere), si fosse messo in mezzo a una discussione tra ultras della Roma e del Napoli. Che ne fosse nata una lite e un annuncio di vendetta. Che, insomma, sabato pomeriggio, i napoletani fossero andati a cercarlo. Dunque, che per questo fosse armato. Che la circostanza sia vera o meno, sarà l'indagine ad accertarlo. Certo, "Gastone" ha aspettato e cercato il confronto. E lo ha fatto in modo sconsiderato, anche nella logica belluina della curva. Anche a voler dare credito alla voce che, nei giorni precedenti la partita, voleva romanisti e laziali pronti al confronto con i napoletani. Ma che, nel lavoro di prevenzione della Digos non aveva trovato riscontri. Perché - così volevano le informazioni soffiate agli sbirri - colpire i napoletani sabato avrebbe esposto i romanisti in trasferta a Catania domenica a una vendetta inimmaginabile (non è un caso che in Sicilia, dopo i fatti dell'Olimpico, non abbia messo piede un solo tifoso giallorosso). È un fatto che il lavoro sul tentato triplice omicidio di sabato è solo all'inizio. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il sostituto Antonino Di Maio cercheranno di dare risposta a una serie di domande. Che hanno certamente a che fare con "Gastone", con la premeditazione dell'agguato e le sue complicità. Ma che hanno anche molto a che vedere con quanto accaduto nella mezz'ora che ha preceduto la partita. I due pubblici ministeri, da ieri, valutano infatti anche la posizione di Genny ‘a carogna. E non tanto per il Daspo che lo raggiungerà nelle prossime ore, ma perché il reato di cui potrebbe essere accusato chiamerebbe in causa il ruolo di chi ha gestito l'ordine pubblico. Genny - come riferisce una qualificata fonte inquirente - potrebbe infatti essere iscritto per violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Due accuse sostenute dalle immagini televisive andate in diretta e che riaprirebbero la questione intorno alla quale si è stretta la discussione sulla scelta fatta da prefetto e questore di far disputare la partita. La violenza privata presuppone infatti un carnefice (Genny) e una vittima (lo Stato). Presuppone una trattativa in cui il più debole (lo Stato) china il capo davanti al più forte (Genny).

6 maggio 2014

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Gazzetta.it

"Ci hanno aggrediti in 4, tutti armati. E De Santis ha sparato"

di Luca Monaco

L'intervista al padre di Gennaro Fioretti, 32enne ferito assieme a Ciro Esposito da due proiettili durante gli scontri prima della finale di Coppa Italia.

Gennaro Fioretti, 32 anni, da tre giorni giace in un letto del reparto di traumatologia al decimo piano del policlinico Gemelli. È stato investito da due proiettili esplosi durante i presunti scontri tra romanisti e napoletani nel pre-partita della finale di Coppa Italia. Il giovane uomo, che rischia la paralisi, è in stato di arresto. Il padre, Vincenzo, un artigiano di 65 anni, lunedì è riuscito a incontrare il figlio (piantonato dalla polizia giudiziaria, che non fa più entrare nella camera neppure i familiari) per pochi minuti. E riferisce la versione del tifoso napoletano sulla dinamica della sparatoria.

Anzitutto, come sta Gennaro ? "Non è in pericolo di vita - dice il padre - ma certo rischia di rimanere invalido. Il primo proiettile gli ha bucato la mano sinistra, frantumando i legamenti del dito mignolo: non lo riesce a muovere. L'altra pallottola invece gli si è conficcata nell'osso del braccio destro e ancora non gliel'hanno tolta".

E cosa aspettano i medici ? "Devono trasferirlo di reparto. Ma serve il permesso del magistrato che lo sta interrogando, ma non sono sicuro. Nessuno ci dice nulla. So solo che è in stato di arresto e nemmeno perché. Ieri ho nominato apposta un avvocato, ma ancora non sappiamo di cosa è accusato Gennaro".

Suo figlio comunque è vigile… "Per fortuna sì. Parla, vede la tv e mi ha detto che voi giornalisti avete sparato un sacco di sciocchezze sulla dinamica degli scontri".

Cioè ? "Cioè che non è vero che i tifosi del Napoli hanno attaccato briga per primi. I romanisti sono sbucati all'improvviso armati di pistole, erano almeno quattro a sparare. De Santis impugnava l'arma con un paio di guanti di pelle nera: mio figlio l'ha visto, è sicuro che sia lui. Me l'ha giurato lunedì quando i poliziotti mi hanno fatto entrare un attimo perché Gennaro aveva bisogno di bere e gli infermieri erano tutti impegnati. Aveva i guanti De Stefani: forse per questo ieri l'esame dello stub, come si chiama, ha dato esiti negativi".

Ma Gennaro è un ultrà ? "Non lo so, no. Va allo stadio sempre con lo stesso gruppo di amici di Mugnano, la frazione dove abitiamo, a 10 chilometri da Scampia. Da quello che mi ha detto Immacolata, la fidanzata di mio figlio (ha 25 anni, fa la parrucchiera a Mugnano, ndr), era venuto a Roma in macchina insieme ad Alfonso Esposito, l'altro tifoso rimasto ferito alla mano. Ma io non lo conosco".

Dopo la sparatoria chi ha soccorso suo figlio ? "I suoi amici. Il proiettile gli ha bucato la vena del braccio. Un ragazzo ha cercato di fermare l'emorragia stringendogli la cintura dei pantaloni attorno al bicipite. Poi l'hanno caricato su una volante della polizia, nemmeno sull'ambulanza, e l'hanno trasportato all'ospedale Santo Spirito. Lì gli hanno fatto un primo intervento: hanno curato la ferita alla mano e gli hanno sfilato una vena dalla gamba per suturare quella del braccio, spezzata dal proiettile".

Muove le gambe ? "Disgraziatamente non le sente più. Abbiamo il terrore che resti paralizzato".

I tifosi laziali stanno pagando l'albergo alla famiglia Esposito. A voi qualcuno vi ha contattati ? "No. Ma va bene così. Non vogliamo disturbare, anche se abbiamo dei problemi economici perché dormire a Roma costa tanto e Gennaro dovrà essere operato più volte, rischia di rimanere in ospedale sei o otto mesi" La madre di Ciro Esposito è riuscita a perdonare chi ha sparato.

Lei signor Fioretti ? "Purtroppo no, è più forte di me, non ce la faccio. Ho tanta rabbia in corpo, io quell'uomo, De Santis, non riesco proprio a perdonarlo. A volte mia moglie, in preda al nervosismo mi dice che sarebbe dovuto morire, ma poi ci ripensa e si pente".

7 maggio 2014

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Ilfattoquotidiano.it

Scontri di Coppa Italia oggi parla il testimone che ha visto sparare

di Federica Angeli

Verrà ascoltato oggi, in incidente probatorio, il testimone oculare degli scontri che hanno preceduto la finale di Coppa Italia Fiorentina Napoli. I pubblici ministeri Antonino di Maio ed Eugenio Albamonte di fronte al giudice Giacome Ebner ascolteranno il ragazzo della tifoseria napoletana che ha visto Daniele De Santis premere il grilletto contro Ciro Esposito, ancora ricoverato al Gemelli. Il giovane che ha già spiegato agli inquirenti quanto ha visto in quel pomeriggio di follia a mezzo chilometro dallo stadio Olimpico, ribadirà la sua versione. De Santis - di cui il testimone ha fornito una descrizione fisica che sembra compatibile con le sembianze del tifoso giallorosso - secondo il supporter del Napoli, nella concitazione del momento contro una ventina di biancoazzurri, è caduto in terra. Quando si è rialzato ha tirato fuori una pistola da sotto la maglietta e ha aperto il fuoco, scaricando tutti i proiettili che aveva. Uno di questi si è conficcato nella spina dorsale di Esposito. Una testimonianza chiave che, malgrado lo stub non abbia ancora dato riscontri precisi, inchioderebbe De Santis (indagato per tentato omicidio) alle sue responsabilità. Oggi dunque il suo racconto si trasformerà in una prova con un peso specifico nel dibattimento.

6 giugno 2014

Fonte: La Repubblica

Ciro Esposito prima di morire: "Aggredito da più persone con i caschi"

Diffuso l'audio in cui dal letto dell'ospedale il tifoso aggredito prima di Napoli-Fiorentina ricostruisce i fatti del 3 maggio: "Mi hanno sparato, aveva l'accento laziale".

Milano - "Stavo andando a vedere la partita, il biglietto lo avevo comprato dove abito io, a Napoli". "Mi hanno sparato, avevano i caschi". Chi parla è Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto dopo 53 giorni di agonia in seguito ai fatti tragici del 3 maggio scorso, quando fu colpito da un proiettile a Tor di Quinto, Roma, prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Ciro, ancora lucido, parla dal suo letto di ospedale, al Policlinico Gemelli dove è stato ricoverato dopo essere stato ferito. Con lui c'è la criminologa Angela Tibullo che lo interroga su quanto accaduto. L'audio, del Giornale Radio Rai, è stato diffuso all'indomani della chiusura delle indagini sull'omicidio di Esposito, che vedono Daniele De Santis, l'ultrà romanista conosciuto come "Gastone", indagato per omicidio volontario. "Erano in tanti" - Ecco la trascrizione del dialogo tra Esposito e la criminologa:

Angela Tibullo: "Perché ti trovi qua ?"… Ciro Esposito: "Perché mi hanno sparato"…

Angela Tibullo: "Quando?" … Ciro Esposito: "Quando sono andato a vedere la partita"…

Angela Tibullo: "Ma tu lo avevi il biglietto per andare allo stadio, dove l’avevi comprato ?" … Ciro Esposito: "Dove abito io"…

Angela Tibullo: "E tu dove abiti?" … Ciro Esposito: "A Napoli"…

Angela Tibullo: "Senti Ciro, ti ricordi fisicamente questa persona vestita di nero, un po’ ciccione ?" … Ciro Esposito: "Era più di una persona"…

Angela Tibullo: "Ti ricordi com’erano vestite ?" … Ciro Esposito: "Con i caschi"…

Angela Tibullo: "Ma tutti o alcuni sì e alcuni no ? "… Ciro Esposito: (Pausa)…

Angela Tibullo: "Mi dici sì per dire che c’era qualcuno che non ce l’aveva ?"… Ciro Esposito: (Pausa)…

Angela Tibullo: "E poi che ha fatto questo ti ha dato due schiaffi ?"… Ciro Esposito: "Mi ha sparato"…

Angela Tibullo: "Perché ti ha sparato, Ciro ?" Ciro Esposito: … (Risponde, ma le sue parole non sono chiare e la criminologa ripete ad alta voce quello che ha capito)…

Angela Tibullo: "Hai incontrato questo che non stava bene con la testa, ha preso la pistola e ha sparato, ma questo che ti ha sparato ha preso così la pistola e ti ha sparato o stavate urlando o è caduto ? Era a terra, era alzato ?"… Ciro Esposito: "In piedi e a terra"…

Angela Tibullo: "Quindi sei partito, sei arrivato a Roma, ti stavi incamminando per andare a vedere ‘sto Napoli e uno è arrivato e ti ha sparato… Ed erano tanti, giusto ? E avevano i caschi tranne uno, mi hai detto ? Ma questo qua la pistola da dove l’ha presa ? Da qua ? Ok. Ma l’hai sentito parlare ?"… Ciro Esposito: "Aveva l’accento del Lazio"…

25 marzo 2015

Fonte: Gazzetta.it (Testo © Fotografia)

Ciro Esposito prima di morire: "Aggredito da più persone"

di Dario Del Porto

Le parole del tifoso napoletano dal reparto di terapia intensiva del Policlinico Gemelli di Roma dove morì dopo due mesi di sofferenze per l'aggressione dopo la finale di Coppa Italia lo scorso anno tra Napoli e Fiorentina. A un perito consulente della famiglia risponde con voce fioca: "Avevano i caschi. Chi mi ha sparato aveva un accento romano".

AUDIO

NAPOLI - Ad aggredirlo furono "più persone" e "avevano i caschi", e uno di loro sparò contro di lui ferendolo così gravemente da portarlo poi alla morte dopo due mesi di sofferenze in ospedale. A raccontarlo dal letto del reparto di terapia intensiva del Policlinico Gemelli dove era ricoverato è stato lo stesso Ciro Esposito, il tifoso del Napoli colpito all'esterno dell'Olimpico di Roma prima che avesse della finale di Coppa Italia lo scorso anno tra Napoli e Fiorentina. La registrazione della testimonianza è stata diffusa all'indomani della chiusura dell'inchiesta sull'omicidio di Esposito. Intubato, il fisico provato dalla sofferenza, la voce fioca, Esposito risponde alle domande di un perito consulente della famiglia. Perché ? ti trovi qua, gli viene chiesto ? "Mi hanno sparato", dice il ragazzo che rispondendo ad altre domande spiega: "stavo andando a vedere la partita, il biglietto lo avevo comprato dove abito io, a Napoli". Poi ricorda che gli aggressori erano più d'uno e dice: "avevano i caschi". Perché ti ha sparato ? gli chiede il perito ? "Era fuori di testa", dice ancora Esposito che aggiunge "stava in piedi e poi a terra e parlava con accento romano". Ecco la trascrizione completa del nastro audio (omissis)

25 marzo 2015

Fonte: Repubblica.it

L’uccisione del tifoso del Napoli a Tor di Quinto

Ciro Esposito, prima degli scontri festino con sesso e coca per De Santis

di Fulvio Fiano

Prima della finale di Coppa Italia, il romanista con due prostitute che sono state ascoltate dalla Digos. Tifosi napoletani in contatto con gli ultrà.

Il pomeriggio in cui Ciro Esposito fu ferito mortalmente a Tor di Quinto prima di Napoli-Fiorentina, il 3 maggio scorso, era cominciato per Daniele De Santis, l’ex ultrà romanista accusato del suo omicidio, con un festino a base di sesso e cocaina. Lo raccontano alla Digos le due prostitute che erano con lui dalla sera prima. La testimonianza più diretta è di Ruxandra Andrei, 31enne romena: "Verso le 15 Daniele ci disse che doveva uscire. Era molto strano, agitato. Ha prelevato da un cassetto di biancheria un oggetto che non sono riuscita a vedere, presumo fosse un coltello che usava per tagliare droga, dicendomi che andava a comprare cibo e sigarette, senza specificarmi. "Tesoro stai tranquilla che è tutto a posto, torno subito", mi disse. Ero preoccupata perché aveva litigato per telefono con un ragazzo al quale aveva detto che "gliela avrebbe fatta pagare". Inga Dumitru, 38enne moldava, conferma il racconto dell’amica e aggiunge: "Dopo tre ore Daniele non era ancora rientrato. Dalla finestra ho visto un signore alto circa due metri capelli corti grigi, circa 60 anni, che conoscevo di vista e sapevo che era una persona molto cattiva. Si è allontanato con altre quattro o cinque persone, sui 40/50 anni a bordo di due macchine piccole". Potrebbero essere gli co-autori dell’assalto ai bus dei napoletani che innescò il loro contro inseguimento. I primi a raggiungere De Santis è Ciro Esposito con Gennaro Fioretti, Alfonso Esposito, Adriano Cammisa. I loro telefonini, scrive la Digos, sono in contatto con quelli di almeno cinque ultrà del gruppo Area Nord, sigla della Curva B del San Paolo, tutti a vario titolo con precedenti per droga, detenzione d’armi e violenza da stadio. C’è anche Gennaro Puzone, uno dei testimoni chiave, già sottoposto a Daspo. "Danielino" si rompe un piede cercando di chiudere un cancello spinto dagli inseguitori, cade e viene colpito. Da terra, secondo la perizia del Ris, fa fuoco. Ciro è sopra di lui, a 50 centimetri. Le comunicazioni radio della polizia sono concitate: "Un gruppo si è staccato, si sono coperti e stanno correndo tutti con dei bastoni... Sono tornati, probabilmente hanno picchiato qualcuno", viene registrato alle 18,18. Passa un minuto, si sentono i colpi di pistola: "Presto un’ambulanza... Stanno lanciando lacrimogeni... Possono essere 30/40, sono del Napoli". Sulla strada, all’esterno del centro sportivo - sottolinea l’avvocato Tommaso Politi - viene trovato il coltello a serramanico che ha ferito al torace e alle gambe De Santis.

4 aprile 2015

Fonte: Roma.corriere.it (Testo © Fotografia)

Morte Ciro Esposito, "Quando ha sparato De Santis non era a terra"

di Ivan Compasso e Corrado Zunino

La testimonianza di alcuni protagonisti dell'agguato nel quale morì il tifoso del Napoli prima della finale di Coppa Italia con la Fiorentina.

I Mastiffs, gli ultras del Napoli guidati da Gennaro De Tommaso, per tutti Genny La Carogna, erano intorno a Ciro Esposito quando Daniele De Santis - alle 18,19 di sabato 3 maggio 2014 - esplose quattro colpi di pistola con la Beretta 7.65, colpì a morte Ciro e ferì Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti. Solo separatamente parlano i Mastiffs, testimoni di quel pomeriggio. In branco mai. E così quando li incontriamo - separatamente - ai Quartieri spagnoli, a Spaccanapoli, in piazza Dante, raccontano: "De Santis non era a terra quando ha sparato. È caduto dopo aver esploso i primi colpi, ha fatto una torsione e si è spezzato la gamba. U' chiattone indietreggiava veloce, quasi correva. Quando è inciampato non ha smesso di sparare... Era una furia. Si è fermato solo perché gli si è inceppata la pistola... Ci siamo avventati, lo abbiamo picchiato, ma lui aveva già colpito tre di noi, deliberatamente. Uno era Ciro... De Santis prendeva calci, colpi di ogni tipo. Raccattavamo pezzi di ferro per strada, glieli sbattevamo addosso, in faccia... Gridava che non sentiva nulla, continuava a sfidarci". Si aprono con "Repubblica" solo i tre che hanno certezza dell'anonimato. Non hanno mai parlato con la Digos di Roma, con il sostituto procuratore Eugenio Albamonte. Il pm, nei giorni scorsi, ha chiuso la prima parte dell'inchiesta sulla morte di Ciro Esposito rinviando a giudizio Daniele De Santis per omicidio volontario, tentato omicidio, rissa, lesioni, possesso abusivo di arma da fuoco, lancio di materiale pirotecnico. Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti, gli altri due ultras del Napoli feriti, dovranno rispondere di rissa aggravata. Per quattro ultrà della Roma, accusati di aver fomentato "Gastone" De Santis, avvistati quel giorno con caschi neri indosso, le indagini si chiuderanno a fine maggio. Sono indagati per concorso in omicidio. I napoletani, ora a casa loro, identificano lo stesso scenario romano: l'agguato in lontananza, la corsa per raggiungere chi era in difficoltà, gli spartitraffico di cemento da scavalcare, i botti delle bombe carta. I fumogeni, gli spari. "Non abbiamo capito nulla. Conosciamo gli scontri, le dinamiche dello stadio, ma una cosa così non l'avevamo mai vissuta". Il difensore di De Santis, l'avvocato Tommaso Politi, dice che Daniele è stato colpito da cinque, sei coltellate. Sulle cosce, sui glutei. "Ha provato a chiudere il cancello che dava su viale di Tor di Quinto, ma gli ultras del Napoli l'hanno sfondato e sotto gli è rimasta la gamba. Lì se l'è spezzata, e ora rischia l'amputazione". Il fascista inaffidabile - "Gastone" De Santis, che amava farsi fotografare su uno sfondo di croci celtiche, viene raccontato da un tassista assiduo della Curva Sud romanista così: "Era un convinto militante fascista, da sempre, ma non era più affidabile. L'avevano allontanato tutti". Nel novembre 1994 aveva partecipato a una spedizione di estremisti della Roma e della Lazio, a Brescia. Accoltellarono nel piazzale dello stadio il vicequestore Selmin, colpirono con asce e coltelli quindici agenti. Cinquanta fasci di Opposta fazione, con "Gastone" - in un primo tempo accusato di aver accoltellato in prima persona il vicequestore - supportato dal fascistissimo Maurizio Boccacci, da Giuseppe "Pinuccio la rana" Meloni, dal "Polpetta" Massimiliano D'Alessandro. A Vicenza, nel marzo 1998, De Santis sfasciò a sprangate cinque auto parcheggiate nell'area stampa. Nello stesso anno andò a processo per i ricatti organizzati contro la Roma di Sensi. Il 21 marzo 2004 è tra i capi ultrà che convincono Francesco Totti a fermare il derby per "un bambino mai morto": "Si era diffusa la voce in curva". Al suo fianco c'era Stefano Carriero, simpatizzante del gruppo Tradizione e distinzione, cameramen di "Amici", compagno della segretaria di Maria De Filippi. Di recente, De Santis ha occupato palazzi pubblici abbandonati - sempre Roma Nord - insieme a Giuliano Castellino, agitatore di destra filo-Priebke. Dopo il ferimento di Ciro Esposito, la Curva Sud della Roma si è astenuta dal tifo nella successiva gara con la Juventus e ha esposto striscioni pro De Santis. Quindi, ha sottoposto a un processo i quattro che erano con lo sparatore, ancora oggi presenti in curva. I leader romanisti hanno contestato ai fiancheggiatori di Gastone "la cazzata" del 3 maggio: lanciare fumogeni e bombe carta contro i pullman del Napoli. Soprattutto hanno censurato l'abbandono di "Danielone". Lo scorso settembre, quindi, gli ultras della Roma hanno reso pubblico un comunicato che diceva chiaramente: le azioni (comprese quelle violente) le decidono i capi. Il monopolio delle aggressioni. Secondo fonti di procura e di polizia uno dei quattro amici di De Santis, militante di Casapound, è stato pesantemente richiamato dal gruppo neofascista. La struttura di Gianluca Iannone, tuttavia, nega. E il recente striscione contro la madre di Ciro - "lucri sul funerale con libri e interviste" - è sinistramente identico al post di Emanuela Fiorino, la "ducessa" di Casapound Napoli, che su Facebook ha scritto: "Un libro per lucrare sulla morte di un figlio. Indifendibile". Boreale e Casapound - Di sfondo all'omicidio di Ciro Esposito, ecco, ci sono la Roma e la Napoli nere, di sezione e di curva. Daniele De Santis per anni ha abitato nel parco della Boreale, un'area verde e abusiva fuori dal controllo del Comune di Roma, militarmente occupata dalla destra sociale. Che vi ha insediato squadre di calcio (la Boreale, appunto), dancing hall per serate techno e ha preso possesso di case basse senza alcun permesso. Qui l'organizzazione anti-abortista "Il Trifoglio" ha organizzato la sua campagna elettorale, siamo nell'aprile 2008, per Gianni Alemanno sindaco. Della Boreale, concepita da Alfredo Iorio, fondatore di Gioventù europea, "Danielone" faceva il custode. La grande inchiesta "Mafia capitale" ha fatto emergere come questa zona - Tor di Quinto - fosse sotto controllo criminale di Massimo Carminati, già esponente dei Nuclei armati rivoluzionari. Il pm Albamonte ha chiesto il fascicolo ai colleghi per comprendere se ci siano collegamenti con De Santis e il suo ferro che s'inceppa. Di certo, il figlio di Carminati, Andrea, nell'area si esercitava nel soft air, l'attività ludico sportivo basata su tattiche militari. Ora il Comune di Roma si è accorto quale pericoloso guazzabuglio neofascista era diventata l'area della Boreale, l'alcova di De Santis. E ha deciso di spianare tutto. I caterpillar stanno tirando giù, innanzitutto, un museo del cinema allestito nel tempo da due testimoni chiave dell'omicidio: Ivan La Rosa e la sua compagna, la regista Donatella Baglivo, gestori del Ciak Village. Antonio De Santis era, ed è, un violento. Si sapeva. Amava le armi. Le carte dell'inchiesta raccontano ora che è un consumatore di cocaina. In assenza di esami tossicologici, ci sono le testimonianze di due prostitute rumene che avevano trascorso con "ù chiattone" e tre suoi amici due notti di sballo e di sesso. Quel sabato sera - mentre l'omone sparava e veniva accoltellato - le ragazze dell'Est gli hanno portato via due cellulari e un paio di occhiali: "Quel telefonino me l'aveva consegnato l'amico di Daniele, Vincenzo, subito dopo gli spari. Era successo un macello. Per la prestazione Daniele mi aveva dato 400 euro. Ne doveva altri seicento, mi sono tenuto il suo Galaxy".

8 aprile 2015

Fonte: Repubblica.it

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