Agguato ai napoletani. I
testimoni raccontano la dinamica
di Emanuela Mastrocinque
Dalle immagini estratte
dai video girati da alcuni
tifosi napoletani si vede con
estrema chiarezza: sono in tre
gli aggressori romanisti, con
tanto di caschi neri e fumogeni
a portata di mano. Tre e non
uno, come annunciato dagli
organi di stampa.
L’intera rissa, che ha
coinvolto quattro giovani tifosi
napoletani di cui uno che versa
in condizioni molto gravi, è
stata fedelmente ripresa dal
telefono cellulare di un tifoso.
Si sentono i colpi, quattro
esplosi in rapida sequenza, e
prima dei colpi si vede
nitidamente l’ultrà romanista
Daniele De Santis tirare petardi
e sassi contro i rivali
napoletani, innescando la
guerriglia. Un agguato in piena
regola. Gli investigatori
continuano ad indagare per
capire quale sia stata la
dinamica che ha portato al
ferimento dei tifosi azzurri
nella serata di sabato sera,
poco prima del fischio d’inizio
di Fiorentina-Napoli, nelle
immediate vicinanze dello Stadio
Olimpico. Tv, giornali e organi
di informazione sembrano non
parlare d’altro, perché quello
che è accaduto è qualcosa di
serio oltre che molto grave. C’è
chi rischia la vita, in
ospedale, senza una reale e
plausibile ragione, solo per
essere andato allo stadio, solo
per essere napoletano in terra
romana. C’è chi dice che i
tifosi napoletani abbiano in un
certo senso provocato gli ultrà
romanisti, sfilando con tanto di
coro e striscioni di fronte al
Village, noto punto di ritrovo
dell’estrema destra legata al
mondo romano delle Curve. C’è
però anche un altro video che
riprende chiaramente la scena,
con un De Santis impazzito
pronto a sparare e almeno altri
due uomini al suo fianco. I
video raccontano una versione
sostanzialmente diversa da
quella narrata ieri mattina dal
questore di Roma Massimo Mazza
che aveva dichiarato: "Si tratta
di un pazzo solitario, se ci
fosse stata un’azione
organizzata l’avremmo vista.
Quella era una zona dove non era
prevedibile nessun tipo di
incidente". Eppure le cose non
stanno così. Intanto in queste
frenetiche ore continuano a
spuntare comunicati da parte
degli Ultrà romanisti che, a
cosa fatta, si dissociano dal De
Santis definendolo un solitario,
cane sciolto ! Eppure i
collegamenti tra l’ex capo ultrà
e gli ambienti del tifo ci sono,
e sono soprattutto comprovati.
Ilmattino.it riporta
l‘intervista di uno dei
protagonisti della vicenda,
presente proprio durante la
sparatoria: "Siamo usciti dal
parcheggio. Ci hanno assalito,
erano incappucciati o con caschi
e passamontagna, ci hanno
caricati e poi sono scappati.
Erano in 6 o 7, sono usciti da
una stradina privata con un
cancello (il circolo Village),
da lì hanno iniziato a lanciarci
gli oggetti. Ci hanno tirato un
agguato". Da qui la rissa e
un’improvvisa caduta del De
Santis che manda l’uomo in
panico. Sembra proprio che
questo momento sia fatale per
l’ultrà che, vedendosi
accerchiato, estrae una Beretta
calibro 7,65 con matricola
punzonata, e inizia a sparare.
Quattro colpi. Che potevano
essere molti di più se la
pistola non si fosse inceppata.
Intanto Ciro Esposito giace in
prognosi riservata al
Policlinico Gemelli di Roma, tra
la vita e la morte, a nemmeno
trent’anni. Sua madre ha
dichiarato di aver già perdonato
i colpevoli e grida al miracolo,
perché Ciro ha aperto gli occhi,
pur essendo ancora in grave
pericolo di vita. Eppure nessuno
sembra occuparsi di lui, tutti
impegnati a parlare di Genny ‘a
carogna, di Daspo, di tifo
violento e di Ultrà, mentre Ciro
combatte per non morire di
calcio.
5 maggio 2014
Fonte: Vesuviolive.it
L'INCHIESTA
di Maria Elena Vincenzi
e Carlo Bonini
ROMA - "Che è successo
pe' davero ar chiosco ? Se fanno
tutti i cazzi loro. E poi è ‘na
vita che Gastone nun se vedeva
in curva. Che te devo dì ? Forse
se la sentiva calla. Magari era
pippato. Forse s'è fatto girà er
culo lì per lì. Lui e quelli che
stavano co' lui. ‘Na cosa è
certa. Se volevamo fa' ‘na
tarantella co' quelle merde, nun
la organizzavamo così". Il
ragazzo della Sud è un tipo
svelto. Conosce la curva del
tifo giallorosso meglio di casa
sua. Accredita e dunque conferma
l'ipotesi che sabato pomeriggio,
in viale di Tor di Quinto, la
festa ai napoletani ha molto a
che vedere con il "calcio", con
l'odio delle curve. Epperò, che
nella "premeditazione" non c'è
stato "metodo". Meglio, che la
faccenda riguarda "solo" Daniele
De Santis e almeno tre compari
che erano con lui, che con lui
hanno verosimilmente progettato
l'agguato (perché di questo si è
trattato) e che la Digos cerca
da domenica mattina. Del resto,
le informazioni del ragazzino
collimano come un calco con la
ricostruzione - documentata in
un'informativa della Digos alla
Procura di Roma - della scena
del tentato triplice omicidio di
cui De Santis "Gastone" è
accusato e per il quale è
piantonato in una stanza del
Policlinico Gemelli. Per una
verità che all'osso suona così:
sabato pomeriggio, "Gastone"
voleva uccidere e non ha dunque
sparato per difendersi. I
napoletani verso cui ha fatto
fuoco sono stati attirati in una
trappola. Innescata da un lancio
di fumogeni e chiusa da quattro
colpi esplosi in sequenza da una
Beretta 7,65 dalla matricola
abrasa. Impugnata da "Gastone",
come ha confermato ieri sera la
prova dello "stub" sulla sua
mano. E ancora: i napoletani,
dopo quei colpi di pistola,
hanno impugnato spranghe e
manganelli per uccidere. Altro
che "rissa". Sabato, qualcuno
non doveva più rialzarsi. La
sequenza, dunque. In viale di
Tor di Quinto, al passaggio
della colonna dei pullman che
portano i tifosi del Napoli
verso Ponte Milvio e gli
ingressi della Curva Nord
dell'Olimpico, dal budello di
asfalto su cui affaccia il "
Trifoglio ", il "circolo"
frequentato da neonazi e da
frange di destra della curva
romanista e il cui bar è gestito
da "Gastone", partono due
fumogeni e forse un petardo in
direzione del convoglio. I
pullman sfilano mentre alcune
delle macchine che "scortano"
quel corteo, si fermano. Ne
scende un gruppo di tifosi (tra
loro, Ciro Esposito), che vedono
distintamente "Gastone" e almeno
tre uomini accanto a lui con dei
caschi integrali. Abbozzano un
inseguimento, che viene spento
da quattro colpi di 7,65.
Rimangono a terra in tre,
fulminati come birilli. Ed è a
questo punto che sangue chiama
sangue. Le fila dei napoletani
si gonfiano di una ventina di
incappucciati armati di spranghe
e manganelli azzurri. "Gastone",
che pure ha il fisico di un
orco, viene raggiunto nel vicolo
e sopraffatto. Prima lo
colpiscono ripetutamente alla
testa fracassandogli le ossa
craniche. Poi passano alle
gambe. La destra viene
praticamente maciullata, fin
quasi a produrre il distacco del
piede dalla tibia. I tre che
sono con lui, lo abbandonano
terrorizzati. Forse lo credono
morto. Forse capiscono che
restare significa fare la sua
fine. Racconta ora la signora
Franca, madre di De Santis, che
suo figlio, "prima della
partita" (quando non è dato
sapere), si fosse messo in mezzo
a una discussione tra ultras
della Roma e del Napoli. Che ne
fosse nata una lite e un
annuncio di vendetta. Che,
insomma, sabato pomeriggio, i
napoletani fossero andati a
cercarlo. Dunque, che per questo
fosse armato. Che la circostanza
sia vera o meno, sarà l'indagine
ad accertarlo. Certo, "Gastone"
ha aspettato e cercato il
confronto. E lo ha fatto in modo
sconsiderato, anche nella logica
belluina della curva. Anche a
voler dare credito alla voce
che, nei giorni precedenti la
partita, voleva romanisti e
laziali pronti al confronto con
i napoletani. Ma che, nel lavoro
di prevenzione della Digos non
aveva trovato riscontri. Perché
- così volevano le informazioni
soffiate agli sbirri - colpire i
napoletani sabato avrebbe
esposto i romanisti in trasferta
a Catania domenica a una
vendetta inimmaginabile (non è
un caso che in Sicilia, dopo i
fatti dell'Olimpico, non abbia
messo piede un solo tifoso
giallorosso). È un fatto che il
lavoro sul tentato triplice
omicidio di sabato è solo
all'inizio. Il procuratore
aggiunto Pierfilippo Laviani e
il sostituto Antonino Di Maio
cercheranno di dare risposta a
una serie di domande. Che hanno
certamente a che fare con
"Gastone", con la premeditazione
dell'agguato e le sue
complicità. Ma che hanno anche
molto a che vedere con quanto
accaduto nella mezz'ora che ha
preceduto la partita. I due
pubblici ministeri, da ieri,
valutano infatti anche la
posizione di Genny ‘a carogna. E
non tanto per il Daspo che lo
raggiungerà nelle prossime ore,
ma perché il reato di cui
potrebbe essere accusato
chiamerebbe in causa il ruolo di
chi ha gestito l'ordine
pubblico. Genny - come riferisce
una qualificata fonte inquirente
- potrebbe infatti essere
iscritto per violenza privata e
interruzione di pubblico
servizio. Due accuse sostenute
dalle immagini televisive andate
in diretta e che riaprirebbero
la questione intorno alla quale
si è stretta la discussione
sulla scelta fatta da prefetto e
questore di far disputare la
partita. La violenza privata
presuppone infatti un carnefice
(Genny) e una vittima (lo
Stato). Presuppone una
trattativa in cui il più debole
(lo Stato) china il capo davanti
al più forte (Genny).
6 maggio 2014
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Gazzetta.it
"Ci hanno aggrediti in
4, tutti armati. E De Santis ha
sparato"
di Luca Monaco
L'intervista al padre di
Gennaro Fioretti, 32enne ferito
assieme a Ciro Esposito da due
proiettili durante gli scontri
prima della finale di Coppa
Italia.
Gennaro Fioretti, 32
anni, da tre giorni giace in un
letto del reparto di
traumatologia al decimo piano
del policlinico Gemelli. È stato
investito da due proiettili
esplosi durante i presunti
scontri tra romanisti e
napoletani nel pre-partita della
finale di Coppa Italia. Il
giovane uomo, che rischia la
paralisi, è in stato di arresto.
Il padre, Vincenzo, un artigiano
di 65 anni, lunedì è riuscito a
incontrare il figlio (piantonato
dalla polizia giudiziaria, che
non fa più entrare nella camera
neppure i familiari) per pochi
minuti. E riferisce la versione
del tifoso napoletano sulla
dinamica della sparatoria.
Anzitutto, come sta Gennaro ?
"Non è in pericolo di vita -
dice il padre - ma certo rischia
di rimanere invalido. Il primo
proiettile gli ha bucato la mano
sinistra, frantumando i
legamenti del dito mignolo: non
lo riesce a muovere. L'altra
pallottola invece gli si è
conficcata nell'osso del braccio
destro e ancora non gliel'hanno
tolta".
E
cosa aspettano i medici ?
"Devono trasferirlo di reparto.
Ma serve il permesso del
magistrato che lo sta
interrogando, ma non sono
sicuro. Nessuno ci dice nulla.
So solo che è in stato di
arresto e nemmeno perché. Ieri
ho nominato apposta un avvocato,
ma ancora non sappiamo di cosa è
accusato Gennaro".
Suo figlio comunque è
vigile…
"Per fortuna sì. Parla,
vede la tv e mi ha detto che voi
giornalisti avete sparato un
sacco di sciocchezze sulla
dinamica degli scontri".
Cioè ?
"Cioè che non è vero che
i tifosi del Napoli hanno
attaccato briga per primi. I
romanisti sono sbucati
all'improvviso armati di
pistole, erano almeno quattro a
sparare. De Santis impugnava
l'arma con un paio di guanti di
pelle nera: mio figlio l'ha
visto, è sicuro che sia lui. Me
l'ha giurato lunedì quando i
poliziotti mi hanno fatto
entrare un attimo perché Gennaro
aveva bisogno di bere e gli
infermieri erano tutti
impegnati. Aveva i guanti De
Stefani: forse per questo ieri
l'esame dello stub, come si
chiama, ha dato esiti negativi".
Ma Gennaro è un ultrà ?
"Non lo so, no. Va allo
stadio sempre con lo stesso
gruppo di amici di Mugnano, la
frazione dove abitiamo, a 10
chilometri da Scampia. Da quello
che mi ha detto Immacolata, la
fidanzata di mio figlio (ha 25
anni, fa la parrucchiera a
Mugnano, ndr), era venuto a Roma
in macchina insieme ad Alfonso
Esposito, l'altro tifoso rimasto
ferito alla mano. Ma io non lo
conosco".
Dopo la sparatoria chi
ha soccorso suo figlio ?
"I suoi amici. Il
proiettile gli ha bucato la vena
del braccio. Un ragazzo ha
cercato di fermare l'emorragia
stringendogli la cintura dei
pantaloni attorno al bicipite.
Poi l'hanno caricato su una
volante della polizia, nemmeno
sull'ambulanza, e l'hanno
trasportato all'ospedale Santo
Spirito. Lì gli hanno fatto un
primo intervento: hanno curato
la ferita alla mano e gli hanno
sfilato una vena dalla gamba per
suturare quella del braccio,
spezzata dal proiettile".
Muove le gambe ?
"Disgraziatamente non le
sente più. Abbiamo il terrore
che resti paralizzato".
I
tifosi laziali stanno pagando
l'albergo alla famiglia
Esposito. A voi qualcuno vi ha
contattati ? "No. Ma va
bene così. Non vogliamo
disturbare, anche se abbiamo dei
problemi economici perché
dormire a Roma costa tanto e
Gennaro dovrà essere operato più
volte, rischia di rimanere in
ospedale sei o otto mesi" La
madre di Ciro Esposito è
riuscita a perdonare chi ha
sparato.
Lei
signor Fioretti ?
"Purtroppo no, è più forte di
me, non ce la faccio. Ho tanta
rabbia in corpo, io quell'uomo,
De Santis, non riesco proprio a
perdonarlo. A volte mia moglie,
in preda al nervosismo mi dice
che sarebbe dovuto morire, ma
poi ci ripensa e si pente".
7 maggio 2014
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Ilfattoquotidiano.it
Scontri di Coppa Italia
oggi parla il testimone che ha
visto sparare
di Federica Angeli
Verrà ascoltato oggi, in
incidente probatorio, il
testimone oculare degli scontri
che hanno preceduto la finale di
Coppa Italia Fiorentina Napoli.
I pubblici ministeri Antonino di
Maio ed Eugenio Albamonte di
fronte al giudice Giacome Ebner
ascolteranno il ragazzo della
tifoseria napoletana che ha
visto Daniele De Santis premere
il grilletto contro Ciro
Esposito, ancora ricoverato al
Gemelli. Il giovane che ha già
spiegato agli inquirenti quanto
ha visto in quel pomeriggio di
follia a mezzo chilometro dallo
stadio Olimpico, ribadirà la sua
versione. De Santis - di cui il
testimone ha fornito una
descrizione fisica che sembra
compatibile con le sembianze del
tifoso giallorosso - secondo il
supporter del Napoli, nella
concitazione del momento contro
una ventina di biancoazzurri, è
caduto in terra. Quando si è
rialzato ha tirato fuori una
pistola da sotto la maglietta e
ha aperto il fuoco, scaricando
tutti i proiettili che aveva.
Uno di questi si è conficcato
nella spina dorsale di Esposito.
Una testimonianza chiave che,
malgrado lo stub non abbia
ancora dato riscontri precisi,
inchioderebbe De Santis
(indagato per tentato omicidio)
alle sue responsabilità. Oggi
dunque il suo racconto si
trasformerà in una prova con un
peso specifico nel dibattimento.
6 giugno 2014
Fonte: La Repubblica
Ciro Esposito prima di
morire: "Aggredito da più
persone con i caschi"
Diffuso l'audio in cui
dal letto dell'ospedale il
tifoso aggredito prima di
Napoli-Fiorentina ricostruisce i
fatti del 3 maggio: "Mi hanno
sparato, aveva l'accento
laziale".
Milano - "Stavo andando
a vedere la partita, il
biglietto lo avevo comprato dove
abito io, a Napoli". "Mi hanno
sparato, avevano i caschi". Chi
parla è Ciro Esposito, il tifoso
del Napoli morto dopo 53 giorni
di agonia in seguito ai fatti
tragici del 3 maggio scorso,
quando fu colpito da un
proiettile a Tor di Quinto,
Roma, prima della finale di
Coppa Italia tra Napoli e
Fiorentina. Ciro, ancora lucido,
parla dal suo letto di ospedale,
al Policlinico Gemelli dove è
stato ricoverato dopo essere
stato ferito. Con lui c'è la
criminologa Angela Tibullo che
lo interroga su quanto accaduto.
L'audio, del Giornale Radio Rai,
è stato diffuso all'indomani
della chiusura delle indagini
sull'omicidio di Esposito, che
vedono Daniele De Santis,
l'ultrà romanista conosciuto
come "Gastone", indagato per
omicidio volontario. "Erano in
tanti" - Ecco la trascrizione
del dialogo tra Esposito e la
criminologa:
Angela Tibullo: "Perché
ti trovi qua ?"…
Ciro
Esposito: "Perché mi
hanno sparato"…
Angela Tibullo: "Quando?"
…
Ciro Esposito: "Quando
sono andato a vedere la
partita"…
Angela Tibullo: "Ma tu lo
avevi il biglietto per andare
allo stadio, dove l’avevi
comprato ?" …
Ciro
Esposito: "Dove abito
io"…
Angela Tibullo: "E tu
dove abiti?" …
Ciro
Esposito: "A Napoli"…
Angela Tibullo: "Senti
Ciro, ti ricordi fisicamente
questa persona vestita di nero,
un po’ ciccione ?" …
Ciro
Esposito: "Era più di una
persona"…
Angela Tibullo: "Ti
ricordi com’erano vestite ?" …
Ciro
Esposito: "Con i caschi"…
Angela Tibullo: "Ma tutti
o alcuni sì e alcuni no ? "…
Ciro
Esposito: (Pausa)…
Angela Tibullo: "Mi dici
sì per dire che c’era qualcuno
che non ce l’aveva ?"…
Ciro
Esposito: (Pausa)…
Angela Tibullo: "E poi
che ha fatto questo ti ha dato
due schiaffi ?"…
Ciro
Esposito: "Mi ha
sparato"…
Angela Tibullo: "Perché
ti ha sparato, Ciro ?"
Ciro
Esposito: … (Risponde, ma
le sue parole non sono chiare e
la criminologa ripete ad alta
voce quello che ha capito)…
Angela Tibullo: "Hai
incontrato questo che non stava
bene con la testa, ha preso la
pistola e ha sparato, ma questo
che ti ha sparato ha preso così
la pistola e ti ha sparato o
stavate urlando o è caduto ? Era
a terra, era alzato ?"…
Ciro
Esposito: "In piedi e a
terra"…
Angela Tibullo: "Quindi
sei partito, sei arrivato a
Roma, ti stavi incamminando per
andare a vedere ‘sto Napoli e
uno è arrivato e ti ha sparato…
Ed erano tanti, giusto ? E
avevano i caschi tranne uno, mi
hai detto ? Ma questo qua la
pistola da dove l’ha presa ? Da
qua ? Ok. Ma l’hai sentito
parlare ?"…
Ciro
Esposito: "Aveva
l’accento del Lazio"…
25 marzo 2015
Fonte: Gazzetta.it
(Testo © Fotografia)
Ciro Esposito prima di
morire: "Aggredito da più
persone"
di Dario Del Porto
Le parole del tifoso
napoletano dal reparto di
terapia intensiva del
Policlinico Gemelli di Roma dove
morì dopo due mesi di sofferenze
per l'aggressione dopo la finale
di Coppa Italia lo scorso anno
tra Napoli e Fiorentina. A un
perito consulente della famiglia
risponde con voce fioca:
"Avevano i caschi. Chi mi ha
sparato aveva un accento
romano".
NAPOLI - Ad aggredirlo
furono "più persone" e "avevano
i caschi", e uno di loro sparò
contro di lui ferendolo così
gravemente da portarlo poi alla
morte dopo due mesi di
sofferenze in ospedale. A
raccontarlo dal letto del
reparto di terapia intensiva del
Policlinico Gemelli dove era
ricoverato è stato lo stesso
Ciro Esposito, il tifoso del
Napoli colpito all'esterno
dell'Olimpico di Roma prima che
avesse della finale di Coppa
Italia lo scorso anno tra Napoli
e Fiorentina. La registrazione
della testimonianza è stata
diffusa all'indomani della
chiusura dell'inchiesta
sull'omicidio di Esposito.
Intubato, il fisico provato
dalla sofferenza, la voce fioca,
Esposito risponde alle domande
di un perito consulente della
famiglia. Perché ? ti trovi qua,
gli viene chiesto ? "Mi hanno
sparato", dice il ragazzo che
rispondendo ad altre domande
spiega: "stavo andando a vedere
la partita, il biglietto lo
avevo comprato dove abito io, a
Napoli". Poi ricorda che gli
aggressori erano più d'uno e
dice: "avevano i caschi". Perché
ti ha sparato ? gli chiede il
perito ? "Era fuori di testa",
dice ancora Esposito che
aggiunge "stava in piedi e poi a
terra e parlava con accento
romano". Ecco la trascrizione
completa del nastro audio
(omissis)
25 marzo 2015
Fonte: Repubblica.it
L’uccisione del tifoso
del Napoli a Tor di Quinto
Ciro Esposito, prima
degli scontri festino con sesso
e coca per De Santis
di Fulvio Fiano
Prima della finale di
Coppa Italia, il romanista con
due prostitute che sono state
ascoltate dalla Digos. Tifosi
napoletani in contatto con gli
ultrà.
Il pomeriggio in cui
Ciro Esposito fu ferito
mortalmente a Tor di Quinto
prima di Napoli-Fiorentina, il 3
maggio scorso, era cominciato
per Daniele De Santis, l’ex
ultrà romanista accusato del suo
omicidio, con un festino a base
di sesso e cocaina. Lo
raccontano alla Digos le due
prostitute che erano con lui
dalla sera prima. La
testimonianza più diretta è di
Ruxandra Andrei, 31enne romena:
"Verso le 15 Daniele ci disse
che doveva uscire. Era molto
strano, agitato. Ha prelevato da
un cassetto di biancheria un
oggetto che non sono riuscita a
vedere, presumo fosse un
coltello che usava per tagliare
droga, dicendomi che andava a
comprare cibo e sigarette, senza
specificarmi. "Tesoro stai
tranquilla che è tutto a posto,
torno subito", mi disse. Ero
preoccupata perché aveva
litigato per telefono con un
ragazzo al quale aveva detto che
"gliela avrebbe fatta pagare".
Inga Dumitru, 38enne moldava,
conferma il racconto dell’amica
e aggiunge: "Dopo tre ore
Daniele non era ancora
rientrato. Dalla finestra ho
visto un signore alto circa due
metri capelli corti grigi, circa
60 anni, che conoscevo di vista
e sapevo che era una persona
molto cattiva. Si è allontanato
con altre quattro o cinque
persone, sui 40/50 anni a bordo
di due macchine piccole".
Potrebbero essere gli co-autori
dell’assalto ai bus dei
napoletani che innescò il loro
contro inseguimento. I primi a
raggiungere De Santis è Ciro
Esposito con Gennaro Fioretti,
Alfonso Esposito, Adriano
Cammisa. I loro telefonini,
scrive la Digos, sono in
contatto con quelli di almeno
cinque ultrà del gruppo Area
Nord, sigla della Curva B del
San Paolo, tutti a vario titolo
con precedenti per droga,
detenzione d’armi e violenza da
stadio. C’è anche Gennaro
Puzone, uno dei testimoni
chiave, già sottoposto a Daspo.
"Danielino" si rompe un piede
cercando di chiudere un cancello
spinto dagli inseguitori, cade e
viene colpito. Da terra, secondo
la perizia del Ris, fa fuoco.
Ciro è sopra di lui, a 50
centimetri. Le comunicazioni
radio della polizia sono
concitate: "Un gruppo si è
staccato, si sono coperti e
stanno correndo tutti con dei
bastoni... Sono tornati,
probabilmente hanno picchiato
qualcuno", viene registrato alle
18,18. Passa un minuto, si
sentono i colpi di pistola:
"Presto un’ambulanza... Stanno
lanciando lacrimogeni... Possono
essere 30/40, sono del Napoli".
Sulla strada, all’esterno del
centro sportivo - sottolinea
l’avvocato Tommaso Politi -
viene trovato il coltello a
serramanico che ha ferito al
torace e alle gambe De Santis.
4 aprile 2015
Fonte: Roma.corriere.it
(Testo © Fotografia)
Morte Ciro Esposito,
"Quando ha sparato De Santis non
era a terra"
di Ivan Compasso e
Corrado Zunino
La testimonianza di
alcuni protagonisti dell'agguato
nel quale morì il tifoso del
Napoli prima della finale di
Coppa Italia con la Fiorentina.
I Mastiffs, gli ultras
del Napoli guidati da Gennaro De
Tommaso, per tutti Genny La
Carogna, erano intorno a Ciro
Esposito quando Daniele De
Santis - alle 18,19 di sabato 3
maggio 2014 - esplose quattro
colpi di pistola con la Beretta
7.65, colpì a morte Ciro e ferì
Alfonso Esposito e Gennaro
Fioretti. Solo separatamente
parlano i Mastiffs, testimoni di
quel pomeriggio. In branco mai.
E così quando li incontriamo -
separatamente - ai Quartieri
spagnoli, a Spaccanapoli, in
piazza Dante, raccontano: "De
Santis non era a terra quando ha
sparato. È caduto dopo aver
esploso i primi colpi, ha fatto
una torsione e si è spezzato la
gamba. U' chiattone
indietreggiava veloce, quasi
correva. Quando è inciampato non
ha smesso di sparare... Era una
furia. Si è fermato solo perché
gli si è inceppata la pistola...
Ci siamo avventati, lo abbiamo
picchiato, ma lui aveva già
colpito tre di noi,
deliberatamente. Uno era Ciro...
De Santis prendeva calci, colpi
di ogni tipo. Raccattavamo pezzi
di ferro per strada, glieli
sbattevamo addosso, in faccia...
Gridava che non sentiva nulla,
continuava a sfidarci". Si
aprono con "Repubblica" solo i
tre che hanno certezza
dell'anonimato. Non hanno mai
parlato con la Digos di Roma,
con il sostituto procuratore
Eugenio Albamonte. Il pm, nei
giorni scorsi, ha chiuso la
prima parte dell'inchiesta sulla
morte di Ciro Esposito rinviando
a giudizio Daniele De Santis per
omicidio volontario, tentato
omicidio, rissa, lesioni,
possesso abusivo di arma da
fuoco, lancio di materiale
pirotecnico. Alfonso Esposito e
Gennaro Fioretti, gli altri due
ultras del Napoli feriti,
dovranno rispondere di rissa
aggravata. Per quattro ultrà
della Roma, accusati di aver
fomentato
"Gastone" De Santis,
avvistati quel giorno con caschi
neri indosso, le indagini si
chiuderanno a fine maggio. Sono
indagati per concorso in
omicidio. I napoletani, ora a
casa loro, identificano lo
stesso scenario romano:
l'agguato in lontananza, la
corsa per raggiungere chi era in
difficoltà, gli spartitraffico
di cemento da scavalcare, i
botti delle bombe carta. I fumogeni, gli spari. "Non
abbiamo capito nulla. Conosciamo
gli scontri, le dinamiche dello
stadio, ma una cosa così non
l'avevamo mai vissuta". Il
difensore di De Santis,
l'avvocato Tommaso Politi, dice
che Daniele è stato colpito da
cinque, sei coltellate. Sulle
cosce, sui glutei. "Ha provato a
chiudere il cancello che dava su
viale di Tor di Quinto, ma gli
ultras del Napoli l'hanno
sfondato e sotto gli è rimasta
la gamba. Lì se l'è spezzata, e
ora rischia l'amputazione". Il fascista inaffidabile
- "Gastone" De Santis, che amava
farsi fotografare su uno sfondo
di croci celtiche, viene
raccontato da un tassista
assiduo della Curva Sud
romanista così: "Era un convinto
militante fascista, da sempre,
ma non era più affidabile.
L'avevano allontanato tutti".
Nel novembre 1994 aveva
partecipato a una spedizione di
estremisti della Roma e della
Lazio, a Brescia. Accoltellarono
nel piazzale dello stadio il
vicequestore Selmin, colpirono
con asce e coltelli quindici
agenti. Cinquanta fasci di
Opposta fazione, con "Gastone" -
in un primo tempo accusato di
aver accoltellato in prima
persona il vicequestore -
supportato dal fascistissimo
Maurizio Boccacci, da Giuseppe
"Pinuccio la rana" Meloni, dal
"Polpetta" Massimiliano
D'Alessandro. A Vicenza, nel
marzo 1998, De Santis sfasciò a
sprangate cinque auto
parcheggiate nell'area stampa.
Nello stesso anno andò a
processo per i ricatti
organizzati contro la Roma di
Sensi. Il 21 marzo 2004 è tra i
capi ultrà che convincono
Francesco Totti a fermare il
derby per "un bambino mai
morto": "Si era diffusa la voce
in curva". Al suo fianco c'era
Stefano Carriero, simpatizzante
del gruppo Tradizione e
distinzione, cameramen di
"Amici", compagno della
segretaria di Maria De Filippi.
Di recente, De Santis ha
occupato palazzi pubblici
abbandonati - sempre Roma Nord -
insieme a Giuliano Castellino,
agitatore di destra
filo-Priebke. Dopo il ferimento
di Ciro Esposito, la Curva Sud
della Roma si è astenuta dal
tifo nella successiva gara con
la Juventus e ha esposto
striscioni pro De Santis.
Quindi, ha sottoposto a un
processo i quattro che erano con
lo sparatore, ancora oggi
presenti in curva. I leader
romanisti hanno contestato ai
fiancheggiatori di Gastone "la
cazzata" del 3 maggio: lanciare
fumogeni e bombe carta contro i
pullman del Napoli. Soprattutto
hanno censurato l'abbandono di
"Danielone". Lo scorso
settembre, quindi, gli ultras
della Roma hanno reso pubblico
un comunicato che diceva
chiaramente: le azioni (comprese
quelle violente) le decidono i
capi. Il monopolio delle
aggressioni. Secondo fonti di
procura e di polizia uno dei
quattro amici di De Santis,
militante di Casapound, è stato
pesantemente richiamato dal
gruppo neofascista. La struttura
di Gianluca Iannone, tuttavia,
nega. E il recente striscione
contro la madre di Ciro - "lucri
sul funerale con libri e
interviste" - è sinistramente
identico al post di Emanuela
Fiorino, la "ducessa" di
Casapound Napoli, che su
Facebook ha scritto: "Un libro
per lucrare sulla morte di un
figlio. Indifendibile". Boreale e Casapound - Di
sfondo all'omicidio di Ciro
Esposito, ecco, ci sono la Roma
e la Napoli nere, di sezione e
di curva. Daniele De Santis per
anni ha abitato nel parco della
Boreale, un'area verde e abusiva
fuori dal controllo del Comune
di Roma, militarmente occupata
dalla destra sociale. Che vi ha
insediato squadre di calcio (la
Boreale, appunto), dancing hall
per serate techno e ha preso
possesso di case basse senza
alcun permesso. Qui
l'organizzazione anti-abortista
"Il Trifoglio" ha organizzato la
sua campagna elettorale, siamo
nell'aprile 2008, per Gianni
Alemanno sindaco. Della Boreale,
concepita da Alfredo Iorio,
fondatore di Gioventù europea,
"Danielone" faceva il custode.
La grande inchiesta "Mafia
capitale" ha fatto emergere come
questa zona - Tor di Quinto -
fosse sotto controllo criminale
di Massimo Carminati, già
esponente dei Nuclei armati
rivoluzionari. Il pm Albamonte
ha chiesto il fascicolo ai
colleghi per comprendere se ci
siano collegamenti con De Santis
e il suo ferro che s'inceppa. Di
certo, il figlio di Carminati,
Andrea, nell'area si esercitava
nel soft air, l'attività ludico
sportivo basata su tattiche
militari. Ora il Comune di Roma
si è accorto quale pericoloso
guazzabuglio neofascista era
diventata l'area della Boreale,
l'alcova di De Santis. E ha
deciso di spianare tutto. I
caterpillar stanno tirando giù,
innanzitutto, un museo del
cinema allestito nel tempo da
due testimoni chiave
dell'omicidio: Ivan La Rosa e la
sua compagna, la regista
Donatella Baglivo, gestori del
Ciak Village. Antonio De Santis
era, ed è, un violento. Si
sapeva. Amava le armi. Le carte
dell'inchiesta raccontano ora
che è un consumatore di cocaina.
In assenza di esami
tossicologici, ci sono le
testimonianze di due prostitute
rumene che avevano trascorso con
"ù chiattone" e tre suoi amici
due notti di sballo e di sesso.
Quel sabato sera - mentre
l'omone sparava e veniva
accoltellato - le ragazze
dell'Est gli hanno portato via
due cellulari e un paio di
occhiali: "Quel telefonino me
l'aveva consegnato l'amico di
Daniele, Vincenzo, subito dopo
gli spari. Era successo un
macello. Per la prestazione
Daniele mi aveva dato 400 euro.
Ne doveva altri seicento, mi
sono tenuto il suo Galaxy".
8 aprile 2015
Fonte: Repubblica.it
© Fotografie:
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