Alianza Lima, il Grande
Torino del Perù: una tragedia
incancellabile, come
quelle lacrime di mamma Helia
di Alberto Cerruti
A riposo forzato per
mancanza di partite, i nostri
giornalisti inviati di Centesimo
minuto in queste settimane
mettono a disposizione la loro
esperienza e i loro vissuti con
una serie di articoli legati a
situazioni di cui sono stati
"Testimoni oculari".
L’idea fu di Mario Sconcerti,
allora vicedirettore della
"Gazzetta". La notizia, come
solito, non gli bastava più. Da
grande giornalista qual è sempre
stato, voleva approfondire come
era potuta accadere un’altra
tragedia aerea, simile a quella
in cui era scomparso il Grande
Torino. E così, due mesi dopo
quell’8 dicembre 1987 in cui
l’Alianza Lima sparì nell’oceano
Pacifico poco prima
dell’atterraggio, eccomi su un
volo diretto in Perù, per
ricostruire la drammatica fine
della squadra più amata in Perù
per i suoi 18 "scudetti", reduce
dalla trasferta di campionato a
Pucallpa, dove aveva vinto 1-0
guadagnando il primo posto in
classifica. Sul Fokker F27
dell’Aeronautica militare
c’erano 43 passeggeri, 16 dei
quali giocatori dell’Alianza.
Tutti morti, tranne il pilota
Edgard Pineda che in una serata
di pioggia e vento, dopo il
primo tentativo di atterraggio,
aveva lanciato un ultimo
disperato messaggio: "Control,
no veo tierra, control no veo
tierra". Erano le 20.06 locali e
dopo quattro minuti l’aereo
sparì tra le acque spezzandosi
in due tronconi, a quattro
chilometri dalla spiaggia di
Ventanilla. Inutili i soccorsi
nel buio della notte, con una
scia di polemiche perché fin
dall’inizio rimasero troppi
interrogativi senza risposta.
Nessuno spiegò, infatti, perché
alle cinque del mattino
successivo uno dei tre
elicotteri usati per il
soccorso, insieme con tre navi e
sette motoscafi, individuò in
mare un unico superstite: il
pilota che stava nuotando con il
giubbotto salvagente allacciato.
Proprio il fatto che si fosse
salvato soltanto lui fece
nascere il sospetto che avesse
grosse responsabilità. Ma il
mistero più grosso riguardò la
sua successiva sparizione,
perché nessuno l’aveva più
visto, mentre qualcuno
assicurava che fosse ricoverato
in un ospedale psichiatrico
negli Stati Uniti. Due mesi dopo
quella tragedia, il Perù era
ancora scosso e proprio per
questo si moltiplicò la mia
voglia di scoprire altri
particolari. Così, leggendo che
tra i giocatori scomparsi c’era
un nome che sembrava italiano,
quello di Alfredo Tomasini,
centravanti e capocannoniere
della squadra, riuscii a
mettermi in contatto con la
famiglia. Forse perché venivo
dall’Italia, la mamma mi invitò
a casa sua, nel quartiere
residenziale di Lima,
Miraflores. Il padre chirurgo,
ancora distrutto dal dolore, non
parlò mai, mentre la signora
Helia Tomasini per la prima
volta accettò di rompere il
silenzio con un giornalista.
Capelli raccolti dietro la nuca,
occhi scuri e sguardo
sofferente, non aspettò nemmeno
le nostre domande. Ci fece
sedere in salotto e poi
incominciò il suo sfogo, tra
pause e singhiozzi. "Guardi
questa foto - ci disse subito
aprendo l’album di famiglia -
guardi che faccia da italiano ha
Alfredito. Il papà di mio marito
era di Firenze, mio papà invece
era di Morano in provincia di
Cosenza. Alfredito dice sempre
che il suo sogno è giocare in
Italia, perché il suo idolo è
Paolo Rossi". La signora si
alzava e si sedeva nervosamente,
parlando sempre al presente e
mai al passato, mimando con le
mani i gesti del figlio, prima
di dire quello che soltanto una
mamma disperata poteva dire,
facendo commuovere anche me. "Io
lo so che Alfredito non è morto.
Lui è giovane, ha soltanto 23
anni, sa nuotare benissimo e già
un’altra volta ci fece
spaventare quando si era
allontanato in mare e non lo
avevamo più visto, ma poi tornò
a riva. E anche adesso sono
convinta che lui è vivo, lo dice
il cuore di sua mamma.
Sicuramente si è salvato, ma lo
hanno fatto sparire perché era
un testimone scomodo. L’ha detto
anche il pilota che lo aveva
visto nuotare vicino a lui. E
poi Alfredito aveva in tasca la
preghiera della Vergine
Santissima, che lo aveva già
salvato da tutti i pericoli.
Ecco perché sono sicura che è
ancora vivo e finché sarò viva,
un anno, cinque o mille, vivrò
con la speranza di ritrovarlo".
A quel punto la mia mano si
bloccò definitivamente, perché
non riuscivo più a prendere
appunti. E anche adesso, dopo 32
anni, mi viene la pelle d’oca
ripensando a quel giorno. Chissà
se c’è ancora, ma dovunque sia
non scorderò mai il volto e il
dolore di quella mamma, che non
si voleva arrendere alla realtà
e fece commuovere anche me.
2 aprile 2020
Fonte: Calciomercato.com
L’alianza perduta
di Simone Galeotti
Quel pomeriggio, come sempre, la
città di Lima si mostrava
spaccata in due. A destra
dell’Avenida Tupac Amaru
gorgogliava l’urbanizzazione e i
rumori caotici del traffico,
dall’altra parte s’impennavano
le brulle colline sabbiose che
avevano subìto nel tempo
innumerevoli invasioni di
popolani in cerca di una casa.
Anche il suo perenne cielo
grigio che minacciava
costantemente tempesta, senza
per altro farlo quasi mai, era
lì imperturbabile, immobile e
infinito. Colpa dei venti
dicono, degli alisei che si
infrangono contro la Cordigliera
creando un’ombra, una barriera
pluviometrica tesa a impedire, o
limitare, le precipitazioni.
Strana Lima, con il quartiere di
Barranco, balneare e borghese,
un po’ bohèmien, frequentato da
scrittori, attori e poeti, dove
si bevono cocktail a base di
Pisco e alla "Puente" fanno
mostre di arte contemporanea.
Strana Lima, con Miraflores,
incastonata lassù in alto, sopra
scogliere frastagliate, da cui,
stando attenti, ci si può
affacciare a sbirciare le onde
del Pacifico impegnate a
infrangersi su spiagge
lunghissime. Quel pomeriggio un
calendario sgualcito appeso sul
tettino di legno di un banco del
mercato ricolmo di verdissima
Chirimoya recitava 7 dicembre
1987. C’era nell’aria, appena
percettibile, una sottile
vibrazione radiofonica che
perdeva consistenza
allontanandosi dalle uscite dei
locali e la riacquistava
nuovamente nei pressi di altri
tavolini animati dal suono della
Quena e del Charango. C’erano
strisce di carta colorata di
biancoblu e lo scudetto
dell’Alianza Lima impresso sulle
maglie di bambini dagli occhi
accesi da una vitalità inquieta
e rara. Intorno al Mapute, il
vecchio stadio della quadra, si
respirava attesa e sulle
panchine intorno all’impianto
qualcuno leggeva "El Bocon" che
in prima pagina mostrava un
esultante Carlos "Pacho"
Bustamante fotografato subito
dopo la rete che giusto qualche
ora addietro aveva permesso
all’Alianza di vincere in
trasferta a Pucallpa
conquistando così la testa della
classifica del campionato. La
squadra sarebbe tornata a breve
con un volo messo a disposizione
dalla marina peruviana e la
gente aveva voglia di
festeggiare i propri beniamini.
Eppure ad un certo punto il
"bombo" cessò di suonare, tutti
i mezzi si accostarono ai lati
delle strade e in molti si
spintonavano per entrare in un
bar ad ascoltare insieme (come
se solo l’unione di vista e
udito avesse la capacità di
evitare l’abbaglio
dell’impossibile) una notizia
arrivata a dosi frammentarie ma
che adesso appariva davvero
maledetta e rigida, una sorta di
peccato originale da subire
senza alcuna possibilità di
espiazione. L’aereo, secondo i
giornalisti, era caduto a pochi
km dall’aeroporto, caduto in
mare, nel mare scuro di
Ventanilla e nessuno aveva
sentore di superstiti, sembrava
che l’oceano avesse inghiottito
tutto, elargendo ai flutti la
storia e ai pesci gli uomini
dell’Alianza Lima, un club nato
nel 1901 per volontà di un
gruppo di giovani lavoratori di
una scuderia di cavalli chiamata
con quel nome, sinonimo di forte
legame, e ribattezzati "Los
Potrillos", i puledri, per
tutti, in ogni caso "El Equipo
del Pueblo". Nessuno, accertata
la tragedia seppe darsi pace.
Nell’immediato, centinaia di
uomini donne e ragazzi si
precipitarono al porto, sulle
rive, i pescatori misero a
disposizione delle autorità di
recupero le loro barche ma non
fu permesso a nessuno di uscire
al largo; i bambini guardavano
l’orizzonte con le loro
bandierine colorate su cui era
scritto quello che a tutti
adesso appariva un inutile e
drammatico richiamo di speranza:
Arriba Alianza. L’inesperienza
dei piloti apparve subito la
chiave di lettura del dramma.
L’apparecchio era comandato dal
tenente Edilberto Villar e dal
suo vice César Morales.
I due avevano scarsa esperienza
di volo notturno come testimoniò
un rapporto stilato poco dopo
l’incidente. L’aereo decollò da
Pucallpa alle 18:30 in
condizioni di scarsa
manutenzione registrando
svariati malfunzionamenti nella
strumentazione di bordo. Intorno
alle 20:00 l’equipaggio contattò
la torre di controllo
dell’Aeroporto Internazionale
Jorge Chávez di Lima per
chiedere l’autorizzazione ad
atterrare; nonostante dei
problemi con il sistema
d’illuminazione della pista, il
permesso fu accordato ma un
guasto a bordo del Fokker, mal
interpretato dai piloti, fu
fatale. Durante una manovra per
tentare di tornare in linea con
la pista, una delle ali
dell’aereo colpì il mare e
l’apparecchio si inabissò al
largo di Callao. Persero la vita
43 persone, 16 calciatori, 5
membri dello staff tecnico, 4
dirigenti, 8 baristi, 3 arbitri
e 7 membri dell’equipaggio.
Quella promettente Alianza,
allenata dal mitico allenatore
Marcos Calderón, destinata a un
futuro di successi scomparve sui
fondali: Caíco" Gonzales Ganoza,
César Sussoni, Tomás "Pechito"
Farfán, Daniel Watson, Braulio
Tejada, José Mendoza, Gino Peña,
César Chamochumbi, Carlos
Bustamante, Milton Cavero, Luis
Escobar, Ignacio Garretón, José
Casanova, Alfredo Tomassini,
William León e Aldo Sussoni. Ci
furono tante, forse troppe
illazioni sull’accaduto,
addirittura sbucò il fantasma di
Alfredo Tomassini. La voce
"Tomassini è vivo !" si può
sentire, urlata da qualcuno,
ancora oggi per le strade di
Lima. Secondo la storia
ufficiale Tomassini morì nello
schianto eppure nacque una
vicenda, ancora avvolta nel
mistero, sulla quale non è mai
stata fatta del tutto chiarezza.
Chi era Alfredo Tomassini ?
Tomassini nacque il 29 giugno
1964 e cominciò subito da
piccolo la sua formazione
professionale nell’Alianza Lima.
La sua situazione era totalmente
diversa rispetto a quella della
maggior parte dei suoi compagni,
dal momento che loro venivano
quasi tutti da quartieri molto
umili, dove avevano avuto
problemi di alimentazione in
infanzia ed erano di pelle
scura. Tomassini invece era
bianco, arrivava da una famiglia
molto benestante che gli aveva
garantito scuole private e
un’ottima educazione. Sul campo
era un giocatore duro a tratti
brusco, ma con due buoni piedi e
capace di ripartire con tecnica
raffinata. Il giornale "La
Crónica" pubblicò un drammatico
dialogo di Tomassini (esperto
nuotatore) con il pilota
dell’aereo, dove si diceva che
"Tomassini lottò con molto
coraggio per rimanere a galla,
mantenendo un dialogo col
comandante Edilberto Villar
(l’unico a salvarsi a bordo).
Villar avrebbe incoraggiato la
conversazione per far in modo
che il giocatore non perdesse
conoscenza a causa della
stanchezza, ma alla fine stando
a quanto riporta il pilota,
"Tomassini non riuscì più a
resistere e si perse nel mare di
Ventanilla". Tuttavia non pochi
ipotizzano ancor’oggi che
Alfredo sia vivo e che sia stato
obbligato a uscire dal paese per
un presunto collegamento fra la
marina peruviana e un certo
carico di droga presente
maldestramente presente su quel
velivolo. Ecco perché alcuni
ritengono che Alfredo si sia
salvato in qualche maniera, e
poi fatto partire in gran fretta
forse per la Spagna sotto
copertura e con un altro nome.
La verità è che a trent’anni
esatti dall’accaduto non si è
saputo più niente di nessuno; la
verità è che non torneranno più
e a cullare i sogni dei tifosi
restano solo le strofe della
canzone di Alfredo Polo Campos,
"De la victoria a la gloria",
dedicata all’Alianza Lima, un
testo diventato in breve inno e
memoria: "Fronte al mar de
Ventanilla se derubò
un’Esperanza. En i mar de Grua
decana il silos de La Victoria,
pero melos deste la gloria
ritarane: ¡Arriba Alianza !".
19 dicembre 2017
Fonte:
Storiemaledette.com
Alfredo Tomassini e la
caduta dell’aereo dell’Alianza
Lima
di Francesca Cherchi
La storia ufficiale a questo
punto dice che, alcuni
chilometri prima di atterrare
all’Aeroporto Internazionale
Jorge Chávez di Lima, l’aereo
cadde in mare all’altezza della
località chiamata Chalaca de
Ventanilla. Nell’incidente
persero la vita 43 persone, tra
loro 16 calciatori, 5 dello
staff tecnico, 4 dirigenti, 8
baristi, 3 arbitri e 7 membri
dell’equipaggio. Il pilota si
salvò. "So quello che dico,
Tomassini è vivo !" è ciò che si
può sentir dire ancora oggi per
le strade da parte di qualche
peruviano. Secondo la storia
ufficiale, invece, Tomassini
morì nella tragedia aerea di
Alianza Lima nel 1987; una
storia però, ancora avvolta nel
mistero, non sono infatti mai
state chiarite né le cause né le
conseguenze di tale incidente.
Chi era Alfredo
Tomassini ?
Tomassini era un giocatore
peruviano nato il 29 giugno
1964. Fin da piccolo cominciò la
sua formazione professionale
nell’Alianza Lima, arrivando a
giocare nella squadra più
importante e nei momenti
migliori. La sua situazione era
totalmente diversa rispetto a
quella della maggior parte dei
suoi compagni, dal momento che
loro venivano quasi tutti da
quartieri molto umili, dove
avevano avuto problemi di
alimentazione durante la loro
infanzia e di pelle scura.
Tomassini invece era bianco,
veniva da una famiglia ricca e
aveva avuto un’ottima
educazione. Il suo stile forte,
ma a tratti brusco, contrastava
con la tecnica raffinata, ma i
fisici deboli dei suoi compagni.
La tragedia dell’Alianza
Lima
Nel 1987 Alianza possedeva una
delle squadre più promettenti
della sua storia. Il 7 dicembre
di quell’anno, Alianza andò a
Pucallpa per la trasferta contro
il Deportivo di quella città,
con buone possibilità di vincere
l’intero campionato. Alianza si
impose per 1-0 e alcuni dei
tifosi che erano andati a
sostenerli iniziarono anche a
festeggiare timidamente. Per il
rientro a Lima, la squadra si
mise d’accordo con la Marina del
Perù affinché potessero
viaggiare in un volo charter, a
bordo di un aereo Fokker, il
giorno seguente. La storia
ufficiale a questo punto dice
che, alcuni chilometri prima di
atterrare all’Aeroporto
Internazionale Jorge Chávez di
Lima, l’aereo cadde in mare
all’altezza della località
chiamata Chalaca de Ventanilla.
Nell’incidente persero la vita
43 persone, tra loro 16
calciatori, 5 dello staff
tecnico, 4 dirigenti, 8 baristi,
3 arbitri e 7 membri
dell’equipaggio. Il pilota si
salvò.
L’aiuto del Colo-Colo
Nel mentre, Alianza Lima finì il
campionato con giocatori della
giovanile e alcuni giocatori
presi in prestito dalla squadra
cilena Colo-Colo, che si era
precedentemente trovata in una
situazione simile. Dopo
l’incidente venne ritrovato il
pallone con il quale si era
disputata l’ultima partita e
ancora oggi viene conservato
nella sede di Alianza. Già nel
2006 un’inchiesta giornalistica
riportò alla luce il rapporto
ufficiale redatto dalla Marina
del Perù, nel quale si segnalava
che l’aereo presentava problemi
tecnici e che il pilota aveva
poca esperienza nei voli
notturni. Oltre a tutto questo,
la cosa particolare è tutto ciò
che si è ricamato poi attorno a
questa vicenda e soprattutto le
fantasie nate attorno al mancato
ritrovamento dei corpi di Luis
Escobar, Francisco Bustamante,
Alfredo Tomassini, Gino Peña e
William León. Secondo una di
queste fantasie vi furono
terribili scontri tra la Marina
e i familiari dei giocatori
dispersi. Si dice che non gli
venne permesso di ispezionare il
luogo dell’incidente con delle
barche quando c’era la
possibilità che i dispersi
fossero ancora vivi, e che
addirittura gli venne impedito
con la forza.
Drammatico dialogo con
il pilota dell’aereo
Il giornale "La Crónica"
pubblicò "i membri della
delegazione di Alianza, in un
drammatico dialogo con il pilota
dell’aereo, dopo aver appreso
dell’incidente subito,
preferirono sacrificarsi per non
causare la morte di più persone,
cosa che sarebbe successa se
l’aereo si fosse schiantato a
terra e non in mare". Questo
trasformò i calciatori in dei
veri e propri eroi. Circolava
anche una storia che parlava
della possibilità che Tomassini
si fosse salvato, considerando
che si era solo rotto una gamba
nell’incidente e che era un
ottimo nuotatore con
certificazioni internazionali.
"La Crónica", un altro giornale
locale, affermò che "Tomassini
lottò con molto coraggio per
rimanere a galla, sempre
mantenendo un dialogo col
pilota. Il pilota avrebbe
incoraggiato la conversazione
per far in modo che il giocatore
non perdesse conoscenza a causa
della stanchezza, ma non
riuscendo più a resistere, si
perse per sempre nel mare di
Ventanilla". Ci furono anche
ipotesi su un possibile
collegamento tra la Marina e il
traffico di droga. Si dice che
il pilota avrebbe ucciso Alfredo
o che lo avrebbe obbligato ad
uscire dal paese in incognito.
Alcuni dicono perfino che sia
ancora vivo e che viva in Spagna
con un altro nome. La verità è
che non si seppe mai più niente
di Alfredo Tomassini, almeno
fino al 27 luglio 1991, quando a
Lima venne fondato un club con
il suo nome come piccolo
omaggio, non solo a lui, ma
anche a tutte le altre persone
che morirono nell’incidente.
8 dicembre 2017
Fonte: Messaggeroip.com
ALTRE FONTI :
Peru.com
Eltiempo.com
Peru30.wordpress.com
|
Thesefootballtimes.co
Americatv.com.pe
WIKIPEDIA
|
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|
Lima, un fokker militare
precipita nell’oceano
LIMA - Ancora una
sciagura aerea, un altro
disastro si aggiunge alla lunga
catena che sta funestando
l’ultimo scorcio del 1987, a
poche ore dal drammatico
atterraggio di un Hercules 130
precipitato su una pista in
Antartide (9 i feriti, 2 i
dispersi). Questa volta è
toccato ad un Fokker F27 della
marina militare peruviana
scomparso dai radar quando si
trovava circa sei miglia a
nordovest dall’aeroporto di
Lima. Sul velivolo si trovavano
27 calciatori dell’Alianza Lima,
(la squadra guida il campionato
peruviano), che rientravano in
sede dopo una trasferta
vittoriosa. Assieme a loro
c’erano altre 27 persone,
compreso l’equipaggio. Pochi i
superstiti. Le informazioni
restano comunque frammentarie e
le autorità peruviane stanno
cercando di mettere assieme i
frammenti di una sciagura che
per il momento appare
inspiegabile. Il Fokker, alle
2.15 ora italiana, stava
tornando da Pucallpa, 600
chilometri a nordovest dal
capoluogo peruviano. Aveva
imbarcato i calciatori
dell’Alianza, che avevano
giocato e vinto una partita del
campionato peruviano a Pucallpa.
Assieme ai giocatori è scomparso
anche l’allenatore dell’Alianza
Lima, Marcos Calderon, che fu
responsabile della Nazionale
peruviana ai campionati del
Mondo del 1978, in Argentina.
Nella sciagura la Nazionale
peruviana ha perso tre elementi:
il portiere Jose Gonzales
Ganosa, l’attaccante Luis
Escobar, il
centrocampista
Carlos Bustamante, che aveva
firmato la vittoria di Pucallpa.
Secondo le autorità di Lima il
Fokker avrebbe perso i contatti
con la torre di controllo a sei
miglia dallo scalo della
capitale del Paese. Il
comandante del velivolo, il
tenente Edgard Pineda, aveva
appena comunicato alla
torre di
controllo di avere un guasto ai
carrelli. Poi il silenzio e la
paura di una nuova sciagura. I
soccorsi sono scattati nella
notte: per alcune ore si è
andati alla cieca, senza alcun
riferimento certo. Le ipotesi
variavano da un probabile
inabissamento nelle acque
dell’Oceano Pacifico all'
eventualità che il velivolo si
fosse schiantato sulle montagne
che circondano l’aeroporto della
capitale peruviana. Alle prime
luci dell’alba è arrivata la
certezza: il Fokker era
precipitato in mare e i rottami
erano stati avvistati su una
spiaggia presso la località di
Ventanilla, 28 chilometri a nord
di Lima. Quasi
contemporaneamente il ministero
della marina peruviano nel
confermare il ritrovamento
dell’aereo comunicava che in
mare era stato avvistato un
superstite e cinque corpi senza
vita. Dal canto suo il capo
della torre di controllo
dell’aeroporto di Lima sosteneva
che lo stesso pilota del Fokker,
il tenente Pineda, sarebbe
sopravvissuto al disastro.
Ulteriori informazioni venivano
fornite dalla radio spagnola
secondo cui, oltre al pilota,
sarebbero stati avvistati in
mare altri superstiti. L'
emittente, citando un portavoce
dell’aeroporto di Lima, ha detto
che il Fokker in emergenza aveva
scaricato carburante al largo
della costa peruviana prima di
schiantarsi. Il disastro del
Fokker non è che l’ultimo di una
catena di sciagure che ha
provocato dal dopoguerra la
morte di decine di atleti e di
sportivi periti in incidenti
dell’aria. Il quattro maggio
1949 sulle colline di Superga
rimasero carbonizzati i
calciatori del Torino campione
d' Italia. Il venti marzo
dell’anno successivo ottanta
tifosi gallesi di rugby perirono
in un incidente aereo in
Inghilterra mentre erano in volo
verso l’Irlanda. L' elenco
comprende ancora 13 atleti
brasiliani morti a Fortaleza e
la squadra del Manchester United
decimata in un incidente
accaduto il 6 febbraio 1958. Poi
ci sono i disastri sulla
Cordigliera della Ande, dove nel
1965 e nel 1972 perivano
rispettivamente i componenti di
una squadra amatoriale cilena e
alcuni giocatori di rugby di
Montevideo, molti dei quali
riuscirono a sopravvivere nella
neve per 70 giorni. Il 13 agosto
1980 un Tupolev che trasportava
la squadra di calcio sovietica
di Tachkent si schiantò nei
pressi di Minsk, anche in
quell’occasione non vi furono
superstiti. Tredici membri di
una squadra americana di boxe
morirono invece assieme ai loro
accompagnatori il 14 marzo 1980
mentre un Illyouchine volava in
direzione di Varsavia. E infine
il 29 settembre 1985, quando
precipitò un Cessna che
trasportava i componenti di un
club di paracadutisti di Georgie
negli Stati Uniti: vi furono 17
morti.
10 dicembre 1987
Fonte: La Repubblica
La capolista del
Perù, di ritorno a Lima,
precipita in mare
Sciagura aerea,
squadra distrutta !
Un’altra grande sciagura
aerea ha colpito il mondo del
calcio. In un "Fokker 27" della
Marina peruviana, precipitato in
mare a pochi chilometri dalla
spiaggia vicino a Lima, hanno
perso la vita l’allenatore e
quindici giocatori dell’Alianza,
la squadra capolista nel
campionato peruviano. L’allarme
è stato lancialo alle 20.15 di
martedì (Le 2.15 di ieri in
Italia) quando la torre di
controllo dell'aeroporto "Jorge
Chavez" di Lima ha perso il
contatto radio con il Fokker
proveniente da Pucallpa, una
località nella regione
amazzonica oltre 400 km a Nord
della capitale, dove la squadra
dell’Alianza aveva battuto il
locale Deportivo per 1-0. Il
Fokker, comunicato di avere un
carrello in avaria, aveva
tentato senza successo per tre
volle l'atterraggio prima di
rinunciare e di riportarsi in
quota per consumare tutto il
carburante, ma improvvisamente
il contatto radio si è
interrotto. Le autorità
aeroportuali hanno dato inizio
immediatamente alle ricerche sia
sulle colline circostanti che
nel vicino Oceano Pacifico ma
soltanto 12 ore dopo sono stati
individuati i rottami in mare, a
3 km dalla spiaggia di
Ventanilla, un sobborgo della
capitale e a una decina
dall’aeroporto. Gli elicotteri e
i mezzi navali della Marina, che
hanno raggiunto il luogo della
sciagura in avverse condizioni
atmosferiche, hanno recuperato
un solo superstite (un membro
dell'equipaggio e cinque salme,
ma non vi sono speranze di
trovare altri passeggeri "vivi".
Sull’aereo, oltre a sei membri
dell'equipaggio, c’erano tecnici
e atleti dell’Alianza, la terna
arbitrale che aveva diretto
l’incontro e alcuni tifosi
secondo alcune fonti 28 persone
in tutto. La sciagura ha
suscitato grande impressione in
tutto il Paese e nell'America
Latina, per la notorietà della
squadra, fondata nel 1901 e
giunta più di una volta alla
finale della Coppa America, e di
alcuni dei suoi giocatori. Una
squadra molte popolare anche per
una ben precisa componente
razziale, la maggior parte degli
atleti dell’Alianza è stata
infatti sempre composta da neri
o meticci, e questo aveva acuito
la rivalità con l'altro popolare
Club di Lima, l’Universitario de
Deportes, i cui giocatori
vengono chiamati
"biancheggianti". Il tecnico
dell’Alianza, Marcos Calderon,
aveva guidato in periodi diversi
la nazionale peruviana, della
quale facevano parte anche tre
elementi del club: l’anziano
portiere Jose Gonzalez Ganosa,
l’attaccante Luis Escobar e il
centrocampista Carlos
Bustamante, che aveva segnato il
gol del successo nella partila
di Pucallpa, una vittoria che
aveva permesso all’Alianza di
restare al vertice della
classifica con 27 punti, con una
lunghezza di margine sulla Union
Huaral. Gli altri giocatori
scomparsi nella sciagura sono
César Sussoni, Daniel Reyes,
Gino Peña, José Casanova, Milton
Cavero, Aldo Chamochunbi,
Alfredo Tomassini, José Mendoza,
William León, Ignacio Garretón,
Braulio Tejada e Johnny Watson,
molti giovani, alcuni dei quali
avrebbero probabilmente esordito
presto in nazionale. La tragedia
ha riportato alla mente altre
gravissime sciagure aeree che
hanno colpito il mondo del
calcio, soprattutto quelle del
Torino a Superga e del
Manchester United a Monaco.
Nell’impatto dell'aereo che
riportava lo squadrone granata a
Torino da Lisbona, il 4 maggio
dei 1949, contro il muraglione
della Basilica di Superga
persero la vita tutti i
giocatori, dirigenti, tecnici e
giornalisti. Nove anni dopo, il
6 febbraio 1958, a Monaco di
Baviera, un bimotore si schiantò
contro una casa subito dopo il
decollo, a causa della neve e
dell'imperfetto funzionamento
dei motori. A bordo vi era la
squadra Inglese del Manchester
United, reduce da un incontro di
Coppa a Belgrado: otto atleti
tra le vittime (tra i quali il
centravanti della nazionale
Taylor), mentre tra coloro che
si salvarono miracolosamente vi
furono Bobby Charlton,
Blanchflower e il manager Busby,
che dedico poi tutte le sue
energie alla ricostruzione della
squadra. Ma occorre anche
ricordare l'incidente al decollo
da Kastrup che il 16 luglio '60
costò la vita a otto nazionali
danesi, quello in cui morì sulle
Ande una squadra di dilettanti
cilena il 6 febbraio 65, quello
in cui perirono i boliviani del
The Strongest il 26 settembre
'69 e la scomparsa della squadra
russa del Tachkent, in un
Tupolev caduto il 13 agosto '80.
Fino alla sciagura, sabato
scorso, che è costata la vita al
presidente della Fiorentina,
Piercesare Baretti. c.p.
10 dicembre 1987
Fonte: La Stampa
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Fronte al mar de Ventanilla se
derubò un’Esperanza
En i mar de Grua
decana il silos de La Victoria,
pero
melos deste la gloria ritarane:
¡Arriba Alianza !
Las
víctimas
Vice
Pilota: Ten. César
Morales
Equipaggio: 6 Membri
della Crew
Calciatori: Carlos
Bustamante (22)
-
José Casanova (23)
-
Milton Cavero (20)
-
Aldo Chamochumbi (19)
-
Luis Antonio Escobar (18)
-
Tomás Lorenzo Farfán (26)
-
Ignacio
Garretón (19)
-
José González Ganoza (33)
- WWilliam León (22)
-
José Mendoza (26)
-
Gino Peña (23)
-
Daniel Reyes (23)
- César Sussoni (23)
-
Braulio Tejada (18)
-
Alfredo Tomassini (22)
-
Johnny Watson (25)
Staff Tecnico: Marcos
Calderón (Allenatore)
-
Rolando Gálvez (Preparatore
Atletico)
-
Washington Gómez (Dirigente)
- Santiago Miranda Mayorga (Team
Manager)
-
Orestes Suárez Galdós (Medico)
-
Rodolfo Lazo Alfaro
(Fisioterapista)
-
Andrés Eche Chunga
(Magazziniere)
3
Arbitri della Partita
10
Altri Passeggeri
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