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Tifoso Juventus Football Club
(Nel Settore Z allo
Stadio Heysel il 29.05.1985)
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Tragedia Heysel,
Massimo Tadolini:
"Fu una notte
orribile, la Juventus non ha fatto nulla…"
di Giuseppe Martorana
A 36 anni dalla
tragedia dell’Heysel Massimo Tadolini, uno dei tifosi
superstiti della Juventus ha raccontato in esclusiva ai
nostri microfoni i tragici avvenimenti di quella
"maledetta" finale di Champions League contro il
Liverpool.
In occasione del 36° anniversario della tragedia
dell’Heysel (29 maggio 1985), dove nella finale di
Champions League tra Juventus e Liverpool, nel medesimo
stadio, morirono ben 39 tifosi juventini oltre a 600
feriti, abbiamo intercettato in esclusiva ai nostri
microfoni Massimo Tadolini, uno dei supporters che si
trovavano lì in quella che passò alla storia come una
delle notti più tristi e dolorose per il mondo del
calcio.
Massimo, che ricordi
hai della tragedia dell’Heysel ?
"Posso raccontare ovviamente
la mia esperienza. Lo scenario all’inizio era di festa,
la Juventus la mia squadra del cuore si giocava la
famosa Coppa dalle Grandi Orecchie, una coppa stregata
per la Vecchia Signora. Tutti i tifosi juventini
sognavano e sognano ancora tutt’ora di vincerla.
Partimmo da Bassano del Grappa in stile alpini con il
camper ed il mio gruppo arrivò il giorno prima della
partita a Bruxelles, avevamo avuto i biglietti dalla
Juventus. Altri gruppi di Bassano, invece avevano preso
i biglietti dall’agenzia di viaggi che proponeva
pacchetti stadio-albergo. Biglietti dello stadio che poi
risultarono nel settore Z, il luogo del misfatto. Dopo
la prima serata dove si andò insieme al ristorante, la
mattina ci si ritrovò per un saluto, poi andammo allo
stadio. Entrai dentro il settore Juve e già lì fu una
cosa indescrivibile: pensa ad un imbuto, dove il
beccuccio va dentro la porta dove c’era l’ingresso dello
stadio ed il grosso di quell’imbuto è la folla con tutti
tifosi della Juventus, fai conto 10.000 persone che
dovevano entrare da una porta. Come se non bastasse, ai
lati della folla c’era la polizia a cavallo che iniziò a
menarci con i manganelli per gestire la folla. Ho visto
tanta gente svenire, tanti bambini che piangevano, una
cosa davvero orribile. Poi, arrivato alla porta non
venivi nemmeno perquisito".
Fammi capire, i
controlli c’erano prima e non dopo ?
"Si, ti facevano impazzire per
entrare nello stadio e poi dopo non ti perquisivano. Non
ha senso una gestione così. Io mi sono posizionato con
quelli che erano considerati gli ultras al centro del
tifo bianconero. Ad un certo punto alle 7 circa,
entrarono due squadre di calcio di bambini: una aveva la
maglia rossa, un’altra quella bianca. Gli scontri tra le
due tifoserie incominciarono durante quella partitella
tra bambini, che doveva essere una partita cuscinetto,
una partita che doveva rilassare gli spettatori in
attesa della finale. Ovviamente i tifosi del Liverpool,
quando i bambini con la maglia rossa facevano goal
esultavano, lanciavano cori, mentre noi tifavamo per i
bambini con la maglia bianca. Lo stadio era in
maggioranza della Juve e questi tifosi inglesi hanno
fatto in modo di travolgere i nostri connazionali,
rompendo la rete che separava le due tifoserie,
facendosi beffe della polizia che contava pochi uomini e
male organizzati. Non avevano nemmeno i walkie talkie,
quindi non si potevano nemmeno chiamare, pensa te. Non
avevano nemmeno i respiratori per rianimare le persone
che potevano stare male con questi problemi di
schiacciamento. Cose davvero incredibili".
Secondo te se le
condizioni dello stadio non erano adeguate, perché si
scelse di ospitare un evento così importante come la
finale di Champions in un impianto del genere ?
"Mi trovi impreparato su
quest’argomento. Ero un ragazzino di 22 anni, riuscire a
trovare un biglietto per una finale di Champions era
difficile, anche se io di Juve poi ne ho masticata
davvero tanta nella mia vita dato che è la mia più
grande passione. Io non posso risponderti su cose che
erano e che sono anche oggi più grandi di me. Si sono
dette tantissime cose su quest’argomento, quello che
posso dirti è che la polizia non era preparata a tutto
quello che poi è successo. Ti dico la verità, già il
giorno prima c’era stato un clima incredibile: gli
inglesi erano pieni di cassette di birre ed avevano già
aggredito i tifosi della Juve. Era un segnale da non
sottovalutare per nulla quello".
Quindi già avevano
dato un assaggio di cosa avrebbero fatto ?
"Si, quando noi arrivammo allo
stadio, avendo dei camper noleggiati, eravamo in
paranoia perché oltre al fatto che ti prendevi delle
botte da loro quasi sicuramente, ti potevano anche
distruggere il veicolo, quindi siamo andati a dormire in
centro perché avevamo paura di stare vicino a loro. Il
giorno dopo quando arrivammo in zona stadio, io del
gruppo degli ultras ero l’unico che parlava il francese
per cui chiesi alla polizia dove parcheggiare i camper e
loro mi dissero di metterci vicino ai tifosi inglesi.
Era come mandare una persona sanguinante di fronte ad
uno squalo, era una roba fuori di testa. Attraversai
tutta la zona degli inglesi e dissi tra di me "Qua ci
distruggono". Erano talmente fatti ed ubriachi, che
erano tutti mezzi nudi in questo enorme giardino dietro
la loro curva. Alla fine quindi me ne sono fregato di
quello che mi ha detto la polizia e me ne sono andato.
Il giorno prima era già sulla bocca di tutti. Gli
inglesi si erano già fatti conoscere dato che stavano
creando tantissimi disordini, era chiaro che sarebbe
successo qualcosa di brutto. Noi italiani venivamo
osservati a vista, cosa anche confermata dall’entrata
allo stadio, dove anche il segretario del nostro club
disse "Basta, io vado via". Ho visto gente svenuta che
veniva portata via dalla calca in quella circostanza".
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É vero che i giocatori
della Juve non sapevano nulla di quello che era accaduto
?
"No, i feriti entravano negli
spogliatoi ed il dottore delle società bianconera fu uno
dei primi a prestare i soccorsi, anche il fotografo fece
degli scatti memorabili che poi entrarono nella storia
delle foto più cruenti di quella vicenda. Sicuramente
non sapevano il numero dei morti, così come non lo
sapevamo nemmeno noi perché nel mentre c’era questa
partitella tra bambini come ti raccontavo, noi vedevamo
questi tifosi del Liverpool che si ammassavano tutti per
rompere le gradinate, abbiamo cominciato a gridare
"Police, Police, Police" per attirare l’attenzione. Ti
posso garantire che la polizia con i cani antisommossa
si schierò sotto la nostra curva perché noi cercavamo di
entrare in campo, cosa che poi avvenne. Tu vedevi quindi
da noi delle cariche pazzesche, di là invece nessuno.
Comunque la rete fu sfondata ed una parte dei tifosi
della Juventus entrarono in campo, tra cui anche io ed
un gruppo iniziò a correre sulla pista di atletica verso
il settore opposto. Questi tifosi juventini arrivarono
sotto la curva degli inglesi che loro avevano già
sfondato e videro gente morta e che questi hooligans si
erano allargati anche nel famigerato settore Z che
secondo loro era diventato un territorio di conquista.
Là sotto sono arrivate forse 200 persone ed ho visto
proprio gli inglesi che erano entrati nella curva Z che
sono rientrati subito nel loro settore. Se ci fossero
stati i poliziotti con i caschi ed i manganelli, questi
col cavolo che continuavano a sfondare ed accanirsi
sugli italiani, ma non c’era nessuno. Quando questi sono
rientrati la polizia a cavallo con i manganelli ha
menato gli italiani, mentre gli inglesi non hanno subito
nulla. A quel punto si era creata la caccia all’italiano
ed uno di questi prese il megafono ed iniziò a dire che
c’erano dei morti e che non si doveva giocare, chiedendo
anche alla curva di togliere gli striscioni. Ho anche
sentito degli italiani dire "A me non interessa, io ho
pagato il biglietto e voglio vedere la partita". La cosa
che non mi piacque per nulla comunque fu un’altra.
Quella che lessi nei giornali i giorni dopo, cioè il
fatto che alcuni tifosi della Juventus in Italia
festeggiarono quella coppa, anche se sapevano quello che
era successo. Questo ti dà il senso di come è la gente.
Noi tifosi juventini che eravamo lì, quella coppa non la
sentiamo nostra, l’avremmo restituita persino alla Uefa
e tu sai quanto ci teniamo a vincerla ?".
La Juventus ha fatto
qualcosa per le vittime dell’Heysel ?
"Sono amico di tanti figli di
persone decedute in quell’occasione, ci sentiamo spesso
e posso dire che la Juventus per loro non ha fatto
nulla. Non so, dico io, non fare la colletta, ma dare
l’incasso di qualche partita in beneficenza si poteva
fare. Ti voglio svelare un aneddoto. Tra i tanti morti,
mi colpì una ragazzina di 17 anni che era stata promossa
a scuola e suo padre gli aveva fatto questo regalo, dato
che era tifosissima della Juventus, purtroppo lei morì
in quella tragedia. Un giorno mi chiama un ragazzo che
faceva parte del nostro club e che era molto vicino alla
famiglia di questa bambina morta e mi disse che in un
giornale era uscito un articolo sui fratelli di questa
che erano anche loro juventini e volevano andare a
Berlino sperando di vincere la Coppa per dedicarla alla
sorella defunta 30 anni prima. Questa cosa mi colpì
talmente tanto che io, che non sono niente, regalai loro
due biglietti per vedere quella partita. Roba da 500
euro l’uno ! Dico io, una cosa del genere dovrebbe farla
la Juventus, è la Juventus che deve mettere in lista i
familiari delle vittime, non deve farla Massimo questa
roba qui. Io l’ho fatto col cuore e lo rifarei 1.000
volte, però la Juve ha sbagliato secondo me. La gestione
del rapporto con i tifosi è fondamentale, essi vanno
trattati con amore. La Juve non è un prodotto, la Juve è
passione, se la società dicesse facciamo la colletta per
comprare quel giocatore noi la facciamo. Io in tanti
anni da tifoso ho trovato tante sbavature nella gestione
dei rapporti.
Puoi farci qualche
esempio ?
"Mah, ultimamente la questione
Superlega, anche la vicenda dell’allenatore dopo
l’esonero di Allegri. Magari non tutte le cose si sanno,
non sono lì con loro io. Se uno mi dovesse chiedere un
giudizio però ti direi che sono perplesso. Per carità,
hanno vinto 9 scudetti consecutivi, hanno vinto Coppe
Italia e Supercoppe Italiane però la gestione dei
rapporti non è dei migliori. Io penso che la Juve abbia
fatto molto poco per ricordare le vittime della tragedia
dell’Heysel. Pur di avere ragione con la Uefa una
persona, a causa della morte del proprio figlio, le ha
provate tutte: pagandosi gli avvocati, coinvolgendo i
familiari delle vittime. Queste erano cose che doveva
fare la Juventus dichiarandosi parte civile. Io la vedo
così e come me la vedono in tanti. Ormai comunque è una
storia passata, rimangono sicuramente tante cose che non
si riescono a spiegare".
Qual è la cosa che più
ti spinge a ricordare questa vicenda tragica ?
"Una delle cose che mi ha
spinto a mettermi in prima fila per portare avanti
questa memoria sono i cori fastidiosi che ci
perseguitano per anni, questi striscioni contro quelle
vittime, è una roba inconcepibile. La rivalità tra le
tifoserie ci può stare, però arrivare a questo punto è
davvero vigliacco e triste. Ti dico che ne ho sentite e
viste di tutti i colori e mi disgusta veramente questa
cosa anche a distanza di anni, è proprio da ignoranti.
Io non mi permetterei mai di fare una cosa del genere.
Una roba così può essere fatta solo da deficienti.
Questa è una cosa tragica, è una ferita ancora troppo
grave ed il fatto che le persone infanghino la memoria
di quelle morti mi fa diventare una bestia".
Fonte:
Footballnews24.it
© 31 maggio 2021
Fotografie:
Massimo Tadolini
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GETTY IMAGES
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Icone: Shutterstock.com
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Pngegg.com
© Gianni Valle
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La memoria di un
sopravvissuto all’Heysel: "Non si può morire in uno
stadio"
di Vincenzo Pastore
Il
29 maggio 1985 è la fine dell’innocenza sportiva.
Trentanove morti allo stadio Heysel di Bruxelles prima
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool. Una partita finita prim’ancora di iniziare.
Non erano solo juventini, non erano solo italiani.
C’erano anche belgi, francesi, irlandesi tra le vittime.
Andrea Casula, il più piccolo, 11 anni. La memoria si fa
viva ogni anno, non solo a maggio. Perché solo
ricordando si possono onorare quelli che oggi non ci
sono più, solo non dimenticando si può fare in modo che
tragedie del genere non si ripetano. Lo sa bene Massimo
Tadolini, oggi 57enne di Bassano del Grappa, ma
originario di Bologna. Quel 29 maggio aveva 23 anni ed
era, come oggi, un grande tifoso della Juventus. "In
quegli anni frequentavo la curva della Juventus,
provenivo da un club bianconero di Bologna. A Bruxelles
eravamo in 10, con biglietti della curva juventina
mentre c’era un altro gruppo di Bassano che aveva
acquistato pacchetto completo (viaggio + biglietto
partita) con un tour operator. Ricordo che nella
capitale belga non si respirava un bel clima già dalla
sera prima della finale. A Bruxelles, infatti, fummo
aggrediti dagli inglesi, la città era in stato
d’assedio, i tifosi del Liverpool erano ubriachi.
Bevevano fiumi di birra, lasciavano a terra cataste di
casse accumulate mentre loro facevano attorno capannello
di inglesi con bicchieri in mano. Erano molesti con gli
italiani e molto aggressivi anche nei confronti, ad
esempio, dei clienti dei ristoranti. Non ho mai visto
una cosa del genere. Eravamo arrivati in Belgio con
alcuni camper e decidemmo di andare a dormire fuori
città".
Il giorno dopo si
gioca la finale. Che cosa ricordi ?
"L’indomani, nel pomeriggio,
ci rechiamo verso lo stadio. Un gruppo si dirige verso
la curva Z, inizialmente riservato ai belgi ma poi
destinato ai biglietti comprati con i tour operator
italiani, l’altro prosegue verso il settore juventino.
Con me c’era anche Domenico Lazzarotto, storico
caporedattore del Gazzettino. Arrivati all’Heysel ci
accorgiamo subito di un trattamento indecoroso delle
forze dell’ordine, a cui addebito ciò che poi sarebbe
successo, oltre alla responsabilità dei tifosi inglesi.
Gli hooligans, infatti, entravano armati completamente
indisturbati, con bottiglie, sassi, spranghe. Mentre
noi, invece, dovevamo entrare in una porticina di 80 cm:
pensate solo a una curva intera che passa da uno spazio
così stretto. Si era creata una sorta di imbuto, una
cosa mai vista in tanti anni che frequento gli stadi".
Quando degenera la
situazione ?
"I primi scontri si verificano
all’interno dello stadio verso le 19. Mentre in campo si
svolge una partita tra ragazzini, cominciano le prime
schermaglie quando segnava la squadra con la maglia
rossa o quella con la maglia bianca. Gli hooligans
iniziano a sparare razzi e lanciare pietre contro la
curva Z. Noi ci troviamo dall’altra parte dello stadio,
ma capiamo subito che stava succedendo qualcosa di
grave. Gli inglesi sfondano le protezioni tra i due
settori e iniziano a pressare contro il muretto i tifosi
italiani. Alcuni ragazzi entrano in campo, arrivano
sotto la curva degli inglesi e anche da noi, ci
accorgiamo che ci sono le prime vittime".
Nella curva della Juve che atmosfera c’è ?
Volevate che si giocasse o no ?
"La curva era spaccata, alcuni
di noi non volevano giocare perché era impossibile
continuare dopo quella tragedia. Altri, invece,
spingevano per giocare perché avevano pagato un
biglietto e non volevano tornare a casa. A un certo
punto sono arrivati i giocatori per cercare di riportare
la calma, mentre Scirea faceva un appello
dall’altoparlante. Forse la risposta più giusta era
andar via dallo stadio, schifati da quello che avevamo
visto, dovendo tener vivo il ricordo di questa tragedia.
Ripensandoci oggi è stato giusto giocare perché
altrimenti le vittime sarebbero state ancora di più.
All’Heysel non c’erano ambulanze, i poliziotti erano
pochissimi, mancavano i defibrillatori e i telefoni. Uno
stadio inadeguato e un apparato organizzativo
imbarazzante. È stato terribile, qui il tifo non
c’entra. Sono morte persone inermi per una partita di
calcio".
I festeggiamenti dei
giocatori dopo la vittoria sono sembrati fuori luogo.
"Sì, è vero, ma credo che
bisogna vivere direttamente le situazioni. I giocatori
della Juve furono catapultati in una situazione
ingestibile, erano pressati dalle attenzioni mediatiche,
l’Uefa aveva imposto di giocare. È vero che si sapeva ci
fossero dei morti, ma non che la tragedia fosse di
quelle proporzioni. Gli stessi calciatori hanno poi
dichiarato negli anni che non avrebbero voluto giocare,
ma furono obbligati a farlo. Non festeggiarono solo
loro, ma anche i tifosi in tutta Italia e fu abbastanza
oltraggioso".
Tornato a Bassano hai
deciso di portare avanti la memoria di quel giorno.
"Sì, la città ha pagato un
prezzo altissimo quel giorno con le morti di Mario
Ronchi e Amedeo Giuseppe Spolaore. Abbiamo subito
fondato un gruppo, Nucleo 1985, che dalla stagione
85-1986 non ha mai perso una partita della Juve in tutto
il mondo. Il nostro striscione è sempre presente allo
Stadium. Poi, nel 2015, in occasione del 30mo
anniversario, abbiamo realizzato un docufilm e
organizzato un torneo di calcio per le squadre
giovanili. Vi hanno partecipato anche i pulcini della
Juve e sono state coinvolte le scuole bassanesi. Abbiamo
organizzato una mostra che ha esposto anche i trentanove
disegni più significativi sulla tragedia, ne sono
arrivati oltre 1200".
Sono trascorsi 34
anni, cosa ti resta di quel giorno ?
"Le immagini terribili e la
convinzione che la Juve avrebbe dovuto restituire quella
Coppa all’Uefa. C’è stata una sorta di tabù per anni
anche all’interno del club bianconero, per troppo tempo
si è fatta poca memoria. Va ringraziato Otello Lorentini
(fondatore dell’"Associazione familiari vittime Heysel",
padre di Roberto, una delle vittime, da medico tornò
indietro per salvare il piccolo Andrea Casula, morirono
entrambi) per la battaglia che ha fatto contro l’Uefa,
ottenendone la condanna".
Fonte:
Mondiali.it
© 30 maggio 2019
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