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Custode
Saladellamemoriaheysel.it
Webmaster
Associazionefamiliarivittimeheysel.it
(Autore del Museo Virtuale
Multimediale dal 2008)
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Memoria storica
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Il sito che ricorda il dramma
dell'85 allo stadio Heysel
"L’etica è la cura"
di Marco Ortelli
Un sito per non dimenticare. Si
chiama Sala della Memoria Heysel www.saladellamemoriaheysel.it ed è stato creato nel 2009
da Domenico Laudadio. Torinese (NDR: barese) tifoso
della Juventus, 58enne, ha ancora stampate nella mente
le immagini TV della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985: tifosi disposti
dagli organizzatori "sciaguratamente" nella stessa
curva, una carica degli hooligans inglesi, vie di fuga
inaccessibili: 39 morti e oltre 600 feriti.
"Quella sera ero davanti alla
televisione, a casa di amici. Un evento drammatico di
proporzioni così gigantesche da non poter essere
comprensibile nella sua profondità. Io stesso rimasi
come ipnotizzato da qualcosa che ho rimosso subito
d'istinto".
Dopo 24 anni da quella tragedia,
perché una Sala Virtuale Multimediale ?
"Per due ragioni. Il pentimento di
aver esultato anche solo un istante levando un pugno al
cielo, incrociando una macchina strombazzante con la
bandiera bianconera (non me lo sono mai perdonato). In
secondo luogo, davanti al fallimento di una petizione
popolare nel 2008 che proponeva alla Juventus Football
Club (presidenze Cobolli Gigli-Blanc) una sala museo
della Memoria nel nuovo stadio in costruzione a Torino".
E dopo 37 anni, come vede la
situazione italiana delle "curve" ?
"Ci dovrebbero essere canali aperti
di dialogo fra gruppi delle curve, società sportive e
Federazione. Due vizi capitali lo impediscono: quello
delle istituzioni del calcio che non hanno mai voluto
legittimare istituzionalmente il riconoscimento di
questi gruppi della tifoseria organizzata e quello degli
stessi ultras che rivendicano una propria ideologia
identitaria dello scontro fisico fra le fazioni
anteponendolo all'amore per la propria squadra".
Quali gli antidoti alla violenza ?
Per Domenico Laudadio occorre partire da lontano.
"La violenza è concepita nel
momento in cui i genitori iscrivono i bambini alle
scuole calcio e li incitano ad un tipo di sport
esasperatamente cinico e competitivo. Non si picchiano
fra loro soltanto gli ultras, ma anche i genitori nei
campetti di periferia. Il "virus" parte da molto
lontano. L'etica dell'educazione civico-sportiva è la
medicina che lo stroncherà...".
Fonte: Corriere del Ticino (La Domenica)
© 14 Novembre 2022
Fotografie: Saladellamemoriaheysel.it
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Icone: Shutterstock.com
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Pngegg.com
© Gianni Valle
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Heysel: rispetto e memoria
Nel giorno dell’anniversario della
tragedia dell’Heysel, abbiamo intervistato Domenico
Laudadio, tifoso juventino e creatore della "Sala della
Memoria Heysel" il museo virtuale e multimediale sulla
tragedia del 29 maggio 1985.
Domenico, in questi giorni si fa
più vivo il ricordo della tragedia. Vivo eppure sembra
poco nitido, avendo molti dimenticato - i più giovani
non lo hanno mai saputo - cosa sia realmente successo
all'Heysel e il perché. Come si dissipa la foschia che
col tempo si posa su un ricordo consapevole ?
"Questa foschia è pregna di una
componente predominante sulle altre: l’ignoranza, nel
senso etimologico del termine, quindi, la non conoscenza
dell’evento e delle sue implicazioni con la storia del
calcio e della società del tempo. Ad essa si è unita la
malafede di quanti hanno usato la cortina fumogena
dell’oblio per ottenebrare la verità e la memoria dei
fatti storici. Devo dire che è stato fatto niente nei
primi vent’anni, molto poco fino al 25°. L’avvento di
Andrea Agnelli alla presidenza della Juventus ha
rischiarato in più di una occasione con ampio merito
queste lugubri tenebre, ma in generale fa ancora paura
la luce… Quella pura dei martiri innocenti e di chi
ancora li piange, così sfolgorante che qualcuno potrebbe
restarne accecato… Non c’è memoria senza verità e senza
verità non c’è giustizia. La rotta è semplice, ma ci si
incaglia nel proprio tornaconto personale a vari
livelli. In questi giorni l’Heysel è sulla bocca di
tutti, ma qualcuno farebbe bene prima a sciacquarsela.
Per il trentennale sto leggendo un mucchio di belle
parole, qualche volta figlie di morali spicciole, poi
trascorsa la ricorrenza tornerà tutto nella soffitta del
dimenticatoio come fosse l’Albero di Natale".
È appurato che i maggiori
responsabili del dramma occorso a Bruxelles furono gli
organizzatori dell'evento e della pubblica sicurezza. Ci
furono altri responsabili, secondo te ?
"Beh, molti ignorano il fenomeno
incontrollato del bagarinaggio effettuato a scopo di
lucro da molti privati e dalle agenzie turistiche
italiane che hanno comprato e rivenduto i biglietti del
famigerato settore Z, destinati ad un pubblico neutrale,
ai tifosi della Juventus. Il dio denaro ha chiesto
sull’ara in sacrificio 39 vittime e circa 600 feriti.
Anche il vertice della politica nazionale belga ha
completamente ignorato i pericoli insiti nell’evento,
salvo poi schierare i carri armati intorno allo stadio
durante la partita di calcio. Nessuno di loro ha pagato
per questo"…
Si è parlato molto spesso
dell'opportunità di disputare quella partita e dei
festeggiamenti successivi. Cosa ne pensi ?
"Lo svolgimento della partita ha
evitato molto probabilmente una guerra senza quartiere
dentro e fuori lo stadio, ma certamente l’Uefa ha voluto
in questo modo offrire in mondovisione una parvenza di
regolarità alla sua manifestazione, pur non essendo
ancora direttamente responsabile della organizzazione di
nessun evento calcistico. Sarà quella storica sentenza
del tribunale di Bruxelles che "ha fatto
giurisprudenza", grazie alla caparbia volontà di Otello
Lorentini, Presidente dell’Associazione tra i familiari
delle vittime dell’Heysel", di citare l’Uefa in
giudizio, ad inaugurare una nuova era per il calcio
europeo. Quei festeggiamenti oggi a rivederli sembrano
puerili. A metà fra l’incoscienza e l’auto rimozione.
Alcuni giocatori hanno chiesto scusa. I caroselli delle
auto dei tifosi, invece, mi fanno ancora molto schifo".
"Lo svolgimento della partita ha evitato molto
probabilmente una guerra senza quartiere dentro e fuori
lo stadio, ma certamente l’Uefa ha voluto in questo modo
offrire in mondovisione una parvenza di regolarità alla
sua manifestazione, pur non essendo ancora direttamente
responsabile della organizzazione di nessun evento
calcistico. Sarà quella storica sentenza del tribunale
di Bruxelles che "ha fatto giurisprudenza", grazie alla
caparbia volontà di Otello Lorentini, Presidente
dell’Associazione tra i familiari delle vittime
dell’Heysel", di citare l’Uefa in giudizio, ad
inaugurare una nuova era per il calcio europeo. Quei
festeggiamenti oggi a rivederli sembrano puerili. A metà
fra l’incoscienza e l’auto rimozione. Alcuni giocatori
hanno chiesto scusa. I caroselli delle auto dei tifosi,
invece, mi fanno ancora molto schifo".
Il ricordo a volte si
è scontrato con la sovraesposizione delle immagini di
quella sera. A tuo avviso qual è il punto oltre il quale
non si deve andare ?
"Al di là dei media, a me danno
molto fastidio i privati che usano le foto più dure, in
particolare quelle con i cadaveri in primo piano e con
molta naturalezza. Il dolore umano non è uno zoo !
Facebook e altri social spettacolarizzano senza ritegno
e controllo quanto sarebbe straziante per chiunque dei
loro familiari o assolutamente non adatto per soggetti
facilmente impressionabili. Mio figlio ha dieci anni,
non ha mai visto quelle foto. C’è un tempo, un luogo e
una età per ogni cosa".
Qualche mese fa hai scritto che il
sangue versato per quella coppa non appartiene a nessuno
se non ai parenti di chi in Belgio ha perso i propri
cari. C'è o c'è stata un'appropriazione del dolore che
ti dà o ti ha dato particolarmente fastidio ?
"Quella frase infelice del
Presidente della Juventus nel 1985, Giampiero Boniperti,
che rivendicava quasi la proprietà delle vittime
dell’Heysel per difendere il valore sportivo di quella
coppa ha fatto male a molti familiari dei caduti. Alcune
delle vittime erano anche tifosi di altre squadre o
semplici turisti… Il rischio è comunque altrettanto
latente per chiunque si accosti all’argomento. Quando
l’Heysel si trasforma in una pedana su cui elevarsi in
una ribalta squallida al fine di celebrare prima di
tutto se stessi con il pretesto della memoria ci si
impadronisce di quel sangue… Io stesso ho sfiorato
talvolta gli scalini di quel palcoscenico, soprattutto
nel fervore dei primi anni d’impegno, ma sono riuscito
sempre a rimanere con i piedi per terra".
Credi che la Juve avrebbe dovuto
restituire la coppa, come qualcuno le chiese di fare ?
"Non l’avrei restituita, perché non
l’avrei proprio ritirata quella sera stessa. Fu
consegnata in una cassa di legno da un addetto Uefa
negli spogliatoi, poi prevalse l’aspetto ludico e fu
portata sotto la curva da Platini. Si potevano incidere
almeno i nomi delle vittime, listarla a lutto… Niente di
tutto questo. Marcarne la differenza in qualche modo,
perché non può essere un trofeo come tutti gli altri,
resterà sempre un problema per la società e la maggior
parte dei tifosi bianconeri. Fino a quando il rispetto e
la memoria non intaccano il valore di quella
competizione va tutto bene, in caso contrario meglio la
smemoratezza"…
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In questi giorni dopo mille
"problemi" va in scena il monologo sulla tragedia di cui
sei uno degli autori. Davvero parlare e rendere note le
colpe di UEFA e istituzioni, crea problemi ? Colpe che
tra l'altro appaiono storicamente intangibili.
"Questa rappresentazione è la
semplice lettura di un testo tratto, per gentile
concessione di Novantico editrice, da un libro di Beppe
Franzo sulla storia del tifo organizzato juventino negli
anni 80. L’autore sono soltanto io. Il monologo a cui
fai riferimento che avevo composto con l’attore teatrale
Omar Rottoli fu completamente "rivisitato" e stravolto
nella forma e nel contenuto da un gruppo di lavoro della
Juventus al quale non ho voluto partecipare. Pur essendo
di indiscutibile qualità artistica, il nuovo copione non
è stato accettato all’unanimità dall’Associazione dei
Familiari delle Vittime dell’Heysel. La distanza fra le
parti è proprio in quello che mi stai domandando: la
denuncia delle verità storiche e processuali. Sono
banalmente alla portata di tutti, ma evidentemente
creano pruriti ancora a qualcuno. Un vero peccato per
tutti, ma non credo vi siano ulteriori commenti da fare,
ognuno ha la sua coscienza. Evidentemente trent’anni non
sono bastati a condividere una sola Memoria. Vediamo
quanti ne passeranno ancora"…
Nei mesi scorsi per merito di
Andrea Lorentini, che in quella serata perse il padre
Roberto, è rinata l'Associazione del Familiari delle
vittime dell'Heysel. Il nonno di Andrea, Otello, ha
concretamente fatto tanto affinché non cadesse l'oblio
su quella tragedia. A volte (sempre) abbiamo
l'impressione che insieme alla Sala della Memoria siate
le uniche sentinelle del rispetto. Voi come vi sentite,
soli ?
"Fortunatamente ci sono anche altre
persone che onorano nell’anonimato o solennemente questa
memoria, vedi su tutti il generoso Comitato "Per non
dimenticare Heysel" di Reggio Emilia. Un grazie va
rivolto alla tifoseria organizzata che in trent’anni non
ha mai dimenticato questa tragedia. Qualche volta, però,
è più di una sensazione. Proprio in questi giorni ci è
capitato di rischiare di non avere un luogo fisico a
Torino dove celebrare la nostra commemorazione solenne
nonostante le promesse del Comune. Fortunatamente ci ha
pensato la Regione Piemonte… Evidentemente è nel dna di
questa Associazione, ma chi le sbarra la strada sappia
che abbiamo ereditato nello spirito il piglio indomabile
di Otello Lorentini"…
Cosa provi quando durante una
partita si infama troppo facilmente la memoria delle
trentanove vittime dell'Heysel ?
"Quello che io posso provare è
nulla rispetto a quello di un familiare, ma non è meno
di quanto per l’offesa gratuita e infame verso altri
innocenti morti a causa della violenza nel calcio o per
incidenti".
In questi anni, abbiamo assistito a
ripetute offese alla memoria delle 39 vittime
dell'Heysel. Pensi che sarebbe giusto perseguire
penalmente gli artefici di queste nefandezze ? Se sì,
hai mai pensato di intervenire, per segnalarli alle
autorità ?
"L’indignazione è trabocchevole…
Poi mi calmo e penso che la vita prima o poi restituisce
sempre al male il male. Chi inquina la sua fonte muore
avvelenato. Andrà così".
A trent'anni dall'Heysel, leggiamo
cronache di partite che sembrano bollettini di guerra:
contusi, feriti, talvolta morti. Da dove dovrebbe
partire il cambiamento ?
"Dalle istituzioni del calcio,
spesso in mano a certi loschi figuri con troppi poteri
che bonariamente definiamo "personaggi"… Dallo Stato che
non è in grado di affrontare la problematica
confrontandosi con i tifosi stessi e di riscrivere
regole ferree, ma non ipocrite, facendo applicare in
tribunale semplicemente il codice penale. Dalle società
di calcio che dialogano a corrente alternata con la
tifoseria organizzata non riuscendo ad essere leali,
autorevoli e credibili nei comportamenti e usandoli per
puri fini commerciali al punto di riuscire persino a
farsi ricattare. Ma il male supremo su tutti è nella
assenza di etica sportiva dei padri che inculcano il
primato della superiorità ad ogni costo ai figli che si
accostano al "gioco" del calcio nei campetti di
periferia. Il cancro è questo".
Fonte: Giulemanidallajuve.com © 29 maggio 2015
Fotografie:
Gazzetta.it ©
Domenico Laudadio © Rai ©
Icone: Shutterstock.com
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Pngegg.com
© Gianni Valle
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ESCLUSIVA SALADELLAMEMORIAHEYSEL.IT
Intervista esclusiva per il nuovo
libro di Peter Grønlund sul fenomeno hooligans
6 domande sull'Heysel a Domenico
Laudadio
di Peter Grønlund
Peter Grønlund è un autore danese
specializzato in sottoculture, sito web
www.petergronlund.dk. Questa intervista, rilasciata da
Domenico Laudadio, ideatore e custode dal febbraio 2008
del sito museo virtuale multimediale
www.saladellamemoriaheysel.it, è stata realizzata per un
libro sul teppismo inglese pubblicato all’inizio del
2013 in Danimarca.
What is your opinion on the match
not being called off ?
"A detta di tutti quelli che erano
all’Heysel, ed anche secondo il mio parere, la partita
era da disputare assolutamente. In caso contrario
sarebbe scoppiata una guerra senza quartiere fra le
tifoserie dentro e fuori lo stadio di Bruxelles. Andava
giocata a qualunque costo e con qualunque spirito,
agonistico o amichevole non aveva importanza, ma si
doveva giocare soltanto per ragioni di ordine pubblico.
Non c’erano alternative, per il bene di tutti. Quello
che si doveva invece evitare è avvenuto soltanto al
termine dell’incontro, non durante. Mi riferisco
all’esultanza irriverente della squadra con e senza la
Coppa in mostra".
There was fighting and stabbings in
the city before the match. Did you see any of the
violence ? Some of the english people I have talked to
didn’t know about the tragedy untill next day. Were you
aware that a lot of people had died when the match was
played ?
"Scontri violenti fra alcuni
gruppetti di tifosi avversari erano già avvenuti nelle
ore precedenti il match in vari punti della capitale
belga. Anche nella "Grand Place" erano state infrante
molte vetrine dei negozi. Pare fosse stato accoltellato
un tifoso inglese che le cronache avevano subito dato
erroneamente per morto. Quindi, le avvisaglie per la
polizia c’erano state tutte, ma a dividere i tifosi,
presunti "neutrali", del blocco Z dagli inglesi erano al
massimo 7, 8, poliziotti, muniti di radio con le
batterie scariche. Io non ero presente allo stadio
Heysel, ma in Italia, davanti alla televisione.
Ovviamente conoscevo i numeri e la verità. Chi era allo
stadio, non poteva sapere i dettagli precisi, ma neanche
ignorare che qualcosa di grave fosse veramente successo.
Gli inglesi che erano in curva Z non potevano non aver
visto i cadaveri portati via sulle transenne di ferro,
improvvisate come barelle di fortuna. Gli spettatori nei
settori più distanti dello stadio, invece, possono aver
misconosciuto la realtà rimuovendo il dramma per paura,
per l’assurdità dell’evento, per ignoranza dei
particolari, o per l’attesa prioritaria dell’imminente
incontro calcistico".
Do you think the players knew what
had happened when they played ?
"Per anni lo hanno negato in tanti.
Alcuni di loro ancora lo fanno dopo 27 anni da quella
sera. Sapevano tutti, nessuno escluso, dei morti, magari
non bene di quanti fossero, ma lo sapevano. Glielo
avevano detto i tifosi scappati dalla curva ed
incontrati sul campo, quelli che erano scesi negli
spogliatoi a farsi medicare anche dal medico sociale
della Juventus. Sapevano tutto e non volevano più
giocare quella finale. Si erano persino fatti la doccia
e si erano cambiati d’abito. Boniperti, il Presidente
della Juventus, voleva ritirare la squadra, portarla via
da lì, ma furono costretti a scendere in campo dalle
autorità politiche e militari belghe e naturalmente
dall’Uefa. Allora, Trapattoni, l’allenatore, negli
spogliatoi prima della partita li ricaricò
psicologicamente alla meglio spronandoli a vincere per
"vendicare i caduti". Quindi...".
Is there today in the
Juventus/italian fanbase a feeling of forgiveness
towards Liverpool ?
"Il perdono è impossibile da parte
della tifoseria juventina, perché appartiene soltanto ai
familiari delle vittime ed ai feriti. Spesso vengono
dimenticati, ma ci sono persone che portano danni
permanenti nel corpo e nello spirito a causa della
barbarie della tifoseria dei reds. Io credo sia una
ferita molto profonda ed ancora infetta. Nel 2005, ad
Anfield Road, in occasione dell’andata dei quarti di
finale della Champions League fra Juventus e Liverpool,
di nuovo avversarie in campo a vent’anni dalla finale di
Bruxelles, fu organizzata una manifestazione di
accoglienza alla tifoseria bianconera e in "Kop" apparve
gigantesca la parola "Amicizia", all’ingresso delle
squadre in campo. Il sito del Liverpool ha da qualche
anno una pagina commemorativa dedicata alle 39 vittime,
con i loro nomi e cognomi, a differenza di quello della
Juventus che non ha nulla di simile sul suo... Ci sono
due targhe commemorative a Liverpool, una dentro il
museo dello stadio e l’altra fuori, sul muro di Anfield,
inaugurata per il 25° anniversario della strage, alla
presenza di Neal e Brio. Ma ciò non è bastato a
riconciliare i tifosi. Secondo me, comunque, resta
l’ombra di un grave vizio di fondo, nonostante tutte
queste lodevoli iniziative: la società e la tifoseria
del Liverpool non hanno mai ammesso la responsabilità
diretta per il reato di omicidio dei loro infami
hooligans. Hanno scaricato tutte le colpe sul muretto
caduto, dimenticando l’aggressione vile consumata da
parte loro, attraverso cariche di stampo militare, il
lancio di pietre, bulloni, mazze, bottiglie di vetro,
gli accoltellamenti, i "pugni di ferro" scagliati sui
tifosi inermi, il vilipendio dei cadaveri, derubati e
derisi... La tifoseria juventina non può dimenticare
queste cose... "L’amicizia" è impossibile, si può
condividere insieme soltanto la memoria e la preghiera,
ma senza ipocrisie. Ognuno a casa sua".
Tickets for block Z were sold to
neutrals which ment a lot of italien people got them.
Were bad planning by football authorities part of the
disaster ?
"Chi ha "bagarinato" singolarmente
o come azienda i biglietti del settore Z ai tifosi
juventini è moralmente colpevole. Nessuno è stato
penalmente condannato per questo nei tre procedimenti
giudiziari, ma resta sulla coscienza di queste persone
la colpa di un’azione irresponsabile. Certo, l’UEFA
aveva pensato a vendere ogni centimetro dello stadio per
lucrare sull’incasso più alto possibile. E’ certamente
la prima responsabile anche su questo aspetto. Conosceva
perfettamente il pericolo di quella tifoseria a livello
internazionale. C’erano stati già precedenti di violenza
e scontri nella finale di Coppa dei Campioni a Roma,
l’anno precedente, contro i tifosi romanisti e la
polizia italiana. Quello spicchio di curva andava
assegnato soltanto alla tifoseria inglese, fra l’altro,
numerosissima. Infatti, il fine dello sfondamento da
parte degli hooligans era proprio quello di prendersi
tutta la curva, tipico rituale nella cultura ultrà
inglese degli anni ’80".
How did and do fans from rival
clubs in Italy react ? Respect, abussive ?
"Ci sono state tifoserie che hanno
taciuto davanti ai morti dell’Heysel per rispetto o per
indifferenza, altre che hanno invece profanato spesso la
memoria dei caduti e delle loro famiglie. Molti non
sanno e non immaginano che all’Heysel i morti non erano
tutti tifosi accaniti della Juventus... Ad esempio,
c’erano certamente due tifosi interisti fra di loro, in
vacanza al seguito dei loro amici bianconeri. La
tifoseria italiana che ha perpetuato l’uso di cori e
canzoncine ignobili da subito fino all’ultima domenica
del campionato scorso è sempre stata quella della
Fiorentina. Addirittura hanno cercato un gemellaggio con
i tifosi del Liverpool, mascherandolo per nobili ragioni
sportive, ma è stato smascherato e interrotto proprio
dai reds su accorata segnalazione via web della
tifoseria "nemica" di Torino. E’ stato l’unico contatto
ufficiale dall’Heysel ad oggi fra loro, ma la strada
della riconciliazione è davvero impraticabile, penso che
dovranno passare alcune generazioni...".
(NdR: intervista in esclusiva
concessa da Domenico Laudadio a Peter Grønlund per il
suo libro "Fodboldhæren". E' vietata la pubblicazione)
Fonte: Libro
di Peter Grønlund
"Fodboldhæren"
© 2 agosto 2012
Fotografie:
GETTY IMAGES
© (Not for commercial use)
©
Peter Grønlund ©
Icone: Shutterstock.com
©
Pngegg.com
© Gianni Valle
©
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Intervista a Domenico
Laudadio
di Benedetto Croce
Oggi intervistiamo per
ilblogdialessandromagno.it Domenico Laudadio tifoso
Juventino conosciuto soprattutto per essere il creatore
della "sala della memoria Heysel" un vero museo virtuale
e multimediale sulla tragedia che il 29 maggio 1985 si
verificò allo stadio Heysel in occasione della finale di
Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus.
Prima di chiederti
notizie sulle cose a te più congeniali facciamo una
piccola presentazione. Chi è Domenico Laudadio ?
"Non è facile rispondere seriamente a questa domanda,
soprattutto se hai già 47 anni ed il primo tempo della
vita alle spalle. Facciamo così: un uomo sensibilmente
creativo, di professione libraio, con un decennio di
teatro amatoriale alle spalle, come autore, regista e
attore, padre di un meraviglioso cucciolo. La parte
oscura la lasciamo all'oscuro...".
Ti interessi ancora,
oggi, alle partite, al calcio giocato, alla Juventus che
scende in campo la domenica ?
"Certamente, ma con moltissimo
più disincanto per i suoi protagonisti. Questa
generazione di calciatori è lontana dalle Juventus e
dagli uomini che mi hanno cresciuto... Mi è rimasto il
batticuore quando vedo la maglia esposta in un negozio,
quando sento gli inni e leggo le poesie che la
riguardano o rivedo i vecchi filmati di repertorio.
L'emozione più grande resta sempre quella del goal
abbracciando forte mio figlio che mi cerca puntualmente
e mi butta le braccia al collo appena mi sente
esultare".
Cosa ne pensi della attuale squadra guidata da
Conte e di Conte medesimo ?
"Una scelta "politica" di Andrea Agnelli, ma
condivisibile. Conte è un allenatore giusto per la
Juventus in questo momento storico. Perché senza il
recupero della mentalità juventina non si può diventare
una grande squadra neanche acquistando i grandi
giocatori. Farà benissimo, perché ha il crisma della
Signora sul cuore... L'ho amato molto da giocatore. Da
allenatore ha vinto in serie B due campionati e non è
affatto semplice, da sempre. Ha idee, gioco, e sta
dimostrando anche una discreta duttilità sugli schemi.
Certo, la squadra è una incompiuta... Bisognerà lavorare
molto tatticamente, ma soprattutto sulla testa dei
giocatori. Bisogna innestare in futuro altri tre o
quattro giocatori di spessore internazionale superiore.
Nella mediocrità di fondo del campionato nazionale e
senza le coppe la Juventus potrebbe anche lottare per lo
scudetto. Purtroppo, penso che la difesa così sguarnita
ed insicura ci costerà carissima fino a Gennaio. E' il
tallone d'Achille della squadra. Ci vogliono subito due
grandi difensori centrali per ritornare competitivi ai
massimi livelli e Chiellini deve tornare alle sue
origini tattiche...".
Sei venuto al nuovo Stadio conti di venirci ?
Che te ne pare ?
"E' una vera meraviglia, davvero. Commovente la
cerimonia d'inaugurazione. Indimenticabile. Balich ha
fatto un capolavoro, pur in qualche fraseggio della
manifestazione rasentando l'ermetismo a scanso della
retorica nella rappresentazione dei simboli. In
primavera conto di fare un salto su a vederlo. A Torino
ho tanti amici...".
Siamo pronti in Italia
agli stadi senza barriere ?
"Assolutamente no, ma tu dimmi
in cosa siamo veramente pronti in Italia ? Viviamo una
situazione economica, ma soprattutto sociale e politica
deleteria. Non mi è più tanto difficile essere d'accordo
con la parte sana degli ultras. Abbiamo bisogno di
esempi, non di prediche. E da chi, poi ? Quella ipocrita
tessera del tifoso, per carità... Viviamo uno dei
periodi etici più squallidi della società civile di
questo meraviglioso paese. Ed il mio è un discorso
politico a 360°... Non partitico. Viene in mente quella
canzone di Franco Battiato: "Povera patria ! Schiacciata
dagli abusi del potere... Di gente infame, che non sa
cos'è il pudore... Si credono potenti e gli va bene...
Quello che fanno; e tutto gli appartiene... Tra i
governanti, quanti perfetti e inutili buffoni ! Questo
paese è devastato dal dolore"...
Stai seguendo le vicende relative a Moggi cosa
pensi accadrà ? Ci sarà un Moggi bis alla Juve o finirà
tutto alla "...scordammoci o passato" ?
"Calciopoli è stato lo stupro scientifico della vecchia
Signora, altro che farsa. Lacrime amarissime, non risa.
Sinceramente, io non mi sono mai sentito rappresentato
nella mia juventinità da Luciano Moggi. E non l'ho mai
ritenuto un modello di stile per i suoi comportamenti in
tal senso. Farsopoli, però me lo ha reso addirittura più
simpatico, quasi subito... Lo ritengo un grandissimo
dirigente calcistico e gli riconosco senza dubbio il
merito di aver reso imperiale la rosa della Juventus
durante la sua gestione, ma allo stesso tempo non
condivido questo "processo" di beatificazione al quale
lo stiamo elevando un po' tutti. Alcuni suoi
atteggiamenti pubblici e nei confronti della nostra
tifoseria, in passato, mi hanno anche molto irritato.
Ne' santo, né demone, un uomo di calcio... La Juventus
può imparare a vincere anche senza Luciano Moggi, a
condizione che recuperi la cattiveria e la fame della
tigre a digiuno. In campo ci vanno calciatori e
allenatore... Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria
mi sembra veramente una barzelletta il procedimento
penale a suo carico. Auguro al direttore di essere
assolto con formula piena e di tornare ad una scrivania
di un club prestigioso. Se fosse la Juventus, nessun
problema. Sarà il benvenuto e, nonostante la sua bella
età, sarebbe ancora in grado di fare la differenza...".
Bene Domenico, veniamo alle domande che più mi
incuriosiscono su di te e che penso incuriosiscano i
nostri lettori. Come è nata l’idea di realizzare una
sala della memoria sull’Heysel e perché è nata ? Hai
forse perso qualcuno di caro in quella tragedia ?
"Non in quella partita, ma già
tre anni prima, nel 1982 sono rimasto orfano di mia
madre, stroncata a 53 anni da un tumore maligno in
quattro mesi. Questa esperienza mi ha reso
particolarmente sensibile al tema della morte, al
distacco e alla memoria come forma d'amore perpetuato
attraverso la rievocazione dei ricordi. Il sito nasce
per chiedere perdono ai caduti ed alle loro famiglie di
aver esultato anche solo con un pugno al cielo,
incrociando una macchina con la bandiera fuori dal
finestrino che strombazzava per Bari, come se nulla
fosse successo. Non me lo sono mai perdonato. L'idea è
venuta impellentemente davanti al muro di gomma che mi
si è presentato negli ultimi cinque anni proponendo alla
società una Sala della Memoria nel nuovo stadio di
Torino e rivendicando una pagina in memoria sul sito
ufficiale della Juventus. Ho pensato, allora: "La faccio
io !." La capa tosta e l'orgoglio pugliese hanno fatto
il resto. Conte viene dalla terra degli ulivi come
me...".
E’ stato difficile realizzare il sito, sei stato
aiutato da qualcuno ? Al tuo sito si sono interessate
anche le famiglie delle vittime o hai fatto tutto da
solo ?
"A digiuno di conoscenze di
linguaggi di programmazione, ho chiesto aiuto alla mia
compagna che ha realizzato la pagina sommario. Da quel
momento in poi è nata una operazione forsennata di
artigianato informatico individuale. Un lavoro non
difficile di per sé, ma esigente in termini di tempo e
attenzioni. Il sito museo ha subito due
ristrutturazioni. La prima nel 2010. Ora è in
completamento la seconda, quella probabilmente
definitiva. Le famiglie delle vittime non hanno mai
ispirato questa iniziativa. Ovviamente nel tempo,
scoprendola, se ne sono compiaciuti".
Mi hai detto spesso in passato che il libro che
si avvicina di più alla verità su quella tragedia è
"HEYSEL storia di una strage annunciata" di Francesco
Caremani. Mi sapresti dire perché ti sei fatto questa
idea se ci sono altri libri che non conosco che meritano
di essere letti e perché invece altri libri non sono
particolarmente veritieri ?
"Sono tutti buoni e utili i libri che sono stati scritti
sulla tragedia dello stadio Heysel. Ognuno ha un taglio
diverso nella narrazione. La verità non è mai stata
lontana dal campo, ma non si è voluta guardarla con gli
occhi. Troppo dolore e troppa vergogna. Francesco
Caremani oltre ad essere un valente giornalista è
coinvolto direttamente nel dramma. Roberto Lorentini, il
medico morto a Bruxelles nel tentativo di rianimare un
bambino, era un caro amico della sua famiglia. Credo
fosse costretto a dare emotivamente un tributo più umano
alla causa. Francesco ha raccontato le vicende scomode
prima, durante e dopo il processo, ma il suo merito più
grande è quello di aver diluito nell'inchiostro la
prorompente energia e il grido orgoglioso di giustizia
di Otello Lorentini, il Presidente fondatore
dell'"Associazione fra i familiari delle vittime",
sciolta al termine dell'ultimo processo nel 1991. Per
questo il libro di Francesco resterà sempre "La Bibbia
dell'Heysel" come lo ha definito Emanuela Casula,
sorella di Andrea e figlia di Giovanni, caduti insieme a
Bruxelles. Francesco ci ha anche molto pianto
scrivendolo. Sono quelle lacrime a fare la differenza e
si avverte nel sottotesto, leggendolo...".
Sei in contatto con le
famiglie delle vittime ?
"I miei rapporti con alcune di loro sono rigorosamente e
volontariamente ispirati al rispetto e ad un sano e
consapevole pudore. Non ho mai varcato questo confine e
credo sia giusto così... C'è molta dolcezza,
sicuramente...".
Si è parlato (e abbiamo fatto una raccolta firme
insieme) di realizzare una sala della memoria vera nel
nuovo stadio della Juve. Sai dirmi in proposito a che
punto siamo ?
"Ci sarà certamente un "angolo della memoria" nelle sale
del museo del club attualmente in allestimento. Penso
sia pronto per la primavera del 2012. E' l'unica
certezza di cui dispongo al momento. Sento di dividere
con altri il successo dell'iniziativa. Il forum
vecchiasignora.com che è stata l'incubatrice della
petizione popolare e del mio sogno sin da subito. La
spinta affettuosamente mediatica dell'amico Nicola de
Bonis e della sua trasmissione "Stile Juventus" ha
costruito virtualmente molti dei mattoni necessari a
erigere quella benedetta "Sala". Ma senza la discesa in
campo di Beppe Franzo e di Annamaria Licata, la cara
Miss RadioJuveWeb del gruppo Orgogliogobbo, senza il
loro aiuto concreto, disinteressato e appassionato alla
causa, compattando nella medesima lettera inviata alla
società tutti i gruppi Ultras delle due Curve, i
principali Siti e forum bianconeri sul web, senza il
prezioso aiuto dietro le quinte di Claudio "Il Rosso", e
di alcuni familiari delle vittime, non credo ci sarei
mai riuscito. Un soldato senza esercito non vince mai le
battaglie da solo, ma anche i comandanti sono
importanti... A onore del vero è risaputo che la
Juventus Football Club a me personalmente non ha mai
risposto in privato, neanche formalmente, alla proposta
della Sala, dal 2008 ad oggi... Ma va benissimo anche
così"...
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Hai fiducia a
riguardo, nella nuova dirigenza e nel Presidente Andrea
Agnelli ?
"Il Presidente Andrea fino ad
ora sta mantenendo tutte le promesse riguardanti
l'Heysel. Per il 25° ha scritto ai familiari delle
vittime ed ha officiato una cerimonia di commemorazione
in sede a Torino, purtroppo parallela a quella della
tifoseria. Mi aspetto da lui che si mescoli al popolo
bianconero in futuro e che ci sia "un unico giorno della
memoria" da celebrare insieme, familiari delle vittime,
tifosi, ultras e società. Certo, dopo 25 anni di semi
indifferenza e irritante distacco e silenzi della
Juventus, di tutte le dirigenze da Boniperti a Blanc,
non è poco... Sta crescendo insieme alla sua Signora.
Lasciamolo lavorare serenamente. Ha il sangue giusto per
impalmare la Signora e farla felice...".
Hai mai parlato con
Andrea Agnelli ? Che impressione ti ha fatto ? Ho saputo
che ha invitato le famiglie delle vittime
all’inaugurazione del nuovo stadio e durante
l’intervallo è andato a trovarle personalmente e lontano
dalle telecamere, gesto che hanno particolarmente
apprezzato. Ma ho saputo che l’invito pare non sia
arrivato a tutti tu sai se è così e perché ?
"Una volta è entrato in
libreria, dove lavoro. Qualche settimana prima
dell'elezione a Presidente. Si aggirava da solo a
curiosare fra gli espositori, non l'ho disturbato... Il
suo sguardo durante la cerimonia d'inaugurazione del
nuovo stadio, mentre i 39 palloncini bianchi salivano in
cielo, era specchio fedele del suo animo sensibile. Ho
saputo dell'incontro con i familiari in tribuna. Gesto
bello perché lontano dalle telecamere, ma indubbiamente
doveroso... Gli inviti sono stati generosi nelle
intenzioni, ma purtroppo la macchina organizzativa dello
staff ha commesso degli errori, per dirla alla Moratti "antippatici",
ma certamente in buona fede... Un errore simile, a
sensazione, non credo che il Presidente Andrea lo
permetterà mai più in futuro, ma è un argomento troppo
delicato e non sono io la persona giusta per
affrontarlo. Il passato colpevolmente "manchevole" della
società nei rapporti con le famiglie dei caduti ha
alimentato in alcuni casi specifici molta diffidenza e
rancore...".
C'è stato un lungo
processo dopo l’Heysel, forse più di uno, puoi dirmi
come sono andati a finire, se ci sono state delle
condanne ?
"6 anni e 3 gradi di giudizio.
Molto in sintesi, in cassazione questo il verdetto
finale: 9 hooligans condannati a 4 anni, con la
condizionale e 60.000 franchi di ammenda. Altri 3
condannati a 5 anni con la condizionale e 60.000 franchi
d'ammenda. Ad Hans Bangerter, Segretario dell' Uefa, 3
mesi con la condizionale e 30.000 franchi di ammenda.
Assolto il Presidente Jaques Georges. 3 mesi con la
condizionale e 500 franchi di multa al maggiore Michel
Kensier della Gendarmeria. Assoluzione per il capitano
Mahieu della Gendarmeria, Hervè Brouhon, Sindaco di
Bruxelles, Vivianne Baro, Assessore allo sport, Albert
Roosens, Segretario dell'Unione Calcio belga. Secondo il
reddito dichiarato le somme di risarcimento delle
famiglie delle vittime dei feriti variarono da 14 a 400
milioni in lire, ripartite fra Stato e Federazione belga
e Uefa. L'aspetto più eclatante è l'inaspettata condanna
della UEFA, in cassazione. Per merito di un anziano
signore aretino, che risponde al nome di Otello
Lorentini, ferito nel cuore dalla morte precoce e
assurda di un figlio, dal 1991 l’UEFA è responsabile
della sicurezza degli impianti sportivi durante le
competizioni internazionali di calcio... Per la
sicurezza degli stadi la comunità europea ed il calcio
devono questo alla tenacia ed alla disperazione di un
piccolo grande uomo, così...".
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Boniek, in polemica
per la mancata assegnazione della stella nello stadio,
ha detto che lui è l’unico che ha devoluto il premio di
quella sera alle famiglie delle vittime. Ti risulta?
Altri giocatori si son mai interessati alla vittime di
quella tragedia ?
"Boniek dice sempre tante cose, a volte anche troppe.
Non ci sono affatto prove documentali a riguardo e
comunque sia ciò non toglie e non aggiunge nulla al
fatto che lui come tutti i suoi compagni ha festeggiato
indecorosamente in campo una coppa dei campioni che
rispetto alle vite dei poveri tifosi caduti valeva in
quel momento quanto un portaombrelli... I calciatori di
quella Juventus sono sempre restati a debita distanza e
hanno rimosso, chi prima, chi dopo, l'evento. Un lutto
mai elaborato, si direbbe in psicologia. Bisogna allo
stesso modo menzionare il gesto molto bello di Michel
Platini e di Stefano Tacconi, ritornati a Bruxelles due
giorni dopo la finale a trovare i feriti in ospedale.
Rosalina Vannini, vedova di Giancarlo Gonnelli, morto
all'Heysel, quel giorno era a Bruxelles al capezzale
della figlia Carla, salvata miracolosamente dalla morte
dalla respirazione artificiale di un tifoso del
Liverpool. Mi ha scritto di "abbracciarli" da parte sua,
nel caso li avessi incontrati al 25° a Torino...".
La Juventus si è mai
interessata alle vittime di quella tragedia. E il
Liverpool ?
"In un primo momento ci fu
subito una raccolta di denaro dei calciatori e della
Fiat. Poi è calato il lungo inverno. Qualche messa in
suffragio, qua e là. Una stele "bonsai" in sede, voluta
da Giampiero Boniperti con un epitaffio di Giovanni
Arpino. A parte il 2005, per la partita con il
Liverpool, il ritorno della Juventus ad una cerimonia di
commemorazione pubblica lo si deve al presidente
Giovanni Cobolli Gigli, intervenuto ad Arezzo durante
l'intitolazione del Piazzale antistante lo stadio
comunale alla memoria di Roberto Lorentini. Pensa che al
ventennale di Bruxelles la Juventus inviò a
rappresentarla Riccardo, il figlio di Gaetano Scirea, ma
dimenticò d'inviare una corona di fiori... Per quanto
riguarda il Liverpool, solo cose positive. Il sito
ufficiale del Liverpool ha una pagina di commemorazione
con i 39 nomi delle vittime mentre quello della Juve
no... Due targhe ad Anfield Road, una dentro al museo,
l'altra sul muro dello stadio. Un tentativo di
riappacificazione nel 2005, in occasione della partita
di andata dei quarti di finale di Champions League fra
Liverpool e Juventus, a vent'anni esatti dalla tragedia,
con la cerimonia voluta sottobanco dall'Uefa e con la
consegna di una targa in memoria che ora è integrata al
monumentino in sede. Ricordiamo nella medesima sera la
scritta "Amicizia" composta da tasselli bianchi e rossi
apparsa in Kop prima del minuto di raccoglimento.
Ricordiamo la rinuncia al gemellaggio con la Fiorentina
ad Anfield per "rispetto" della tifoseria bianconera...
C'è, però, un grande equivoco di fondo. Il Liverpool,
società e tifosi, ha sempre dato la colpa al muro che è
crollato. Non ha mai riconosciuto la causa reale della
tragedia nell'aggressione criminosa degli hooligans.
Qualcuno timidamente sostiene che vi furono provocazioni
prima dello sfondamento, si parla di accoltellamenti
fuori allo stadio, di un bambino inglese picchiato a cui
fu sottratta una bandiera. Leggende metropolitane e
realtà si mescolano da ventisei anni. Ad ogni modo la
verità inconfutabile è che la tecnica adottata dalla
massa dei reds per occupare il settore Z fu di tipo
militare e comandata da un ufficiale reduce dalla guerra
delle Falkland... Di cos'altro dobbiamo parlare ? Hanno
aggredito selvaggiamente persone innocenti, deboli ed
inermi, questa è l'unica verità storica
incontrovertibile. E non ci sarà mai pace e amicizia con
loro se non lo vorranno prima i familiari delle vittime
che sono gli unici a poterli perdonare. E secondo me
loro dovrebbero chiedere perdono, in modo solenne.
Magari, in ginocchio, o faccia a terra, davanti a loro.
Ovviamente, nel mio sito, mi farò garante sempre del
dialogo con vecchi e nuovi reds, ma senza ipocrisia...".
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Che tu sai le famiglie hanno
mai avuto un risarcimento. Dallo stato italiano, dalla
Juve, dallo stato belga o dal Liverpool ecc… Da
qualcuno insomma ?
"Dai testi che ho consultato
risulterebbero: 6 milioni di contributo CEE, 5000
sterline dal governo britannico, 3 milioni dal Governo
italiano e altri milioni dalla fondazione "Edoardo
Agnelli" che raccolse 18.078.000 lire dalla Juventus
Football Club. 100 milioni a testa versati alle vittime
dalla Fiat e dall'Ifil. 7 milioni a testa da ciascuno
dei calciatori della Juventus. 639 milioni da privati e
gruppi juventini. 0 lire dalla Lega e 0 lire dalla
Federcalcio italiana".
C’è una figura direi
poco chiara dietro a questa tragedia ed è Giampiero
Boniperti. Sapresti spiegarmi il perché è vista cosi ?
"Io sono molto legato a Giampiero Boniperti e gli voglio
bene. Devo purtroppo lamentare che avrebbe dovuto
ritirare la squadra negli spogliatoi al termine della
partita ed impedire quei festeggiamenti prolungati.
Vietare il rientro in campo e sotto gli spalti con la
coppa in mano a Michel Platini. Lui non aveva giocato,
doveva mantenere lucidità... Quella coppa poteva restare
in quella cassetta di legno nella quale giaceva al
momento della consegna alla chetichella da parte di un
dirigente Uefa alla Juventus negli spogliatoi. Per
sempre nella sua bara di legno. Come i nostri poveri
angeli dell'Heysel. E l'errore più imperdonabile fu
commesso dal Presidente a Caselle. La coppa non andava
mostrata alla discesa dall'aereo in segno di lutto.
Cannavò aveva ragione... A mio parere, la macchia più
grave della nostra cara storia juventina fu scritta
proprio quella mattina infausta. Altro che calciopoli...
In seguito, con l'avanzare dell'età, Boniperti ha
rilasciato sempre dichiarazioni lievemente farneticanti
sul significato di quel trofeo. "Quel sangue" appartiene
solo ai familiari delle vittime, caro Presidente...
Bisogna comunque concedergli come attenuante l'assurdità
e la drammaticità di quanto vissuto in meno di un
giorno".
Sento dire spesso da
amici miei della curva che han fatto più loro per le
famiglie che chiunque altro. E’ una frase fatta o è vero
?
"Certe storie di solidarietà
non le metto certo in piazza. L'unica verità è che
effettivamente gli Ultras sono stati d'esempio
sull'Heysel, gli unici a non tradire mai la memoria
delle vittime e la solidarietà alle loro famiglie".
Cosa ti spinge a continuare questo impegno a
distanza di 25 anni ?
"Amore".
C’è qualcosa che non sai che ti sfugge e che
vorresti assolutamente sapere su quella tragedia ?
"E' un mosaico di cui abbiamo recuperato oramai quasi
tutte le tessere, qualcuna magari è un pochino
scheggiata... L'immagine che ne risulta è
inequivocabile. Quelle poche mancanti sono
irrecuperabili perché giacciono in fondo alla coscienza
degli uomini di quel 29 maggio 1985. Solo Dio conosce
tutta la verità. Che vuoi che ne sappia, io, sono solo
il custode di un museo...".
Concludo con una domanda che faccio a tutti
prima di salutarci. C’è qualcosa di cui avresti voluto
parlare e che non ti ho chiesto ? E se sì, dimmi pure ?
"No, va benissimo così... Sull'Heysel bisogna imparare a
parlarne mai a vanvera e sempre nelle occasioni giuste.
Tutto il resto è memoria, preghiera e silenzio"...
Grazie Domenico alla prossima allora.
"Di nulla, un onore per me. Grazie a te e onore ai 39
angeli dell'Heysel".
(NdR: intervista
in esclusiva concessa da Domenico Laudadio al blogger
Benedetto Croce per il suo dominio
Ilblogdialessandromagno.it)
Fonte:
lblogdialessandromagno.it
© 5 ottobre 2011
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© (Not for commercial use)
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Pngegg.com
© Gianni Valle
©
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Intervista esclusiva di Giacomo
Aricò a Domenico Laudadio
"Juventus: dalla Z alla Arena"
Intervista per la stesura della mia
tesi di laurea all' ideatore e custode del museo
virtuale multimediale dedicato alle 39 vittime dello
stadio Heysel di Bruxelles.
Giacomo Aricò: La memoria è un atto
etico, un legame che ci unisce ai morti. C’è il pericolo
di attribuire troppo valore alla memoria e poco al
pensiero ?
Domenico Laudadio: "La memoria nel
nostro paese spesso è come un involucro di plastica,
svuotato della spontaneità e del sentimento, osservata
come un precetto da chi vuole lavarsi la coscienza di
perbenista ipocrita, avulsa acriticamente dal giudizio
impietoso della storia. Come se davvero la morte
cancelli le responsabilità dei carnefici assieme alla
presenza fisica delle loro vittime. Assistiamo tante
volte durante l'anno a cerimoniali spenti, a fredde
recite di parole disincantate. Mi viene in mente, ad
esempio, la giornata del 25 Aprile che divide gli
italiani, anziché riunirli, nel rispetto delle ragioni
storiche, da vincitori e vinti. Il ricordo serve più ai
vivi che ai morti. In questa visione tutt'altro che
passivamente vittimistica si colloca il mio personale
modo di celebrare la memoria, una palestra per i
pensieri coraggiosi, non il loro annichilimento di
fronte al dolore rivisitato con slogan scimmiottati dai
media, privandola della verità dei fatti. I pensieri
sull'Heysel, a circa ventisei anni dalla tragedia, non
leniscono la rabbia verso i responsabili della strage,
non restituiscono i loro cari ai familiari delle
vittime, ma dovrebbero coagularsi in un sentimento
comune, all'interno di un luogo fisico, una sala della
memoria nel nuovo stadio di Torino, come accade nel mio
sito museo virtuale multimediale. In questo modo la
memoria è la madre dei pensieri attivi che nutriranno la
verità nella testimonianza ai posteri".
Giacomo Aricò: Sei d’accordo con
quanto afferma Susan Sontang in "Davanti al dolore degli
altri" sul fatto che il problema non è che ricordiamo
grazie alle fotografie ma che ricordiamo solo quelle ?
Il ricordo attraverso la fotografia può eclissare altre
forme di comprensione e di ricordo ?
Domenico Laudadio: "Penso che siamo
dal primo vagito abili fotografi della realtà
circostante. Le fotografie che ci portiamo dentro sono
leve del motore delle emozioni. Ho fatto teatro per
dieci anni. Conosco le potenzialità evocative delle voci
dell'anima... Le fotografie sono attimi di vita
imbalsamati, le muoviamo noi nella immaginazione
esattamente come un attore rigurgita il personaggio
sulla scena, facendo verità nella finzione. In realtà
certe fotografie sono come le icone religiose, possono
dire tutto e il contrario di tutto, è una questione di
fede. La memoria delle cose s'incarna nei lineamenti
delle immagini, vive nello sciame delle nostre passioni
consce ed inconsce, nel turbinio che le ammanta di
simboli".
Giacomo Aricò: Nel libro di Emilio
Targia racconti quella tua esultanza dopo la partita,
istintiva e rabbiosa: "aggiunse vergogna alla vergogna".
Eri però un tifoso. Cosa ne pensi delle esultanze dei
giocatori ? Quanto è credibile spiegare certe esultanze,
giocatori e tifosi, come espressioni di disperazione e
rabbia profonda ?
Domenico Laudadio: "Penso sia
l'unica vera macchia indelebile della storia della
Juventus. Non li condanno per il dopo partita perché
credo abbiano vissuto, in una sorta di trance collettiva
assieme ai loro tifosi, una situazione paradossale nella
quale la vita e la morte si contraddicevano a vicenda,
autogiustificandosi. Trovo molto più vergognoso aver
alzato il trofeo all'aeroporto di Caselle, la mattina
dopo, un pugno al cuore per i familiari delle vittime.
Non credo ci possano essere giustificazioni per questo
da parte della Juventus. La vergogna è un dato,
inconfutabile, la memoria affettiva verso le vittime ed
i loro familiari la sublimi. Io chiedo perdono alle
vittime ed ai loro familiari attraverso il mio sito
soprattutto da juventino".
|
Giacomo Aricò: Dopo anni di
silenzi e di commemorazioni molto formali quasi
obbligate esclusivamente dal calendario, la Juventus
costruisce il suo stadio e all’interno dedica un luogo (Blanc
parla di un monumento) alle vittime dell’Heysel. Nemmeno
nel sito ufficiale c’è uno spazio ben visibile (solo una
sottosezione in "Storia" che comunque carica un file
esterno in cui c’è giusto l’elenco dei morti e la frase
"La Juventus e i tifosi non dimenticheranno mai").
Quanto è importante che la Juventus ricordi questo fatto
nella sua nuova "casa", rendendolo parte portante delle
proprie mura accendendo il ricordo ogni giorno (tenendo
conto che sarà uno stadio che "vive" sette giorni su
sette) ?
Domenico Laudadio: "E' un atto
dovuto, colpevolmente tardivo, ma tengo a precisare che
i migliori in campo in tutti questi anni sono stati
soltanto gli Ultras della Juventus e pochissimi altri.
La loro memoria è stata sempre puntuale e sinceramente
affettuosa. La maggior parte di essi rinnegano quel
trofeo e mi sono stati sempre vicini e solidali nella
costruzione del sito, fornendomi reperti,
ringraziandomi, pur non militando in gruppi del loro
tifo organizzato. La Juventus Football Club, invece, mi
ha sempre snobbato, mai mi ha degnato di una lettera di
risposta formale alla mia ripetuta proposta di
intitolare una sala della memoria all'interno della
nuova struttura di Torino. Nessuno dei tre Presidenti
che si sono succeduti dal 2006 ad oggi. Nessuno degli
addetti alla comunicazione. Trovo questo atteggiamento
nei miei confronti una mancanza del proverbiale "stile"
e più concretamente di buona educazione, ma è
praticamente nulla rispetto all'indifferenza verso le
famiglie delle vittime dei decenni trascorsi. Io vorrei
che il monumento ai caduti fosse vivo, non di bronzo. E'
un fatto di cuore, non di materia".
Giacomo Aricò: Il tema della
stella regna nel nuovo impianto: 50 campioni-stelle
della Juve e le stelline riservate ai tifosi. Sembra che
la Juventus dopo Calciopoli voglia ricordare il passato
per scrivere il futuro e farlo insieme ai suoi tifosi,
sempre più stakeholder attivi nella crescita (anche e
soprattutto economica) della società. Fare un passo
indietro per farne due avanti. Il ricordo dell’Heysel,
dopo 26 anni, come si può leggere ? Una sconfitta o una
vittoria ? Vale la frase "non è mai troppo tardi" ?
Trovi che sia un tentativo per pulirsi un po’ la
coscienza ?
Domenico Laudadio: "La memoria
non è mai una sconfitta, anche se postuma, ed è la
vittoria di tutti, vincitori e vinti, vittime e
carnefici che possono espiare la colpa solo attraverso
il riconoscimento del proprio misfatto nel ricordo.
Apprezzo molto la volontà della nuova dirigenza ed in
particolare del Dottor Andrea Agnelli di rielaborare
finalmente in un modo visibile il lutto della società
per i caduti. Resta amaro, ad ogni modo, il disappunto
per le omissioni societarie dei decenni precedenti".
Giacomo Aricò: L’Heysel, su
cui si è scritto e parlato molto, è un simbolo, una
lezione. Qual era e quale può essere ancora oggi la
forma e il modo giusto per ricordarlo e per insegnarlo
alle generazioni future ? Un monumento pubblico ha una
forma e un significato maggiore rispetto alla lapide
nascosta e più intima fatta mettere da Boniperti nel
cortile interno della sede della società ?
Domenico Laudadio: "L'Heysel è un fatto storico unico
nel suo genere. Non il primo caso in cui si muore di
calca in uno stadio. Ma è la prima ed unica volta in cui
si assiste ad una serie di cariche armate di tipo
militare su spettatori avversari inermi, indisturbate
dall'impreparazione non solo tattica, ma mentale dalla
polizia belga. Un'aggressione omicida dal sapore etnico
e barbarico che non è paragonabile a nessuno scontro fra
ultrà avversari dentro e fuori gli stadi. Il monumento è
un'opera d'arte, l'Heysel ha bisogno di spazio nel cuore
di un giovane che si accosta allo sport. L'idea di una
sala museo nel nuovo stadio potrebbe didascalicamente
fornire un corredo di nozioni ed emozioni maggiormente
consoni alla dignità di questa dolorosa memoria rispetto
ad un pachiderma di pietra o di ferro. Non è tanto una
questione di visibilità, ma di profondità del messaggio
contro la violenza nello sport di ogni ordine e grado".
Giacomo Aricò: Provando a
fantasticare, come la faresti tu la "Sala della memoria"
nel nuovo stadio ? Quale significato avrebbe, quale
valore, quale simbolo dovrebbe rappresentare ?
Domenico Laudadio: "Immagino
un salone molto ampio, semibuio, in sottofondo l'audio
della diretta del pre-partita di Bruno Pizzul, un enorme
schermo panoramico su cui proiettare le immagini
dell'evento, un corredo multimediale di fotografie ed
articoli di stampa sui muri perimetrali ed una grande
bacheca a forma di numero trentanove con cimeli e
reperti della partita. Un museo della memoria a tutti
gli effetti. Sarebbe fortemente simbolico porre il
monumento commemorativo al centro di questa sala,
circondato in un fossato, ove deporre fiori, dalle foto
dei trentanove "angeli". Riposta in una cassetta di
legno, imballata così come era stata consegnata
furtivamente alla Juventus negli spogliatoi, la Coppa
dei Campioni ai suoi piedi. Si potrebbe rimettere le
cose a posto moralmente. Quella coppa ai piedi di chi è
morto innocentemente senza poterla festeggiare e nel
legno di una cassa come le bare che hanno accolto i loro
corpi violati. Qualcuno vorrebbe restituirla. Questo
sarebbe un modo di ridimensionarla allo stato
dell'acciaio, di ristabilire un po' le cose eticamente.
Nella sala dei trofei della Juventus Football Club
accanto alla meravigliosa Champions League vinta in
Italia allo stadio Olimpico di Roma, sarebbe più giusto
posare una targa dorata con i 39 nomi delle vittime.
Possiamo anche conteggiarla come vinta, ma sappiamo
molto bene che quella Coppa di fronte ai trentanove
tifosi morti non può contare niente". (NdR: intervista in
esclusiva concessa da Domenico Laudadio a Giacomo Aricò
per la sua Tesi di Laurea in Scienze delle
Comunicazioni. Si prega chiunque voglia utilizzarne i
contenuti di chiederne autorizzazione)
Fonte: Tesi di Laurea di Giacomo Aricò
"Juventus: dalla Z all'Arena"
© 18 aprile 2011
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