Privacy Policy Cookie Policy
DOMENICO LAUDADIO
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Interviste Domenico Laudadio
   Interviste   Audiovisivi   Testimonianze   Bibliografia   Storia Sito Museo   Stampa e Web  
   
 

Custode Saladellamemoriaheysel.it

Webmaster Associazionefamiliarivittimeheysel.it

(Autore del Museo Virtuale Multimediale dal 2008)

 
 

Memoria storica - Il sito che ricorda il dramma dell'85 allo stadio Heysel

"L’etica è la cura"

di Marco Ortelli

Un sito per non dimenticare. Si chiama Sala della Memoria Heysel www.saladellamemoriaheysel.it ed è stato creato nel 2009 da Domenico Laudadio. Torinese (NDR: barese) tifoso della Juventus, 58enne, ha ancora stampate nella mente le immagini TV della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985: tifosi disposti dagli organizzatori "sciaguratamente" nella stessa curva, una carica degli hooligans inglesi, vie di fuga inaccessibili: 39 morti e oltre 600 feriti.

"Quella sera ero davanti alla televisione, a casa di amici. Un evento drammatico di proporzioni così gigantesche da non poter essere comprensibile nella sua profondità. Io stesso rimasi come ipnotizzato da qualcosa che ho rimosso subito d'istinto".

Dopo 24 anni da quella tragedia, perché una Sala Virtuale Multimediale ?

"Per due ragioni. Il pentimento di aver esultato anche solo un istante levando un pugno al cielo, incrociando una macchina strombazzante con la bandiera bianconera (non me lo sono mai perdonato). In secondo luogo, davanti al fallimento di una petizione popolare nel 2008 che proponeva alla Juventus Football Club (presidenze Cobolli Gigli-Blanc) una sala museo della Memoria nel nuovo stadio in costruzione a Torino".

E dopo 37 anni, come vede la situazione italiana delle "curve" ?

"Ci dovrebbero essere canali aperti di dialogo fra gruppi delle curve, società sportive e Federazione. Due vizi capitali lo impediscono: quello delle istituzioni del calcio che non hanno mai voluto legittimare istituzionalmente il riconoscimento di questi gruppi della tifoseria organizzata e quello degli stessi ultras che rivendicano una propria ideologia identitaria dello scontro fisico fra le fazioni anteponendolo all'amore per la propria squadra".

Quali gli antidoti alla violenza ? Per Domenico Laudadio occorre partire da lontano.

"La violenza è concepita nel momento in cui i genitori iscrivono i bambini alle scuole calcio e li incitano ad un tipo di sport esasperatamente cinico e competitivo. Non si picchiano fra loro soltanto gli ultras, ma anche i genitori nei campetti di periferia. Il "virus" parte da molto lontano. L'etica dell'educazione civico-sportiva è la medicina che lo stroncherà...". Fonte: Corriere del Ticino (La Domenica) © 14 Novembre 2022 Fotografie: Saladellamemoriaheysel.it © Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

 

Heysel: rispetto e memoria

Nel giorno dell’anniversario della tragedia dell’Heysel, abbiamo intervistato Domenico Laudadio, tifoso juventino e creatore della "Sala della Memoria Heysel" il museo virtuale e multimediale sulla tragedia del 29 maggio 1985.

Domenico, in questi giorni si fa più vivo il ricordo della tragedia. Vivo eppure sembra poco nitido, avendo molti dimenticato - i più giovani non lo hanno mai saputo - cosa sia realmente successo all'Heysel e il perché. Come si dissipa la foschia che col tempo si posa su un ricordo consapevole ?

"Questa foschia è pregna di una componente predominante sulle altre: l’ignoranza, nel senso etimologico del termine, quindi, la non conoscenza dell’evento e delle sue implicazioni con la storia del calcio e della società del tempo. Ad essa si è unita la malafede di quanti hanno usato la cortina fumogena dell’oblio per ottenebrare la verità e la memoria dei fatti storici. Devo dire che è stato fatto niente nei primi vent’anni, molto poco fino al 25°. L’avvento di Andrea Agnelli alla presidenza della Juventus ha rischiarato in più di una occasione con ampio merito queste lugubri tenebre, ma in generale fa ancora paura la luce… Quella pura dei martiri innocenti e di chi ancora li piange, così sfolgorante che qualcuno potrebbe restarne accecato… Non c’è memoria senza verità e senza verità non c’è giustizia. La rotta è semplice, ma ci si incaglia nel proprio tornaconto personale a vari livelli. In questi giorni l’Heysel è sulla bocca di tutti, ma qualcuno farebbe bene prima a sciacquarsela. Per il trentennale sto leggendo un mucchio di belle parole, qualche volta figlie di morali spicciole, poi trascorsa la ricorrenza tornerà tutto nella soffitta del dimenticatoio come fosse l’Albero di Natale".

È appurato che i maggiori responsabili del dramma occorso a Bruxelles furono gli organizzatori dell'evento e della pubblica sicurezza. Ci furono altri responsabili, secondo te ?

"Beh, molti ignorano il fenomeno incontrollato del bagarinaggio effettuato a scopo di lucro da molti privati e dalle agenzie turistiche italiane che hanno comprato e rivenduto i biglietti del famigerato settore Z, destinati ad un pubblico neutrale, ai tifosi della Juventus. Il dio denaro ha chiesto sull’ara in sacrificio 39 vittime e circa 600 feriti. Anche il vertice della politica nazionale belga ha completamente ignorato i pericoli insiti nell’evento, salvo poi schierare i carri armati intorno allo stadio durante la partita di calcio. Nessuno di loro ha pagato per questo"…

Si è parlato molto spesso dell'opportunità di disputare quella partita e dei festeggiamenti successivi. Cosa ne pensi ?

"Lo svolgimento della partita ha evitato molto probabilmente una guerra senza quartiere dentro e fuori lo stadio, ma certamente l’Uefa ha voluto in questo modo offrire in mondovisione una parvenza di regolarità alla sua manifestazione, pur non essendo ancora direttamente responsabile della organizzazione di nessun evento calcistico. Sarà quella storica sentenza del tribunale di Bruxelles che "ha fatto giurisprudenza", grazie alla caparbia volontà di Otello Lorentini, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime dell’Heysel", di citare l’Uefa in giudizio, ad inaugurare una nuova era per il calcio europeo. Quei festeggiamenti oggi a rivederli sembrano puerili. A metà fra l’incoscienza e l’auto rimozione. Alcuni giocatori hanno chiesto scusa. I caroselli delle auto dei tifosi, invece, mi fanno ancora molto schifo". "Lo svolgimento della partita ha evitato molto probabilmente una guerra senza quartiere dentro e fuori lo stadio, ma certamente l’Uefa ha voluto in questo modo offrire in mondovisione una parvenza di regolarità alla sua manifestazione, pur non essendo ancora direttamente responsabile della organizzazione di nessun evento calcistico. Sarà quella storica sentenza del tribunale di Bruxelles che "ha fatto giurisprudenza", grazie alla caparbia volontà di Otello Lorentini, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime dell’Heysel", di citare l’Uefa in giudizio, ad inaugurare una nuova era per il calcio europeo. Quei festeggiamenti oggi a rivederli sembrano puerili. A metà fra l’incoscienza e l’auto rimozione. Alcuni giocatori hanno chiesto scusa. I caroselli delle auto dei tifosi, invece, mi fanno ancora molto schifo".

Il ricordo a volte si è scontrato con la sovraesposizione delle immagini di quella sera. A tuo avviso qual è il punto oltre il quale non si deve andare ?

"Al di là dei media, a me danno molto fastidio i privati che usano le foto più dure, in particolare quelle con i cadaveri in primo piano e con molta naturalezza. Il dolore umano non è uno zoo ! Facebook e altri social spettacolarizzano senza ritegno e controllo quanto sarebbe straziante per chiunque dei loro familiari o assolutamente non adatto per soggetti facilmente impressionabili. Mio figlio ha dieci anni, non ha mai visto quelle foto. C’è un tempo, un luogo e una età per ogni cosa".

Qualche mese fa hai scritto che il sangue versato per quella coppa non appartiene a nessuno se non ai parenti di chi in Belgio ha perso i propri cari. C'è o c'è stata un'appropriazione del dolore che ti dà o ti ha dato particolarmente fastidio ?

"Quella frase infelice del Presidente della Juventus nel 1985, Giampiero Boniperti, che rivendicava quasi la proprietà delle vittime dell’Heysel per difendere il valore sportivo di quella coppa ha fatto male a molti familiari dei caduti. Alcune delle vittime erano anche tifosi di altre squadre o semplici turisti… Il rischio è comunque altrettanto latente per chiunque si accosti all’argomento. Quando l’Heysel si trasforma in una pedana su cui elevarsi in una ribalta squallida al fine di celebrare prima di tutto se stessi con il pretesto della memoria ci si impadronisce di quel sangue… Io stesso ho sfiorato talvolta gli scalini di quel palcoscenico, soprattutto nel fervore dei primi anni d’impegno, ma sono riuscito sempre a rimanere con i piedi per terra".

Credi che la Juve avrebbe dovuto restituire la coppa, come qualcuno le chiese di fare ?

"Non l’avrei restituita, perché non l’avrei proprio ritirata quella sera stessa. Fu consegnata in una cassa di legno da un addetto Uefa negli spogliatoi, poi prevalse l’aspetto ludico e fu portata sotto la curva da Platini. Si potevano incidere almeno i nomi delle vittime, listarla a lutto… Niente di tutto questo. Marcarne la differenza in qualche modo, perché non può essere un trofeo come tutti gli altri, resterà sempre un problema per la società e la maggior parte dei tifosi bianconeri. Fino a quando il rispetto e la memoria non intaccano il valore di quella competizione va tutto bene, in caso contrario meglio la smemoratezza"…

 

In questi giorni dopo mille "problemi" va in scena il monologo sulla tragedia di cui sei uno degli autori. Davvero parlare e rendere note le colpe di UEFA e istituzioni, crea problemi ? Colpe che tra l'altro appaiono storicamente intangibili.

"Questa rappresentazione è la semplice lettura di un testo tratto, per gentile concessione di Novantico editrice, da un libro di Beppe Franzo sulla storia del tifo organizzato juventino negli anni 80. L’autore sono soltanto io. Il monologo a cui fai riferimento che avevo composto con l’attore teatrale Omar Rottoli fu completamente "rivisitato" e stravolto nella forma e nel contenuto da un gruppo di lavoro della Juventus al quale non ho voluto partecipare. Pur essendo di indiscutibile qualità artistica, il nuovo copione non è stato accettato all’unanimità dall’Associazione dei Familiari delle Vittime dell’Heysel. La distanza fra le parti è proprio in quello che mi stai domandando: la denuncia delle verità storiche e processuali. Sono banalmente alla portata di tutti, ma evidentemente creano pruriti ancora a qualcuno. Un vero peccato per tutti, ma non credo vi siano ulteriori commenti da fare, ognuno ha la sua coscienza. Evidentemente trent’anni non sono bastati a condividere una sola Memoria. Vediamo quanti ne passeranno ancora"…

Nei mesi scorsi per merito di Andrea Lorentini, che in quella serata perse il padre Roberto, è rinata l'Associazione del Familiari delle vittime dell'Heysel. Il nonno di Andrea, Otello, ha concretamente fatto tanto affinché non cadesse l'oblio su quella tragedia. A volte (sempre) abbiamo l'impressione che insieme alla Sala della Memoria siate le uniche sentinelle del rispetto. Voi come vi sentite, soli ?

"Fortunatamente ci sono anche altre persone che onorano nell’anonimato o solennemente questa memoria, vedi su tutti il generoso Comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia. Un grazie va rivolto alla tifoseria organizzata che in trent’anni non ha mai dimenticato questa tragedia. Qualche volta, però, è più di una sensazione. Proprio in questi giorni ci è capitato di rischiare di non avere un luogo fisico a Torino dove celebrare la nostra commemorazione solenne nonostante le promesse del Comune. Fortunatamente ci ha pensato la Regione Piemonte… Evidentemente è nel dna di questa Associazione, ma chi le sbarra la strada sappia che abbiamo ereditato nello spirito il piglio indomabile di Otello Lorentini"…

Cosa provi quando durante una partita si infama troppo facilmente la memoria delle trentanove vittime dell'Heysel ?

"Quello che io posso provare è nulla rispetto a quello di un familiare, ma non è meno di quanto per l’offesa gratuita e infame verso altri innocenti morti a causa della violenza nel calcio o per incidenti".

In questi anni, abbiamo assistito a ripetute offese alla memoria delle 39 vittime dell'Heysel. Pensi che sarebbe giusto perseguire penalmente gli artefici di queste nefandezze ? Se sì, hai mai pensato di intervenire, per segnalarli alle autorità ?

"L’indignazione è trabocchevole… Poi mi calmo e penso che la vita prima o poi restituisce sempre al male il male. Chi inquina la sua fonte muore avvelenato. Andrà così".

A trent'anni dall'Heysel, leggiamo cronache di partite che sembrano bollettini di guerra: contusi, feriti, talvolta morti. Da dove dovrebbe partire il cambiamento ?

"Dalle istituzioni del calcio, spesso in mano a certi loschi figuri con troppi poteri che bonariamente definiamo "personaggi"… Dallo Stato che non è in grado di affrontare la problematica confrontandosi con i tifosi stessi e di riscrivere regole ferree, ma non ipocrite, facendo applicare in tribunale semplicemente il codice penale. Dalle società di calcio che dialogano a corrente alternata con la tifoseria organizzata non riuscendo ad essere leali, autorevoli e credibili nei comportamenti e usandoli per puri fini commerciali al punto di riuscire persino a farsi ricattare. Ma il male supremo su tutti è nella assenza di etica sportiva dei padri che inculcano il primato della superiorità ad ogni costo ai figli che si accostano al "gioco" del calcio nei campetti di periferia. Il cancro è questo". Fonte: Giulemanidallajuve.com © 29 maggio 2015 Fotografie: Gazzetta.it © Domenico Laudadio © Rai © Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

 

ESCLUSIVA SALADELLAMEMORIAHEYSEL.IT

Intervista esclusiva per il nuovo libro di Peter Grønlund sul fenomeno hooligans

6 domande sull'Heysel a Domenico Laudadio

di Peter Grønlund

Peter Grønlund è un autore danese specializzato in sottoculture, sito web www.petergronlund.dk. Questa intervista, rilasciata da Domenico Laudadio, ideatore e custode dal febbraio 2008 del sito museo virtuale multimediale www.saladellamemoriaheysel.it, è stata realizzata per un libro sul teppismo inglese pubblicato all’inizio del 2013 in Danimarca.

What is your opinion on the match not being called off ?

"A detta di tutti quelli che erano all’Heysel, ed anche secondo il mio parere, la partita era da disputare assolutamente. In caso contrario sarebbe scoppiata una guerra senza quartiere fra le tifoserie dentro e fuori lo stadio di Bruxelles. Andava giocata a qualunque costo e con qualunque spirito, agonistico o amichevole non aveva importanza, ma si doveva giocare soltanto per ragioni di ordine pubblico. Non c’erano alternative, per il bene di tutti. Quello che si doveva invece evitare è avvenuto soltanto al termine dell’incontro, non durante. Mi riferisco all’esultanza irriverente della squadra con e senza la Coppa in mostra".

There was fighting and stabbings in the city before the match. Did you see any of the violence ? Some of the english people I have talked to didn’t know about the tragedy untill next day. Were you aware that a lot of people had died when the match was played ?

"Scontri violenti fra alcuni gruppetti di tifosi avversari erano già avvenuti nelle ore precedenti il match in vari punti della capitale belga. Anche nella "Grand Place" erano state infrante molte vetrine dei negozi. Pare fosse stato accoltellato un tifoso inglese che le cronache avevano subito dato erroneamente per morto. Quindi, le avvisaglie per la polizia c’erano state tutte, ma a dividere i tifosi, presunti "neutrali", del blocco Z dagli inglesi erano al massimo 7, 8, poliziotti, muniti di radio con le batterie scariche. Io non ero presente allo stadio Heysel, ma in Italia, davanti alla televisione. Ovviamente conoscevo i numeri e la verità. Chi era allo stadio, non poteva sapere i dettagli precisi, ma neanche ignorare che qualcosa di grave fosse veramente successo. Gli inglesi che erano in curva Z non potevano non aver visto i cadaveri portati via sulle transenne di ferro, improvvisate come barelle di fortuna. Gli spettatori nei settori più distanti dello stadio, invece, possono aver misconosciuto la realtà rimuovendo il dramma per paura, per l’assurdità dell’evento, per ignoranza dei particolari, o per l’attesa prioritaria dell’imminente incontro calcistico".

Do you think the players knew what had happened when they played ?

"Per anni lo hanno negato in tanti. Alcuni di loro ancora lo fanno dopo 27 anni da quella sera. Sapevano tutti, nessuno escluso, dei morti, magari non bene di quanti fossero, ma lo sapevano. Glielo avevano detto i tifosi scappati dalla curva ed incontrati sul campo, quelli che erano scesi negli spogliatoi a farsi medicare anche dal medico sociale della Juventus. Sapevano tutto e non volevano più giocare quella finale. Si erano persino fatti la doccia e si erano cambiati d’abito. Boniperti, il Presidente della Juventus, voleva ritirare la squadra, portarla via da lì, ma furono costretti a scendere in campo dalle autorità politiche e militari belghe e naturalmente dall’Uefa. Allora, Trapattoni, l’allenatore, negli spogliatoi prima della partita li ricaricò psicologicamente alla meglio spronandoli a vincere per "vendicare i caduti". Quindi...".

Is there today in the Juventus/italian fanbase a feeling of forgiveness towards Liverpool ?

"Il perdono è impossibile da parte della tifoseria juventina, perché appartiene soltanto ai familiari delle vittime ed ai feriti. Spesso vengono dimenticati, ma ci sono persone che portano danni permanenti nel corpo e nello spirito a causa della barbarie della tifoseria dei reds. Io credo sia una ferita molto profonda ed ancora infetta. Nel 2005, ad Anfield Road, in occasione dell’andata dei quarti di finale della Champions League fra Juventus e Liverpool, di nuovo avversarie in campo a vent’anni dalla finale di Bruxelles, fu organizzata una manifestazione di accoglienza alla tifoseria bianconera e in "Kop" apparve gigantesca la parola "Amicizia", all’ingresso delle squadre in campo. Il sito del Liverpool ha da qualche anno una pagina commemorativa dedicata alle 39 vittime, con i loro nomi e cognomi, a differenza di quello della Juventus che non ha nulla di simile sul suo... Ci sono due targhe commemorative a Liverpool, una dentro il museo dello stadio e l’altra fuori, sul muro di Anfield, inaugurata per il 25° anniversario della strage, alla presenza di Neal e Brio. Ma ciò non è bastato a riconciliare i tifosi. Secondo me, comunque, resta l’ombra di un grave vizio di fondo, nonostante tutte queste lodevoli iniziative: la società e la tifoseria del Liverpool non hanno mai ammesso la responsabilità diretta per il reato di omicidio dei loro infami hooligans. Hanno scaricato tutte le colpe sul muretto caduto, dimenticando l’aggressione vile consumata da parte loro, attraverso cariche di stampo militare, il lancio di pietre, bulloni, mazze, bottiglie di vetro, gli accoltellamenti, i "pugni di ferro" scagliati sui tifosi inermi, il vilipendio dei cadaveri, derubati e derisi... La tifoseria juventina non può dimenticare queste cose... "L’amicizia" è impossibile, si può condividere insieme soltanto la memoria e la preghiera, ma senza ipocrisie. Ognuno a casa sua".

Tickets for block Z were sold to neutrals which ment a lot of italien people got them. Were bad planning by football authorities part of the disaster ?

"Chi ha "bagarinato" singolarmente o come azienda i biglietti del settore Z ai tifosi juventini è moralmente colpevole. Nessuno è stato penalmente condannato per questo nei tre procedimenti giudiziari, ma resta sulla coscienza di queste persone la colpa di un’azione irresponsabile. Certo, l’UEFA aveva pensato a vendere ogni centimetro dello stadio per lucrare sull’incasso più alto possibile. E’ certamente la prima responsabile anche su questo aspetto. Conosceva perfettamente il pericolo di quella tifoseria a livello internazionale. C’erano stati già precedenti di violenza e scontri nella finale di Coppa dei Campioni a Roma, l’anno precedente, contro i tifosi romanisti e la polizia italiana. Quello spicchio di curva andava assegnato soltanto alla tifoseria inglese, fra l’altro, numerosissima. Infatti, il fine dello sfondamento da parte degli hooligans era proprio quello di prendersi tutta la curva, tipico rituale nella cultura ultrà inglese degli anni ’80".

How did and do fans from rival clubs in Italy react ? Respect, abussive ?

"Ci sono state tifoserie che hanno taciuto davanti ai morti dell’Heysel per rispetto o per indifferenza, altre che hanno invece profanato spesso la memoria dei caduti e delle loro famiglie. Molti non sanno e non immaginano che all’Heysel i morti non erano tutti tifosi accaniti della Juventus... Ad esempio, c’erano certamente due tifosi interisti fra di loro, in vacanza al seguito dei loro amici bianconeri. La tifoseria italiana che ha perpetuato l’uso di cori e canzoncine ignobili da subito fino all’ultima domenica del campionato scorso è sempre stata quella della Fiorentina. Addirittura hanno cercato un gemellaggio con i tifosi del Liverpool, mascherandolo per nobili ragioni sportive, ma è stato smascherato e interrotto proprio dai reds su accorata segnalazione via web della tifoseria "nemica" di Torino. E’ stato l’unico contatto ufficiale dall’Heysel ad oggi fra loro, ma la strada della riconciliazione è davvero impraticabile, penso che dovranno passare alcune generazioni...". (NdR: intervista in esclusiva concessa da Domenico Laudadio a Peter Grønlund per il suo libro "Fodboldhæren". E' vietata la pubblicazione)  Fonte: Libro di Peter Grønlund "Fodboldhæren" © 2 agosto 2012 Fotografie: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) © Peter Grønlund © Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

Intervista a Domenico Laudadio

di Benedetto Croce

Oggi intervistiamo per ilblogdialessandromagno.it Domenico Laudadio tifoso Juventino conosciuto soprattutto per essere il creatore della "sala della memoria Heysel" un vero museo virtuale e multimediale sulla tragedia che il 29 maggio 1985 si verificò allo stadio Heysel in occasione della finale di Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus.

Prima di chiederti notizie sulle cose a te più congeniali facciamo una piccola presentazione. Chi è Domenico Laudadio ?

"Non è facile rispondere seriamente a questa domanda, soprattutto se hai già 47 anni ed il primo tempo della vita alle spalle. Facciamo così: un uomo sensibilmente creativo, di professione libraio, con un decennio di teatro amatoriale alle spalle, come autore, regista e attore, padre di un meraviglioso cucciolo. La parte oscura la lasciamo all'oscuro...".

Ti interessi ancora, oggi, alle partite, al calcio giocato, alla Juventus che scende in campo la domenica ?

"Certamente, ma con moltissimo più disincanto per i suoi protagonisti. Questa generazione di calciatori è lontana dalle Juventus e dagli uomini che mi hanno cresciuto... Mi è rimasto il batticuore quando vedo la maglia esposta in un negozio, quando sento gli inni e leggo le poesie che la riguardano o rivedo i vecchi filmati di repertorio. L'emozione più grande resta sempre quella del goal abbracciando forte mio figlio che mi cerca puntualmente e mi butta le braccia al collo appena mi sente esultare".

Cosa ne pensi della attuale squadra guidata da Conte e di Conte medesimo ?

"Una scelta "politica" di Andrea Agnelli, ma condivisibile. Conte è un allenatore giusto per la Juventus in questo momento storico. Perché senza il recupero della mentalità juventina non si può diventare una grande squadra neanche acquistando i grandi giocatori. Farà benissimo, perché ha il crisma della Signora sul cuore... L'ho amato molto da giocatore. Da allenatore ha vinto in serie B due campionati e non è affatto semplice, da sempre. Ha idee, gioco, e sta dimostrando anche una discreta duttilità sugli schemi. Certo, la squadra è una incompiuta... Bisognerà lavorare molto tatticamente, ma soprattutto sulla testa dei giocatori. Bisogna innestare in futuro altri tre o quattro giocatori di spessore internazionale superiore. Nella mediocrità di fondo del campionato nazionale e senza le coppe la Juventus potrebbe anche lottare per lo scudetto. Purtroppo, penso che la difesa così sguarnita ed insicura ci costerà carissima fino a Gennaio. E' il tallone d'Achille della squadra. Ci vogliono subito due grandi difensori centrali per ritornare competitivi ai massimi livelli e Chiellini deve tornare alle sue origini tattiche...".

Sei venuto al nuovo Stadio conti di venirci ? Che te ne pare ?

"E' una vera meraviglia, davvero. Commovente la cerimonia d'inaugurazione. Indimenticabile. Balich ha fatto un capolavoro, pur in qualche fraseggio della manifestazione rasentando l'ermetismo a scanso della retorica nella rappresentazione dei simboli. In primavera conto di fare un salto su a vederlo. A Torino ho tanti amici...".

Siamo pronti in Italia agli stadi senza barriere ?

"Assolutamente no, ma tu dimmi in cosa siamo veramente pronti in Italia ? Viviamo una situazione economica, ma soprattutto sociale e politica deleteria. Non mi è più tanto difficile essere d'accordo con la parte sana degli ultras. Abbiamo bisogno di esempi, non di prediche. E da chi, poi ? Quella ipocrita tessera del tifoso, per carità... Viviamo uno dei periodi etici più squallidi della società civile di questo meraviglioso paese. Ed il mio è un discorso politico a 360°... Non partitico. Viene in mente quella canzone di Franco Battiato: "Povera patria ! Schiacciata dagli abusi del potere... Di gente infame, che non sa cos'è il pudore... Si credono potenti e gli va bene... Quello che fanno; e tutto gli appartiene... Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni ! Questo paese è devastato dal dolore"...

Stai seguendo le vicende relative a Moggi cosa pensi accadrà ? Ci sarà un Moggi bis alla Juve o finirà tutto alla "...scordammoci o passato" ?

"Calciopoli è stato lo stupro scientifico della vecchia Signora, altro che farsa. Lacrime amarissime, non risa. Sinceramente, io non mi sono mai sentito rappresentato nella mia juventinità da Luciano Moggi. E non l'ho mai ritenuto un modello di stile per i suoi comportamenti in tal senso. Farsopoli, però me lo ha reso addirittura più simpatico, quasi subito... Lo ritengo un grandissimo dirigente calcistico e gli riconosco senza dubbio il merito di aver reso imperiale la rosa della Juventus durante la sua gestione, ma allo stesso tempo non condivido questo "processo" di beatificazione al quale lo stiamo elevando un po' tutti. Alcuni suoi atteggiamenti pubblici e nei confronti della nostra tifoseria, in passato, mi hanno anche molto irritato. Ne' santo, né demone, un uomo di calcio... La Juventus può imparare a vincere anche senza Luciano Moggi, a condizione che recuperi la cattiveria e la fame della tigre a digiuno. In campo ci vanno calciatori e allenatore... Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria mi sembra veramente una barzelletta il procedimento penale a suo carico. Auguro al direttore di essere assolto con formula piena e di tornare ad una scrivania di un club prestigioso. Se fosse la Juventus, nessun problema. Sarà il benvenuto e, nonostante la sua bella età, sarebbe ancora in grado di fare la differenza...".

Bene Domenico, veniamo alle domande che più mi incuriosiscono su di te e che penso incuriosiscano i nostri lettori. Come è nata l’idea di realizzare una sala della memoria sull’Heysel e perché è nata ? Hai forse perso qualcuno di caro in quella tragedia ?

"Non in quella partita, ma già tre anni prima, nel 1982 sono rimasto orfano di mia madre, stroncata a 53 anni da un tumore maligno in quattro mesi. Questa esperienza mi ha reso particolarmente sensibile al tema della morte, al distacco e alla memoria come forma d'amore perpetuato attraverso la rievocazione dei ricordi. Il sito nasce per chiedere perdono ai caduti ed alle loro famiglie di aver esultato anche solo con un pugno al cielo, incrociando una macchina con la bandiera fuori dal finestrino che strombazzava per Bari, come se nulla fosse successo. Non me lo sono mai perdonato. L'idea è venuta impellentemente davanti al muro di gomma che mi si è presentato negli ultimi cinque anni proponendo alla società una Sala della Memoria nel nuovo stadio di Torino e rivendicando una pagina in memoria sul sito ufficiale della Juventus. Ho pensato, allora: "La faccio io !." La capa tosta e l'orgoglio pugliese hanno fatto il resto. Conte viene dalla terra degli ulivi come me...".

E’ stato difficile realizzare il sito, sei stato aiutato da qualcuno ? Al tuo sito si sono interessate anche le famiglie delle vittime o hai fatto tutto da solo ?

"A digiuno di conoscenze di linguaggi di programmazione, ho chiesto aiuto alla mia compagna che ha realizzato la pagina sommario. Da quel momento in poi è nata una operazione forsennata di artigianato informatico individuale. Un lavoro non difficile di per sé, ma esigente in termini di tempo e attenzioni. Il sito museo ha subito due ristrutturazioni. La prima nel 2010. Ora è in completamento la seconda, quella probabilmente definitiva. Le famiglie delle vittime non hanno mai ispirato questa iniziativa. Ovviamente nel tempo, scoprendola, se ne sono compiaciuti".

Mi hai detto spesso in passato che il libro che si avvicina di più alla verità su quella tragedia è "HEYSEL storia di una strage annunciata" di Francesco Caremani. Mi sapresti dire perché ti sei fatto questa idea se ci sono altri libri che non conosco che meritano di essere letti e perché invece altri libri non sono particolarmente veritieri ?

"Sono tutti buoni e utili i libri che sono stati scritti sulla tragedia dello stadio Heysel. Ognuno ha un taglio diverso nella narrazione. La verità non è mai stata lontana dal campo, ma non si è voluta guardarla con gli occhi. Troppo dolore e troppa vergogna. Francesco Caremani oltre ad essere un valente giornalista è coinvolto direttamente nel dramma. Roberto Lorentini, il medico morto a Bruxelles nel tentativo di rianimare un bambino, era un caro amico della sua famiglia. Credo fosse costretto a dare emotivamente un tributo più umano alla causa. Francesco ha raccontato le vicende scomode prima, durante e dopo il processo, ma il suo merito più grande è quello di aver diluito nell'inchiostro la prorompente energia e il grido orgoglioso di giustizia di Otello Lorentini, il Presidente fondatore dell'"Associazione fra i familiari delle vittime", sciolta al termine dell'ultimo processo nel 1991. Per questo il libro di Francesco resterà sempre "La Bibbia dell'Heysel" come lo ha definito Emanuela Casula, sorella di Andrea e figlia di Giovanni, caduti insieme a Bruxelles. Francesco ci ha anche molto pianto scrivendolo. Sono quelle lacrime a fare la differenza e si avverte nel sottotesto, leggendolo...".

Sei in contatto con le famiglie delle vittime ?

"I miei rapporti con alcune di loro sono rigorosamente e volontariamente ispirati al rispetto e ad un sano e consapevole pudore. Non ho mai varcato questo confine e credo sia giusto così... C'è molta dolcezza, sicuramente...".

Si è parlato (e abbiamo fatto una raccolta firme insieme) di realizzare una sala della memoria vera nel nuovo stadio della Juve. Sai dirmi in proposito a che punto siamo ?

"Ci sarà certamente un "angolo della memoria" nelle sale del museo del club attualmente in allestimento. Penso sia pronto per la primavera del 2012. E' l'unica certezza di cui dispongo al momento. Sento di dividere con altri il successo dell'iniziativa. Il forum vecchiasignora.com che è stata l'incubatrice della petizione popolare e del mio sogno sin da subito. La spinta affettuosamente mediatica dell'amico Nicola de Bonis e della sua trasmissione "Stile Juventus" ha costruito virtualmente molti dei mattoni necessari a erigere quella benedetta "Sala". Ma senza la discesa in campo di Beppe Franzo e di Annamaria Licata, la cara Miss RadioJuveWeb del gruppo Orgogliogobbo, senza il loro aiuto concreto, disinteressato e appassionato alla causa, compattando nella medesima lettera inviata alla società tutti i gruppi Ultras delle due Curve, i principali Siti e forum bianconeri sul web, senza il prezioso aiuto dietro le quinte di Claudio "Il Rosso", e di alcuni familiari delle vittime, non credo ci sarei mai riuscito. Un soldato senza esercito non vince mai le battaglie da solo, ma anche i comandanti sono importanti... A onore del vero è risaputo che la Juventus Football Club a me personalmente non ha mai risposto in privato, neanche formalmente, alla proposta della Sala, dal 2008 ad oggi... Ma va benissimo anche così"...

Hai fiducia a riguardo, nella nuova dirigenza e nel Presidente Andrea Agnelli ?

"Il Presidente Andrea fino ad ora sta mantenendo tutte le promesse riguardanti l'Heysel. Per il 25° ha scritto ai familiari delle vittime ed ha officiato una cerimonia di commemorazione in sede a Torino, purtroppo parallela a quella della tifoseria. Mi aspetto da lui che si mescoli al popolo bianconero in futuro e che ci sia "un unico giorno della memoria" da celebrare insieme, familiari delle vittime, tifosi, ultras e società. Certo, dopo 25 anni di semi indifferenza e irritante distacco e silenzi della Juventus, di tutte le dirigenze da Boniperti a Blanc, non è poco... Sta crescendo insieme alla sua Signora. Lasciamolo lavorare serenamente. Ha il sangue giusto per impalmare la Signora e farla felice...".

Hai mai parlato con Andrea Agnelli ? Che impressione ti ha fatto ? Ho saputo che ha invitato le famiglie delle vittime all’inaugurazione del nuovo stadio e durante l’intervallo è andato a trovarle personalmente e lontano dalle telecamere, gesto che hanno particolarmente apprezzato. Ma ho saputo che l’invito pare non sia arrivato a tutti tu sai se è così e perché ?

"Una volta è entrato in libreria, dove lavoro. Qualche settimana prima dell'elezione a Presidente. Si aggirava da solo a curiosare fra gli espositori, non l'ho disturbato... Il suo sguardo durante la cerimonia d'inaugurazione del nuovo stadio, mentre i 39 palloncini bianchi salivano in cielo, era specchio fedele del suo animo sensibile. Ho saputo dell'incontro con i familiari in tribuna. Gesto bello perché lontano dalle telecamere, ma indubbiamente doveroso... Gli inviti sono stati generosi nelle intenzioni, ma purtroppo la macchina organizzativa dello staff ha commesso degli errori, per dirla alla Moratti "antippatici", ma certamente in buona fede... Un errore simile, a sensazione, non credo che il Presidente Andrea lo permetterà mai più in futuro, ma è un argomento troppo delicato e non sono io la persona giusta per affrontarlo. Il passato colpevolmente "manchevole" della società nei rapporti con le famiglie dei caduti ha alimentato in alcuni casi specifici molta diffidenza e rancore...".

C'è stato un lungo processo dopo l’Heysel, forse più di uno, puoi dirmi come sono andati a finire, se ci sono state delle condanne ?

"6 anni e 3 gradi di giudizio. Molto in sintesi, in cassazione questo il verdetto finale: 9 hooligans condannati a 4 anni, con la condizionale e 60.000 franchi di ammenda. Altri 3 condannati a 5 anni con la condizionale e 60.000 franchi d'ammenda. Ad Hans Bangerter, Segretario dell' Uefa, 3 mesi con la condizionale e 30.000 franchi di ammenda. Assolto il Presidente Jaques Georges. 3 mesi con la condizionale e 500 franchi di multa al maggiore Michel Kensier della Gendarmeria. Assoluzione per il capitano Mahieu della Gendarmeria, Hervè Brouhon, Sindaco di Bruxelles, Vivianne Baro, Assessore allo sport, Albert Roosens, Segretario dell'Unione Calcio belga. Secondo il reddito dichiarato le somme di risarcimento delle famiglie delle vittime dei feriti variarono da 14 a 400 milioni in lire, ripartite fra Stato e Federazione belga e Uefa. L'aspetto più eclatante è l'inaspettata condanna della UEFA, in cassazione. Per merito di un anziano signore aretino, che risponde al nome di Otello Lorentini, ferito nel cuore dalla morte precoce e assurda di un figlio, dal 1991 l’UEFA è responsabile della sicurezza degli impianti sportivi durante le competizioni internazionali di calcio... Per la sicurezza degli stadi la comunità europea ed il calcio devono questo alla tenacia ed alla disperazione di un piccolo grande uomo, così...".

 

 Boniek, in polemica per la mancata assegnazione della stella nello stadio, ha detto che lui è l’unico che ha devoluto il premio di quella sera alle famiglie delle vittime. Ti risulta? Altri giocatori si son mai interessati alla vittime di quella tragedia ?

"Boniek dice sempre tante cose, a volte anche troppe. Non ci sono affatto prove documentali a riguardo e comunque sia ciò non toglie e non aggiunge nulla al fatto che lui come tutti i suoi compagni ha festeggiato indecorosamente in campo una coppa dei campioni che rispetto alle vite dei poveri tifosi caduti valeva in quel momento quanto un portaombrelli... I calciatori di quella Juventus sono sempre restati a debita distanza e hanno rimosso, chi prima, chi dopo, l'evento. Un lutto mai elaborato, si direbbe in psicologia. Bisogna allo stesso modo menzionare il gesto molto bello di Michel Platini e di Stefano Tacconi, ritornati a Bruxelles due giorni dopo la finale a trovare i feriti in ospedale. Rosalina Vannini, vedova di Giancarlo Gonnelli, morto all'Heysel, quel giorno era a Bruxelles al capezzale della figlia Carla, salvata miracolosamente dalla morte dalla respirazione artificiale di un tifoso del Liverpool. Mi ha scritto di "abbracciarli" da parte sua, nel caso li avessi incontrati al 25° a Torino...".

La Juventus si è mai interessata alle vittime di quella tragedia. E il Liverpool ?

"In un primo momento ci fu subito una raccolta di denaro dei calciatori e della Fiat. Poi è calato il lungo inverno. Qualche messa in suffragio, qua e là. Una stele "bonsai" in sede, voluta da Giampiero Boniperti con un epitaffio di Giovanni Arpino. A parte il 2005, per la partita con il Liverpool, il ritorno della Juventus ad una cerimonia di commemorazione pubblica lo si deve al presidente Giovanni Cobolli Gigli, intervenuto ad Arezzo durante l'intitolazione del Piazzale antistante lo stadio comunale alla memoria di Roberto Lorentini. Pensa che al ventennale di Bruxelles la Juventus inviò a rappresentarla Riccardo, il figlio di Gaetano Scirea, ma dimenticò d'inviare una corona di fiori... Per quanto riguarda il Liverpool, solo cose positive. Il sito ufficiale del Liverpool ha una pagina di commemorazione con i 39 nomi delle vittime mentre quello della Juve no... Due targhe ad Anfield Road, una dentro al museo, l'altra sul muro dello stadio. Un tentativo di riappacificazione nel 2005, in occasione della partita di andata dei quarti di finale di Champions League fra Liverpool e Juventus, a vent'anni esatti dalla tragedia, con la cerimonia voluta sottobanco dall'Uefa e con la consegna di una targa in memoria che ora è integrata al monumentino in sede. Ricordiamo nella medesima sera la scritta "Amicizia" composta da tasselli bianchi e rossi apparsa in Kop prima del minuto di raccoglimento. Ricordiamo la rinuncia al gemellaggio con la Fiorentina ad Anfield per "rispetto" della tifoseria bianconera... C'è, però, un grande equivoco di fondo. Il Liverpool, società e tifosi, ha sempre dato la colpa al muro che è crollato. Non ha mai riconosciuto la causa reale della tragedia nell'aggressione criminosa degli hooligans. Qualcuno timidamente sostiene che vi furono provocazioni prima dello sfondamento, si parla di accoltellamenti fuori allo stadio, di un bambino inglese picchiato a cui fu sottratta una bandiera. Leggende metropolitane e realtà si mescolano da ventisei anni. Ad ogni modo la verità inconfutabile è che la tecnica adottata dalla massa dei reds per occupare il settore Z fu di tipo militare e comandata da un ufficiale reduce dalla guerra delle Falkland... Di cos'altro dobbiamo parlare ? Hanno aggredito selvaggiamente persone innocenti, deboli ed inermi, questa è l'unica verità storica incontrovertibile. E non ci sarà mai pace e amicizia con loro se non lo vorranno prima i familiari delle vittime che sono gli unici a poterli perdonare. E secondo me loro dovrebbero chiedere perdono, in modo solenne. Magari, in ginocchio, o faccia a terra, davanti a loro. Ovviamente, nel mio sito, mi farò garante sempre del dialogo con vecchi e nuovi reds, ma senza ipocrisia...".

Che tu sai le famiglie hanno mai avuto un risarcimento. Dallo stato italiano, dalla Juve, dallo stato belga o dal Liverpool ecc… Da qualcuno insomma ?

"Dai testi che ho consultato risulterebbero: 6 milioni di contributo CEE, 5000 sterline dal governo britannico, 3 milioni dal Governo italiano e altri milioni dalla fondazione "Edoardo Agnelli" che raccolse 18.078.000 lire dalla Juventus Football Club. 100 milioni a testa versati alle vittime dalla Fiat e dall'Ifil. 7 milioni a testa da ciascuno dei calciatori della Juventus. 639 milioni da privati e gruppi juventini. 0 lire dalla Lega e 0 lire dalla Federcalcio italiana".

C’è una figura direi poco chiara dietro a questa tragedia ed è Giampiero Boniperti. Sapresti spiegarmi il perché è vista cosi ?

"Io sono molto legato a Giampiero Boniperti e gli voglio bene. Devo purtroppo lamentare che avrebbe dovuto ritirare la squadra negli spogliatoi al termine della partita ed impedire quei festeggiamenti prolungati. Vietare il rientro in campo e sotto gli spalti con la coppa in mano a Michel Platini. Lui non aveva giocato, doveva mantenere lucidità... Quella coppa poteva restare in quella cassetta di legno nella quale giaceva al momento della consegna alla chetichella da parte di un dirigente Uefa alla Juventus negli spogliatoi. Per sempre nella sua bara di legno. Come i nostri poveri angeli dell'Heysel. E l'errore più imperdonabile fu commesso dal Presidente a Caselle. La coppa non andava mostrata alla discesa dall'aereo in segno di lutto. Cannavò aveva ragione... A mio parere, la macchia più grave della nostra cara storia juventina fu scritta proprio quella mattina infausta. Altro che calciopoli... In seguito, con l'avanzare dell'età, Boniperti ha rilasciato sempre dichiarazioni lievemente farneticanti sul significato di quel trofeo. "Quel sangue" appartiene solo ai familiari delle vittime, caro Presidente... Bisogna comunque concedergli come attenuante l'assurdità e la drammaticità di quanto vissuto in meno di un giorno".

Sento dire spesso da amici miei della curva che han fatto più loro per le famiglie che chiunque altro. E’ una frase fatta o è vero ?

"Certe storie di solidarietà non le metto certo in piazza. L'unica verità è che effettivamente gli Ultras sono stati d'esempio sull'Heysel, gli unici a non tradire mai la memoria delle vittime e la solidarietà alle loro famiglie".

Cosa ti spinge a continuare questo impegno a distanza di 25 anni ?

"Amore".

C’è qualcosa che non sai che ti sfugge e che vorresti assolutamente sapere su quella tragedia ?

"E' un mosaico di cui abbiamo recuperato oramai quasi tutte le tessere, qualcuna magari è un pochino scheggiata... L'immagine che ne risulta è inequivocabile. Quelle poche mancanti sono irrecuperabili perché giacciono in fondo alla coscienza degli uomini di quel 29 maggio 1985. Solo Dio conosce tutta la verità. Che vuoi che ne sappia, io, sono solo il custode di un museo...".

Concludo con una domanda che faccio a tutti prima di salutarci. C’è qualcosa di cui avresti voluto parlare e che non ti ho chiesto ? E se sì, dimmi pure ?

"No, va benissimo così... Sull'Heysel bisogna imparare a parlarne mai a vanvera e sempre nelle occasioni giuste. Tutto il resto è memoria, preghiera e silenzio"...

Grazie Domenico alla prossima allora.

"Di nulla, un onore per me. Grazie a te e onore ai 39 angeli dell'Heysel". (NdR: intervista in esclusiva concessa da Domenico Laudadio al blogger Benedetto Croce per il suo dominio Ilblogdialessandromagno.it) Fonte: lblogdialessandromagno.it © 5 ottobre 2011 Fotografie: © GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

 
 

Intervista esclusiva di Giacomo Aricò a Domenico Laudadio

"Juventus: dalla Z alla Arena"

Intervista per la stesura della mia tesi di laurea all' ideatore e custode del museo virtuale multimediale dedicato alle 39 vittime dello stadio Heysel di Bruxelles.

Giacomo Aricò: La memoria è un atto etico, un legame che ci unisce ai morti. C’è il pericolo di attribuire troppo valore alla memoria e poco al pensiero ?

Domenico Laudadio: "La memoria nel nostro paese spesso è come un involucro di plastica, svuotato della spontaneità e del sentimento, osservata come un precetto da chi vuole lavarsi la coscienza di perbenista ipocrita, avulsa acriticamente dal giudizio impietoso della storia. Come se davvero la morte cancelli le responsabilità dei carnefici assieme alla presenza fisica delle loro vittime. Assistiamo tante volte durante l'anno a cerimoniali spenti, a fredde recite di parole disincantate. Mi viene in mente, ad esempio, la giornata del 25 Aprile che divide gli italiani, anziché riunirli, nel rispetto delle ragioni storiche, da vincitori e vinti. Il ricordo serve più ai vivi che ai morti. In questa visione tutt'altro che passivamente vittimistica si colloca il mio personale modo di celebrare la memoria, una palestra per i pensieri coraggiosi, non il loro annichilimento di fronte al dolore rivisitato con slogan scimmiottati dai media, privandola della verità dei fatti. I pensieri sull'Heysel, a circa ventisei anni dalla tragedia, non leniscono la rabbia verso i responsabili della strage, non restituiscono i loro cari ai familiari delle vittime, ma dovrebbero coagularsi in un sentimento comune, all'interno di un luogo fisico, una sala della memoria nel nuovo stadio di Torino, come accade nel mio sito museo virtuale multimediale. In questo modo la memoria è la madre dei pensieri attivi che nutriranno la verità nella testimonianza ai posteri".

Giacomo Aricò: Sei d’accordo con quanto afferma Susan Sontang in "Davanti al dolore degli altri" sul fatto che il problema non è che ricordiamo grazie alle fotografie ma che ricordiamo solo quelle ? Il ricordo attraverso la fotografia può eclissare altre forme di comprensione e di ricordo ?

Domenico Laudadio: "Penso che siamo dal primo vagito abili fotografi della realtà circostante. Le fotografie che ci portiamo dentro sono leve del motore delle emozioni. Ho fatto teatro per dieci anni. Conosco le potenzialità evocative delle voci dell'anima... Le fotografie sono attimi di vita imbalsamati, le muoviamo noi nella immaginazione esattamente come un attore rigurgita il personaggio sulla scena, facendo verità nella finzione. In realtà certe fotografie sono come le icone religiose, possono dire tutto e il contrario di tutto, è una questione di fede. La memoria delle cose s'incarna nei lineamenti delle immagini, vive nello sciame delle nostre passioni consce ed inconsce, nel turbinio che le ammanta di simboli".

Giacomo Aricò: Nel libro di Emilio Targia racconti quella tua esultanza dopo la partita, istintiva e rabbiosa: "aggiunse vergogna alla vergogna". Eri però un tifoso. Cosa ne pensi delle esultanze dei giocatori ? Quanto è credibile spiegare certe esultanze, giocatori e tifosi, come espressioni di disperazione e rabbia profonda ?

Domenico Laudadio: "Penso sia l'unica vera macchia indelebile della storia della Juventus. Non li condanno per il dopo partita perché credo abbiano vissuto, in una sorta di trance collettiva assieme ai loro tifosi, una situazione paradossale nella quale la vita e la morte si contraddicevano a vicenda, autogiustificandosi. Trovo molto più vergognoso aver alzato il trofeo all'aeroporto di Caselle, la mattina dopo, un pugno al cuore per i familiari delle vittime. Non credo ci possano essere giustificazioni per questo da parte della Juventus. La vergogna è un dato, inconfutabile, la memoria affettiva verso le vittime ed i loro familiari la sublimi. Io chiedo perdono alle vittime ed ai loro familiari attraverso il mio sito soprattutto da juventino".

 
 

Giacomo Aricò: Dopo anni di silenzi e di commemorazioni molto formali quasi obbligate esclusivamente dal calendario, la Juventus costruisce il suo stadio e all’interno dedica un luogo (Blanc parla di un monumento) alle vittime dell’Heysel. Nemmeno nel sito ufficiale c’è uno spazio ben visibile (solo una sottosezione in "Storia" che comunque carica un file esterno in cui c’è giusto l’elenco dei morti e la frase "La Juventus e i tifosi non dimenticheranno mai"). Quanto è importante che la Juventus ricordi questo fatto nella sua nuova "casa", rendendolo parte portante delle proprie mura accendendo il ricordo ogni giorno (tenendo conto che sarà uno stadio che "vive" sette giorni su sette) ?

Domenico Laudadio: "E' un atto dovuto, colpevolmente tardivo, ma tengo a precisare che i migliori in campo in tutti questi anni sono stati soltanto gli Ultras della Juventus e pochissimi altri. La loro memoria è stata sempre puntuale e sinceramente affettuosa. La maggior parte di essi rinnegano quel trofeo e mi sono stati sempre vicini e solidali nella costruzione del sito, fornendomi reperti, ringraziandomi, pur non militando in gruppi del loro tifo organizzato. La Juventus Football Club, invece, mi ha sempre snobbato, mai mi ha degnato di una lettera di risposta formale alla mia ripetuta proposta di intitolare una sala della memoria all'interno della nuova struttura di Torino. Nessuno dei tre Presidenti che si sono succeduti dal 2006 ad oggi. Nessuno degli addetti alla comunicazione. Trovo questo atteggiamento nei miei confronti una mancanza del proverbiale "stile" e più concretamente di buona educazione, ma è praticamente nulla rispetto all'indifferenza verso le famiglie delle vittime dei decenni trascorsi. Io vorrei che il monumento ai caduti fosse vivo, non di bronzo. E' un fatto di cuore, non di materia".

Giacomo Aricò: Il tema della stella regna nel nuovo impianto: 50 campioni-stelle della Juve e le stelline riservate ai tifosi. Sembra che la Juventus dopo Calciopoli voglia ricordare il passato per scrivere il futuro e farlo insieme ai suoi tifosi, sempre più stakeholder attivi nella crescita (anche e soprattutto economica) della società. Fare un passo indietro per farne due avanti. Il ricordo dell’Heysel, dopo 26 anni, come si può leggere ? Una sconfitta o una vittoria ? Vale la frase "non è mai troppo tardi" ? Trovi che sia un tentativo per pulirsi un po’ la coscienza ?

Domenico Laudadio: "La memoria non è mai una sconfitta, anche se postuma, ed è la vittoria di tutti, vincitori e vinti, vittime e carnefici che possono espiare la colpa solo attraverso il riconoscimento del proprio misfatto nel ricordo. Apprezzo molto la volontà della nuova dirigenza ed in particolare del Dottor Andrea Agnelli di rielaborare finalmente in un modo visibile il lutto della società per i caduti. Resta amaro, ad ogni modo, il disappunto per le omissioni societarie dei decenni precedenti".

Giacomo Aricò: L’Heysel, su cui si è scritto e parlato molto, è un simbolo, una lezione. Qual era e quale può essere ancora oggi la forma e il modo giusto per ricordarlo e per insegnarlo alle generazioni future ? Un monumento pubblico ha una forma e un significato maggiore rispetto alla lapide nascosta e più intima fatta mettere da Boniperti nel cortile interno della sede della società ?

Domenico Laudadio: "L'Heysel è un fatto storico unico nel suo genere. Non il primo caso in cui si muore di calca in uno stadio. Ma è la prima ed unica volta in cui si assiste ad una serie di cariche armate di tipo militare su spettatori avversari inermi, indisturbate dall'impreparazione non solo tattica, ma mentale dalla polizia belga. Un'aggressione omicida dal sapore etnico e barbarico che non è paragonabile a nessuno scontro fra ultrà avversari dentro e fuori gli stadi. Il monumento è un'opera d'arte, l'Heysel ha bisogno di spazio nel cuore di un giovane che si accosta allo sport. L'idea di una sala museo nel nuovo stadio potrebbe didascalicamente fornire un corredo di nozioni ed emozioni maggiormente consoni alla dignità di questa dolorosa memoria rispetto ad un pachiderma di pietra o di ferro. Non è tanto una questione di visibilità, ma di profondità del messaggio contro la violenza nello sport di ogni ordine e grado".

Giacomo Aricò: Provando a fantasticare, come la faresti tu la "Sala della memoria" nel nuovo stadio ? Quale significato avrebbe, quale valore, quale simbolo dovrebbe rappresentare ?

Domenico Laudadio: "Immagino un salone molto ampio, semibuio, in sottofondo l'audio della diretta del pre-partita di Bruno Pizzul, un enorme schermo panoramico su cui proiettare le immagini dell'evento, un corredo multimediale di fotografie ed articoli di stampa sui muri perimetrali ed una grande bacheca a forma di numero trentanove con cimeli e reperti della partita. Un museo della memoria a tutti gli effetti. Sarebbe fortemente simbolico porre il monumento commemorativo al centro di questa sala, circondato in un fossato, ove deporre fiori, dalle foto dei trentanove "angeli". Riposta in una cassetta di legno, imballata così come era stata consegnata furtivamente alla Juventus negli spogliatoi, la Coppa dei Campioni ai suoi piedi. Si potrebbe rimettere le cose a posto moralmente. Quella coppa ai piedi di chi è morto innocentemente senza poterla festeggiare e nel legno di una cassa come le bare che hanno accolto i loro corpi violati. Qualcuno vorrebbe restituirla. Questo sarebbe un modo di ridimensionarla allo stato dell'acciaio, di ristabilire un po' le cose eticamente. Nella sala dei trofei della Juventus Football Club accanto alla meravigliosa Champions League vinta in Italia allo stadio Olimpico di Roma, sarebbe più giusto posare una targa dorata con i 39 nomi delle vittime. Possiamo anche conteggiarla come vinta, ma sappiamo molto bene che quella Coppa di fronte ai trentanove tifosi morti non può contare niente". (NdR: intervista in esclusiva concessa da Domenico Laudadio a Giacomo Aricò per la sua Tesi di Laurea in Scienze delle Comunicazioni. Si prega chiunque voglia utilizzarne i contenuti di chiederne autorizzazione) Fonte: Tesi di Laurea di Giacomo Aricò "Juventus: dalla Z all'Arena" © 18 aprile 2011 Fotografie: © GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

Museo Virtuale Multimediale © Domenico Laudadio Copyrights 2009 (All rights reserved)