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GIAMPIERO BONIPERTI
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Intervista Giampiero Boniperti
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Presidente Juventus Football Club

(In Tribuna allo Stadio Heysel il 29.05.1985)

 

Boniperti ricorda Heysel: "Tenemmo la coppa, il sangue era nostro"

di Roberto Beccantini

TORINO - Venticinque anni e trentanove morti dopo, l’Heysel continua a "vivere" con noi e, spesso, contro la pigrizia della nostra memoria.

Presidente Boniperti, è così ?

"Io c’ero, e chi c’era, non potrà mai dimenticare. Ripeto: mai. Qualche volta, lo confesso, vorrei vigliaccamente rimuoverlo ma come si fa ? E poi non sarebbe nemmeno giusto".

Un’immagine, una sola.

"Le bare in ospedale, la mattina dopo. L’una vicina all’altra, molte con sciarpe bianconere. Erano tutti dei nostri. Uomini, donne, bambini: non è possibile crepare per una partita di calcio".

Non si doveva giocare.

"Non si doveva giocare all’Heysel. È diverso. Uno stadio così vecchio, e così mal presidiato. Di poliziotti in campo, o comunque dentro, ne ricordo uno. E poi...".

E poi ?

"E poi chi fossero gli hooligans, e come si comportassero in trasferta, era di dominio pubblico. La gendarmeria belga sbagliò su tutta la linea. Per tacere delle agenzie che vendettero biglietti "promiscui", affiancando le famigliole dei nostri tifosi ai teppisti del Liverpool, ubriachi fradici e cotti dal sole. Una vergogna. Fu una vera e propria caccia allo juventino, il muretto del settore Z crollò alla prima pedata".

D’accordo, la scelta dell’Heysel fu sbagliatissima: e la volontà di scendere in campo comunque, no ?

"La Juventus non voleva giocare. Il Liverpool neppure. Ci obbligarono l'UEFA e le autorità belghe. Temevano che l’effetto rinuncia avrebbe spinto alla rivolta gli altri settori. Nel 1985, non c’erano ancora i telefonini. Chi era dall’altra parte dello stadio, non poteva percepire l’entità del dramma. Lo avrebbe capito da un improvviso ritiro delle squadre, dalla cancellazione della finale. E allora, dissero per convincerci, sarebbe stato non più un inferno, ma l’apocalisse".

I giocatori però sapevano.

"Può immaginare la confusione, il caos. Barelle, sirene, urla strazianti. Cercammo in tutti i modi di non far entrare la notizia nello spogliatoio. Per questo, impedii fisicamente a Edoardo, il figlio dell’Avvocato, di parlare con i ragazzi. Edoardo lo ricordo vagare per il campo: non riuscivano a portarlo via. Lo trascinai in uno stanzone e gli intimai di non muoversi da lì. Suo padre, non appena arrivò e venne informato, disse all’autista di tornare indietro".

 

E la gioia di Platini, allora ?

"Da fuori è facile parlare. Io ero là, travolto dalle emozioni. Cercavo mia moglie, in tribuna con mio figlio Giampaolo, che a sua volta cercava Alessandro, l’altro figlio che si era spinto verso la curva maledetta. A Platini dicemmo di non fare il giro d’onore, di portare la coppa solo dalla parte dei nostri".

Perché non informaste i giocatori ?

"Perché, in caso contrario, credo che molti non avrebbero giocato, mentre ci era stato imposto di farlo. Ricordo che l’avvocato Chiusano mi disse che non si doveva giocare, assolutamente. Se non mi avessero tenuto, gli avrei dato un pugno. Proprio a me, veniva a dirlo".

La Coppa, almeno quella, avreste dovuto riconsegnarla. Lo ha ammesso anche il Trap.

"Per cinico che possa sembrare, la partita fu vera. Falso, solo il rigore: Boniek venne falciato nettamente fuori area ma l’arbitro era nell’altra metà campo, sorpreso dal lancio di Michel, non molto lontano da lui. E poi il sangue era nostro. Litigai con Candido Cannavò che non aveva gradito quella coppa così esposta a Caselle; col senno di poi può essere che non avesse tutti i torti, ma in quei momenti eravamo travolti da un dramma immane, da pulsioni fortissime".

Con i parenti delle vittime ci sono state delle incomprensioni.

"Ho fatto il possibile, in tutti questi anni. Il tasto è molto delicato, preferirei non parlarne".

Boniek ha sempre dichiarato che non ritirò il premio partita.

"Zibì fece come gli altri. Nessuno avrebbe voluto giocare, noi per primi: quante volte devo ripeterglielo ? Ma ci fu ordinato, e giocammo. E il Liverpool non giocò per finta, anzi".

La lezione dell’Heysel ?

"Molto semplice, molto amara: gli inglesi sono stati più bravi di noi. Fra l’Heysel e la tragedia di Hillsborough (1989, semifinale di coppa d’Inghilterra fra Liverpool e Nottingham Forest, 96 tifosi dei Reds morti per soffocamento), hanno fatto punto e sono andati a capo. La svolta coinvolse tutti, dal governo alle autorità sportive alla gente comune: guerra sistematica agli hooligans, rifondazione degli stadi e del concetto-stadio, certezza delle pene. Noi, viceversa, siamo rimasti, come ci capita spesso, a metà del guado".

Parole, parole, parole.

"Appunto. Le chiedo: com’è possibile che Genoa-Milan del 9 maggio 2010 sia stata disputata a porte chiuse per l’uccisione di un tifoso genoano (Claudio Vincenzo Spagnolo, accoltellato dall’ultrà milanista Simone Barbaglia) avvenuta il 29 gennaio 1995, cioè più di quindici anni prima ?". Fonte: La Stampa © 29 maggio 2010 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Shutterstock.com © Pngegg.com © Gianni Valle ©

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