|
|
|
Appuntamento a Liverpool
Marco Tullio Giordana
|
|
|
|
La regista di "La
Civil" Teodora Mihai firma
il film
drammatico sullo stadio di calcio "Heysel 85"
La regista rumena
Teodora Mihai, della quale "La Civil" proiettato
a "Cannes Un certain Regard" nel 2021, dirigerà
il lungometraggio "Heysel 85" sul disastro dello
stadio Heysel in cui morirono 39 persone durante
la finale europea di calcio del 1985. Prende il
posto del regista originale Hans Herbots che ha
abbandonato a causa di conflitti di
programmazione. Il progetto è prodotto dalla
società di produzione belga Menuetto Films; il
co-fondatore Hans Everaert ha presentato il
progetto questa settimana al Connext, la
piattaforma in cui i nuovi lavori
cinematografici e televisivi delle Fiandre e di
Bruxelles vengono presentati all’industria
internazionale. Everaert ha spiegato che il film
sarà ambientato completamente nelle "catacombe",
la parte sotterranea dello stadio Heysel dove
venivano portati i cadaveri. Il protagonista
principale è il rappresentante del sindaco di
Bruxelles. La narrazione seguirà un sindaco
distratto e i sostenitori che devono farsi
carico della risposta pubblica all’evento. La
partita di calcio tra Liverpool e Juventus andò
avanti nonostante la morte di 39 persone". Mi è
venuta in mente Teodora poiché "La Civil" parla
anche di una forte protagonista femminile", ha
detto Evereart spiegando il motivo per cui si è
avvicinato a Mihai. Ha detto che il film unirà
anche "forti emozioni e azione". Il progetto
gode già del finanziamento del Fondo audiovisivo
delle Fiandre (VAF) e del Fondo cinematografico
olandese, nonché del sostegno allo scudo fiscale
belga. Il co-produttore olandese è Topkapi.
Anche Kinepolis Film Distribution è entrata a
far parte di quella che Everaert definisce "una
sostanziale MG". "E poiché Teodora è ora a
bordo, si aprono opportunità di co-produzione
con la Romania", ha aggiunto il produttore.
"Co-produrremo con Cristian Mungiu di Cobra
Films e dalla comunità francese co-produrremo
con i fratelli Dardenne (through Les Films Du
Fleuve)". Everaert ha detto che spera di portare
in Italia anche Wildside, suo partner nel film
vincitore del Premio della Giuria a Cannes "Le
otto montagne", richiederà il sostegno pubblico
italiano a novembre. "Stiamo finanziando il
resto di ciò di cui abbiamo bisogno e gireremo a
ottobre o novembre del prossimo anno. Questo
sarà il periodo di tempo per il rilascio
nell’autunno del 2025". Il film sarà girato in
olandese, francese, inglese e italiano. "Teodora
parla fluentemente tutte quelle lingue", ha
spiegato Everaert. "Sarà più facile con un
regista capace di relazionarsi con tutte le
lingue e con tutti gli attori nella loro
lingua". Il casting è in corso ed Everaert sta
anche parlando con gli agenti di vendita ora che
Mihai è ingaggiata.
Fonte:
it.eseuro.com © 10 ottobre 2023
Fotografie: Superguidatv.it © Zeitgeistfilms.com ©
Icone: Free Graphics ©
|
Appuntamento a Liverpool
di Marco Tullio Giordana (1988)
"Appuntamento a Liverpool", con
Isabella Ferrari, John Steiner, Valeria Ciangottini,
Nigel Court, Ugo Conti, Roberto Lena, Marne Maitland.
Regia di Marco Tullio Giordana. Durata: 1:30. Italia,
1988.
Caterina vive a Cremona con la
madre le sue normali giornate di lavoratrice ventenne,
cercando di dimenticare il dramma della morte del padre,
avvenuta sotto i suoi occhi tre anni prima, nello stadio
di Bruxelles, a causa dei tumulti provocati dai tifosi
inglesi, durante la partita Liverpool - Juventus,
tumulti finiti in una strage. Ma un ispettore di polizia
inglese, ossessivamente determinato a individuare e
consegnare alla giustizia tutti i responsabili di
quell'eccidio, riconvoca la ragazza come testimone
oculare, essendo emersi nuovi elementi, che consentono
di riaprire l'istruttoria. Caterina, pur riluttante, è
costretta a rivedere al rallentatore le tragiche
sequenze di quei terribili momenti: scopre così,
inorridita, l'assassino del padre, ma non lascia
trapelare la violenta emozione. Decisa a farsi giustizia
da sé, lascia il lavoro e la madre e parte per
Liverpool, alla ricerca del responsabile. Dopo paurose
avventure nella città sconosciuta e sfuggendo
all'implacabile ispettore che la tallona, riesce
finalmente a trovare il giovane assassino. (NdR: Saladellamemoriaheysel.it non avendo alcuna finalità di
critica cinematografica ha scelto di non pubblicare
tutte quante le recensioni disponibili in rete sul film
di Marco Tullio Giordana, ma soltanto alcune che possano
rendere effettivamente l'idea del film, il quale a noi
interessa soltanto dal punto vista morale e psicologico.
Se proprio devo esprimere un giudizio, accantonando la
parrucca di certi soloni intellettualoidi da strapazzo,
a me è piaciuto moltissimo e ringrazio Giordana per
averlo sofferto, scritto e diretto così ed Isabella
Ferrari, la protagonista, per averlo recitato con
estrema sensibilità e qualità. Ritengo sia stato il film
che le ha cambiato la vita professionale e ce l'ha
donata negli anni a seguire in tutta la sua intensità
attoriale).
Fonte: Comingsoon.it © 1988
Fotografie:
Informazionesenzafiltro.it © Mymovies.it ©
Icone: Free Graphics ©
|
L’ idea fissa di Caterina
"Appuntamento a Liverpool": viaggio
nel tunnel che non finisce mai. Il dark side di Isabella
Ferrari in Osti.
"Appuntamento a Liverpool", con
Isabella Ferrari, John Steiner, Valeria Ciangottini,
Nigel Court, Ugo Conti. Regia di Marco Tullio Giordana.
Durata: 1:30. Italia, 1988. Un dialogo al buio tra un
giovane papà e la sua bambina che fa i capricci prima di
dormire. La piccola insiste: vuole che il babbo le
reciti ancora una volta una poesia che la fa tanto
ridere. Il papà acconsente, a patto che la bimba poi
faccia la nanna. E’ il ricordo che perseguita Caterina,
l’ex bambina in questione. Il ricordo della voce del
padre, morto sulla gradinata dello stadio Heysel il 29
maggio 1985, nell’immane macello che precedette la
funesta finale di Coppa Campioni tra Juventus e
Liverpool. Inizia così questa sorta di film-verità,
uscito a tre anni dalla tragedia. La vicenda: Caterina
viene convocata in questura due anni dopo da un
ispettore inglese incaricato delle indagini. Ci sono
novità: alcuni hooligans identificati grazie ai filmati
sono stati rintracciati, e Caterina è chiamata a
riconoscerli. Ma dopo avere mentalmente identificato il
colpevole della morte del padre (che ricorda bene, dato
che all’ Heysel c’era anche lei) Caterina finge di non
riconoscerlo tra le foto a lei sottoposte in questura.
Ha un’ idea fissa: andare a Liverpool e uccidere l’
hooligan. Dopo mille peripezie se lo troverà davanti,
mentre esce di casa a passeggio con la sua figlioletta,
che somiglia tanto a Caterina da piccola, in un finale
memorabile. Marco Tullio Giordana ha girato questo film
nel 1988, quando un po’ tutti stavano tentando
faticosamente di uscire dal tunnel dell’ Heysel e dei
suoi morti, mentre i familiari delle vittime lanciavano
accuse a tutti, Juventus inclusa. E’ quindi lodevole
avere ricordato quanto accaduto, anche in un film con
tanti difetti (come l’ estrema lentezza e la poca
credibilità di parte della sceneggiatura). Isabella
Ferrari, a noi meglio nota come signora Osti (fu ex
moglie del genio visionario di Stone Island), è
piuttosto convincente, mentre l’ hooligan liverpudlian è
un’ ottima scelta. La vicenda si dipana un po’ a
strappi, ma pur sempre al di sopra del livello medio dei
film dell’ epoca, il che non è un risultato da poco.
Confessione a lato: a metà film mi sono chiesto più
volte: "Ma chi è l’ autore delle bellissime musiche ?".
Risposta: Mahler e Wagner, fra gli altri. Bella forza.
Abbiamo in programma alcuni approfondimenti in merito
alla tragedia di Bruxelles, e certamente non è questa la
rubrica adatta all’ argomento. Resta un plauso per l’
intenzione del film, che con l’ aiuto di alcune immagini
amatoriali effettuate sul luogo del disastro si pone a
metà strada tra fiction e realtà. Giordana privilegerà
quest’ ultima in futuro, con film come "Pasolini, un
delitto italiano" (1995), per poi crollare in vista
dell’ arrivo, con il prolisso e pluripremiato "La Meglio
Gioventù". Che proprio in quanto super premiato,
dimostra che aveva ragione lui e non io. Ho iniziato
queste righe citando un dialogo al buio. E forse è
proprio il buio a sintetizzare bene la sensazione che
rimane addosso ripensando alla sera del 29 maggio 1985.
Per questo sembrano ancora più appropriati i laconici
versi di Sandro Penna, che la bambina a inizio film
trovava così buffi. E che Caterina, ex bambina ormai
cresciuta, ripete alla fine: "Amore, gioventù, liete
parole/ cosa splende su voi e vi dissecca ? Resta un
odore come merda secca lungo le siepi cariche di sole".
Fonte: Settimanasportiva.it
© 19 agosto 2010
Fotografie:
Mediasetinfinity.mediaset.it ©
Icone: Free Graphics ©
|
L’ idea fissa di Caterina
di Claudio Cinus
Un ricordo diventa una persona
vera, un'immagine tenuta per anni nella mente si tramuta
in carne, e le certezze di ciò che si era creduto
possibile si scontrano con le circostanze di una realtà
diversa e inaspettata. Appuntamento a Liverpool, quarto
lavoro di Marco Tullio Giordana, parte proprio da un
ricordo, doloroso e incancellabile, che ha origine nella
tragica sera del 1985 quando, prima della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, morirono 39
tifosi italiani. Isabella Ferrari interpreta la figlia
di una delle vittime, giovane donna presente quella
sera, sopravvissuta eppure segnata dall'esperienza che
ha vissuto. Il film, significativamente, comincia con un
volto insanguinato, vuoto, "bestiale", quello
dell'assassino, la cui memoria si è fissata indelebile
nei sogni notturni della protagonista con un aspetto
mefistofelico e inquietante. La trama del film, poi, si
dipana in maniera persino troppo banale: un poliziotto
inglese, che a distanza di anni ancora cerca gli
hooligans colpevoli, le mostra delle foto, tra le quali
lei riconosce l'assassino del padre, ma non lo denuncia
e preferisce partire per Liverpool alla ricerca di
un'improbabile vendetta personale. Se la storia non
convince, anche perché i personaggi sembrano solo
abbozzati, l'aspetto davvero interessante della
pellicola sta proprio nell'evoluzione che assume, nella
mente della protagonista, l'immagine che la tormenta da
anni. Quello che era diventato un incubo, capace nel suo
aspetto di turbarla, recupera un'identità precisa nel
momento in cui la donna riconosce in una foto l'uomo che
ha ucciso il padre sotto i suoi occhi. Per lei, è la
prova che esiste un collegamento tra la figura che abita
la sua mente e il mondo che la circonda. Ma è solo
quando vede l'uomo a Liverpool, tranquillamente seduto
in un pub come una persona qualunque, che riesce
finalmente a liberarsi dalla paura e a decidersi per
l'azione, per la vendetta. Come se le servisse una prova
perché in lei si scatenasse la necessità di porre
rimedio alla sua angoscia. Quando l'hooligan ricompare,
è nella stanza di un commissariato. A dividere la
Ferrari e l'uomo che ha cambiato la sua vita, c'è solo
un vetro, e una parola, quella che le basterebbe dire
per farlo arrestare. L'uomo ha l'aspetto ambiguo di un
innocente che non comprende il motivo per cui è stato
arrestato, ma che in realtà nasconde un passato
macchiato da un atto atroce. Quel contatto ravvicinato,
ma non fisico, dopo anni di pensieri e paure tenute solo
dentro la propria testa, spingono la donna a non
eseguire il riconoscimento. Crede, probabilmente, che il
modo migliore per liberarsi di ciò che la tormenta sia
affrontarlo direttamente, tramutando il viso pieno di
sangue di un assassino in quello, altrettanto
insanguinato, di una vittima. Arriva così il momento
dell'incontro, a rendere finalmente tangibile una
persona che per anni era stata solo un'icona di morte
nell'immaginazione della protagonista. Su un taxi
guidato dall'hooligan, con una pistola in mano, la
Ferrari attende il momento buono per riscrivere la sua
storia personale, ma non riconosce più ciò che l'ha
perseguitata per anni, nell'espressione di un uomo che
sembra in tutto e per tutto normale, quasi gentile.
Esita, trova il coraggio, ma la pistola fa cilecca. La
decisione, tuttavia, è stata presa, basta trovare il
momento giusto. Che si presenta fuori dalla casa
dell'uomo. Tra il desiderio di porre fine a
un'ossessione e la scoperta di una nuova verità passa
solo un istante, quello in cui una bambina segue l'uomo,
suo padre, e lo prende per mano. L'orrore, introdotto
nel suo tessuto sociale e familiare, perde
improvvisamente il suo aspetto violento, bestiale. La
donna capisce che il suo gesto estremo, anziché
cancellare i suoi fantasmi, li avrebbe semplicemente
instillati nella mente della bambina, sua evidente
proiezione. Si chiude così il cerchio, un film
cominciato con uno sguardo allucinato finisce con uno
sguardo innocente. Gli incubi forse ritorneranno, ma con
la consapevolezza che sono nati in un giorno lontano e
che non spariranno cambiando il futuro, specie se il
futuro è quello di qualcun altro.
Fonte: Effettonotteonline.com
© 20 giugno 2006
Fotografia:
Youtube ©
Icone: Free Graphics ©
|
Prime film: Appuntamento a
Liverpool
La giustiziera e i sentimenti
Con Isabella Ferrari, regia di
Giordana
APPUNTAMENTO
A Liverpool di Marco
Tullio Giordana, con Isabella Ferrari, Nigel Court, John
Steiner, Valeria Ciangottini. Produzione italiana.
Drammatico. Cinema Charlie Chaplin di Torino.
Un italiano muore, massacrato da un
tifoso inglese, durante la tragica partita di calcio
Juventus-Liverpool giocata allo stadio Heysel di
Bruxelles il 29 maggio 1985. Sua figlia, Isabella
Ferrari, che era con lui, non può dimenticare né
accettare. Tre anni dopo non sa liberarsi da
quell'orrore, resta perduta in una depressione profonda:
misantropia, inerzia, conflitti con la madre infermiera
Valeria Ciangottini, disattenzione nel negozio di jeans
in cui lavora a Cremona, culto ossessivo del padre
morto. A ricordare la costringe anche il poliziotto
inglese John Steiner, deciso "per coerenza morale a
individuare e punire tutti i responsabili delle
trentanove uccisioni avvenute durante quella partita:
guardando le fotografie sottopostele dal poliziotto, la
ragazza riconosce l'uccisore del padre. Non parla, non
lo denuncia. Va a Liverpool per ucciderlo. Nella ricerca
segnata da incontri allarmanti e dalla sorveglianza del
poliziotto inglese che l'ha seguita, scopre la città
degradata, desolata, violenta. Trova l'uccisore, Nigel
Court, un tassista che "ha gli occhi di chi aspetta
soltanto di morire". Gli parla, lo pedina. Lo aspetta
davanti a casa sua, immagina come lo ucciderà, lo vede
uscire con la figlia piccola per mano, anche lui padre:
e rinuncia a farsi pure lei portatrice di morte o di
prigionia. Il film, nello stile non realistico ma
romantico-nero e mitizzante di Giordana, non è riuscito:
storia mal congegnata, dialoghi stonati, personaggi
secondari incongrui, Isabella Ferrari, senza più i
lunghi capelli biondi che erano il suo emblema di star
dei fast-movies, per la prima volta in un ruolo
drammatico, supera bene la prova: è intensa, contenuta,
sensibile. I.T.
Fonte: La Stampa
© 15 ottobre 1988
Fotografia:
It.wikipedia.org ©
Icone: Free Graphics ©
|
Violenza arrivederci e vendetta a
Liverpool
di Alberto Crespi
Il film più controverso della
Mostra è Italiano. O piace, o lo si odia a morte, a
giudicare dalle violente reazioni del pubblico. In
questi casi è giusto schierarti, e noi ci schieriamo:
Appuntamento a Liverpool, di Marco Tullio Giordana, ci è
piaciuto. E Isabella Ferrari (il cui nome nei titoli,
alla proiezione per la stampa, è stato stupidamente
fischiato) è bravissima. Una scoperta.
(DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) VENEZIA
- Liberiamo subito il campo da un equivoco. Appuntamento
a Liverpool è l’ormai famoso film che prende spunto
dalla strage dell’Heysel, la notte di quel tragico
Juve-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni. Ma non è
un film sull’Heysel e soprattutto non è un documentario
sul calcio. L'Heysel è solo un'immagine dei gradoni di
cemento che s’inondano di sangue. E’ un incubo sepolto
nella mente di Caterina, una ragazza che all’Heysel
c’era, stava insieme al padre, l’ha visto morire nel
parapiglia scatenato dalla violenza degli hooligan. Quel
padre che lei amava teneramente e che per farla
addormentare con un sorriso le leggeva una poesia di
Sandro Penna in cui si parla di "merda secca". "Quella
poesia", (Ndr: Amore, gioventù, liete parole, cosa
splende su voi e vi dissecca ? Resta un odore come merda
secca lungo le siepi cariche di sole) per me è il cuore
del film - dice Giordana - per come mescola parole
"basse" e parole alte e perché mi sembra un canto
tenerissimo sulla fine della gioventù, delle speranze.
Volevo usarla già in "Maledetti vi amerò". Per me il
film è tutto nella prima e nell'ultima inquadratura
buia, con quella poesia letta fuori campo. Quello che
c'è in mezzo è un percorso, che serve prima di tutto
allo spettatore. Il percorso dunque, è quello di
Caterina. Una ragazza che tre anni dopo la tragedia vive
solo nel ricordo del padre. Con la mamma parla poco, con
le amiche inventa scuse per non andare alle feste.
Lavora come commessa. Vegeta, più che vivere. Finché, un
giorno, accadono due cose. Prima Caterina rimette a
nuova vita la macchina sportiva del padre e il suo
ricordo ritorna ancora più potente (e su quell’auto
tutto, a cominciare da quel
portachiavi della Juve, le
richiama alla mente l’Heysel) Poi, dall’Inghilterra,
arriva un commissario. La interroga. Le mostra nuovi
filmati, nuove foto, vuole la sua testimonianza. E’ una
di quelle foto è nota anche a noi. Quel volto l'abbiamo
già visto, negli incubi di Caterina. E’ lui. Ma Caterina
non lo denuncia. Dentro di sé, ha deciso partirà per
Liverpool, lo troverà, gliela farà pagare. Come tanti
western (e di tanto in tanto nella costruzione della
trama, sembra davvero un western), "Appuntamento a
Liverpool" è la storia di una vendetta. Non vi diremo se
alla fine Caterina uccide o no (anche se siamo convinti
che proprio il finale abbia urtato il pubblico qui a
Venezia) Il film è da oggi nelle sale scopritelo voi.
Possiamo solo dirvi che ci è sembrato uno scavo efficace
in un personaggio femminile, costretto dal mondo ad
azzerare la propria vitalità, rifugiarsi nella violenza. E’ un film amaro, quello di Giordana, un film in cui,
appunto, il mondo, (gli adulti, la legge, le
istituzioni) non dà risposte al dolore. "Per me - dice
il regista - è la storia di una donna che rischia di
perdere l'anima, ed è un modo per mostrare come sia
impossibile elaborare il lutto, sia all'interno che
all’esterno. Si può solo interiorizzarlo, fissarlo in un
ricordo. Nessuno ti aiuta". "Appuntamento a Liverpool"
ha un altro elemento che, diciamolo, aveva suscitato
perplessità, ed è rimasto, forse, poco gradito al
pubblico un po’ snob della Mostra. II film è, in tutto e
per tutto, Isabella Ferrari.
È in scena dall’inizio alla fine come Ornella
Muti In "Codice privato" di Maselli. Ed è altrettanto
brava. Una scoperta. Merita un applauso anche per come è
stata ferma due anni, quando avrebbe potuto scatenarsi
in varietà tv e Sapore di mare capitolo 30 o 40, in
attesa di un ruolo da attrice vera. Giordana l'ha scelta
dopo un provino in cui l'ha fatta solo muovere, senza
farle dire una battuta. E lei, nel film, è convincente
soprattutto nei silenzi, nel modo in cui riesce a
"portare" le battute altrui. E a Caterina, è arrivata
proprio da sola "ho visto la tragedia dell’Heysel in tv,
come tutti. Ma non credo sia un film su quella partita,
e del resto nella mia vita non ho mai provato,
fortunatamente, un dolore così forte. Non ho voluto
parlare con i parenti delle vittime. Non volevo né
sfruttarli, né disturbarli. Ho cercato il dolore dentro
di me, nella solitudine. Prima di iniziare le riprese mi
sono isolata per due mesi e quando sono arrivata sul
set, ero Caterina. Girare il film è stato più facile che
prepararlo. Un po' perché (ed è una fortuna che capita
raramente) essendo quasi sempre in scena da sola, avevo
il regista tutto per me. Un po' perché interpretare dei
personaggi così belli è più facile che fare dei film
stupidi. Ho lavorato in film in cui non si sapeva
nemmeno cosa stessimo facendo. Qui, ogni cosa aveva un
suo perché. Ed è stato tutto più semplice.
Fonte: L’Unità
© 3 settembre 1988
Fotografie:
Wikimedia.org © Superguidatv.it ©
Icone: Free Graphics ©
|
Quando lo sport è strage
di Piero Perona
(DAL NOSTRO INVIATO) VENEZIA - Una
vergogna dello sport e del fanatismo, cioè i 39 morti
dell'Heysel di Bruxelles in occasione della finale di
Coppa Campioni dell'85, viene allusa e rievocata oggi
alla Mostra dal film Appuntamento a Liverpool. Il
regista Marco Tullio Giordana non si sofferma sullo
scontro assurdo germinato dall'onesta rivalità tra la
Juventus e il Liverpool. In 99 minuti non si vede mai né
una maglia bianconera né una maglia dei Reds, il
discorso parte da un fatto preciso e si allarga con
intenzione: "Vorrei tornare a guardare una partita con
gli occhi di un bambino" spera Giordana con timidezza.
Partiamo dal presente, dove in una città del Nord che
assomiglia a Cremona la giovane Caterina non riesce a
dimenticare che il padre le fu ucciso sotto gli occhi.
Sono passati tre anni, nessuno più considera l'orrore e
chi si arrischia a farlo passa per nevrotico. Soltanto
un leale commissario inglese esamina e riesamina la
registrazione della serata. Un nuovo documento lo porta
a riaprire l'inchiesta. Finalmente Caterina riconosce un
volto acceso dall'odio. Si scuote dall'apatia e parte
alla volta dell'Inghilterra per uccidere di persona chi
l'ha privata dell'amore di suo padre. Qui il commissario
esorcizza la sua vendicatività chiedendole di
riconoscere l'assassino per mandarlo in carcere.
Caterina, distrutta, esita e piange. Come una bambina
che si sente privare del giocattolo da rompere, un
giocattolo che è uomo e anch'egli padre, punta la
pistola contro il nemico. Lasciamo al rispetto della
suspense il diritto di censura sul finale. Di sicuro la
forzatura impressa al carattere del commissario
impersonato da John Steiner provocherà malumori in sala,
né più né meno che ora nella sezione Venezia Orizzonti.
Marco Tullio Giordana si difenderà dicendo che i mezzi
toni non sono sempre necessari alla dignità della
scrittura (consideriamo pura e fuori gioco la
limitatezza delle espressioni di Isabella Ferrari,
impegnata con buona volontà in una parte drammatica).
Forse a soli tre anni di distanza dal lutto non si ha
ancora la forza di illuderlo per ambire alla tragedia
greca. Nel film, per una scelta stilistica, sono evitati
i riferimenti cronistici tali da scatenare inopportuni
campanilismi. Di Juventus quindi non si parla mai, al
massimo vediamo un portachiavi smaltato in bianco e
nero. Piacerà, non piacerà, questa rinuncia al racconto
diretto ?
Fonte: Stampa Sera
© 2 settembre 1988
Fotografia: GETTY IMAGES
© (Not
for Commercial Use)
Icone: Free Graphics ©
|
Isabella metamorfosi d'una bionda
selvaggia
di Lietta Tornabuoni
VENEZIA - Metamorfosi di due
Isabelle bionde: quella italiana cambia ruolo e
personalità, mentre a quella francese tagliano la testa.
Isabella Ferrari, star bella dei fast-movies, fenomeno
di divismo precoce ("a diciassette anni i ragazzini per
strada mi assediavano chiamandomi Selvaggia, col nome
della protagonista di Sapore di mare"), a ventitré anni
ha sacrificato i famosi lunghi capelli d'oro, e con una
corta zazzera bruna recita in Appuntamento a Liverpool
di Marco Tullio Giordana il suo primo personaggio
drammatico: una ragazza il cui padre molto amato è stato
ucciso da un tifoso inglese quel 29 maggio 1985 della
finale di Coppa dei Campioni, Juventus-Liverpool, e del
massacro nello stadio Heysel di Bruxelles; una ragazza
che non può accettare né dimenticare, che va a Liverpool
per uccidere l'uccisore, che rifiuta alla fine di farsi
portatrice di morte o di prigionia. Se il film, aperto e
chiuso da versi struggenti di Sandro Penna ("Amore,
gioventù, vane parole...") è discutibile, Isabella
Ferrari supera bene la prova: è sensibile, accorata,
contenuta e intensa. "Giordana mi ha aiutato, è un
bravissimo direttore di attori", dice. Lei non sperava
quasi più nella metamorfosi: "Essendo io famosa, i
registi neppure volevano vedermi: verso gli attori del
cinema commerciale i pregiudizi sono di ferro e di
marmo. Cambiare genere è quasi impossibile. Nei fast-movies,
quando appoggi il comico sei la bella ragazza vestita da
Aiala, nessuno ti chiede di far niente, nessuno ti
dirige: invece io adoro venir guidata, manipolata". Al
"primo vero ruolo" s'è preparata a modo suo: "Dovevo
riuscire a esprimere un dolore che non ho mai provato.
Ho smesso la mia solita vita; restando molto sola:
adesso sono sfidanzatissima, ed è una fortuna perché
stare con un uomo ti brucia tante di quelle energie.
Faccio vita da single nella prima casa mia che abbia mai
posseduto, un attico romano di novanta metri quadrati ai
Parioli, tutto bianco e pizzi". Ha smesso due anni fa di
fare film popolari: "Due anni di fermo, di silenzio.
Stavo malissimo: dimagrita, esaurita, imbottita di
Ansiolin, perdevo cinquecento capelli al giorno e non
sapevo cosa avrei fatto". Sta male anche a Venezia: "Ho
paura. Tutte le altre volte nei film neppure mi
guardavo, tanto mi facevo orrore. Non rinnego niente,
però io non mi piacevo. Stavolta è in gioco la mia più
grande speranza: entrare in un cinema diverso".
Fonte: La Stampa
© 2 settembre 1988
Fotografia:
Primevideo.com ©
Icone: Free Graphics ©
|
Maledetti vi odierò
di Anna Maria Mori
ROMA - Signore, fai che ingiustizia
sia commessa per la prima volta da un debole: il senso,
emozione da cui nasce il film di Marco Tullio Giordana
"Appuntamento a Liverpool" sono tutti in questa
preghiera. La pronuncia Isabella Ferrari nel ruolo di
Caterina, la protagonista: nelle immagini ha come
inquadratura quella della Cattedrale di Liverpool
lasciata scoperchiata come la vollero le bombe nella
seconda guerra mondiale, a ricordo, appunto, di quelle
bombe, e a monito contro tutte le guerre. La storia del
film è quella di un orfana della tragedia del 29 maggio
1985 nello stadio Heysel di Bruxelles, quando, durante
la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il
Liverpool scoppiò una guerra tra tifosi, che si concluse
con una strage: ventinove (N.D.R. 39) morti, e un enorme
numero di feriti. Marco Tullio Giordana immagina che uno
dei morti sia il papà di Caterina, una creatura bionda
che conserva negli occhi e sul viso i tratti di un
adolescenza non ancora del tutto dimenticata: Caterina
torna a casa senza il padre, con il quale era partita
come per una festa, e conservando nel cuore, e negli
incubi notturni, immagine tremenda dell'hooligan che lo
ha finito, in un lago di sangue, a colpi di bottiglia
rotta. Scrive, il
regista, raccontando il suo film:
Caterina vive a Cremona, una madre ancora giovane, una
famiglia della piccola borghesia... Caterina non
protesta, non accusa... Un ispettore, che è ancora alla
ricerca dei colpevoli, le sottopone alcune foto. In
mezzo a loro, la ragazza scopre il suo assassino, e
tace. Torna in Inghilterra, cerca l'assassino allo
stadio, nei pubs, nei club dei supporters. Finalmente lo
trova... Due miliardi di costo. Un produttore, Claudio Bonivento (quello di Blues metropolitano e di Soldati),
che Giordana ringrazia con particolare calore: Crede in
un cinema, non oso dire di contenuti, ma che comunque si
ostina a non contentarsi del divagare di moda, e che
vuol esprimere un giudizio su quello che ci succede
intorno... Una partecipazione di Rete Italia. Riprese a
Cremona. E a Liverpool: Quasi in segreto, per non far
trapelare sulla stampa inglese la notizia del film e dei
suoi contenuti. Ma non ci siamo riusciti. Ed è arrivata
da noi una delegazione, durante le riprese, diffidando
la produzione a metter mai più piede a Liverpool, e
promettendo ritorsioni contro gli inglesi che lavoravano
nel film... Come se il nostro fosse un film
anti-inglese, e non, com' è, un film contro la violenza.
Il soggetto è di Marco Tullio Giordana, che ha scritto
la sceneggiatura con Leone Colonna e Luciano Manuzzi.
Sullo schermo, nel ruolo della protagonista chiusa nel
suo dolore e nel suo desiderio di vendetta, Isabella
Ferrari, ex bionda-tinta di Sapore di mare e di Chewingum, alla scoperta dell'intrigo di pensieri e
sentimenti che si possono meglio nascondere sotto i
capelli quasi castani e i vestiti cupamente eleganti di
una ragazza di provincia dotata di soldi e buon gusto:
L'ho scelta spiega Giordana perché volevo una persona
molto interna, ferita, non un tipo di bellezza
esplosiva. E la Ferrari, durante il provino, era così
straordinariamente in parte, che non ho avuto un attimo
di esitazione. Nel ruolo della madre, Valeria
Ciangottini: di lei, mi ha colpito, come dire ?
...L'umiltà... Mi piaceva che i personaggi italiani del
film fossero profondamente offesi e rassegnati. Tutti,
tranne Caterina. L'origine del film: Io non sono
particolarmente tifoso racconta Giordana ma la sera del
29 maggio dell' 85 ero anche io davanti alla tv. E alla
tv, in diretta, ho visto le immagini mostruose della
strage: nello stadio di Bruxelles, oltre alle ventinove
vittime (N.D.R. trentanove), ce n'era una trentesima, ed
era il mito di Olimpia... Stavo preparando il mio film
su Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, e in più stavo anche
preparando un altro film da girare in Sud America. Ma
quell'immagine dello stadio, dal momento in cui l'ho
vista, ha continuato a lavorarmi dentro: sull'orrore che
avevo visto alla televisione, piombavano, via via,
notizie, non meno mostruose, ed erano quelle dei
ventisei hooligans incriminati ma lasciati a piede
libero, delle famiglie delle vittime che ricevevano
risarcimenti risibili, del velo di silenzio che si
voleva far calare su tutta la vicenda. Capivo che si
voleva far passare l'idea che la violenza sia uno scotto
da pagare, e al quale bisogna in qualche modo adeguarsi.
Mi è cresciuta dentro l'indignazione. E in questa
indignazione ho sentito che c'era l'energia necessaria a
fare un film: quella che ti spinge a lavori che
altrimenti non faresti, prima di tutto quello di cercare
i soldi necessari a produrre... Prima fu "Maledetti vi
amerò", poi il discusso "La caduta degli angeli
ribelli", dopo ancora il televisivo "Notti e nebbie da
Castellaneta".
|
Marco Tullio Giordana,
raccontando il suo lavoro, anche quello di adesso che
vedremo alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti
e, poi, sugli schermi nel prossimo settembre, dice: "Ho
sempre cercato di fare in qualche modo testimonianza sui
tempi che viviamo, sulla crisi di questo nostro Paese...
Non mi somiglia il cinema fatto semplicemente come
mestiere: due o tre film all'anno, tanto per esercitarsi
e perché quello è il mio lavoro. E' una posizione
rispettabile, vorrei anche che mi appartenesse. Ma non è
così: io non riesco a scrivere una storia se non tengo
per qualcuno contro qualcun altro, e se non mi sento
spinto a schierarmi... Ho bisogno di una posizione
passionale. Solo questo mi dà soddisfazione: sia pure
nell'estrema rarefazione dei film che faccio, mi piace
ripensare a quelle cinque o sei cose che ho firmato,
provando nostalgia o tenerezza, e non indifferenza". In
un cinema, il nostro in particolare, che in questi
ultimi anni si è affannato ad evadere da qualsiasi sia
pur vago riferimento alla realtà e ai problemi
dell'oggi, Marco Tullio Giordana ha il coraggio di dire:
"Il cinema, secondo me, ha un suo statuto non scritto,
ed è quello che vuole che si misuri col presente... Io
mi sono formato negli anni che Capanna ha definito
formidabili nel titolo del suo libro sul 68. Non sono un barricadero. Ma mi piace pensare che di tutta quella
esperienza mi sia rimasta una vigilanza sulla realtà...
Insomma non mi piace la rimozione nella quale siamo
immersi. Che non ha a che vedere con gli anni Cinquanta:
che avevano, a differenza dei nostri, una loro eleganza
fatta di innocenza... Oggi è peggio. Di più bello,
rispetto al 68 nel quale mi sono formato, c'è che il
nostro tempo ha una gioia del vivere che alla mia
giovinezza, cresciuta nel culto della cupezza, mancava".
Appuntamento a Liverpool pronuncia, rispetto al passato
cinematografico di Giordana, in particolare a "La caduta
degli angeli ribelli", un atto di pentimento: "Niente
cinefilia visibile, nessun narcisismo, nessuna voluttà
di citazioni... Ho capito a mie spese che questo tipo di
cose, messe in rapporto ad argomenti come il terrorismo
o le vittime di una strage, sono fuori posto. E così ho
adottato un modo di girare molto rosselliniano. Ho fatto
mia la lezione secondo la quale, di un film, la gente
guarda e ricorda soprattutto gli attori. Mi sono
concentrato su di loro". Marco Tullio Giordana,
trentasette anni, padre di un adolescente di
quattordici, di nome Alice, alla quale dedico questo
film, è sinceramente emozionato: "...Io ho perso mio
padre a otto anni. Conosco molto bene, quindi, i
sentimenti che racconto in Appuntamento a Liverpool:
quelli della mia protagonista che vede morire suo padre.
La porto dentro di me, quella frase di Borges che
accompagna Caterina sullo schermo: Ora so che la morte
di mio padre è l'unica cosa veramente successa nella mia
vita, l'unica che continuerà a succedere all'infinito".
Fonte: La Repubblica
© 1 agosto 1988
Fotografie:
Filmtv.it © Cinematroisi.it © Superguidatv.it ©
Icone: Free Graphics ©
|
Caccia al tifoso assassino
di Fulvia Caprara
Marco Tullio Giordana gira a
Liverpool "Caterina", film che prende le mosse dalla
tragedia di Heysel. L'avventura di una ragazza che cerca
un tifoso inglese per ucciderlo. Dice il regista: "Mi
interessa descrivere, partendo dalla cronaca, quello che
succede dentro una persona che soffre".
(DAL NOSTRO INVIATO) LIVERPOOL - Per
riaprire il discorso su una vergogna indimenticabile,
ricordare, far discutere, sollecitare le coscienze che
hanno rimosso. Marco Tullio Giordana, regista dei
"disagi" generazionali, della disgregata società
contemporanea, da "Maledetti vi amerò" a "La caduta
degli angeli ribelli", gira in questi giorni in
Inghilterra, a Liverpool, un film che prende le mosse
dalla tragedia avvenuta nel maggio dell'85 sugli spalti
dello stadio Heysel di Bruxelles, poco prima dell'inizio
della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool.
Vi persero la vita trentanove persone; numerosi furono i
feriti; tremendo lo choc per tutti quelli che in Italia
come in Inghilterra, come in altri Paesi del mondo, si
erano seduti davanti al televisore con l'intenzione di
godersi una bella partita e si trovarono invece ad
assistere alla diretta di un dramma. "Anche io ero
davanti alla tv quella sera, - racconta Giordana - le
immagini della carneficina mi si sono stampate nella
mente; per mesi sono stato male ripensandoci. E' una
ferita grave rimasta aperta, sia per noi italiani, sia
per gli inglesi; una vicenda molto triste in cui tutti
fanno una brutta figura, i tifosi come gli incapaci
poliziotti belgi". La storia di quella tragedia è
rivissuta minuto per minuto, nel film di Giordana, da
Caterina (Isabella Ferrari), una ragazza italiana che
nello stadio di Bruxelles assiste all'assassinio del
padre e decide di vendicarsi. Il percorso di questa
vendetta la porta da Cremona, la città di provincia in
cui vive, a Liverpool, la città di provincia in cui vive
l'assassino: un giovane tassista solitario, senza amici,
senza desideri. "Nei miei film c'è sempre stato un
protagonista assoluto, un personaggio guida della
storia; mi interessa soprattutto descrivere, partendo
dai fatti della cronaca, quello che succede dentro una
persona che soffre. Le reazioni di fronte al dolore, al
lutto, al bisogno di vendetta, alla solidarietà
manifestata dagli altri. Prodotto da Claudio Bonivento
per la Numero Uno International in collaborazione con
Rete Italia, Caterina (questo il titolo definitivo del
film, dopo un primo Gioventù poi giudicato inadatto a
rendere il senso della pellicola), costa un miliardo e
200 milioni e sarà pronto in primavera. Accanto a
un'Isabella Ferrari completamente trasformata, per la
prima volta protagonista assoluta in un ruolo sofferto e
impegnativo, recitano Nigel Court, l'assassino, e
Valeria Ciangottini, la madre della ragazza. Marco
Tullio Giordana ha scritto insieme con Leone Colonna e
Luciano Manuzzi il soggetto e la sceneggiatura del film
e ha inserito tra i fotogrammi della pellicola brani dei
filmati sulla tragedia. Le riprese inglesi sono avvenute
in un clima di gran segretezza: a Liverpool, tra nebbie,
pioggia sottile e vento tagliente, la troupe italiana è
stata ben attenta a non diffondere la notizia che si
stava girando un film sulla tifoseria hooligan. Giordana
ha girato scene sul lungofiume popolato di gabbiani, tra
gli enormi dock rossicci che testimoniano l'antica
vivacità di quel porto che fino ai primi dell'800 era
uno dei più importanti d'Europa; e ha anche catturato in
qualche immagine lo spirito della leggenda Beatles, le
vestigia di quell'irripetibile fenomeno musicale che ha
coinvolto la città in una tempesta di popolarità. Di
Liverpool, che oggi non possiede più il suo museo di
cimeli dei quattro baronetti, venduto agli americani, si
vedranno però la statua ad Eleanor Rigby, ispiratrice
della canzone famosissima. Dice Giordana: "Prima di
girare ho raccolto un'ampia documentazione, prendendo
contatti con le famiglie che hanno subito i lutti.
Bisogna anche parlare delle promesse non mantenute;
degli aiuti economici che non sono arrivati; del fatto
che i giocatori dello star system calcistico vengono
ingaggiati a suon di cifre esorbitanti, mentre ai
familiari delle vittime si sono fatti i conti in tasca,
prima di elargire gli indennizzi. E bisogna anche dire
che la nascita dei club ultras, in Italia, come in
Inghilterra, viene tollerata e anzi, sotto sotto,
stimolata perché coinvolge pesanti interessi economici.
Fonte: La Stampa
© 19 gennaio 1988
Fotografie:
Youtube ©
Icone: Free Graphics ©
|
Isabella d'autore
di Fulvia Caprara
LIVERPOOL - Ha rinunciato ai
capelli lunghi e biondissimi in favore di un taglio
vagamente infantile che la fa somigliare a una piccola
Giovanna d'Arco immolata sul fronte dell'impegno. Ora è
castana; veste abiti semplicissimi dai colori smorti; da
mesi ha rinunciato alle stravaganze, non ha più fatto le
ore piccole in discoteca; ha trascorso il tempo libero
leggendo i libri e vedendo i film che Marco Tullio
Giordana le ha consigliato con dolce fermezza. Isabella
Ferrari, 23 anni, nata a Piacenza, si sente, nei panni
di Caterina, "profondamente maturata". "Ho vissuto in
tutti questi anni nell'attesa di un ruolo così. Giordana
mi ha fatto capire come si fa un film; come si vive una
parte; che cos'è un'illuminazione, quel momento di
verità in cui si diventa il personaggio. Ora aspetto con
terrore la fine di questa esperienza, il "dopo" adesso
sarà davvero difficile". Vincitrice quindicenne del
Concorso Miss Teen Agers, apparsa in tv per la prima
volta nel programma televisivo "Sotto le stelle" e poi
divenuta protagonista di successo della serie dei film
vacanzieri da Sapore di mare a Chewingum, la Ferrari
racconta quanto è stata difficile l'operazione di
riciclaggio. "La prima cosa da fare era scomparire dalle
pagine dei rotocalchi rosa che pubblicano foto vecchie
dì anni spacciandole per flash scattati qualche sera
prima; poi bisognava non accettare le solite proposte, e
in questo mi ha aiutato il produttore Bonivento che non
mi ha fatto lavorare per qualche tempo, nonostante io
fossi legata a lui da un contratto". Così, dopo aver
anche rifiutato il ruolo di Francesca Dellera nel
Capriccio di Brass, la Ferrari è arrivata purissima alla
meta del film d'autore, senza implicazioni erotiche:
"Ora voglio fare solo buon cinema e con il personaggio
di Caterina spero di riuscire a catturare l'anima di chi
mi vedrà sul grande schermo".
Fonte: La Stampa
© 19 gennaio 1988
Fotografia:
Youtube ©
Icone: Free Graphics ©
|
Il tifo violento nel calcio ceco
di Alessio Marchetti e Maurizio
Marcellino
Giugno 1985: nell’allora
Cecoslovacchia, alcune centinaia di tifosi dello Sparta
Praga ritornano sconfitti dalla trasferta a Banská
Bystrica. Il treno sul quale viaggiano viene distrutto e
una dipendente delle Ferrovie viene tenuta in ostaggio e
minacciata di morte, rischiando di essere lanciata dal
convoglio in corsa. A viaggio concluso, la polizia opera
diversi arresti e qualche tempo dopo i giudici emettono
una serie di condanne da sei mesi a due anni di carcere.
Fu quello, quattro anni prima della Rivoluzione di
velluto, il primo grave episodio di tifo violento
nell’ambiente calcistico ceco. Provocò tale turbamento
che il regista Karel Smyczek nel 1987 decise di farne un
film - "Proč" (Perché?) - nel quale apparve anche un
giovane Daniel Landa nel ruolo di skinhead. Una
pellicola che assume quasi le caratteristiche di un
documentario, tra le scene degli interrogatori e la
ricostruzione delle devastazioni, e che fa emergere le
situazioni di disagio sociale, economico e familiare
nelle quali versavano molti ragazzi del gruppo. Fu
comunque quell’episodio a indicare per la prima volta,
anche in questo paese, la tendenza ai comportamenti
violenti da parte di alcune frange del tifo calcistico.
Nell’ottobre del 1989, a pochi giorni dalla caduta del
regime, un altro episodio eclatante, quando i
sostenitori del Banik Ostrava attaccarono quelli della
Dinamo Kiev, col bilancio finale di quattro ucraini
gravemente feriti e 15 tifosi arrestati. Ormai era
chiaro: i gruppi di violenti erano riusciti ad
organizzarsi, a unirsi e a riconoscersi in slogan,
bandiere e striscioni. E anche i cechi avevano
cominciarono a conoscere per la prima volta gli
hooligans e la violenza associata al football. Il
fenomeno si aggrava dopo l’89. Con la caduta del regime
comunista e la perdita di molti di quei valori ai quali
i cechi erano stati portati a credere, lo stato di
disorientamento e la crisi d’identità si riversa sulle
tifoserie, composte soprattutto da giovani ancora più
confusi dai cambiamenti economico e sociali. È quello il
periodo in cui il tifo comincia a rivestirsi di
connotazioni politiche. Non è un caso che nel 2004 sia
nata anche in Repubblica ceca una unità speciale anti -
hooligans della polizia. Le forze dell’ordine avevano
ormai capito come queste passioni calcistiche avrebbero
potuto essere lo sfogo di sottoculture nazionaliste e
radicali, principalmente di estrema destra vicine al
movimento skinhead.
Nell’estate del 2008 gli ultras
dello Sparta Praga si fecero notare per alcune
manifestazioni, in nome del panslavismo, a favore del
leader politico serbo Radovan Karadžić, all’epoca appena
arrestato, e del generale Ratko Mladić, entrambi
accusati di genocidio e crimini contro l’umanità. La
scritta "Mladić e Karadžić tenete duro" campeggiò su uno
striscione esposto durante la gara contro il Mlada
Bolesav. Ed ancora: "Impossibile dividere gli slavi:
morte all’Ue". Inevitabile che il successivo doppio
confronto di Coppa Uefa tra Sparta Praga e i croati
della Dinamo Zagabria si trasformasse in una vera e
propria guerra; a Praga i croati, decisi a vendicare
l’affronto pro - Karadžić, seminarono il terrore, con un
bilancio di oltre 50 arresti. Rimanendo entro i confini
nazionali cechi, la più temibile è tradizionalmente la
rivalità fra lo Sparta Praga e il Banik Ostrava. I loro
confronti richiamano sempre la presenza di centinaia di
poliziotti in assetto antisommossa. E’ vero che, se
confrontato con quanto avviene in altri paesi d’Europa,
il fenomeno del tifo violento in Repubblica ceca
continua ad avere una portata abbastanza ridotta,
bisogna però ammettere che sarebbe sbagliato
minimizzarne l’entità e i rischi futuri. Tifo fa spesso
rima con razzismo. Oltre agli incidenti, dentro e fuori
lo stadio, un altro fenomeno preoccupante in crescendo
in questi ultimi anni in Repubblica Ceca è quello del
razzismo. In particolare, l’odiosa pratica di prendere
di mira i giocatori di colore, con frequenti casi di
offese a sfondo razziale nei confronti di giocatore
dalla pelle scura. Capita a Praga, ma capita soprattutto
in provincia e nelle città dell’estremo est, come
Ostrava e Olomouc. Dal primo giocatore nero a scendere
nelle arene calcistiche ceche negli anni 1990, Kennedy
Chihuri, giocatore dello Zimbabwe nelle fila del
Vitkoria Zizkov, fino ad arrivare ai giorni nostri, a
Theo Gebre Selassie, 24enne difensore, primo calciatore
di colore a vestire la maglia della nazionale. Selassie,
di madre ceca e padre etiope, è nato a Třebíč e gioca
per lo Slovan Liberec, città dove vive tuttora. Theo ha
fatto il suo debutto con la maglia della nazionale ceca
il 4 giugno 2011 contro il Perù. Anche lui ha dovuto
umiliazioni a sfondo razziale, come lo scorso anno,
quando il settore più caldo della tifoseria spartista
gli ha gridato epiteti di tutti i generi e fatto
l’odioso verso della scimmia. Va però detto che, da
alcuni anni anche lo Sparta Praga schiera giocatori
africani: attualmente il solo Leonard Kweuke, dopo che
Bony Wilfried è stato venduto al Vitesse. Potrebbe però
essere il segnale della volontà di questa società di
contrastare le frange più razziste del suo tifo.
A non passare inosservata è anche
la frequenza con la quale negli stadi cechi si sollevano
cori di insulti contro la minoranza rom che vive nel
paese. Il frastuono dell’Hard Bass a pochi mesi da Euro
2012. Contiguo al tifo calcistico più violento è il
fenomeno "Hard Bass" un genere musicale che spesso fa da
colonna sonora ai raduni neonazisti. Si tratta di musica
techno dal ritmo veloce ed estremo, che fa da contesto a
danze frenetiche quasi sempre in luoghi pubblici
(piazze, centri commerciali, persino all’interno di
chiese e luoghi di culto). Il fenomeno è nato in Olanda
affermandosi successivamente in Russia e, recentemente,
ha preso piede in tutti i paesi dell’ex blocco
sovietico, purtroppo anche in Repubblica ceca. Succede a
Praga, a Ostrava, a Zlin, soprattutto dove sono attive
organizzazioni estremistiche e hooligan calcistici, che
in più di una occasione si sono fatti notare per episodi
di violenza e razzismo. Filmati su Youtube mostrano
bande di giovani mascherati e incappucciati che, stereo
in spalla e volume al massimo, mettono in scena
spettacoli tribali, con la simulazione di risse
gigantesche, davanti a passanti sbigottiti e agenti di
polizia indecisi sul da farsi, tanto più che la violenza
spesso è solo mimata. Secondo alcuni osservatori, c’è il
pericolo è che queste danze collettive, con le quali gli
estremisti si mettono in mostra, vengano sottovalutate e
passino per ragazzate.
Con l’ulteriore rischio che l’Hard Bass possa
diventare la colonna sonora dei prossimi campionati
Europei di calcio. Euro 2012 si terrà infatti in due
paesi cuore dell’Est: Polonia e Ucraina. Fra le squadre
partecipanti vi saranno anche Russia e Croazia, con al
seguito le loro tifoserie notoriamente calde. È
innegabile che vi sia qualche preoccupazione sul tasto
ordine pubblico. Tra violenza, razzismo, nazionalismo e
il ritorno prepotente di rivendicazioni di carattere
panslavico, i timori sono più che giustificati.
L’augurio è che gli hooligans cechi non decidano di dare
il proprio contributo.
Fonte: Italianbusinesscenter.cz
© 29 marzo 2012
Fotografie:
Filmfestival.be ©
Tyden.cz ©
Icone: Free Graphics ©
|
Al Festival del cinema sportivo
anteprima del film di Smyczek sulle aberrazioni del
calcio
Bruxelles, violenza senza "perché"
di Bruno Perucca
Un gruppo di ragazzi, tifosi dello Slavia, ha visto la tragedia allo stadio Heysel in tv e
un anno dopo si abbandona a bravate, bevute, oscenità su
un treno - L'opera provoca sgomento, ma non dà
spiegazioni - Alla fine della proiezione, un dibattito
con Paolo Valenti, Gilberto Evangelisti, Antonio
Ricchieri vicepresidente della Federcalcio, Luciano
Nizzola presidente della Lega, e Dino Zoff.
TORINO - Un'orgia di violenza,
tifosa sul treno da Bratislava a Praga (o viceversa, non
importa) protagonisti casuali i fans dello Slavia.
Un'ora di bravate, di bevute, di oscenità con stacchi
(gli altri ventisei minuti di proiezione) sul processo
ai pochi dei teppisti fermati dalla polizia alla
stazione d'arrivo, sulle famiglie dalle quali escono
questi ragazzi senza freni e senza motivazioni, sulle
condanne. E' il tema che propone "Perché", film del
cecoslovacco Karel Smyczek presentato ieri, pomeriggio e
sera, al Romano nel quadro del 43° Festival
internazionale del cinema sportivo. A Smyczek si
dovrebbe chiedere perché l'ha fatto. I motivi, insomma.
Il nostro interrogativo non è rivolto alla qualità, sia
chiaro, pur se l'impressione è stata di un fumettone ad
effetti pesanti. Il Perché sulle violenze tifose nel
film rimane senza risposta (e non poteva darne il
dibattito serale che ha fatto seguito alla proiezione).
Se a Smyczek bastava riproporre il problema, lo ha fatto
sicuramente e con abbondanza di birra, di botte e di
vandalismi. Un certo sgomento lo provoca, senza dubbio.
Forse non eravamo spettatori adatti, dopo aver visto dal
vivo la tragedia (trentanove, i morti) del 29 maggio '85
allo stadio Heysel, le orribili minacce "Bianconeri,
ricordate Bruxelles" scritte sui muri dello stadio della
Juve, aver partecipato a tante tavole rotonde alla fine
delle quali si finiva per sentire che "la violenza per
la violenza è frutto dei tempi". Il treno di Praga non
parte da un altro Heysel, né vi arriva. E' la
ricostruzione, con fantasie contorte, di quanto è
accaduto sui treni inglesi degli hooligans, o sui
traghetti che li portavano in Olanda, in Danimarca.
L'esasperazione di fattacci isolati accaduti nell'Est
Europa e anche in Italia. I teppisti dello Slavia hanno
come grido di battaglia "Bruxelles, Bruxelles !" ed il
più piccolo di loro, al magistrato, confessa: "Sì, quel
fatto l'ho visto alla tv". Se la notte dell'Heysel è
stata la molla solo per alcune delle successive pazzie,
allora il film mette paura. Anche perché i tentativi di
spiegazione dei motivi sono appena accennati e comunque
già detti, e non solo per la violenza tifosa: genitori
divisi, matrimoni prematuri, disoccupazione, precedenti
penali. La commozione di Maria, una delle ragazzine
terribili nella notte in treno, quando in attesa del
processo sente al telefono il padre (che ha ormai
un'altra famiglia) il quale finalmente si interessa a
lei, è solo un maldestro raggio di luce. Alla fine le
condanne, quindi il dibattito. Con i televisivi Paolo
Valenti e Gilberto Evangelisti, Antonio Ricchieri
vicepresidente della Federcalcio, Luciano Nizzola
presidente della Lega, e Zoff. Anche loro già
protagonisti di tante discussioni sul tema. Il film li
aveva colpiti, un richiamo al tema. Educazione dei
giovani, stadi sicuri, controlli, le medicine contro la
violenza. Nessuno, e neppure "Perché", offre soluzioni.
Sarebbero già state colte. Zoff a caldo, alla fine della
proiezione: "Si rimane colpiti, non si sa cosa dire. La
violenza gratuita e immotivata, posto che possa avere
motivi, lascia indifesi".
Fonte: La Stampa
© 15 aprile 1988
Fotografie:
Senscritique.com © Istituto Luce ©
Icone: Free Graphics ©
|
|