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RECENSIONI
STAMPA
e
WEB
LIBRO
2010 |
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Heysel - la verità di
una strage annunciata
di Andrea Giannini
E’
un libro che fa male. Molto male. Soprattutto perché è
scritto molto, troppo bene da Francesco Caremani, che
con la dovizia del giornalista vero ma anche con il
dolore e la partecipazione di chi, quella storia, in
qualche modo l’ha vissuta. In prima persona, in parte,
ma anche con il senso di responsabilità di stare accanto
a chi, la verità, l’ha sempre ricercata. Heysel - La
verità di una strage annunciata ripercorre con estrema
precisione non solo quanto accadde quella maledetta
notte di Bruxelles del 29 maggio 1985 quando, in
occasione della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, 39 tifosi bianconeri morirono
schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli
hooligans inglesi e con la connivenza decisiva delle
autorità e della polizia belghe. Un fatto di cronaca che
ancora oggi fa male e crea imbarazzo a chi, sotto il
falso nome dello sport, non ha avuto il coraggio di
sospendere quel maledetto match (vinto dalla Juventus) e
di andare a fondo verso la verità e la giustizia.
Giustizia e verità. A dire il vero, qualcuno c’è andato:
Otello Lorentini, padre di Roberto che morì in quella
tragica notte cercando di salvare altre persone dalla
furia cieca degli ultrà inglesi. Lorentini, accompagnato
dall’emozionante quanto partecipata narrazione di
Caremani, ripercorre tutte le tappe dal giorno in cui la
tragedia si è verificata a tutti i passaggi successivi,
attraverso anni di dure battaglie, vane attese, cocenti
delusioni, ottusi silenzi ma anche importanti e
significative vittorie, nella costante ricerca di
giustizia e verità in nome del figlio Riccardo
(NdR:
Roberto) e delle altre 38 vittime innocenti. Le
responsabilità. Il libro, con precisione, rigore e
intransigenza ripercorre tutte le tappe processuali che
si sono succedute negli anni dopo la tragedia. Un
percorso lunghissimo che ha portato alla condanna dei
responsabili (in primis, le autorità belghe ma anche
quelle calcistiche del tempo) ma anche attraverso
omissioni, insabbiamenti e depistaggi. Tutto
perfettamente documentato nel libro, con la perizia del
vero giornalista che cita fonti certe e attendibili,
esprimendo opinioni ( e ci mancherebbe altro) se non
dopo la dimostrazione oggettiva di fatti e passaggi
realmente accaduti. Un atto d’amore. Come scritto
nell’emozionante prefazione di Walter Veltroni "Questo
libro è un grande atto d’amore verso trentanove
innocenti, e un monito a non perdere la strada
dell’umanità e della pietas". Per non dimenticare,
neppure oggi, a più di trent’anni di distanza. E per
insegnare alle nuove generazioni tolleranza, voglia di
giustizia e amore per lo sport vero.
Fonte:
Andreagiannini.com © 30 marzo 2017
Fotografie:
Bradipolibri © Francesco Caremani ©
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Heysel, 31 anni dopo
di Marco Bonomo
Francesco Caremani: "Dovevo essere lì. Invece
oggi ne scrivo, per non dimenticare, mai".
Francesco
Caremani doveva essere all'Heysel quel 29 maggio 1985.
Un brutto voto in latino però non gli fece vincere la
scommessa con papà, così niente finale come premio. Lui,
nato ad Arezzo, amico della famiglia Lorentini, di
Otello e Roberto, che invece a Bruxelles ci andarono.
Roberto però non sarebbe più tornato: è uno dei 39,
morto per una partita di calcio, morto a 31 anni da eroe
perché dopo aver salvato papà Otello tornò indietro per
cercare di soccorrere altre persone: era un medico, non
ce la fece. Otello trasformò quel dolore incalcolabile
in una battaglia civile, creando un'associazione dei
familiari delle vittime per ottenere giustizia: "Otello
non voleva vendetta - racconta ai microfoni di
GianlucaDiMarzio.com - non gli interessava nemmeno
sapere quanti anni di galera avrebbero scontato gli
assassini: voleva che un tribunale dimostrasse le
responsabilità delle autorità". Ci riuscì nel 1991, dopo
un processo che in primo grado aveva assolto tutti ma
che alla fine vide la condanna della Uefa e delle
autorità belghe. "Un giorno Otello mi disse: vorrei che
tu scrivessi quella che è stata la mia vita, le mie
verità. Verità al plurale: perché la verità è un
concetto che ha un alone mistico che non mi si addice,
mentre parlare di tante verità significa andare a
cercare cause e responsabilità, per riportarle alla
memoria e per evitare che vengano dimenticate. E invece
questa vicenda è stata dimenticata per tantissimi anni:
questo vuoto ha acuito il dolore dei familiari delle
vittime, tant'è che alcuni non fanno parte
dell'associazione che è stata rifondata recentemente da
Andrea Lorentini, nipote di Otello e figlio di Roberto.
Alcuni non hanno più voglia di combattere. Negli ultimi
anni però c'è stata una presa di coscienza da parte di
tutti, mi piace pensare che sia in parte anche merito
del mio libro (Le verità sull'Heysel. Cronaca di una
strage annunciata. Libri di Sport, 2003). La partita fu
giocata per evitare di peggiorare la situazione, forse
fu l'unica decisione sensata di quella sera. La Juve
stava già andando via, ma per evitare che Bruxelles si
trasformasse in un campo di battaglia fu chiamata a
tornare indietro. Una decisione che all'inizio nemmeno
Otello capì, con il cadavere di suo figlio accanto: "qui
sono tutti matti". Poi però si rese conto che era
l'unica soluzione per evitare l'imponderabile. Perché il
ponderabile, purtroppo, era già successo. Incredibile
come sia stato permesso che le famiglie di italiani
venissero sistemate nel settore Z. Un settore che in
realtà faceva parte della curva occupata dagli hooligans
e che era un'unica area: XYZ. Nei biglietti degli
italiani erano cancellate col pennarello le lettere X e
Y, in quegli degli inglesi la Z. La causa scatenante fu
l'attacco degli hooligans, che però vennero messi nelle
condizioni ideali per sferrarlo. E il concetto di
hooligans va al di là della nazionalità, del tifo: è
pura violenza. Perché in altri settori c'erano inglesi e
italiani che si scambiavano sciarpe e si fotografarono insieme. Capire come quei biglietti, venduti solo per
guadagnare, siano finiti in mano agli italiani, è forse
una delle uniche cose che non sono riuscito a sviscerare
e approfondire bene. Oggi, con Andrea Lorentini andiamo
spesso nelle scuole: perché la memoria va allenata ogni
giorno. Non è facile, perché parliamo di qualcosa che i
ragazzi non hanno vissuto. Ma ora che Otello non c'è più
mi sento ancora più in dovere di portare una
testimonianza". E pensare che questi ragazzini hanno
l'età di Giuseppina Conti, un'altra vittima di Arezzo,
la seconda più giovane dei 39. Aveva 17 anni e a
differenza di Francesco andava bene a scuola: per questo
papà Antonio le regalò la finale di Coppa dei Campioni.
La ritrovò in mezzo alla calca, avvolta in una bandiera.
"Il dolore che ho scorto nello sguardo di Otello e
Antonio è come un pozzo senza fondo, che ti spegne
l'anima". Giuseppina non ce la fece, altri sì e si
ritrovarono soltanto alle 4, alle 5, alle 6 del mattino,
dopo aver bussato nelle case dei belgi per chiedere di
fare una telefonata in Italia. Molti ricevettero una
porta chiusa in faccia, altri spesero tutti i soldi per
chiamare dai telefoni pubblici". Una guerra, per una
partita di calcio. 31 anni dopo e negli anni ancora a
venire, è un dovere ricordare, è naturale che il
rispetto venga dato anche senza essere chiesto. E il
ricordo passa dalla testimonianza, dopo essere passato
attraverso la giustizia. Perché non si verifichino mai
più simili tragedie nel calcio; perché il calcio resti
soltanto un gioco: bellissimo, intenso, sofferto,
sentito. Ma mai violento. E affinché quel (+)39 sia un
monito, un numero tatuato nel cuore di ogni tifoso che
ama questo sport. Perché amore e odio, quindi violenza,
non potranno mai andare di pari passo..
Fonte:
Gianlucadimarzio.com
© 29 maggio 2016
Fotografie: La
Stampa
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When live football turned into a
deadly horror
by Chris Summers
That month saw three terrible
tragedies which highlighted how dangerous the game had
become off the pitch.
On 11 May 56 people died when
flames tore through the old wooden main stand at
Bradford City’s Valley Parade ground during a game with
Lincoln. On the same day – in an incident which was
eclipsed by the Bradford fire – a 15-year-old boy was
killed at Birmingham City’s St Andrews ground during a
huge brawl between Birmingham and Leeds United fans. As
a 17-year-old who was on the fringes of the "casuals"
scene at the time, it was both an exciting and
terrifying time. I remember watching on TV as the third
tragedy unfolded on the night of 29 May. It was the
European Cup Final in Brussels, between Liverpool and
Juventus. Liverpool, the English champions, had in their
team great players like Kenny Dalglish, Ian Rush and
Alan Hansen while the Turin team included italian
legends Marco Tardelli and Paolo Rossi aswell as
Poland’s Zbigniew Boniek and Frenchman Michel Platini,
one of the best players of his generation. But as the
pundits discussed the game beforehand it was clear that
trouble was brewing on the crumbling terraces of the old
Heysel stadium. Segregation was poor and antagonism
between the two sets of fans suddenly triggered an
invasion of a section involving Juventus fans by
Liverpool supporters, many of whom had been drinking all
day. As the italians fled a crush was caused at one end
of the terrace and 39 people died, mostly italians. The
tragedy played out live on television with commentators
struggling to put into words what was happening in front
of their eyes. The game should have been postponed but
officials feared there would be more trouble if they did
so, so after a delay of more than an hour it finally
kicked off and Juventus won 1-0, with a Platini penalty.
But the score was almost irrelevant amid the death toll
and Platini’s ashen face suggested it was a hollow
victory. Thirty years later Francesco Caremani, the
author of a new book on the tragedy, told totalcrime:
"Heysel was the worst massacre in the history of world
football, because there was nothing random or accidental
in what happened. "Hooliganism was well known in England
and widely underestimated in Europe. After Heysel the
whole world realised how serious hooliganism had become,
but the British did nothing to combat it." English clubs
were banned from European competition for several years
– ironically Liverpool’s great rivals Everton were the
biggest losers – but Mr Caremani says nothing was done
to reform football in England until after the
Hillsborough disaster four years later. In that case the
victims were ironically Liverpool fans. Mr Caremani said:
"I’m convinced that Hillsborough is the son of the
failure of memory of Heysel". When Liverpool played
Juventus for the first time since Heysel some
unforgiving italian fans raised placards which suggested
the deaths at Hillsborough were some sort of payback for
the actions of Liverpool fans at Heysel. After Heysel
some Liverpool fans claimed they were provoked by stones
being thrown from the Juventus section. Mr Caremani says
there is no truth in this claim and added: "The English
(were) trying to invent excuses for a shame that they
will never erase". Fourteen Liverpool fans were
convicted for their part in the violence at Heysel. In
2005 one of them, Terry Wilson, visited Arezzo in Italy
to try and apologise to Otello Lorentini, who lost his
only son at Heysel. As well as the deaths, 600 Juventus
fans were injured, some of whom were permanently
disabled. One, Carla Gonnelli, went into a coma. When
she eventually woke up she discovered that her father,
who had taken her to the match with her, had died. The
Heysel stadium was later renovated and renamed the King
Baudouin stadium but there are persistent rumours that
it will be demolished and replaced with houses. This
year Juventus have made it to the final of the European
Cup again and many fans of the "Old Lady" of italian
football hope they will win the trophy on 6 June to
honour the 39 dead at Heysel. If you were at Heysel on
29 May 1985 please contact me ...
(NdR: omissis)
Fonte:
Totalcrime.co.uk
© 18 maggio 2015
Fotografie: Bradipolibri
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Francesco Caremani
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"Heysel, la verità di una strage
annunciata è un pugno nello
stomaco che ci ricorda che quella
tragedia si doveva evitare"
di Michele Angella
Stadiotardini.it ha chiesto a
Michele Angella, giornalista di Teleducato, appassionato
di letteratura sportiva, oltre che di calcio e di stadi
europei, di recensire il libro "Heysel, la verità di una
strage annunciata", di Francesco Caremani, edizione
ristampata e aggiornata nell’imminenza del trentesimo
anniversario della tragedia.
Nonostante una rivalità molto
accesa verso la Juventus, sfociata talvolta in episodi
di violenza anche molto gravi, i tifosi del Parma hanno
sempre rispettato - doverosamente - la tragedia
dell’Heysel. Ne sono un esempio il ricordo comparso nel
maggio del 2014 sul sito internet dei Boys e lo
striscione (sia pure dai toni provocatori e bellicoso)
esposto dagli stessi ultras gialloblu lo scorso 11
aprile in occasione di Parma-Juve al Tardini
("Dall’Heysel a Scirea i vostri morti abbiamo sempre
rispettato, voi il Bagna avete infangato. Infami"). Un
atteggiamento diverso da quello di altre curve (vedi
Fiorentina) che a quel tremendo episodio hanno spesso
rivolto scritte o cori beceri. Eh sì, la tragedia
dell’Heysel: tra pochi giorni, il 29 maggio, ne ricorre
il 30ennale e la memoria è ancora forte. Tra chi
purtroppo quei fatti li riesuma in maniera vergognosa in
funzione anti-bianconera e tra chi, per fortuna cerca di
tenerli vivi per non dimenticare la barbarie di quanto
accaduto, per inchiodare le responsabilità delle
autorità civili e sportive oltre che delle forze
dell’ordine. E’ il caso, quest’ultimo, del 46enne
giornalista toscano Francesco Caremani, autore del
volume "Heysel, la verità di una strage annunciata", da
poco uscito (edizione ristampata ed aggiornata) per
Bradipolibri Edizioni. A spingere Caremani,
collaboratore di numerose testate e autore di altre
interessanti pubblicazioni a sfondo sportivo, a dare
vita alla ricostruzione della vicenda Heysel, oltre che
un apprezzabile e marcato spirito d’inchiesta, è stata
anche la stretta conoscenza di una delle persone che
quella sera di 30 anni fa a Bruxelles, dove si giocava
la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool,
persero la vita: si tratta di Roberto Lorentini, aretino
proprio come Caremani e collega del padre dello
scrittore stesso. Il libro contiene, infatti, le
significative testimonianze di Andrea Lorentini, il
figlio della vittima, che allora aveva appena tre anni e
a cui Caremani ha deciso di affidare la presentazione
del suo certosino e anche commovente lavoro. "Heysel, la
verità di una strage annunciata" è una sorta di pugno
nello stomaco, perché ci riporta a quei drammatici
momenti e perché ci fa capire che quello che si verificò
era evitabile, si poteva e si doveva evitare. Il volume,
che si snoda per 227 documentatissime pagine, oltre a
ripercorrere l’accaduto, contiene le voci dei
sopravvissuti e dei famigliari dei tifosi morti, stralci
di articoli giornalistici sulla tragedia, dichiarazioni
di calciatori della Juventus, di dirigenti del club
torinese e della Uefa, di politici, di avvocati, di
magistrati. La prefazione porta la firma di Walter
Veltroni che definisce la pubblicazione "un grande atto
d’amore verso trentanove innocenti e un monito a non
perdere la strada dell’umanità e della pietas".
L’introduzione è, invece, del giornalista Roberto
Beccantini: "Leggete queste pagine, non scoprirete
novità sconvolgenti. Scoprirete, semplicemente come è
stato duro accendere una candela di giustizia. Una
candela, non un lampadario". Il volume, infatti, prende
in esame anche il tortuoso iter processuale e si compone
di due appendici giuridiche. La prima è quella relativa
a tutti i giudizi che si sono susseguiti negli anni. La
seconda si riferisce, invece, all’evoluzione sulle
normative in materia di sicurezza negli stadi, sia in
Italia che a livello internazionale. Chi scrive, nel
2007, trovandosi a Bruxelles, avvertì l’interesse e lo
stimolo emotivo di recarsi all’Heysel. Lo stadio della
famigerata strage di fatto non esiste più. E’ stato
completamente ristrutturato nel 1995 e ha cambiato nome:
si chiama Re Baldovino. A ricordare la tragedia una
targa con i nomi delle vittime e una scultura, una
meridiana comprendente una pietra con i colori della
bandiera italiana e di quella belga, insieme alla poesia
Funeral Blues scritta dall’inglese W.H. Auden a
simboleggiare il dolore delle tre nazioni. Presenta,
inoltre, trentanove luci che brillano, una per ogni
vittima. L’aspetto del quale ebbi conferma è come
l’opinione pubblica locale abbia tentato di rimuovere
quanto accaduto nel 1985: me ne accorsi chiedendo
dell’Heysel ad un attempato taxista, ad un libraio
nemmeno cinquantenne e ad un giovane addetto del negozio
di merchandising della nazionale di calcio, in pieno
centro. In tutti e tre i casi risposte vaghe e scarsa
disponibilità alla memoria e al colloquio. Concludo
dicendo che questa sera, nella semi-finale di Champions
League, strizzerò l’occhio al Real Madrid. Per la
Juventus ho sempre avuto scarsa simpatia (sentimento
accresciuto durante l’era Moggi), tuttavia se i campioni
d’Italia dovessero raggiungere la finale di Berlino (…
anche in quel caso starò dalla parte degli avversari) e
dovessero vincere il prestigioso trofeo continentale, mi
farebbe piacere se dedicassero il titolo alle 39 vittime
di Bruxelles, nel trentennale della strage… Anzi, vorrei
sperare che qualcuno a Torino ci abbia già pensato.
Fonte:
Stadiotardini.it
© 13 maggio 2015
Fotografie: Bradipolibri
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IL LIBRO DELLA SETTIMANA
Heysel, trent’anni dopo: la storia,
la denuncia
di Annalisa Celeghin
PADOVA - "Trentadue italiani,
quattro belgi, due francesi, un nordirlandese. E
seicento feriti. Intorno tutto è infinito. Voci suoni
colori deflagrano e raggiungono il silenzio. Sono le
21.40. L'assurdo è così banale che le squadre entrano in
campo". Le squadre sono Juventus e Liverpool, è il 29
maggio 1985, la finale di Coppa dei Campioni: siamo allo
stadio Heysel, l'arena nazionale belga, le cui
condizioni non erano ottimali già da tempo e che diverrà
triste teatro di uno degli "incidenti" più gravi nella
storia del calcio. Quest'anno si celebra il trentennale
di quella tetra giornata di sangue, anniversario che non
passa inosservato anche grazie all'uscita di due volumi
che, in modo del tutto differente, vogliono ricordare i
fatti accaduti. … Omissis (Vedi articolo gemello nella
pagina del libro di Anthony Cartwright e Gian Luca Favetto)
... Francesco Caremani, giornalista freelance, ha
scritto l'unico libro ("Heysel. Le verità di una strage
annunciata", Bradipolibri, 15 euro) ufficialmente
riconosciuto dall'Associazione familiari delle vittime:
racconta le tante piccole e grandi verità di quel giorno
maledetto, il giorno in cui "finì l'innocenza del calcio
mondiale". "Avvenne, a Bruxelles, ciò che in molti
avrebbero potuto facilmente prevedere ed evitare, e non
vollero o non seppero farlo. Quel giorno lo stadio del
gioco diventò lo stadio della morte, trasmessa in
diretta e in mondovisione... Persero tutti, nonostante
la coppa alzata, il giro del campo, nonostante i
sorrisi, i "non sapevamo", nonostante il gol. Nonostante
la vittoria persero tutto, in quella sera luttuosa
all'Heysel, quando il battito del cuore improvvisamente
cessò per trentanove persone": lo spiega bene nella
prefazione Walter Veltroni.
Fonte:
Mattinopadova.gelocal.it
© 4 maggio 2015
Fotografie:
Bradipolibri
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L'Heysel di Francesco Caremani
di Giulio Gori
Tutto parte da una vicenda
personale. E’ il 30 maggio 1985 e Francesco, un
ragazzino di Arezzo di poco più di 15 anni, riceve dalla
madre una notizia che sembra quasi non avere senso:
"Roberto è morto, Roberto non c’è più". Roberto Lorentini è una delle 39 vittime dell’Heysel ed è un
caro amico della famiglia Caremani. E’ da questo dolore
privato che nasce "Heysel. La verità di una strage
annunciata" che molti anni dopo, Francesco Caremani,
diventato giornalista, scriverà per raccontare
l’inchiesta su una tragedia con troppi responsabili, ma
anche per testimoniare l’eroica lotta per la giustizia
di Otello Lorentini, il padre di Roberto. L’"Heysel" di
Caremani è la storia di un’enorme montagna di vergogna.
Dallo stadio vecchio e inadeguato che diventa una
trappola mortale, alla ridicola organizzazione
dell’evento sportivo; dalle tante, troppe resistenze
opposte alla ricostruzione della verità dei fatti, fino
a indegni inviti a "metterci una pietra sopra". Per non
parlare di quelle esultanze, inopportune, dei giocatori
bianconeri che calpestano tra sorrisi e braccia alzate
la dignità delle vittime e dei loro famigliari. E’ il
racconto di una battaglia giudiziaria che dei semplici
ma risoluti cittadini conducono, infine vincendola,
contro le istituzioni civili e sportive; e della lotta
per far sì che la tragedia non finisca nell’oblio.
"Heysel. La verità di una strage annunciata" è un libro
che fa male. Da un lato ci sono i nomi e i fatti,
indicati con precisione e coraggio; come quando Otello
risponde a Boniperti: "Anch’io l’ho messa la pietra, ma
di marmo sopra la tomba di mio figlio". Dall’altro nette
ci sono anche le responsabilità di noi tifosi, che a
volte con troppa superficialità pensiamo al 29 maggio
1985 come la data di una vittoria calcistica, di un
trofeo da mettere in bacheca. Sotto questo aspetto,
Caremani è risoluto, la Juventus dovrebbe restituire
quella Coppa dei Campioni. Se, sotto il profilo del
precedente, questa scelta forse non sarebbe opportuna,
perché restituire un trofeo a seguito di una tragedia
potrebbe rappresentare in futuro un incentivo alla
violenza per le tifoserie sconfitte, sul piano umano e
sportivo non c’è invece modo per sentire "nostra" quella
vittoria. "Questo è il libro che non avrei voluto
scrivere" dice Francesco Caremani. Per noi, invece,
quella è la Coppa che non avremmo mai voluto vincere.
Fonte:
Juventibus.com © 29 maggio
2013
Fotografie: Bradipolibri
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Francesco Caremani
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Heysel, una storia da non
cancellare
di Massimiliano Morelli
Francesco Caremani, aretino,
giornalista e scrittore, è un buon padre di famiglia ed
è considerato nel mondo dei giornali, il cosiddetto
"uomo macchina". Quello che si rimbocca le maniche
quando un collaboratore si dimentica di mandare un
articolo e si mette a scriverlo, quel pezzo "assente";
quello che impagina il giornale, che fa i titoli, che
scatta fotografie e corregge le bozze. Praticamente un
innamorato del suo lavoro, con buona pace di chi c'è
capitato per caso nell'editoria. Non era presente
all’Heysel, nel 1985, per una semplice coincidenza. Ma
su quella tragedia, che gli ha tolto affetti, ha scritto
un libro-verità. Sono trascorsi 27 anni dalla tragedia
dell’Heysel, e finalmente il libro è stato presentato
anche in Belgio. Qual è la sua percezione per quel che
riguarda l'attenzione dei belgi nei confronti del
disastro del 1985 ? "Ho presentato il libro in Belgio
grazie all'avvocato Daniel Vedovatto, all'epoca legale
dell'Associazione tra i familiari delle vittime di
Bruxelles, e grazie all'Associazione Amici Banca Monte
Paschi della capitale belga. Con questo cosa voglio dire
? Voglio dire che l’attenzione degli italiani in Belgio
verso la tragedia dell'Heysel è ancora molto alta e il
ricordo tristemente vivo. I belgi ? Bah, per loro è solo
una vergogna nazionale da cancellare, senza riuscirci".
Errori ne furono commessi a valanga nel corso di quella
maledetta sera. Senza voler togliere il gusto della
lettura a chi approfondirà l'argomento, chi sbagliò
quella sera ? "Prima di quella sera sbagliarono
clamorosamente l'Uefa e le istituzioni politiche e
sportive belghe scegliendo il peggior stadio d'Europa,
per una finale di Coppa dei Campioni. E solo per
meschini motivi d'incasso. Quella sera sbagliò la
polizia belga, assolutamente impreparata, e gli
hooligans. Per me: mandanti e assassini". Lei doveva
essere lì, a Bruxelles, quel 29 maggio... "Ero amico
della famiglia Lorentini (Roberto è morto tentando di
salvare un connazionale e per questo è medaglia
d'argento al valore civile), avevo fatto una scommessa
con mio padre, ma un 5 a latino ha segnato il mio
destino, chissà...". Quali sono state le reazioni
all'uscita del suo libro ? Intendo quelle della
Juventus, dell'Uefa, delle istituzioni locali... "Totale
indifferenza, sia dell'Uefa che delle istituzioni
sportive italiane e, con grande stupore e tristezza
personale, della Juventus. Ad Arezzo, invece, abbiamo
avuto due vittime (Roberto Lorentini e Giuseppina Conti)
e il ricordo è ancora molto forte, la città l'ha accolto
con grande attenzione e rispetto". Lo stadio nel
frattempo ha cambiato anche denominazione, da Heysel a
stadio di Re Baldovino. E’ una sensazione, o davvero i
belgi cercano in qualche maniera di cancellare il
passato ? "lo credo che se potessero lo abbatterebbero,
lo cancellerebbero. Alla fine lo stadio è sempre lì, poi
c'è la targa e la stele a memoria delle 39 vittime
dell'Heysel. Mi ripeto, non riusciranno mai a cancellare
la memoria di quella strage e la vergogna per la totale
incompetenza di un Paese intero". L'Inghilterra adottò
da quell'epoca provvedimenti importanti nei confronti
dei tifosi, e oggi pare che si vedano i risultati. In
Italia, invece, ho l'impressione che si sia rimasti
all'anno zero. Una semplice sensazione ? "Lo dice anche
Roberto Beccantini nell'introduzione: i carnefici hanno
imparato più delle vittime. Attenzione, però, in
Inghilterra hanno tolto la violenza dagli stadi non
dalla società e, comunque, i provvedimenti sono stati
presi dopo la strage di Hillsborough non dopo quella
dell’Heysel, dei nostri morti non gli importò mai
niente, purtroppo. Imbarazzante, alla luce di tutto
questo la situazione del calcio italiano e dei suoi
stadi dopo l'85, come se niente fosse successo, mah…".
Qual è stata la reazione dei parenti delle vittime alla
pubblicazione del libro ? "Emanuela Casula, che ha perso
padre e fratello, ha detto che il mio libro è la sua
personale Bibbia. Otello Lorentini (allora presidente
dell'Associazione tra i familiari delle vittime di
Bruxelles e voce narrante del libro) prima di mandarlo
in stampa mi ha detto: "Bene Francesco, questa è la
verità di quello che è accaduto quella sera e dopo".
Alcuni mi hanno "rimproverato" la crudezza del racconto
e l’idea di restituire quella coppa".
Fonte:
Sportclubmagazine.it © 29
novembre 2012
Fotografia: Francesco
Caremani
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Heysel - Le verità di una tragedia
annunciata
di Federico Pancaldi
Gli inglesi pagarono caro quel 29
maggio 1985 di barbarie hooligan allo stadio Heysel di
Bruxelles, che portò alla morte di 39 tifosi juventini
(i feriti furono centinaia): pagarono gli hooligans a
livello penale; pagarono i clubs inglesi a livello
sportivo, con cinque anni di esclusione dalle
competizioni internazionali; e per un tragico gioco del
destino pagarono gli stessi tifosi del Liverpool quattro
anni dopo, nel 1989, quando 92 di loro persero la vita
nello stadio Hillsborough di Sheffield in circostanze
agghiaccianti, molto simili a quelle dell’ Heysel. Chi
pagò con molto ritardo e inadeguatamente per le degeneri
organizzazione e gestione di quella finale di Coppa dei
Campioni – "la partita del secolo" tra Juventus e
Liverpool trasformatasi nella "tragedia del secolo", per
usare le parole di Marino Bartoletti - furono, invece,
la Uefa e le autorità belghe. Nel suo libro, Heysel. Le
Verità di una Strage Annunciata (Bradipolibri),
Francesco Caremani ha pochi dubbi: "Gli inglesi furono i
carnefici, la Uefa e le autorità belghe i mandanti". In
uno stile vivido, appassionato, Caremani racconta la
lunga battaglia processuale condotta dall’avvocato
Daniel Vedovatto e dalle famiglie delle vittime italiane
per vedere riconosciute le verità di quel pomeriggio: le
responsabilità della Uefa che scelse quello stadio
decrepito, delle autorità belghe che deliberatamente
ignorarono la pericolosità degli hooligans del
Liverpool, e dell’imbelle polizia belga che non
contrastò il loro assalto alla curva juventina. Una
battaglia vincente quella di Vedovatto, che portò alla
condanna dell’Uefa e dei responsabili belgi della
sicurezza nel 1991. Una battaglia determinante che -
sostiene Caremani - fece sì che da allora si
sviluppassero "tutte quelle misure di sicurezza che oggi
circondano eventi sportivi di questo genere". Caremani
racconta la tragedia dell’Heysel come di una strage il
cui significato per le famiglie delle vittime - tra cui
quella dell’amico aretino Roberto Lorentini - trascende
le piccolezze dello sport. Da tifoso juventino, non ha
ritrosie a denunciare il comportamento della società
bianconera: dalla decisione di permettere lo svolgimento
della partita, ai festeggiamenti per la vittoria della
Coppa, alla lunga rimozione forzosa della memoria di
quei fatti. Caremani, però, induce soprattutto a
trasformare il rispetto verso la memoria delle 39
persone perite all’ Heysel in un debito monito a non
sottovalutare quei fatti sociali che circondano il
calcio, e che vanno ben oltre gli aspetti sportivi ed
economici: partendo proprio dal tifo organizzato.
Fonte: Ilcatenaccio.es © 25 ottobre
2012
Fotografia:
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Heysel, le verità di
una strage annunciata
Caremani racconta l’unica inchiesta
italiana sulla strage
Il 29 maggio 1985 allo stadio
Heysel di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei
Campioni Juventus-Liverpool, muoiono 39 tifosi
bianconeri. Muoiono nel settore Z, schiacciati e
soffocati dalla calca, sotto i colpi degli hooligans
inglesi instupiditi dall’alcool, con la connivenza
decisiva delle autorità belghe, della polizia locale e
dell’Uefa, incapaci di prevedere e d’intervenire. Una
tragedia annunciata che si è abbattuta con disperante
drammaticità sul calcio come sport e sulle coscienze di
tutti noi come uomini prim’ancora che come sportivi.
"L’Heysel - ricorda Roberto Beccantini nell’introduzione
- rimane una ferita immane che riga la memoria e sfigura
molte coscienze che, non solo in Italia, sanno di averla
fatta sporca". Tutti hanno raccontato quello che è
successo prima di Juventus-Liverpool, molti hanno
raccontato il durante e il dopo, anche il proprio, ma
nessuno s’è mai veramente addentrato nelle scomode
verità. "Questo libro è prezioso e bellissimo - scrive
Veltroni nella prefazione. Lo è perché ci ammonisce a
non dimenticare, e perché narra puntualmente e con
notizie verificate tutto ciò che è accaduto; ma lo è
anche perché è un libro d’inchiesta che ha dentro la
passione del diario, della pagina biografica". Gli
effetti personali rubati, l’arroganza delle autorità, la
lunga, faticosa e snobbata battaglia legale portata
avanti dall’Associazione delle vittime, da Otello
Lorentini che in Belgio ha perso l’unico figlio Roberto;
medaglia d’argento al valore civile per essere morto
tentando di salvare un connazionale. L’umanità
calpestata di 39 famiglie tra meschinità d’ogni genere.
Questo libro è un atto dovuto alla memoria e alla
dignità di 39 persone che hanno perso la vita per
assistere a una partita. Per ricordare ciò che
l’ambiente calcio ha cercato troppo spesso e troppo in
fretta di dimenticare. "Leggete queste pagine -
sottolinea Beccantini: scoprirete com’è stato duro
accendere una candela di giustizia. Una candela, non un
lampadario".
Fonte:
Sportmediaset.mediaset.it ©
24 settembre 2012
Fotografia: Francesco
Caremani
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Heysel, storia di una strage
annunciata – Il libro di F. Caremani
di Barza
Barzainter cerca da anni di farvi
sorridere, ma oggi voglio condividere con voi una
riflessione seria. Ieri sera si sono incontrate Italia e
Inghilterra nei quarti di finale dell’Europeo con un
finale emozionante. Durante il commento spesso si è
parlato della grande sportività dei tifosi inglesi che
tifano per la loro squadra nella buona e nella cattiva
sorte. Vero, questa è la parte del tifo buono, ma
purtroppo il tifo non è solo quello. Mi hanno infatti
anche colpito le immagini del grande numero di stewart
(saranno stati almeno un centinaio se non di più…) che
presidiavano e controllavano proprio la curva dei
supporter inglesi e così il mio pensiero,
inevitabilmente, è volato al 29 Maggio 1985, una data
infausta per il calcio, la data in cui persero la vita
39 angeli. Una tragedia che in tanti, in troppi troppo
spesso dimenticano o, ignobilmente, deridono o ne
calpestano la memoria… E allora oggi voglio parlarvi del
libro che ho appena terminato di leggere e che ne
racconta fino in fondo la storia, Heysel storia di una
strage annunciata, il libro del bravissimo giornalista
aretino Francesco Caremani. Il libro è un autentico
pugno nello stomaco, una lettura che ti colpisce nelle
emozioni e nei sentimenti, perché ancora oggi non si
riesce a credere come il calcio possa aver generato una
tragedia simile. E la tragedia purtroppo non è accaduta
solo sul campo: ha toccato le famiglie dei morti e dei
feriti, calpestati prima da chi voleva dimenticare, poi
dalla burocrazia, poi da chi, come l’UEFA o il
borgomastro di Bruxelles, non voleva che fosse fatta
giustizia… E’ però più di tutti la determinazione di un
uomo, Otello Lorentini che farà sì che almeno un po’ di
giustizia sia fatta. E’ a lui e all’Associazione tra i
Familiari delle vittime dell’Heysel, da lui fondata, che
infatti si deve se ora l’UEFA è responsabile di tutto
ciò che accade nelle manifestazioni da lei organizzate.
Prima non era così e non lo sarebbe stato neanche dopo
il primo grado. E’ solo alla determinazione e la voglia
di giustizia di Otello, oltre a quella del bravissimo
avvocato belga Daniel Vedovatto e all’onestà dei giudici
che hanno scritto le sentenze, che si deve il fatto che
la sentenza venisse ribaltata in appello.
Otello Lorentini è un sopravvissuto
dell’Heysel ed è il padre di Roberto, medaglia d’argento
al valore civile, che ha trovato la morte sugli spalti
dell’Heysel perché, da buon medico e da padre di
famiglia, pur essendosi già messo in salvo era tornato
sugli spalti di quel maledetto settore Z, per soccorrere
e praticare la respirazione bocca a bocca a un bambino
che era rimasto ferito. Sarà l’ultima immagine che quel
povero papà avrà di suo figlio, morto da eroe, ma sempre
vivo nel ricordo in mezzo alla sua famiglia come amano
dire i suoi figli, anche loro testimoni di quella atroce
tragedia. Io non avevo neanche 10 anni quando successero
i tristi fatti dell’Heysel, ma ricordo ancora quella
sera, ricordo che guardando quelle immagini che
arrivavano in diretta da Bruxelles mi chiedevo, con la
innocenza di un bimbo, come mai potesse accadere una
cosa del genere per il calcio e non sapevo ancora che un
bimbo di 2 anni più grande di me avrebbe perso la vita
proprio lì… Questo è un libro che racconta proprio a chi
non l’ha vissuta direttamente o a chi è troppo giovane
per averlo fatto tutto quello che accadde e tutto ciò
che generò la follia di certi animali da stadio, per far
sì che non si perda mai la memoria di ciò che avvenne e
che il triste sacrificio di chi non è riuscito a tornare
dall’Heysel (ma anche di chi è rimasto, ma ha avuto la
vita indelebilmente segnata da quel triste giorno) non
sia avvenuto invano. Mai più deve accadere una cosa del
genere.
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Il libro che Francesco Caremani probabilmente
non avrebbe mai voluto scrivere, è un libro d’inchiesta,
ma anche un libro che vuole raccontare chi erano tutte
quelle persone che sono state ignobilmente colpite prima
e calpestate poi nella loro dignità e come ben dice
Walter Veltroni che ne ha curato la prefazione è un
libro bellissimo e prezioso perché ci ammonisce a non
dimenticare, e perché narra puntualmente e con notizie
verificate tutto ciò che è accaduto. Il libro racconta
le testimonianze private, i racconti dei sopravvissuti,
ma anche quelle pubbliche, dai giornali dell’epoca, ci
racconta come venne condotta l’inchiesta della
magistratura belga, con tutte le magagne che vennero
alla luce, non solo le incredibili manchevolezze del
servizio d’ordine dentro e fuori dallo stadio (gli
stewart davanti alla curva degli inglesi erano molti di
più di tutti gli agenti messi a presidiare l’Heysel), ma
anche delle profanazioni dei cadaveri e dei furti
perpetrati ai danni delle povere vittime, degli atti
ignobili fatti dai belgi ai danni degli italiani, non
solo quella sera, di come il Belgio (e non solo,
purtroppo…) volesse mettere una pietra sopra su tutto
facendo finta che non fosse mai accaduto, cercando, fra
le altre cose, di impedire nel 1990 anche la posa dei
fiori davanti al maledetto settore Z a Baresi in un
Malines-Milan giocato nello stesso stadio. (Baresi, per
la cronaca, li mise lo stesso, dimostrandosi uomo vero).
Ci racconta di Roberto Lorentini e della giovane Giusy
Conti, i due aretini che hanno perso la vita quella
sera, della enormi difficoltà incontrate durante il
processo, della latitanza della società Juve (perpetrata
praticamente fino all’avvento di Andrea Agnelli…) nello
stare vicino all’Associazione tra i familiari delle
Vittime dell’Heysel e di come, dopo anni duri,
finalmente un po’ di giustizia sia stata fatta, oltre a
quanto non sia stato assolutamente semplice fare sì che
il ricordo non venisse calpestato anche dopo 10 e 20
anni… Questo è un libro che a mio avviso dovrebbero
leggere tutti, soprattutto coloro che si accalorano,
anche troppo, per una partita di calcio, che dovrebbe
rimanere sempre quello che è, uno sport, non una
battaglia. Ci sta arrabbiarsi, ma c’è un limite che a
mio avviso non dovrebbe essere mai superato. Facciamo
sì, ricordandoci ogni giorno che il calcio è solo uno
sport, che i 39 angeli non siano morti invano. La Juve
ha voluto ricordare gli Angeli dell’Heysel nella notte
dell’inaugurazione del nuovo stadio in uno dei momenti
più toccanti della serata a cui ho avuto la fortuna di
partecipare. Ricordo la commozione e le lacrime che
solcavano i volti delle persone che avevo vicino. So che
Andrea Agnelli ha detto che nel J-Museum vi sarà uno
spazio dedicato gli Angeli, bene io avrei due proposte:
il ritiro della maglia n. 39 della Juventus in memoria e
propongo che quella coppa sia messa nel museo della
Juventus, avvolta in un drappo nero e con i nomi dei 39
angeli scritti sotto. Non era una coppa da festeggiare,
ma ora deve rimanere da memento perché questa storia non
si ripeta mai più !
Fonte:
Barzainter © 25 giugno 2012
Fotografie:
Bradipolibri ©
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L'Heysel 26 anni dopo fa ancora più
male
Un libro spiega perché ne "La
verità di una strage annunciata" Francesco Caremani
ricorda la tragedia ma anche tutte le umiliazioni
successive.
A volte l'esercizio doloroso e
difficile di tenere viva la memoria incontra la
diffidenza, l'ostilità e il sincero fastidio di quanti
vorrebbero, per cattiva coscienza o per quieto vivere,
cancellare tutto con uno schiocco di dita e andare
avanti. Come i dittatori sul punto di trattare la resa,
chiedendo in cambio impunità e amnistie. Così i padroni
del vapore avrebbero preferito stendere un velo sulla
notte dell'Heysel. Derubricarla a fatalità, tragico
incidente, scherzo del destino. E passare subito oltre:
questa è una storia da dimenticare, è una storia da non
raccontare, avrebbe detto De André. Perché è una storia
che ha sbriciolato favole, apparenze, ipocrisie, ha
spezzato vite e illusioni, in un intreccio ignobile di
violenza e stupidità che non ha avuto ragione del
coraggio dei familiari delle vittime. Tra questi, Otello Lorentini, padre di Roberto, uno dei 39 morti (fu ucciso
mentre tentava di salvare un ferito praticandogli la
respirazione bocca a bocca; gli fu assegnata una
medaglia d'argento al valore civile: se fosse stata
d'oro, sarebbe stato obbligatorio un vitalizio... ): la
sua ostinata battaglia per ottenere giustizia è al
centro della ristampa del libro di Francesco Caremani,
Heysel. La verità di una strage annunciata. Riunendo gli
altri familiari in un'associazione, Lorentini ha
affrontato un lungo viaggio nel dolore, accompagnato
dalla vigliaccheria di quanti avrebbero potuto dire e
fare e hanno preferito il silenzio, frasi di
circostanza, omissioni e bugie. Fino alla clamorosa
vittoria giudiziaria della condanna definitiva dell'Uefa,
che da allora è sempre corresponsabile di ciò che accade
negli impianti in cui si disputano le partite dei propri
tornei. Una sentenza che, condannando anche lo Stato
belga e la Federazione belga, rispecchiava
l'indignazione di Federico Sordillo, presidente della
Figc nell'85: "O le forze dell'ordine hanno ingannato la
Federazione belga non mantenendo ciò che avevano
promesso, o la Federazione belga ha ingannato tutti noi
non avendo mai richiesto un certo tipo di tutela e di
collaborazione alle forze dell'ordine". Ma prima del
verdetto, una lunga e ignobile sequenza di umiliazioni:
i festeggiamenti dei giocatori in campo mentre sugli
spalti si consumava la tragedia, le commemorazioni in
tono minore e controvoglia, quando non addirittura
vietate, l'indifferenza, la solidarietà rifiutata, la
decisione di porre i bidoni dell'immondizia sotto la
targa dello stadio, completamente ristrutturato e
ribattezzato Re Baldovino, la lentezza e la negligenza
della giustizia belga, le frasi offensive di chi voleva
far passare i familiari delle vittime come sciacalli, o
di quelli che la pensavano come Carmelo Bene ("che
volete che sia per un po' di morti", disse al Processo
del lunedì). Restano, ai giorni nostri, i cori di tifosi
ostili alla Juventus, conti alla rovescia da 39 a zero e
altre raffinatezze, che si ripetono senza suscitare
scandalo: solo poche righe nelle cronache con la
precisazione che si tratta di "pochi esagitati". È così
che quei morti vengono uccisi di nuovo.
Fonte:
L'Unità
© 23 giugno 2011
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Recensione
Heysel, una strage annunciata di
Francesco Caremani
di Luigi Mastrangelo
Dopo aver letto poche pagine,
vorresti smettere. Eppure non è una recensione negativa,
questa a Francesco Caremani (Heysel. Le verità di una
strage annunciata, Bradipolibri, Torino, 2010, pp. 227),
tutt'altro. Il libro è ottimo tecnicamente, scritto con
buona fluidità e pieno di informazioni documentate e
testimonianze attendibili, arricchite dalla prefazione
di Walter Veltroni. Il desiderio di chiuderlo e metterlo
via viene dal contenuto, un vero pugno nello stomaco del
lettore che, però, non osa lamentarsi di fronte al
dolore vero, quello delle 39 vittime e degli oltre
quattrocento feriti del 29 maggio 1985 a Bruxelles. Quel
giorno, nell'inadeguato stadio belga macabro teatro
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool, si consumò "la morte del calcio" e, ancor
peggio, quella di tanti esseri umani convenuti in un
luogo, solo teorico, di sport. Tra di loro, anche due
tifosi di Francavilla al Mare, Rocco Acerra e Nino
Cerullo, oltraggiati dalla furia degli hooligans e,
nelle tristi operazioni successive, dalla superficialità
delle autorità e dei medici legali belgi. Proprio le
procedure adottate dagli organizzatori locali e dalla
federazione calcistica europea sono state ricostruite,
grazie alla tenacia dell'associazione dei parenti delle
vittime, evidenziando le (ir)responsabilità di quanti
hanno concorso a trasformare una partita in una
terribile mattanza. Tanta solerzia nella richiesta di
giustizia da parte degli italiani, probabilmente, non è
stata gradita in una città, particolare non irrilevante,
sede delle istituzioni europee. Lo testimonia la vicenda
di un altro tifoso, Ercole D'Alma (alcuni giornali
locali scrissero Sergio Dalma, altri D'Ambra),
elettricista di Bruxelles originario di Pescara: in
occasione della partita, incredibilmente giocata ancora
all'Heysel, tra Milan e Malines cinque anni dopo, venne
malmenato senza motivo dalla polizia locale solo perché
"voi italiani siete come gli inglesi".
Fonte:
Quotidianodabruzzo.it © 19
aprile 2011
Fotografie: Fotodileo
©
Ilpuntonto.com
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Francesco Caremani
Heysel - La verità di una strage
annunciata
di Alberto Rossetto
Il libro in questione in realtà è
la ristampa riveduta ed aggiornata di quello uscito nel
2004, ma soprattutto è un atto dovuto alla memoria ed
alla dignità di chi ha perso la vita per assistere ad
una partita di calcio. Memoria e dignità che autorità
belghe ed assassini inglesi hanno da subito cercato di
annientare e far dimenticare attraverso arroganza ed
impreparazione i primi, con alcool e violenza i secondi.
Non a caso l'autore si avvale della testimonianza di
Otello Lorentini, presidente dell'Associazione delle
vittime dell'Heysel che faticosamente, con dolore e
coraggio, sbatte in faccia al lettore le crudeli
meschinità subite dalle trentanove famiglie delle
vittime, la lunga, difficoltosa e per certi versi
snobbata battaglia legale intrapresa. Una strage
annunciata e puntualmente verificatisi per la cecità
dell'Uefa nel far giocare una finale di Coppa dei
Campioni con una tifoseria a rischio in uno stadio
inadeguato e gestita ancora peggio sia dalla stessa Uefa
che dalla polizia belga. Quella apertasi il 29 maggio
1985 è una ferita che non si rimarginerà mai e poco
importa se, come detto all'inizio, il volume è una
ristampa, anzi ben venga, perché ciò che conta è tenere
sempre la viva la memoria di quelle povere vittime.
Semmai l'unico elemento che stride in questa sorta di "J'accuse"
calcistico, sono gli interventi di Roberto Beccantini
(ormai ex giornalista de La Stampa ma che con la
presenza dell'Avvocato non godeva certo di quegli spazi
concessigli da altri) e Valter Veltroni (ex sindaco di
Roma che si ricorda della "sua" Juve solo dopo la
scadenza del mandato politico), due personaggi che si
definiscono tifosi juventini, ma che con la juventinità
nulla hanno a che vedere, come ben si è visto nei loro
comportamenti post farsopoli.
Fonte:
Bianconerionline.com © 16
settembre 2010
Fotografia: GETTY
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