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PREMI LETTERARI LIBRO
FRANCESCO CAREMANI |
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Francesco Caremani
vince il premio letterario "Alessandro Terziani"
La cerimonia di consegna si terrà martedì 21
maggio, alle 21.30, nei locali del Museo Amaranto.
Francesco
Caremani si aggiudica il primo premio letterario
"Alessandro Terziani" promosso dal Museo Amaranto. La
cerimonia di consegna si terrà alle 21.30 di martedì 21
maggio nei locali del museo presso lo stadio "Città di
Arezzo" e rappresenterà un’occasione per valorizzare
l’impegno di due aretini accomunati da una forte
passione per lo sport. L’iniziativa, infatti, è mossa
dalla volontà di ricordare uno dei più noti sportivi del
territorio quale Terziani che, scomparso improvvisamente
lo scorso ottobre, era stato vicino alla nascita del
Museo Amaranto, era un grande conoscitore di calcio ed
era un amante della letteratura sportiva. Queste
caratteristiche hanno motivato l’istituzione del premio
a lui dedicato da assegnare ad un’opera con un forte
legame con il territorio e dunque, per l’edizione
inaugurale, la scelta è ricaduta all’unanimità sullo
scrittore e giornalista Caremani per il suo libro
"Heysel, le verità di una strage annunciata". "Tra le
molteplici iniziative del Museo Amaranto nel suo
rapporto con il territorio - sottolinea il presidente
Stefano Turchi - rientra l’intitolazione di un premio
letterario per l’amico e tifoso Alessandro Terziani, il
cui amore per la letteratura sportiva era secondo solo
all’amore per l’Arezzo. La sua prematura scomparsa ha
lasciato un vuoto enorme, dunque ricordarlo era un
dovere prim’ancora che un triste piacere". "Heysel, le
verità di una strage annunciata" racconta una storia che
ha colpito profondamente la provincia di Arezzo e non
solo, ricordando i drammatici fatti che hanno preceduto
la finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Liverpool e
Juventus quando morirono trentanove tifosi (tra cui
anche alcuni aretini) che furono schiacciati e soffocati
dalla calca sotto i colpi degli hooligans inglesi. Nella
sua opera, l’autore rende omaggio alla memoria e alla
dignità di quelle persone che hanno perso la vita per
assistere ad una partita, addentrandosi nelle scomode
verità di una tragedia che ha turbato il calcio e le
coscienze. La cerimonia di consegna del premio
letterario "Alessandro Terziani" sarà arricchita da un
dialogo di Caremani con l’amico e collega Andrea
Lorentini, presidente dell’Associazione fra i Familiari
delle Vittime dell’Heysel che è stata rifondata nel 2015
per ricordare cosa è stata la strage di Bruxelles, quale
eredità ha consegnato e quanto continua a lasciare. Alla
serata sono state invitate le autorità e le istituzioni
cittadine, oltre ai rappresentanti della Ss Arezzo e
dello sport locale, ma l’appuntamento sarà aperto alla
libera partecipazione del pubblico.
Fonte:
Arezzonotizie.it
© 16 maggio 2019
Fotografie:
Bradipolibri
© Francesco Caremani
© Museo Amaranto
©
Icona: Itcleanpng.com ©
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Il sindaco Ghinelli
sul premio a Francesco Caremani
"Plauso a Francesco Caremani, 3° agli
Oscar del giornalismo sportivo mondiale"
"Desidero
esprimere, a nome dell’amministrazione comunale, le
congratulazioni a Francesco Caremani classificatosi
terzo agli Oscar del giornalismo sportivo mondiale che
si sono svolti di recente ad Abu Dhabi. Il giornalista
aretino ha dunque portato, con la sua professionalità,
il nome della nostra città nel mondo. I motivi del
premio sono da rimarcare: la giuria, tra oltre cento
lavori, ha ritenuto meritevole del podio l’articolo "Che
cosa resta dell’Heysel, trent’anni dopo": Francesco
Caremani si è così confermato tra i più competenti
esperti della tragedia avvenuta pochi momenti prima
della finale della Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool e nella quale persero la vita due
concittadini. Nei decenni, grande è stato il suo impegno
per ricostruire quelle pagine drammatiche e per arrivare
a una verità tanto dolorosa quanto scomoda. Il ricordo
di quanto avvenuto dovrebbe fare da monito: perché lo
sport è gioia, rispetto reciproco e sana competizione.
Valori che, purtroppo, vengono ancora calpestati in nome
di una violenza ingiustificabile".
Fonte:
Informarezzo.com
© 12 gennaio 2016
Tweet: Associazionefamiliarivittimeheysel.it
©
Fotografia: Arezzonotizie.it
Icona: Itcleanpng.com ©
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Memoria nel deserto
di Nereo Ferlat
Oggi
in quel di Abu Dhabi c’era anche un po’ d’Italia alla
premiazione degli Sports Media Pearl Awards. L’amico
Francesco Caremani di Arezzo si è classificato al terzo
posto con l’articolo "Che cosa resta dell’Heysel
trent’anni dopo", pubblicato sul Foglio il 26 maggio
scorso a cavallo del trentennale... Per una volta il
pallone è stato messo in secondo piano e grazie allo
stile di Francesco che, alimentato dal compianto Otello
Lorentini, ha scritto di Heysel riuscendo in modo
mirabile a riempire tutte le parti di quella tragedia,
come un puzzle, nel quale oltre quello che è successo il
29 maggio 1985, con ricordo di quelle 39 vittime
innocenti, ha anche scritto del processo e della storica
sentenza in cui l’Uefa venne condannata e ritenuta
responsabile da quella sentenza degli incidenti negli
stadi, cosa che prima era a carico della società
organizzatrice dell’evento. Francesco non si ferma solo
allo scritto ma va ramingo eroe dove lo chiamano per una
testimonianza, percorrendo in lungo ed in largo lo
stivale. Perché parlare ad una platea di giovani che non
sanno cosa è stato l’Heysel è un modo di tenere sempre
allenata la memoria, scongiurando il pericolo
dell’oblio… Ben vengano persone così !
Fonte:
Juwelcome.com
© 18 dicembre 2015
Fotografia: GETTY IMAGES
© (Not for commercial use)
Icona: Itcleanpng.com ©
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L'ARTICOLO PREMIATO
ALLA SERATA DEGLI OSCAR DEL GIORNALISMO di ABU DHABI
Che cosa resta
dell'Heysel, trent'anni dopo
di Francesco Caremani
Trent'anni fa la
tragedia sugli spalti dello stadio belga prima della
finale di Coppa Campioni tra Liverpool e Juventus. I
silenzi, gli imbarazzi e la lotta dei sopravvissuti in
questi anni.
Otello
è morto l’anno scorso, di maggio come Roberto, il suo
unico figlio deceduto nella strage dell’Heysel il 29
maggio 1985. Era un giovane e bravo medico di Arezzo,
Roberto, tifoso della Juventus, era stato ad Atene nel
1983 (quando a sorpresa l’Amburgo vinse la coppa dalle
grandi orecchie), a Basilea nel 1984 (quando contro il
Porto i bianconeri conquistarono la Coppa delle Coppe) e
a Bruxelles ci andò, come sempre, col padre e i due
cugini, Andrea e Giovanni. Un viaggio che doveva essere
una festa, la finale del secolo (come fu ribattezzata
allora) contro il Liverpool che si trasformò nella
tragedia del secolo e nella definitiva perdita
dell’innocenza del calcio mondiale. Roberto era salvo,
nonostante la calca e le cariche degli hooligan del
Liverpool, ma si lanciò in mezzo all’inferno per tentare
di salvare un connazionale (molto probabilmente Andrea
Casula, 11 anni, la vittima più piccola) con la
respirazione bocca a bocca, gesto che gli è stato fatale
e che oggi una medaglia d’argento al valor civile appesa
nel salotto di via Giordano Bruno 51 ricorda. A
Bruxelles, nel fatiscente stadio Heysel, il 29 maggio
1985 morirono 39 persone, 32 italiani, 4 belgi, 2
francesi e un nordirlandese. Uccisi dagli hooligan
inglesi, ubriachi all’inverosimile (tanto che avevano
messo a ferro e fuoco la Grand Place poche ore prima) e
armatisi in un cantiere adiacente l’impianto che era in
ristrutturazione, con la responsabilità dell’Uefa e
delle autorità sportive e politiche belghe, che non si
curarono di scegliere uno stadio sicuro e che
organizzarono cialtronescamente l’ordine pubblico. Senza
dimenticare che il settore Z sarebbe dovuto essere
completamente appannaggio del tifo neutrale accanto alla
marea inglese, invece molti di quei biglietti furono
venduti dai bagarini in Italia a prezzi maggiorati e per
39 angeli si rivelarono di sola andata. Angeli delle
famiglie e delle comitive che entrarono in quello
spicchio di stadio dopo una fila di quasi tre ore
passando da una porta larga 80 centimetri, l’unica via
di fuga che diventerà di fatto inaccessibile. Angeli
impreparati all’improvviso lancio di oggetti
contundenti, ai pochi (circa sei) poliziotti che
scappano, alla rete da giardino che li divideva e che
viene giù in un secondo, alle cariche continue,
impreparati a morire per una partita di calcio. Partita
che si gioca lo stesso, decide l’Uefa insieme al Belgio.
Non sanno più cosa fare e devono evitare altri morti. Si
gioca per chiamare l’esercito (arriveranno i carri
armati), si gioca per una questione di ordine pubblico e
si assegnerà la Coppa dei Campioni perché così hanno
voluto quelli del Liverpool. Non è un’amichevole, ma
diventa una farsa perché si gioca mentre i 39 corpi sono
ancora lì, in fila sotto la curva Z ridotta a un campo
di battaglia, in cui gli hooligan hanno irriso i morti
prima che li portassero via. Si gioca sapendo, come ha
sempre confermato Stefano Tacconi, portiere di quella
Juventus. Otello
Lorentini non poteva accettare di avere perso l’unico
figlio (assunto dall’ospedale di Arezzo con lettera
datata 29 maggio 1985) per una partita di calcio, così,
su consiglio di un avvocato, fondò l’Associazione tra le
famiglie delle vittime di Bruxelles per portare davanti
a un giudice i responsabili della strage che ha cambiato
per sempre il football. Un processo lungo, difficile,
condotto in solitudine, quella solitudine che è durata
decenni e che in parte dura ancora, perché ricordare
l’Heysel dà fastidio a tanti, ricordare quello che è
accaduto, le colpe, i comportamenti durante e dopo,
soprattutto dopo, non è cool, in particolare oggi dove
imperversano il gossip e il patinato, dove si scrive e
si parla sempre meno di calcio. L’Heysel fa parte della
nostra storia, anche sportiva, e ogni 29 maggio è lì a
ricordarcelo, nonostante le amnesie, che vengono a galla
quando nei nostri stadi o nelle adiacenze accade
qualcosa di violento (inaspettato ?), allora tutti a
sciacquarsi la bocca con la strage di Bruxelles, senza
sapere, senza essersi documentati, tutti a citare la
Thatcher e fare figure meschine, perché chi sa non
confonde.
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Gli inglesi non hanno messo mano al loro
football dopo l’Heysel bensì dopo Hillsborough e ancora
oggi, sono passati 26 anni, non conoscono la verità e le
cause che hanno determinato la morte di 96 tifosi del
Liverpool; non sanno che la tragedia di Hillsborough è
figlia dell’Heysel, perché gli inglesi hanno preferito
polemizzare, inventare scuse, arrabbiarsi per la
squalifica dei club dalle coppe europee, mettendo la
testa sotto la sabbia. Mai risveglio è stato più
drammatico. Se avessero imparato la lezione, quella che
nessuno, soprattutto in Italia, pare aver imparato,
forse Hillsborough sarebbe rimasto solamente il nome di
uno stadio. E la Juventus ? Una messa nel 2010 e una
messa quest’anno, nel mezzo uno spazio dentro il Museum
bianconero con targa e nomi, di più nemmeno Andrea
Agnelli sembra capace di fare, il primo presidente che
ha intrapreso, con difficoltà, un percorso verso la
rinata Associazione fra i familiari delle vittime
dell’Heysel, presieduta da Andrea Lorentini, figlio di
Roberto e nipote di Otello, vice presidente Emanuela
Casula che all’Heysel ha perso il padre e il fratello,
Giovanni e Andrea. Rinata anche per difendere la memoria
dei propri cari, vituperati e ignominiosamente offesi
negli stadi italiani da trent’anni, cori sanzionati per
la prima volta nel 2014, la perdita di memoria genera
mostri come il sonno della ragione. Non c’è, infatti,
una memoria condivisa e in troppi preferiscono cullare
il proprio Heysel dimenticandosi dei familiari delle
vittime e di quei 39 morti, quasi fossero un ostacolo
per ammirare una coppa. L’Heysel sarebbe dovuta
diventare la Superga bianconera, con tutte le differenze
che in troppi banalmente sottolineano: un momento di
comune condivisione di un ricordo che non potrà mai
essere cancellato, dalle nostre memorie e dalle nostre
coscienze. Senza dimenticare che a Bruxelles sono morti
tre interisti, come Mario Ronchi che andò con gli amici,
forse quando l’amicizia era più importante del tifo. Per
questo l’Heysel dovrebbe essere, come Superga, una
tragedia italiana non solo juventina, ma Lega e Figc
hanno brillato meno della Juventus in questi trent’anni
e mai hanno tentato di ricordare e di commemorare i 39
angeli di Bruxelles. Qualche settimana fa l’Associazione
ha chiesto il ritiro (simbolico) della maglia azzurra
numero 39, simbolico perché quel numero di maglia in
Nazionale non esiste, gesto accolto con scetticismo e
critiche dall’opinione pubblica, si sa i parenti delle
vittime si preferiscono silenziosi e discreti, quando
reclamano rispetto e memoria vengono attaccati e
stigmatizzati, perché, come ha detto Paul Valéry,
"quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca
il ragionatore". E pare proprio una gara quella che in
questi ultimi mesi ha tentato di sminuire
l’autorevolezza dell’Associazione fra i familiari delle
vittime dell’Heysel e di chi li ha sostenuti e
accompagnati in tutti questi anni. Ma allora cosa resta
dell’Heysel ? C’è stata giustizia ? Come ha sempre detto
Daniel Vedovatto, l’avvocato italo belga
dei familiari italiani, in quelle condizioni e con il
diritto che all’epoca vigeva in Belgio è stato ottenuto
il massimo: condanna dell’Uefa, di un capitano di
polizia, dei pochi hooligan rintracciati e risarcimenti,
che nessuno ha mai chiesto. Forse qualcuno s’è perso, ma
la condanna dell’Uefa, resa corresponsabile delle
manifestazioni che organizzava e che organizza è
storica, ha fatto giurisprudenza e ha cambiato per
sempre il football europeo, soprattutto le coppe,
esigendo severi requisiti di sicurezza per gli stadi
delle finali e non solo. Se non ce ne siamo accorti è
perché ce ne siamo dimenticati. Trent’anni sono una
vita, un vuoto incolmabile e recuperare terreno è quasi
impossibile. Resta la forza di Otello Lorentini che ha
guidato i familiari delle vittime italiane contro i
migliori avvocati d’Europa, la forza che l’ha spinto a
citare direttamente l’Uefa nel processo, dopo che in
primo grado erano stati tutti assolti, restano i volti,
le immagini, i ricordi, i sogni, i sorrisi e il terrore
di 39 persone che sono morte dentro uno stadio per
vedere una partita di calcio. Li sentite ? Stanno
sussurrando qualcosa: "La storia (dell’Heysel) siamo
noi, nessuno si senta offeso".
Fonte: Il
Foglio.it
© 26 Maggio 2015
Fotografie: Corriere
Fiorentino
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Il Foglio
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Icona: Itcleanpng.com ©
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