L'addio alle
vittime
di Enrico
Singer
Ventidue bare
coperte dalla bandiera italiana - Al centro
quella di Andrea Casula, il ragazzo di 10 anni
morto con il padre nell'inferno dell'Heysel - Il
premier Martens: "Speriamo che questa tragedia
faccia riflettere" - Una donna grida ai
giornalisti inglesi: "Quei ragazzi non devono
dimenticare il nostro dolore".
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES - Ventidue bare coperte con la
bandiera italiana. Al centro quella, tutta
bianca, di Andrea Casula, il bambino di dieci
anni morto con il padre nell'inferno del settore
"Z" dello stadio di Heysel. Sono allineate
nell'hangar principale della base aerea militare
di Melsbroek, alla periferia di Bruxelles,
trasformato in una grande camera ardente dove
s'intrecciano i dialetti e le lacrime dei
parenti. Scene che ricordano altre cerimonie
funebri, quelle seguite alle stragi del
terrorismo: lo stesso dolore, gli stessi
interrogativi. "Le parole non riescono a
esprimere la disperazione di chi ha perso un
figlio, un marito, un fratello, per
un'esplosione di violenza cieca, disumana", ha
detto il primo ministro belga, Wilfried Martens,
che ieri mattina a Melsbroek ha reso l'ultimo
omaggio alle vittime. "Possiamo soltanto sperare
che questa tragedia faccia riflettere". Poi un
organo ha suonato le note malinconiche del
"Valzer delle candele, e l'emozione ha preso
tutti alla gola. Il governo belga ha voluto dare
un addio solenne alle vittime di Heysel. Accanto
ai feretri degli italiani c'erano le bare delle
due vittime francesi e di una delle quattro
belghe. Altre bandiere, altri parenti. Il primo
ministro ha pronunciato il suo discorso in
quattro lingue, pallido e teso come tutti: i
principi Paola e Alberto di Liegi, in
rappresentanza di re Baldovino, i ministri degli
Esteri e degli Interni, Leo Tindemans e Charles
Nothomb, il borgomastro di Bruxelles, Hervé
Brouhon. Dall'Italia era arrivata Susanna
Agnelli, sottosegretario agli Esteri. Con lei il
commissario della Cee Lorenzo Natali,
l'ambasciatore Giovanni Saragat, il console, i
funzionari che hanno assistito in questi giorni
i parenti, che hanno tenuto i collegamenti,
organizzato i soccorsi. E nel grande hangar
c'erano due rappresentanti inglesi: Lord
Cockfield (anche lui commissario Cee) e
l'ambasciatore Sir Edward Jackson. Fuori, sulla
pista, tre Hercules dell'Aeronautica militare
italiana erano pronti a riportare a casa i
familiari con i loro morti. Il primo è partito
poco dopo mezzogiorno per Milano e Rivolto
(vicino a Udine) con otto salme. Poi sono
decollati gli altri seguendo la triste geografia
della tragedia. Uno, con sei bare, si è diretto
a Roma dove due aerei militari erano in attesa
per raggiungere Bari, Lamezia, Catania e
Cagliari. L'ultimo è partito per Milano e Pisa.
Per i familiari ancora due ore di attesa,
passate nella sala mensa della base aerea. Altri
momenti di dolore, di stanchezza, tra i flash
dei fotografi e le telecamere. Caterina Landini,
di Torino, stringe in mano un giornale di
Bruxelles con la foto del marito morto sulle
gradinate: "Per una volta che ha voluto fare una
poesia da solo". Al suo fianco c'è la figlia
Monica. Si rivolge a una giornalista del "Sunday
Times": "Dite a quei ragazzi inglesi che si
ricordino di noi, di quello che hanno fatto".
Tutti si chiedono ancora come sia stato
possibile. E' sotto accusa la follia di quella
banda di teppisti, gli "hooligans", che hanno
dato l'assalto al settore "Z" . Susanna Agnelli,
prima di lasciare Melsbroek per visitare i
feriti negli ospedali, ha risposto alle domande
dei giornalisti, in mezzo alla folla dei
parenti. Ha detto che il Parlamento discuterà
quanto è successo, affronterà il problema della
violenza. "Esiste purtroppo tra i tifosi una
frangia che considera il calcio non tanto uno
sport quanto un'occasione per fare la guerra. Ma
la violenza negli stadi non ci sarebbe se non ci
fosse qualcuno che l'alimenta e l'accetta. Avete
visto quelle scritte sui muri di Roma ?".
Fonte: La
Stampa © 2 giugno 1985
Fotografie:
L'Unità ©
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