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BRUXELLES 29-05-1986
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Cerimonia Bruxelles 29.05.1986
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Église de "Nótre Dame de l'Immaculée Conception" Bruxelles 29.05.1986
1° Anniversario Strage Stadio Heysel Bruxelles
Celebrazione Eucaristica in Memoria delle 39 Vittime
Commemorazione a Cura della Comunità Italiana Residente a Bruxelles
 

Un gruppo di italiani ricorda le vittime, il borgomastro non ha fatto aprire i cancelli

Heysel un anno dopo è rimasto chiuso

"Niente vendette, niente rancori" dice il nunzio apostolico - Un tifoso del Liverpool ha portato una corona di fiori.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES - La pioggia battente di una primavera bizzosa, ma anche gli scioperi dei trasporti pubblici, hanno ridotto a un coraggioso e commosso manipolo la prevista schiera di italiani decisi ieri a ricordare i morti dell'Heysel. Davanti allo "stadio della morte", i cui cancelli sono rimasti chiusi per ordine del borgomastro Hervè Brouhon ("Non vogliamo entrare in un ciclo malsano di eventi, questo è un luogo di sport e non di violenza", è stata la sua discutibile spiegazione), poco più di un centinaio di connazionali si sono raccolti in memoria dei 39 tifosi (32 erano italiani) vittime di quella tragica sera di un anno fa. Hanno deposto corone, gettato fiori oltre il cancello del "blocco Z" ora ribattezzato "Nord 1", fra bandiere juventine a lutto e nel commosso abbraccio con un isolato tifoso del Liverpool venuto anch'egli con una corona di fiori e applaudito nel segno del comune dolore. Un pugno di poliziotti, due a cavallo, sono rimasti sotto il colonnato dello statuario ingresso allo stadio: il raduno era nel segno della commozione e del ricordo, non della polemica né della rivalsa. "Pace fratelli: niente vendette, niente rancori", aveva proclamato il nunzio apostolico in Belgio, monsignor Pedroni, celebrando una messa di suffragio per le 39 vittime. La "giornata dell'Heysel" era cominciata cosi, nella chiesa di "Notre Dame Immaculée", che dà sul mercato delle pulci di una piazza dal nome straordinariamente pertinente all'occasione: Place du Jeu des Balles. Erano le 9.30, e sotto un cielo che si anneriva la cerimonia religiosa si è avviata alla presenza - fra gli altri - dell'ambasciatore Giovanni Saragat e del britannico Peter Petrie, di personalità della diplomazia internazionale e di un nutrito contingente della comunità italiana. Il governo belga era rappresentato dal segretario di Stato agli Affari europei, De Keersmaker; assente, invece, il borgomastro di Bruxelles. Questi è un po' il protagonista - in negativo - della cerimonia di ieri allo stadio. Gli era stato chiesto - invano - il permesso di deporre una targa all'ex "blocco Z", facendo dire da un suo portavoce di essere "personalmente vicino con il cuore alle famiglie", ha detto di no a qualsiasi cerimonia all'interno, affermando di non volere "glorificare quell'avvenimento". E' l'uomo che un anno fa, difendendo l'operato della polizia, affermò di avere "fatto tutto il possibile, anzi il necessario". Forse padre Cavalletti, religioso italiano di Bruxelles, pensava anche a lui quando, davanti al cancello del "blocco Z", ha ribadito l'assenza di "qualsiasi sentimento di vendetta", ma ha subito aggiunto: "Ci brucia tuttavia il fatto che nessuno abbia ancora assunto la responsabilità dell'accaduto". I tifosi si erano radunati alla spicciolata, prima all'Atomium e poi dietro lo stadio. "Non c'era neanche bisogno di darsi appuntamento, chi c'era è venuto", ha commentato un tifoso; eppure Domenico Amodio, pittore e decoratore, si era assunto l'onere dell'organizzazione. All'Heysel c'erano ieri i "reduci" di quella sera: ragazzi che si salvarono dal massacro, altri che videro dalla gradinata opposta senza rendersi bene conto. Due corone di fiori: una tricolore, di garofani; l'altra, di rose, gigli e margherite, offerta dallo "Juventus Club Bruxelles", guidato ieri dal presidente Carlo Romano. Il piccolo corteo ha portato le due corone sul piazzale davanti allo stadio, fra due bandiere bianconere entrambe con la scritta - ieri amara - "Forza Juventus Campione d'Europa", entrambe con una striscia nera appuntata all'immagine della Coppa. D'improvviso un applauso. E' stato quando Thomas Niederberger, tedesco di Dusseldorf ma tifoso del Liverpool, si è affiancato ai tifosi italiani, indossando la maglia rossa della sua squadra, con una terza corona di fiori. "In ricordo delle vittime del blocco Z", diceva il nastro in italiano. T. GAL. Fonte: La Stampa © 29 maggio 1986 Fotografie: Brunette.brucity.be ©  Epoca © Mrbruxellesville.wordpress.com ©

 

La tragica finale di coppa dei campioni: negata una lapide nello stadio

Bruxelles dimentica i nostri morti

Un cippo a Torino per onorare le vittime dell'Heysel

La tragedia dell'Heysel ad un anno di distanza dalla tragica notte di Bruxelles. Torino la ricorderà oggi pomeriggio con due manifestazioni: alle 17 nella sede della Juventus dove - presenti il sindaco Cardetti ed il presidente della società bianconera, Boniperti - verrà scoperto un cippo per onorare la memoria delle vittime della curva Z; un'ora più tardi in Duomo dove monsignor Franco Peradotto celebrerà una messa. Allo stadio Heysel, la curva della morte non esiste più: il settore Z, teatro del dramma, si chiama adesso Nord 1, le gradinate dei popolari sono state sistemate, uscite di soccorso sono state allestite in cima agli spalti. Il nome nuovo, i lavori di trasformazione effettuati sono sintomi del tentativo del Belgio di rimuovere dalla coscienza collettiva quella tragedia, ricordi e rimorsi di deficienze organizzative, lacune, negligenze. Il 29 maggio 1985, una serata di sport, divenne a Bruxelles una notte d'orrore, vissuta in diretta da centinaia di milioni di telespettatori: 39 morti, centinaia di feriti, prima della finale della coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. Tra le vittime, 32 morti italiani, oltre duecento feriti. Il ricordo della tragedia è dolorosamente forte negli italiani del Belgio. Oggi l'ambasciata d'Italia farà celebrare una messa di suffragio alla chiesa dell'Immacolata. Un migliaio di immigrati compirà un pellegrinaggio allo stadio. Ma le autorità belghe, quelle nazionali e quelle locali, non hanno previsto nulla: nessuna cerimonia di commemorazione, di omaggio, di ricordo. Il pellegrinaggio all'Heysel dovrà concludersi sul piazzale dello stadio, non potrà entrarvi per ordine del borgomastro di Bruxelles, Hervè Brouhon, che ha anche impedito di apporre una lapide sul muro esterno. La gente di Bruxelles condivide con gli italiani la memoria della tragedia e la stampa ne evoca senza reticenze, anche con rilievo, svolgimento e responsabilità. Ma l'atteggiamento delle autorità appare diverso. Il ministro dell'Interno, Charles-Ferdinand Nothomb, si limita a pubblicare un manuale per la sicurezza negli stadi. Un giornalista italiano gli ha chiesto una testimonianza nell'anniversario del dramma. "Non ho tempo: sono impegnato in vicende di partito", ha fatto rispondere. Per le colpe dell'Heysel, a un anno di distanza, nessuno in Belgio ha pagato: l'inchiesta giudiziaria è tuttora in corso, i magistrati si preparano a trasmettere alla Gran Bretagna una ventina di richieste di estradizione per omicidio preterintenzionale (l'esito dell'iniziativa è incerto). In luglio, una commissione d'inchiesta della Camera belga indicò in Nothomb il principale responsabile politico della tragedia, rilevò colpe di Brouhon, del comandante della gendarmeria, generale Bernaert, oltre che negligenze delle federazioni calcistiche belghe e europee. Quel rapporto, e il rifiuto di Nothomb a dimettersi, provocarono in settembre una crisi di governo e l'anticipo di qualche settimana delle elezioni politiche. Il voto rinforzò la posizione del ministro, che nel nuovo governo ha avuto lo stesso posto, così come restano al loro posto Brouhon e Barnaert e i dirigenti delle federazioni. Sette mesi dopo la tragedia, "saltarono" tre ufficiali della gendarmeria belga che sovrintendevano all'ordine pubblico quella sera: vennero trasferiti ad altri incarichi, senza sanzioni disciplinari, e uno di essi lavora adesso in Italia (si occupa della sicurezza del centro di ricerca della Cee di Ispra). Al di là dei silenzi ufficiali, gli strascichi del dramma alimentano ancora le cronache giudiziarie, non solo per la ricerca delle responsabilità, ma anche per le discussioni di indennizzi e di risarcimenti (il governo belga non ha pagato nulla, a parte le spese mediche, mentre le assicurazioni negoziano). Intanto all'Heysel, "mutilato, nel pubblico - i posti sono stati ridotti a meno di 25 mila, da 57 mila -, lo sport è già tornato, prima in sordina, a poche settimane dalla strage, poi con appuntamenti di richiamo internazionali e anche - quasi a mo' di espiazione - con manifestazioni di solidarietà (vi si è svolto domenica scorsa l'atto belga di "sport aid"). Come retaggio della tragedia, il Belgio resta "chiuso" alle squadre britanniche, è stato punito con l'esclusione per dieci anni da finali calcistiche delle coppe europee ed ha dovuto rimettere in ordine i propri stadi. Una canzone, "Just a game", trasforma in ritornello la denuncia delle responsabilità. Un libro, "Le gradinate di Heysel", propone come "best seller" l'analisi di una tragedia. E, un anno dopo, lo stadio della morte è una delle tappe ad effetto delle visite di Bruxelles delle compagnie turistiche. Fonte: Stampa Sera © 29 maggio 1986 Fotografia: Worldofjosh.be ©

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